Language of document : ECLI:EU:C:2016:978

SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

21 dicembre 2016 (1)

«Rinvio pregiudiziale – Ambiente – Direttiva 2001/42/CE – Valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente – Articolo 3, paragrafo 3 – Piani e programmi obbligatoriamente soggetti ad una valutazione ambientale solo se gli Stati membri determinano che essi possono avere effetti significativi sull’ambiente – Validità alla luce del Trattato FUE e della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Nozione di uso di “piccole aree a livello locale” – Normativa nazionale che fa riferimento alla superficie delle aree interessate»

Nella causa C‑444/15,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Tribunale amministrativo regionale per il Veneto (Italia), con ordinanza del 16 luglio 2015, pervenuta in cancelleria il 17 agosto 2015, nel procedimento

Associazione Italia Nostra Onlus

contro

Comune di Venezia,

Ministero per i beni e le attività culturali,

Regione Veneto,

Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti,

Ministero della Difesa – Capitaneria di Porto di Venezia,

Agenzia del Demanio,

nei confronti di

Società Ca’ Roman Srl,

LA CORTE (Terza Sezione),

composta da L. Bay Larsen, presidente di sezione, M. Vilaras, J. Malenovský, M. Safjan (relatore) e D. Šváby, giudici,

avvocato generale: J. Kokott

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–        per l’Associazione Italia Nostra Onlus, da F. Mantovan, P. Mantovan e P. Piva, avvocati;

–        per il Comune di Venezia, da A. Iannotta, M. Ballarin e N. Ongaro, avvocati;

–        per la Società Ca’ Roman Srl, da G. Zago, avvocato;

–        per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da P. Grasso, avvocato dello Stato;

–        per il Parlamento europeo, da A. Tamás e M. Menegatti, in qualità di agenti;

–        per il Consiglio dell’Unione europea, da M. Simm e S. Barbagallo, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da L. Pignataro e C. Hermes, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza dell’8 settembre 2016,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sulla validità dell’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2001, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente (GU 2001, L 197, pag. 30), nonché sull’interpretazione dell’articolo 3, paragrafi 2 e 3, della medesima direttiva.

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra l’Associazione Italia Nostra Onlus (Italia), da un lato, e il Comune di Venezia (Italia), il Ministero per i Beni e le Attività Culturali (Italia), la Regione Veneto (Italia), il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (Italia), il Ministero della Difesa – Capitaneria di Porto di Venezia (Italia) e l’Agenzia del Demanio (Italia), dall’altro, avente ad oggetto l’obbligo di effettuare una valutazione ambientale ai sensi della direttiva 2001/42 nel caso di un progetto di interventi edilizi previsti su un’isola situata nella laguna di Venezia (Italia).

 Contesto normativo

 Diritto dell’Unione

 Direttiva 92/43/CEE

3        L’articolo 1, lettere k) e l), della direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (GU 1992, L 206, pag. 7; in prosieguo: la direttiva «habitat»), reca le seguenti definizioni:

«k)      sito di importanza comunitaria: un sito che, nella o nelle regioni biogeografiche cui appartiene, contribuisce in modo significativo a mantenere o a ripristinare un tipo di habitat naturale di cui all’allegato I o una specie di cui all’allegato II in uno stato di conservazione soddisfacente e che può inoltre contribuire in modo significativo alla coerenza di Natura 2000 di cui all’articolo 3, e/o che contribuisce in modo significativo al mantenimento della diversità biologica nella regione biogeografica o nelle regioni biogeografiche in questione.

(...)

l)      zona speciale di conservazione: un sito di importanza comunitaria designato dagli Stati membri mediante un atto regolamentare, amministrativo e/o contrattuale in cui sono applicate le misure di conservazione necessarie al mantenimento o al ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, degli habitat naturali e/o delle popolazioni delle specie per cui il sito è designato».

4        Ai sensi dell’articolo 2 di tale direttiva:

«1.      Scopo della presente direttiva è contribuire a salvaguardare la biodiversità mediante la conservazione degli habitat naturali, nonché della flora e della fauna selvatiche nel territorio europeo degli Stati membri al quale si applica il trattato.

2.      Le misure adottate a norma della presente direttiva sono intese ad assicurare il mantenimento o il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, degli habitat naturali e delle specie di fauna e flora selvatiche di interesse comunitario.

3.      Le misure adottate a norma della presente direttiva tengono conto delle esigenze economiche, sociali e culturali, nonché delle particolarità regionali e locali».

5        L’articolo 3, paragrafo 1, della citata direttiva, così dispone:

«È costituita una rete ecologica europea coerente di zone speciali di conservazione, denominata Natura 2000. Questa rete, formata dai siti in cui si trovano tipi di habitat naturali elencati nell’allegato I e habitat delle specie di cui all’allegato II, deve garantire il mantenimento ovvero, all’occorrenza, il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, dei tipi di habitat naturali e degli habitat delle specie interessati nella loro area di ripartizione naturale.

La rete “Natura 2000” comprende anche le zone di protezione speciale classificate dagli Stati membri a norma della direttiva 79/409/CEE [del Consiglio, del 2 aprile 1979, concernente la conservazione degli uccelli selvatici (GU 1979, L 103, pag. 1)]».

6        L’articolo 6 della direttiva «habitat» prevede quanto segue:

«1.      Per le zone speciali di conservazione, gli Stati membri stabiliscono le misure di conservazione necessarie che implicano all’occorrenza appropriati piani di gestione specifici o integrati ad altri piani di sviluppo e le opportune misure regolamentari, amministrative o contrattuali che siano conformi alle esigenze ecologiche dei tipi di habitat naturali di cui all’allegato I e delle specie di cui all’allegato II presenti nei siti.

