Language of document : ECLI:EU:C:2016:652

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

YVES BOT

presentate l’8 settembre 2016 (1)

Causa C‑398/15

Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Lecce

contro

Salvatore Manni

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Corte suprema di cassazione (Italia)]

«Rinvio pregiudiziale – Dati personali – Tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento di tali dati – Direttiva 95/46/CE – Articolo 6, paragrafo 1, lettera e), nonché articolo 7, lettere c), e) e f) – Dati soggetti a pubblicità mediante il registro delle imprese – Prima direttiva 68/151/CEE – Articolo 2, paragrafo 1, lettere d) e j), nonché articolo 3 – Diritto all’oblio – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Articoli 7 e 8»





1.        A seguito della sentenza del 13 maggio 2014, Google Spain e Google (C‑131/12, EU:C:2014:317), la Corte viene invitata a precisare i contorni del diritto delle persone fisiche ad ottenere la cancellazione o la trasformazione in forma anonima dei loro dati personali, questa volta nel contesto particolare della pubblicità legale delle informazioni relative alle società.

2.        Nell’ambito della presente causa, la Corte dovrà interpretare le disposizioni di due direttive alla luce della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), in modo da rendere conciliabili le loro disposizioni.

3.        Si tratta, da un lato, della prima direttiva 68/151/CEE del Consiglio del 9 marzo 1968, intesa a coordinare, per renderle equivalenti, le garanzie che sono richieste, negli Stati membri, alle società a mente dell’articolo 58, secondo comma, del Trattato per proteggere gli interessi dei soci e dei terzi (2), come modificata dalla direttiva 2003/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 luglio 2003 (3) (in prosieguo: la «direttiva 68/151»), e, dall’altro, della direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati (4).

4.        La presente domanda di pronuncia pregiudiziale è stata proposta nell’ambito di una controversia sorta fra la Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Lecce (in prosieguo: la «Camera di commercio di Lecce») e il sig. Salvatore Manni in merito al diniego di quest’ultima di cancellare taluni dati personali relativi al sig. Manni dal registro delle imprese (5).

5.        Nelle presenti conclusioni, proporrò alla Corte di rispondere alla Corte suprema di cassazione (Italia) che l’articolo 2, paragrafo 1, lettere d) e j), nonché l’articolo 3 della direttiva 68/151 e l’articolo 6, paragrafo 1, lettera e), nonché l’articolo 7, lettere c), e) e f), della direttiva 95/46, in combinato disposto con gli articoli 7 e 8 della Carta, devono essere interpretati nel senso che essi ostano a che i dati personali iscritti nel registro delle imprese possano, dopo un certo periodo di tempo e su richiesta della persona di cui trattasi, essere cancellati, resi anonimi o bloccati oppure resi accessibili unicamente ad una cerchia ristretta di terzi, ossia a coloro che comprovano un interesse legittimo all’accesso a tali dati.

I –    Contesto normativo

A –    Diritto dell’Unione

1.      La direttiva 68/151

6.        Ai sensi dell’articolo 1 della direttiva 68/151, le misure di coordinamento da essa previste si applicano alle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri relative ai seguenti tipi di società, ossia, per la Repubblica italiana, «[la] società per azioni, [la] società in accomandita per azioni, [e la] società a responsabilità limitata».

7.        Gli articoli 2 e 3 di tale direttiva, contenuti nella sezione 1 della medesima, intitolata «Pubblicità», enunciano quanto segue:

«Articolo 2

1.      Gli Stati membri adottano le misure necessarie perché l’obbligo della pubblicità per le società concerna almeno gli atti e le indicazioni seguenti:

a)      l’atto costitutivo e lo statuto, se quest’ultimo forma oggetto di atto separato;

(…)

d)      la nomina, la cessazione dalle funzioni nonché le generalità delle persone che, in quanto organo previsto per legge o membri di tale organo:

i)      hanno il potere di obbligare la società di fronte ai terzi e di rappresentarla in giudizio;

ii)      partecipano all’amministrazione, all’ispezione o al controllo della società.

(…)

h)      lo scioglimento della società;

(…)

j)      la nomina e le generalità dei liquidatori e i loro rispettivi poteri, a meno che tali poteri risultino espressamente ed esclusivamente dalla legge o dallo statuto;

k)      la chiusura della liquidazione e la cancellazione dal registro negli Stati membri in cui quest’ultima produce effetti giuridici.

Articolo 3

1.      In ciascuno Stato membro viene costituito un fascicolo, o presso un registro centrale, o presso il registro di commercio o registro delle imprese, per ogni società iscritta.

2.      Tutti gli atti e le indicazioni soggetti a pubblicità a norma dell’articolo 2 sono inseriti nel fascicolo o trascritti nel registro; dal fascicolo deve in ogni caso risultare l’oggetto delle trascrizioni fatte nel registro.

(…)

3.      Una copia integrale o parziale di ogni atto o indicazione di cui all’articolo 2 deve potersi ottenere su richiesta. Dal 1o gennaio 2007 al più tardi, le richieste possono essere presentate al registro, in forma cartacea o per via elettronica, a scelta del richiedente.

(…)».

8.        La direttiva 68/151 è stata abrogata e sostituita dalla direttiva 2009/101/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16 settembre 2009, intesa a coordinare, per renderle equivalenti, le garanzie che sono richieste, negli Stati membri, alle società a mente dell’articolo 48, secondo comma, del trattato per proteggere gli interessi dei soci e dei terzi (6).

9.        La direttiva 2009/101 è stata, a sua volta, modificata dalla direttiva 2012/17/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 giugno 2012 (7).

10.      Risulta dal considerando 9 della direttiva 2012/17, che essa mira a migliorare l’accesso transfrontaliero alle informazioni sulle imprese e sulle loro succursali create in altri Stati membri, assicurando l’interoperabilità dei registri.

11.      Secondo il considerando 25 di tale direttiva, ogni trattamento di dati personali da parte dei registri degli Stati membri, da parte della Commissione europea e, se del caso, da parte di terzi partecipanti alla gestione della piattaforma centrale europea instaurata da detta direttiva dovrebbe aver luogo nel rispetto della direttiva 95/46.

12.      A tal fine, la direttiva 2012/17 ha in particolare introdotto l’articolo 7 bis nella direttiva 2009/101, il quale precisa quanto segue:

«Il trattamento dei dati personali effettuato nel quadro della presente direttiva è disciplinato dalla direttiva 95/46[...]».

13.      Tuttavia, alla luce dell’epoca dei fatti di cui al procedimento principale, quest’ultimo continua ad essere disciplinato dalla direttiva 68/151.

2.      La direttiva 95/46

14.      La direttiva 95/46, la quale, ai sensi del suo articolo 1, ha per oggetto la tutela dei diritti e delle libertà fondamentali delle persone fisiche e particolarmente del diritto alla vita privata, con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché l’eliminazione degli ostacoli alla libera circolazione di tali dati, enuncia, ai considerando 2, da 8 a 10, 25, 28 e 29, quanto segue:

«(2)      considerando che i sistemi di trattamento dei dati sono al servizio dell’uomo; che essi, indipendentemente dalla nazionalità o dalla residenza delle persone fisiche, debbono rispettare le libertà e i diritti fondamentali delle stesse, in particolare la vita privata, e debbono contribuire al progresso economico e sociale, allo sviluppo degli scambi nonché al benessere degli individui;

(…)

(8)      considerando che, per eliminare gli ostacoli alla circolazione dei dati personali, il livello di tutela dei diritti e delle libertà delle persone relativamente al trattamento di tali dati deve essere equivalente in tutti gli Stati membri (…)

(9)      considerando che, data la protezione equivalente derivante dal ravvicinamento delle legislazioni nazionali, gli Stati membri non potranno più ostacolare la libera circolazione tra loro di dati personali per ragioni inerenti alla tutela dei diritti e delle libertà delle persone fisiche, segnatamente del diritto alla vita privata (…)

(10)      considerando che le legislazioni nazionali relative al trattamento dei dati personali hanno lo scopo di garantire il rispetto dei diritti e delle libertà fondamentali, in particolare del diritto alla vita privata, riconosciuto anche dall’articolo 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali[, firmata a Roma il 4 novembre 1950,] e dai principi generali del diritto comunitario; che pertanto il ravvicinamento di dette legislazioni non deve avere per effetto un indebolimento della tutela da esse assicurata ma deve anzi mirare a garantire un elevato grado di tutela nella Comunità;

