Language of document : ECLI:EU:C:2014:2039

SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

3 luglio 2014 (*)

«Impugnazione – Accesso ai documenti delle istituzioni – Regolamento (CE) n. 1049/2001 – Articolo 4, paragrafi 1, lettera a), terzo trattino, 2, secondo trattino, e 6 – Parere del servizio giuridico del Consiglio riguardante l’avvio di negoziati in vista della conclusione di un accordo internazionale – Eccezioni al diritto di accesso – Protezione dell’interesse pubblico in ordine alle relazioni internazionali – Tutela dei pareri giuridici – Decisione di diniego parziale di accesso»

Nella causa C‑350/12 P,

avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 17 luglio 2012,

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da P. Berman, B. Driessen e C. Fekete, in qualità di agenti,

ricorrente,

procedimento in cui le altre parti sono:

Sophie in ’t Veld, rappresentata da O. Brouwer, E. Raedts e J. Blockx, advocaten,

ricorrente in primo grado,

sostenuta da:

Parlamento europeo, rappresentato da N. Lorenz e N. Görlitz, in qualità di agenti,

interveniente in sede d’impugnazione,

Commissione europea, rappresentata da B. Smulders e P. Costa de Oliveira, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

interveniente in primo grado,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta da A. Tizzano (relatore), presidente di sezione, A. Borg Barthet, E. Levits, M. Berger e S. Rodin, giudici,

avvocato generale: E. Sharpston

cancelliere: M. Aleksejev, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 17 ottobre 2013,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 13 febbraio 2014,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con la sua impugnazione, il Consiglio dell’Unione europea chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea In ’t Veld/Consiglio (T‑529/09, EU:T:2012:215; in prosieguo: la «sentenza impugnata»), con la quale quest’ultimo ha annullato in parte la decisione del Consiglio, del 29 ottobre 2009, che negava alla sig.ra in ’t Veld l’accesso integrale a un documento contenente il parere del servizio giuridico del Consiglio relativo a una raccomandazione della Commissione europea al Consiglio intesa ad autorizzare l’avvio di negoziati tra l’Unione europea e gli Stati Uniti d’America in vista della conclusione di un accordo internazionale destinato a mettere a disposizione del dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti dati di messaggistica finanziaria (in prosieguo: la «decisione controversa»).

 Contesto normativo

2        I considerando 2, 4 e 11 del regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU L 145, pag. 43) sono formulati nei termini seguenti:

«(2)      [La] politica di trasparenza consente una migliore partecipazione dei cittadini al processo decisionale e garantisce una maggiore legittimità, efficienza e responsabilità dell’amministrazione nei confronti dei cittadini in un sistema democratico. La politica di trasparenza contribuisce a rafforzare i principi di democrazia e di rispetto dei diritti fondamentali sanciti dall’articolo 6 del trattato UE e dalla carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

(...)

(4)      Il presente regolamento mira a dare la massima attuazione al diritto di accesso del pubblico ai documenti e a definirne i principi generali e le limitazioni a norma dell’articolo 255, paragrafo 2, del trattato CE.

(...)

(11)      In linea di principio, tutti i documenti delle istituzioni dovrebbero essere accessibili al pubblico. Tuttavia, taluni interessi pubblici e privati dovrebbero essere tutelati mediante eccezioni. Si dovrebbe consentire alle istituzioni di proteggere le loro consultazioni e discussioni interne quando sia necessario per tutelare la propria capacità di espletare le loro funzioni. Nel valutare le eccezioni, le istituzioni dovrebbero tener conto dei principi esistenti nella legislazione comunitaria in materia di protezione dei dati personali, in tutti i settori di attività dell’Unione».

3        L’articolo 1 di tale regolamento così dispone:

«L’obiettivo del presente regolamento è di:

a)      definire i principi, le condizioni e le limitazioni, per motivi di interesse pubblico o privato, che disciplinano il diritto di accesso ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (in prosieguo "le istituzioni") sancito dall’articolo 255 del trattato CE in modo tale da garantire l’accesso più ampio possibile;

(...)».

4        L’articolo 2, paragrafo 3, di detto regolamento è redatto nei termini seguenti:

«Il presente regolamento riguarda tutti i documenti detenuti da un’istituzione, vale a dire i documenti formati o ricevuti dalla medesima e che si trovino in suo possesso concernenti tutti i settori d’attività dell’Unione europea».

5        L’articolo 4, paragrafi 1, 2 e 6, del medesimo regolamento così prevede:

«1.      Le istituzioni rifiutano l’accesso a un documento la cui divulgazione arrechi pregiudizio alla tutela di quanto segue:

a)      l’interesse pubblico, in ordine:

(...)

–        alle relazioni internazionali,

(...)

2.      Le istituzioni rifiutano l’accesso a un documento la cui divulgazione arrechi pregiudizio alla tutela di quanto segue:

(...)

–        (...) la consulenza legale,

(...)

a meno che vi sia un interesse pubblico prevalente alla divulgazione.

(…)

6.      Se solo alcune parti del documento richiesto sono interessate da una delle eccezioni, le parti restanti del documento sono divulgate».

 Fatti

6        Il 28 luglio 2009 la sig.ra in ’t Veld, membro del Parlamento europeo, ha chiesto di avere accesso, ai sensi del regolamento n. 1049/2001, al documento n. 11897/09, del 9 luglio 2009, contenente un parere del servizio giuridico del Consiglio relativo alla «raccomandazione della Commissione al Consiglio intesa ad autorizzare l’avvio di negoziati tra l’Unione europea e gli Stati Uniti d’America in vista di un accordo internazionale destinato a mettere a disposizione del dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti dati di messaggistica finanziaria per prevenire e combattere il terrorismo e il suo finanziamento nonché per contrastare tali fenomeni» (in prosieguo: l’«accordo previsto»).

7        Con la decisione controversa il Consiglio ha autorizzato soltanto un accesso parziale a detto documento, rifiutando l’accesso integrale sul fondamento delle eccezioni previste dall’articolo 4, paragrafi 1, lettera a), terzo trattino, e 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001, concernenti la tutela, rispettivamente, dell’interesse pubblico in ordine alle relazioni internazionali e della consulenza legale.

8        In tale decisione il Consiglio faceva presente, da un lato, che «la divulgazione del documento [n. 11897/09] rivelerebbe al pubblico informazioni circa talune disposizioni dell’accordo previsto (...) e avrebbe di conseguenza un’incidenza negativa sulla posizione negoziale dell’[Unione] e nuocerebbe altresì al clima di fiducia nei negoziati in corso». Il Consiglio aggiungeva che «la divulgazione del documento rivelerebbe alla controparte (...) elementi relativi alla posizione che l’[Unione] dovrà assumere nei negoziati che – nel caso in cui il parere giuridico dovesse essere critico – potrebbero essere sfruttati in modo da indebolire la posizione negoziale dell’[Unione]».

9        Dall’altro lato, il Consiglio precisava che il documento n. 11897/09 conteneva «un parere giuridico circa il fondamento giuridico e le rispettive competenze dell’[Unione] e della Comunità europea per concludere l’accordo [previsto]» e che tale «soggetto sensibile, che incide sui poteri del Parlamento europeo nella conclusione dell’accordo [previsto], ha costituito l’oggetto di divergenze tra le istituzioni». Ciò considerato, secondo il Consiglio «[la] divulgazione del contenuto del documento [n. 11897/09] arrecherebbe pregiudizio alla tutela della consulenza legale dato che renderebbe pubblico un parere interno del servizio giuridico, destinato unicamente ai membri del Consiglio nel contesto delle discussioni preliminari in seno al Consiglio sull’accordo [previsto]». Inoltre il Consiglio ha considerato «che la tutela di un parere giuridico interno in merito ad un progetto di accordo internazionale (...) prevarrebbe sull’interesse pubblico alla divulgazione».

 Sentenza impugnata e conclusioni delle parti

10      Il 31 dicembre 2009 la sig.ra in ’t Veld proponeva un ricorso diretto all’annullamento della decisione controversa, a sostegno del quale deduceva quattro motivi.

11      I primi due motivi di tale ricorso vertevano sulla violazione dell’articolo 4, paragrafi 1, lettera a), terzo trattino, e 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001. Il terzo motivo a sostegno di detto ricorso era fondato sulla violazione dell’articolo 4, paragrafo 6, di tale regolamento, relativo all’accesso parziale ai documenti delle istituzioni. Il quarto motivo riguardava invece la violazione dell’obbligo di motivazione.

