Language of document : ECLI:EU:C:2017:285

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MELCHIOR WATHELET

presentate il 6 aprile 2017 (1)

Causa C175/16

Hannele Hälvä,

Sari Naukkarinen,

Pirjo Paajanen,

Satu Piik

contro

SOSLapsikylä ry

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Korkein oikeus (Corte suprema, Finlandia)]

«Rinvio pregiudiziale – Direttiva 2003/88/CE – Articolo 17 – Situazione puramente interna – Tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori – Organizzazione dell’orario di lavoro – Lavoratori impiegati in qualità di “genitori sostituti” di villaggi dei bambini, nei periodi di assenza dei “genitori titolari”, da un’associazione per la tutela dell’infanzia che organizza l’accudimento e il mantenimento di bambini presi in carico dai Comuni in un ambiente familiare all’interno di villaggi dei bambini»






I.      Introduzione

1.        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 17, paragrafo 1, della direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro (2).

2.        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra le sig.re Hälvä, Naukkarinen, Paajanen e Pik e il loro datore di lavoro, la SOS‑Lapsikylä ry, riguardo al rifiuto di corrispondere alle ricorrenti nel procedimento principale indennità per ore di lavoro straordinario nonché indennità per il lavoro serale, notturno, svolto di sabato e di domenica, durante gli anni 2006-2009.

II.    Contesto normativo

A.      Diritto dell’Unione

3.        L’articolo 17 della direttiva 2003/88 stabilisce quanto segue:

«1.      Nel rispetto dei principi generali della protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori, gli Stati membri possono derogare agli articoli 3, 4, 5, 6, 8 e 16 quando la durata dell’orario di lavoro, a causa delle caratteristiche dell’attività esercitata, non è misurata e/o predeterminata o può essere determinata dai lavoratori stessi e, in particolare, quando si tratta:

a)      di dirigenti o di altre persone aventi potere di decisione autonomo;

b)      di manodopera familiare; o

c)      di lavoratori nel settore liturgico delle chiese e delle comunità religiose.

2.      Le deroghe di cui ai paragrafi 3, 4 e 5 possono essere adottate con legge, regolamento o con provvedimento amministrativo, ovvero mediante contratti collettivi o accordi conclusi fra le parti sociali, a condizione che vengano concessi ai lavoratori interessati equivalenti periodi di riposo compensativo oppure, in casi eccezionali in cui la concessione di tali periodi equivalenti di riposo compensativo non sia possibile per ragioni oggettive, a condizione che venga loro concessa una protezione appropriata.

3.      In conformità al paragrafo 2 del presente articolo le deroghe agli articoli 3, 4, 5, 8 e 16 possono essere concesse:

(…)

b)      per le attività di guardia, sorveglianza e permanenza caratterizzate dalla necessità di assicurare la protezione dei beni e delle persone, in particolare, quando si tratta di guardiani o portinai o di imprese di sorveglianza;

c)      per le attività caratterizzate dalla necessità di assicurare la continuità del servizio o della produzione (…).

(…)».

B.      Diritto nazionale

4.        La direttiva 2003/88 è stata recepita nel diritto finlandese dalla legge n. 605/1996 sull’orario di lavoro (työaikalaki).

5.        L’articolo 2, paragrafo 1, di tale legge così recita:

«La presente legge non si applica, salvo quanto previsto dall’articolo 15, paragrafo 3,

(…)

3)      alle prestazioni di lavoro effettuate dal lavoratore a domicilio oppure in condizioni tali da non poter ritenere che spetti al datore di lavoro il controllo dell’organizzazione dell’orario di lavoro (…)».

III. Fatti e procedimento nella causa principale

A.      Fatti del procedimento principale

6.        La SOS‑Lapsikylä è un’istituzione per la tutela dell’infanzia. Essa organizza l’accudimento e il mantenimento di bambini in un ambiente il più simile possibile a un contesto familiare. Tale presa in carico è realizzata all’interno di sette «villaggi dei bambini», composti da varie case di bambini e ubicati in più regioni della Finlandia (3).

7.        Il personale dei villaggi dei bambini è costituito da un direttore, da «genitori titolari», da «genitori sostituti» e da altri professionisti. Il direttore dirige il villaggio dei bambini. A tale titolo, egli è il diretto superiore dei «genitori sostituti». Questi ultimi sostituiscono i «genitori titolari» in particolare durante le loro assenze per ferie annuali o per malattia.

