Language of document : ECLI:EU:C:2012:594

SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)

27 settembre 2012 (*)

«Domande di asilo – Direttiva 2003/9/CE – Norme minime relative all’accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri – Regolamento (CE) n. 343/2003 – Obbligo di garantire ai richiedenti asilo il beneficio delle condizioni minime di accoglienza in pendenza del procedimento di presa in carico o di ripresa in carico da parte dello Stato membro competente – Determinazione dello Stato membro obbligato ad assumere l’onere finanziario derivante dalla concessione delle condizioni minime»

Nella causa C‑179/11,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Conseil d’État (Francia), con decisione del 7 aprile 2011, pervenuta in cancelleria il 18 aprile 2011, nel procedimento

Cimade,

Groupe d’information et de soutien des immigrés (GISTI)

contro

Ministre de l’Intérieur, de l’Outre-mer, des Collectivités territoriales et de l’Immigration,

LA CORTE (Quarta Sezione),

composta dal sig. J.‑C. Bonichot, presidente di sezione, dalla sig.ra A. Prechal, dai sigg. K. Schiemann, L. Bay Larsen (relatore) ed E. Jarašiūnas,

avvocato generale: sig.ra E. Sharpston

cancelliere: sig.ra M. Ferreira, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza dell’8 marzo 2012,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la Cimade, da P. Peugeot, presidente della stessa, e da P. Spinosi, avocat;

–        per il Groupe d’information e de soutien des immigrés (GISTI), da P. Peugeot e da C. Pouly, avocat;

–        per il governo francese, da G. de Bergues e J.‑S. Pilczer nonché da B. Beaupère‑Manokha, in qualità di agenti;

–        per il governo ceco, da M. Smolek e J. Vláčil, in qualità di agenti;

–        per il governo ellenico, da M. Michelogiannaki e L. Kotroni, in qualità di agenti;

–        per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da C. Gerardis, avvocato dello Stato;

–        per il governo polacco, da M. Szpunar, in qualità di agente;

–        per il governo svizzero, da J. de Watteville, in qualità di agente;

–        per la Commissione europea, da M. Condou‑Durande, in qualità di agente,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 15 maggio 2012,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della direttiva 2003/9/CE del Consiglio, del 27 gennaio 2003, recante norme minime relative all’accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri (GU L 31, pag. 18), e, in particolare, sull’ambito di applicazione di tale direttiva.

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una lite promossa dalla Cimade e dal Groupe d’information et de soutien des immigrés [Gruppo di informazione e sostegno degli immigrati] (GISTI) contro il Ministre de l’Intérieur, de l’Outre-mer, des Collectivités territoriales et de l’Immigration [Ministro dell’Interno, dell’Oltremare, degli Enti territoriali e dell’Immigrazione], avente ad oggetto la legittimità di una circolare interministeriale del 3 novembre 2009 relativa all’assegno temporaneo di attesa (in prosieguo: la «circolare del 3 novembre 2009»).

 Contesto normativo

 Diritto dell’Unione

 La direttiva 2003/9

3        I considerando 5, 7 e 8 della direttiva 2003/9 sono così formulati:

«(5)      La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti segnatamente dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea [in prosieguo: la «Carta»]. In particolare, la presente direttiva intende assicurare il pieno rispetto della dignità umana nonché promuovere l’applicazione dell’articolo 1 e dell’articolo 18 di detta Carta.

(...)

(7)      Dovrebbero essere adottate norme minime in materia di accoglienza dei richiedenti asilo che siano normalmente sufficienti a garantire loro un livello di vita dignitoso e condizioni di vita analoghe in tutti gli Stati membri.

(8)      L’armonizzazione delle condizioni di accoglienza dei richiedenti asilo dovrebbe contribuire a limitare i movimenti secondari dei richiedenti asilo dovuti alla varietà delle condizioni di accoglienza».

4        L’articolo 1 della direttiva suddetta dichiara che quest’ultima «stabilisce norme minime relative all’accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri».

5        L ’articolo 2 della medesima direttiva, intitolato «Definizioni», precisa quanto segue:

«Ai fini della presente direttiva s’intende per:

(...)

b)      “domanda di asilo”: la domanda presentata da un cittadino di un paese terzo o da un apolide che può considerarsi una richiesta di protezione internazionale ad uno Stato membro, a norma della convenzione di Ginevra [del 28 luglio 1951, relativa allo status dei rifugiati (in prosieguo: la «Convenzione di Ginevra»)]. Tutte le domande di protezione internazionale sono considerate domande di asilo salvo che il cittadino di un paese terzo o l’apolide richieda esplicitamente un altro tipo di protezione che possa essere richiesto con domanda separata;

c)      “richiedente” o “richiedente asilo”: qualsiasi cittadino di un paese terzo o apolide che abbia presentato una domanda di asilo in merito alla quale non sia ancora stata presa una decisione definitiva;

(...)

i)      “condizioni di accoglienza”: il complesso delle misure garantite dagli Stati membri a favore dei richiedenti asilo a norma della presente direttiva;

j)      “condizioni materiali di accoglienza”: le condizioni di accoglienza che includono alloggio, vitto e vestiario, forniti in natura o in forma di sussidi economici o buoni, nonché un sussidio per le spese giornaliere;

(...)».

6        Sotto il titolo «Ambito di applicazione», l’articolo 3 della direttiva 2003/9 dispone, al paragrafo 1, quanto segue:

«La presente direttiva si applica a tutti i cittadini di paesi terzi ed agli apolidi che presentano domanda di asilo alla frontiera o nel territorio di uno Stato membro, purché siano autorizzati a [rimanere] in tale territorio in qualità di richiedenti asilo, nonché ai familiari già definiti all’articolo 2, lettera d), se inclusi nella domanda di asilo a norma del diritto nazionale».

7        Rubricato come «Disposizioni generali relative alle condizioni materiali di accoglienza e all’assistenza sanitaria», l’articolo 13 della direttiva 2003/9 prevede, al paragrafo 1, quanto segue:

«Gli Stati membri provvedono a che i richiedenti asilo abbiano accesso alle condizioni materiali d’accoglienza nel momento in cui presentano la domanda di asilo».

