Language of document : ECLI:EU:C:2017:249

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JULIANE KOKOTT

presentate il 30 marzo 2017 (1)

Cause riunite C196/16 e C197/16

Comune di Corridonia e altri (C196/16)

e

Aldo Alessandrini e altri (C197/16)

contro

Provincia di Macerata e altri

(domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche, Italia)

«Domanda di pronuncia pregiudiziale – Ambiente – Direttiva 2011/92/UE – Valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati – Impianti di biogas – Valutazione degli effetti sull’ambiente successiva alla realizzazione degli impianti»






I.      Introduzione

1.        Il presente procedimento di pronuncia pregiudiziale mira a chiarire se sia possibile eseguire a posteriori una valutazione dell’impatto ambientale ai sensi della direttiva VIA (2), dopo che il progetto è già stato realizzato. I dubbi in relazione a questo modo di procedere derivano dal fatto che la suddetta valutazione può adempiere appieno il suo scopo solo se eseguita prima dell’autorizzazione e della realizzazione di un progetto. Occorre tuttavia anche sollevare la questione su quali siano le alternative a una valutazione tardiva disponibili in caso di errori procedurali di tale gravità.

II.    Contesto normativo

A.      Diritto internazionale

2.        L’articolo 6 della Convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale (3) (in prosieguo: la «Convenzione di Århus») prevede una partecipazione del pubblico nel caso di attività che possono avere effetti significativi sull’ambiente. Il momento in cui deve avvenire tale partecipazione è disciplinato dall’articolo 6, paragrafo 4:

«Ciascuna Parte provvede affinché la partecipazione del pubblico avvenga in una fase iniziale, quando tutte le alternative sono ancora praticabili e tale partecipazione può avere un’influenza effettiva».

B.      Diritto dell’Unione

3.        Il considerando 2 della direttiva VIA richiama i principi fondamentali su cui essa è basata:

«A norma dell’articolo 191 TFUE la politica dell’Unione nel settore dell’ambiente è fondata sui principi di precauzione e di azione preventiva, sul principio della correzione, anzitutto alla fonte, dei danni causati all’ambiente, nonché sul principio “chi inquina paga”. In tutti i processi tecnici di programmazione e di decisione si dovrebbe tener subito conto delle eventuali ripercussioni sull’ambiente».

4.        L’articolo 1, paragrafo 2, lettera c), della direttiva VIA definisce come segue la nozione di «autorizzazione»:

«decisione dell’autorità competente, o delle autorità competenti, che conferisce al committente il diritto di realizzare il progetto stesso».

5.        L’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva VIA disciplina il rapporto tra un’autorizzazione e la valutazione dell’impatto ambientale:

«Gli Stati membri adottano le disposizioni necessarie affinché, prima del rilascio dell’autorizzazione, per i progetti per i quali si prevede un significativo impatto ambientale, in particolare per la loro natura, le loro dimensioni o la loro ubicazione, sia prevista un’autorizzazione e una valutazione del loro impatto. (…)».

6.        Dall’articolo 3 della direttiva VIA emergono i requisiti fondamentali del contenuto della valutazione:

«La valutazione dell’impatto ambientale individua, descrive e valuta, in modo appropriato, per ciascun caso particolare e a norma degli articoli da 4 a 12, gli effetti diretti e indiretti di un progetto sui seguenti fattori:

a)      l’uomo, la fauna e la flora;

b)      il suolo, l’acqua, l’aria, il clima e il paesaggio;

c)      i beni materiali e il patrimonio culturale;

d)      l’interazione tra i fattori di cui alle lettere a), b) e c)».

7.        Ai sensi dell’articolo 5 della direttiva VIA, il committente fornisce le informazioni necessarie per la valutazione, mentre gli articoli 6 e 7 disciplinano la partecipazione di organismi statali e del pubblico.

8.        L’articolo 8 della direttiva stabilisce che «[i] risultati delle consultazioni e le informazioni raccolte a norma degli articoli 5, 6 e 7 sono presi in considerazione nel quadro della procedura di autorizzazione».

C.      Diritto italiano

9.        A parere del giudice del rinvio, non esiste attualmente nel diritto italiano alcuna norma che disciplini una valutazione dell’impatto ambientale eseguita a posteriori, a impianto realizzato.

