Language of document : ECLI:EU:C:2024:316

ORDINANZA DELLA CORTE (Settima Sezione)

10 aprile 2024 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Articolo 99 del regolamento di procedura della Corte – Risposta chiaramente desumibile dalla giurisprudenza – Fiscalità – Imposta sul valore aggiunto (IVA) – Direttiva 2006/112/CE – Articolo 183 – Diritto alla detrazione dell’IVA pagata a monte – Modalità d’esercizio – Rimborso tardivo – Ritardo causato dall’applicazione di una disposizione nazionale – Effetto di una pronuncia pregiudiziale della Corte di giustizia successiva a tali fatti – Interessi di mora – Prescrizione – Principi di equivalenza, di effettività e di neutralità fiscale»

Nella causa C‑532/23,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla Fővárosi Törvényszék (Corte di Budapest-Capitale, Ungheria), con decisione del 10 luglio 2023, pervenuta in cancelleria il 18 agosto 2023, nel procedimento

Lear Corporation Hungary Autóipari Gyártó Kft.

contro

Nemzeti Adó- és Vámhivatal Fellebbviteli Igazgatósága,

LA CORTE (Settima Sezione),

composta da F. Biltgen, presidente di sezione, N. Wahl (relatore) e J. Passer, giudici,

avvocato generale: T. Ćapeta

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di statuire con ordinanza motivata, conformemente all’articolo 99 del regolamento di procedura della Corte,

ha emesso la seguente

Ordinanza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 183 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU 2006, L 347, pag. 1), nonché dei principi di equivalenza, di effettività e di neutralità fiscale.

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Lear Corporation Hungary Autóipari Gyártó Kft. (in prosieguo: la «Lear Corporation») e la Nemzeti Adó- és Vámhivatal Fellebbviteli Igazgatósága (direzione dei ricorsi dell’amministrazione nazionale delle imposte e delle dogane, Ungheria) (in prosieguo: la «direzione dei ricorsi»), in relazione al diritto della Lear Corporation di ottenere il versamento di interessi di mora relativi alla restituzione tardiva di un’eccedenza dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) risultante da una condizione stabilita da una disposizione nazionale successivamente dichiarata dalla Corte incompatibile con il diritto dell’Unione.

 Contesto normativo

 Diritto dellUnione

3        L’articolo 183 della direttiva 2006/112 prevede quanto segue:

«Qualora, per un periodo d’imposta, l’importo delle detrazioni superi quello dell’IVA dovuta, gli Stati membri possono far riportare l’eccedenza al periodo successivo, o procedere al rimborso secondo modalità da essi stabilite.

Tuttavia, gli Stati membri possono rifiutare il rimborso o il riporto se l’eccedenza è insignificante».

 Diritto ungherese

 Legge di modifica della legge sull’IVA

4        L’az általános forgalmi adóról szóló 2007. évi CXXVII. törvény jogharmonizációs célú módosításáról és az adó-visszaigénylés különös eljárási szabályairól szóló 2011. évi CXXIII. törvény (legge n. CXXIII del 2011 che modifica, a fini di armonizzazione, la legge n. CXXVII del 2007 sull’IVA e che stabilisce norme sulla procedura speciale per le domande di rimborso dell’imposta) (Magyar Közlöny 2011/110; in prosieguo: la «legge di modifica della legge sull’IVA») ha abrogato, con effetto dal 27 settembre 2011, l’articolo 186, paragrafi da 2 a 4, dell’az általános forgalmi adóról szóló 2007. évi CXXVII. törvény (legge n. CXXVII del 2007 sull’IVA) (Magyar Közlöny 2007/155), per consentire il rimborso dell’eccedenza di IVA detraibile senza che sia necessario attendere il pagamento del corrispettivo dell’operazione da cui risultava l’IVA detraibile. In precedenza, detto articolo 186 prevedeva, al paragrafo 2, che l’esercizio del diritto al rimborso di un’eccedenza di IVA detraibile fosse subordinato ad una condizione relativa al pagamento dell’importo dovuto a titolo dell’operazione di cui trattasi.

5        Ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, della legge di modifica della legge sull’IVA:

«Gli importi per i quali il soggetto passivo non ha potuto far valere, nell’ultima dichiarazione IVA che era tenuto a presentare prima dell’entrata in vigore della presente legge (in prosieguo: la “dichiarazione”), il suo diritto alla restituzione ai sensi dell’articolo 186, paragrafi da 2 a 4, (...) abrogato dalla presente legge – solo per l’importo che il soggetto passivo ha iscritto come imposta sugli acquisti non pagati – possono essere oggetto di una domanda di restituzione presentata all’amministrazione tributaria dal soggetto passivo fino al 20 ottobre 2011, utilizzando il modulo previsto a tal fine; indipendentemente da tale termine, il soggetto passivo può, nella dichiarazione corrispondente al regime cui è soggetto, conteggiare gli importi di cui sopra come voce che riduce l’importo dell’imposta di cui è debitore, o esercitare il diritto al rimborso nella sua dichiarazione. Tale richiesta è considerata una dichiarazione ai fini delle disposizioni [del codice di procedura tributaria]. Il termine per la presentazione di tale richiesta non può essere prorogato».