(…)

(25)      considerando che i principi di tutela si esprimono, da un lato, nei vari obblighi a carico delle persone (…) responsabili del trattamento, obblighi relativi in particolare alla qualità dei dati, alla sicurezza tecnica, alla notificazione all’autorità di controllo, alle circostanze in cui il trattamento può essere effettuato e, dall’altro, nel diritto delle persone, i cui dati sono oggetto di trattamento, di esserne informate, di poter accedere ai dati, e chiederne la rettifica, o di opporsi al trattamento in talune circostanze;

(…)

(28)      considerando che qualsivoglia trattamento di dati personali deve essere eseguito lealmente e lecitamente nei confronti delle persone interessate; che esso deve in particolare avere per oggetto dati adeguati, pertinenti e non eccedenti rispetto alle finalità perseguite; che tali finalità devono essere esplicite e legittime e specificate al momento della raccolta dei dati; che le finalità dei trattamenti successivi alla raccolta non possono essere incompatibili con quelle originariamente specificate;

(29)      considerando che l’ulteriore trattamento di dati personali per scopi storici, statistici o scientifici non è generalmente considerato incompatibile con le finalità per le quali i dati erano stati preventivamente raccolti, purché gli Stati membri forniscano adeguate garanzie; che tali garanzie devono soprattutto impedire l’uso dei dati per l’adozione di misure o decisioni nei confronti di singole persone».

15.      L’articolo 2 della direttiva 95/46 dispone quanto segue:

«Ai fini della presente direttiva si intende per:

a)      “dati personali”: qualsiasi informazione concernente una persona fisica identificata o identificabile (“persona interessata”); si considera identificabile la persona che può essere identificata, direttamente o indirettamente, in particolare mediante riferimento ad un numero di identificazione o ad uno o più elementi specifici caratteristici della sua identità fisica, fisiologica, psichica, economica, culturale o sociale;

b)      “trattamento di dati personali” (“trattamento”): qualsiasi operazione o insieme di operazioni compiute con o senza l’ausilio di processi automatizzati e applicate a dati personali, come la raccolta, la registrazione, l’organizzazione, la conservazione, l’elaborazione o la modifica, l’estrazione, la consultazione, l’impiego, la comunicazione mediante trasmissione, diffusione o qualsiasi altra forma di messa a disposizione, il raffronto o l’interconnessione, nonché il congelamento, la cancellazione o la distruzione;

(…)

d)      “responsabile del trattamento”: la persona fisica o giuridica, l’autorità pubblica, il servizio o qualsiasi altro organismo che, da solo o insieme ad altri, determina le finalità e gli strumenti del trattamento di dati personali. Quando le finalità e i mezzi del trattamento sono determinati da disposizioni legislative o regolamentari nazionali o comunitarie, il responsabile del trattamento o i criteri specifici per la sua designazione possono essere fissati dal diritto nazionale o comunitario;

(…)».

16.      L’articolo 3 di tale direttiva, intitolato «Campo d’applicazione», al suo paragrafo 1 dispone quanto segue:

«Le disposizioni della presente direttiva si applicano al trattamento di dati personali interamente o parzialmente automatizzato nonché al trattamento non automatizzato di dati personali contenuti o destinati a figurare negli archivi».

17.      Al capo II, sezione I, della direttiva 95/46, intitolata «Principi relativi alla qualità dei dati», l’articolo 6 di tale direttiva così recita:

«1.      Gli Stati membri dispongono che i dati personali devono essere:

a)      trattati lealmente e lecitamente;

b)      rilevati per finalità determinate, esplicite e legittime, e successivamente trattati in modo non incompatibile con tali finalità. Il trattamento successivo dei dati per scopi storici, statistici o scientifici non è ritenuto incompatibile, purché gli Stati membri forniscano garanzie appropriate;

c)      adeguati, pertinenti e non eccedenti rispetto alle finalità per le quali vengono rilevati e/o per le quali vengono successivamente trattati;

d)      esatti e, se necessario, aggiornati; devono essere prese tutte le misure ragionevoli per cancellare o rettificare i dati inesatti o incompleti rispetto alle finalità per le quali sono rilevati o sono successivamente trattati, cancellati o rettificati;

e)      conservati in modo da consentire l’identificazione delle persone interessate per un arco di tempo non superiore a quello necessario al conseguimento delle finalità per le quali sono rilevati o sono successivamente trattati. Gli Stati membri prevedono garanzie adeguate per i dati personali conservati oltre il suddetto arco di tempo per motivi storici, statistici o scientifici.

2.      Il responsabile del trattamento è tenuto a garantire il rispetto delle disposizioni del paragrafo 1».

18.      Al capo II, sezione II, della direttiva 95/46, intitolata «Principi relativi alla legittimazione del trattamento dei dati», l’articolo 7 di tale direttiva così recita:

«Gli Stati membri dispongono che il trattamento di dati personali può essere effettuato soltanto quando:

(…)

c)      è necessario per adempiere un obbligo legale al quale è soggetto il responsabile del trattamento, oppure

(…)

e)      è necessario per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all’esercizio di pubblici poteri di cui è investito il responsabile del trattamento o il terzo a cui vengono comunicati i dati, oppure

f)      è necessario per il perseguimento dell’interesse legittimo del responsabile del trattamento oppure del o dei terzi cui vengono comunicati i dati, a condizione che non prevalgano l’interesse o i diritti e le libertà fondamentali della persona interessata, che richiedono tutela ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1».

19.      Inoltre, l’articolo 12 di detta direttiva, intitolato «Diritto di accesso», prevede quanto segue:

«Gli Stati membri garantiscono a qualsiasi persona interessata il diritto di ottenere dal responsabile del trattamento:

(…)

b)      a seconda dei casi, la rettifica, la cancellazione o il congelamento dei dati il cui trattamento non è conforme alle disposizioni della presente direttiva, in particolare a causa del carattere incompleto o inesatto dei dati;

(…)».

20.      Infine, l’articolo 14 della direttiva 95/46, intitolato «Diritto di opposizione della persona interessata», così recita:

«Gli Stati membri riconoscono alla persona interessata il diritto:

a)      almeno nei casi di cui all’articolo 7, lettere e) e f), di opporsi in qualsiasi momento, per motivi preminenti e legittimi, derivanti dalla sua situazione particolare, al trattamento di dati che la riguardano, salvo disposizione contraria prevista dalla normativa nazionale. In caso di opposizione giustificata il trattamento effettuato dal responsabile non può più riguardare tali dati;

(…)».

B –    La normativa italiana

21.      L’articolo 2188 del Codice civile stabilisce quanto segue:

«È istituito il registro delle imprese per le iscrizioni previste dalla legge.

Il registro è tenuto dall’ufficio del registro delle imprese sotto la vigilanza di un giudice delegato dal presidente del tribunale.

Il registro è pubblico».

22.      L’articolo 8, paragrafi 1 e 2, della legge del 29 dicembre 1993, n. 580 – Riordinamento delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura (8), prevede che la tenuta del registro delle imprese sia affidata alle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura.

23.      Il decreto del Presidente della Repubblica del 7 dicembre 1995, n. 581 – Regolamento di attuazione dell’articolo 8 della legge 29 dicembre 1993, n. 580, in materia di istituzione del registro delle imprese di cui all’articolo 2188 del codice civile (9), disciplina taluni dettagli relativi al registro delle imprese.

24.      La trasposizione nel diritto italiano della direttiva 95/46 è assicurata dal decreto legislativo del 30 giugno 2003, n. 196 – Codice in materia di protezione dei dati personali (10).

II – Procedimento principale e questioni pregiudiziali

25.      Il sig. Manni è l’amministratore unico della Italiana Costruzioni S.r.l., società edile che ha ricevuto l’appalto per la costruzione di un complesso turistico.

26.      Con ricorso del 12 dicembre 2007, il sig. Manni ha convenuto in giudizio la Camera di commercio di Lecce, affermando che le unita' immobiliari di tale complesso non trovavano acquirenti, in quanto risultava dal registro delle imprese che egli era stato l’amministratore unico e il liquidatore della Immobiliare e Finanziaria Salentina S.r.l. (in prosieguo: l’«Immobiliare Salentina»), il cui fallimento era stato dichiarato nel 1992 e che era stata cancellata dal registro delle imprese all’esito della liquidazione, in data 7 luglio 2005.