10.      Per gli impianti già autorizzati, l’articolo 29, comma 1, del decreto legislativo n. 152/2006 stabilisce semplicemente che i provvedimenti di autorizzazione o approvazione adottati senza la previa valutazione di impatto ambientale sono annullabili per violazione di legge, come avvenuto nel caso in esame.

11.      In caso di realizzazione degli impianti senza la previa sottoposizione alle fasi di verifica di assoggettabilità o di valutazione dell’impatto ambientale, il medesimo articolo 29 del decreto legislativo n. 152/2006 dispone, al comma 4, che l’autorità competente, valutata l’entità del pregiudizio ambientale arrecato e quello conseguente all’applicazione della sanzione, dispone la sospensione dei lavori e può disporre la demolizione ed il ripristino dello stato dei luoghi e della situazione ambientale a cura e spese del responsabile o, in caso di inottemperanza, d’ufficio.

12.      Il successivo comma 5 del citato articolo 29 del decreto legislativo n. 152/2006 prevede che «in caso di annullamento in sede giurisdizionale o di autotutela di autorizzazioni o concessioni rilasciate previa valutazione di impatto ambientale o di annullamento del giudizio di compatibilità ambientale, i poteri di cui al comma 4 sono esercitati previa nuova valutazione di impatto ambientale».

III. Fatti e domanda di pronuncia pregiudiziale

13.      Il rinvio pregiudiziale riguarda due impianti per la produzione di energia elettrica da biogas mediante digestione anaerobica di biomasse, con una potenza nominale di 999 kWe ciascuno, realizzati dalla VBio1 Società Agricola S.r.l. (in prosieguo: la «VBio1») nel Comune di Corridonia (causa C‑196/16) e dalla VBio2 Società Agricola S.r.l. (in prosieguo: la «VBio2») nel Comune di Loro Piceno (causa C‑197/16).

14.      La Regione Marche aveva autorizzato l’impianto di Corridonia in data 5 giugno 2012, e l’impianto di Loro Piceno in data 29 giugno 2012, a seguito delle domande presentate rispettivamente a ottobre e dicembre 2011.

15.      La valutazione dell’impatto ambientale era di competenza della Provincia di Macerata, la quale tuttavia non adottava alcuna decisione in merito, dato che tale valutazione non era necessaria per impianti di quelle dimensioni in base alla legge della Regione Marche. In seguito, tuttavia, tale normativa regionale veniva dichiarata incostituzionale dalla Corte costituzionale italiana. Pertanto i ricorsi contro le autorizzazioni proposti dai due Comuni e da altri ricorrenti venivano accolti. In precedenza però la VBio1 e la VBio2 avevano già realizzato e messo in funzione i rispettivi impianti.

16.      A seguito dell’annullamento delle autorizzazioni, le autorità competenti della Provincia di Macerata accertavano anzitutto che occorreva valutare la compatibilità ambientale dei due impianti, emettendo infine giudizio positivo di compatibilità ambientale con prescrizioni, rispettivamente il 7 luglio 2014 (Corridonia) e il 10 febbraio 2015 (Loro Piceno). I ricorsi oggetto del procedimento principale sono rivolti contro le suddette decisioni.

17.      Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche sottopone pertanto la seguente questione pregiudiziale alla Corte di giustizia dell’Unione europea:

«Se, in riferimento alle previsioni di cui all’articolo 191 del TFUE e all’articolo 2 della direttiva 2011/92/UE, sia compatibile con il diritto comunitario l’esperimento di un procedimento di verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale (ed eventualmente a VIA) successivamente alla realizzazione dell’impianto, qualora l’autorizzazione sia stata annullata dal giudice nazionale per mancata sottoposizione a verifica di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale, in quanto tale verifica era stata esclusa in base a normativa interna in contrasto con il diritto comunitario».

18.      Hanno presentato osservazioni scritte i Comuni di Corridonia e Loro Piceno, nonché Alessandrini e a. in qualità di ricorrenti, la Provincia di Macerata e la Regione Marche in qualità di resistenti, la VBio1 e la VBio2 in qualità di controinteressate, nonché la Repubblica Italiana e la Commissione europea. Tranne Alessandrini e a., le parti citate sono anche intervenute all’udienza dell’8 marzo 2017.