 Codice di procedura tributaria

6        L’az adózás rendjéről szóló 2003. évi XCII. törvény (legge n. XCII del 2003, che istituisce il codice di procedura tributaria) (Magyar Közlöny 2003/131; in prosieguo: il «codice di procedura tributaria»), all’articolo 37, paragrafi 4 e 6, prevede quanto segue:

«(4)      La data di scadenza per il pagamento di un finanziamento di bilancio dovuto al soggetto passivo è disciplinata dagli allegati della presente legge o da una legge specifica. La sovvenzione di bilancio o l’IVA di cui è chiesto il rimborso deve essere pagata entro 30 giorni dal ricevimento della richiesta (dichiarazione), ma non prima della data di scadenza, termine che può essere esteso a 45 giorni se l’importo dell’IVA recuperabile supera 500 000 fiorini [ungheresi (HUF) (circa EUR 1 300)].

(...)

(6)      Qualora effettui un pagamento tardivo, l’amministrazione tributaria paga interessi di mora ad un tasso equivalente a quello di una penalità di mora per ogni giorno di ritardo. (...)».

7        Ai sensi dell’articolo 124/C del codice di procedura tributaria:

«(1)      Qualora l’Alkotmánybíróság (Corte costituzionale, Ungheria), la Kúria (Corte suprema, Ungheria) o la [Corte] constatino, con effetto retroattivo, che una norma giuridica che prescrive un obbligo fiscale è contraria alla legge fondamentale o a un atto imperativo dell’Unione europea o, nel caso di un regolamento comunale, a qualsiasi altra norma di legge, e che tale decisione giudiziaria dà diritto a un rimborso per il soggetto passivo ai sensi delle disposizioni del presente articolo, l’autorità tributaria iniziale procede al rimborso su richiesta del soggetto passivo, secondo le modalità specificate nella decisione in questione.

(2)      Il soggetto passivo può presentare la sua domanda scritta all’autorità tributaria entro 180 giorni dalla pubblicazione o dalla notifica della decisione dell’Alkotmánybíróság (Corte costituzionale), della Kúria (Corte suprema) o della [Corte]; nessuna domanda di esenzione dal pignoramento è ammissibile alla scadenza del termine. L’autorità tributaria respinge la domanda qualora, alla data di pubblicazione o di notifica della decisione, il diritto di chiedere un risarcimento sia scaduto.

(...)

(6)      Se il diritto del soggetto passivo al rimborso è fondato, l’autorità tributaria paga, al momento del rimborso, gli interessi sull’imposta da rimborsare, ad un tasso pari al tasso di base della banca centrale e calcolato dalla data di pagamento dell’imposta fino al giorno in cui la decisione che concede il rimborso è divenuta definitiva. Il rimborso è dovuto alla data in cui è divenuta definitiva la decisione che lo concede e deve essere effettuato entro 30 giorni dalla data di scadenza. Le disposizioni relative al pagamento dei finanziamenti di bilancio si applicano mutatis mutandis al rimborso disciplinato dal presente paragrafo, ad eccezione dell’articolo 37, paragrafo 6».

8        L’articolo 124/D, paragrafi da 1 a 3, del codice di procedura tributaria è così formulato:

«(1)      Salvo disposizione contraria del presente articolo, le disposizioni dell’articolo 124/C si applicano alle domande di rimborso basate sul diritto a detrazione dell’IVA.

(2)      Il soggetto passivo può esercitare il diritto di cui al precedente paragrafo 1 mediante una dichiarazione di regolarizzazione – presentata entro 180 giorni dalla pubblicazione o dalla notifica della decisione dell’Alkotmánybíróság (Corte costituzionale), della Kúria (Corte suprema) o della [Corte] – della dichiarazione o delle dichiarazioni corrispondenti all’esercizio fiscale o agli esercizi fiscali in cui il diritto a detrazione in questione è stato creato. Nessuna richiesta di dichiarazione di pignoramento sarà accettata alla scadenza del termine.

(3)      Se dalla dichiarazione, come rettificata nella dichiarazione di regolarizzazione, risulta che il soggetto passivo ha diritto al rimborso o a causa della riduzione dell’imposta che deve pagare o a causa dell’aumento dell’importo recuperabile (...), l’autorità tributaria applica all’importo da rimborsare un tasso di interesse equivalente al tasso di base della banca centrale, calcolato per il periodo compreso tra la data fissata per il pagamento nella dichiarazione o nelle dichiarazioni in questione dalla dichiarazione di regolarizzazione, o la data di scadenza – o la data di pagamento dell’imposta, se successiva – e la data di presentazione della dichiarazione di regolarizzazione. Il rimborso – cui si applicano le disposizioni relative al pagamento dei finanziamenti di bilancio – deve essere effettuato entro 30 giorni dalla data di presentazione della dichiarazione di regolarizzazione».

9        L’articolo 164, paragrafo 1, di detto codice prevede quanto segue:

«Il diritto all’accertamento dell’imposta si prescrive cinque anni dopo l’ultimo giorno dell’anno civile in cui la dichiarazione o la notifica relativa a tale imposta avrebbe dovuto essere effettuata o, in mancanza di tale dichiarazione o notifica, durante il quale l’imposta avrebbe dovuto essere pagata. Salvo disposizioni di legge contrarie, il diritto di chiedere un finanziamento di bilancio e il diritto al rimborso dei pagamenti in eccesso si prescrive cinque anni dopo l’ultimo giorno dell’anno civile in cui è stato riconosciuto il diritto di chiedere il finanziamento o il rimborso».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

10      La Lear Corporation produce apparecchiature per autoveicoli in diversi siti ubicati in Ungheria. Nel corso dei periodi d’imposta compresi tra dicembre 2005 e luglio 2011, essa non ha potuto esercitare il suo diritto al rimborso dell’IVA a causa dell’esistenza della condizione allora vigente e ricordata al punto 4 della presente ordinanza, detta «degli acquisti pagati», secondo la quale solo gli acquisti integralmente pagati davano diritto alla detrazione dell’IVA assolta a monte.