2.      Gli Stati membri adottano le opportune misure per evitare nelle zone speciali di conservazione il degrado degli habitat naturali e degli habitat di specie nonché la perturbazione delle specie per cui le zone sono state designate, nella misura in cui tale perturbazione potrebbe avere conseguenze significative per quanto riguarda gli obiettivi della presente direttiva.

3.      Qualsiasi piano o progetto non direttamente connesso e necessario alla gestione del sito ma che possa avere incidenze significative su tale sito, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti, forma oggetto di una opportuna valutazione dell’incidenza che ha sul sito, tenendo conto degli obiettivi di conservazione del medesimo. Alla luce delle conclusioni della valutazione dell’incidenza sul sito e fatto salvo il paragrafo 4, le autorità nazionali competenti danno il loro accordo su tale piano o progetto soltanto dopo aver avuto la certezza che esso non pregiudicherà l’integrità del sito in causa e, se del caso, previo parere dell’opinione pubblica.

4.      Qualora, nonostante conclusioni negative della valutazione dell’incidenza sul sito e in mancanza di soluzioni alternative, un piano o progetto debba essere realizzato per motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica, lo Stato membro adotta ogni misura compensativa necessaria per garantire che la coerenza globale di Natura 2000 sia tutelata. Lo Stato membro informa la Commissione delle misure compensative adottate.

Qualora il sito in causa sia un sito in cui si trovano un tipo di habitat naturale e/o una specie prioritari, possono essere addotte soltanto considerazioni connesse con la salute dell’uomo e la sicurezza pubblica o relative a conseguenze positive di primaria importanza per l’ambiente ovvero, previo parere della Commissione, altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico».

7        L’articolo 7 di tale direttiva recita come segue:

«Gli obblighi derivanti dall’articolo 6, paragrafi 2, 3 e 4, della presente direttiva sostituiscono gli obblighi derivanti dall’articolo 4, paragrafo 4, prima frase, della direttiva [79/409], per quanto riguarda le zone classificate a norma dell’articolo 4, paragrafo 1, o analogamente riconosciute a norma dell’articolo 4, paragrafo 2, di detta direttiva a decorrere dalla data di entrata in vigore della presente direttiva o dalla data di classificazione o di riconoscimento da parte di uno Stato membro a norma della direttiva [79/409], qualora essa sia posteriore».

 Direttiva 2001/42

8        I considerando 9 e 10 della direttiva 2001/42 enunciano quanto segue:

«(9)      La presente direttiva ha carattere procedurale e le sue disposizioni dovrebbero essere integrate nelle procedure esistenti negli Stati membri o incorporate in procedure specificamente stabilite. Gli Stati membri dovrebbero eventualmente tener conto del fatto che le valutazioni saranno effettuate a diversi livelli di una gerarchia di piani e programmi, in modo da evitare duplicati.

(10)      Tutti i piani e i programmi preparati per vari settori e che definiscono il quadro di riferimento per l’autorizzazione di progetti elencati negli allegati I e II della direttiva 85/337/CEE del Consiglio, del 27 giugno 1985, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati [(GU 1985, L 175, pag. 40), come modificata dalla direttiva 97/11/CE, del Consiglio, del 3 marzo 1997 (GU 1997, L 73, pag. 5)], e tutti i piani e i programmi per i quali è stata prescritta la valutazione ai sensi della direttiva [“habitat”] potrebbero avere effetti significativi sull’ambiente e dovrebbero di norma essere oggetto di una valutazione ambientale sistematica. Quando determinano l’uso di piccole aree a livello locale o sono piccole modifiche dei piani o programmi summenzionati, essi dovrebbero essere valutati soltanto se gli Stati membri stabiliscono che potrebbero avere effetti significativi sull’ambiente».

9        A termini dell’articolo 1 della direttiva 2001/42, intitolato «Oggetto»:

«La presente direttiva ha l’obiettivo di garantire un elevato livello di protezione dell’ambiente e di contribuire all’integrazione di considerazioni ambientali all’atto dell’elaborazione e dell’adozione di piani e programmi al fine di promuovere lo sviluppo sostenibile, assicurando che, ai sensi della presente direttiva, venga effettuata la valutazione ambientale di determinati piani e programmi che possono avere effetti significativi sull’ambiente».

10      L’articolo 2, lettere a) e b), della medesima direttiva reca le seguenti definizioni:

«Ai fini della presente direttiva:

a)      per “piani e programmi” s’intendono i piani e i programmi, compresi quelli cofinanziati dalla Comunità europea, nonché le loro modifiche,

–        che sono elaborati e/o adottati da un’autorità a livello nazionale, regionale o locale oppure predisposti da un’autorità per essere approvati, mediante una procedura legislativa, dal parlamento o dal governo e

–        che sono previsti da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative;

b)      per “valutazione ambientale” s’intende l’elaborazione di un rapporto di impatto ambientale, lo svolgimento di consultazioni, la valutazione del rapporto ambientale e dei risultati delle consultazioni nell’iter decisionale e la messa a disposizione delle informazioni sulla decisione a norma degli articoli da 4 a 9».

11      L’articolo 3 della citata direttiva, intitolato «Ambito d’applicazione», prevede quanto segue:

«1.      I piani e i programmi di cui ai paragrafi 2, 3 e 4, che possono avere effetti significativi sull’ambiente, sono soggetti ad una valutazione ambientale ai sensi degli articoli da 4 a 9.

2.      Fatto salvo il paragrafo 3, viene effettuata una valutazione ambientale per tutti i piani e i programmi,

a)      che sono elaborati per i settori agricolo, forestale, della pesca, energetico, industriale, dei trasporti, della gestione dei rifiuti e delle acque, delle telecomunicazioni, turistico, della pianificazione territoriale o della destinazione dei suoli, e che definiscono il quadro di riferimento per l’autorizzazione dei progetti elencati negli allegati I e II della direttiva [85/337], o

b)      per i quali, in considerazione dei possibili effetti sui siti, si ritiene necessaria una valutazione ai sensi degli articoli 6 e 7 della direttiva [“habitat”].