IV.    Analisi giuridica

19.      Il Tribunale Amministrativo chiede se sia possibile eseguire a posteriori una valutazione dell’impatto ambientale, erroneamente omessa, dopo che l’impianto di cui trattasi è stato realizzato sulla base di un’autorizzazione successivamente annullata a seguito di impugnazione.

20.      Procederò anzitutto a precisare (sub A) l’oggetto del presente procedimento, per poi esaminare le disposizioni della direttiva VIA riguardanti il momento della valutazione dell’impatto ambientale (sub B) e affrontare, infine, le conseguenze di un’omessa valutazione nel caso di progetti già realizzati (sub C).

A.      Osservazioni preliminari

21.      Si deve in primo luogo sottolineare che l’articolo 191 TFUE, citato dal Tribunale Amministrativo, non può costituire, di per sé, un criterio di riferimento per la valutazione di misure adottate dagli Stati membri. Come sostiene correttamente la Commissione, la suddetta disposizione è rivolta all’azione dell’Unione. Essa può comunque assumere rilievo nell’interpretazione del diritto derivato (4).

22.      In tal senso, la domanda di pronuncia pregiudiziale invoca giustamente la direttiva VIA nella versione modificata dalla direttiva 2011/92. Vero è che le prime domande nell’ambito delle rispettive procedure di autorizzazione sono state presentate già il 4 ottobre 2011 (5) e il 16 dicembre 2011 (6), mentre la direttiva 2011/92 è entrata in vigore solo nel febbraio 2012. Tuttavia una nuova norma giuridica, in particolare per le procedure in corso, si applica in linea di principio a partire dall’entrata in vigore dell’atto recante la medesima (7). È possibile derogare al suddetto criterio solo in via eccezionale, se tale applicazione comporta un onere sproporzionato (8). Nella specie nondimeno non vi è alcun motivo che giustifichi una deroga, tanto più che le disposizioni precedentemente in vigore e le disposizioni della direttiva 2011/92 sostanzialmente coincidono (9). Pertanto le autorizzazioni relative ai due impianti, rilasciate a giugno 2012, dovevano essere valutate già sulla base della direttiva 2011/92.

23.      Occorre anche precisare che la Corte non è chiamata a decidere se effettivamente gli impianti di biogas di cui trattasi necessitino effettivamente di una valutazione dell’impatto ambientale, o sulla base di quali criteri ciò dovebbe essere deciso. Pertanto l’argomento della VBio1 e della VBio2 sulla normativa italiana attualmente in vigore, che non prevede l’obbligo di valutazione, è inconferente. Non occorre approfondire nell’ambito del presente procedimento neppure la questione se la nuova normativa, alla luce dei rischi che gli impianti di biogas presentano per l’ambiente – per esempio rischio di esplosioni, emissioni di metano e formaldeide o emissioni di nitrati dovute all’utilizzo di digestato per la concimazione – sia compatibile con la direttiva VIA.

B.      Sul momento della valutazione dell’impatto ambientale

24.      Ai sensi dell’articolo 3 della direttiva VIA, la valutazione dell’impatto ambientale individua, descrive e valuta gli effetti diretti e indiretti di un progetto sull’ambiente. A tal fine si avvale tra l’altro della partecipazione del pubblico prevista dall’articolo 6. In conformità degli articoli 2, paragrafo 1, primo periodo, e 1, paragrafo 2, lettera c), essa deve aver luogo prima del rilascio dell’autorizzazione, che conferisce il diritto di realizzare il progetto stesso.

25.      Inoltre, a norma del considerando 2 della direttiva VIA, in tutti i processi tecnici di programmazione e di decisione si dovrebbe tener subito conto delle eventuali ripercussioni sull’ambiente. Come ivi specificato, ciò risponde ai principi di precauzione e di azione preventiva e al principio di correzione, anzitutto alla fonte, dei danni recati all’ambiente, nonché al principio «chi inquina paga», che costituiscono tutti il fondamento della politica dell’Unione nel settore dell’ambiente ai sensi dell’articolo 191, paragrafo 2, TFUE. Per la Corte ciò vuol dire che l’obiettivo della valutazione dell’impatto ambientale consiste nell’evitare fin dall’inizio inquinamenti e altre perturbazioni piuttosto che nel combatterne successivamente gli effetti (10).