8        L’articolo 16 della medesima direttiva, intitolato «Riduzione o revoca delle condizioni di accoglienza», è così formulato:

«1.      Gli Stati membri possono ridurre o revocare le condizioni di accoglienza nei seguenti casi:

a)      qualora il richiedente asilo

–        lasci il luogo di residenza determinato dall’autorità competente senza informare tali autorità, oppure, ove richiesto, senza permesso, o

–        contravvenga all’obbligo di presentarsi alle autorità o alla richiesta di fornire informazioni o di comparire per un colloquio personale concernente la procedura d’asilo durante un periodo di tempo ragionevole stabilito dal diritto nazionale, o

–        abbia già presentato una domanda nel medesimo Stato membro.

Se il richiedente asilo viene rintracciato o si presenta volontariamente all’autorità competente, viene presa una decisione debitamente motivata, basata sulle ragioni della scomparsa, [in merito al] ripristino della concessione di tutte le condizioni di accoglienza o di una parte di esse;

b)      qualora il richiedente asilo abbia occultato risorse finanziarie, beneficiando in tal modo indebitamente delle condizioni materiali di accoglienza.

(...)

2.      Uno Stato membro può rifiutare condizioni di accoglienza qualora un richiedente asilo non abbia dimostrato di aver presentato la sua domanda non appena ciò fosse ragionevolmente fattibile dopo il suo arrivo in tale Stato membro.

(...)

5.      Gli Stati membri provvedono a che le condizioni materiali di accoglienza non siano revocate o ridotte prima che sia presa una decisione negativa».

 Il regolamento (CE) n. 343/2003

9        L’articolo 1 del regolamento (CE) n. 343/2003 del Consiglio, del 18 febbraio 2003, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo (GU L 50, pag. 1), così recita:

«Il presente regolamento stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo».

10      L’articolo 2 del medesimo regolamento fornisce le definizioni delle nozioni di «domanda d’asilo» e di «richiedente» o «richiedente asilo», il cui contenuto è in sostanza identico a quello delle medesime nozioni contenute nella direttiva 2003/9. L’articolo 2 definisce inoltre i seguenti termini:

«e)      “esame di una domanda d’asilo”: l’insieme delle misure d’esame, [del]le decisioni o [del]le sentenze pronunciate dalle autorità competenti su una domanda d’asilo conformemente alla legislazione interna, ad eccezione delle procedure volte a determinare quale sia lo Stato competente in applicazione delle disposizioni del presente regolamento;

(...)

j)      “titolo di soggiorno”: qualsiasi permesso rilasciato dalle autorità di uno Stato membro che autorizza il soggiorno di un cittadino di un paese terzo nel suo territorio, compresi i documenti che consentono all’interessato di soggiornare nel territorio nazionale nell’ambito di un regime di protezione temporanea o fino a quando avranno termine le circostanze che ostano all’esecuzione di un provvedimento di allontanamento, ad eccezione dei visti e delle autorizzazioni di soggiorno rilasciati nel periodo necessario a determinare lo Stato membro competente ai sensi del presente regolamento o durante l’[esame] di una domanda d’asilo o di una richiesta di permesso di soggiorno;

(...)».      

11      L’articolo 3 del regolamento n. 343/2003, collocato nel capo II di quest’ultimo, intitolato «Principi generali», prevede, al paragrafo 1, quanto segue:

«Gli Stati membri esaminano la domanda di asilo di un cittadino di un paese terzo presentata alla frontiera o nel rispettivo territorio. Una domanda d’asilo è esaminata da un solo Stato membro, che è quello individuato come Stato competente in base ai criteri enunciati al capo III».

12      L’articolo 4 del citato regolamento, pure compreso nel capo II di quest’ultimo, recita:

«1.      Il procedimento volto a determinare lo Stato membro competente ai sensi del presente regolamento è avviato non appena una domanda d’asilo è presentata per la prima volta in uno Stato membro.

2.      La domanda d’asilo si considera presentata non appena le autorità competenti dello Stato membro interessato ricevono un formulario presentato dal richiedente asilo o un verbale redatto dalle autorità. Nel caso di domanda non scritta, il periodo che intercorre dalla dichiarazione di volontà e la stesura del relativo verbale deve essere quanto più breve possibile.

(...)

4.      Quando una domanda d’asilo è presentata alle autorità competenti di uno Stato membro da un richiedente che si trova nel territorio di un altro Stato membro, la determinazione dello Stato membro competente spetta allo Stato membro nel cui territorio si trova il richiedente asilo. Tale Stato membro è informato tempestivamente dallo Stato membro che ha ricevuto la domanda d’asilo e, ai fini del presente regolamento, è [allora] considerato [come] lo Stato nel quale la domanda è stata presentata.

Il richiedente è informato per iscritto di tale comunicazione e della data alla quale essa è avvenuta.

5.      Lo Stato membro nel quale è stata presentata la domanda d’asilo è tenuto, alle condizioni di cui all’articolo 20 e al fine di portare a termine il procedimento di determinazione dello Stato membro competente per l’esame della domanda, a riprendere in carico il richiedente asilo che si trova in un altro Stato membro e ha presentato colà una nuova domanda d’asilo dopo aver ritirato la domanda di asilo durante il procedimento volto a determinare lo Stato membro competente.

Tale obbligo viene meno se il richiedente asilo ha lasciato nel frattempo i territori degli Stati membri per un periodo di almeno tre mesi o se uno Stato membro gli ha rilasciato un titolo di soggiorno».

13      Il capo V del regolamento n. 343/2003 detta norme particolareggiate in merito alla presa in carico e alla ripresa in carico del richiedente asilo. L’articolo 16 di tale regolamento così dispone:

«1.      Lo Stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo in forza del presente regolamento è tenuto a:

a)      prendere in carico, alle condizioni specificate negli articoli da 17 a 19, il richiedente asilo che ha presentato domanda d’asilo in un altro Stato membro;

b)      portare a termine l’esame della domanda d’asilo;

c)      riprendere in carico, alle condizioni di cui all’articolo 20, il richiedente asilo la cui domanda è in corso d’esame e che si trova nel territorio di un altro Stato membro senza esserne stato autorizzato;

d)      riprendere in carico, alle condizioni di cui all’articolo 20, il richiedente asilo che ha ritirato la sua domanda in corso d’esame e che ha presentato una domanda d’asilo in un altro Stato membro;

e)      riprendere in carico, alle condizioni di cui all’articolo 20, il cittadino di un paese terzo del quale ha respinto la domanda e che si trova nel territorio di un altro Stato membro senza esserne stato autorizzato.