27.      Nell’ambito di tale ricorso, il sig. Manni ha fatto valere che tali dati personali, contenuti nel registro delle imprese, sono stati trattati da società di informazione professionale, quali la Cerved Business Information S.p.A., e che, nonostante una richiesta in tal senso in data 10 aprile 2006, la Camera di commercio di Lecce non aveva provveduto alla loro cancellazione.

28.      Il sig. Manni ha dunque chiesto, da un lato, la condanna della Camera di commercio di Lecce alla cancellazione, alla trasformazione in forma anonima o al blocco dei dati che lo ricollegano al fallimento della Immobiliare Salentina, e, dall’altro, la condanna della Camera di commercio di Lecce al risarcimento del danno all’immagine cagionatogli.

29.      Con sentenza del 1o agosto 2011, il Tribunale di Lecce (Italia) ha accolto tale domanda, ordinando alla Camera di commercio di Lecce la trasformazione in forma anonima dei dati che collegavano il sig. Manni al fallimento della Immobiliare Salentina e condannandola al risarcimento del danno subito da quest’ultimo, liquidato in EUR 2 000, oltre interessi e spese.

30.      Il Tribunale di Lecce ha ritenuto, infatti, che fosse «difficilmente sostenibile la necessita' e l’utilità dell’indicazione nominativa dell’amministratore unico della società al tempo del fallimento», per la circostanza che «si tratta di fatti avvenuti oltre un decennio prima e nonostante l’intervenuta cancellazione della società dal registro (…) da più di due anni». Secondo tale Tribunale, la «“memoria storica” dell’esistenza della società e delle vicissitudini che l’hanno interessata può essere ampiamente realizzata anche mediante dati anonimi». Infatti, «le iscrizioni che collegano il nominativo di una persona fisica ad una fase patologica della vita dell’impresa (come il fallimento) non possono essere perenni, in mancanza di uno specifico interesse generale alla loro conservazione e divulgazione». Giacché il codice civile non prevede un tempo massimo d’iscrizione, detto tribunale ha ritenuto che, «trascorso un lasso di tempo congruo» dalla definizione del fallimento e cancellata la società dal registro, cada la necessita' e l’utilità, ai sensi del decreto legislativo n. 196, dell’indicazione nominativa dell’ex amministratore unico al tempo del fallimento, potendo l’interesse pubblico essere soddisfatto dall’indicazione delle vicissitudini della società con dati anonimi quanto alla persona fisica che ne era il rappresentante legale.

31.      Investita dalla Camera di commercio di Lecce di un ricorso per cassazione avverso tale sentenza, la Corte suprema di cassazione ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se il principio di conservazione dei dati personali in modo da consentire l’identificazione delle persone interessate per un arco di tempo non superiore a quello necessario al conseguimento delle finalità per le quali sono rilevati o sono successivamente trattati, previsto dall’art[icolo] 6, [paragrafo 1,] lett[era] e), della direttiva 95/46[...], attuata dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, debba prevalere e, quindi, osti al sistema di pubblicità attuato con il registro delle imprese, previsto dalla (…) direttiva 68/151[...], nonché dal diritto nazionale agli art[icoli] 2188 c.c. e 8 della legge 29 dicembre 1993, n. 580, [Riordinamento delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura], laddove esso esige che chiunque, senza limiti di tempo, possa conoscere i dati relativi alle persone fisiche ivi risultanti.

2)      Se, quindi, l’art[icolo] 3 della (…) direttiva 68/151[...] consenta che, in deroga alla durata temporale illimitata e ai destinatari indeterminati dei dati pubblicati sul registro delle imprese, i dati stessi non siano più soggetti a “pubblicità”, in tale duplice significato, ma siano invece disponibili solo per un tempo limitato o nei confronti di destinatari determinati, in base ad una valutazione casistica affidata al gestore del dato».

III – Analisi

32.      Con le presenti questioni, che, a mio avviso, devono essere esaminate congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, alla Corte, se l’articolo 2, paragrafo 1, lettere d) e j), nonché l’articolo 3 della direttiva 68/151 e l’articolo 6, paragrafo 1, lettera e), nonché l’articolo 7, lettere c), e) e f), della direttiva 95/46, in combinato disposto con gli articoli 7 e 8 della Carta, debbano essere interpretati nel senso che essi impongono, o al contrario escludono, che i dati personali iscritti nel registro delle imprese possano, dopo un certo periodo di tempo e su richiesta della parte interessata, essere cancellati, resi anonimi o bloccati oppure resi accessibili unicamente ad una cerchia ristretta di terzi, ossia a coloro che comprovino un interesse legittimo all’accesso a tali dati.

33.      La Corte è invitata a rispondere a tali questioni nel contesto della domanda, formulata dal sig. Manni, intesa ad ottenere che i suoi dati personali contenuti nel registro delle imprese tenuto dalla Camera di commercio di Lecce, collegati ad una società da lui in precedenza amministrata e dichiarata fallita, vengano cancellati, resi anonimi o bloccati.

34.      Inoltre, dette questioni vertono sulla compatibilità con il diritto dell’Unione del trattamento di tali dati da parte della Camera di commercio di Lecce, e non sulla compatibilità con questo stesso diritto di un ulteriore trattamento di detti dati da parte di una società di informazione professionale.

35.      Le questioni poste dal giudice del rinvio mirano a conciliare due principi, ossia, da un lato, il principio di pubblicità dei registri delle imprese, sancito dalla direttiva 68/151, e, dall’altro, il principio di conservazione dei dati personali per un arco di tempo non superiore a quello necessario al conseguimento delle finalità per le quali tali dati sono trattati, sancito dalla direttiva 95/46.

36.      Al fine di conciliare questi due principi il giudice del rinvio prende in considerazione la possibilità di limitare il principio di pubblicità dei registri delle imprese consentendo l’accesso ai dati personali ivi iscritti solo per un periodo limitato e/o a vantaggio di una cerchia ristretta di persone.

37.      Occorre anzitutto precisare che il trattamento di dati personali di cui al procedimento principale rientra nell’ambito di applicazione della direttiva 95/46 (11).

38.      I dati che devono figurare nei registri delle imprese, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettere d) e j), della direttiva 68/151, sono dati personali ai sensi dell’articolo 2, lettera a), della direttiva 95/46, in quanto si tratta di «informazion[i] concernent[i] una persona fisica identificata o identificabile» (12). La circostanza che tali informazioni si inseriscano nel contesto di un’attività professionale non è idonea a privarle della loro qualificazione quale insieme di dati personali (13).

39.      Occorre poi rilevare che l’articolo 2, lettera b), della direttiva 95/46, definisce il «trattamento di dati personali» come «qualsiasi operazione o insieme di operazioni compiute con o senza l’ausilio di processi automatizzati e applicate a dati personali, come la raccolta, la registrazione, l’organizzazione, la conservazione, l’elaborazione o la modifica, l’estrazione, la consultazione, l’impiego, la comunicazione mediante trasmissione, diffusione o qualsiasi altra forma di messa a disposizione, il raffronto o l’interconnessione, nonché il congelamento, la cancellazione o la distruzione».

40.      È pacifico che la registrazione, la conservazione e la messa a disposizione di dati personali da parte dell’autorità incaricata della tenuta del registro delle imprese presentano il carattere di un «trattamento di dati personali», ai sensi dell’articolo 2, lettera b), della direttiva 95/46. Inoltre, tale autorità costituisce il «responsabile» di tale trattamento, ai sensi dell’articolo 2, lettera d), di tale direttiva.

41.      Le norme di tutela dei dati personali contenute nella direttiva 95/46 devono essere osservate con riferimento a qualsiasi trattamento di questi ultimi, come definito dal suo articolo 3 (14).

42.      La direttiva 68/151 non prevede alcun termine alla scadenza del quale dovrebbero essere cancellate, rese anonime o bloccate le informazioni contenute nei registri delle imprese. Tale direttiva non prevede neanche la limitazione dell’accesso alle dette informazioni, dopo un certo periodo di tempo, ad una cerchia ristretta di persone. Orbene, nell’attuare la suddetta direttiva, gli Stati membri sono tenuti a rispettare le norme del diritto dell’Unione in materia di protezione dei dati personali, ossia la direttiva 95/46, nonché gli articoli 7 e 8 della Carta.