8.        Le case dei bambini costituiscono la residenza fissa dei bambini presi in carico. Ciascuna casa ospita da tre a sei bambini nonché uno o più «genitori titolari» e i loro sostituti (in caso di assenza dei primi).

9.        Le ricorrenti nel procedimento principale sono state dipendenti della SOS‑Lapsikylä in qualità di «genitori sostituti» fino al 2009 e, per quanto riguarda talune di esse, fino al 2010.

10.      In tale veste, le ricorrenti nel procedimento principale hanno vissuto con i bambini nella casa dei bambini. Esse si sono occupate, da sole, di tale casa, dell’accudimento e dell’educazione dei minori residenti. Hanno garantito l’approvvigionamento e hanno accompagnato i bambini nei centri di cura, a scuola e nelle strutture ricreative. Secondo il giudice del rinvio, durante i periodi di sostituzione, i compiti dei «genitori sostituti» sono identici a quelli dei «genitori titolari».

11.      Il giudice del rinvio precisa inoltre che i rappresentanti del datore di lavoro non controllano il lavoro quotidiano dei «genitori sostituti» e che il datore di lavoro non impartisce loro ordini riguardo alle ore di lavoro e di riposo nei giorni lavorativi. Nei limiti imposti dalle esigenze dei bambini, un «genitore sostituto» può determinare da solo l’organizzazione e il contenuto del proprio lavoro. Tuttavia, per ogni bambino è stabilito un piano di accudimento e di educazione sulla base del quale il «genitore sostituto» deve occuparsi del bambino e a proposito del quale egli redige una relazione in un sistema informatico.

12.      Il giudice del rinvio evidenzia altresì che il direttore redige anticipatamente elenchi indicanti, giorno per giorno, la casa nella quale il «genitore sostituto» deve lavorare. Quest’ultimo concorda con il «genitore titolare» l’ora in cui ha inizio il periodo di sostituzione. I programmi giornalieri devono inoltre essere stabiliti in modo che ogni lavoratore abbia mediamente due fine settimana liberi al mese. Durante il periodo di sostituzione, il lavoratore ha diritto anche a un giorno di riposo settimanale.

13.      La retribuzione dei «genitori sostituti» è determinata su base mensile fissa, fermo restando, tuttavia, che, se un «genitore sostituto» ha svolto più di 190 periodi, egli ha diritto a un compenso complementare.

14.      Secondo i contratti di lavoro delle ricorrenti nel procedimento principale, il servizio annuale era di 190 periodi di 24 ore – salvo per una di esse, il cui servizio annuale era di 170 periodi di 24 ore – da cui occorreva dedurre da 30 a 33 giorni a titolo di ferie annuali.

15.      Nella pratica, la durata dei periodi di sostituzione variava da alcuni giorni a diverse settimane. Sebbene, in linea di principio, un «genitore sostituto» dovesse sempre essere assegnato alla stessa casa di bambini, in realtà egli era indotto a fare sostituzioni successive in varie case di bambini.

B.      Procedimento nella causa principale

16.      Le ricorrenti nel procedimento principale considerano che le loro prestazioni al servizio della SOS‑Lapsikylä costituissero un lavoro ai sensi dell’articolo 1 della legge sull’orario di lavoro. Su tale base, hanno presentato un ricorso dinanzi all’Etelä-Savon käräjäoikeus (Tribunale di primo grado del Savo meridionale, Finlandia) affinché la SOS‑Lapsikylä sia condannata a pagargli indennità per lavoro straordinario, serale, notturno, per lavoro svolto il sabato e la domenica per gli anni 2006-2009.

17.      La SOS‑Lapsikylä ha contestato la domanda ritenendo che il lavoro delle ricorrenti nel procedimento principale rientrasse nell’eccezione prevista all’articolo 2, paragrafo 1, punto 3, della legge sull’orario di lavoro.

18.      L’Etelä-Savon käräjäoikeus ha accolto l’argomento della SOS‑Lapsikylä e ha respinto il ricorso delle ricorrenti nel procedimento principale. Il giudice d’appello ha confermato la sentenza.

19.      Il giudice del rinvio, adito in sede di impugnazione, è dunque chiamato a stabilire se la legge sull’orario di lavoro e, più precisamente, il suo articolo 2, paragrafo 1, punto 3, sia applicabile ai «genitori sostituti». Infatti, il giudice del rinvio sostiene che, ai sensi di tale disposizione, un lavoro effettuato dal lavoratore a domicilio o, in mancanza, in condizioni tali che non si possa ritenere che spetti al datore di lavoro il controllo dell’organizzazione dell’orario di lavoro non rientra nell’ambito di applicazione delle disposizioni relative all’organizzazione dell’orario di lavoro, eccettuato l’articolo 15, paragrafo 3, della legge sull’orario di lavoro, non rilevante nel caso di specie. Se, al contrario, le attività dei «genitori sostituti» non fossero escluse dall’ambito di applicazione di detta legge, la SOS‑Lapsikylä sarebbe tenuta a concedere alle ricorrenti nel procedimento principale le indennità da esse richieste.

