Language of document : ECLI:EU:C:2014:2452

SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

18 dicembre 2014 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Articolo 19, paragrafo 2 – Direttiva 2004/83/CE – Norme minime sulle condizioni per il riconoscimento dello status di rifugiato o di beneficiario della protezione sussidiaria – Persona ammissibile alla protezione sussidiaria – Articolo 15, lettera b) – Tortura o altra forma di pena o trattamento inumano o degradante ai danni del richiedente nel suo paese di origine – Articolo 3 – Disposizioni più favorevoli – Richiedente affetto da una grave malattia – Assenza di una terapia adeguata nel suo paese di origine – Articolo 28 – Assistenza sociale – Articolo 29 – Assistenza sanitaria»

Nella causa C‑542/13,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla Cour constitutionnelle (Belgio), con decisione del 26 settembre 2013, pervenuta in cancelleria il 17 ottobre 2013, nel procedimento

Mohamed M’Bodj

contro

État belge,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta da V. Skouris, presidente, K. Lenaerts, vicepresidente, M. Ilešič, L. Bay Larsen (relatore), T. von Danwitz, J.‑C. Bonichot e K. Jürimäe, presidenti di sezione, A. Rosas, E. Juhász, A. Arabadjiev, C. Toader, M. Safjan, D. Šváby, M. Berger e A. Prechal, giudici,

avvocato generale: Y. Bot

cancelliere: V. Tourrès, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 24 giugno 2014,

considerate le osservazioni presentate:

–        per M’Bodj, da S. Benkhelifa, avocate;

–        per il governo belga, da C. Pochet e T. Materne, in qualità di agenti, assistiti da J.-J. Masquelin, D. Matray, J. Matray, C. Piront e N. Schynts, avocats;

–        per il governo tedesco, da T. Henze e B. Beutler, in qualità di agenti;

–        per il governo greco, da M. Michelogiannaki, in qualità di agente;

–        per il governo francese, da F.-X. Bréchot e D. Colas, in qualità di agenti;

–        per il governo del Regno Unito, da C. Banner, barrister;

–        per la Commissione europea, da M. Condou-Durande e R. Troosters, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 17 luglio 2014,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 2, lettere e) e f), 15, 18, 20, paragrafo 3, 28 e 29 della direttiva 2004/83/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, recante norme minime sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta (GU L 304, pag. 12).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra il sig. M’Bodj, cittadino mauritano, e lo Stato belga, in merito al rigetto da parte del Service public fédéral Sécurité sociale (Servizio pubblico federale Sicurezza sociale) della sua domanda diretta ad ottenere assegni sostitutivi dei redditi e assegni integrativi.

 Contesto normativo

 La Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali

3        La Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950 (in prosieguo: la «CEDU»), così dispone al suo articolo 3, intitolato «Divieto della tortura»:

«Nessuno può essere sottoposto a tortura, né a pene o trattamenti inumani o degradanti».

 Diritto dell’Unione

4        I considerando 5, 6, 9, 10, 24 e 26 della direttiva 2004/83 sono del seguente tenore:

«(5)      Le conclusioni del Consiglio europeo di Tampere precisano che lo status di rifugiato deve essere completato da misure relative a forme sussidiarie di protezione che offrano uno status appropriato a chiunque abbia bisogno di protezione internazionale.

(6)      Lo scopo principale della presente direttiva è quello, da una parte, di assicurare che gli Stati membri applichino criteri comuni per identificare le persone che hanno effettivamente bisogno di protezione internazionale e, dall’altra, di assicurare che un livello minimo di prestazioni sia disponibile per tali persone in tutti gli Stati membri.

(...)

(9)      La presente direttiva non si applica ai cittadini di paesi terzi o agli apolidi cui è concesso di rimanere nel territorio di uno Stato membro non perché bisognosi di protezione internazionale, ma per motivi caritatevoli o umanitari riconosciuti su base di discrezionale.

(10)      La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali, nonché i principi riconosciuti in particolare dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea [(in prosieguo: la “Carta”)]. Essa mira in particolare ad assicurare il pieno rispetto della dignità umana, il diritto di asilo dei richiedenti asilo e dei familiari al loro seguito.

(...)

