Language of document : ECLI:EU:C:2008:559

SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

14 ottobre 2008 (*)

«Diritto di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri – Diritto internazionale privato in materia di cognomi − Collegamento, ai fini della determinazione della legge applicabile, alla sola cittadinanza − Figlio minorenne nato e residente in uno Stato membro e che possiede la cittadinanza di un altro Stato membro – Mancato riconoscimento nello Stato membro di cui è cittadino del cognome acquisito nello Stato membro di nascita e di residenza»

Nel procedimento C‑353/06,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dall’Amtsgericht Flensburg (Germania) con decisione 16 agosto 2006, pervenuta in cancelleria il 28 agosto 2006, nella causa promossa da:

Stefan Grunkin,

Dorothee Regina Paul,

con l’intervento di:

Leonhard Matthias Grunkin-Paul,

Standesamt Niebüll,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. P. Jann (relatore), C.W.A. Timmermans, A. Rosas, K. Lenaertset e M. Ilešič, presidenti di sezione, dai sigg. G. Arestis, A. Borg Barthet, J. Malenovský, J. Klučka, U. Lõhmus, E. Levits e dalla sig.ra C. Toader, giudici,

avvocato generale: sig.ra E. Sharpston

cancelliere: sig. H. von Holstein, cancelliere aggiunto

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza dell’11 dicembre 2007,

considerate le osservazioni presentate:

–        per il sig. Grunkin, da lui stesso;

–        per il governo tedesco, dal sig. M. Lumma e dalla sig.ra J. Kemper, in qualità di agenti;

–        per il governo belga, dalla sig.ra L. Van den Broeck, in qualità di agente;

–        per il governo ellenico, dalle sig.re E.‑M. Mamouna, G. Skiani e O. Patsopoulou, in qualità di agenti;

–        per il governo spagnolo, dai sigg. M. Sampol Pucurull e J. Rodríguez Cárcamo, in qualità di agenti;

–        per il governo francese, dai sigg. G. de Bergues e J.‑C. Niollet, in qualità di agenti;

–        per il governo lituano, dal sig. D. Kriaučiūnas, in qualità di agente;

–        per il governo dei Paesi Bassi, dalla sig.ra H.G. Sevenster, in qualità di agente;

–        per il governo polacco, dalla sig.ra E. Ośniecka‑Tamecka, in qualità di agente;

–        per la Commissione delle Comunità europee, dalle sig.re D. Maidani e S. Gruenheid, nonché dal sig. W. Bogensberger, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 24 aprile 2008,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli artt. 12 CE e 18 CE.

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra il sig. Grunkin e la sig.ra Paul, da una parte, e lo Standesamt Niebüll (Ufficio dello stato civile della città di Niebüll), dall’altra, in merito al rifiuto, da parte di quest’ultimo, di riconoscere il cognome del figlio Leonhard Matthias, così come esso è stato determinato e registrato in Danimarca, e di iscrivere quest’ultimo nel libretto di famiglia aperto per loro presso il detto servizio.

 Contesto normativo tedesco

 Il diritto internazionale privato

3        L’art. 10, n. 1, delle disposizioni preliminari al codice civile (Einführungsgesetz zum Bürgerlichen Gesetzbuch; in prosieguo: l’«EGBGB») dispone quanto segue:

«Il cognome di una persona è disciplinato dalla legge dello Stato di cui essa possiede la cittadinanza».

 Il diritto civile

4        Per quanto riguarda la determinazione del cognome del figlio di genitori che portano cognomi diversi, l’art. 1617 del codice civile tedesco (Bürgerliches Gesetzbuch; in prosieguo: il «BGB») così recita:

«(1) Qualora i genitori non portino un cognome coniugale e abbiano la custodia congiunta del figlio, essi devono scegliere, mediante dichiarazione resa dinanzi ad un ufficiale dello stato civile, il cognome del padre o quello della madre al momento della dichiarazione quale cognome da assegnare al figlio alla nascita (…).