43.      Per quanto attiene alle norme contenute nella direttiva 95/46, il trattamento di dati personali al quale procedono le autorità nazionali incaricate della tenuta dei registri delle imprese deve essere conforme ai principi relativi alla qualità dei dati, enunciati all’articolo 6 di tale direttiva, e soddisfare uno dei principi relativi alla legittimazione dei trattamenti di dati, elencati all’articolo 7 di detta direttiva.

44.      La Corte ha già statuito che le disposizioni della direttiva 95/46, disciplinando il trattamento di dati personali che possono arrecare pregiudizio alle libertà fondamentali e, segnatamente, al diritto al rispetto della vita privata, devono essere necessariamente interpretate alla luce dei diritti fondamentali garantiti dalla Carta (15).

45.      In tal senso, l’articolo 7 della Carta garantisce il diritto al rispetto della vita privata, mentre l’articolo 8 della medesima proclama espressamente il diritto alla protezione dei dati personali. L’articolo 8, paragrafi 2 e 3, della Carta, precisa che tali dati devono essere trattati secondo il principio di lealtà, per finalità determinate e in base al consenso della persona interessata o a un altro fondamento legittimo previsto dalla legge; che ogni persona ha il diritto di accedere ai dati raccolti che la riguardano e di ottenerne la rettifica, e che il rispetto di tali regole è soggetto al controllo di un’autorità indipendente. Tali prescrizioni ricevono attuazione in particolare mediante gli articoli 6, 7, 12, 14 e 28 della direttiva 95/46.

46.      Risulta dall’articolo 1, nonché dai considerando 2 e 10 della direttiva 95/46, che essa è intesa a garantire non solo una tutela efficace e completa delle libertà e dei diritti fondamentali delle persone fisiche, e segnatamente del diritto fondamentale al rispetto della vita privata con riguardo al trattamento dei dati personali, ma anche un livello elevato di protezione di tali libertà e diritti fondamentali. L’importanza tanto del diritto fondamentale al rispetto della vita privata, garantito dall’articolo 7 della Carta, quanto del diritto fondamentale alla tutela dei dati personali, garantito dall’articolo 8 della stessa, è inoltre sottolineata nella giurisprudenza della Corte (16).

47.      Ciò premesso, discende dalla giurisprudenza della Corte che il diritto alla protezione dei dati personali non appare come una prerogativa assoluta, ma va considerato alla luce della sua funzione sociale (17). Inoltre, l’articolo 52, paragrafo 1, della Carta, ammette che possano essere apportate limitazioni all’esercizio di diritti come quelli sanciti dagli articoli 7 e 8 della medesima, purché tali limitazioni siano previste dalla legge, rispettino il contenuto essenziale di detti diritti e libertà e, nel rispetto del principio di proporzionalità, siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale riconosciute dall’Unione europea o all’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui.

48.      I dubbi del giudice del rinvio si concentrano sull’interpretazione dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 95/46, che prevede che i dati personali devono essere «conservati in modo da consentire l’identificazione delle persone interessate per un arco di tempo non superiore a quello necessario al conseguimento delle finalità per le quali sono rilevati o sono successivamente trattati». Tale disposizione precisa parimenti che «[g]li Stati membri prevedono garanzie adeguate per i dati personali conservati oltre il suddetto arco di tempo per motivi storici, statistici o scientifici».

49.      Il principio relativo alla qualità dei dati enunciato all’articolo 6, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 95/46, significa che, fintantoché la finalità per la quale i dati personali sono stati rilevati e, se del caso, successivamente trattati lo richieda, la conservazione di tali dati in modo da consentire l’identificazione delle persone interessate resta lecita.

50.      Il problema sollevato dalla presente causa è se le autorità nazionali incaricate della tenuta dei registri delle imprese debbano decidere, dopo il decorso di un certo periodo di tempo a partire dalla cessazione delle attività di una società e su richiesta della persona interessata, vuoi di cancellare o rendere anonimi i suoi dati personali contenuti in un registro delle imprese vuoi di limitarne la pubblicità restringendo la cerchia dei loro destinatari.

51.      Ritengo che le norme del diritto dell’Unione relative alla protezione dei dati personali non impongano limitazioni del genere alla pubblicità legale offerta dai registri delle imprese.

52.      Rilevo, anzitutto, che il trattamento dei dati personali di cui al procedimento principale è conforme a diversi principi relativi alla legittimazione dei trattamenti di dati elencati all’articolo 7 della direttiva 95/46. In primo luogo, in conformità all’articolo 7, lettera c), di tale direttiva, tale trattamento è «necessario per adempiere un obbligo legale al quale è soggetto il responsabile del trattamento». In secondo luogo, in conformità all’articolo 7, lettera e), di detta direttiva, detto trattamento è «necessario per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all’esercizio di pubblici poteri di cui è investito il responsabile del trattamento». In terzo luogo, in conformità all’articolo 7, lettera f), della direttiva 95/46, un siffatto trattamento è «necessario per il perseguimento dell’interesse legittimo (…) del o dei terzi cui vengono comunicati i dati, a condizione che non prevalgano l’interesse o i diritti e le libertà fondamentali della persona interessata, che richiedono tutela ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1».

53.      L’obbligo legale al quale sono soggetti i responsabili del trattamento risulta dagli articoli 2 e 3 della direttiva 68/151, come trasposti nei diritti degli Stati membri, i quali impongono a questi ultimi di prevedere l’iscrizione nei registri delle imprese di dati personali relativi agli amministratori e ai liquidatori di società, nonché l’accesso dei terzi a tali dati.

54.      L’iscrizione e la pubblicazione in tali registri delle informazioni essenziali relative alle società mirano a creare una fonte di informazione attendibile e ad assicurare in tal modo la certezza del diritto necessaria alla tutela degli interessi dei terzi, e segnatamente degli interessi dei creditori, la lealtà delle transazioni commerciali e, pertanto, il buon funzionamento del mercato. I terzi devono dunque poter accedere ad informazioni ufficiali e attendibili sulle società, al fine di garantire un livello adeguato di trasparenza e di certezza del diritto sul mercato.

55.      Le esigenze di pubblicità riguardano le società individuate all’articolo 1 della direttiva 68/151. Tali società beneficiano di uno status giuridico particolare che offre loro i vantaggi connessi alla personalità giuridica. In compenso, risponde all’interesse pubblico che le informazioni relative alle persone fisiche coinvolte in siffatte società possano essere controllate ed assoggettate a pubblicità.

56.      Nella sentenza del 12 luglio 2012, Compass-Datenbank (C‑138/11, EU:C:2012:449), la Corte ha dichiarato che un’attività di raccolta di dati relativi ad imprese, basata su un obbligo legale di dichiarazione imposto a queste ultime e sui correlativi poteri coercitivi, rientra nell’esercizio di pubblici poteri. Di conseguenza, un’attività di tal genere non configura un’attività economica (18).

57.      Del pari, secondo la Corte, un’attività consistente nel conservare e nel rendere accessibili al pubblico i dati in tal modo raccolti, vuoi mediante semplice consultazione, vuoi mediante la fornitura di copie su supporto cartaceo, conformemente alla normativa nazionale applicabile, non costituisce neanch’essa un’attività economica, poiché la tenuta di una banca dati contenente tali dati e la sua messa a disposizione del pubblico sono attività inscindibili dall’attività di raccolta degli stessi dati. Invero, la raccolta di suddetti dati sarebbe ampiamente privata della sua utilità qualora non venisse tenuta una banca dati che li registra affinché possano essere consultati dal pubblico (19).

58.      Condivido il punto di vista espresso dall’avvocato generale Jääskinen nelle sue conclusioni nella causa Compass-Datenbank (C‑138/11, EU:C:2012:251), nelle quali egli ha affermato che «[è] indubbio che la memorizzazione in una banca dati, nella fattispecie il registro delle imprese, delle informazioni fornite dalle imprese in adempimento di un obbligo legale di notificazione si ricollega, per la sua natura, il suo oggetto e le norme alle quali è soggetta, all’esercizio di prerogative pubbliche» (20). Egli ha parimenti precisato che «[l]a memorizzazione di dati nel registro delle imprese, in ottemperanza ad un obbligo legale in tal senso, costituisce un’attività svolta nell’interesse generale della certezza del diritto» (21) e che «[l]o scopo esplicito dei registri pubblici, quale il registro delle imprese, consiste nel creare una fonte di informazioni attendibile nei rapporti giuridici e pertanto nel garantire la certezza del diritto necessaria ai fini degli scambi sul mercato» (22). Infine, l’opponibilità ai terzi delle informazioni iscritte nei registri delle imprese può essere conferita solo mediante specifiche disposizioni di legge, il che distingue tali informazioni da quelle che verrebbero raccolte da imprese a fini commerciali (23).