12      Con la sentenza impugnata il Tribunale ha accolto in parte il primo motivo della sig.ra in ’t Veld, nonché che il secondo motivo nella sua interezza. Avendo considerato fondati questi primi due motivi, il Tribunale ha accolto anche il terzo. Il quarto motivo è stato respinto. Su questa base il Tribunale ha parzialmente annullato la decisione controversa.

13      Il 24 luglio 2012 il Consiglio ha presentato la presente impugnazione, con la quale, sostenuto dalla Commissione, ha chiesto alla Corte di annullare la sentenza impugnata, di statuire in via definitiva sulle questioni oggetto dell’impugnazione, e di condannare la sig.ra in ’t Veld alle spese dei due gradi di giudizio.

14      La sig.ra in ’t Veld, sostenuta dal Parlamento europeo, chiede che la Corte voglia respingere l’impugnazione e condannare il Consiglio alle spese.

 Sull’impugnazione

15      Con la sua impugnazione il Consiglio critica il Tribunale per avere violato due disposizioni del regolamento n. 1049/2001 che limitano il diritto di accesso ai documenti delle istituzioni. Il primo motivo riguarda così la violazione dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), terzo trattino, di tale regolamento, concernente la tutela dell’interesse pubblico in ordine alle relazioni internazionali, e il secondo motivo verte su una violazione dell’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del richiamato regolamento, che prevede un’eccezione a favore della consulenza legale.

 Sul primo motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001

 La sentenza impugnata

16      Per rispondere al primo motivo dedotto dalla sig.ra in ’t Veld a sostegno del suo ricorso di annullamento, vertente sulla violazione dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001, ai punti 24 e 25 della sentenza impugnata il Tribunale ha ricordato che la decisione che l’istituzione deve adottare in applicazione di tale disposizione riveste un carattere complesso e delicato che richiede un livello di prudenza del tutto particolare, tenuto specialmente conto della natura particolarmente delicata ed essenziale dell’interesse protetto, e che, di conseguenza, l’adozione di una siffatta decisione richiede che l’istituzione interessata disponga a tal fine di un ampio margine di discrezionalità e che il controllo svolto dal Tribunale sulla legittimità di tale decisione deve limitarsi alla verifica dell’osservanza delle norme di procedura e di motivazione, dell’esattezza dei fatti materiali nonché dell’assenza sia di un errore manifesto nella valutazione dei medesimi sia di uno sviamento di potere.

17      Al punto 26 della sentenza impugnata il Tribunale ha accertato che il parere al quale era stato chiesto l’accesso nella specie riguardava, in sostanza, il fondamento giuridico della decisione del Consiglio che autorizzava l’avvio dei negoziati, a nome dell’Unione, in vista della conclusione dell’accordo previsto. Al punto 30 della sentenza impugnata il Tribunale ha pertanto considerato necessario esaminare se il Consiglio avesse dimostrato che l’accesso agli elementi non divulgati del documento n. 11897/09 fosse tale da pregiudicare concretamente ed effettivamente l’interesse pubblico in questione.

18      A tal fine il Tribunale ha esaminato i due motivi dedotti dal Consiglio per dimostrare il rischio di una siffatta lesione. Per quanto concerne il motivo secondo cui tale divulgazione avrebbe rivelato al pubblico informazioni circa talune disposizioni dell’accordo previsto, circostanza che avrebbe nuociuto al clima di fiducia nei negoziati in corso, ai punti da 35 a 39 della sentenza impugnata il Tribunale ha considerato che il Consiglio aveva correttamente rifiutato, sul fondamento di tale motivo, l’accesso ai passaggi del documento n. 11897/09 contenenti l’analisi del contenuto specifico di tale accordo, idoneo a rivelare gli obiettivi strategici perseguiti dall’Unione nell’ambito dei negoziati diretti alla conclusione del medesimo.

19      Per quanto attiene al motivo secondo il quale la divulgazione del documento n. 11897/09 avrebbe rivelato alla controparte elementi relativi alla posizione che l’Unione avrebbe dovuto assumere in detti negoziati (in particolare per quanto concerne la scelta del fondamento giuridico dell’accordo previsto), elementi che, nel caso in cui il parere giuridico fosse stato critico, avrebbero potuto essere sfruttati in modo da indebolire la posizione negoziale dell’Unione, al punto 46 della sentenza impugnata il Tribunale ha osservato che il rischio legato alla divulgazione di posizioni assunte in seno alle istituzioni circa il fondamento giuridico per la conclusione di un futuro accordo internazionale non era di per sé idoneo a dimostrare l’esistenza di un pregiudizio all’interesse dell’Unione in materia di relazioni internazionali.

20      A tale proposito, ai punti da 47 a 50 della sentenza impugnata il Tribunale ha anzitutto rilevato che la scelta del fondamento giuridico appropriato, ai fini di un’azione sia interna che internazionale dell’Unione, riveste un’importanza di natura costituzionale, e che tale scelta non dipende solo dal convincimento del suo autore, ma deve basarsi su elementi oggettivi suscettibili di sindacato giurisdizionale, quali, in particolare, lo scopo e il contenuto dell’atto. Ciò comporterebbe la conseguenza che, non rientrando tale scelta nel margine di discrezionalità dell’istituzione, l’eventuale divergenza di opinioni su tale argomento non può essere assimilata a una divergenza tra le istituzioni circa gli elementi relativi al contenuto dell’accordo. Di conseguenza, il semplice timore di divulgare un’eventuale posizione divergente in seno alle istituzioni circa il fondamento giuridico di una decisione che autorizza l’avvio di negoziati a nome dell’Unione non può essere sufficiente per dedurne un rischio di pregiudizio all’interesse pubblico tutelato in materia di relazioni internazionali.

21      Inoltre, in risposta all’argomento presentato in proposito dalla Commissione, ai punti 52 e 53 della sentenza impugnata il Tribunale ha considerato che la divulgazione di un documento da cui risultava l’esistenza di un dubbio quanto alla scelta del fondamento giuridico relativo alla conclusione dell’accordo previsto non poteva comportare, di per se stessa, un rischio per la credibilità dell’Unione in quanto parte negoziale di tale accordo. Infatti, una confusione circa la natura della competenza dell’Unione non potrebbe che risultare aggravata in assenza di un dibattito preliminare e obiettivo tra le istituzioni interessate sul fondamento giuridico dell’azione prevista.

22      Al punto 54 della sentenza impugnata il Tribunale ha poi ricordato che il diritto dell’Unione conosce una procedura, prevista all’epoca dei fatti all’articolo 300, paragrafo 6, CE, che ha proprio lo scopo di prevenire le complicazioni che, sia a livello dell’Unione sia nell’ordinamento giuridico internazionale, possono emergere in ragione della scelta errata del fondamento giuridico relativo alla conclusione di un accordo internazionale che impegna l’Unione.

23      In proposito il Tribunale, ai punti 55 e 56 della sentenza impugnata, ha sottolineato il fatto che, al momento dell’adozione della decisione controversa, l’esistenza di divergenze circa il fondamento giuridico dell’accordo previsto era di pubblico dominio, in particolare a causa del fatto che una risoluzione del Parlamento del 17 settembre 2009, relativa all’accordo previsto, dimostrava l’esistenza di tali divergenze.

24      Da ultimo, al punto 57 della sentenza impugnata il Tribunale ha osservato che, sollevando l’eccezione fondata sulla tutela dell’interesse pubblico in ordine alle relazioni internazionali, il Consiglio faceva altresì riferimento al fatto che il parere del suo servizio giuridico affrontava alcuni punti del progetto delle direttive di negoziato la cui conoscenza avrebbe potuto essere sfruttata dalla controparte di tali negoziati. Il Tribunale ha dichiarato che tale considerazione era effettivamente idonea a dimostrare un rischio di pregiudizio per l’interesse dell’Unione in materia di relazioni internazionali, ma che essa non giustificava tuttavia l’eccezione di cui trattasi per quanto concerne gli elementi del documento n. 11897/09 attinenti al contenuto delle direttive di negoziato.

25      Ai punti da 58 a 60 della sentenza impugnata il Tribunale ha concluso, dalle precedenti considerazioni, che, ad eccezione degli elementi del documento n. 11897/09 vertenti sul contenuto specifico dell’accordo previsto o delle direttive di negoziato, idonei a rivelare gli obiettivi strategici perseguiti dall’Unione nell’ambito dei negoziati relativi a tale accordo, il Consiglio non aveva dimostrato che la divulgazione degli altri aspetti di tale documento avrebbe pregiudicato concretamente ed effettivamente l’interesse pubblico in materia di relazioni internazionali.