(2) Qualora i genitori non abbiano effettuato la dichiarazione entro un mese dalla nascita del figlio, il Familiengericht [tribunale della famiglia] conferisce ad uno dei genitori il diritto di stabilire il cognome del figlio. Il paragrafo 1 è applicabile mutatis mutandis. Il giudice può fissare al genitore un termine per l’esercizio di tale diritto. Qualora il diritto di scegliere il cognome non venga esercitato prima della scadenza del termine, al figlio viene assegnato il cognome del genitore cui è stato conferito tale diritto.

(3) Qualora il figlio sia nato al di fuori del territorio tedesco, il giudice attribuisce a un genitore il diritto di sceglierne il cognome ai sensi del paragrafo 2 soltanto se un genitore o il figlio lo richiede, ovvero se occorre indicare il cognome del figlio in un atto dello stato civile tedesco o su un documento d’identità tedesco».

 Causa principale e questione pregiudiziale

5        Il 27 giugno 1998 nasceva in Danimarca Leonard Matthias Grunkin-Paul, figlio della sig.ra Paul e del sig. Grunkin, che all’epoca erano sposati e che sono entrambi cittadini tedeschi. È anch’egli cittadino tedesco e vive dalla nascita in Danimarca.

6        In conformità al certificato di riconoscimento del nome («navnebevis») rilasciato dalla competente autorità danese, il figlio riceveva, in virtù del diritto danese, il cognome Grunkin-Paul, che veniva ugualmente iscritto nel suo atto di nascita danese.

7        Gli uffici dello stato civile tedesco si rifiutavano di riconoscere il cognome del figlio così come esso era stato determinato in Danimarca in quanto, in forza dell’art. 10 dell’EGBGB, il cognome di una persona è disciplinato dalla legge dello Stato di cui essa possiede la cittadinanza e il diritto tedesco non consente a un figlio di portare un doppio cognome composto da quello del padre e da quello della madre. I ricorsi presentati dai genitori del piccolo Leonhard Matthias avverso tale rifiuto venivano respinti.

8        I genitori del bambino, che nel frattempo hanno divorziato, non portavano un cognome coniugale e si sono rifiutati di determinare il cognome del figlio in conformità all’art. 1617, paragrafo 1, del BGB.

9        L’Amtsgericht Niebüll veniva adito dallo Standesamt Niebüll per decidere sul trasferimento a uno dei genitori del piccolo Leonhard Matthias del diritto di determinare il cognome di quest’ultimo in applicazione dell’art. 1617, paragrafi 2 e 3, del BGB. Tale giudice sospendeva il procedimento e sottoponeva alla Corte di giustizia una domanda di pronuncia pregiudiziale ai sensi dell’art. 234 CE. Nella sua sentenza 27 aprile 2006, causa C‑96/04, Standesamt Stadt Niebüll (Racc. pag. I‑3561), la Corte dichiarava che l’Amtsgericht Niebüll, adito nell’ambito di un procedimento di volontaria giurisdizione, agiva in qualità di autorità amministrativa senza essere al contempo chiamato a dirimere una controversia, di modo che non si poteva ritenere che esso esercitasse un’attività giurisdizionale. Per questo motivo, la Corte si dichiarava incompetente a risolvere la questione sottopostale.

10      Il 30 aprile 2006 i genitori del piccolo Leonhard Matthias chiedevano all’autorità competente di iscrivere quest’ultimo con il cognome Grunkin-Paul nel libretto di famiglia tenuto a Niebüll. Con decisione 4 maggio 2006, lo Standesamt Niebüll respingeva tale richiesta d’iscrizione adducendo che il diritto tedesco in materia di cognomi non la consentiva.

11      Il 6 maggio 2006 i genitori del detto bambino adivano l’Amtsgericht Flensburg chiedendo che fosse ingiunto allo Standesamt Niebüll di riconoscere il cognome del figlio così come determinato e registrato in Danimarca e di iscriverlo nel libretto di famiglia con il nome Leonhard Matthias Grunkin-Paul.

12      Il giudice del rinvio constata che non è possibile ingiungere allo Standesamt Niebüll di iscrivere un cognome non ammesso in base al diritto tedesco, ma nutre tuttavia dubbi in merito alla compatibilità con il diritto comunitario del fatto che un cittadino dell’Unione sia costretto a portare un cognome diverso in diversi Stati membri.