59.      A tal riguardo, come rilevato correttamente dal giudice del rinvio, occorre distinguere il trattamento di dati personali posto in essere dall’autorità incaricata della tenuta del registro delle imprese da quello effettuato da terzi a partire dalle informazioni comprese in tale registro. Infatti, solo il primo trattamento costituisce una manifestazione dell’esercizio dell’autorità pubblica diretta alla regolazione del mercato e non alla partecipazione ad esso.

60.      Come risulta dal suo primo considerando, la direttiva 68/151 mira a favorire lo sviluppo del mercato interno. Per conseguire detto obiettivo, tale direttiva prevede norme minime comuni sulla pubblicità delle società e sulle informazioni minime che i registri devono contenere, a vantaggio della certezza del diritto necessaria agli scambi e allo sviluppo stesso del mercato interno.

61.      Secondo il secondo considerando della direttiva 68/151, l’obiettivo di quest’ultima è garantire la tutela degli interessi dei terzi. In particolare, secondo il quarto considerando di tale direttiva, «la pubblicità deve consentire ai terzi di conoscere gli atti essenziali della società, certe indicazioni che la concernono, in particolare le generalità delle persone che hanno il potere di obbligarla». Discende parimenti dai considerando dal quarto al sesto della suddetta direttiva, che il fatto di comunicare ai terzi gli atti e le indicazioni essenziali relativi alla società, e in particolare i dati relativi alle persone che hanno il potere di obbligarla, è strettamente connesso alla necessità di limitare, per quanto possibile, le cause di invalidità delle obbligazioni assunte in nome della società. Pertanto, la pubblicità dei dati iscritti nel registro delle imprese è intesa a garantire la certezza del diritto nelle transazioni commerciali.

62.      Il legislatore dell’Unione ha in tal modo sottolineato l’importanza, per i terzi, di poter accedere ai dati relativi alle persone che hanno il potere di rappresentare la società o che partecipano all’amministrazione, alla sorveglianza o al controllo della medesima. Nella sentenza del 12 novembre 1974, Haaga (32/74, EU:C:1974:116), la Corte ha rilevato che lo scopo della direttiva 68/151 è quello di «fornire una garanzia giuridica per le relazioni tra la società ed i terzi, in previsione di un incremento degli scambi commerciali fra gli Stati membri in seguito all’istituzione del mercato comune» (24). In un’ottica del genere, è indispensabile, a suo avviso, che «chiunque intenda intrattenere rapporti d’affari con società aventi la propria sede in altri Stati membri possa conoscere agevolmente i dati essenziali relativi alla struttura delle imprese ed ai poteri dei loro rappresentanti» (25). Per questo motivo, nell’interesse delle transazioni giuridiche fra cittadini di Stati membri diversi, tutti i dati rilevanti «devono figurare, in maniera esplicita, nei registri o nelle pubblicazioni ufficiali» (26). Ciascuna autorità nazionale incaricata della tenuta del registro delle imprese diviene pertanto «depositaria di ciò che assomiglia allo stato civile delle persone giuridiche» (27).

63.      Inoltre, la Corte ha già avuto l’occasione di affermare che la tutela degli interessi dei terzi, e in particolare dei creditori, nonché la tutela della lealtà e della certezza del diritto nei rapporti commerciali, costituiscono motivi imperativi di interesse pubblico (28).

64.      Alla luce degli elementi che precedono, gli Stati membri, nell’attuare gli articoli 2 e 3 della direttiva 68/151, i quali prevedono la pubblicità legale delle informazioni iscritte nel registro delle imprese, perseguono dunque indubbiamente un obiettivo di interesse generale riconosciuto dall’Unione, come richiesto dall’articolo 52, paragrafo 1, della Carta.

65.      Resta da stabilire se una siffatta pubblicità legale, senza limiti di durata e destinata ad una cerchia indeterminata di persone, non ecceda quanto necessario al conseguimento di siffatto obiettivo di interesse generale.

66.      A tal riguardo, rilevo che discende dalla giurisprudenza della Corte che la protezione del diritto fondamentale al rispetto della vita privata a livello dell’Unione richiede che le deroghe e le restrizioni alla tutela dei dati personali operino entro i limiti dello stretto necessario (29).

67.      Ciò premesso, la Corte ha parimenti precisato che, al fine di garantire la protezione dei dati personali, le autorità nazionali di controllo devono assicurare un giusto equilibrio fra, da un lato, il rispetto del diritto fondamentale alla vita privata e, dall’altro, gli interessi che impongono una libera circolazione dei dati personali (30). Non si deve perdere di vista, a tal riguardo, il fatto che l’obiettivo perseguito dalla direttiva 95/46 consiste nel mantenere l’equilibrio tra la libera circolazione dei dati personali e la tutela della vita privata (31).

68.      Ritengo che, nel caso della pubblicità legale delle informazioni relative alle società, gli interessi che impongono una libera circolazione dei dati personali prevalgano sul diritto delle persone i cui dati figurano in un registro delle imprese a reclamarne, dopo un certo periodo di tempo, la cancellazione o la trasformazione in forma anonima oppure a chiedere che la loro pubblicazione sia limitata ai terzi che comprovano un interesse legittimo.

69.      Occorre, infatti, preservare la funzione essenziale del registro delle imprese, consistente nel tratteggiare un quadro completo della vita, e poi della storia di una società, e nel consentire a chiunque di venire a conoscenza delle informazioni che compongono tale quadro, ovunque si trovi e senza limiti di tempo.

70.      Garantire tale funzione essenziale del registro delle imprese non costituisce, a mio avviso, una violazione sproporzionata del diritto alla protezione dei dati personali, e ciò per i seguenti motivi.

71.      In primo luogo, la pubblicità legale richiesta dalla direttiva 68/151 verte su un numero limitato di informazioni che riguardano, come precisato dal considerando 4 di tale direttiva, «gli atti essenziali della società, certe indicazioni che la concernono, in particolare le generalità delle persone che hanno il potere di obbligarla». Segnatamente, i dati personali elencati all’articolo 2, paragrafo 1, lettere d) e j), della suddetta direttiva, rappresentano le informazioni minime per individuare le persone fisiche che si celano dietro la maschera della personalità giuridica indossata dalle società.

72.      In secondo luogo, occorre sottolineare che la pubblicità delle informazioni iscritte nel registro delle imprese resta necessaria per la tutela degli interessi dei terzi, anche allorché esse riguardano società che hanno cessato la loro attività da diversi anni ovvero da diversi decenni.

73.      A tal riguardo, mi sembra pacifico che tali informazioni, inclusi i dati personali, debbano essere soggette al principio di pubblicità del registro non solo fintantoché una società è operante sul mercato, bensì anche dopo la cessazione delle sue attività. La scomparsa di una società e la sua conseguente cancellazione dal registro non escludono, infatti, che i diritti e i rapporti giuridici ad essa relativi possano continuare ad esistere. È pertanto necessario che le persone che possono far valere siffatti diritti nei confronti di una società che abbia cessato le proprie attività, o che hanno allacciato siffatti rapporti giuridici con tale società, possano accedere alle informazioni relative a quest’ultima, inclusi i dati personali concernenti i dirigenti della medesima.

74.      Come rilevato dal governo tedesco, anche dati che non sono più attuali sono importanti per gli scambi economici. In tal senso, in caso di controversia, è spesso necessario sapere chi era legittimato a rappresentare una società in un determinato periodo (32). Nello stesso senso, ritengo, al pari dei governi ceco e polacco, che sia necessario conservare le informazioni nel registro anche dopo lo scioglimento di una società, dal momento che tali informazioni possono ancora rivelarsi rilevanti, ad esempio al fine di verificare la legalità di un atto effettuato diversi anni prima dal dirigente di una società oppure affinché terzi possano avviare un’azione nei confronti dei membri degli organi o dei liquidatori di una società.