3.      Per i piani e i programmi di cui al paragrafo 2 che determinano l’uso di piccole aree a livello locale e per le modifiche minori dei piani e dei programmi di cui al paragrafo 2, la valutazione ambientale è necessaria solo se gli Stati membri determinano che essi possono avere effetti significativi sull’ambiente.

4.      Gli Stati membri determinano se i piani e i programmi, diversi da quelli di cui al paragrafo 2, che definiscono il quadro di riferimento per l’autorizzazione dei progetti, possono avere effetti significativi sull’ambiente.

5.      Gli Stati membri determinano se i piani o i programmi di cui ai paragrafi 3 e 4 possono avere effetti significativi sull’ambiente attraverso l’esame caso per caso o specificando i tipi di piani e di programmi o combinando le due impostazioni. A tale scopo gli Stati membri tengono comunque conto dei pertinenti criteri di cui all’allegato II, al fine di garantire che i piani e i programmi con probabili effetti significativi sull’ambiente rientrino nell’ambito di applicazione della presente direttiva.

(...)».

12      L’articolo 4 della direttiva 2001/42, intitolato «Obblighi generali», dispone quanto segue:

«1.      La valutazione ambientale di cui all’articolo 3 deve essere effettuata durante la fase preparatoria del piano o del programma ed anteriormente alla sua adozione o all’avvio della relativa procedura legislativa.

2.      Le condizioni stabilite dalla presente direttiva sono integrate nelle procedure in vigore negli Stati membri per l’adozione dei piani e dei programmi o nelle procedure definite per conformarsi alla presente direttiva.

3.      Nel caso di piani e programmi gerarchicamente ordinati gli Stati membri tengono conto, onde evitare duplicazioni della valutazione, del fatto che essa sarà effettuata, ai sensi della presente direttiva, a vari livelli della gerarchia. Al fine, tra l’altro, di evitare duplicazioni della valutazione, gli Stati membri applicano l’articolo 5, paragrafi 2 e 3».

13      L’articolo 5 di tale direttiva, intitolato «Rapporto ambientale», ai suoi paragrafi 1 e 2, è formulato nei seguenti termini:

«1.      Nel caso in cui sia necessaria una valutazione ambientale ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, deve essere redatto un rapporto ambientale in cui siano individuati, descritti e valutati gli effetti significativi che l’attuazione del piano o del programma potrebbe avere sull’ambiente nonché le ragionevoli alternative alla luce degli obiettivi e dell’ambito territoriale del piano o del programma. L’allegato I riporta le informazioni da fornire a tale scopo.

2.      Il rapporto ambientale elaborato a norma del paragrafo 1 comprende le informazioni che possono essere ragionevolmente richieste, tenuto conto del livello delle conoscenze e dei metodi di valutazione attuali, dei contenuti e del livello di dettaglio del piano o del programma e, per evitare duplicazioni della valutazione, della fase in cui si trova nell’iter decisionale e della misura in cui taluni aspetti sono più adeguatamente valutati in altre fasi di detto iter».

14      L’allegato II della direttiva 2001/42 indica i criteri per la determinazione dei possibili effetti significativi di cui all’articolo 3, paragrafo 5, della direttiva medesima.

 Diritto italiano

15      La direttiva 2001/42 è stata recepita nell’ordinamento giuridico italiano mediante il decreto legislativo del 3 aprile 2006, n. 152, recante Norme in materia ambientale (Supplemento ordinario alla GURI n. 88 del 14 aprile 2006).

16      L’articolo 6 di tale decreto, nella versione vigente alla data dei fatti su cui verte il procedimento principale, così dispone:

«1.      La valutazione ambientale strategica riguarda i piani e i programmi che possono avere impatti significativi sull’ambiente e sul patrimonio culturale.

2.      Fatto salvo quanto disposto al comma 3, viene effettuata una valutazione per tutti i piani e i programmi:

a)      che sono elaborati per la valutazione e gestione della qualità dell’aria ambiente, per i settori agricolo, forestale, della pesca, energetico, industriale, dei trasporti, della gestione dei rifiuti e delle acque, delle telecomunicazioni, turistico, della pianificazione territoriale o della destinazione dei suoli, e che definiscono il quadro di riferimento per l’approvazione, l’autorizzazione, l’area di localizzazione o comunque la realizzazione dei progetti elencati negli allegati II, III e IV del presente decreto;

b)      per i quali, in considerazione dei possibili impatti sulle finalità di conservazione dei siti designati come zone di protezione speciale per la conservazione degli uccelli selvatici e quelli classificati come siti di importanza comunitaria per la protezione degli habitat naturali e della flora e della fauna selvatica, si ritiene necessaria una valutazione d’incidenza ai sensi dell’articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, e successive modificazioni.

3.      Per i piani e i programmi di cui al comma 2 che determinano l’uso di piccole aree a livello locale e per le modifiche minori dei piani e dei programmi di cui al comma 2, la valutazione ambientale è necessaria qualora l’autorità competente valuti che producano impatti significativi sull’ambiente, secondo le disposizioni di cui all’articolo 12 (…).

3 bis. L’autorità competente valuta, secondo le disposizioni di cui all’articolo 12, se i piani e i programmi, diversi da quelli di cui al comma 2, che definiscono il quadro di riferimento per l’autorizzazione dei progetti, producano impatti significativi sull’ambiente.

(...)».

 Fatti del procedimento principale e questioni pregiudiziali

17      Nella laguna di Venezia, all’estremità meridionale dell’isola di Pellestrina, si trova un’isola denominata «Ca’ Roman», che rientra nell’ambito del Comune di Venezia. Per le sue valenze naturalistiche, il biotopo di Ca’ Roman è incluso, segnatamente, nella rete Natura 2000.