13      Stanti tali premesse, l’Amtsgericht Flensburg ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se, alla luce del divieto di discriminazione contenuto nell’art. 12 CE e in considerazione della libertà di circolazione garantita ad ogni cittadino dell’Unione dall’art. 18 CE, sia valida la norma di conflitto prevista dall’art. 10 dell’EGBGB in quanto, riguardo alla normativa sul nome di una persona, essa fa riferimento solo alla cittadinanza».

 Sulla questione pregiudiziale

14      Con la sua questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli artt. 12 CE e 18 CE ostino al fatto che le autorità competenti di uno Stato membro rifiutino di riconoscere il cognome di un figlio così come esso è stato determinato e registrato in un altro Stato membro in cui tale figlio – che, al pari dei genitori, possiede solo la cittadinanza del primo Stato membro – è nato e risiede sin dalla nascita.

 Sull’ambito di applicazione del Trattato CE

15      In limine, occorre constatare che la situazione del piccolo Leonhard Matthias rientra nell’ambito di applicazione ratione materiae del Trattato CE.

16      Infatti, sebbene allo stato attuale del diritto comunitario le norme che disciplinano il cognome di una persona rientrino nella competenza degli Stati membri, questi ultimi, nell’esercizio di tale competenza, devono tuttavia rispettare il diritto comunitario, a meno che non si tratti di una situazione interna che non ha alcun collegamento con il diritto comunitario (v. sentenza 2 ottobre 2003, causa C‑148/02, Garcia Avello, Racc. pag. I‑11613, punti 25 nonché 26 e giurisprudenza citata).

17      Ebbene, la Corte ha già dichiarato che un siffatto collegamento con il diritto comunitario esiste nel caso di figli che siano cittadini di uno Stato membro e al contempo soggiornino legalmente nel territorio di un altro Stato membro (v. sentenza Garcia Avello, cit., punto 27).

18      Pertanto, in linea di principio, il piccolo Leonhard Matthias può a buon diritto invocare, nei confronti dello Stato membro di cui è cittadino, il diritto conferito dell’art. 12 CE di non subire una discriminazione basata sulla sua cittadinanza, nonché il diritto, sancito dell’art. 18 CE, di circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri.

 Sull’art. 12 CE

19      Per quanto riguarda l’art. 12 CE, occorre tuttavia constatare, innanzi tutto, che, come affermato da tutti gli Stati membri che hanno presentato osservazioni alla Corte nonché dalla Commissione delle Comunità europee, il piccolo Leonhard Matthias, in Germania, non subisce alcuna discriminazione in base alla cittadinanza.

20      Infatti, dato che il detto bambino e i suoi genitori possiedono unicamente la cittadinanza tedesca e che, per l’attribuzione del cognome, la norma di conflitto tedesca oggetto della causa principale fa riferimento al diritto sostanziale tedesco in materia di cognomi, la determinazione del cognome di tale bambino in Germania in conformità alla normativa tedesca non può costituire una discriminazione fondata sulla cittadinanza.

 Sull’art. 18 CE

21      Occorre ricordare che una normativa nazionale che svantaggia taluni cittadini nazionali per il solo fatto che hanno esercitato la loro libertà di circolare e di soggiornare in un altro Stato membro rappresenta una restrizione delle libertà riconosciute a tutti i cittadini dell’Unione dall’art. 18, n. 1, CE (v. sentenze 18 luglio 2006, causa C‑406/04, De Cuyper, Racc. pag. I‑6947, punto 39, e 22 maggio 2008, causa C‑499/06, Nerkowska, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 32).

22      Orbene, il fatto di essere obbligati a portare, nello Stato membro di cui si è cittadini, un cognome differente da quello già attribuito e registrato nello Stato membro di nascita e di residenza è idoneo ad ostacolare l’esercizio del diritto a circolare e soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, sancito dall’art. 18 CE.

23      Occorre infatti rammentare che la Corte ha già dichiarato, per quanto riguarda i figli in possesso della cittadinanza di due Stati membri, che una situazione di diversità di cognomi è tale da generare per gli interessati seri inconvenienti di ordine tanto professionale quanto privato, derivanti, in particolare, dalle difficoltà di fruire, in uno Stato membro di cui hanno la cittadinanza, degli effetti giuridici di atti o di documenti redatti con il cognome riconosciuto nell’altro Stato membro del quale possiedono la cittadinanza (sentenza Garcia Avello, cit., punto 36).