20.      Il giudice del rinvio precisa che la legge sull’orario di lavoro recepisce la direttiva 2003/88. Tuttavia, il suo ambito di applicazione ratione materiae trascende quello della direttiva. Infatti, tale legge disciplina non soltanto la durata normale dell’orario di lavoro, il superamento di una siffatta durata, il lavoro notturno e il lavoro a turni nonché i periodi di riposo e il lavoro domenicale, ma stabilisce altresì le indennità dovute per varie ragioni come le indennità per ore di lavoro straordinario e per il lavoro domenicale.

21.      Orbene, pur essendo consapevole che la direttiva 2003/88 non si applica alla retribuzione del lavoratore, fatte salve talune eccezioni relative alle ferie annuali retribuite, il giudice del rinvio considera che l’interpretazione di tale direttiva sia essenziale ai fini della risoluzione della controversia pendente dinanzi ad esso. Infatti, il diritto alle integrazioni salariali stabilite dalla legge sull’orario di lavoro dipenderebbe dall’applicabilità al caso di specie della legge di cui trattasi, che disciplina anche l’orario di lavoro e di riposo.

22.      Più specificamente, il giudice del rinvio considera che, al fine di interpretare l’eccezione prevista all’articolo 2, paragrafo 1, punto 3, della legge sull’orario di lavoro, venga in rilievo anzitutto la deroga di cui all’articolo 17, paragrafo 1, della direttiva 2003/88.

23.      Ciò premesso, il Korkein oikeus (Corte suprema) ha deciso di sospendere il procedimento e di interrogare la Corte in via pregiudiziale.

IV.    La domanda di pronuncia pregiudiziale e il procedimento dinanzi alla Corte

24.      Con decisione del 24 marzo 2016, pervenuta alla Corte il 29 marzo 2016, il Korkein oikeus (Corte suprema) ha dunque deciso di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’articolo 17, paragrafo 1, della direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, debba essere interpretata nel senso che possa rientrare nel suo ambito di applicazione un’attività svolta in una casa di un villaggio dei bambini come quella descritta supra, nella quale il lavoratore, nei giorni liberi dei genitori sostituti dei bambini affidati in custodia, svolge funzioni di loro sostituto, convivendo con i bambini in condizioni di un ambiente familiare e, in tale occasione, provvede autonomamente alle esigenze dei bambini e della famiglia nello stesso modo in cui lo farebbe un vero genitore».

25.      Osservazioni scritte sono state depositate dalle ricorrenti nel procedimento principale, dalla SOS‑Lapsikylä, dai governi finlandese e tedesco, nonché dalla Commissione europea. Essi si sono inoltre tutti espressi all’udienza tenutasi il 2 marzo 2017.

V.      Analisi

26.      Prima di affrontare la questione pregiudiziale sottoposta dal giudice del rinvio, esaminerò anzitutto il problema della competenza della Corte.

27.      Infatti, il giudizio di merito del procedimento principale verte sul pagamento alle ricorrenti nel procedimento principale di varie indennità complementari alla retribuzione. Orbene, secondo la giurisprudenza della Corte, «eccezion fatta per l’ipotesi particolare di cui all’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2003/88, in materia di congedo annuale retribuito, quest’ultima si limita a disciplinare taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, cosicché, in linea di principio, essa non si applica alle retribuzioni dei lavoratori» (4).

28.      Alla luce di tale giurisprudenza potrebbe pertanto porsi la questione della competenza della Corte, ma ritengo che così non sia.

A.      Sulla competenza della Corte

29.      Il giudice del rinvio rileva che soltanto le disposizioni della legge nazionale di cui trattasi relative all’orario di lavoro costituiscono il recepimento della direttiva 2003/88. Invece, la retribuzione dei «genitori sostituti» rientra nell’ambito di applicazione del diritto nazionale. Tuttavia, poiché le due questioni sono disciplinate dalla medesima legge e il diritto alle integrazioni salariali dipende dall’applicabilità delle disposizioni relative all’orario di lavoro, il giudice del rinvio ritiene che l’interpretazione della direttiva 2003/88 sia essenziale.