11      Nella sentenza del 28 luglio 2011, Commissione/Ungheria (C‑274/10, EU:C:2011:530, punto 54), la Corte ha dichiarato che l’articolo 183 della direttiva 2006/112 non consentiva agli Stati membri di subordinare l’esercizio del diritto al rimborso di un’eccedenza di IVA detraibile a una condizione relativa al pagamento dell’importo dovuto per l’operazione in causa.

12      A seguito di tale sentenza, il legislatore ungherese ha adottato la legge di modifica della legge sull’IVA. Tuttavia, tale nuova legge non contiene alcuna norma che preveda di risarcire i soggetti passivi dei danni finanziari derivanti dall’applicazione della cosiddetta condizione «degli acquisti pagati», dichiarata incompatibile con il diritto dell’Unione.

13      Il 30 settembre 2011, la Lear Corporation, in forza della legge di modifica della legge sull’IVA, ha presentato una domanda di rimborso dell’IVA per il periodo di cui al punto 10 della presente ordinanza. L’autorità tributaria ungherese ha rimborsato l’importo dell’IVA richiesto, senza però versare gli interessi di mora.

14      Nell’ordinanza del 17 luglio 2014, Delphi Hungary Autóalkatrész Gyártó (C‑654/13, EU:C:2014:2127, punto 39), la Corte ha dichiarato che il diritto dell’Unione, e segnatamente l’articolo 183 della direttiva 2006/112, doveva essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa e a una prassi di uno Stato membro che escludano il versamento di interessi di mora relativi all’importo dell’IVA che non era recuperabile entro un termine ragionevole a causa di una disposizione nazionale dichiarata contraria al diritto dell’Unione.

15      La Corte ha ivi precisato che, in assenza di una normativa dell’Unione in materia, spettava a tale Stato membro determinare, nel rispetto dei principi di equivalenza e di effettività, le modalità di versamento di tali interessi, le quali non devono essere meno favorevoli di quelle applicabili ai ricorsi fondati sulla violazione del diritto interno aventi un oggetto e una causa analoghi a quelli fondati sulla violazione del diritto dell’Unione (principio di equivalenza), né essere strutturate in modo da rendere in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione (principio di effettività).

16      Il 23 dicembre 2014, facendo riferimento all’ordinanza del 17 luglio 2014, Delphi Hungary Autóalkatrész Gyártó (C‑654/13, EU:C:2014:2127), la Lear Corporation ha presentato alla Nemzeti Adó- és Vámhivatal Kiemelt Adózók Adóigazgatósága (direzione tributaria per i grandi contribuenti dell’amministrazione nazionale delle imposte e delle dogane, Ungheria) (in prosieguo: l’«autorità tributaria di primo grado») una domanda di pagamento di interessi di mora per un importo di HUF 457 916 030 (ossia, alla data di tale domanda, circa EUR 1 458 656) a causa del rimborso tardivo dell’IVA (in prosieguo: gli «interessi di mora»). Essa ha altresì chiesto interessi a causa del pagamento tardivo degli interessi di mora (in prosieguo: gli «interessi composti») per il periodo compreso tra il 1º gennaio 2008 e il 31 luglio 2011.

17      Poiché l’autorità tributaria di primo grado ha respinto la sua domanda, la Lear Corporation ha adito la direzione dei ricorsi, la quale, con decisione del 12 ottobre 2015, ha annullato la decisione adottata da tale autorità e ha ordinato che essa si pronunciasse nuovamente sul fascicolo.

18      Con decisione del 10 novembre 2015, emessa in esito al procedimento di riesame, l’autorità tributaria di primo grado ha parzialmente accolto la domanda della Lear Corporation. Con domanda complementare presentata il 2 novembre 2016, quest’ultima ha chiesto a tale autorità di completare la propria decisione assegnandole un importo di HUF 122 108 685 (ossia, alla data della domanda complementare di cui trattasi, circa EUR 396 380), a titolo di interessi composti, sostenendo che detta autorità avrebbe dovuto attribuirglieli d’ufficio.

19      In una sentenza del 24 novembre 2016, la Kúria (Corte suprema) ha statuito sulla prassi seguita dall’autorità tributaria ungherese, al fine di trarre le conseguenze dell’ordinanza del 17 luglio 2014, Delphi Hungary Autóalkatrész Gyártó (C‑654/13, EU:C:2014:2127). Sulla base di tale ordinanza, essa ha adottato la decisione di principio n. 18/2017, nella quale ha precisato le modalità di calcolo degli interessi di mora sugli importi di IVA che non hanno potuto essere recuperati a causa della cosiddetta condizione «degli acquisti pagati», abrogata dalla legge di modifica della legge sull’IVA.

20      Alla luce di tale decisione di principio, con decisione del 7 marzo 2017, la direzione dei ricorsi ha annullato la decisione del 10 novembre 2015 e ha ordinato all’autorità tributaria di primo grado di effettuare un riesame della domanda di pagamento degli interessi di mora presentata dalla Lear Corporation. Detta autorità, con decisione del 18 aprile 2017, ha parzialmente accolto tale domanda riconoscendole interessi di mora per un importo di HUF 225 825 000 (vale a dire, alla data del 18 aprile 2017, circa EUR 720 585), calcolati al tasso di base della banca centrale ungherese, per il periodo compreso tra il 1º gennaio 2008 e il 31 luglio 2011.