2.      Se uno Stato membro rilascia al richiedente asilo un titolo di soggiorno, gli obblighi previsti al paragrafo 1 ricadono su detto Stato membro.

3.      Gli obblighi di cui al paragrafo 1 vengono meno se il cittadino di un paese terzo si è allontanato dal territorio degli Stati membri per almeno tre mesi, sempre che detto cittadino di un paese terzo non sia titolare di un titolo di soggiorno in corso di validità rilasciato dallo Stato membro competente.

4.      Gli obblighi previsti al paragrafo 1, lettere d) ed e), vengono meno, inoltre, non appena lo Stato membro competente per l’esame della domanda d’asilo ha adottato ed effettivamente messo in atto, a seguito del ritiro o del rigetto della domanda d’asilo, le disposizioni necessarie perché il cittadino di un paese terzo rientri nel suo paese d’origine o in un altro paese in cui [può] legalmente recarsi».

14      L’articolo 17 del citato regolamento stabilisce le procedure da applicarsi per chiedere ad un altro Stato membro di prendere in carico il richiedente asilo. I paragrafi 1 e 2 di tale articolo sono così formulati:

«1.      Lo Stato membro che ha ricevuto una domanda d’asilo e ritiene che un altro Stato membro sia competente per l’esame della stessa può interpellare tale Stato membro affinché prenda in carico il richiedente asilo[, formulando tale richiesta] quanto prima e, al più tardi, entro tre mesi dopo la presentazione della domanda d’asilo ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 2.

Se la richiesta di prendere in carico il richiedente asilo non è formulata entro [il termine di] tre mesi, la competenza dell’esame della domanda d’asilo spetta allo Stato membro al quale la domanda è stata presentata.

2.      Lo Stato membro richiedente può sollecitare una risposta urgente nei casi in cui la domanda d’asilo sia stata presentata a seguito di un rifiuto d’ingresso o di soggiorno, di un arresto per soggiorno irregolare o della notificazione o dell’esecuzione di un provvedimento di allontanamento e/o nel caso in cui il richiedente asilo sia detenuto.

La richiesta riporta i motivi che giustificano una risposta urgente e il termine entro il quale tale risposta è attesa. Tale termine è pari ad almeno una settimana».

15      L’articolo 18 di detto regolamento ha il seguente tenore:

«1.      Lo Stato membro richiesto procede alle verifiche necessarie, in particolare nei suoi archivi, e delibera sulla richiesta di presa in carico di un richiedente entro due mesi a decorrere dalla data in cui ha ricevuto la richiesta.

(...)

6.      Se lo Stato membro richiedente ha invocato l’urgenza, conformemente alle disposizioni dell’articolo 17, paragrafo 2, lo Stato membro richiesto compie ogni sforzo al fine di rispettare il termine indicato. In casi eccezionali, quando è possibile dimostrare che l’esame di una richiesta ai fini della presa in carico di un richiedente è particolarmente complessa, lo Stato membro richiesto può fornire la risposta dopo il termine richiesto, ma comunque entro un mese. In tali situazioni lo Stato membro richiesto deve comunicare la propria decisione di differire la risposta allo Stato richiedente entro il termine originariamente richiesto.

7.      La mancata risposta entro la scadenza del termine di due mesi citato al paragrafo 1 e di quello di un mese citato al paragrafo 6 equivale all’accettazione della richiesta e comporta l’obbligo di prendere in carico la persona, comprese le disposizioni appropriate all’arrivo della stessa».

16      L’articolo 19 del regolamento n. 343/2003, che stabilisce dei termini per l’esecuzione del trasferimento del richiedente asilo, è così formulato:

«1.      Quando lo Stato membro richiesto accetta di prendere in carico il richiedente asilo, lo Stato membro nel quale la domanda d’asilo è stata presentata notifica al richiedente asilo la decisione di non esaminare la domanda e l’obbligo del trasferimento del richiedente verso lo Stato membro competente.

2.      La decisione menzionata al paragrafo 1 è motivata. Essa è corredata dei termini relativi all’esecuzione del trasferimento e contiene, se necessario, le informazioni relative al luogo e alla data in cui il richiedente deve presentarsi, nel caso in cui si rechi nello Stato membro competente con i propri mezzi. La decisione può formare oggetto di ricorso o revisione. Il ricorso o la revisione della decisione non ha effetto sospensivo ai fini dell’esecuzione del trasferimento a meno che il giudice o l’organo (...) competente non decida in tal senso caso per caso se la legislazione nazionale lo consente.

3.      Il trasferimento del richiedente asilo dallo Stato membro nel quale la domanda d’asilo è stata presentata verso lo Stato membro competente avviene conformemente al diritto nazionale del primo Stato membro, previa concertazione tra gli Stati membri interessati, non appena ciò sia materialmente possibile e comunque entro sei mesi a decorrere dall’accettazione della richiesta di presa in carico o della decisione su un ricorso o una revisione in caso di effetto sospensivo.

(...)

4.      Se il trasferimento non avviene entro il termine di sei mesi, la competenza ricade sullo Stato membro nel quale la domanda d’asilo è stata presentata. Questo termine può essere prorogato fino a un massimo di un anno se non è stato possibile effettuare il trasferimento a causa della detenzione del richiedente asilo, o fino a un massimo di diciotto mesi qualora il richiedente asilo si sia reso irreperibile.

(...)».

17      Le modalità per la ripresa in carico del richiedente asilo sono stabilite nell’articolo 20 del citato regolamento, il quale precisa i dati che la richiesta deve contenere ai fini di tale ripresa in carico, le condizioni alle quali deve intervenire la risposta alla richiesta stessa, il termine di risposta e le modalità con le quali deve aver luogo il trasferimento del richiedente asilo.