30.      Infatti, il diritto alle integrazioni salariali richieste dalle ricorrenti nel procedimento principale è condizionato dalla questione se l’attività esercitata rientri nell’ambito di applicazione della legge sull’orario di lavoro o se ne sia esclusa ai sensi del suo articolo 2, paragrafo 1, punto 3. Orbene, secondo il giudice del rinvio, l’interpretazione di tale disposizione dipende dal significato che occorre attribuire alla deroga autorizzata all’articolo 17, paragrafo 1, della direttiva 2003/88.

31.      Conformemente a una costante giurisprudenza della Corte, le questioni relative all’interpretazione del diritto dell’Unione godono di una presunzione di rilevanza (5). Da tale presunzione deriva che il rifiuto di pronunciarsi su una questione pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale è possibile solo qualora risulti manifestamente che la disposizione del diritto dell’Unione sottoposta all’interpretazione della Corte non può essere applicata (6). Ritengo che un simile rilievo non sia dimostrato. Invece, il giudice del rinvio afferma il contrario al termine di una spiegazione, invero breve, ma convincente. Inoltre, osservo che nessuna delle parti ha posto in discussione tale affermazione né ha dedotto argomenti concernenti l’irricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale o l’incompetenza della Corte.

32.      Inoltre, la portata della domanda di pronuncia pregiudiziale non dev’essere fraintesa: si tratta effettivamente di interpretare una disposizione della direttiva 2003/88 nel contesto dell’applicazione, da parte del giudice nazionale, della legge che garantisce il recepimento della medesima direttiva. Orbene, l’applicazione di tale direttiva non è connessa a un elemento di estraneità che renderebbe la Corte incompetente in assenza di un siffatto elemento.

33.      Così, per esempio, la Corte si è dichiarata competente a rispondere a questioni concernenti l’interpretazione di disposizioni della direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi (7), sebbene l’obbligo di classificazione di cui trattavasi non si applicasse alle imprese stabilite negli Stati membri diversi dal Regno di Spagna (8). Secondo la Corte, tale aspetto del problema non rileva ai fini della sua competenza poiché «nessun elemento [della direttiva] 2004/18 consente di ritenere che l’applicabilità delle [sue] disposizioni dipenda dalla sussistenza di un nesso effettivo con la libera circolazione tra Stati membri. [Tale direttiva] non subordin[a] infatti l’assoggettamento alle [sue] disposizioni delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici ad alcuna condizione relativa alla cittadinanza o al luogo di stabilimento degli offerenti (v., in tal senso, sentenza Michaniki, C‑213/07, EU:C:2008:731, punto 29)» (9). La stesso rilievo può essere svolto rispetto alla direttiva 2003/88.

34.      Inoltre, in tale particolare situazione, la Corte ha già correttamente dichiarato che l’interesse dell’Unione a che le nozioni riprese dal diritto dell’Unione ricevano un’interpretazione uniforme è «a maggior ragione valid[o] quando la normativa nazionale che si avvale di una nozione che figura in una disposizione di diritto [dell’Unione] sia stata adottata al fine di trasporre nell’ordinamento interno la direttiva di cui la detta disposizione fa parte» (10). Orbene, secondo la Corte, «in un caso del genere, la circostanza che la nozione di diritto [dell’Unione] di cui si chiede l’interpretazione è destinata ad applicarsi, nell’ambito del diritto nazionale, in condizioni diverse da quelle previste dalla disposizione [di diritto dell’Unione] corrispondente non è tale da escludere qualsiasi collegamento tra l’interpretazione richiesta e l’oggetto della causa principale» (11).

35.      Nel caso di specie, il giudice del rinvio ha giustificato perfettamente la sussistenza di detto collegamento. La legge sull’orario di lavoro disciplina al contempo la durata dell’orario di lavoro (che rientra nell’ambito di applicazione della direttiva 2003/88) e le integrazioni salariali (che non vi rientrano). Orbene, l’articolo che condiziona, allo stesso modo, l’applicabilità dei due aspetti della legge summenzionata garantisce l’attuazione di una delle disposizioni della direttiva 2003/88, ossia del suo articolo 17, paragrafo 1.