26.      Inoltre si deve richiamare l’articolo 6 della Convenzione di Århus, recepito dalla direttiva VIA (11). La partecipazione del pubblico alle decisioni su attività che possono avere effetti significativi sull’ambiente, prevista da tale disposizione, deve avvenire in una fase iniziale, quando tutte le alternative sono ancora praticabili e tale partecipazione può avere un’influenza effettiva (12). Tale precisazione illustra l’obiettivo di una partecipazione sin dalle prime fasi: essa risulta più efficace se è possibile tenerne pienamente conto nella realizzazione del progetto. Essa può evidenziare, in particolare, come realizzare un impianto senza oneri che si possono evitare, al fine di ridurre al minimo gli effetti negativi sull’ambiente.

27.      Se però l’impianto è già stato realizzato, di norma non tutte le alternative sono ancora praticabili. Di solito modificare un impianto esistente è più costoso che prevedere fin dall’inizio misure adeguate nell’ambito di un progetto.

28.      Se la valutazione dell’impatto ambientale viene eseguita solo dopo la realizzazione dell’impianto, essa può risultare ancora efficace solo se evidenzia requisiti stabiliti dalla normativa in materia di ambiente che impongono necessariamente modifiche dell’impianto, oppure se determina una modifica di decisioni discrezionali o se fornisce indicazioni sulle alternative ancora praticabili per la salvaguardia dell’ambiente.

29.      Se, per contro, dalla valutazione emerge in che modo si sarebbe potuto configurare meglio l’impianto per minimizzare gli effetti negativi per l’ambiente, non sussiste, perlomeno non nelle previsioni della direttiva VIA, un obbligo a carico del committente di attuare le corrispondenti modifiche. Infatti, la direttiva non prevede regole sostanziali relative alla ponderazione dell’impatto ambientale con altri fattori, né vieta la realizzazione di progetti che possono avere un impatto negativo sull’ambiente (13).

30.      Del resto, le difficoltà pratiche di accertare correttamente le ripercussioni sull’ambiente militano in senso sfavorevole all’effettuazione di una valutazione dell’impatto ambientale solo dopo la realizzazione dell’impianto. Infatti, un tale impianto ha già alterato le condizioni ambientali locali senza che a posteriori si possano ancora accertare con certezza i cambiamenti intervenuti. Nel caso per esempio della distruzione di un sito non registrato di specie altamente protette, quali pipistrelli o determinate lucertole, non è garantito che ciò si possa ancora constatare in un momento successivo.

31.      Le inevitabili carenze a livello pratico di una valutazione ex post possono tutt’al più essere compensate in parte dal fatto che essa consente di tener conto delle ripercussioni sull’ambiente dovute al funzionamento dell’impianto accertabili concretamente, mentre una corretta valutazione si sarebbe limitata a prevederle.

32.      Occorre quindi constatare che l’impatto ambientale di un progetto va valutato definitivamente prima del rilascio di un’autorizzazione e che una valutazione dell’impatto ambientale eseguita a impianto realizzato non può compensare pienamente la mancata effettuazione di una tale valutazione nella fase iniziale (14).

33.      Questa conclusione sottolinea del resto la necessità di una tutela cautelare in caso di controversie sulla valutazione dell’impatto ambientale di un progetto. Qualora la tutela cautelare venga negata, viene a mancare un rimedio efficace per il caso in cui venga accolto un ricorso. La situazione risulterebbe tanto più deplorevole se i giudici competenti – come illustrato dalla VBio1 e dalla VBio2 – avessero effettivamente respinto la domanda di sospensione dell’autorizzazione consentendo quindi la realizzazione anticipata degli impianti.

C.      Sulle conseguenze di un’omessa valutazione

34.      Come ci si deve tuttavia comportare qualora, la necessità di una valutazione dell’impatto ambientale venga riconosciuta solo dopo la realizzazione del progetto? È possibile che gli argomenti dedotti dal Comune di Corridonia e Loro Piceno nonché da Alessandrini e a. traggano origine implicitamente dall’aspettativa che i progetti di cui trattasi non potessero più essere autorizzati e che perciò gli impianti dovessero essere smantellati.