26      Di conseguenza, il Tribunale ha accolto in parte il primo motivo dedotto dalla sig.ra in ’t Veld a sostegno del suo ricorso di annullamento.

 Argomenti delle parti

27      Il primo motivo d’impugnazione dedotto dal Consiglio riguarda la violazione, ad opera della sentenza impugnata, dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001 e si articola in due parti.

28      Con la prima parte di tale motivo il Consiglio, sostenuto dalla Commissione, afferma che il Tribunale ha interpretato erroneamente tale disposizione, considerando che un disaccordo sulla scelta del fondamento giuridico di un atto dell’Unione relativo alla conclusione di un accordo internazionale non può pregiudicare l’interesse dell’Unione nel settore delle relazioni internazionali.

29      Infatti, secondo il Consiglio, dal momento che il fondamento giuridico di un atto dell’Unione determina la procedura applicabile per la sua adozione, esso incide innegabilmente anche sull’equilibrio dei poteri tra le istituzioni. Le divergenze concernenti il fondamento giuridico applicabile assumerebbero pertanto, per loro stessa natura, grandissima importanza politica e sarebbero all’origine di potenziali conflitti.

30      Richiamando la sentenza Commissione/Consiglio (22/70, EU:C:1971:32) e i pareri 1/75 (EU:C:1975:145) e 2/00 (EU:C:2001:664), il Consiglio sostiene che la questione del fondamento giuridico di un atto dell’Unione avente ad oggetto la conclusione di un accordo internazionale riveste un’importanza fondamentale per quanto riguarda la posizione dell’Unione in sede di negoziazione di tale accordo, in quanto l’incertezza relativa alla determinazione del fondamento giuridico del medesimo avrebbe ripercussioni negative su tale negoziazione.

31      Infatti, da un lato, le controparti negoziali dell’Unione potrebbero sfruttare le divergenze tra le istituzioni a detrimento dell’Unione. Dall’altro, un dubbio sulla capacità giuridica di un’istituzione a condurre i negoziati avrebbe altresì ripercussioni sulla credibilità e la legittimazione dell’Unione nei negoziati internazionali e metterebbe in pericolo la sua capacità di portarli a termine.

32      Per quanto riguarda il riferimento all’articolo 300, paragrafo 6, CE, il Consiglio ritiene che sia totalmente privo di pertinenza. Da un lato, nessuna istituzione avrebbe fatto ricorso a tale possibilità nel caso di specie. Dall’altro, il fatto che tale procedura sia possibile non mitigherebbe affatto il danno provocato dalla divulgazione di un parere giuridico concernente un fondamento giuridico controverso.

33      Inoltre, la risoluzione del Parlamento del 17 settembre 2009, alla quale il Tribunale ha fatto riferimento, adottata qualche mese dopo la redazione del documento n. 11897/09, avrebbe rivelato il contenuto delle divergenze in maniera illegittima, poiché tale informazione non era mai stata divulgata dal Consiglio, conformemente al regolamento n. 1049/2001. Stanti tali premesse, il Tribunale non avrebbe potuto giustificare la propria decisione sulla base, in particolare, del fatto che il Parlamento europeo avesse reso pubblica l’informazione; qualsiasi altra conclusione equivarrebbe a legittimare una divulgazione in violazione degli articoli da 6 a 8 di tale regolamento. In ogni caso, tale risoluzione si limiterebbe a indicare l’esistenza di una divergenza di punti di vista tra le istituzioni, il che non implicherebbe che il parere in questione fosse divenuto di pubblico dominio nella sua interezza.

34      Per contro, la sig.ra in ’t Veld, sostenuta dal Parlamento europeo, fa valere che l’argomento del Consiglio si fonda su una lettura errata della sentenza impugnata, in quanto il Tribunale non ha dichiarato che il disaccordo sul fondamento giuridico di un accordo internazionale non possa mai pregiudicare l’interesse pubblico in materia di relazioni internazionali. In realtà il Tribunale si sarebbe limitato ad affermare che tale disaccordo non può essere di per sé sufficiente a concludere nel senso di un pregiudizio a detto interesse.

35      Tale errore nella premessa del ragionamento del Consiglio renderebbe inconferente il suo argomento a sostegno della prima parte del primo motivo.

36      In ogni caso, secondo la sig.ra in ’t Veld, tale argomento è infondato. Infatti, se è vero che la decisione di un’istituzione di agire in base a un fondamento errato potrebbe effettivamente pregiudicare le relazioni internazionali dell’Unione, resterebbe comunque il fatto che la divulgazione di un parere di tale istituzione circa il fondamento giuridico dei negoziati non avrebbe incidenza in proposito.

37      La sig.ra in ’t Veld aggiunge che la scelta del fondamento giuridico è una questione puramente interna, cosicché sembra dubbio che le controparti negoziali dell’Unione possano utilizzare le incertezze relative a tale scelta per ottenere un accordo migliore. Al contrario, le controparti negoziali dell’Unione avrebbero in linea di principio interesse a sincerarsi del fatto che l’accordo internazionale previsto sarà concluso su un fondamento legittimo, in modo da ridurre al minimo il rischio che detto accordo sia rimesso in discussione, anche per carenza di competenza delle istituzioni a rappresentare le parti dello stesso. Del pari, la credibilità dell’Unione nei negoziati potrebbe essere messa a rischio unicamente dalla scelta di un fondamento giuridico errato e non da un dibattito su tale scelta.

38      Da ultimo, per quanto attiene alla risoluzione del Parlamento del 17 settembre 2009, il Tribunale vi avrebbe fatto riferimento soltanto nei limiti in cui essa confermava non il contenuto, bensì l’esistenza delle divergenze tra il Consiglio e il Parlamento europeo quanto alla scelta del fondamento giuridico adeguato al fine di condurre tali negoziati, circostanza che era di pubblico dominio e figurava altresì nella stessa decisione controversa.

39      Con la seconda parte del primo motivo dedotto a sostegno della sua impugnazione, il Consiglio, sostenuto dalla Commissione, afferma che, quando le istituzioni si avvalgono di una delle eccezioni previste dall’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento n. 1049/2001 al fine di giustificare una decisione relativa all’accesso a un documento, esse godono in proposito di una ampio margine di discrezionalità, cosicché il controllo esercitato dal Tribunale sulla legittimità di tale decisione dovrebbe essere limitato.

40      Orbene, nella specie il Tribunale avrebbe proceduto a un controllo completo della decisione controversa. In particolare, al punto 58 della sentenza impugnata, esso avrebbe esplicitamente concluso che «il Consiglio non ha dimostrato come, concretamente ed effettivamente, un accesso più ampio [al documento n. 11897/09] avrebbe potuto pregiudicare l’interesse pubblico in materia di relazioni internazionali». Secondo il Consiglio, tale frase, in particolare i termini «concretamente ed effettivamente», dimostra il fatto che il Tribunale non si è limitato a verificare l’esattezza dei fatti materiali e l’assenza di errori manifesti nella valutazione dei fatti, richiedendo invece al Consiglio di dimostrare che la divulgazione di tale documento avrebbe provocato un danno.

41      La sig.ra in ’t Veld, sostenuta dal Parlamento europeo, contesta tale argomento affermando che, secondo la giurisprudenza della Corte, è l’istituzione interessata che deve fornire la prova che la divulgazione di un documento il cui accesso è stato negato arrecherebbe concretamente ed effettivamente pregiudizio a uno degli interessi tutelati dall’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001. Il Tribunale si sarebbe limitato a esaminare i due argomenti presentati dal Consiglio e dalla Commissione per giustificare la non divulgazione del documento n. 11897/09, senza violare la discrezionalità del Consiglio, dato che gli argomenti di tali istituzioni si riferivano a errori manifesti di valutazione che il Tribunale è legittimato a controllare nell’ambito di un sindacato limitato. Poiché il Tribunale non avrebbe quindi valutato il contenuto specifico dell’accordo previsto né le direttive di negoziato, esso non avrebbe nemmeno sostituito la propria valutazione a quella del Consiglio.

 Giudizio della Corte

42      Per quanto concerne la prima parte del primo motivo presentato dal Consiglio a sostegno della sua impugnazione, si deve constatare che tale parte deriva da una lettura errata della sentenza impugnata.

43      Infatti, contrariamente a quanto si può dedurre dall’argomento del Consiglio e della Commissione, il Tribunale non ha affatto escluso che la divulgazione di un disaccordo tra istituzioni circa la scelta del fondamento giuridico che autorizza un’istituzione a concludere un accordo internazionale a nome dell’Unione possa arrecare pregiudizio alla tutela dell’interesse protetto dall’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001.