 La direttiva 2005/85/CE

18      Il considerando 29 della direttiva 2005/85/CE del Consiglio, del 1º dicembre 2005, recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato (GU L 326, pag. 13), enuncia quanto segue:

«La presente direttiva non contempla le procedure disciplinate dal regolamento (...) n. 343/2003 (...)».

19      L’articolo 2 di detta direttiva definisce le nozioni di «domanda di asilo» e di «richiedente» o «richiedente asilo», il cui contenuto corrisponde in sostanza a quello delle medesime nozioni contenute nella direttiva 2003/9 e nel regolamento n. 343/2003. Detto articolo 2 definisce inoltre, alla lettera k), i seguenti termini:

«“rimanere nello Stato membro”: il fatto di rimanere nel territorio, compreso alla frontiera o in zone di transito, dello Stato membro in cui la domanda di asilo è stata presentata o è oggetto d’esame».

20      All’interno del capo II della direttiva 2005/85, intitolato «Principi fondamentali e garanzie», l’articolo 7, dal titolo «Diritto di rimanere nello Stato membro durante l’esame della domanda», dispone, al paragrafo 1, quanto segue:

«I richiedenti sono autorizzati a rimanere nello Stato membro, ai fini esclusivi della procedura, fintantoché l’autorità accertante non abbia preso una decisione secondo le procedure di primo grado di cui al capo III. Il diritto a rimanere non dà diritto a un titolo di soggiorno».

21      L’articolo 35 della medesima direttiva recita:

«1.      Gli Stati membri possono prevedere procedure, conformemente ai principi fondamentali e alle garanzie di cui al capo II, per decidere alla frontiera o nelle zone di transito dello Stato membro in merito alle domande di asilo ivi presentate.

2.      Tuttavia, ove non esistano le procedure di cui al paragrafo 1, gli Stati membri possono mantenere in vigore, fatte salve le disposizioni del presente articolo e conformemente alle leggi o ai regolamenti vigenti il 1º dicembre 2005, procedure che derogano ai principi fondamentali e alle garanzie di cui al capo II per decidere, alla frontiera o nelle zone di transito, in merito all’ammissione nel loro territorio di richiedenti asilo che arrivano e ivi presentano domanda di asilo.

3.      Le procedure di cui al paragrafo 2 assicurano in particolare che le persone in questione:

a)      siano autorizzate a rimanere alla frontiera o nelle zone di transito dello Stato membro, fatto salvo l’articolo 7;

(...)». 

 Il regolamento (CE) n. 1560/2003

22      Il regolamento (CE) n. 1560/2003 della Commissione, del 2 settembre 2003, recante modalità di applicazione del regolamento n. 343/2003 del Consiglio (GU L 222, pag. 3), stabilisce all’articolo 8, intitolato «Cooperazione ai fini del trasferimento», quanto segue:

«1.      Lo Stato membro competente è tenuto a permettere quanto prima il trasferimento del richiedente e a fare in modo che nulla osti al suo ingresso. Spetta allo Stato membro competente stabilire, eventualmente, la località del suo territorio in cui il richiedente sarà trasferito, ovvero consegnato alle autorità competenti, alla luce sia dei condizionamenti geografici sia dei modi di trasporto di cui dispone lo Stato membro che esegue il trasferimento. In nessun caso può essere chiesto alla scorta di accompagnare il richiedente oltre il punto di arrivo (stazione, porto, aeroporto,...) del mezzo di trasporto internazionale utilizzato, o che lo Stato membro che esegue il trasferimento sostenga le spese di trasporto al di là di tale punto.

2.      Compete allo Stato membro che esegue il trasferimento organizzare il trasporto del richiedente e della sua scorta e fissare, d’accordo con lo Stato membro competente, l’orario d’arrivo e le eventuali modalità per la consegna del richiedente alle autorità competenti. Lo Stato membro competente può esigere un preavviso di tre giorni lavorativi».

 La decisione n. 573/2007/CE

23      Il considerando 13 della decisione n. 573/2007/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 maggio 2007, che istituisce il Fondo europeo per i rifugiati per il periodo 2008‑2013, nell’ambito del programma generale «Solidarietà e gestione dei flussi migratori» e che abroga la decisione 2004/904/CE del Consiglio (GU L 144, pag. 1), enuncia quanto segue:

«La presente decisione è concepita per inserirsi nell’ambito di un quadro coerente che comprenda anche la decisione n. 574/2007/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 maggio 2007, che istituisce il Fondo per le frontiere esterne per il periodo 2007‑2013 nell’ambito del programma generale “Solidarietà e gestione dei flussi migratori”, la decisione n. 575/2007/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 maggio 2007, che istituisce il Fondo europeo per i rimpatri per il periodo 2008‑2013 nell’ambito del programma generale “Solidarietà e gestione dei flussi migratori” e la decisione 2007/.../CE del Consiglio del... che istituisce il Fondo europeo per l’integrazione di cittadini di paesi terzi per il periodo 2007‑2013 nell’ambito del programma generale “Solidarietà e gestione dei flussi migratori”, il cui obiettivo è affrontare la questione di una ripartizione equa delle responsabilità tra gli Stati membri per quanto riguarda l’onere finanziario conseguente all’introduzione della gestione integrata delle frontiere esterne dell’Unione europea e all’attuazione di politiche comuni in materia d’asilo e d’immigrazione, sviluppate a norma della parte 3, titolo IV del trattato [CE]».

24      L’articolo 2 della decisione n. 573/2007, intitolato «Obiettivo generale del Fondo», prevede:

«1.      Obiettivo generale del Fondo è sostenere e promuovere gli sforzi compiuti dagli Stati membri per accogliere rifugiati e sfollati e sopportare le conseguenze di tale accoglienza, attraverso il cofinanziamento delle azioni previste nella presente decisione, tenendo conto della normativa comunitaria in materia.

2.      Il Fondo contribuisce al finanziamento dell’assistenza tecnica su iniziativa degli Stati membri o della Commissione».

25      L’articolo 3 di detta decisione, intitolato «Azioni ammissibili negli Stati membri», stabilisce, al paragrafo 1, quanto segue:

«Il Fondo sostiene le azioni negli Stati membri relative a uno o più dei seguenti settori:

a)      condizioni di accoglienza e procedure di asilo;

(...)».