75.      Inoltre, i terzi devono potersi fare in qualsiasi momento un’idea attendibile di una società, a prescindere dalla questione se essa sia ancora attiva sul mercato o meno, nonché dei suoi dirigenti, al fine di poter valutare i rischi di una relazione commerciale. L’obiettivo di tutela dei terzi, il quale implica la possibilità di ottenere un’immagine fedele della storia di una società, depone dunque a favore della conservazione e della pubblicità per un periodo di tempo indeterminato delle informazioni iscritte nel registro delle imprese.

76.      Una delle funzioni del registro delle imprese consiste proprio nell’informare in modo attendibile ed esaustivo i terzi in ordine a fatti passati. Ciascun registro è pertanto composto da dati attuali e da dati storici.

77.      Tale registro deve garantire un accesso completo, rapido e trasparente a tutte le informazioni relative alle società che operano o che hanno operato sul mercato, indipendentemente dal luogo in cui si trova la persona che chiede tale accesso. Chiunque deve poter venire a conoscenza del profilo integrale di ciascuna società, anche qualora essa abbia cessato le proprie attività da diversi anni. Rimuovere dal registro talune informazioni in relazione a quest’ultima categoria di società, con la conseguenza che il ritratto della società risulterebbe in tal caso incompleto, arrecherebbe dunque pregiudizio alla tutela degli interessi dei terzi.

78.      Inoltre, diversamente da ciò che avviene nel caso della funzione statistica, la funzione storica del registro delle imprese e l’obiettivo di tutela dei terzi rendono necessarie la raccolta e la conservazione di dati nominativi. In altri termini, l’obiettivo inteso a realizzare un ritratto completo delle società è incompatibile con il trattamento di informazioni anonime (33). Un’informazione adeguata dei terzi esige, infatti, ad esempio, che essi possano fare il collegamento fra una società dichiarata fallita e i dirigenti che ne sono stati alla guida. Non condivido pertanto la posizione adottata dal Tribunale di Lecce, il quale aveva ritenuto che la memoria storica dell’esistenza di una società e delle vicissitudini che questa aveva attraversato potesse essere ampiamente realizzata anche mediante dati anonimi.

79.      In concreto, nell’ambito della presente causa, l’interesse del sig. Manni a che non venga più portata a conoscenza del pubblico la sua passata attività di amministratore di una società che ha dovuto cessare le proprie attività a seguito di un fallimento, osta all’interesse dei terzi a potersi informare, anche a posteriori, per sapere chi fosse legittimato ad agire in nome di tale società ai tempi in cui quest’ultima era ancora in attività. In tal senso, può rivelarsi utile, per il futuro acquirente di un bene immobile, sapere da quanti anni la società incaricata della costruzione di tale bene sia presente sul mercato, se la persona che dirige tale società sia già stata alla guida di altre società nel passato e quale sia stata la storia di tali società. In particolare, la circostanza che una delle società sia stata dichiarata fallita può costituire, dal punto di vista dell’acquirente, un elemento determinante all’atto di acquisto.

80.      Peraltro, alla luce della diversità dei termini di prescrizione delle azioni civili e commerciali in vigore all’interno degli Stati membri, della diversità degli interessi che i terzi possono avere alla consultazione dei registri delle imprese e del fatto che i rapporti giuridici possono coinvolgere soggetti in diversi Stati membri, mi sembra difficile, se non impossibile, per le autorità incaricate della tenuta di tali registri, decidere con certezza che, ad una determinata data, gli interessi dei terzi sono venuti meno. L’accoglimento, in un caso concreto, di una domanda di cancellazione o di trasformazione in forma anonima dei dati personali contenuti nel registro delle imprese potrebbe dunque arrecare pregiudizio ad altre domande di comunicazione di informazioni che permangono necessarie al fine di tutelare gli interessi dei terzi.

81.      Nello stesso ordine di idee, al fine di illustrare il fatto che gli interessi dei terzi continuano a sussistere anche dopo la cancellazione di una società dal registro delle imprese, il governo italiano ha menzionato l’esistenza di termini di prescrizione molto lunghi in materia di responsabilità degli organi delle società di capitali, che peraltro possono essere interrotti nell’ambito di azioni giudiziarie, nonché l’assenza, in Italia, di un termine di prescrizione per le azioni di nullità.

82.      Infine, rilevo che la Corte ha già riconosciuto che l’ambito di applicazione della direttiva 95/46 è molto ampio e che i dati personali ricompresi da tale direttiva sono vari. La durata della conservazione di questi ultimi, definita ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, lettera e), di detta direttiva, in funzione delle finalità per le quali essi sono rilevati o sono successivamente trattati, può quindi essere diversa. In taluni casi, essa potrà essere molto lunga (34).

83.      In terzo luogo, nella ponderazione che deve essere effettuata fra l’obiettivo di protezione dei terzi e il diritto alla protezione dei dati personali iscritti nel registro delle imprese, occorre tenere conto del fatto che i dati che consentono di identificare le persone fisiche compaiono in tale registro in quanto esse hanno deciso di esercitare la loro attività tramite una società dotata di personalità giuridica. Orbene, la Corte ha già rilevato che «la gravità della lesione del diritto alla protezione dei dati personali si presenta in maniera differente per le persone giuridiche e per le persone fisiche. Si deve rilevare, a tale riguardo, che le persone giuridiche sono già soggette a un obbligo più gravoso di pubblicazione dei dati che le riguardano» (35).

84.      Condivido l’opinione del governo tedesco secondo il quale chiunque desideri partecipare agli scambi economici tramite una società commerciale deve essere pronto a rendere pubbliche determinate informazioni. Si tratta della contropartita dell’esercizio di un’attività sotto forma di una società che gode di personalità giuridica. L’imprenditore, allorché si lancia sul mercato creando una società commerciale, è consapevole del fatto che i suoi dati saranno iscritti nel registro delle imprese, il quale riveste natura pubblica, e che essi saranno disponibili indipendentemente dagli eventi che contrassegneranno la vita della sua società.

85.      L’articolo 2, paragrafo 1, lettere d) e j), della direttiva 68/151 prevede l’iscrizione nel registro delle imprese delle indicazioni relative alle persone che, per un periodo determinato, svolgono funzioni in seno ad uno degli organi della società o rivestono il ruolo di liquidatore di tale società. Anche se la pubblicazione di tale genere di indicazioni può costituire un disagio per una persona fisica, a causa delle difficoltà eventualmente incontrate dalla società nella quale essa era impegnata, tale disagio costituisce un aspetto normale della partecipazione alla vita economica.

86.      Aggiungo, al pari del governo italiano, che la circostanza che una società sia stata assoggettata a procedura concorsuale non rappresenta di per sé un dato lesivo della reputazione o dell’onorabilità dell’amministratore che l’ha rappresentata. Infatti, il fallimento di una società può essere stato determinato da circostanze esterne, non direttamente riferibili ad una cattiva gestione di tale società, ad esempio a causa di una crisi economica o di un calo della domanda nel settore di cui trattasi.

87.      In quarto luogo, non penso che la soluzione proposta dalla Commissione, la quale consiste nel limitare, dopo un certo periodo di tempo dalla cessazione delle sue attività da parte di una società commerciale, la comunicazione delle informazioni iscritte nel registro delle imprese ad una cerchia ristretta di terzi che comprovano un interesse legittimo a conoscere tali informazioni, il quale prevale sui diritti fondamentali della persona interessata tutelati dagli articoli 7 e 8 della Carta, sia idonea, nella fase di sviluppo attuale del diritto dell’Unione, a garantire un giusto equilibrio fra l’obiettivo di tutela dei terzi e il diritto alla protezione dei dati personali iscritti nel registro delle imprese.

88.      Rilevo, a tal riguardo, che l’obiettivo di tutela degli interessi dei terzi perseguito dalla direttiva 68/151 è formulato in modo sufficientemente ampio da coprire non solo i creditori della società i cui dati sono controversi, bensì anche, in modo più globale, tutte le persone che desiderano ottenere informazioni concernenti tale società.