21      La Lear Corporation, insoddisfatta di tale decisione, ha adito la direzione dei ricorsi chiedendo che le fossero concessi anche interessi di mora per il periodo compreso tra il dicembre 2005 e il dicembre 2007, al fine di prendere in considerazione l’intero periodo durante il quale essa non aveva potuto avvalersi del suo diritto al rimborso dell’IVA, e ciò alla luce della decisione di principio n. 18/2017 della Kúria (Corte suprema).

22      Dopo aver rilevato che la Lear Corporation aveva presentato la propria domanda di pagamento degli interessi di mora in data 23 dicembre 2014, ossia entro il termine imposto a pena di decadenza, ivi indicando espressamente il periodo compreso tra il 1º gennaio 2008 e il 31 luglio 2011 quale periodo su cui si basava tale domanda, la direzione dei ricorsi ha considerato che, alla luce del principio dispositivo, secondo il quale le parti definiscono l’oggetto della controversia, l’autorità tributaria di primo grado era tenuta a pronunciarsi solo su siffatta domanda. Detta direzione ha quindi concluso che la domanda di pagamento di interessi di mora per il periodo compreso tra il 1º dicembre 2005 e il 31 dicembre 2007 dovesse essere esaminata quale nuova domanda. Di conseguenza, essa ha rinviato la causa dinanzi a detta autorità affinché statuisse sul versamento degli interessi di mora oggetto di tale domanda.

23      Con decisione del 1º settembre 2017, l’autorità tributaria di primo grado ha respinto la domanda di cui trattasi con la motivazione che essa era tardiva, dato che, in forza della decisione di principio n. 18/2017, il versamento di interessi di mora era espressamente subordinato ad una domanda presentata da un contribuente che, in considerazione del termine di prescrizione, poteva essere presentata solo fino al 31 dicembre 2016. Tale decisione è stata confermata dalla direzione dei ricorsi il 1º dicembre 2017.

24      La Lear Corporation ha quindi proposto ricorso dinanzi alla Fővárosi Törvényszék (Corte di Budapest-Capitale, Ungheria) sostenendo di avere altresì diritto a percepire gli interessi di mora corrispondenti al periodo compreso tra il mese di dicembre 2005 e il mese di dicembre 2007 incluso, in quanto, in particolare, avendo presentato nel 2011 la domanda menzionata al punto 13 della presente ordinanza, essa aveva esercitato il proprio diritto al rimborso dell’IVA, ciò che avrebbe costituito la condizione per la concessione degli interessi. Essa ha ricordato di aver specificamente presentato una domanda di pagamento degli interessi di mora il 23 dicembre 2014, ossia entro il termine di prescrizione, e che, in forza della decisione di principio n. 18/2017, l’autorità tributaria di primo grado avrebbe dovuto versarle siffatti interessi per tutto il periodo considerato senza essere vincolata, al riguardo, dai termini della sua domanda, dato che il principio di effettività deve prevalere sul principio dispositivo.

25      In tali circostanze, la Fővárosi Törvényszék (Corte di Budapest-Capitale) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo 183 della direttiva [2006/112], nonché i principi di equivalenza e di effettività, debbano essere interpretati nel senso che, qualora un soggetto passivo chieda il rimborso dell’[IVA] che in precedenza non poteva chiedere a causa dell’applicazione di un requisito normativo dichiarato contrario al diritto [dell’Unione] da una sentenza della Corte, si debba ritenere che, in tale caso, la domanda di rimborso costituisca al contempo una domanda di interessi di mora, tenuto conto della natura accessoria degli interessi e del fatto che la domanda di interessi di mora è disciplinata dalla stessa disposizione nazionale che disciplina la domanda di rimborso dell’IVA la cui restituzione tardiva ha causato la mora.

2)      Se sia compatibile con i principi di equivalenza e di effettività e, in particolare, con il principio di neutralità fiscale la prassi di uno Stato membro in base alla quale, nell’ambito di un procedimento amministrativo tributario, viene respinta in virtù del principio dispositivo una successiva domanda di interessi di mora presentata dal soggetto passivo in quanto la sua prima domanda di interessi di mora, che ha dato luogo all’avvio del procedimento, non includeva il periodo aggiuntivo indicato nella domanda successiva, cosicché quest’ultima viene considerata come nuova domanda e dichiarata prescritta, sebbene la stessa autorità tributaria sulla base del principio dispositivo non si sia ritenuta vincolata alla prima domanda del soggetto passivo, ma abbia invocato detto principio solo per quanto riguarda gli interessi di mora richiesti per un periodo che non era ancora noto al momento della presentazione della domanda che ha dato luogo all’avvio del procedimento, poiché tale periodo è stato definito dalla giurisprudenza in pendenza del procedimento.

3)      Se, alla luce dei principi di equivalenza, di effettività e di neutralità fiscale, si debba ritenere che una domanda successiva presentata nell’ambito di un procedimento amministrativo tributario sulla base della giurisprudenza costituisca un’integrazione della prima domanda, che ha dato luogo all’avvio del procedimento, o una modifica di tale prima domanda, in quanto le due domande differiscono l’una dall’altra solo per quanto riguarda il periodo di pagamento degli interessi.

4)      Se sia compatibile con i principi di equivalenza, effettività e neutralità fiscale la prassi di uno Stato membro in base alla quale una domanda presentata dopo la scadenza del termine di prescrizione viene dichiarata prescritta senza esaminare l’esistenza di circostanze ammissibili idonee a sospendere o interrompere la prescrizione, tenuto conto in particolare della prima domanda presentata dalla ricorrente nel 2014 e del fatto che, sebbene la normativa vigente non è stata modificata durante il termine di prescrizione, tuttavia, poiché quest’ultima fissava soltanto le condizioni per la domanda di rimborso dell’IVA, la Kúria [Corte suprema (…)] e la Corte di giustizia, in assenza di una normativa in materia, hanno definito con la propria giurisprudenza le condizioni per la domanda di interessi di mora mediante un’interpretazione estensiva di detta normativa, cosicché, per una parte determinante del termine di prescrizione di cinque anni, le norme che regolano la domanda di interessi di mora non solo non erano né note né chiare per i soggetti passivi, ma non esistevano neppure sotto forma di disposizione legislativa».