 Il diritto francese

 Il codice disciplinante l’ingresso e il soggiorno degli stranieri e il diritto di asilo

26      L’articolo L.723‑1 del codice disciplinante l’ingresso e il soggiorno degli stranieri e il diritto di asilo (code de l’entrée et du séjour des étrangers et du droit d’asile; in prosieguo: il «Ceseda») così dispone:

«L’Ufficio [francese di protezione dei rifugiati e degli apolidi] [Office français de protection des réfugiés et apatrides; in prosieguo: l’«OFPRA»] decide sulle domande di asilo sottopostegli. Non è però competente a pronunciarsi su una domanda presentata da una persona alla quale l’ammissione al soggiorno sia stata rifiutata per il motivo previsto al punto 1º dell’articolo L.741‑4.

(…)».

27      L’articolo L.741‑4 di detto codice dispone quanto segue:

«Salvo il rispetto delle disposizioni dell’articolo 33 della [Convenzione di Ginevra], l’ammissione in Francia di uno straniero che chieda di beneficiare di asilo può essere rifiutata soltanto se:

1°      l’esame della domanda di asilo rientra nella competenza di un altro Stato in applicazione delle disposizioni del [regolamento n. 343/2003] o di obblighi identici a quelli previsti dal suddetto regolamento assunti con altri Stati;

(…)».

28      L’articolo L.742‑1 del Ceseda è così formulato:

«Qualora sia ammesso a soggiornare in Francia in applicazione delle disposizioni del capo I del presente titolo, lo straniero che chieda di beneficiare di asilo riceve un documento provvisorio di soggiorno che gli consente di depositare una domanda di asilo presso l’[OFPRA]. L’[OFPRA] può essere adito soltanto dopo la consegna di tale documento al richiedente. Dopo il deposito della sua domanda di asilo, il richiedente riceve un nuovo documento provvisorio di soggiorno. Tale documento viene rinnovato fino a che l’Ufficio non si pronuncia e, se viene proposto un ricorso dinanzi alla Corte nazionale per il diritto di asilo [Cour nationale du droit d’asile (CNDA)], fino a che la Corte non statuisce».

 Il codice degli interventi sociali e della famiglia

29      L’articolo L.348‑1 del codice degli interventi sociali e della famiglia stabilisce che, «dietro loro domanda, beneficiano dell’aiuto sociale per essere accolti nei centri di accoglienza per richiedenti asilo gli stranieri che siano in possesso di uno dei documenti di soggiorno menzionati all’articolo L.742‑1 del [Ceseda]».

 Il codice del lavoro

30      L’articolo L.5423‑8 del codice del lavoro così dispone:

«Fatte salve le disposizioni dell’articolo L.5423‑9, possono beneficiare di un assegno temporaneo di attesa [in prosieguo: l’«ATA»]:

1°      i cittadini stranieri il cui titolo di soggiorno o la cui ricevuta di presentazione della domanda di titolo di soggiorno menzioni il fatto che essi hanno chiesto asilo in Francia e che hanno presentato una domanda volta al riconoscimento dello status di rifugiato, qualora soddisfino determinate condizioni relative all’età e alle risorse disponibili;

(…)».

31      Ai sensi dell’articolo L.5423‑9 del suddetto codice:

«Non possono beneficiare dell’[ATA]:

1°      i richiedenti asilo che, a seguito di una decisione di rigetto divenuta definitiva, presentino una domanda di riesame all’[OFPRA], ad eccezione dei casi umanitari segnalati dall’[OFPRA] medesimo alle condizioni stabilite mediante regolamento;

(…)».

32      L’articolo L.5423‑11 del medesimo codice è così formulato:

«L’[ATA] viene versato mensilmente, alla fine di ogni periodo, alle persone la cui domanda di asilo non sia stata oggetto di una decisione definitiva.

Il versamento dell’assegno prende fine al termine del mese che segue quello della notifica della decisione definitiva relativa a detta domanda».

 La circolare del 3 novembre 2009

33      La circolare del 3 novembre 2009, che riguarda i beneficiari dell’ATA, stabilisce in particolare, nella sua prima parte, quanto segue:

«I.       I richiedenti asilo

Conformemente alla [direttiva 2003/9], l’ATA è un reddito di sussistenza versato ai richiedenti asilo per tutta la durata della procedura di istruzione della loro domanda, qualora essi soddisfino i requisiti qui sotto indicati.

I.1.      Le condizioni di concessione dell’ATA

Fatte salve le esclusioni menzionate al punto I.2, e purché soddisfi una condizione relativa alle risorse disponibili, può beneficiare dell’ATA il cittadino straniero:

–        che abbia raggiunto l’età di diciott’anni compiuti;

–        che abbia depositato una domanda di asilo presso l’OFPRA e disponga di una lettera di tale Ufficio che lo informa dell’avvenuta registrazione della sua domanda;

–        la cui domanda di asilo non abbia ancora costituito l’oggetto di una decisione definitiva dell’OFPRA o della CNDA;

–        che sia in possesso di un titolo di soggiorno o di una ricevuta di presentazione di una domanda di titolo di soggiorno nei quali sia menzionato il fatto che egli ha chiesto asilo in Francia; tale condizione non è applicabile ai cittadini di paesi considerati come paesi d’origine sicuri [...] e dei paesi per i quali ha trovato attuazione l’articolo 1 C 5 della Convenzione di Ginevra, per i quali è sufficiente la lettera di registrazione dell’OFPRA.

(…)

I.2.  Le cause di esclusione del beneficio dell’ATA

(…)

I.2.2.  Altre cause di esclusione (...)

(…)

I richiedenti asilo non possono essere ammessi al beneficio dell’ATA qualora l’ammissione al soggiorno sia stata loro rifiutata in conformità alle disposizioni di cui ai punti 1°, 3° e 4° dell’articolo L.741‑4 del Ceseda. Si tratta:

1)      delle persone la cui domanda di asilo rientra nella competenza di un altro Stato europeo in applicazione delle disposizioni del [regolamento n. 343/2003] cosiddetto “Dublino II”;

(…)».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

34      Il 26 gennaio 2010 la CIMADE e il GISTI hanno presentato dinanzi al Conseil d’État [Consiglio di Stato] un ricorso inteso all’annullamento della circolare del 3 novembre 2009. Essi sostengono che tale circolare è contraria agli obiettivi della direttiva 2003/9, in quanto esclude dal beneficio dell’ATA i richiedenti asilo nel caso in cui, in applicazione del regolamento n. 343/2003, la Repubblica francese chieda a un altro Stato membro, da essa ritenuto competente a esaminare la domanda degli interessati, di prendere o riprendere in carico questi ultimi.