35.      Seppure tale conseguenza giuridica sia possibile, perlomeno sul piano teorico, di norma non dovrebbe essere presa in esame. Vero è che, una volta realizzato il progetto, non è più possibile sanare completamente il vizio procedurale (v. in merito sub 1), tuttavia vi è ancora la possibilità di ridurre ampiamente le conseguenze di tale vizio (v. in merito sub 2).

1.      Sulla possibilità di sanare il vizio procedurale

36.      Per quanto riguarda la possibilità di sanare la mancata effettuazione di una valutazione dell’impatto ambientale, le parti discutono intensamente sull’interpretazione di una sentenza emessa nei confronti dell’Irlanda. In base a tale pronuncia, la regolarizzazione di operazioni o atti irregolari rispetto al diritto dell’Unione è subordinata alla condizione che essa non offra agli interessati l’occasione di aggirare le norme dell’Unione o di disapplicarle, e che rimanga eccezionale (15).

37.      Alle parti è sfuggito che successivamente la Corte, richiamando la citata sentenza, ha precisato i requisiti per una sanatoria della mancata partecipazione del pubblico in relazione alla direttiva IPPC (16). Essa ha stabilito che è possibile sanare tale vizio solo a condizione che in quel momento tutte le alternative siano ancora praticabili e che la regolarizzazione in tale stadio procedurale consenta ancora al pubblico interessato di esercitare un’influenza effettiva sull’esito del processo decisionale (17). Tali considerazioni devono valere anche per la valutazione dell’impatto ambientale.

38.      Poiché tuttavia, dopo la realizzazione di un progetto, le alternative non sono più tutte praticabili e in tal modo l’efficacia della partecipazione del pubblico è limitata, non è più possibile in tale fase sanare completamente l’omessa valutazione dell’impatto ambientale. Pertanto in futuro il progetto non potrà essere trattato come se fosse stato autorizzato in osservanza dell’obbligo di svolgere la valutazione dell’impatto ambientale.

2.      Sull’eliminazione delle conseguenze del vizio procedurale

39.      Con ciò tuttavia non si è ancora chiarito completamente come affrontare le conseguenze del vizio procedurale. In tal senso ritengo siano necessarie misure pragmatiche che però non incoraggino ad eludere la direttiva VIA.

40.      La Corte ha già sottolineato che, in forza del principio di leale collaborazione, previsto dall’articolo 4, paragrafo 3, TUE, gli Stati membri hanno l’obbligo di eliminare le conseguenze illecite di una violazione del diritto dell’Unione. Un tale obbligo incombe, nell’ambito delle sue competenze, a ciascun organo dello Stato membro interessato. Pertanto, spetta alle autorità competenti di uno Stato membro, nell’ambito delle loro attribuzioni, adottare tutti i provvedimenti necessari, generali o particolari, affinché i progetti siano esaminati, per stabilire se siano idonei a produrre un impatto ambientale importante e, in caso affermativo, siano sottoposti ad una valutazione di quest’ultimo. Provvedimenti di questo tipo sono costituiti, ad esempio, dalla revoca o dalla sospensione di un’autorizzazione già rilasciata al fine di effettuare una valutazione dell’impatto ambientale del progetto di cui trattasi ai sensi della direttiva VIA. In tale contesto occorre tuttavia tener conto dell’autonomia procedurale degli Stati membri (18).

41.      Nel caso del ritiro o della sospensione dell’autorizzazione, di norma sarà inoltre necessario – come nella presente fattispecie – anzitutto sospendere il funzionamento dell’impianto di cui trattasi (19). Infatti, ai sensi degli articoli 1, paragrafo 2, lettera c), e 2, paragrafo 1, della direttiva VIA, la suddetta autorizzazione costituisce il presupposto per la realizzazione del progetto, quindi anche per la sua operatività. Tale modo di procedere è anche conforme ai principi della prevenzione e della precauzione. Non è infatti certo che l’autorizzazione rilasciata senza previa valutazione dell’impatto ambientale, qualora fosse stata necessaria, sia conforme a tutte le norme vigenti in materia di ambiente. D’altra parte il rischio della cessazione dell’attività costituisce un forte incentivo a impegnarsi nella fase di autorizzazione di tali progetti a conformarsi alla direttiva VIA.