24      Siffatti seri inconvenienti possono presentarsi allo stesso modo in una situazione come quella di cui alla causa principale. Infatti, a tale proposito poco importa se la diversità dei cognomi è conseguenza della doppia cittadinanza degli interessati o della circostanza che, nello Stato di nascita e di residenza, la determinazione del cognome è collegata alla residenza, mentre nello Stato di cui questi ultimi possiedono la cittadinanza tale determinazione è collegata alla cittadinanza.

25      Come rileva la Commissione, numerose azioni della vita quotidiana, sia nel settore pubblico sia in quello privato, richiedono la prova dell’identità, prova che di norma è fornita dal passaporto. Poiché il piccolo Leonhard Matthias possiede unicamente la cittadinanza tedesca, il rilascio del detto documento rientra esclusivamente nella competenza delle autorità tedesche. Ebbene, qualora queste ultime si oppongano al riconoscimento del cognome così come esso è stato determinato e registrato in Danimarca, a tale bambino verrà rilasciato dalle dette autorità un passaporto nel quale figurerà un cognome diverso da quello che egli ha ricevuto in quest’ultimo Stato membro.

26      Di conseguenza, ogni volta che l’interessato dovrà dimostrare la sua identità in Danimarca, Stato membro in cui è nato e risiede sin dalla nascita, egli rischia di essere obbligato a dissipare dubbi sulla sua identità e ad allontanare sospetti di falsa dichiarazione suscitati dalla divergenza tra, da una parte, il cognome che egli utilizza da sempre nella vita quotidiana – che compare sia nei registri delle autorità danesi sia in tutti i documenti ufficiali che lo riguardano redatti in Danimarca, come, tra l’altro, l’atto di nascita – e, dall’altra parte, il cognome che figura sul suo passaporto tedesco.

27      Inoltre, la quantità di documenti − in particolare attestati, certificati e diplomi − dai quali emerge una divergenza per quanto riguarda il cognome dell’interessato rischia di aumentare nel corso degli anni, in quanto il bambino ha un rapporto molto stretto sia con la Danimarca sia con la Germania. Dal fascicolo emerge infatti che egli, pur vivendo principalmente con la madre in Danimarca, soggiorna regolarmente in Germania per visitare il padre, che vi si è stabilito dopo il divorzio.

28      Orbene, ogni volta che il cognome utilizzato in una situazione concreta non corrisponde a quello che figura nel documento presentato come prova dell’identità di una persona − in particolare per fruire di una qualsiasi prestazione o di un qualsiasi diritto, oppure per attestare il superamento di prove o l’acquisizione di capacità − o che il cognome che figura in due documenti presentati congiuntamente non è lo stesso, una siffatta divergenza di cognome è idonea a suscitare dubbi in merito all’identità di tale persona e all’autenticità dei documenti prodotti o alla veridicità dei dati in essi contenuti.

29      Un ostacolo alla libera circolazione come quello risultante dai seri inconvenienti descritti ai punti 23‑28 della presente sentenza può essere giustificato solo se è basato su considerazioni oggettive e se è adeguatamente commisurato allo scopo legittimamente perseguito (v., in questo senso, sentenza 11 settembre 2007, causa C‑318/05, Commissione/Germania, Racc. pag. I‑6957, punto 133 e giurisprudenza citata).

30      Per giustificare il collegamento esclusivo della determinazione del cognome alla cittadinanza, il governo tedesco e taluni degli altri governi che hanno presentato osservazioni alla Corte affermano, tra l’altro, che tale collegamento costituisce un criterio oggettivo che consente di determinare il cognome di una persona in modo certo e continuo, di garantire l’unicità del cognome nell’ambito della fratria e di mantenere le relazioni tra i membri di una famiglia allargata. Inoltre, tale criterio sarebbe diretto a far sì che tutte le persone che posseggono una determinata cittadinanza siano trattate allo stesso modo e ad assicurare un’identica determinazione del cognome delle persone aventi la medesima cittadinanza.