35      Ritenendo che la risposta a tale motivo di ricorso esiga un’interpretazione delle pertinenti disposizioni del diritto dell’Unione, il Conseil d’État ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se la direttiva 2003/9 (...) garantisca il diritto di beneficiare delle condizioni minime di accoglienza da essa previste ai richiedenti per i quali uno Stato membro, cui sia stata presentata una domanda di asilo, decida, in applicazione del [regolamento n. 343/2003], di interpellare un altro Stato membro che esso ritenga competente per l’esame della domanda, per l’intera durata della procedura di presa in carico o di ripresa in carico da parte di tale altro Stato membro.

2)      In caso di soluzione affermativa di detta questione:

a)      se l’obbligo incombente al primo Stato membro di garantire il beneficio delle condizioni minime di accoglienza cessi al momento della decisione di accettazione da parte dello Stato membro richiesto, al momento della presa in carico o della ripresa in carico effettiva del richiedente asilo, o a un’altra data;

b)      quale sia lo Stato membro cui incombe l’onere finanziario derivante dalla concessione delle condizioni minime di accoglienza durante tale periodo».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla prima questione

36      Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se uno Stato membro, cui sia stata presentata una domanda di asilo alla sua frontiera o nel suo territorio, sia tenuto a concedere le condizioni minime di accoglienza dei richiedenti asilo stabilite dalla direttiva 2003/9 anche al richiedente asilo per il quale detto Stato decida, in applicazione del regolamento n. 343/2003, di indirizzare una richiesta di presa in carico o di ripresa in carico ad un altro Stato membro in quanto Stato membro competente per l’esame della domanda di asilo di tale richiedente.

37      A questo proposito, va rilevato anzitutto che l’ambito di applicazione della direttiva 2003/9 è definito dall’articolo 3 della stessa, a norma del quale tale direttiva si applica a tutti i cittadini di paesi terzi ed agli apolidi che presentano domanda di asilo alla frontiera o nel territorio di uno Stato membro, purché siano autorizzati a rimanere in tale territorio in qualità di richiedenti asilo.

38      Pertanto, il primo presupposto che deve essere soddisfatto ai fini dell’applicazione della direttiva 2003/9 è quello secondo cui una domanda di asilo deve essere stata depositata alla frontiera o nel territorio di uno Stato membro. A questo proposito, l’articolo 2, lettera b), di tale direttiva stabilisce che per «domanda di asilo» deve intendersi «la domanda presentata da un cittadino di un paese terzo o da un apolide che può considerarsi una richiesta di protezione internazionale ad uno Stato membro, a norma della convenzione di Ginevra», e che «[t]utte le domande di protezione internazionale sono considerate domande di asilo salvo che il cittadino di un paese terzo o l’apolide richieda esplicitamente un altro tipo di protezione che possa essere richiesto con domanda separata». La definizione della nozione di domanda di asilo contenuta nell’articolo 2, lettera c), del regolamento n. 343/2003 è in sostanza identica a quella sopra menzionata.

39      Per quanto riguarda il periodo durante il quale le condizioni materiali di accoglienza – comprendenti alloggio, vitto e vestiario, nonché un sussidio per le spese giornaliere – devono essere riconosciute ai richiedenti, l’articolo 13, paragrafo 1, della direttiva 2003/9 stabilisce che tale periodo comincia nel momento in cui i richiedenti asilo presentano la loro domanda di asilo.

40      Inoltre, risulta dagli articoli 2 e 3 della direttiva 2003/9 che quest’ultima prevede soltanto una categoria di richiedenti asilo, comprendente tutti i cittadini di paesi terzi e gli apolidi che depositano una domanda di asilo. Detta direttiva non contiene alcuna disposizione tale da far ritenere che una domanda di asilo possa considerarsi depositata soltanto se è stata presentata alle autorità dello Stato membro competente ad esaminarla.

41      Tale interpretazione è corroborata anche dall’articolo 4, paragrafo 1, del regolamento n. 343/2003, a norma del quale il procedimento volto a determinare lo Stato membro competente ai sensi del regolamento stesso è avviato non appena una domanda di asilo è presentata per la prima volta in uno Stato membro. Tale disposizione implica necessariamente che, prima che il procedimento volto alla determinazione dello Stato membro competente sia avviato, viene presentata una domanda di asilo.

42      L’interpretazione delle disposizioni della direttiva 2003/9 deve altresì essere effettuata alla luce dell’economia generale e della finalità di quest’ultima nonché, come stabilito dal considerando 5 di detta direttiva, nel rispetto dei diritti fondamentali e dei principi riconosciuti, segnatamente, dalla Carta. A mente di tale considerando, la direttiva mira in particolare a garantire il pieno rispetto della dignità umana e a promuovere l’applicazione degli articoli 1 e 18 della Carta.

43      Pertanto, il rispetto di tali prescrizioni si impone non soltanto nei riguardi dei richiedenti asilo che si trovano nel territorio dello Stato membro competente in attesa della decisione di quest’ultimo in merito alla loro domanda di asilo, ma anche nei confronti dei richiedenti asilo in attesa della determinazione dello Stato membro competente ad esaminare tale domanda.

44      A questo proposito, non si può validamente affermare che le norme minime relative all’accoglienza dei richiedenti asilo non si applicherebbero a quelli tra costoro che siano interessati dalla procedura di determinazione dello Stato competente, per il motivo che tale procedura sarebbe rapida. Infatti, risulta dagli articoli 17 e 18 del regolamento n. 343/2003 che, nel caso di una procedura normale, può trascorrere un periodo di cinque mesi tra la data del deposito della domanda di asilo e quella alla quale lo Stato membro richiesto decide sulla richiesta di presa in carico del richiedente asilo. A tale periodo di tempo si aggiunge il tempo necessario per l’esecuzione del trasferimento, il quale va di norma realizzato, giusta l’articolo 19 di detto regolamento, entro un termine di sei mesi a partire dall’accettazione della richiesta di presa in carico.