42.      Se si deve per contro escludere il ritiro o la sospensione dell’autorizzazione, in quanto è già divenuta definitiva, gli Stati membri devono tener conto dell’omissione di una valutazione dell’impatto ambientale perlomeno nella fase del rilascio di un’ulteriore autorizzazione inerente al progetto e garantire l’effetto utile della direttiva vegliando a che tale valutazione sia realizzata almeno in questa fase (20).

43.      Per contro, il legittimo affidamento del committente e la certezza del diritto invocata dalla VBio1 e dalla VBio2 non possono avere alcun rilievo nei rispettivi procedimenti principali.

44.      Fintantoché un’autorizzazione non è definitiva non può infatti fondare alcun legittimo affidamento. Se il committente realizza un progetto nonostante il ricorso proposto avverso l’autorizzazione, si assume il rischio che in seguito l’autorizzazione si riveli illegittima. In caso contrario si metterebbe in discussione l’esistenza di una tutela giurisdizionale effettiva dei terzi, come previsto dall’articolo 47 della Carta dei diritti fondamentali e, nei procedimenti in materia ambientale, dall’articolo 9, paragrafo 4, della Convenzione di Århus.

45.      Nella misura in cui il legittimo affidamento del committente si fonda su normative nazionali contrarie al diritto dell’Unione, sarebbe tutt’al più ipotizzabile un diritto al risarcimento dei danni nei confronti degli organismi nazionali responsabili (21).

46.      Per quanto riguarda il principio della certezza del diritto, esso osta a che le direttive possano creare obblighi a carico dei singoli. Nei confronti di questi ultimi, le disposizioni di una direttiva possono generare solo diritti. Di conseguenza, un singolo non può far valere una direttiva nei confronti di uno Stato membro, qualora si tratti di un obbligo pubblico direttamente connesso all’attuazione di un altro obbligo che incombe ad un terzo ai sensi di tale direttiva. Per contro, mere ripercussioni negative sui diritti di terzi, anche se certe, non giustificano che si rifiuti ad un singolo di far valere le disposizioni di una direttiva nei confronti dello Stato membro interessato (22).

47.      Pertanto la Corte ha già rilevato che l’obbligo per lo Stato membro interessato di garantire che le autorità competenti valutino l’impatto ambientale non è direttamente connesso all’esecuzione di un qualsiasi obbligo che incomba, ai sensi della direttiva VIA, al committente. La circostanza che il funzionamento dell’impianto debba essere interrotto per attendere i risultati della valutazione è, certamente, la conseguenza dell’adempimento tardivo degli obblighi di detto Stato. Tuttavia, una simile conseguenza non può essere qualificata come imposizione indiretta di obblighi da parte delle disposizioni della direttiva nei confronti del committente (23).

48.      È evidente pertanto che, sempre che sia ancora effettivamente possibile, occorre successivamente rimediare alla mancata esecuzione di una valutazione dell’impatto ambientale. Il fatto che il progetto di cui trattasi, nella specie la costruzione degli impianti di biogas, sia stato realizzato non può costituire un ostacolo in tal senso.

49.      Una simile valutazione a posteriori risulta anche utile in quanto consente pur sempre di attuare almeno in parte gli obiettivi della direttiva VIA indicati al paragrafo 25.

50.      In particolare, la valutazione consente ancora di individuare molte ripercussioni sull’ambiente del progetto di cui trattasi, se non tutte, a seconda della situazione di fatto. In tal modo essa fornisce la base per una verifica dell’ammissibilità del progetto. Se dovesse emergere, infatti, che il progetto viola requisiti giuridici cogenti, occorrerà adeguarlo o eventualmente persino porvi termine. Il fatto che il progetto sia già stato realizzato non deve incidere in modo determinante sulla nuova valutazione (24), al fine di evitare di indurre a realizzare un progetto in un primo tempo in modo abusivo, senza previa valutazione (25).