18      Detto biotopo costituisce la porzione più meridionale del sito di importanza comunitaria (in prosieguo: il «SIC») e della zona di protezione speciale (in prosieguo: la «ZPS») iscritti con la denominazione «Lido di Venezia: biotopi litoranei» (codice IT 3250023) ed è contiguo al SIC e alla ZPS iscritti con la denominazione «Laguna di Venezia» (codice IT 3250046) e al SIC iscritto con la denominazione «Laguna medio inferiore di Venezia» (codice IT 3250030). Secondo il giudice del rinvio, su Ca’ Roman si trova un’area contigua ai sopra citati SIC e ZPS, in cui sono presenti alcuni edifici attualmente in stato di abbandono.

19      La normativa applicabile in materia urbanistica nel territorio del Comune di Venezia consente di operare interventi di ristrutturazione, mediante demolizione e ricostruzione di immobili privi di pregio, con cambio di destinazione d’uso, previa redazione di un piano attuativo al quale è demandato il compito di definire l’organizzazione urbanistica, infrastrutturale ed architettonica dell’insediamento.

20      La Società Ca’ Roman ha redatto un piano attuativo di questo tipo per gli edifici in stato di abbandono menzionati al punto 18 della presente sentenza. Essa progetta di costruire al loro posto 84 unità abitative, distribuite in 42 edifici ed aggregate in cinque organismi edilizi, su una superficie totale di 29 195 m2.

21      Con decisione del 31 maggio 2012, il consiglio comunale di Venezia ha approvato il piano in questione, il quale è stato sottoposto a una valutazione di incidenza sull’ambiente ai sensi della direttiva «habitat». Tale valutazione si è conclusa favorevolmente, ancorché detto piano sia stato corredato da molteplici prescrizioni a tutela dei SIC e delle ZPS interessati.

22      Per contro, esso non è stato sottoposto a una valutazione ambientale ai sensi della direttiva 2001/42. Infatti, la commissione regionale competente si è espressa, con un parere del 4 giugno 2013, nel senso che il piano in oggetto riguardasse solo l’uso di piccole aree a livello locale e che i piani relativi ad aree di questo tipo non fossero assoggettabili alla procedura di valutazione ambientale qualora non avessero effetti significativi sull’ambiente.

23      Con decisione del 2 ottobre 2014, adottata nell’ambito delle competenze del consiglio comunale, il commissario straordinario del Comune di Venezia, dopo la verifica di assoggettabilità alla valutazione ambientale ai sensi della direttiva 2001/42, ha approvato il piano in oggetto, senza apportare modifiche rispetto alla versione del medesimo risultante dalla precedente approvazione.

24      L’Associazione Italia Nostra Onlus, il cui obiettivo è quello di concorrere alla tutela e alla valorizzazione del patrimonio storico, artistico e culturale italiano, ha impugnato dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Veneto (Italia) la suddetta decisione di approvazione unitamente ad altri atti, contestando, fra l’altro, in sostanza, la validità dell’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 2001/42 alla luce del diritto dell’Unione.

25      Secondo il giudice del rinvio, tale disposizione è illegittima con riferimento all’articolo 191 TFUE e all’articolo 37 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), nella parte in cui consente di sottrarre alla valutazione ambientale obbligatoria ai sensi della direttiva 2001/42 i piani e i programmi per i quali sia prescritta la valutazione di incidenza sull’ambiente ai sensi degli articoli 6 e 7 della direttiva «habitat».

26      Infatti, una semplice verifica dell’assoggettabilità di un piano o di un programma a una tale valutazione ambientale, a differenza di una valutazione ambientale obbligatoria e sistematica, rappresenterebbe l’occasione, per le amministrazioni nazionali, per eludere gli obiettivi di tutela perseguiti dalla direttiva «habitat» e dalla direttiva 2001/42.

27      Inoltre, l’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 2001/42 violerebbe il «principio di ragionevolezza», in considerazione dell’inidoneità ed insufficienza del livello di tutela determinato da tale disposizione rispetto agli obiettivi perseguiti dalla direttiva «habitat», ed altresì del riferimento al criterio, meramente quantitativo, della superficie interessata dai piani e dai programmi menzionati da tale disposizione.

28      A tal riguardo, il giudice del rinvio sostiene che le aree incluse nella rete Natura 2000 sono, per le loro caratteristiche, sensibili anche ai minimi cambiamenti dovuti alle interferenze che subiscono la fauna, la flora, il suolo e l’acqua. Quindi, l’impatto delle modifiche apportate a tali siti, che possono avere ad oggetto anche la protezione di specie rare o in via di estinzione, prescinderebbe totalmente dalla superficie dell’area oggetto di un piano o di un programma. Tale impatto riguarderebbe solamente aspetti qualitativi, quali la natura, l’ubicazione dell’intervento o l’idoneità ad arrecare trasformazioni sostanziali irreversibili.

29      Il giudice del rinvio si richiama alla giurisprudenza della Corte secondo cui uno Stato membro che stabilisse criteri e/o soglie tenendo conto soltanto delle dimensioni dei progetti, senza prendere in considerazione anche la natura e l’ubicazione degli stessi, oltrepasserebbe il potere discrezionale di cui dispone (v., riguardo alla direttiva 85/337, sentenze del 21 settembre 1999, Commissione/Irlanda, C‑392/96, EU:C:1999:431, punti da 64 a 67, e del 16 marzo 2006, Commissione/Spagna, C‑332/04, non pubblicata, EU:C:2006:180, punti da 76 a 81).

30      Non sarebbe quindi giustificato sottrarre alla valutazione ambientale obbligatoria e sistematica i piani e i programmi oggetto della direttiva 2001/42 sulla base di un criterio meramente quantitativo come quello dell’uso di «piccole aree a livello locale» ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 3, di tale direttiva.