45      Inoltre, la procedura stabilita dal regolamento n. 343/2003 può, in alcuni casi, avere come esito che il richiedente asilo non viene mai trasferito nello Stato membro richiesto, bensì rimane nello Stato membro in cui ha depositato la sua domanda di asilo. I termini stabiliti agli articoli 17‑20 di detto regolamento riguardano soltanto la situazione nella quale lo Stato membro richiesto accetta la presa in carico o la ripresa in carico ovvero non risponde alla richiesta dello Stato membro richiedente. In caso di risposta negativa dello Stato membro richiesto, la normativa in questione prevede unicamente una procedura di conciliazione su base volontaria. In situazioni siffatte, il soggiorno temporaneo del richiedente asilo nel territorio dello Stato membro autore della richiesta di presa in carico può estendersi su un periodo assai lungo. Pertanto, l’esclusione dal beneficio delle norme minime di accoglienza dei richiedenti asilo di quelli tra tali richiedenti che siano interessati dal procedimento di determinazione dello Stato competente, non trova alcuna giustificazione nella durata di tale procedimento.

46      Il secondo presupposto per l’applicazione della direttiva 2003/9 è quello secondo cui i richiedenti asilo devono essere autorizzati a rimanere nel territorio dello Stato membro interessato in qualità di richiedenti asilo. A questo proposito, il governo francese non può fondatamente affermare che, poiché il considerando 29 della direttiva 2005/85 stabilisce chiaramente che le domande ricadenti sotto il regolamento n. 343/2003 sono escluse dall’ambito di applicazione di tale direttiva, il diritto conferito ad un richiedente asilo dall’articolo 7, paragrafo 1, di quest’ultima di rimanere nello Stato membro ai fini della procedura di esame non potrebbe applicarsi a detto richiedente qualora lo stesso sia interessato dalla procedura di determinazione dello Stato competente prevista dal regolamento di cui sopra.

47      Infatti, a norma dell’articolo 2, lettera k), della direttiva 2005/85, i termini «rimanere nello Stato membro» devono essere intesi come indicanti il fatto di rimanere nel territorio – frontiera e zone di transito incluse – non soltanto dello Stato membro nel quale la domanda di asilo viene esaminata, ma anche di quello in cui tale domanda è stata presentata.

48      Occorre pertanto concludere che i richiedenti asilo sono autorizzati a rimanere non soltanto nel territorio dello Stato membro nel quale la domanda di asilo viene esaminata, ma anche in quello dello Stato membro nel quale tale domanda è stata depositata, come richiesto dall’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2003/9.

49      Tale interpretazione non può essere inficiata dal considerando 29 della direttiva 2005/85, il quale si riferisce unicamente al fatto che le procedure stabilite da quest’ultima per il riconoscimento e la revoca dello status di rifugiato negli Stati membri si distinguono dalle procedure istituite dal regolamento n. 343/2003 per la determinazione dello Stato membro competente ad esaminare una domanda di asilo.

50      Di conseguenza, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che la direttiva 2003/9 deve essere interpretata nel senso che uno Stato membro al quale sia stata presentata una domanda di asilo è tenuto a concedere le condizioni minime di accoglienza dei richiedenti asilo stabilite da tale direttiva anche ad un richiedente asilo per il quale detto Stato decida, in applicazione del regolamento n. 343/2003, di indirizzare una richiesta di presa in carico o di ripresa in carico ad un altro Stato membro in quanto Stato membro competente per l’esame della domanda di asilo di tale richiedente.

 Sulla seconda questione

51      Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio intende sapere, da un lato, in quale momento cessi l’obbligo per lo Stato membro, cui sia stata presentata una domanda di asilo, di concedere le condizioni minime di accoglienza stabilite dalla direttiva 2003/9 ad un richiedente asilo per il quale detto Stato decida, in applicazione del regolamento n. 343/2003, di indirizzare una richiesta di presa in carico o di ripresa in carico ad un altro Stato membro in quanto Stato membro competente per l’esame della domanda di asilo di tale richiedente, e, dall’altro lato, su quale Stato membro gravi l’onere finanziario derivante dalla concessione di tali condizioni minime.

52      Per quanto riguarda la durata dell’obbligo di concedere le condizioni minime di accoglienza, occorre ricordare in primo luogo che, come rilevato ai punti 37 e 38 della presente sentenza, l’ambito di applicazione ratione personae della direttiva 2003/9 comprende qualsiasi richiedente asilo una volta che questi abbia presentato una domanda di asilo per la prima volta in uno Stato membro.

53      Occorre in secondo luogo rilevare che, a norma dell’articolo 2, lettera c), della direttiva 2003/9 e dell’articolo 2, lettera d), del regolamento n. 343/2003, è richiedente o richiedente asilo il cittadino di un paese terzo o l’apolide che abbia presentato una domanda di asilo in merito alla quale non è ancora stata presa una decisione definitiva. Il richiedente conserva dunque il suo status di richiedente asilo ai sensi di detta direttiva fintantoché non sia stata adottata una decisione definitiva.

54      In terzo luogo, risulta dagli articoli 17‑19 del regolamento n. 343/2003 che la semplice richiesta di uno Stato membro, cui sia stata presentata una domanda di asilo, volta ad ottenere la presa in carico di tale richiedente da parte di un altro Stato membro, non mette fine all’esame della domanda di asilo da parte dello Stato autore della richiesta. Infatti, anche nel caso in cui lo Stato membro richiesto accetti tale presa in carico, resta il fatto che, a norma del citato articolo 19, paragrafo 4, qualora il trasferimento non sia stato eseguito entro il termine di sei mesi, la competenza ad esaminare la domanda di asilo spetta allo Stato membro nel quale quest’ultima è stata presentata. Inoltre, come sottolineato al punto 45 della presente sentenza, in caso di risposta negativa dello Stato membro richiesto, la disciplina in questione prevede unicamente una procedura di conciliazione su base volontaria e, in tal caso, non è escluso che il richiedente asilo rimanga nel territorio dello Stato membro autore della richiesta di presa in carico.