36.      Tale specificità mi sembra distinguere la presente causa da quella che ha dato luogo alla sentenza del 28 marzo 1995, Kleinwort Benson (C‑346/93, EU:C:1995:85). Infatti, sebbene la formulazione dell’articolo 2, paragrafo 1, punto 3, della legge sull’orario di lavoro non sia identica a quella dell’articolo 17, paragrafo 1, della direttiva 2003/88, non è oggetto di contestazione che esso ne garantisca il recepimento (12). Una siffatta riproduzione formale del testo della direttiva, peraltro, non è richiesta (13). Invece, dal momento che il legislatore finlandese ha scelto di avvalersi della possibilità di deroga autorizzata all’articolo 17, paragrafo 1, della direttiva 2003/88, il giudice del rinvio è effettivamente tenuto ad interpretare la disposizione nazionale che ne fissa i limiti conformemente all’articolo 17, paragrafo 1, della direttiva 2003/88, come interpretato dalla Corte (14).

37.      In ogni caso, secondo una costante giurisprudenza, se una legge di recepimento estende l’ambito di applicazione ratione materiae di una direttiva, la Corte è competente sulla base dell’articolo 267 TFUE qualora sia necessario fornire un’interpretazione uniforme del diritto dell’Unione (15).

38.      Una simile necessità non si riscontrerebbe – e, di conseguenza, la Corte non sarebbe competente – qualora l’atto dell’Unione di cui è chiesta l’interpretazione prevedesse espressamente l’esclusione dal proprio ambito di applicazione del settore al quale il diritto nazionale ha scelto di applicarlo (16).

39.      Orbene, non credo che ricorra una simile ipotesi nel caso di specie.

40.      Come ho indicato supra, la Corte ha già avuto occasione di precisare che la direttiva 2003/88, in linea di principio, non si applica alla retribuzione dei lavoratori (17).

41.      Tuttavia, ciò non significa che la Corte non sia competente a rispondere a questioni relative all’interpretazione di una delle disposizioni della direttiva 2003/88 anche qualora la rilevanza della controversia consista, in definitiva, nella retribuzione del lavoratore.

42.      Infatti, nella causa che ha dato luogo all’ordinanza dell’11 gennaio 2007, Vorel (C‑437/05, EU:C:2007:23), la controversia verteva sulla «definizione della nozione di “orario di lavoro” ai sensi delle direttive 93/104 e 2003/88 in relazione ai servizi di guardia prestati da un medico in un ospedale nonché riguardo al compenso dovuto perquesti ultimi» (18).

43.      In detto procedimento, il sig. Vorel contestava le modalità di calcolo della propria retribuzione e chiedeva al giudice competente «di condannare il NČK a versargli un supplemento di retribuzione (…), somma corrispondente alla differenza tra il compenso che gli [era] stato versato per i servizi di guardia ospedaliera effettuati nel corso di tale periodo e la retribuzione che avrebbe dovuto essergli versata qualora tali servizi fossero stati riconosciuti come normale prestazione di lavoro» (19).

44.      Nella propria risposta, la Corte fa espresso riferimento all’incidenza della definizione della durata dell’orario di lavoro sul calcolo della retribuzione dichiarando che le direttive 93/104 e 2003/88 «non ostano all’applicazione da parte di uno Stato membro di una normativa che, ai fini della retribuzione del lavoratore e con riguardo ad un servizio di guardia effettuato da quest’ultimo nel luogo di lavoro, prende in considerazione in modo diverso i periodi nel corso dei quali sono realmente effettuate prestazioni di lavoro e quelli durante i quali non è svolta alcuna attività lavorativa effettiva, purché siffatto regime garantisca integralmente l’effetto utile dei diritti conferiti ai lavoratori dalle stesse direttive ai fini della protezione effettiva della salute e della sicurezza di questi ultimi» (20).

45.      La configurazione della controversia di cui al procedimento principale non mi sembra fondamentalmente differente: essa verte sulla questione se la legge sull’orario di lavoro debba essere applicata ai «genitori sostituti» e se, in forza di tale legge, questi ultimi abbiano diritto alle indennità richieste (21). Orbene, per rispondere a detta questione, il giudice del rinvio ritiene necessario stabilire se la deroga prevista all’articolo 17, paragrafo 1, della direttiva 2003/88 trovi applicazione.

46.      In altre parole, l’articolo 17, paragrafo 1, della direttiva 2003/88 è tale da incidere sull’applicazione delle norme nazionali che rilevano nel procedimento principale. Di conseguenza, poiché non risulta in modo manifesto che l’interpretazione richiesta del diritto dell’Unione non sia necessaria per il giudice nazionale, occorre che la Corte risponda alla questione sollevata (22).