31      Il giudice del rinvio aggiunge che, nell’ipotesi in cui la Corte constatasse che detta disposizione non è illegittima alla luce del Trattato FUE e della Carta, si porrebbe la questione di sapere se tale nozione di «piccole aree a livello locale» possa essere definita da una normativa nazionale unicamente in termini quantitativi, come si verifica in Italia.

32      Infatti, il legislatore italiano avrebbe omesso di dettare una definizione dell’espressione «piccole aree a livello locale» e la giurisprudenza nazionale avrebbe adottato come riferimento, in particolare, i seguenti elementi, vale a dire, per i progetti di sviluppo di aree urbane, nuove o in estensione, quelli la cui superficie non superi i 40 ettari e, per i progetti di riassetto o sviluppo di aree urbane all’interno di aree urbane esistenti, quelli la cui superficie non superi i 10 ettari. Siffatti elementi, meramente quantitativi, rappresenterebbero soglie molto elevate, ponendo problemi per quanto riguarda la direttiva 2001/42.

33      In tale contesto, il Tribunale amministrativo regionale per il Veneto ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se il paragrafo 3, dell’articolo 3, della direttiva [2001/42], nella parte in cui si riferisce anche alla fattispecie contemplata dal paragrafo 2, lettera b), del medesimo articolo, sia valido, alla luce delle norme in materia ambientale del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea e della Carta dei diritti fondamentali, nella parte in cui sottrae da una sottoposizione sistematica di valutazione ambientale strategica piani e programmi per i quali sia stata ritenuta necessaria una valutazione di incidenza ai sensi degli articoli 6 e 7 della direttiva [“habitat”];

2)      se i paragrafi 2 e 3 dell’articolo 3 della direttiva [2001/42], letti alla luce del decimo “considerando” della medesima direttiva, per il quale “tutti i piani e i programmi per i quali è stata prescritta la valutazione ai sensi della direttiva [‘habitat’] potrebbero avere effetti significativi sull’ambiente e dovrebbero di norma essere oggetto di una valutazione ambientale sistematica” vanno interpretati nel senso che ostano ad una normativa come quella nazionale che, per definire la nozione di “piccole aree a livello locale” di cui all’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva [2001/42], fa riferimento a dati meramente quantitativi;

3)      se i paragrafi 2 e 3 dell’articolo 3, della direttiva 2001/42, letti alla luce del decimo “considerando” della medesima direttiva, per il quale “tutti i piani e i programmi per i quali è stata prescritta la valutazione ai sensi della direttiva [‘habitat’], relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, potrebbero avere effetti significativi sull’ambiente e dovrebbero di norma essere oggetto di una valutazione ambientale sistematica”, vanno interpretati nel senso che ostano ad una normativa, quale quella nazionale, che sottrae dall’assoggettamento automatico ed obbligatorio della procedura di valutazione ambientale strategica tutti i progetti di sviluppo di aree urbane, nuove o in estensione, interessanti superfici fino ai 40 ettari, ovvero i progetti di riassetto o sviluppo di aree urbane all’interno di aree urbane esistenti che interessano superfici fino a 10 ettari, nonostante, in considerazione dei possibili effetti sui siti, sia già stata ritenuta per essi necessaria una valutazione di incidenza ai sensi degli articoli 6 e 7 della direttiva [“habitat”]».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale

34      Il Comune di Venezia e la Società Ca’ Roman ritengono che la domanda di pronuncia pregiudiziale sia irricevibile.

35      Essi fanno valere che l’area interessata dal piano su cui verte il procedimento principale è ubicata al di fuori dei SIC e delle ZPS menzionate al punto 18 della presente sentenza. Pertanto, riguardo a tale zona, non sarebbe richiesta una valutazione di incidenza sull’ambiente ai sensi degli articoli 6 e 7 della direttiva «habitat», con la conseguenza che una valutazione ambientale ai sensi della direttiva 2001/42 non sarebbe necessaria, dato che le condizioni stabilite all’articolo 3, paragrafo 2, lettera b), di quest’ultima direttiva non sono soddisfatte. Ciò posto, la soluzione delle questioni sollevate dal giudice del rinvio sarebbe irrilevante ai fini della decisione nel procedimento principale.

36      A tale riguardo occorre ricordare che le questioni relative all’interpretazione del diritto dell’Unione sollevate dal giudice nazionale nel contesto di diritto e di fatto che egli individua sotto la propria responsabilità, del quale non spetta alla Corte verificare l’esattezza, godono di una presunzione di rilevanza. Il rifiuto della Corte di statuire su una questione proposta da un giudice nazionale è possibile soltanto qualora risulti manifestamente che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non ha alcun rapporto con la realtà effettiva o con l’oggetto del procedimento principale, qualora la questione sia di tipo ipotetico o anche quando la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere in modo utile alle questioni che le sono sottoposte (v., in particolare, sentenze del 13 marzo 2001, PreussenElektra, C‑379/98, EU:C:2001:160, punto 39, e del 21 settembre 2016, Radgen, C‑478/15, EU:C:2016:705, punto 27).

37      Nel caso di specie, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 22 delle sue conclusioni, non si può escludere che per il piano oggetto del procedimento principale – anche nel caso in cui esso riguardi direttamente solo un’area esterna ai SIC o alle ZPS menzionate al punto 18 della presente sentenza – sia necessaria una valutazione di incidenza sull’ambiente ai sensi degli articoli 6 e 7 della direttiva «habitat». Infatti, un piano o un programma avente ad oggetto un’area situata all’esterno di un SIC e/o di una ZPS può nondimeno, secondo le circostanze, essere idoneo ad incidere su questi ultimi.

38      Dalla decisione di rinvio risulta che, nel caso di specie, il giudice del rinvio, il quale rileva che il piano oggetto del procedimento principale interessa un’area adiacente ai SIC e alle ZPS menzionati al punto 18 della presente sentenza, sostiene che tale è il caso, ciò che non spetta alla Corte verificare.