55      Sulla base di quanto precede, occorre concludere che né la decisione dello Stato membro di indirizzare ad un altro Stato membro, da esso ritenuto competente ad esaminare la domanda di asilo, una richiesta di presa in carico del richiedente asilo, né l’accettazione di tale richiesta da parte dello Stato membro interpellato costituiscono una decisione definitiva ai sensi della direttiva 2003/9. Ne consegue che soltanto il trasferimento effettivo del richiedente asilo da parte dello Stato membro autore della richiesta pone fine all’esame della domanda di asilo da parte di tale Stato, nonché alla sua responsabilità in ordine alla concessione delle condizioni minime di accoglienza.

56      D’altro canto, l’economia generale e la finalità della direttiva 2003/9 nonché il rispetto dei diritti fondamentali – e segnatamente delle prescrizioni dell’articolo 1 della Carta, a norma del quale la dignità umana deve essere rispettata e tutelata – ostano, come evidenziato ai punti 42‑45 della presente sentenza, a che un richiedente asilo venga privato – anche solo per un periodo temporaneo dopo la presentazione di una domanda di asilo, e prima che egli venga effettivamente trasferito nello Stato membro competente – della protezione conferita dalle norme minime dettate dalla citata direttiva.

57      È soltanto nei casi elencati all’articolo 16 della direttiva 2003/9 che le condizioni di accoglienza stabilite da quest’ultima possono essere ridotte o revocate, in presenza di situazioni in cui il richiedente asilo non rispetti il regime di accoglienza stabilito dallo Stato membro interessato.

58      Risulta da quanto precede che l’obbligo per lo Stato membro, al quale sia stata presentata una domanda di asilo alla sua frontiera o nel suo territorio, di concedere le condizioni minime stabilite dalla direttiva 2003/9 ad un richiedente asilo per il quale detto Stato decida, in applicazione del regolamento n. 343/2003, di indirizzare una richiesta di presa in carico o di ripresa in carico ad un altro Stato membro in quanto Stato membro competente per l’esame della domanda di asilo di tale richiedente, cessa soltanto al momento del trasferimento effettivo di costui da parte dello Stato membro autore della suddetta richiesta.

59      Per quanto riguarda la questione di sapere su quale Stato membro gravi l’onere finanziario derivante dalla concessione di tali condizioni minime, occorre rilevare che l’onere finanziario correlato alle incombenze imposte dalla necessità, per uno Stato membro, di conformarsi al diritto dell’Unione spetta normalmente allo Stato membro sul quale grava l’obbligo di soddisfare dette incombenze, vale a dire, in una vicenda quale quella oggetto del procedimento principale, allo Stato membro che è tenuto a garantire le condizioni minime di accoglienza stabilite dalla direttiva 2003/9, conformemente a quanto si è detto al punto precedente, a meno che la normativa dell’Unione non disponga diversamente. In assenza di disposizioni in senso contrario in ordine a tale punto tanto nella direttiva 2003/9 quanto nel regolamento n. 343/2003, occorre constatare che l’onere finanziario derivante dalla concessione delle condizioni minime di cui sopra spetta allo Stato membro su cui grava l’obbligo suddetto.

60      Occorre inoltre rilevare che, nell’intento di rispondere alla necessità di un’equa suddivisione delle responsabilità tra gli Stati membri riguardo all’onere finanziario derivante dall’attuazione delle politiche comuni in materia di asilo e di immigrazione – necessità che potrebbe presentarsi in particolare in presenza di flussi migratori importanti –, il Fondo europeo per i rifugiati, istituito dalla decisione n. 573/2007 nell’ambito del programma generale «Solidarietà e gestione dei flussi migratori», prevede che possa essere proposta un’assistenza finanziaria agli Stati membri per quanto riguarda, in particolare, le condizioni di accoglienza e le procedure di asilo.

61      Di conseguenza, occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che l’obbligo per lo Stato membro, al quale sia stata presentata una domanda di asilo, di concedere le condizioni minime stabilite dalla direttiva 2003/9 ad un richiedente asilo per il quale detto Stato decida, in applicazione del regolamento n. 343/2003, di indirizzare una richiesta di presa in carico o di ripresa in carico ad un altro Stato membro in quanto Stato membro competente per l’esame della domanda di asilo di tale richiedente, cessa al momento del trasferimento effettivo di costui da parte dello Stato membro autore della suddetta richiesta, e l’onere finanziario derivante dalla concessione delle condizioni minime di cui sopra spetta a quest’ultimo Stato membro, sul quale grava l’obbligo suddetto.

 Sulle spese

62      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara:

1)      La direttiva 2003/9/CE del Consiglio, del 27 gennaio 2003, recante norme minime relative all’accoglienza dei richiedenti asilo negli Stati membri, deve essere interpretata nel senso che uno Stato membro al quale sia stata presentata una domanda di asilo è tenuto a concedere le condizioni minime di accoglienza dei richiedenti asilo stabilite da tale direttiva anche ad un richiedente asilo per il quale detto Stato decida – in applicazione del regolamento (CE) n. 343/2003 del Consiglio, del 18 febbraio 2003, che stabilisce i criteri e i meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda di asilo presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo – di indirizzare una richiesta di presa in carico o di ripresa in carico ad un altro Stato membro in quanto Stato membro competente per l’esame della domanda di asilo di tale richiedente.

2)      L’obbligo per lo Stato membro, al quale sia stata presentata una domanda di asilo, di concedere le condizioni minime stabilite dalla direttiva 2003/9 ad un richiedente asilo per il quale detto Stato decida, in applicazione del regolamento n. 343/2003, di indirizzare una richiesta di presa in carico o di ripresa in carico ad un altro Stato membro in quanto Stato membro competente per l’esame della domanda di asilo di tale richiedente, cessa al momento del trasferimento effettivo di costui da parte dello Stato membro autore della suddetta richiesta, e l’onere finanziario derivante dalla concessione delle condizioni minime di cui sopra spetta a quest’ultimo Stato membro, sul quale grava l’obbligo suddetto.

Firme


* Lingua processuale: il francese.