 Sulle questioni pregiudiziali

26      Ai sensi dell’articolo 99 del suo regolamento di procedura, la Corte, su proposta del giudice relatore, sentito l’avvocato generale, può statuire in qualsiasi momento con ordinanza motivata quando la risposta a una questione pregiudiziale può essere chiaramente desunta dalla giurisprudenza.

27      Occorre altresì ricordare che la cooperazione giudiziaria istituita dall’articolo 267 TFUE è fondata su una netta separazione di funzioni tra i giudici nazionali e la Corte. Da un lato, la Corte non è competente ad applicare le norme del diritto dell’Unione a una fattispecie concreta, ma unicamente a pronunciarsi sull’interpretazione dei Trattati e degli atti compiuti dalle istituzioni, dagli organi o dagli organismi dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 18 maggio 2021, Asociația «Forumul Judecătorilor din România» e a., C‑83/19, C‑127/19, C‑195/19, C‑291/19, C‑355/19 e C‑397/19, EU:C:2021:393, punto 201 e giurisprudenza ivi citata). Dall’altro lato, conformemente al punto 11 delle raccomandazioni della Corte di giustizia dell’Unione europea all’attenzione dei giudici nazionali, relative alla presentazione di domande di pronuncia pregiudiziale (GU 2019, C 380, pag. 1), spetta al giudice nazionale che ha adito la Corte trarre, nella controversia dinanzi ad esso pendente, le conseguenze concrete degli elementi di interpretazione forniti dalla Corte (v., in tal senso, sentenza del 25 ottobre 2018, Roche Lietuva, C‑413/17, EU:C:2018:865, punto 43).

28      Nel caso di specie, la Corte ritiene che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta dal giudice del rinvio possa essere chiaramente dedotta dalle sentenze del 12 febbraio 2008, Kempter (C‑2/06, EU:C:2008:78), del 23 aprile 2020, Sole-Mizo e Dalmandi Mezőgazdasági (C‑13/18 e C‑126/18, EU:C:2020:292), nonché dall’ordinanza del 20 giugno 2023, SOLE-MiZo (C‑426/22, EU:C:2023:517). Occorre dunque applicare l’articolo 99 del regolamento di procedura nella presente causa.

29      Come risulta dal punto 27 della presente ordinanza, spetterà al giudice del rinvio trarre le conseguenze concrete, nel procedimento principale, dagli elementi interpretativi derivanti da tale giurisprudenza della Corte.

 Sulla prima questione

30      Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 183 della direttiva 2006/112 debba essere interpretato, alla luce dei principi di equivalenza e di effettività, nel senso che, qualora un soggetto passivo chieda il rimborso dell’IVA che in precedenza non poteva chiedere a causa dell’applicazione di un requisito normativo che la Corte ha dichiarato in contrasto con tale articolo, esso osti a che tale domanda di rimborso costituisca al contempo una domanda di interessi di mora, tenuto conto della natura accessoria di questi ultimi e del fatto che il loro pagamento è disciplinato dalla stessa disposizione nazionale che disciplina la domanda di rimborso dell’IVA la cui restituzione tardiva ha causato la mora.

31      A tal riguardo, la Corte, in particolare nell’ordinanza del 20 giugno 2023, SOLE-MiZo (C‑426/22, EU:C:2023:517), ha dichiarato quanto segue:

«40      [Q]ualora uno Stato membro abbia prelevato imposte in violazione delle disposizioni del diritto dell’Unione, i singoli hanno diritto al rimborso non solo dell’imposta indebitamente riscossa, ma altresì degli importi pagati a questo Stato o trattenuti da quest’ultimo che siano in relazione diretta con tale imposta. Ciò comprende anche le perdite derivanti dall’indisponibilità di somme di danaro a seguito dell’esigibilità anticipata dell’imposta. Pertanto, il principio dell’obbligo, posto a carico degli Stati membri, di restituire, corredati di interessi, gli importi delle imposte percepite in violazione del diritto dell’Unione discende dal diritto dell’Unione medesimo (...).

41      In assenza di disciplina dell’Unione, spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro stabilire i requisiti in presenza dei quali siffatti interessi devono essere corrisposti, segnatamente per quanto riguarda l’aliquota degli interessi medesimi e le loro modalità di calcolo (interessi semplici o interessi composti). Tali requisiti devono rispettare i principi di equivalenza e di effettività, vale a dire, non devono essere meno favorevoli di quelli che riguardano reclami analoghi basati su disposizioni di diritto interno né essere congegnati in modo tale da rendere praticamente impossibile l’esercizio dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione. Dette condizioni devono, poi, rispettare il principio di neutralità fiscale (...).

42      Per quanto riguarda il principio di equivalenza, secondo la giurisprudenza della Corte, il rispetto dello stesso presuppone che la norma nazionale controversa si applichi indifferentemente ai ricorsi fondati sui diritti che i singoli traggono dal diritto dell’Unione e a quelli fondati sull’inosservanza del diritto interno aventi un oggetto e una causa analoghi (...).