(24)      Inoltre occorre stabilire le norme minime per la definizione e gli elementi essenziali della protezione sussidiaria. La protezione sussidiaria dovrebbe avere carattere complementare e supplementare rispetto alla protezione dei rifugiati sancit[a] dalla convenzione di Ginevra (relativa allo status dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951 [Recueil des traités des Nations Unies, vol. 189, pag. 150, n. 2545 (1954)]).

(...)

(26)      I rischi a cui è esposta in generale la popolazione o una parte della popolazione di un paese di norma non costituiscono di per sé una minaccia individuale da definirsi come danno grave».

5        L’articolo 2, lettere a), c), e), f) e g), di detta direttiva così dispone:

«Ai fini della presente direttiva, si intende per:

a)      “protezione internazionale”: lo status di rifugiato e di protezione sussidiaria quale definito alle lettere d) e f);

(...)

c)      “rifugiato”: cittadino di un paese terzo il quale, per il timore fondato di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, opinione politica o appartenenza ad un determinato gruppo sociale, si trova fuori dal paese di cui ha la cittadinanza e non può o, a causa di tale timore, non vuole avvalersi della protezione di detto paese (…);

(...)

e)      “persona ammissibile alla protezione sussidiaria”: cittadino di un paese terzo o apolide che non possiede i requisiti per essere riconosciuto come rifugiato ma nei cui confronti sussistono fondati motivi di ritenere che, se ritornasse nel paese di origine, o, nel caso di un apolide, se ritornasse nel paese nel quale aveva precedentemente la dimora abituale, correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno come definito all’articolo 15, (…) e il quale non può o, a causa di tale rischio, non vuole avvalersi della protezione di detto paese;

f)      “status di protezione sussidiaria”: il riconoscimento, da parte di uno Stato membro, di un cittadino di un paese terzo o di un apolide quale persona ammissibile alla protezione sussidiaria;

g)      “domanda di protezione internazionale”: una richiesta di protezione rivolta ad uno Stato membro da parte di un cittadino di un paese terzo o di un apolide di cui si può ritenere che intende ottenere lo status di rifugiato o lo status di protezione sussidiaria e che non sollecita esplicitamente un diverso tipo di protezione, non contemplato nel campo d’applicazione della presente direttiva, che possa essere richiesto con domanda separata».

6        L’articolo 3 della predetta direttiva così dispone:

«Gli Stati membri hanno facoltà di introdurre o mantenere in vigore disposizioni più favorevoli in ordine alla determinazione dei soggetti che possono essere considerati rifugiati o persone ammissibili alla protezione sussidiaria nonché in ordine alla definizione degli elementi sostanziali della protezione internazionale, purché siano compatibili con le disposizioni della presente direttiva».

7        L’articolo 6 della stessa direttiva così recita:

«I responsabili della persecuzione o del danno grave possono essere:

a)      lo Stato;

b)      i partiti o le organizzazioni che controllano lo Stato o una parte consistente del suo territorio;

c)      soggetti non statuali, se può essere dimostrato che i responsabili di cui alle lettere a) e b), comprese le organizzazioni internazionali, non possono o non vogliono fornire protezione contro persecuzioni o danni gravi (…)».

8        L’articolo 15 della direttiva 2004/83, contenuto nel capo V della stessa, intitolato «Requisiti per poter beneficiare della protezione sussidiaria», così dispone sotto il titolo «Danno grave»:

«Sono considerati danni gravi

a)      la condanna a morte o [l’]esecuzione; o

b)      la tortura o altra forma di pena o trattamento inumano o degradante ai danni del richiedente nel suo paese di origine; o

c)      la minaccia grave e individuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale».

9        Ai sensi dell’articolo 18 di tale direttiva:

«Gli Stati membri riconoscono lo status di protezione sussidiaria a un cittadino di un paese terzo o a un apolide ammissibile a beneficiare della protezione sussidiaria in conformità dei capi II e V».

10      L’articolo 20, paragrafo 3, della predetta direttiva precisa quanto segue:

«Nell’attuare il [capo VII], gli Stati membri tengono conto della specifica situazione di persone vulnerabili, quali i minori, i minori non accompagnati, i disabili, gli anziani, le donne in stato di gravidanza, i genitori singoli con figli minori, le persone che hanno subito torture, stupri o altre forme gravi di violenza psicologica, fisica o sessuale».