44      Al contrario, al punto 46 della sentenza impugnata, il Tribunale si è anzitutto limitato ad affermare che il rischio di divulgare posizioni assunte in seno alle istituzioni a proposito di tale scelta non dimostra, di per sé, l’esistenza di un pregiudizio arrecato all’interesse dell’Unione in materia di relazioni internazionali. Esso ha poi precisato, al punto 50 di tale sentenza, che il semplice timore che sia rivelata l’esistenza di opinioni divergenti in seno alle istituzioni circa il fondamento giuridico idoneo al fine di adottare una decisione che autorizza l’avvio di negoziati a nome dell’Unione non può essere sufficiente per dedurne un rischio di pregiudizio all’interesse pubblico in materia di relazioni internazionali. Infine, al punto 52 di detta sentenza, esso ha escluso che l’esistenza di un dibattito giuridico circa la portata delle competenze istituzionali relative all’azione internazionale dell’Unione consenta di presumere quella di un rischio per la credibilità dell’Unione in sede di negoziazione di un accordo internazionale.

45      Una siffatta interpretazione dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001 non è errata in diritto.

46      Si deve ricordare in proposito che il regolamento n. 1049/2001, come indicano il considerando 4 e l’articolo 1 dello stesso, mira a conferire al pubblico un diritto di accesso ai documenti delle istituzioni che sia il più ampio possibile (sentenza Consiglio/Access Info Europe, C‑280/11 P, EU:C:2013:671, punto 28 e giurisprudenza ivi citata).

47      Indubbiamente tale diritto è comunque sottoposto a determinate limitazioni fondate su motivi di interesse pubblico o privato. Nello specifico, in conformità al suo considerando 11, detto regolamento prevede, all’articolo 4, un regime di eccezioni che autorizza le istituzioni a rifiutare l’accesso a un documento nel caso in cui la divulgazione di quest’ultimo arrechi pregiudizio a uno degli interessi tutelati da tale articolo (sentenza Consiglio/Access Info Europe, EU:C:2013:671, punto 29 e giurisprudenza ivi citata).

48      Tuttavia, tali eccezioni, in quanto deroganti al principio dell’accesso più ampio possibile del pubblico ai documenti, devono essere interpretate e applicate restrittivamente (sentenza Consiglio/Access Info Europe, EU:C:2013:671, punto 30 e giurisprudenza ivi citata).

49      Orbene, come emerge dalla sentenza impugnata, il documento n. 11897/09 contiene un parere del servizio giuridico del Consiglio, emesso in vista dell’adozione della decisione di tale istituzione che autorizza l’avvio dei negoziati, a nome dell’Unione, dell’accordo previsto.

50      La sig.ra in ’t Veld non contesta peraltro che l’eccezione al diritto di accesso connessa alla tutela dell’interesse pubblico in ordine alle relazioni internazionali dell’Unione possa applicarsi a un documento di questo tipo.

51      Tuttavia, il solo fatto che un documento riguardi un interesse tutelato da un’eccezione al diritto di accesso prevista dall’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001 non può essere sufficiente a giustificare l’applicazione di quest’ultima (v., in tal senso, sentenza Commissione/Éditions Odile Jacob, C‑404/10 P, EU:C:2012:393, punto 116).

52      Infatti, da un lato, qualora l’istituzione interessata decida di rifiutare l’accesso a un documento che le è stato chiesto di comunicare, deve, in linea di principio, spiegare come l’accesso a tale documento potrebbe arrecare concretamente ed effettivamente pregiudizio all’interesse tutelato da un’eccezione prevista dall’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001 che tale istituzione invoca. Inoltre, il rischio di un siffatto pregiudizio dev’essere ragionevolmente prevedibile e non meramente ipotetico (sentenza Consiglio/Access Info Europe, EU:C:2013:671, punto 31 e giurisprudenza ivi citata).

53      Dall’altro lato, quando un’istituzione applica una delle eccezioni previste dall’articolo 4, paragrafi 2 e 3, del regolamento n. 1049/2001, è tenuta a procedere a un bilanciamento tra l’interesse specifico che deve essere tutelato mediante la non divulgazione del documento in questione e, in particolare, l’interesse generale a che tale documento sia reso accessibile, alla luce dei vantaggi che derivano – come sottolineato dal considerando 2 del regolamento n. 1049/2001 – da un’accresciuta trasparenza, ossia una migliore partecipazione dei cittadini al processo decisionale, nonché una maggiore legittimità, efficienza e responsabilità dell’amministrazione nei confronti dei cittadini in un sistema democratico (sentenza Consiglio/Access Info Europe, EU:C:2013:671, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).

54      Orbene, come emerge dal punto 7 della sentenza impugnata, con la decisione controversa il Consiglio non ha fornito alcun elemento che dimostri in che modo l’accesso al documento n. 11897/09 rischierebbe di arrecare concretamente ed effettivamente pregiudizio all’interesse tutelato dall’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001.

55      Del resto, gli argomenti presentati dal Consiglio non sono neppure idonei a dimostrare che la motivazione del Tribunale relativa all’interpretazione di tale disposizione sia errata in diritto.

56      Infatti, in primo luogo, la giurisprudenza invocata dal Consiglio non consente di desumere nessuna regola generale in forza della quale la divulgazione dell’esistenza di una divergenza di vedute tra istituzioni circa il fondamento giuridico che autorizza una di loro ad avviare negoziati in vista della conclusione di un accordo internazionale e, pertanto, la determinazione dell’atto dell’Unione idoneo a tal fine, arrecherebbe di per sé pregiudizio all’interesse pubblico in ordine alle relazioni internazionali dell’Unione.

57      Anzitutto, nella sentenza Commissione/Consiglio (EU:C:1971:32, punto 86), la Corte ha considerato che il fatto di proporre agli Stati terzi, in una fase avanzata dei negoziati relativi a un accordo internazionale, una nuova ripartizione dei poteri all’interno dell’Unione potrebbe pregiudicare il buon esito di tali negoziati. Orbene, tale fattispecie non corrisponde affatto a quella della divulgazione, tutt’al più, di una divergenza di opinioni tra istituzioni circa il fondamento giuridico di una decisione che autorizza a negoziare un accordo internazionale. Ciò non implica nemmeno che la decisione in questione potrebbe, per questo, essere invalidata.

58      Inoltre, nel parere 1/75 (EU:C:1975:145) la Corte ha fatto riferimento alle ripercussioni internazionali negative che potrebbe comportare una decisione giudiziaria che dichiarasse un accordo, sia per il contenuto sia per la procedura seguita nella stipulazione, incompatibile con le disposizioni del Trattato. Infine, nel parere 2/00 (EU:C:2001:664, punti 5 e 6), la Corte ha sottolineato che il ricorso a una base giuridica errata può invalidare l’atto di stipulazione stesso e che tale circostanza è atta a creare complicazioni tanto a livello dell’Unione che nell’ordinamento giuridico internazionale. Le considerazioni esposte dalla Corte nell’ambito di tali pareri si inseriscono nel contesto dell’esame dell’obiettivo della procedura prevista dall’articolo 300, paragrafo 6, CE (attualmente articolo 218, paragrafo 11, TFUE). Nella specie, non soltanto le parti non hanno fatto ricorso a tale procedura secondo la quale la Corte è adita prima della conclusione dell’accordo previsto, ma in nessun caso è stato previsto il rischio che la decisione del Consiglio sull’avvio dei negoziati potesse essere oggetto di una decisione giudiziaria che ne dichiarasse l’incompatibilità con i Trattati.

59      In secondo luogo, il riferimento operato dal Tribunale, al punto 54 della sentenza impugnata, alla procedura prevista da detto articolo 300, paragrafo 6, ha semplicemente carattere descrittivo. Tale riferimento dev’essere manifestamente inteso nel senso che è lo stesso Trattato a prevedere una procedura giurisdizionale avente ad oggetto le questioni di diritto che possono essere collegate al fondamento giuridico di una decisione concernente la conclusione di un accordo internazionale, procedura che si svolge prima della firma dell’accordo e pubblicamente, circostanza che consente di escludere qualsiasi presunzione che un dibattito reso pubblico circa il fondamento giuridico corretto di tale decisione possa arrecare sistematicamente un pregiudizio concreto ed effettivo all’interesse pubblico in ordine alle relazioni internazionali.