39      In tale contesto, non risulta manifestamente che l’interpretazione della direttiva 2001/42 richiesta non ha alcun rapporto con la realtà effettiva o con l’oggetto del procedimento principale.

 Sulla prima questione

40      Con la prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 2001/42 sia valido alla luce delle disposizioni del Trattato FUE e della Carta.

41      In via preliminare, va osservato che la direttiva 2001/42 si fonda sull’articolo 175, paragrafo 1, CE, relativo alle azioni che devono essere intraprese dall’Unione europea in materia ambientale al fine di realizzare gli obiettivi previsti all’articolo 174 CE.

42      L’articolo 191 TFUE, che corrisponde all’articolo 174 CE e, in precedenza, in sostanza, all’articolo 130 R del Trattato CE, dispone, al suo paragrafo 2, che la politica dell’Unione in materia ambientale mira ad un «elevato livello di tutela», tenendo conto della diversità delle situazioni nelle varie regioni dell’Unione. Nello stesso senso, l’articolo 3, paragrafo 3, TUE prevede che l’Unione si adoperi, in particolare, per un «elevato livello di tutela e di miglioramento della qualità dell’ambiente».

43      Secondo la giurisprudenza della Corte, l’articolo 191, paragrafo 1, TFUE autorizza l’adozione di misure aventi ad oggetto unicamente determinati aspetti, ben definiti, della politica dell’ambiente, purché tali misure contribuiscano alla salvaguardia, alla tutela e al miglioramento della qualità di quest’ultimo (v. sentenze del 14 luglio 1998, Safety Hi‑Tech, C‑284/95, EU:C:1998:352, punto 45, e del 14 luglio 1998, Bettati, C‑341/95, EU:C:1998:353, punto 43).

44      Se è pacifico che l’articolo 191, paragrafo 2, TFUE esige che la politica dell’Unione in materia ambientale miri a un livello di tutela elevato, tale livello, per essere compatibile con questa disposizione, non deve essere necessariamente il più elevato possibile sotto il profilo tecnico. Infatti, l’articolo 193 TFUE autorizza gli Stati membri a mantenere o istituire misure di protezione rinforzata (v. sentenze del 14 luglio 1998, Safety Hi-Tech, C‑284/95, EU:C:1998:352, punto 49, e del 14 luglio 1998, Bettati, C‑341/95, EU:C:1998:353, punto 47).

45      Di conseguenza, occorre verificare se, nell’ottica di tale giurisprudenza, l’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 2001/42 sia legittimo alla luce dell’articolo 191 TFUE.

46      A tal riguardo, occorre precisare che, in ragione della necessità del contemperamento di taluni obiettivi e principi enunciati all’articolo 191 TFUE, nonché della complessità dell’attuazione dei criteri, il sindacato giurisdizionale deve necessariamente limitarsi a verificare se il Parlamento europeo e il Consiglio dell’Unione europea, nell’adottare l’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 2001/42, abbiano commesso un manifesto errore di valutazione (v., in tal senso, sentenze del 14 luglio 1998, Safety Hi-Tech, C‑284/95, EU:C:1998:352, punto 37; del 14 luglio 1998, Bettati, C‑341/95, EU:C:1998:353, punto 35, e del 15 dicembre 2005, Grecia/Commissione, C‑86/03, EU:C:2005:769, punto 88).

47      Per quanto riguarda la direttiva 2001/42, occorre ricordare che, in base al suo articolo 1, essa ha l’obiettivo di garantire un elevato livello di protezione dell’ambiente e di contribuire all’integrazione di considerazioni ambientali all’atto dell’elaborazione e dell’adozione di piani e programmi al fine di promuovere lo sviluppo sostenibile, assicurando che, ai sensi della direttiva stessa, venga effettuata la valutazione ambientale di determinati piani e programmi che possono avere effetti significativi sull’ambiente.

48      Dall’articolo 3, paragrafo 2, lettera b), di detta direttiva risulta che, fermo restando il paragrafo 3 di tale articolo, una valutazione ambientale è effettuata per tutti i piani e i programmi per i quali, in considerazione dei loro possibili effetti sui siti, si ritenga necessaria una valutazione degli effetti sull’ambiente ai sensi degli articoli 6 e 7 della direttiva «habitat».

49      Per quanto riguarda l’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 2001/42, esso dispone che per i piani e i programmi che determinano l’uso di piccole aree a livello locale e per le modifiche minori dei piani e dei programmi la valutazione ambientale è necessaria solo se gli Stati membri determinano che essi possono avere effetti significativi sull’ambiente.

50      Da tale disposizione, letta in combinato disposto con il considerando 10 della direttiva 2001/42, deriva che, per i piani e i programmi che determinano l’uso di piccole aree a livello locale, le autorità competenti dello Stato membro interessato devono procedere a un esame preventivo volto a verificare se un piano o programma particolare possa avere effetti significativi sull’ambiente, dopo di che tali autorità sono tenute ad assoggettare obbligatoriamente tale piano o tale programma a una valutazione ambientale ai sensi della medesima direttiva qualora esse pervengano alla conclusione che detto piano o detto programma sia tale da avere effetti di questo tipo sull’ambiente.

51      Ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 5, della direttiva 2001/42, la determinazione dei piani o dei programmi che possono avere effetti significativi sull’ambiente e che, per tale ragione, necessitano di una valutazione ambientale ai sensi della medesima direttiva viene operata attraverso l’esame caso per caso, oppure specificando i tipi di piani e di programmi o combinando le due impostazioni. A tal fine, gli Stati membri devono comunque tenere conto dei pertinenti criteri stabiliti all’allegato II di tale direttiva, al fine di garantire che i piani e i programmi con probabili effetti significativi sull’ambiente rientrino nell’ambito di applicazione della direttiva stessa.