11      Gli articoli 28 e 29 della stessa direttiva, di cui al suo capo VII, prevedono l’attribuzione di prestazioni di assistenza sociale e l’accesso all’assistenza sanitaria ai beneficiari dello status di rifugiato o di protezione sussidiaria.

 Il diritto belga

12      L’articolo 9 ter della legge del 15 dicembre 1980 sull’accesso al territorio, sul soggiorno, sullo stabilimento e sull’allontanamento degli stranieri, nella sua versione applicabile ai fatti di causa (in prosieguo: la «legge del 15 dicembre 1980»), enuncia quanto segue al suo paragrafo 1:

«Lo straniero soggiornante in Belgio che dimostri la propria identità in conformità al § 2 e che soffra di una malattia tale da comportare un rischio effettivo per la vita o l’integrità fisica o un rischio effettivo di trattamenti inumani o degradanti, qualora non esista alcuna terapia adeguata nel suo paese d’origine o nel paese in cui risiede, può inoltrare al ministro o al suo delegato domanda di permesso di soggiorno nel Regno».

13      L’articolo 48/4 della legge del 15 dicembre 1980 così recita:

«§ 1.          Lo status di protezione sussidiaria è accordato allo straniero che non possa essere considerato un rifugiato e che non possa beneficiare dell’articolo 9 ter, e nei cui confronti sussistano seri motivi per ritenere che, in caso di rientro forzato nel suo paese d’origine ovvero, nel caso degli apolidi, nel paese di precedente dimora abituale, incorrerebbe nel rischio effettivo di subire un grave danno, quale definito al paragrafo 2, e che non possa, ovvero non intenda, a causa di tale rischio, avvalersi della protezione di tale paese, a condizione che egli non rientri nell’ambito di applicazione delle clausole di esclusione di cui all’articolo 55/4.

§ 2.  Sono considerati danni gravi:  

a)      la condanna a morte o l’esecuzione; o

b)      la tortura o altra forma di pena o trattamento inumano o degradante ai danni del richiedente nel suo paese di origine; o

c)      la minaccia grave alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale».

14      L’articolo 4 della legge del 27 febbraio 1987 relativa agli assegni per disabili (in prosieguo: la «legge del 27 febbraio 1987») così dispone:

«§ 1.  Le prestazioni di cui all’articolo 1 possono essere erogate solo ai soggetti che abbiano la propria residenza effettiva in Belgio e siano:

1°      cittadini belgi;

2°      cittadini di un paese membro dell’Unione europea;

(...).

5°      rifugiati (...);

(...).

§ 2.  Con decreto adottato in sede di Consiglio dei Ministri il Re può, alle condizioni che Egli stabilisce, estendere l’applicazione della presente legge a categorie di persone diverse da quelle indicate al paragrafo 1 che abbiano la propria residenza effettiva in Belgio.

(...)».

15      Con regio decreto del 9 febbraio 2009, che modifica il regio decreto del 17 luglio 2006 recante esecuzione all’articolo 4, paragrafo 2, della legge del 27 febbraio 1987 relativa agli assegni per disabili, il Re ha esteso, a decorrere dal 12 dicembre 2007, l’ambito di applicazione della legge agli stranieri iscritti nel registro anagrafico.

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

16      Il sig. M’Bodj è arrivato in Belgio il 3 gennaio 2006. Egli ha presentato una domanda di asilo, successivamente una domanda di permesso di soggiorno per motivi di salute, entrambe respinte, ed ha proposto, infruttuosamente, vari ricorsi contro le decisioni di rigetto di tali domande.

17      Il 27 marzo 2008, il sig. M’Bodj ha proposto, ai sensi dell’articolo 9 ter della legge del 15 dicembre 1980, una nuova domanda di permesso di soggiorno per motivi di salute, motivata dai postumi gravi di cui avrebbe sofferto in seguito ad un’aggressione di cui sarebbe stato vittima in Belgio. Tale domanda è stata dichiarata ricevibile il 19 settembre 2008, il che ha comportato l’iscrizione dell’interessato nel registro degli stranieri.