60      In terzo e ultimo luogo, nell’ambito della valutazione dell’esistenza di un rischio di pregiudizio a tale interesse, al punto 55 della sentenza impugnata il Tribunale ha correttamente preso in considerazione la circostanza che, nella sostanza, il contenuto del documento n. 11897/09 era stato reso pubblico in una risoluzione del Parlamento. In sede di tale valutazione, il cui oggetto è costituito dal rischio che la divulgazione di un documento arrechi pregiudizio all’interesse tutelato ai sensi dell’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001, il fatto che la divulgazione precedente non fosse conforme a detto regolamento non è pertinente, in quanto le conseguenze di tale illegittimità devono eventualmente essere tratte nell’ambito di altri mezzi di ricorso previsti dai Trattati.

61      In considerazione di quanto precede occorre concludere che la prima parte del primo motivo presentato dal Consiglio a sostegno della sua impugnazione è infondata.

62      Con la seconda parte di tale motivo il Consiglio sostiene che il Tribunale ha proceduto a torto a un controllo completo della legittimità della decisione controversa, mentre avrebbe dovuto limitarsi a esercitare un controllo limitato, come risulterebbe dalla giurisprudenza della Corte.

63      In proposito si deve osservare che è certamente esatto che, relativamente alla portata del sindacato giurisdizionale sulla legittimità di una decisione di un’istituzione che nega l’accesso del pubblico a un documento in base a una delle eccezioni relative all’interesse pubblico di cui all’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 1049/2001, occorre riconoscere a quest’ultima istituzione un’ampia discrezionalità per determinare se la divulgazione di documenti relativi agli ambiti soggetti all’applicazione di dette eccezioni possa arrecare pregiudizio all’interesse pubblico. Il controllo di legittimità esercitato dal giudice dell’Unione su una siffatta decisione deve limitarsi, quindi, alla verifica dell’osservanza delle norme di procedura e di motivazione, dell’esattezza dei fatti materiali, nonché dell’assenza sia di un errore manifesto di valutazione sia di uno sviamento di potere (sentenza Sison/Consiglio, C‑266/05 P, EU:C:2007:75, punto 34).

64      Tuttavia, quando l’istituzione interessata rifiuta l’accesso a un documento la cui divulgazione arrecherebbe pregiudizio a uno degli interessi tutelati dal richiamato articolo 4, paragrafo 1, lettera a), tale istituzione, come rammentato al punto 52 della presente sentenza, resta tenuta a fornire spiegazioni sulle modalità in cui l’accesso a tale documento potrebbe arrecare concretamente ed effettivamente pregiudizio all’interesse tutelato da un’eccezione prevista da tale disposizione, dovendo il rischio di tale pregiudizio essere ragionevolmente prevedibile e non meramente ipotetico.

65      Orbene, al punto 58 della sentenza impugnata il Tribunale ha constatato che, ad eccezione degli elementi del documento n. 11897/09 vertenti sul contenuto specifico dell’accordo previsto o delle direttive di negoziato, tali da rivelare gli obiettivi strategici perseguiti dall’Unione nei negoziati relativi a tale accordo, il Consiglio non aveva dimostrato in che modo, concretamente ed effettivamente, un accesso più ampio a tale documento avrebbe arrecato pregiudizio all’interesse pubblico in materia di relazioni internazionali.

66      A tal fine il Tribunale ha ritenuto sufficiente verificare la motivazione della decisione controversa in proposito. Infatti, dopo avere indicato, al punto 41 della sentenza impugnata, che il Consiglio sosteneva che tale decisione faceva riferimento al rischio connesso alla divulgazione degli elementi dell’analisi relativa al fondamento giuridico dell’accordo previsto, sebbene un tale riferimento non risultasse esplicitamente da detta decisione, il Tribunale, sulla base di tale considerazione, si è poi limitato a constatare, ai punti da 46 a 50 della richiamata sentenza, che tale motivazione della decisione controversa era insufficiente in diritto, in quanto la sola constatazione connessa all’esistenza di tale rischio non rispondeva, di per sé, all’obbligo per l’istituzione interessata di dimostrare concretamente ed effettivamente l’esistenza di un pregiudizio all’interesse dell’Unione in materia di relazioni internazionali. A tale proposito il Tribunale ha dichiarato che, dal momento che la scelta del fondamento giuridico è basata su elementi obiettivi e non rientra nella discrezionalità dell’istituzione, l’eventuale divergenza di opinioni su tale argomento non può essere assimilata a una divergenza tra le istituzioni circa gli elementi relativi al contenuto dell’accordo, che avrebbe eventualmente potuto nuocere agli interessi dell’Unione in materia di relazioni internazionali.

67      Per contro, ai punti 57 e 58 della sentenza impugnata, il Tribunale ha considerato che la motivazione esposta dal Consiglio a sostegno della decisione controversa era in sé sufficiente per quanto attiene agli elementi del documento n. 11897/09 relativi al contenuto specifico dell’accordo previsto o delle direttive di negoziato, e ha concluso, al punto 59 di tale sentenza, che detta istituzione aveva dimostrato il rischio di pregiudizio all’interesse pubblico in materia di relazioni internazionali soltanto in merito a questi ultimi elementi.

68      Da quanto precede discende che il Tribunale si è limitato a controllare la motivazione sulla quale si fonda la decisione controversa e non ha quindi violato la discrezionalità del Consiglio.

69      Alla luce di tali considerazioni, la seconda parte del primo motivo dedotto dal Consiglio a sostegno della sua impugnazione è anch’essa infondata, cosicché tale motivo dev’essere respinto nella sua interezza.

 Sul secondo motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001

 La sentenza impugnata

70      In considerazione della conclusione raggiunta in seguito all’esame del primo motivo dedotto dalla sig.ra in ’t Veld a sostegno del suo ricorso di annullamento, il Tribunale ha limitato l’esame del secondo motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001, alle sole parti non divulgate del documento n. 11897/09, ad esclusione di quelle relative al contenuto specifico dell’accordo previsto o delle direttive di negoziato.

71      Ai punti 69 e 70 della sentenza impugnata il Tribunale ha anzitutto considerato che i motivi della decisione controversa, secondo i quali il Consiglio e il suo servizio giuridico potrebbero essere dissuasi, rispettivamente, dal chiedere e dal fornire pareri scritti in merito a questioni delicate se tali pareri dovessero in seguito essere divulgati, non erano suffragati da alcun elemento concreto e circostanziato tale da dimostrare, nella specie, l’esistenza di un rischio ragionevolmente prevedibile e non puramente ipotetico, di un pregiudizio per l’interesse del Consiglio a ricevere pareri giuridici franchi, obiettivi e completi.

72      Al punto 71 della sentenza impugnata il Tribunale ha parimenti considerato che, essendo l’ipotesi del pregiudizio per l’interesse pubblico in materia di relazioni internazionali prevista da una distinta eccezione, contemplata all’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001, il solo fatto che il parere giuridico contenuto nel documento n. 11897/09 vertesse sul settore delle relazioni internazionali dell’Unione non era di per sé sufficiente per applicare l’eccezione prevista dall’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del medesimo regolamento.

73      Ai punti da 72 a 74 della sentenza impugnata il Tribunale ha poi osservato che, pur potendosi ammettere che, ove i negoziati internazionali siano ancora in corso, sia necessaria una tutela rafforzata per quanto riguarda i documenti dell’istituzione coinvolta in tali negoziati, al fine di escludere qualsiasi pregiudizio all’interesse dell’Unione nello svolgimento degli stessi, di tale considerazione si è già tenuto conto riconoscendo un ampio margine di discrezionalità di cui le istituzioni godono nell’ambito dell’applicazione dell’eccezione contemplata all’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001. Per quanto riguarda l’eccezione prevista dall’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del medesimo regolamento, il Consiglio non può validamente avvalersi della considerazione generale secondo cui un pregiudizio all’interesse pubblico tutelato potrebbe essere presunto in un settore delicato, in particolare quando si tratta di pareri giuridici forniti nell’ambito di un procedimento di negoziazione di un accordo internazionale. Un pregiudizio concreto e prevedibile all’interesse in gioco non può neppure essere dimostrato sulla base di un semplice timore di divulgare ai cittadini le divergenze di punti di vista tra le istituzioni circa il fondamento giuridico dell’azione internazionale dell’Unione e, quindi, di insinuare un dubbio sulla legittimità di tale azione.

74      Per quanto riguarda l’argomento esposto dal Consiglio avente ad oggetto il rischio di pregiudizio alla capacità del suo servizio giuridico di difendere, nell’ambito di procedimenti giurisdizionali, una posizione sulla quale aveva espresso un parere negativo, al punto 78 della sentenza impugnata il Tribunale ha considerato che un argomento di ordine tanto generale non poteva giustificare un’eccezione alla trasparenza prevista dal regolamento n. 1049/2001.