52      I meccanismi di esame dei piani e dei programmi menzionati all’articolo 3, paragrafo 5, della direttiva 2001/42 hanno lo scopo di facilitare la determinazione dei piani e dei programmi che è obbligatorio valutare perché potrebbero avere effetti significativi sull’ambiente (v. sentenza del 22 settembre 2011, Valčiukienė e a., C‑295/10, EU:C:2011:608, punto 45).

53      Il potere discrezionale di cui gli Stati membri dispongono in forza dell’articolo 3, paragrafo 5, della direttiva 2001/42 per determinare taluni tipi di piani o programmi che possono avere effetti significativi sull’ambiente trova i suoi limiti nell’obbligo enunciato all’articolo 3, paragrafo 3, della medesima direttiva, letto in combinato disposto con il paragrafo 2 dello stesso articolo, di assoggettare a una valutazione ambientale i piani e i programmi che possono avere effetti significativi sull’ambiente, segnatamente per le loro caratteristiche, il loro impatto e le aree che potrebbero essere coinvolte (v. sentenza del 22 settembre 2011, Valčiukienė e a., C‑295/10, EU:C:2011:608, punto 46).

54      L’articolo 3, paragrafi 2, 3 e 5, della direttiva 2001/42 è pertanto diretto a non sottrarre alla valutazione ambientale alcun piano o programma che possa avere effetti significativi sull’ambiente (v. sentenza del 22 settembre 2011, Valčiukienė e a., C‑295/10, EU:C:2011:608, punto 53).

55      Pertanto, occorre distinguere tale situazione da quella in cui una soglia meramente quantitativa avrebbe per conseguenza che, in pratica, la totalità di una categoria di piani o di programmi resterebbe a priori sottratta a una valutazione ambientale ai sensi della direttiva 2001/42, anche qualora tali piani o programmi possano avere effetti significativi sull’ambiente (v., in tal senso, sentenza del 22 settembre 2011, Valčiukienė e a., C‑295/10, EU:C:2011:608, punto 47 e giurisprudenza ivi citata).

56      In considerazione di quanto precede, occorre constatare che l’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 2001/42, poiché non sottrae a una valutazione ambientale ai sensi di tale direttiva alcun piano o programma che possa avere effetti significativi sull’ambiente, è coerente con l’obiettivo perseguito dalla medesima direttiva di garantire un elevato livello di protezione dell’ambiente.

57      Il giudice del rinvio afferma che, ciò nondimeno, una mera verifica di assoggettabilità di un piano o di un programma a una valutazione ambientale, diversamente da una valutazione ambientale obbligatoria e sistematica, rappresenterebbe per le amministrazioni nazionali un’occasione per eludere gli obiettivi di protezione perseguiti dalla direttiva «habitat» e dalla direttiva 2001/42.

58      Tuttavia, come risulta dalla direttiva 2001/42, come interpretata dalla Corte, spetta agli Stati membri, nell’ambito delle loro attribuzioni, adottare tutti i provvedimenti necessari, generali o particolari, affinché tutti i piani o programmi che possano produrre effetti significativi sull’ambiente ai sensi di tale direttiva siano sottoposti, prima della loro adozione, a una valutazione ambientale, conformemente alle modalità procedurali e ai criteri previsti da detta direttiva (v. sentenza del 28 febbraio 2012, Inter-Environnement Wallonie e Terre wallonne, C‑41/11, EU:C:2012:103, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).

59      In ogni caso, il mero rischio che le autorità nazionali, mediante il loro operato, possano eludere l’applicazione della direttiva 2001/42 non è tale da comportare l’invalidità dell’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva medesima.

60      Di conseguenza, nel caso di specie, non risulta che il Parlamento e il Consiglio, quando hanno adottato l’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 2001/42, abbiano commesso un manifesto errore di valutazione rispetto all’articolo 191 TFUE. Pertanto, detta disposizione della direttiva 2001/42, nel contesto della causa in esame, non ha mostrato alcun elemento idoneo ad inficiarne la validità alla luce all’articolo 191 TFUE.

61      Inoltre, per quanto riguarda la questione dell’eventuale invalidità dell’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 2001/42 alla luce dell’articolo 37 della Carta, va ricordato che, secondo quest’ultimo articolo, un «livello elevato di tutela dell’ambiente e il miglioramento della sua qualità devono essere integrati nelle politiche dell’Unione e garantiti conformemente al principio dello sviluppo sostenibile».

62      A tal riguardo, occorre considerare che l’articolo 52, paragrafo 2, della Carta prevede che i diritti riconosciuti dalla stessa per i quali i Trattati prevedono disposizioni si esercitino alle condizioni e nei limiti da questi ultimi definiti. Ciò vale per l’articolo 37 della Carta. Infatti, come risulta dalle spiegazioni relative alla carta dei diritti fondamentali (GU 2007, C 303, pag. 17) concernenti tale disposizione, i «principi contenuti [nell’articolo 37 della Carta] sono stati basati sugli articoli 2, 6 e 174 [CE], che sono stati ora sostituiti dall’articolo 3, paragrafo 3, [TUE] e dagli articoli 11 e 191 [TFUE]».

63      Di conseguenza, posto che, come constatato al punto 60 della presente sentenza, l’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 2001/42 non ha mostrato alcun elemento idoneo ad inficiarne la validità alla luce all’articolo 191 TFUE, tale disposizione non ha rivelato neppure elementi tali da inficiarne la validità alla luce dell’articolo 37 della Carta.

64      In considerazione di quanto precede, l’esame della prima questione pregiudiziale non ha rivelato alcun elemento atto ad inficiare la validità dell’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 2001/42 alla luce delle disposizioni del Trattato FUE e della Carta.