51.      La valutazione effettuata a posteriori riveste particolare rilievo anche per eventuali margini discrezionali accordati all’autorità competente per l’autorizzazione. Infatti quest’ultima deve tener conto nell’esercizio di tale discrezionalità dei risultati della valutazione dell’impatto ambientale. Pertanto, nel caso di una valutazione eseguita a posteriori, le decisioni discrezionali devono essere verificate ed eventualmente modificate alla luce dell’esito della stessa. Ad ogni modo, nell’ambito di una simile decisione discrezionale devono essere tenuti in considerazione anche i diritti fondamentali del committente (26).

52.      Inoltre, tramite la valutazione il pubblico interessato, le autorità competenti e il committente sono informati di tali ripercussioni e dei possibili rischi (27).

53.      Dall’esempio degli impianti di biogas emerge l’importanza di una tale informazione del committente. Se, come spesso avviene, l’esercizio degli impianti di cui trattasi è un’attività complementare, non è detto infatti che necessariamente i responsabili dispongano già di una formazione specifica e dell’esperienza pertinente nel settore, grazie alle quali si potrebbe supporre che anche senza una valutazione dell’impatto ambientale si possano ridurre al minimo nel funzionamento quotidiano dell’impianto gli effetti nocivi e i rischi che esso comporta.

54.      Ci si potrebbe inoltre chiedere se sia possibile rimediare al fatto che, in assenza di una valutazione dell’impatto ambientale, nell’elaborazione del progetto forse non si sia potuto tener conto, volontariamente, di tutte le alternative per la riduzione degli effetti negativi per l’ambiente. Un rimedio in tal senso risponderebbe certamente all’obbligo di eliminare le conseguenze di una violazione del diritto dell’Unione, ma dall’altra parte la direttiva VIA non obbliga il committente, neppure nel caso in cui la valutazione dell’impatto ambientale sia stata effettuata in tempo utile, a gestire il suo progetto riducendo al minimo l’impatto ambientale.

55.      In definitiva, però, nella specie la Corte non è chiamata a decidere su tale questione, in quanto non vi sono indizi per ritenere che essa sarebbe in qualche modo rilevante ai fini della decisione sulla controversia dinanzi al giudice nazionale.

56.      Benché, con queste premesse, risulti che è lecito eseguire la valutazione dell’impatto ambientale dopo la realizzazione dell’impianto interessato, è chiaro tuttavia che, a differenza dei casi in cui un vizio procedurale viene completamente sanato, ciò non può far sì che l’impianto e il suo impatto ambientale siano considerati, senza restrizioni, come legittimamente autorizzati. Oltre al rischio già menzionato, l’omessa valutazione dell’impatto ambientale può altresì fondare diritti al risarcimento dei danni nei confronti dell’autorità responsabile dell’autorizzazione, e forse persino a una tutela inibitoria, in particolare quando non è stato possibile realizzare (in modo tempestivo) la funzione di avvertimento (28) svolta dalla valutazione.

V.      Conclusione

57.      Propongo pertanto alla Corte di decidere come segue:

La direttiva 2011/92/UE concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, interpretata alla luce dell’articolo 191 TFUE, impone di espletare la procedura di verifica di assoggettabilità a una valutazione dell’impatto ambientale ed eventualmente la valutazione stessa prima dell’autorizzazione e della realizzazione del rispettivo progetto. In caso di violazione di tale obbligo, gli organismi competenti devono espletare tali procedure ex post e trarre le dovute conseguenze dal loro esito. Ciò non consente tuttavia di considerare il progetto come se fosse stato autorizzato nel pieno rispetto della direttiva 2011/92.


1      Lingua originale: il tedesco.


2      Direttiva 2011/92/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (GU 2012, L 26, pag. 1). Le modifiche apportate dalla direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014 (GU 2014, L 124, pag. 1) non sono applicabili ratione temporis al presente procedimento.


3      GU 2005, L 124, pag. 4, approvata con decisione 2005/370/CE del Consiglio, del 17 febbraio 2005 (GU 2005, L 124, pag. 1).


4      V. sentenze del 9 marzo 2010, ERG e a. (C‑378/08, EU:C:2010:126, punto 46); ERG e a. (C‑379/08 e C‑380/08, EU:C:2010:127, punto 39), nonché del 4 marzo 2015, Fipa Group e a. (C‑534/13, EU:C:2015:140, punto 42).