75      Da ultimo, secondo il Tribunale spettava al Consiglio effettuare un bilanciamento tra l’interesse specifico da tutelare non divulgando il documento n. 11897/09 e un eventuale interesse pubblico prevalente che giustificasse tale divulgazione.

76      A questo proposito, ai punti da 81 a 95 della sentenza impugnata il Tribunale ha rammentato che le esigenze di trasparenza sono accresciute quando il Consiglio agisce in qualità di legislatore. Orbene, l’iniziativa e la conduzione dei negoziati in vista della conclusione di un accordo internazionale rientrerebbero, in linea di principio, nella sfera dell’esecutivo. Tuttavia, il Tribunale ha altresì aggiunto che l’applicazione del principio di trasparenza del processo decisionale dell’Unione non può essere esclusa a proposito dell’azione internazionale, in particolare quando una decisione che autorizza l’avvio di negoziati contempla un accordo internazionale che può avere ripercussioni su un settore dell’attività legislativa dell’Unione, quale l’accordo previsto che riguarda, in sostanza, il settore del trattamento e dello scambio d’informazioni nell’ambito della cooperazione di polizia, e che può anche influire sulla tutela dei dati a carattere personale. A tale riguardo, da un lato, il fatto che il documento n. 11897/09 verta su un settore potenzialmente rientrante nell’eccezione di cui all’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001, relativa alla tutela dell’interesse pubblico in materia di relazioni internazionali, non sarebbe pertinente quando si tratta di valutare l’applicazione della distinta eccezione relativa alla tutela della consulenza legale, prevista dall’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del suddetto regolamento. Dall’altro, il fatto che il procedimento per la conclusione dell’accordo previsto fosse ancora in corso al momento dell’adozione della decisione controversa non sarebbe decisivo nell’ambito della verifica dell’eventuale esistenza di un interesse pubblico prevalente che giustifichi la divulgazione, nonostante tale rischio di pregiudizio. Infatti, l’interesse pubblico relativo alla trasparenza del processo decisionale sarebbe svuotato del suo contenuto se dovesse essere preso in considerazione, come proposto dalla Commissione, limitatamente al caso in cui sia stato posto termine al procedimento decisionale.

77      Sulla base di tali considerazioni il Tribunale ha accolto il secondo motivo dedotto dalla sig.ra in ’t Veld a sostegno del suo ricorso di annullamento.

 Argomenti delle parti

78      Il secondo motivo d’impugnazione dedotto dal Consiglio verte sulla violazione dell’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001 e si suddivide in due parti.

79      Con la prima parte di tale motivo il Consiglio, sostenuto dalla Commissione, afferma che il Tribunale non ha tenuto conto della particolare natura della questione esaminata nel parere giuridico contenuto nel documento n. 11897/09 e ha erroneamente applicato il criterio del «danno concreto ed effettivo».

80      In particolare il Tribunale avrebbe trascurato le circostanze particolari del caso di specie, segnatamente il fatto che i negoziati internazionali su una questione delicata relativa alla cooperazione nella lotta al terrorismo erano in corso all’epoca dei fatti, e che le istituzioni erano in disaccordo sulla scelta del fondamento giuridico dell’accordo previsto. Il fatto che il Tribunale, ai fini dell’eccezione di cui all’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001, non abbia preso in considerazione la questione esaminata nel parere giuridico sarebbe in contraddizione con la giurisprudenza della Corte, secondo la quale il settore di attività al quale è riconducibile un documento e la sua natura delicata sarebbero pertinenti ai fini dell’applicazione delle relative eccezioni previste dall’articolo 4, paragrafi 2 e 3, di tale regolamento.

81      Secondo il Consiglio, l’accento che il Tribunale ha posto, al punto 73 della sentenza impugnata, sul fatto che gli interessi collegati alla negoziazione dell’accordo internazionale fossero già stati presi in considerazione «riconoscendo un ampio margine di discrezionalità di cui le istituzioni godono nell’ambito dell’applicazione dell’eccezione contemplata all’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001», si fonda sul postulato erroneo secondo cui un’istituzione non può invocare gli stessi elementi di fatto per giustificare l’applicazione delle diverse eccezioni ai sensi dell’articolo 4 del richiamato regolamento, poiché tale postulato non sarebbe suffragato né dal tenore letterale del regolamento in quanto tale né dalla pertinente giurisprudenza in materia; a sostegno del suo punto di vista il Consiglio cita le sentenze Commissione/Agrofert Holding (C‑477/10 P, EU:C:2012:394, punto 55) e Commissione/Éditions Odile Jacob (EU:C:2012:393, punti da 113 a 115).

82      In proposito il Consiglio aggiunge che il Tribunale ha commesso un errore di diritto imponendogli di provare l’esistenza di un pregiudizio effettivo e concreto alla tutela della consulenza legale e di presentare elementi concreti e circostanziati a dimostrazione dell’esistenza di tale danno.

83      In ogni caso, nella decisione controversa il Consiglio avrebbe spiegato in che modo, nella specie, l’accesso del pubblico al documento n. 11897/09 avrebbe potuto arrecare pregiudizio all’interesse tutelato dall’eccezione di cui all’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001. In particolare, da un lato, sarebbe esistito un rischio reale che il Parlamento europeo potesse cercare di utilizzare elementi contenuti nel parere giuridico nel contesto degli scambi politici tra le istituzioni al fine di influire sui negoziati in corso. Dall’altro, i negoziati sarebbero stati ancora in corso all’epoca dei fatti, mentre la Corte non avrebbe mai statuito a favore della divulgazione di un parere giuridico in circostanze analoghe.

84      Da ultimo, il Consiglio sostiene che la constatazione del Tribunale, al punto 101 della sentenza impugnata, secondo la quale «l’interesse pubblico relativo alla trasparenza del processo decisionale sarebbe svuotato del suo contenuto se dovesse essere preso in considerazione, come proposto dalla Commissione, limitatamente al caso in cui sia stato posto termine al procedimento decisionale», è incompatibile con la giurisprudenza della Corte, che ammette che documenti interni, compresi i pareri giuridici, godano di un livello di protezione più elevato durante lo svolgimento del procedimento pertinente. Tale constatazione sarebbe inoltre contraria al tenore letterale dell’articolo 4, paragrafo 3, secondo comma, del regolamento n. 1049/2001, che prevede un’eccezione particolare concernente la protezione dei documenti interni relativi a una questione su cui l’istituzione non ha ancora adottato una decisione.

85      Secondo la sig.ra in ’t Veld, sostenuta dal Parlamento europeo, il Tribunale si è in realtà limitato a esaminare se la circostanza che il parare giuridico vertesse sulle relazioni internazionali dell’Unione avrebbe dovuto modificare la sua analisi, e ha concluso, al punto 71 della sentenza impugnata, che tale circostanza non era sufficiente «di per sé» per giustificare un rifiuto fondato sulla tutela della consulenza legale.

86      Inoltre, l’affermazione del Tribunale, al punto 88 della sentenza impugnata, secondo la quale «la partecipazione del pubblico nel procedimento relativo alla negoziazione e alla conclusione di un accordo internazionale è necessariamente ristretta, tenuto conto del legittimo interesse a non svelare gli elementi strategici del negoziato», non significherebbe che il parere giuridico relativo al fondamento giuridico di tali negoziati sia «particolarmente delicato». Infatti, la sentenza impugnata autorizzerebbe già il Consiglio a espungere dal parere le informazioni contenenti «elementi strategici del negoziato», in quanto gli consentirebbe di sopprimere «passi del documento richiesto relativi all’analisi del contenuto specifico del previsto accordo, idoneo a rientrare negli obiettivi strategici perseguiti dall’Unione nei negoziati». La parte della sentenza concernente l’eccezione relativa alla consulenza legale avrebbe riguardato di conseguenza soltanto il resto del documento n. 11897/09. Gli argomenti del Consiglio sarebbero quindi privi di fondamento.

87      Quanto al presunto errore commesso dal Tribunale nell’applicazione del criterio del «pregiudizio concreto ed effettivo», la sig.ra in ’t Veld fa rinvio agli argomenti sviluppati in proposito nell’ambito della seconda parte del primo motivo.