89.      La Corte ha già definito la categoria dei «terzi» i cui interessi la direttiva 68/151 mira a proteggere.

90.      Nella sentenza del 4 dicembre 1997, Daihatsu Deutschland (C‑97/96, EU:C:1997:581), la Corte ha accolto un’interpretazione ampia della nozione di terzi. Essa ha rilevato che il testo stesso dell’articolo 54, paragrafo 3, lettera g), del Trattato CE, il quale funge da base giuridica della direttiva 68/151, «menziona l’obiettivo di tutela dei terzi in generale senza distinguere o escludere categorie fra questi ultimi» (36). Secondo la Corte, «[d]i conseguenza la nozione di terzi prevista [da tale disposizione] non può essere limitata ai soli creditori della società» (37). La Corte ha parimenti considerato che «[l]e disposizioni dell’art[icolo] 3 della direttiva, che prevedono la tenuta di un registro pubblico nel quale devono essere registrati tutti gli atti e le indicazioni soggetti all’obbligo della pubblicità nonché la possibilità per chiunque di ottenere copia dei conti annuali per corrispondenza, confermano l’intento di consentire a qualsiasi interessato di ottenere informazioni» (38).

91.      Nell’ordinanza del 23 settembre 2004, Springer (C‑435/02 e C‑103/03, EU:C:2004:552), la Corte ha risposto in maniera ancora più chiara alla questione se il novero dei terzi da tutelare a norma dell’articolo 54, paragrafo 3, lettera g), del Trattato dovesse essere definito in modo da includere chiunque, a prescindere dal suo status. Fondandosi sul ragionamento adottato nella sentenza del 4 dicembre 1997, Daihatsu Deutschland (C‑97/96, EU:C:1997:581), la Corte ha precisato che «gli obblighi in materia di pubblicità prescritti dall’art[icolo] 3 della prima direttiva società (…) implicano che chiunque abbia la possibilità di consultare i conti annuali e la relazione sulla gestione delle società costituite nelle forme considerate dalla [direttiva 90/605/CEE (39)] senza dover dimostrare alcun diritto o interesse meritevole di tutela» (40). La Corte ha parimenti confermato che la nozione di «terzi», ai sensi dell’articolo 54, paragrafo 3, lettera g), del Trattato, «si riferisce a qualunque terzo» e che «tale nozione va interpretata estensivamente» (41).

92.      Inoltre, la soluzione proposta dalla Commissione presenta il notevole inconveniente di lasciare alla libera valutazione delle autorità incaricate della tenuta dei registri delle imprese non solo la determinazione del momento in cui la pubblicità assoluta delle informazioni contenute in tali registri si trasforma in pubblicità selettiva, vale a dire destinata ad una cerchia ristretta di persone comprovanti un interesse legittimo ad ottenere tali informazioni, ma anche la decisione in ordine all’esistenza o meno di un siffatto interesse legittimo. Una soluzione del genere presenta pertanto un rischio maggiore di divergenze di valutazione fra le autorità incaricate della tenuta dei registri delle imprese.

93.      Di conseguenza, consentire alle autorità incaricate della tenuta dei registri delle imprese di assoggettare la comunicazione di dati personali contenuti in tali registri all’esistenza di un interesse legittimo condurrebbe inevitabilmente a far venir meno la parità di accesso a tali dati fra gli operatori economici all’interno dell’Unione.

94.      È vero che la direttiva 68/151 prevede misure di coordinamento che non sono destinate a disciplinare tutti gli aspetti relativi ai registri delle imprese degli Stati membri. Così, ad esempio, la fissazione dei criteri di ricerca che consentono di accedere alle informazioni contenute in tali registri rientra nel potere discrezionale degli Stati membri (42). Ciò premesso, risulta chiaramente dall’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 68/151, che essa mira a fissare la base minima delle informazioni relative alle società che devono essere oggetto di una pubblicità obbligatoria. Sarebbe vano prevedere una siffatta base uniforme per tutti gli Stati membri, se ciascuno di essi potesse modulare nel tempo e in funzione dell’esistenza o meno di un interesse legittimo l’accesso alle informazioni contenute nel loro registro delle imprese. Ciò sarebbe parimenti contrario allo scopo del coordinamento delle legislazioni nazionali che consiste, per quanto riguarda le direttive fondate sull’articolo 54 del Trattato, nell’eliminare gli ostacoli alla libertà di stabilimento che risultano dalla eterogeneità delle normative dei diversi Stati membri, instaurando nell’Unione, per quanto riguarda in particolare lo scopo previsto dall’articolo 54, paragrafo 3, lettera g), del Trattato, condizioni giuridiche minime equivalenti per quanto riguarda la portata delle informazioni relative alle società che devono essere rese pubbliche (43).

95.      Inoltre, occorre ricordare che, come risulta in particolare dal suo considerando 8, la direttiva 95/46 mira a rendere equivalente in tutti gli Stati membri il livello di tutela dei diritti e delle libertà delle persone riguardo al trattamento dei dati personali.

96.      Ancora, condivido il parere del governo tedesco secondo il quale far dipendere l’accesso al registro delle imprese dalla dimostrazione di un interesse legittimo, anche dopo un certo periodo di tempo, come proposto dalla Commissione, comprometterebbe il carattere operativo di tale registro. Infatti, la verifica dell’esistenza di un siffatto interesse legittimo del richiedente comporterebbe un onere amministrativo smisurato, in termini di tempi e costi, che metterebbe in discussione, in definitiva, la capacità del registro ad assolvere le sue funzioni.

97.      Inoltre, se tutte le persone che prendono parte, a vario titolo, a rapporti commerciali, fossero soggette al rischio di non poter dimostrare il loro interesse ad ottenere informazioni contenute nel registro delle imprese, ciò avrebbe come effetto di diminuire la loro fiducia in tale strumento.

98.      In definitiva, ritengo che i registri pubblici come il registro delle imprese possano conseguire il loro scopo essenziale, vale a dire il rafforzamento della certezza del diritto mediante la messa a disposizione trasparente di informazioni giuridicamente attendibili, solo se l’accesso ai medesimi è aperto a tutti e per un periodo di tempo indeterminato.

99.      La Corte ha riconosciuto che il giusto equilibrio tra i diritti fondamentali tutelati dal diritto dell’Unione e gli obiettivi di interesse generale riconosciuti dall’Unione può dipendere dalla natura dell’informazione di cui trattasi e dal suo carattere sensibile per la vita privata della persona interessata, nonché dall’interesse del pubblico a disporre di tale informazione, il quale può variare, in particolare, a seconda del ruolo che tale persona riveste nella vita pubblica (44).

100. La scelta fatta da talune persone fisiche di impegnarsi nella vita economica tramite una società commerciale implica un’esigenza permanente di trasparenza. Per questo principale motivo, modulato nei suoi diversi aspetti nelle considerazioni che precedono, ritengo che l’ingerenza nel diritto alla protezione dei dati personali contenuti nei registri delle imprese, consistente nell’assicurare una pubblicità a tali dati per un periodo di tempo indeterminato e a destinazione di chiunque chieda la comunicazione di detti dati, sia giustificata dall’interesse preponderante dei terzi ad accedere alle informazioni di cui trattasi (45).

101. Infine, osservo che l’analisi che precede è in linea con l’articolo 17, paragrafo 3, lettere b) e d), del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati e che abroga la direttiva 95/46/CE (regolamento generale sulla protezione dei dati) (46). Infatti, tale disposizione prevede che il diritto alla cancellazione di dati personali o «diritto all’oblio» non si applica qualora il trattamento sia necessario «per l’adempimento di un obbligo legale che richieda il trattamento previsto dal diritto dell’Unione o dello Stato membro cui è soggetto il titolare del trattamento o per l’esecuzione di un compito svolto nel pubblico interesse oppure nell’esercizio di pubblici poteri di cui è investito il titolare del trattamento» o «a fini di archiviazione nel pubblico interesse».

IV – Conclusione

102. Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di rispondere nei seguenti termini alla Corte suprema di cassazione (Italia):

L’articolo 2, paragrafo 1, lettere d) e j), nonché l’articolo 3 della prima direttiva 68/151/CEE del Consiglio del 9 marzo 1968, intesa a coordinare, per renderle equivalenti, le garanzie che sono richieste, negli Stati membri, alle società a mente dell’articolo 58, secondo comma, del Trattato per proteggere gli interessi dei soci e dei terzi, come modificata dalla direttiva 2003/58/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 15 luglio 2003, e l’articolo 6, paragrafo 1, lettera e), nonché l’articolo 7, lettere c), e) e f), della direttiva 95/46/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 24 ottobre 1995, relativa alla tutela delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali, nonché alla libera circolazione di tali dati, in combinato disposto con gli articoli 7 e 8 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, devono essere interpretati nel senso che essi ostano a che i dati personali iscritti nel registro delle imprese possano, dopo un certo periodo di tempo e su richiesta della persona interessata, essere cancellati, resi anonimi o bloccati, oppure resi accessibili unicamente ad una cerchia di terzi, ossia a coloro che comprovano un interesse legittimo all’accesso a siffatti dati.