 Sulla seconda e sulla terza questione

65      Con la seconda e la terza questione, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 2001/42, letto in combinato disposto con il considerando 10 di tale direttiva, debba essere interpretato nel senso che la nozione di «piccole aree a livello locale» di cui al suddetto paragrafo 3 può essere definita riferendosi unicamente alla superficie dell’area interessata.

66      Per quanto riguarda la nozione di «piccole aree a livello locale» di cui all’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 2001/42, risulta tanto dalla necessità dell’applicazione uniforme del diritto dell’Unione quanto dal principio di uguaglianza che i termini di una disposizione del diritto dell’Unione che non contenga alcun espresso richiamo al diritto degli Stati membri per quanto riguarda la determinazione del suo senso e della sua portata devono normalmente dar luogo, nell’intera Unione, a un’interpretazione autonoma ed uniforme, da effettuarsi tenendo conto del contesto della disposizione e dello scopo perseguito dalla normativa di cui trattasi (v., in tal senso, sentenze del 18 gennaio 1984, Ekro, 327/82, EU:C:1984:11, punto 11, e del 13 ottobre 2016, Mikołajczyk, C‑294/15, EU:C:2016:772, punto 44).

67      Poiché l’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 2001/42 non contiene alcun riferimento espresso al diritto degli Stati membri per determinare il senso e la portata della nozione di «piccole aree a livello locale», tale determinazione dev’essere effettuata alla luce del contesto di tale disposizione e dell’obiettivo della suddetta direttiva.

68      A tal riguardo, occorre rilevare che, alla luce della formulazione di tale disposizione, un piano o un programma deve soddisfare due condizioni cumulative. Da un lato, tale piano o tale programma deve determinare l’uso di una «piccola area» e, dall’altro, tale area deve trovarsi a «livello locale».

69      Per quanto riguarda la nozione di «livello locale», si deve sottolineare che l’espressione «livello locale» è impiegata anche all’articolo 2, lettera a), primo trattino, della direttiva 2001/42. Ai sensi di tale disposizione, per «piani e programmi» s’intendono i piani e programmi, compresi quelli cofinanziati dall’Unione, nonché le loro modifiche che sono elaborati e/o adottati da un’autorità a livello nazionale, regionale o locale oppure predisposti da un’autorità per essere approvati, mediante una procedura legislativa, dal parlamento o dal governo e che sono previsti da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative.

70      Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 56 delle sue conclusioni, dalla somiglianza dei termini utilizzati dall’articolo 2, lettera a), primo trattino, e dall’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 2001/42, nonché dall’impianto sistematico di tale direttiva, risulta che l’espressione «livello locale» assume il medesimo significato per entrambe dette disposizioni, e cioè si riferisce a un livello amministrativo all’interno dello Stato membro interessato.

71      Di conseguenza, per poter qualificare un piano o un programma come un provvedimento che determina l’uso di una piccola area «a livello locale» ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 2001/42, tale piano o tale programma deve essere elaborato e/o adottato da un’autorità locale, e non da un’autorità regionale o nazionale.

72      Per quanto riguarda la nozione di «piccola area», la qualità di «piccola», secondo il significato consueto di quest’ultima nel linguaggio corrente, fa riferimento all’estensione dell’area. Come osservato dall’avvocato generale al paragrafo 59 delle sue conclusioni, tale criterio dell’estensione dell’area può essere interpretato esclusivamente come costituito da un elemento meramente quantitativo, segnatamente dalla superficie dell’area interessata dal piano o dal programma di cui all’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 2001/42, a prescindere dagli effetti sull’ambiente.

73      Ciò premesso, si deve dichiarare che, mediante l’impiego dell’espressione «piccole aree a livello locale», da un lato, il legislatore dell’Unione ha inteso prendere come riferimento l’ambito territoriale di competenza dell’autorità locale che ha elaborato e/o adottato il piano o il programma interessato. Dall’altro lato, dato che il criterio dell’uso di «piccole aree» deve essere soddisfatto in aggiunta a quello della determinazione a livello locale, l’area interessata deve costituire, proporzionalmente a detto ambito territoriale, un’estensione minima.

74      In considerazione di quanto precede, alla seconda e alla terza questione occorre rispondere che l’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 2001/42, letto in combinato disposto con il considerando 10 di tale direttiva, dev’essere interpretato nel senso che la nozione di «piccole aree a livello locale» di cui a detto paragrafo 3 dev’essere definita riferendosi alla superficie dell’area interessata, alle seguenti condizioni:

–        che il piano o il programma sia elaborato e/o adottato da un’autorità locale, e non da un’autorità regionale o nazionale, e

–        che tale area costituisca, all’interno dell’ambito territoriale di competenza dell’autorità locale, e proporzionalmente a detto ambito territoriale, un’estensione minima.

 Sulle spese

75      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:

1)      L’esame della prima questione pregiudiziale non ha rivelato alcun elemento atto ad inficiare la validità dell’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 2001/42/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2011, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente, alla luce delle disposizioni del Trattato FUE e della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.


2)      L’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 2001/42, letto in combinato disposto con il considerando 10 di tale direttiva, dev’essere interpretato nel senso che la nozione di «piccole aree a livello locale» di cui a detto paragrafo 3 dev’essere definita riferendosi alla superficie dell’area interessata, alle seguenti condizioni:

–        che il piano o il programma sia elaborato e/o adottato da un’autorità locale, e non da un’autorità regionale o nazionale, e

–        che tale area costituisca, all’interno dell’ambito territoriale di competenza dell’autorità locale, e proporzionalmente a detto ambito territoriale, un’estensione minima.


Bay Larsen

Vilaras

Malenovský

Safjan

 

      Šváby

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 21 dicembre 2016.

Il cancelliere

 

      Il presidente della Terza Sezione

A. Calot Escobar

 

      L. Bay Larsen


1* Lingua processuale: l’italiano.