43      Per quanto riguarda il principio di effettività, (...) quest’ultimo richiede che le norme nazionali riguardanti il calcolo degli interessi eventualmente dovuti in caso di domanda di rimborso dell’IVA detraibile eccedente trattenuta in violazione del diritto dell’Unione non finiscano per privare il soggetto passivo di un rimborso adeguato per la perdita derivante dall’indisponibilità delle somme di cui trattasi (...).

44      Per quanto riguarda il principio di neutralità fiscale, occorre ricordare che, tenuto conto della finalità del pagamento di interessi sugli importi relativi all’IVA eccedente detraibile trattenuti da uno Stato membro in violazione delle norme del diritto dell’Unione, che mira a compensare le perdite finanziarie generate, a svantaggio del soggetto passivo, dall’indisponibilità delle somme di cui trattasi, detto principio richiede che le modalità di versamento degli interessi siano stabilite in modo che l’onere economico degli importi dell’imposta illegittimamente trattenuti possa essere compensato (...)».

32      In tali circostanze, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 183 della direttiva 2006/112 deve essere interpretato, alla luce dei principi di equivalenza, di effettività e di neutralità fiscale, nel senso che, qualora un soggetto passivo chieda il rimborso dell’IVA che in precedenza non poteva chiedere a causa dell’applicazione di un requisito normativo che la Corte ha dichiarato contrario a tale articolo, esso non osta a che, alle condizioni previste dal diritto dello Stato membro interessato, si possa ritenere che tale domanda di rimborso costituisca al contempo una domanda di interessi di mora, tenuto conto della finalità del pagamento di interessi sulle eccedenze dell’IVA trattenute da uno Stato membro in violazione delle norme del diritto dell’Unione, che tende a compensare le perdite finanziarie generate, a danno del soggetto passivo, dall’indisponibilità delle somme di cui trattasi.

 Sulla seconda questione

33      Con la seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se i principi di equivalenza, di effettività e di neutralità fiscale debbano essere interpretati nel senso che essi ostano a una prassi di uno Stato membro consistente nel qualificare come nuova, con la conseguenza della sua prescrizione, una domanda di pagamento di interessi di mora indicante un periodo che non era oggetto di una prima domanda di pagamento di tali interessi e nell’escludere qualsiasi obbligo per l’autorità tributaria di tale Stato di concedere, in virtù del principio dispositivo, nella fase di tale prima domanda, interessi non contemplati da quest’ultima, qualora il soggetto passivo si trovasse nell’impossibilità, alla data di detta prima domanda, di sapere che era in grado di estenderne l’ambito temporale.

34      Anzitutto, occorre rilevare che tale questione implica necessariamente che la possibilità di cui al punto 32 della presente ordinanza non esista. Detta questione presuppone infatti, per costruzione, che la legislazione dello Stato membro interessato non contenga alcuna disposizione ai sensi della quale una domanda di rimborso dell’imposta illegittimamente trattenuta dall’autorità tributaria di tale Stato implichi, ipso iure, che tale domanda riguardi anche il versamento di interessi di mora.

35      Al fine di rispondere alla stessa questione, occorre innanzitutto ricordare che la Corte, nella sentenza del 12 febbraio 2008, Kempter (C‑2/06, EU:C:2008:78), ha dichiarato che:

«35      (...) l’interpretazione di una norma di diritto [dell’Unione] data dalla Corte nell’esercizio della competenza attribuitale dall’articolo [267 TFUE] chiarisce e precisa, quando ve ne sia bisogno, il significato e la portata di detta norma, quale deve o avrebbe dovuto essere intesa e applicata dal momento della sua entrata in vigore (...). In altri termini, una sentenza pregiudiziale ha valore non costitutivo bensì puramente dichiarativo, con la conseguenza che i suoi effetti risalgono alla data di entrata in vigore della norma interpretata (...).

36      Ne consegue che (...) una norma di diritto [dell’Unione] così interpretata dev’essere applicata da un organo amministrativo nell’ambito delle sue competenze anche a rapporti giuridici sorti e costituiti prima del momento in cui è sopravvenuta la sentenza in cui la Corte si pronuncia sulla richiesta di interpretazione (...)».

36      La Corte ha poi dichiarato, in particolare, nella sentenza del 23 aprile 2020, Sole-Mizo e Dalmandi Mezőgazdasági (C‑13/18 e C‑126/18, EU:C:2020:292), che:

«49      (...) una prassi nazionale in base alla quale, nel caso di rimborso, su domanda del soggetto passivo, di un importo relativo all’IVA detraibile eccedente trattenuta in violazione del diritto dell’Unione, gli interessi applicati su tale importo (...) decorrono durante un periodo di riferimento determinato, senza applicazione di interessi per compensare il soggetto passivo della svalutazione monetaria derivante dal trascorrere del tempo a seguito di detto periodo di riferimento fino al pagamento effettivo di tali interessi, è tale da privare il soggetto passivo di un rimborso adeguato per la perdita derivante dall’indisponibilità delle somme di cui trattasi e, quindi, non rispetta il principio di effettività. Inoltre, una tale prassi non è idonea a compensare l’onere economico degli importi dell’imposta illegittimamente trattenuti, contrariamente al principio di neutralità fiscale.

(...)

64      (...) quando (...) il debito trae la sua origine dalla violazione del diritto dell’Unione da parte di uno Stato membro, il principio di effettività esige che quest’ultimo corrisponda interessi di mora nel caso di pagamento tardivo di detto debito da parte dell’amministrazione, in mancanza dei quali gli Stati membri non sarebbero indotti a compensare in tempo utile gli effetti di tale violazione subiti dai soggetti passivi.