88      Per quanto attiene, infine, alla presunta esistenza, nella specie, di circostanze eccezionali, in risposta agli argomenti del Consiglio la sig.ra in ’t Veld sostiene, in primo luogo, che, quanto al fatto che la divulgazione dovrebbe essere rifiutata per il motivo che il parere giuridico riguardava una discussione interna del Consiglio sull’avvio dei negoziati, tale elemento non è pertinente, poiché tutti i pareri giuridici costituiscono discussioni interne sull’argomento per il quale sono preparati. In secondo luogo, per quanto riguarda il fatto che il parere verte sulla «materia delicata» del terrorismo e del finanziamento del terrorismo, il Consiglio non spiega le ragioni per le quali tale circostanza sarebbe pertinente per giustificare la limitazione dell’accesso a un parere circa il fondamento giuridico in vista della conclusione di un accordo internazionale quale l’accordo previsto. Infatti, dato che il parere descrive il contenuto di tale accordo e gli obiettivi strategici dell’Unione, il Tribunale ha deciso che il Consiglio non era obbligato a divulgare tali elementi. Per le altre parti del parere, ossia quelle riguardanti il fondamento giuridico da adottare in vista della conclusione dell’accordo previsto, il loro eventuale carattere delicato non dipende dall’oggetto dell’accordo stesso. In terzo luogo, per quanto concerne la circostanza che i negoziati su tale accordo erano ancora in corso, il Tribunale ha correttamente spiegato che se si impedisse ai cittadini di avere accesso a documenti interni delle istituzioni per il motivo che il processo decisionale non è concluso, essi non sarebbero mai in grado di partecipare a tale processo. Peraltro, il riferimento operato dal Consiglio in tale contesto all’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento n. 1049/2001 è privo di pertinenza dato che tale eccezione non sarebbe stata sollevata nella decisione controversa. In quarto luogo, di fronte all’argomento secondo cui la divulgazione del documento aumenterebbe le possibilità che il Parlamento europeo «possa cercare di utilizzare elementi contenuti nel parere giuridico nel contesto degli scambi politici tra le istituzioni al fine di influire sui negoziati in corso», la sig.ra in ’t Veld rammenta che, in quanto membro del Parlamento, era già stata in grado di prendere conoscenza del contenuto del documento n. 11897/09 addirittura prima dell’adozione della decisione controversa, di modo tale che, se avesse voluto utilizzare tali elementi nei negoziati con il Consiglio, avrebbe già potuto farlo.

89      Con la seconda parte del secondo motivo il Consiglio, sostenuto dalla Commissione, afferma che il Tribunale ha commesso un errore di diritto applicando, nel contesto della presente causa, la giurisprudenza della Corte secondo la quale, nell’ambito del bilanciamento richiesto dall’ultima frase dell’articolo 4, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001, si deve tenere conto del fatto che il parere giuridico è stato reso nell’ambito di una procedura legislativa (sentenza Svezia e Turco/Consiglio, C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374). Il ragionamento del Tribunale sarebbe fondato sulla premessa secondo la quale il livello di trasparenza applicabile al processo decisionale dell’Unione nel corso della negoziazione di un accordo internazionale che incide sull’attività legislativa dell’Unione dovrebbe essere lo stesso applicabile al processo legislativo dell’Unione stesso, il che equivarrebbe a estendere in maniera ingiustificata la massima della sentenza Svezia e Turco/Consiglio (EU:C:2008:374) oltre l’ambito legislativo.

90      In realtà esisterebbe una distinzione importante tra il caso in cui l’Unione agisce in qualità di legislatore e quelli in cui agisce nell’ambito della sua competenza esecutiva per la conduzione delle relazioni internazionali. Il regolamento n. 1049/2001 stesso terrebbe conto della protezione speciale che dev’essere conferita alle relazioni internazionali, la cui riservatezza sarebbe tutelata da un’eccezione prevista dal suo articolo 4, paragrafo 1, lettera a), terzo trattino, disposizione per la quale il legislatore non avrebbe tuttavia previsto un bilanciamento degli interessi concorrenti.

91      Sebbene si pongano questioni di responsabilità democratica e di partecipazione dei cittadini dell’Unione per quanto concerne la conclusione di un accordo internazionale e la sua successiva attuazione mediante atti legislativi dell’Unione, il Consiglio sostiene che ciò non può verificarsi in occasione della precedente fase di negoziazione, in quanto è impossibile informare tutti i cittadini senza nel contempo informare le controparti internazionali con le quali l’Unione sta negoziando.

92      Contro tale argomento la sig.ra in ’t Veld rammenta che il Tribunale ha permesso al Consiglio di espungere dal documento n. 11897/09 passaggi attinenti al contenuto specifico dell’accordo previsto che avrebbero potuto rivelare gli obiettivi strategici dell’Unione, cosicché tali argomenti non possono essere pertinenti per la discussione sul fondamento giuridico dell’accordo, dato che nessun «elemento strategico» deriverebbe da tale fondamento.

93      Inoltre, il fatto che il parere giuridico riguardasse le relazioni internazionali e che l’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento n. 1049/2001 contenga un’eccezione «obbligatoria» specifica che protegge le relazioni internazionali dell’Unione non eliminerebbe la necessità di tenere conto dell’eventualità dell’esistenza di un interesse pubblico prevalente nel contesto dell’articolo 4, paragrafo 2, di tale regolamento. Infatti, sarebbe proprio a causa dell’incidenza dell’accordo previsto sull’attività legislativa dell’Unione, nella specie la sua incidenza su norme chiamate ad essere vincolanti per tutti i cittadini dell’Unione, che la necessità di conferire una più ampia legittimazione alle istituzioni e la maggiore fiducia dei cittadini in tali istituzioni costituirebbero un interesse prevalente.

94      Infine, per quanto attiene alla circostanza invocata dal Consiglio secondo cui, nel contesto dei negoziati in corso, è impossibile informare tutti i cittadini senza informare simultaneamente le controparti internazionali con le quali l’Unione sta negoziando, la sig.ra in ’t Veld precisa che, sebbene ciò possa costituire una considerazione pertinente per rifiutare l’accesso del pubblico alla parte del documento n. 11897/09 concernente gli obiettivi strategici e le istruzioni di negoziato, essa non lo sarebbe alla luce del resto di detto documento riguardante soltanto la questione del fondamento giuridico.

 Giudizio della Corte

95      In via preliminare occorre ricordare che, secondo la giurisprudenza della Corte, con riferimento all’eccezione riguardante la consulenza legale, prevista dall’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001, l’esame che il Consiglio deve effettuare quando gli viene richiesta la divulgazione di un documento deve necessariamente svolgersi in tre fasi, corrispondenti ai tre criteri previsti da tale disposizione (sentenza Svezia e Turco/Consiglio, EU:C:2008:374, punto 37).

96      Quindi il Consiglio deve dapprima assicurarsi che il documento di cui viene chiesta la divulgazione riguardi effettivamente un parere giuridico. Secondariamente, deve esaminare se la divulgazione delle parti del documento di cui trattasi individuate come concernenti la consulenza legale arrecherebbero pregiudizio alla tutela di cui quest’ultima deve beneficiare, nel senso che tale divulgazione arrecherebbe pregiudizio all’interesse di un’istituzione a chiedere una consulenza legale e a ricevere pareri franchi, obiettivi e completi. Il rischio di pregiudizio a tale interesse, per poter essere invocato, deve essere ragionevolmente prevedibile e non puramente ipotetico. In una terza e ultima fase, se il Consiglio ritiene che la divulgazione di un documento arrechi pregiudizio alla tutela della consulenza legale come testé definita, è suo dovere verificare che non esista un interesse pubblico prevalente che giustifichi tale divulgazione, nonostante il pregiudizio che ne deriverebbe alla sua facoltà di chiedere una consulenza legale e di ricevere pareri franchi, obiettivi e completi (v., in tal senso, sentenza Svezia e Turco/Consiglio, EU:C:2008:374, punti da 38 a 44).

97      Con la prima parte del suo secondo motivo d’impugnazione il Consiglio, in primo luogo, critica il Tribunale per non avere tenuto conto, nell’ambito della sua valutazione del rischio che la divulgazione del documento n. 11897/09 arrecasse pregiudizio all’interesse tutelato dall’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001, della circostanza che il contenuto di tale documento fosse particolarmente delicato, in quanto riguardava negoziati internazionali ancora in corso, vertenti su una questione relativa alla cooperazione nella lotta contro il terrorismo.

98      Al riguardo è sufficiente osservare che, al punto 71 della sentenza impugnata, il Tribunale ha in realtà tenuto conto di tale circostanza, dichiarando tuttavia che, da sola, essa non era sufficiente per applicare l’eccezione di cui trattasi al diritto di accesso, dato che l’ipotesi del pregiudizio all’interesse pubblico in materia di relazioni internazionali è prevista da un’eccezione distinta.