18      In seguito al rilascio di un’attestazione generale che ha riconosciuto una riduzione di capacità di guadagno e una perdita di autonomia, il 21 aprile 2009 il sig. M’Bodj ha proposto una domanda di assegni sostitutivi dei redditi e di assegni integrativi.

19      Il 5 ottobre 2009, tale domanda è stata respinta dal Service public fédéral Sécurité sociale con la motivazione che il sig. M’Bodj non soddisfaceva i requisiti di cittadinanza previsti all’articolo 4, paragrafo 1, della legge del 27 febbraio 1987. Peraltro, tale organismo ha rilevato che il sig. M’Bodj era iscritto al registro degli stranieri e che non aveva, quindi, il diritto di stabilirsi in Belgio.

20      Il 31 dicembre 2009 il sig. M’Bodj ha proposto ricorso contro la decisione di rigetto della predetta domanda dinanzi al tribunal du travail de Liège (tribunale del lavoro di Liegi).

21      Indipendentemente dalla proposizione di tale ricorso, il 17 maggio 2010 il sig. M’Bodj è stato autorizzato a soggiornare a tempo indeterminato in Belgio, a causa del suo stato di salute.

22      Con sentenza dell’8 novembre 2012, il tribunal du travail de Liège ha deciso di sottoporre alla Cour constitutionnelle (Corte costituzionale) una questione pregiudiziale diretta, in sostanza, a determinare se l’articolo 4 della legge del 27 febbraio 1987 violi determinate disposizioni della Costituzione belga, lette congiuntamente all’articolo 28, paragrafo 2, della direttiva 2004/83, in quanto esso esclude l’attribuzione di assegni ai disabili che soggiornano in Belgio a norma dell’articolo 9 ter della legge del 15 dicembre 1980 e che beneficiano a tale titolo dello status di protezione internazionale, previsto da tale direttiva, mentre esso consente il versamento di tali assegni ai rifugiati, che, secondo tale giudice, beneficiano di tale medesima protezione internazionale.

23      Nella sua decisione di rinvio, la Cour constitutionnelle ha dichiarato che, sebbene essa si sia già pronunciata su una questione pregiudiziale vertente su tale disparità di trattamento tra queste due categorie di stranieri, detta questione non l’aveva invitata a prendere in considerazione la direttiva 2004/83.

24      Alla luce di quanto sopra, la Cour constitutionnelle ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se gli articoli 2, lettere e) e f), 15, 18, 28 e 29 della direttiva [2004/83] debbano essere interpretati nel senso che deve poter beneficiare dell’assistenza sociale e dell’assistenza sanitaria di cui agli articoli 28 e 29 di tale direttiva non solo la persona alla quale un’autorità indipendente dello Stato membro abbia concesso, su sua richiesta, lo status di protezione sussidiaria, ma anche lo straniero autorizzato da un’autorità amministrativa di uno Stato membro a soggiornare nel territorio di tale Stato membro e che soffra di una malattia tale da comportare un rischio effettivo per la vita o l’integrità fisica o un rischio effettivo di trattamenti inumani o degradanti, qualora non esista alcuna terapia adeguata nel suo paese d’origine o nel paese in cui risiede.

2)      Qualora alla prima questione pregiudiziale si risponda che le due categorie di persone ivi descritte devono poter beneficiare dell’assistenza sociale e dell’assistenza sanitaria ivi contemplate, se gli articoli 20, paragrafo 3, 28, paragrafo 2, e 29, paragrafo 2, di tale medesima direttiva debbano essere interpretati nel senso che l’obbligo in capo agli Stati membri di tener conto della specifica situazione di persone vulnerabili, quali i disabili, implica che debbano essere concesse a queste ultime gli assegni previsti dalla legge del 27 febbraio 1987 […] considerato che un’assistenza sociale che tenga conto della disabilità può essere concessa sul fondamento della legge organica dell’8 luglio 1976 sui centri pubblici di azione sociale».

Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla prima questione

25      Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli articoli 28 e 29 della direttiva 2004/83, letti congiuntamente ai suoi articoli 2, lettera e), 3, 15 e 18, debbano essere interpretati nel senso che uno Stato membro è tenuto a concedere l’assistenza sociale e l’assistenza sanitaria, previste da tali articoli, ad un cittadino di paese terzo che sia autorizzato a soggiornare nel territorio di tale Stato membro, ai sensi di una normativa nazionale come quella di cui trattasi nel procedimento principale, la quale prevede che sia autorizzato il soggiorno, nel predetto Stato membro, dello straniero affetto da una malattia che comporti un rischio effettivo per la vita o l’integrità fisica o un rischio effettivo di trattamenti inumani o degradanti, qualora non vi sia alcuna terapia adeguata nel paese d’origine di tale straniero o nel paese terzo in cui risiedeva in precedenza.

26      Dagli articoli 28 e 29 della direttiva 2004/83 risulta che essi si applicano ai beneficiari dello status di rifugiato o dello status di protezione sussidiaria.

27      Orbene, è pacifico, da un lato, che la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale non disciplina il permesso di soggiorno di cittadini di paesi terzi che abbiano il timore fondato di essere perseguitati, ai sensi dell’articolo 2, lettera c), della direttiva 2004/83, e, dall’altro, che essa non ha ad oggetto il riconoscimento dello status di rifugiato ai cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è autorizzato in base ad essa.

28      Ne consegue che il Regno del Belgio sarebbe tenuto, in applicazione degli articoli 28 e 29 di tale direttiva, a erogare le prestazioni contemplate da tali articoli ai cittadini di paesi terzi autorizzati a soggiornare in Belgio a titolo della normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale solo se si dovesse considerare che il loro permesso di soggiorno implica il riconoscimento dello status di protezione sussidiaria.

29      Ai sensi dell’articolo 18 della predetta direttiva, gli Stati membri riconoscono tale status al cittadino di paese terzo che può essere considerato persona ammissibile alla protezione sussidiaria.

30      Al riguardo, occorre ricordare che i tre tipi di danno grave definiti all’articolo 15 della direttiva 2004/83 costituiscono le condizioni che devono essere soddisfatte affinché una persona possa essere considerata ammissibile alla protezione sussidiaria, qualora sussistano, conformemente all’articolo 2, lettera e), di tale direttiva, gravi e comprovati motivi di ritenere che il richiedente incorra in un rischio effettivo di subire un tale danno nel caso di rientro nel paese di origine (sentenze Elgafaji, C‑465/07, EU:C:2009:94, punto 31, e Diakité, C‑285/12, EU:C:2014:39, punto 18).

31      I rischi di deterioramento dello stato di salute di un cittadino di paese terzo che non derivino da una privazione di assistenza sanitaria inflittagli intenzionalmente, contro i quali la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale fornisce una protezione, non rientrano nell’articolo 15, lettere a) e c), della predetta direttiva, poiché i danni definiti in tali disposizioni sono, rispettivamente, la condanna a morte o l’esecuzione e la minaccia grave e individuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale.

32      L’articolo 15, lettera b), della direttiva 2004/83 definisce come danno grave quello provocato dall’inflizione a un cittadino di paese terzo, nel suo paese d’origine, della tortura o di altra forma di pena o trattamento inumano o degradante.

33      Risulta chiaramente da tale disposizione che essa è applicabile solo al trattamento inumano o degradante inflitto al richiedente nel suo paese di origine. Ne consegue che il legislatore dell’Unione ha previsto il riconoscimento del beneficio della protezione sussidiaria solo quando tale trattamento abbia luogo nel paese d’origine del richiedente.

34      Ai fini dell’interpretazione di tale disposizione devono inoltre essere presi in considerazione, allo stesso titolo degli obiettivi di tale direttiva, determinati elementi propri del contesto in cui si inserisce l’articolo 15, lettera b), della direttiva 2004/83 (v., in tal senso, sentenza Maatschap L.A. en D.A.B. Langestraat en P. Langestraat-Troost, C‑11/12, EU:C:2012:808, punto 27 e giurisprudenza ivi citata).

35      In tal senso, l’articolo 6 di tale direttiva contiene un elenco dei responsabili del danno grave, il che corrobora l’idea secondo cui siffatto danno deve essere costituito dal comportamento di un terzo e che esso non può, quindi, derivare semplicemente da carenze generali del sistema sanitario del paese d’origine.