31      Orbene, nessuno dei motivi dedotti a sostegno del collegamento della determinazione del cognome di una persona alla sua cittadinanza, per quanto possano di per sé essere legittimi, merita di essere considerato talmente importante da giustificare che le autorità competenti di uno Stato membro, in circostanze come quelle della causa principale, rifiutino di riconoscere il cognome di un figlio così come esso è stato determinato e registrato in un altro Stato membro in cui tale figlio è nato e risiede sin dalla nascita.

32      Infatti, nei limiti in cui il collegamento alla cittadinanza ha lo scopo di garantire che il cognome di una persona possa essere determinato in modo continuo e stabile, occorre constatare, come ha fatto la Commissione, che, in circostanze come quelle della causa principale, siffatto collegamento sfocerà in un risultato contrario a quello voluto. In effetti, ogni volta che il figlio attraversa la frontiera tra la Danimarca e la Germania, porterà un nome diverso.

33      Quanto all’obiettivo di garantire l’unicità del cognome nell’ambito della fratria, è sufficiente constatare che nella causa in esame non si pone un problema di questo genere.

34      Peraltro, il collegamento della determinazione del cognome di una persona alla sua cittadinanza, operato dal diritto internazionale privato tedesco, non è privo di eccezioni. È infatti pacifico che le regole di conflitto tedesche relative alla determinazione del cognome di un figlio consentono un collegamento alla residenza abituale di uno dei genitori quando questa si trova in Germania. Pertanto, un figlio che, al pari dei genitori, non possiede la cittadinanza tedesca, può tuttavia vedersi attribuire in Germania un cognome formato ai sensi della normativa tedesca quando la residenza abituale di uno dei suoi genitori si trova in Germania. Una situazione simile a quella del piccolo Leonhard Matthias potrebbe quindi verificarsi anche in Germania.

35      Il governo tedesco asserisce inoltre che la normativa nazionale non permette l’attribuzione di cognomi composti per motivi di ordine pratico. A suo avviso, deve essere possibile limitare la lunghezza dei cognomi. Esso adduce che il legislatore tedesco ha adottato disposizioni affinché la generazione seguente non sia costretta a rinunciare ad una parte del cognome: ciò che una generazione guadagnerebbe in termini di libertà se i doppi cognomi fossero ammessi sarebbe perso dalla generazione successiva. Quest’ultima, infatti, non disporrebbe più delle stesse possibilità di combinazione a disposizione della generazione precedente.

36      Tuttavia, siffatte considerazioni di praticità amministrativa non sono sufficienti a giustificare un ostacolo alla libera circolazione come quello constatato ai punti 22‑28 della presente sentenza.

37      Peraltro, come emerge dalla decisione di rinvio, la normativa tedesca non esclude in toto la possibilità di attribuire cognomi composti a figli di cittadinanza tedesca. Come ha confermato il governo tedesco in udienza, infatti, quando uno dei genitori possiede la cittadinanza di un altro Stato, i genitori possono scegliere di formare il cognome del figlio secondo la normativa di tale Stato.

38      Inoltre, occorre dichiarare che dinanzi alla Corte non è stata dedotta alcuna specifica ragione eventualmente idonea ad ostare al riconoscimento del cognome del piccolo Leonhard Matthias così com’è stato attribuito e registrato in Danimarca, come ad esempio la contrarietà di tale cognome all’ordine pubblico in Germania.

39      Alla luce delle osservazioni che precedono, occorre risolvere la questione sollevata nel senso che, in circostanze come quelle della causa principale, l’art. 18 CE osta a che le autorità di uno Stato membro, in applicazione del diritto nazionale, rifiutino di riconoscere il cognome di un figlio così come esso è stato determinato e registrato in un altro Stato membro in cui tale figlio – che, al pari dei genitori, possiede solo la cittadinanza del primo Stato membro – è nato e risiede sin dalla nascita.

 Sulle spese

40      Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:

L’art. 18 CE, in circostanze come quelle della causa principale, osta a che le autorità di uno Stato membro, in applicazione del diritto nazionale, rifiutino di riconoscere il cognome di un figlio così come esso è stato determinato e registrato in un altro Stato membro in cui tale figlio – che, al pari dei genitori, possiede solo la cittadinanza del primo Stato membro – è nato e risiede sin dalla nascita.

Firme


* Lingua processuale: il tedesco.