1      Lingua originale: il francese.


2–      GU 1968, L 65, pag. 8.


3–      GU 2003, L 221, pag. 13.


4–      GU 1995, L 281, pag. 31.


5–      Nelle presenti conclusioni, designerò con «registro delle imprese» ogni registro centrale, di commercio o delle imprese, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 68/151.


6–      GU 2009, L 258, pag. 11.


7–      GU 2012, L 156, pag. 1.


8–      Supplemento ordinario alla GURI dell’11 gennaio 1994, n. 7.


9–      GURI del 3 febbraio 1996, n. 28.


10–      Supplemento ordinario alla GURI del 29 luglio 2003, n. 174; in prosieguo: il «decreto legislativo n. 196».


11–      Ciò è stato confermato dal legislatore dell’Unione allorché la direttiva 2012/17 ha introdotto l’articolo 7 bis nella direttiva 2009/101.


12–      V., segnatamente, sentenze del 16 dicembre 2008, Satakunnan Markkinapörssi e Satamedia (C‑73/07, EU:C:2008:727, punto 35, nonché la giurisprudenza ivi citata), e del 30 maggio 2013, Worten (C‑342/12, EU:C:2013:355, punto 19, nonché la giurisprudenza ivi citata).


13–      V., segnatamente, sentenza del 16 luglio 2015, ClientEarth e PAN Europe/EFSA (C‑615/13 P, EU:C:2015:489, punto 30, nonché la giurisprudenza ivi citata). Nella sentenza del 9 novembre 2010, Volker und Markus Schecke e Eifert (C‑92/09 e C‑93/09, EU:C:2010:662), la Corte ha dichiarato che «è irrilevante la circostanza che i dati pubblicati attengano ad attività professionali». Essa si è basata sulla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo relativa all’interpretazione dell’articolo 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, precisando che «l’espressione “vita privata” non deve essere interpretata in modo restrittivo e che “nessun motivo di principio consente di escludere le attività professionali (…) dalla nozione di ‘vita privatà”» (punto 59 e la giurisprudenza ivi citata).


14–      V. sentenza del 20 maggio 2003, Österreichischer Rundfunk e a. (C‑465/00, C‑138/01 e C‑139/01, EU:C:2003:294, punto 40).


15–      V., segnatamente, sentenza del 6 ottobre 2015, Schrems (C‑362/14, EU:C:2015:650, punto 38 e la giurisprudenza ivi citata).


16–      V., segnatamente, sentenza del 6 ottobre 2015, Schrems (C‑362/14, EU:C:2015:650, punto 39 e la giurisprudenza ivi citata).


17–      V., segnatamente, sentenza del 9 novembre 2010, Volker und Markus Schecke e Eifert (C‑92/09 e C‑93/09, EU:C:2010:662, punto 48, nonché la giurisprudenza ivi citata).


18–      Sentenza del 12 luglio 2012, Compass-Datenbank (C‑138/11, EU:C:2012:449, punto 40).


19–      Sentenza del 12 luglio 2012, Compass-Datenbank (C‑138/11, EU:C:2012:449, punto 41).


20–      Conclusioni dell’avvocato generale Jääskinen nella causa Compass-Datenbank (C‑138/11, EU:C:2012:251, paragrafo 47).


21–      Conclusioni dell’avvocato generale Jääskinen nella causa Compass-Datenbank (C‑138/11, EU:C:2012:251, paragrafo 48).


22–      Conclusioni dell’avvocato generale Jääskinen nella causa Compass-Datenbank (C‑138/11, EU:C:2012:251, paragrafo 50).


23–      Conclusioni dell’avvocato generale Jääskinen nella causa Compass-Datenbank (C‑138/11, EU:C:2012:251, paragrafo 50).


24–      Sentenza del 12 novembre 1974, Haaga (32/74, EU:C:1974:116, punto 6).


25–      Sentenza del 12 novembre 1974, Haaga (32/74, EU:C:1974:116, punto 6).


26–      Sentenza del 12 novembre 1974, Haaga (32/74, EU:C:1974:116, punto 6).


27–      Secondo l’espressione utilizzata da Le Cannu, P., e Dondero, B., Droit des sociétés, 4° ed., Montchrestien, 2011, pag. 220, § 360.


28–      V., in tal senso, sentenza del 30 settembre 2003, Inspire Art (C‑167/01, EU:C:2003:512, punto 132).


29–      V., segnatamente, sentenza del 6 ottobre 2015, Schrems (C‑362/14, EU:C:2015:650, punto 92 e la giurisprudenza ivi citata).


30–      V., segnatamente, sentenza del 6 ottobre 2015, Schrems (C‑362/14, EU:C:2015:650, punto 42 e la giurisprudenza ivi citata).


31–      V., segnatamente, sentenza del 24 novembre 2011, Asociación Nacional de Establecimientos Financieros de Crédito (C‑468/10 e C‑469/10, EU:C:2011:777, punto 34, nonché la giurisprudenza ivi citata).


32–      Il governo tedesco fornisce l’esempio seguente: ossia che una persona che abbia acquistato, nel 1991, un bene patrimoniale presso la società dichiarata insolvente nel 1992, il cui amministratore era il sig. Manni, potrebbe, ancora oggi, essere tenuta a dimostrare la legittimazione del sig. Manni a rappresentare tale società qualora il suo titolo di proprietà sul bene in questione fosse oggetto di contestazione.


33–      V., per quanto attiene all’elaborazione di statistiche, sentenza del 16 dicembre 2008, Huber (C‑524/06, EU:C:2008:724, punto 65).


34–      V. sentenza del 7 maggio 2009, Rijkeboer (C‑553/07, EU:C:2009:293, punto 59 e la giurisprudenza ivi citata).


35–      V. sentenza del 9 novembre 2010, Volker und Markus Schecke e Eifert (C‑92/09 e C‑93/09, EU:C:2010:662, punto 87).


36–      Sentenza del 4 dicembre 1997, Daihatsu Deutschland (C‑97/96, EU:C:1997:581, punto 19).


37–      Sentenza del 4 dicembre 1997, Daihatsu Deutschland (C‑97/96, EU:C:1997:581, punto 20).


38–      Sentenza del 4 dicembre 1997, Daihatsu Deutschland (C‑97/96, EU:C:1997:581, punto 22).


39–      Direttiva del Consiglio dell’8 novembre 1990, che modifica le direttive 78/660/CEE e 83/349/CEE relative rispettivamente ai conti annuali e ai conti consolidati per quanto riguarda il loro campo d’applicazione (GU 1990, L 317, pag. 60).


40–      Ordinanza del 23 settembre 2004, Springer (C‑435/02 e C‑103/03, EU:C:2004:552, punto 33) (il corsivo è mio).


41–      Ordinanza del 23 settembre 2004, Springer (C‑435/02 e C‑103/03, EU:C:2004:552, punto 34).


42–      Secondo una logica simile, la direttiva 2012/17 prevede, al suo considerando 11, che, «[d]al momento che [essa] non è intesa ad armonizzare i sistemi nazionali dei registri centrali, commerciali e delle imprese, gli Stati membri non sono tenuti a modificare il proprio sistema interno dei registri, in particolare con riferimento alla gestione, alla memorizzazione dei dati, ai tributi e all’utilizzo e alla divulgazione delle informazioni a fini nazionali».


43–      V., in tal senso, sentenze del 4 dicembre 1997, Daihatsu Deutschland (C‑97/96, EU:C:1997:581, punto 22), e del 21 giugno 2006, Danzer/Consiglio (T‑47/02, EU:T:2006:167, punto 49).


44 – V. sentenza del 13 maggio 2014, Google Spain e Google (C‑131/12, EU:C:2014:317, punto 81).


45–      Mi riferisco, a tal riguardo, ai punti 81 e 97 della sentenza del 13 maggio 2014, Google Spain e Google (C‑131/12, EU:C:2014:317).


46–      GU 2016, L 119, pag. 1.