65      Per quanto riguarda le condizioni alle quali tali interessi sono pagati, (...) in assenza di disciplina dell’Unione, spetta all’ordinamento giuridico interno di ciascuno Stato membro stabilire tali condizioni, nel rispetto segnatamente dei principi di equivalenza e di effettività.

(...)

67      Tenuto conto dell’autonomia procedurale di cui dispongono gli Stati membri nel prevedere, nel loro diritto nazionale, le condizioni procedurali concernenti il pagamento di interessi sugli importi di imposte riscosse in violazione del diritto dell’Unione, la condizione relativa alla presentazione, da parte del soggetto passivo, di una domanda di pagamento di interessi di mora dovuti nel caso di ritardo nel pagamento, da parte dell’amministrazione, di un debito derivante dalla violazione, da parte dello Stato, del diritto dell’Unione non è contrario al principio di effettività».

37      Nel caso di specie, dalla decisione di rinvio risulta che la Lear Corporation, da un lato, ha presentato una domanda di pagamento di interessi di mora, il 23 dicembre 2014, e, dall’altro, che tale domanda riguardava un periodo ben preciso, ossia il periodo compreso tra il 1º gennaio 2008 e il 31 luglio 2011. Pertanto, poiché in questa sede non viene valutata l’ipotesi presa in considerazione al momento della risposta alla prima questione, vale a dire che la domanda di rimborso del capitale contenga in sé, in forza del diritto nazionale, una domanda di interessi di mora, l’autorità tributaria dello Stato membro interessato è legittimata, alla luce del diritto dell’Unione, ad attenersi al petitum di una siffatta domanda, vale a dire, nella fattispecie, agli interessi corrispondenti al periodo temporale delimitato dal soggetto passivo stesso.

38      Tuttavia, come precisato nella decisione di rinvio, è solo dopo aver preso conoscenza della decisione di principio n. 18/2017 della Kúria (Corte suprema) che la Lear Corporation ha chiesto, nell’ambito del contenzioso che la opponeva all’autorità tributaria ungherese, che si tenesse conto di quest’ultima decisione per l’intero periodo stabilito da tale giudice nella sua decisione relativa al diritto al pagamento degli interessi di mora.

39      A tal riguardo, occorre osservare che una prassi come quella dell’autorità tributaria dello Stato membro interessato, consistente nel considerare una siffatta domanda quale domanda nuova, con la conseguenza del mancato rimborso di una parte degli interessi di mora a causa della prescrizione della domanda in parola, contrasta con i principi chiaramente stabiliti sia dalla sentenza del 12 febbraio 2008, Kempter (C‑2/06, EU:C:2008:78), sia dalla sentenza del 23 aprile 2020, Sole-Mizo e Dalmandi Mezőgazdasági (C‑13/18 e C‑126/18, EU:C:2020:292).

40      Infatti, da un lato, nel caso di specie, la Lear Corporation ha presentato, entro il termine di prescrizione, una prima domanda di pagamento di interessi di mora relativi all’importo dell’IVA che non era recuperabile a causa della cosiddetta condizione degli «acquisti pagati», facendo riferimento all’ordinanza del 17 luglio 2014, Delphi Hungary Autóalkatrész Gyártó (C‑654/13, EU:C:2014:2127), e l’ulteriore domanda presentata dalla Lear Corporation deve essere considerata parte integrante delle conseguenze tratte dai soggetti passivi, a livello nazionale, da tale ordinanza, cui si ricollega un effetto ex tunc.

41      Dall’altro lato, rendendo effettivamente impossibile il rimborso degli interessi di mora in rapporto al periodo considerato da tale ulteriore domanda, mentre solo una decisione della Corte suprema dello Stato membro interessato – successiva alla domanda iniziale di pagamento degli interessi di mora – ha consentito al soggetto passivo di essere informato dei suoi diritti nella loro interezza, l’autorità tributaria dello Stato membro interessato priva «il soggetto passivo di un rimborso adeguato per la perdita derivante dall’indisponibilità delle somme di cui trattasi e, quindi, non rispetta il principio di effettività» (sentenza del 23 aprile 2020, Sole-Mizo e Dalmandi Mezőgazdasági, C‑13/18 e C‑126/18, EU:C:2020:292, punto 49).

42      In tali circostanze, occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che i principi di effettività e di neutralità fiscale devono essere interpretati nel senso che non ostano alla prassi di uno Stato membro consistente nell’escludere qualsiasi obbligo per l’autorità tributaria di tale Stato di concedere, nella fase di una domanda di pagamento di interessi di mora, presentata entro il termine di prescrizione, relativa a importi di IVA trattenuti da detto Stato in violazione del diritto dell’Unione, interessi non contemplati da tale domanda, ma ostano, per contro, a che tale autorità qualifichi come nuova, con la conseguenza della sua prescrizione, una seconda domanda di pagamento di interessi di mora che indichi un periodo che non era oggetto di tale prima domanda, qualora la seconda domanda verta su interessi di mora relativi a importi di IVA trattenuti a causa della medesima violazione del diritto dell’Unione che ha motivato la prima domanda e il soggetto passivo sia venuto a conoscenza della possibilità di estendere l’ambito temporale di tale domanda solo dopo l’adozione di una decisione del giudice nazionale a seguito di una decisione della Corte resa nell’esercizio della competenza ad essa conferita dall’articolo 267 TFUE.