36      Del pari, il considerando 26 della predetta direttiva precisa che i rischi a cui è esposta in generale la popolazione o una parte della popolazione di un paese di norma non costituiscono di per sé una minaccia individuale da definirsi come danno grave. Ne consegue che il rischio di deterioramento dello stato di salute di un cittadino di paese terzo affetto da una grave malattia dovuto all’assenza di terapie adeguate nel suo paese di origine, senza che sia in discussione una privazione di assistenza sanitaria inflittagli intenzionalmente, non basta a implicare il riconoscimento a quest’ultimo del beneficio della protezione sussidiaria.

37      Tale interpretazione è, inoltre, confortata dai considerando 5, 6, 9 e 24 della direttiva 2004/83, da cui risulta che, sebbene tale direttiva miri a completare, tramite la protezione sussidiaria, la protezione dei rifugiati sancita dalla Convenzione relativa allo status dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951, identificando le persone che hanno effettivamente bisogno di protezione internazionale (v., in tal senso, sentenza Diakité, EU:C:2014:39, punto 33), nel suo ambito di applicazione non rientrano tuttavia le persone autorizzate a soggiornare nel territorio degli Stati membri per altre ragioni, vale a dire a titolo discrezionale e per ragioni caritatevoli o umanitarie.

38      L’obbligo di interpretare l’articolo 15, lettera b), della direttiva 2004/83 nel rispetto dell’articolo 19, paragrafo 2, della Carta (v., in tal senso, sentenza Abed El Karem El Kott e a., C‑364/11, EU:C:2012:826, punto 43 e giurisprudenza ivi citata), secondo cui nessuno può essere allontanato verso uno Stato in cui esiste un rischio serio di essere sottoposto a trattamenti inumani o degradanti, e prendendo in considerazione l’articolo 3 della CEDU, cui esso in sostanza corrisponde (sentenza Elgafaji, EU:C:2009:94, punto 28), non è idoneo a rimettere in discussione tale interpretazione.

39      In proposito è opportuno, certamente, rilevare che dalla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo risulta che, se è vero che i cittadini non nazionali colpiti da una decisione che ne consente l’allontanamento non possono in linea di principio rivendicare un diritto a rimanere nel territorio di uno Stato al fine di continuare a beneficiare dell’assistenza e dei servizi socio-sanitari o di altro tipo forniti da tale Stato, la decisione di allontanare uno straniero affetto da una malattia fisica o mentale grave verso un paese in cui i mezzi per curare tale malattia sono inferiori a quelli disponibili nel predetto Stato è idonea a sollevare una questione sotto il profilo dell’articolo 3 della CEDU, in casi del tutto eccezionali, in cui le considerazioni umanitarie che depongono contro il predetto allontanamento sono assolutamente inoppugnabili (v., in particolare, Corte eur. D.U., sentenza N. c. Regno Unito del 27 maggio 2008, § 42).

40      Tuttavia, il fatto che, in casi del tutto eccezionali, un cittadino di paese terzo affetto da una grave malattia non possa, in virtù dell’articolo 3 della CEDU, come interpretato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, essere allontanato verso un paese in cui non esistono terapie adeguate non implica che egli debba essere autorizzato a soggiornare in uno Stato membro a titolo della protezione sussidiaria ai sensi della direttiva 2004/83.

41      Alla luce delle suesposte considerazioni, l’articolo 15, lettera b), della direttiva 2004/83 deve essere interpretato nel senso che il danno grave da esso definito non ricomprende una situazione in cui il trattamento inumano o degradante, come contemplato dalla normativa di cui trattasi nel procedimento principale, che un richiedente affetto da una grave malattia potrebbe subire in caso di ritorno nel suo paese d’origine, sia dovuto all’assenza di terapie adeguate in tale paese, senza che sia in discussione una privazione di assistenza sanitaria inflitta intenzionalmente a tale richiedente.

42      Tuttavia, l’articolo 3 di tale direttiva consente agli Stati membri di introdurre o mantenere in vigore disposizioni più favorevoli in ordine alla determinazione, segnatamente, dei soggetti che possono essere considerati ammissibili alla protezione sussidiaria, purché, tuttavia, tali norme siano compatibili con la predetta direttiva (v., in tal senso, sentenza B e D, C‑57/09 e C‑101/09, EU:C:2010:661, punto 114).