5      Osservazioni scritte della VBio1, punto 34.


6      Osservazioni scritte della VBio2, punto 33.


7      Sentenza del 7 novembre 2013, Gemeinde Altrip e a. (C‑72/12, EU:C:2013:712, punto 22).


8      In tal senso interpreto la sentenza del 18 giugno 1998, Gedeputeerde Staten van Noord-Holland (C‑81/96, EU:C:1998:305, punto 23), e la giurisprudenza derivata da tale sentenza.


9      V. sentenza del 16 aprile 2015, Gruber (C‑570/13, EU:C:2015:231, punti da 26 a 28).


10      Sentenza del 3 luglio 2008, Commissione/Irlanda (C‑215/06, EU:C:2008:380, punto 58).


11      Considerando 11 della direttiva 2003/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 maggio 2003, che prevede la partecipazione del pubblico nell’elaborazione di taluni piani e programmi in materia ambientale e modifica le direttive del Consiglio 85/337/CEE e 96/61/CE relativamente alla partecipazione del pubblico e all’accesso alla giustizia (GU 2003, L 156, pag. 17).


12      V. sentenze del 15 gennaio 2013, Križan e a. (C‑416/10, EU:C:2013:8, punti da 88 a 90), e dell’8 novembre 2016, Lesoochranárske zoskupenie VLK (C‑243/15, EU:C:2016:838, punto 46).


13      Sentenza del 14 marzo 2013, Leth (C‑420/11, EU:C:2013:166, punto 46).


14      Sentenza del 3 luglio 2008, Commissione/Irlanda (C‑215/06, EU:C:2008:380, punto 61).


15      Sentenza del 3 luglio 2008, Commissione/Irlanda (C‑215/06, EU:C:2008:380, punto 57).


16      Già direttiva 96/61/CE del Consiglio, del 24 settembre 1996, sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento (GU 1996, L 257, pag. 26), ora integrata nella direttiva 2010/75/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 24 novembre 2010, relativa alle emissioni industriali (prevenzione e riduzione integrate dell’inquinamento) (GU 2010, L 334, pag. 17).


17      Sentenza del 15 gennaio 2013, Križan e a. (C‑416/10, EU:C:2013:8, punto 90).


18      Sentenze del 7 gennaio 2004, Wells (C‑201/02, EU:C:2004:12, punti 64, 65 e 68), e del 17 novembre 2016, ASA Abfall Service (C‑348/15, EU:C:2016:882, punto 46).


19      Sentenza del 7 gennaio 2004, Wells (C‑201/02, EU:C:2004:12, punto 58).


20      Sentenze del 17 marzo 2011, Brussels Hoofdstedelijk Gewest e a. (C‑275/09, EU:C:2011:154, punto 37), e del 17 novembre 2016, ASA Abfall Service (C‑348/15, EU:C:2016:882, punto 44).


21      V. conclusioni dell’avvocato generale Sharpston nella causa Grüne Liga Sachsen e a. (C‑399/14, EU:C:2015:631, paragrafo 65).


22      Sentenza del 7 gennaio 2004, Wells (C‑201/02, EU:C:2004:12, punti 56 e 57).


23      Sentenza del 7 gennaio 2004, Wells (C‑201/02, EU:C:2004:12, punto 58).


24      V. sentenza del 14 gennaio 2016, Grüne Liga Sachsen e a. (C‑399/14, EU:C:2016:10, punto 77).


25      V. conclusioni dell’avvocato generale Sharpston nella causa Grüne Liga Sachsen e a. (C‑399/14, EU:C:2015:631, paragrafo 70).


26      Sulla distinzione tra diritti fondamentali a livello di Unione e diritti fondamentali a livello di Stati membri, v. la sentenza del 6 marzo 2014, Siragusa (C‑206/13, EU:C:2014:126).


27      V., in merito all’informazione del pubblico interessato, le mie conclusioni nella causa Leth (C‑420/11, EU:C:2012:701, paragrafo 51).


28      V. le mie conclusioni nella causa Leth (C‑420/11, EU:C:2012:701, paragrafo 51).