 Sulla terza questione

43      Con la sua terza questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se i principi di equivalenza, di effettività e di neutralità fiscale debbano essere interpretati nel senso che essi consentono di considerare una seconda domanda di pagamento di interessi di mora, presentata a seguito di uno sviluppo nella giurisprudenza, come un’integrazione di una prima domanda di pagamento di tali interessi, o come una modifica di tale prima domanda, in quanto le due domande differiscono l’una dall’altra solo per quanto riguarda il periodo a titolo del quale sono chiesti gli interessi di mora.

44      In considerazione della risposta fornita alla seconda questione al punto 42 della presente ordinanza, secondo la quale tali principi ostano, in un caso del genere, a che l’autorità tributaria dello Stato membro interessato qualifichi come nuova la seconda domanda di pagamento di interessi di mora, occorre logicamente dedurne che detti principi implicano, al contrario, che quest’ultima sia qualificata, secondo le modalità che spetta a tale Stato determinare alla luce del proprio diritto nazionale, quale integrazione della prima domanda di pagamento di tali interessi.

45      In tali circostanze, occorre rispondere alla terza questione dichiarando che i principi di effettività e di neutralità fiscale devono essere interpretati nel senso che essi implicano di considerare, secondo le modalità che spetta a ciascuno Stato membro determinare alla luce del proprio diritto nazionale, una seconda domanda di pagamento di interessi di mora, che indichi un periodo che non era oggetto di una prima domanda di pagamento di tali interessi, quale integrazione di tale prima domanda, qualora detta seconda domanda verta su interessi di mora relativi ad importi di IVA trattenuti a causa della medesima violazione del diritto dell’Unione che ha motivato la prima domanda e il soggetto passivo sia venuto a conoscenza della possibilità di estendere l’ambito temporale di tale domanda solo dopo l’adozione di una decisione del giudice nazionale a seguito di una decisione della Corte resa nell’esercizio della competenza ad essa conferita dall’articolo 267 TFUE.

 Sulla quarta questione

46      La quarta questione sollevata dal giudice del rinvio si basa sulla premessa che la seconda domanda di pagamento degli interessi di mora possa essere prescritta in circostanze quali quelle di cui alla controversia principale. Orbene, dalla risposta alla seconda questione, contenuta al punto 42 della presente ordinanza, risulta che i principi di equivalenza, di effettività e di neutralità fiscale ostano a che una siffatta domanda possa essere qualificata quale nuova domanda e, di conseguenza, prescritta. Al contrario, dalla risposta fornita alla terza questione al punto 45 della presente ordinanza risulta che detta domanda deve essere considerata, secondo le modalità che spetta a ciascuno Stato membro determinare alla luce del proprio diritto nazionale, quale integrazione della prima domanda di pagamento degli interessi di mora.

47      Pertanto, non occorre rispondere alla quarta questione.

 Sulle spese

48      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice del rinvio, cui spetta quindi statuire sulle spese.

Per questi motivi, la Corte (Settima Sezione) dichiara:

1)      L’articolo 183 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto,

deve essere interpretato, alla luce dei principi di equivalenza, di effettività e di neutralità fiscale, nel senso che:

qualora un soggetto passivo chieda il rimborso dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) che in precedenza non poteva chiedere a causa dell’applicazione di un requisito normativo che la Corte ha dichiarato contrario a tale articolo, esso non osta a che, alle condizioni previste dal diritto dello Stato membro interessato, si possa ritenere che tale domanda di rimborso costituisca al contempo una domanda di interessi di mora, tenuto conto della finalità del pagamento di interessi sulle eccedenze dell’IVA trattenute da uno Stato membro in violazione delle norme del diritto dell’Unione, che tende a compensare le perdite finanziarie generate, a danno del soggetto passivo, dall’indisponibilità delle somme di cui trattasi.

2)      I principi di effettività e di neutralità fiscale

devono essere interpretati nel senso che:

essi non ostano alla prassi di uno Stato membro consistente nell’escludere qualsiasi obbligo per l’autorità tributaria di tale Stato di concedere, nella fase di una domanda di pagamento di interessi di mora, presentata entro il termine di prescrizione, relativa a importi di IVA trattenuti da detto Stato in violazione del diritto dell’Unione, interessi non contemplati da tale domanda, ma ostano, per contro, a che tale autorità qualifichi come nuova, con la conseguenza della sua prescrizione, una seconda domanda di pagamento di interessi di mora che indichi un periodo che non era oggetto di tale prima domanda, qualora la seconda domanda verta su interessi di mora relativi a importi di IVA trattenuti a causa della medesima violazione del diritto dell’Unione che ha motivato la prima domanda e il soggetto passivo sia venuto a conoscenza della possibilità di estendere l’ambito temporale di tale domanda solo dopo l’adozione di una decisione del giudice nazionale a seguito di una decisione della Corte resa nell’esercizio della competenza ad essa conferita dall’articolo 267 TFUE.

3)      I principi di effettività e di neutralità fiscale

devono essere interpretati nel senso che:

essi implicano di considerare, secondo le modalità che spetta a ciascuno Stato membro determinare alla luce del proprio diritto nazionale, una seconda domanda di pagamento di interessi di mora, che indichi un periodo che non era oggetto di una prima domanda di pagamento di tali interessi, quale integrazione di tale prima domanda, qualora detta seconda domanda verta su interessi di mora relativi ad importi di IVA trattenuti a causa della medesima violazione del diritto dell’Unione che ha motivato la prima domanda e il soggetto passivo sia venuto a conoscenza della possibilità di estendere l’ambito temporale di tale domanda solo dopo l’adozione di una decisione del giudice nazionale a seguito di una decisione della Corte resa nell’esercizio della competenza ad essa conferita dall’articolo 267 TFUE.

Firme


*      Lingua processuale: l’ungherese.