99      Orbene, tale interpretazione non è errata in diritto.

100    Da un lato, è vero che un’istituzione dell’Unione, al fine di valutare una domanda di accesso a taluni documenti in suo possesso, può prendere in considerazione diversi motivi di diniego previsti dall’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001 (v., in tal senso, sentenze Commissione/Éditions Odile Jacob, EU:C:2012:393, punto 113, e Commissione/Agrofert Holding, EU:C:2012:394, punto 55).

101    Tuttavia, con il suo argomento, il Consiglio tenta in realtà di giustificare l’applicazione di un solo motivo di diniego, ossia la tutela dell’interesse pubblico in ordine alle relazioni internazionali, invocando a tal fine due eccezioni diverse previste dall’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001. Orbene, anche supponendo che elementi di fatto identici possano giustificare l’applicazione di due eccezioni diverse, qualora, come nella specie, un ricorrente non abbia sollevato con successo l’eccezione espressamente prevista per la tutela delle relazioni internazionali, questi non può poi legittimamente fare riferimento a tali medesimi elementi di fatto per fondare una presunzione di applicazione di un’eccezione che protegge un interesse diverso, come la consulenza legale, senza spiegare in che modo la divulgazione di tali documenti potrebbe arrecare concretamente ed effettivamente pregiudizio a quest’altro interesse.

102    Dall’altro lato, lo stesso Tribunale ha riconosciuto, al punto 88 della sentenza impugnata, che la partecipazione del pubblico nel procedimento relativo alla negoziazione e alla conclusione di un accordo internazionale è necessariamente ristretta, tenuto conto del legittimo interesse a non svelare gli elementi strategici del negoziato. A tale proposito, la censura dedotta dal Consiglio, con la quale esso lamenta che il Tribunale non ha tratto le conseguenze da tale considerazione, è priva di fondamento in fatto, in quanto è proprio in forza di tale considerazione che il Tribunale, ai punti da 35 a 39 della sentenza impugnata, ha dichiarato che l’accesso alla parte del documento n. 11897/09 contenente gli elementi strategici dei negoziati poteva validamente essere rifiutato sulla base dell’eccezione prevista dall’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001.

103    In secondo luogo il Consiglio critica il Tribunale per avere applicato erroneamente il criterio del «danno concreto ed effettivo».

104    A tale proposito è sufficiente constatare che, alla luce della giurisprudenza citata al punto 52 della presente sentenza, il Tribunale ha ricordato giustamente, al punto 69 della sentenza impugnata, che il rischio che la divulgazione del documento n. 11897/09 sia tale da arrecare concretamente ed effettivamente pregiudizio all’interesse dell’istituzione a chiedere una consulenza legale e a ricevere pareri franchi, obiettivi e completi dev’essere ragionevolmente prevedibile, e non puramente ipotetico.

105    Al fine di fornire le spiegazioni necessarie a dimostrare l’esistenza di tale rischio, contrariamente alle allegazioni del Consiglio e della Commissione, è necessario effettuare l’esame descritto al punto 96 della presente sentenza anche se il documento al quale si chiede l’accesso non riguarda una procedura legislativa.

106    Infatti la Corte ha certamente sottolineato, al punto 46 della sentenza Svezia e Turco/Consiglio (EU:C:2008:374), che tali considerazioni, secondo le quali incombe al Consiglio effettuare un bilanciamento tra l’interesse specifico da proteggere mediante la non divulgazione del documento di cui trattasi e, in particolare, l’interesse generale a che tale documento sia reso accessibile, tenuto conto dei vantaggi derivanti, come rilevato dal considerando 2 del regolamento n. 1049/2001, da un’accresciuta trasparenza, ossia una migliore partecipazione dei cittadini al processo decisionale nonché una maggiore legittimità, efficienza e responsabilità dell’amministrazione nei confronti dei cittadini in un sistema democratico, rivestono una rilevanza del tutto particolare quando il Consiglio agisce in qualità di legislatore.

107    Tuttavia la Corte ha altresì precisato che l’attività non legislativa delle istituzioni non esula dall’ambito di applicazione del regolamento n. 1049/2001. È sufficiente ricordare in proposito che l’articolo 2, paragrafo 3, di tale regolamento precisa che quest’ultimo si applica a tutti i documenti detenuti da un’istituzione, vale a dire i documenti formati o ricevuti dalla medesima e che si trovino in suo possesso concernenti tutti i settori d’attività dell’Unione (v., in tal senso, sentenza Svezia/MyTravel e Commissione, C‑506/08 P, EU:C:2011:496, punti 87, 88 e 109).

108    In terzo luogo il Consiglio sostiene che, contrariamente a quanto il Tribunale gli ha addebitato a termini della sentenza impugnata, esso ha indicato le ragioni per le quali, tenuto conto delle circostanze del caso di specie, l’accesso del pubblico al documento n. 11897/09 avrebbe potuto arrecare pregiudizio all’interesse tutelato dall’eccezione contemplata dall’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001.

109    A tale riguardo, per quanto attiene, da un lato, all’argomento del Consiglio relativo all’esistenza di un rischio reale di pregiudizio ai negoziati internazionali in quanto il Parlamento europeo avrebbe cercato di utilizzare gli elementi contenuti nel parere giuridico al fine di influenzare i negoziati in corso e, nel contempo, di contestare la legittimità della decisione del Consiglio relativa alla conclusione dell’accordo previsto, basti rammentare che tale critica ignora la circostanza che il Tribunale ha deciso che il Consiglio era legittimato a rifiutare l’accesso alle parti del documento n. 11897/09 concernenti il contenuto specifico dell’accordo previsto e gli obiettivi strategici perseguiti dall’Unione nei negoziati. Orbene, il Consiglio non ha fornito alcun elemento atto a dimostrare in che modo la divulgazione della parte restante di detto documento avrebbe dato luogo a tali rischi.

110    Dall’altro lato, quanto all’argomento del Consiglio secondo il quale il Tribunale non ha tenuto conto del fatto che i negoziati erano in corso al momento della domanda di accesso al documento n. 11897/09, si deve constatare che ai punti 72 e 73 della sentenza impugnata il Tribunale ha in realtà esplicitamente esaminato tale considerazione e ha concluso che di essa si era già tenuto conto riconoscendo l’ampio margine di discrezionalità di cui godono le istituzioni nell’ambito dell’applicazione dell’eccezione di cui all’articolo 4, paragrafo 1, lettera a), terzo trattino, del regolamento n. 1049/2001.

111    Tenuto conto delle considerazioni che precedono, si deve respingere la prima parte del secondo motivo dedotto dal Consiglio a sostegno della sua impugnazione.

112    Poiché il Consiglio, nell’ambito della prima parte del suo secondo motivo d’impugnazione, ha contestato senza esito positivo il ragionamento seguito dal Tribunale nella sentenza impugnata, sul cui fondamento esso ha concluso, al punto 102 di tale sentenza, che gli elementi invocati nella decisione controversa non consentivano di accertare che la divulgazione del documento n. 11897/09 avrebbe pregiudicato la tutela della consulenza legale, non occorre esaminare la seconda parte di tale motivo, poiché l’argomento ivi esposto riveste un carattere inconferente. Invero, tale parte riguarda una motivazione sviluppata in via subordinata dal Tribunale, secondo la quale il Consiglio ha in ogni caso omesso di verificare se esistesse un interesse pubblico prevalente che giustificasse una divulgazione più ampia del documento n. 11897/09, conformemente all’articolo 4, paragrafo 2, secondo trattino, del regolamento n. 1049/2001.

113    Da tutte le considerazioni che precedono risulta che anche il secondo motivo dev’essere respinto, e che occorre quindi respingere l’impugnazione nella sua interezza.

 Sulle spese

114    A norma dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte, quando l’impugnazione è respinta, la Corte statuisce sulle spese.

115    Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, di tale regolamento, applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, dello stesso, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. L’articolo 140, paragrafo 1, del medesimo regolamento dispone che le spese delle istituzioni intervenute nella causa restano a loro carico.

116    Poiché la sig.ra in ’t Veld ne ha fatto domanda, il Consiglio, rimasto soccombente, deve essere condannato alle spese. Le spese del Parlamento europeo e della Commissione resteranno a loro carico.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara e statuisce:

1)      L’impugnazione è respinta.

2)      Il Consiglio dell’Unione europea è condannato alle spese.

3)      Le spese del Parlamento europeo e della Commissione europea restano a loro carico.

Firme


* Lingua processuale: l’inglese.