43      Orbene, la riserva che compare all’articolo 3 della direttiva 2004/83 osta a che uno Stato membro adotti o mantenga in vigore disposizioni che concedono lo status di persona ammissibile alla protezione sussidiaria previsto da quest’ultima ad un cittadino di paese terzo affetto da una grave malattia, in ragione del rischio di deterioramento del suo stato di salute dovuto all’assenza di terapie adeguate nel paese d’origine, in quanto siffatte disposizioni non sono compatibili con tale direttiva.

44      Infatti, alla luce delle considerazioni di cui ai punti da 35 a 37 della presente sentenza, contrasterebbe con il sistema generale e con gli obiettivi della direttiva 2004/83 la concessione degli status da essa previsti a cittadini di paesi terzi che si trovino in situazioni prive di qualsiasi nesso con la logica della protezione internazionale.

45      Ne consegue che una normativa come quella di cui trattasi nel procedimento principale non può essere qualificata, ai sensi dell’articolo 3 di tale direttiva, come disposizione può favorevole in ordine alla determinazione dei soggetti che possono essere considerati persone ammissibili alla protezione sussidiaria. I cittadini di paesi terzi autorizzati a soggiornare in base a siffatta normativa non sono, quindi, beneficiari dello status di protezione sussidiaria, cui si applicherebbero gli articoli 28 e 29 della predetta direttiva.

46      Il riconoscimento, da parte di uno Stato membro, di tale status di protezione nazionale, per ragioni diverse dalla necessità di protezione internazionale, ai sensi dell’articolo 2, lettera a), di tale direttiva, vale a dire a titolo discrezionale e per ragioni caritatevoli o umanitarie, non rientra d’altronde, come indica il considerando 9 della predetta direttiva, nell’ambito di applicazione di quest’ultima (sentenza B e D, EU:C:2010:661, punto 118).

47      Alla luce del complesso delle suesposte considerazioni, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che gli articoli 28 e 29 della direttiva 2004/83, letti congiuntamente ai suoi articoli 2, lettera e), 3, 15 e 18, devono essere interpretati nel senso che uno Stato membro non è tenuto a concedere l’assistenza sociale e l’assistenza sanitaria previste da tali articoli ad un cittadino di paese terzo autorizzato a soggiornare nel territorio di tale Stato membro in base ad una normativa nazionale come quella di cui trattasi nel procedimento principale, la quale prevede che in detto Stato membro sia autorizzato il soggiorno dello straniero affetto da una malattia che comporti un rischio effettivo per la vita o l’integrità fisica o un rischio effettivo di trattamenti inumani o degradanti, qualora non esista alcuna terapia adeguata nel paese d’origine di tale straniero o nel paese terzo in cui egli risiedeva in precedenza, senza che si configuri una privazione di assistenza sanitaria inflitta intenzionalmente al predetto straniero in tale paese.

 Sulla seconda questione

48      Tenuto conto della risposta data alla prima questione, non occorre rispondere alla seconda.

 Sulle spese

49      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:

Gli articoli 28 e 29 della direttiva 2004/83/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, recante norme minime sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta, letti congiuntamente ai suoi articoli 2, lettera e), 3, 15 e 18, devono essere interpretati nel senso che uno Stato membro non è tenuto a concedere l’assistenza sociale e l’assistenza sanitaria previste da tali articoli a un cittadino di paese terzo autorizzato a soggiornare nel territorio di tale Stato membro in base ad una normativa nazionale come quella di cui trattasi nel procedimento principale, la quale prevede che in detto Stato membro sia autorizzato il soggiorno dello straniero affetto da una malattia che comporti un rischio effettivo per la vita o l’integrità fisica o un rischio effettivo di trattamento inumano o degradante, qualora non esista alcuna terapia adeguata nel paese d’origine di tale straniero o nel paese terzo in cui egli risiedeva in precedenza, senza che si configuri una privazione di assistenza sanitaria inflitta intenzionalmente al predetto straniero in tale paese.

Firme


* Lingua processuale: il francese.