47.      Infine, se si vuole accettare che la necessità di un’interpretazione uniforme costituisca il criterio preponderante ai fini della competenza della Corte qualora uno Stato membro abbia scelto di ampliare l’ambito di applicazione di una direttiva (23), occorre allora ammettere che una siffatta interpretazione s’imponga a fortiori quando, come nel caso di specie, si tratta di interpretare una clausola che deroga all’applicazione della direttiva.

48.      Infatti, l’applicabilità di una direttiva e la protezione che essa conferisce non possono essere soggette a differenti interpretazioni e applicate diversamente a seconda dell’autorità giurisdizionale adita. Ne va della protezione dei diritti conferiti dal diritto dell’Unione (24).

49.      Di conseguenza, alla luce di quanto precede, ritengo, da un lato, che il giudice del rinvio abbia dimostrato in maniera pertinente e sufficiente la necessità della propria questione e, d’altro lato, che la Corte sia effettivamente competente a rispondervi.

B.      Sulla questione pregiudiziale

50.      L’articolo 17, paragrafo 1, della direttiva 2003/88 consente di derogare a talune disposizioni di protezione previste dalla direttiva stessa. Con la propria questione, il giudice del rinvio intende sapere se detta disposizione debba essere applicata al lavoratore che, sostituendo un «genitore titolare» nei giorni liberi di quest’ultimo, convive con i bambini in condizioni di un ambiente familiare e, in tale occasione, provvede autonomamente alle esigenze dei bambini e della famiglia nello stesso modo in cui lo farebbe un vero genitore.

1.      Sui principi interpretativi applicabili alla direttiva 2003/88

51.      Senza dubbio, non è inutile richiamare i principi che devono accompagnare l’interpretazione della direttiva 2003/88.

52.      La finalità perseguita da tale direttiva consiste nel proteggere efficacemente la sicurezza e la salute dei lavoratori, facendoli beneficiare di periodi minimi di riposo e di adeguati periodi di pausa (25).

53.      In tale ottica, la direttiva 2003/88 definisce il suo campo di applicazione in modo ampio. A norma del suo articolo 1, paragrafo 3, essa si applica a tutti i settori di attività, privati e pubblici, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE del Consiglio, del 12 giugno 1989, concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro (26), ad eccezione di taluni settori specifici esplicitamente enumerati (27).

54.      Inoltre, purché la durata dell’orario di lavoro, a causa delle caratteristiche dell’attività esercitata, non sia misurata e/o predeterminata o possa essere determinata dai lavoratori stessi, le eccezioni enunciate all’articolo 17, paragrafo 1, della direttiva 2003/88 non sono tassative. Infatti, l’uso dell’avverbio «in particolare» non consente un’altra interpretazione (28). Tuttavia, tali deroghe devono essere interpretate restrittivamente. Secondo la Corte, devono essere interpretate in modo «che la loro portata sia limitata a quanto strettamente necessario alla tutela degli interessi che esse permettono di proteggere» (29).

2.      Sulle nozioni di «orario di lavoro» e di «lavoratore»

55.      La giustificazione della deroga alle norme protettive della direttiva 2003/88, definita nel suo articolo 17, paragrafo 1, è intrinsecamente connessa alle nozioni di «orario di lavoro» e di «lavoratore».

56.      Infatti, ai sensi dell’articolo 17, paragrafo 1, della direttiva 2003/88, gli Stati membri possono derogare agli articoli da 3 a 6, 8 e 16 di quest’ultima «quando la durata dell’orario di lavoro, a causa delle caratteristiche dell’attività esercitata, non è misurata e/o predeterminata o può essere determinata dai lavoratori stessi» (30).

57.      La nozione di «orario di lavoro» è definita all’articolo 2, punto 1, della direttiva 2003/88 come «qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni, conformemente alle legislazioni e/o prassi nazionali».

58.      La persona deve dunque essere «a disposizione» del datore di lavoro. Il fattore determinante ai fini della valutazione di tale elemento della definizione è costituito «dal fatto che il lavoratore è costretto ad essere fisicamente presente nel luogo stabilito dal datore di lavoro e a tenersi a disposizione del medesimo per poter immediatamente fornire le opportune prestazioni in caso di bisogno» (31). A tal proposito, la circostanza che il datore di lavoro metta a disposizione del lavoratore una stanza di riposo in cui possa stare quando non è richiesto il suo intervento professionale è priva di incidenza (32).

59.      La nozione di «lavoratore» non è definita dalla direttiva 2003/88. Tuttavia, la Corte ha dichiarato che essa ha una portata autonoma propria del diritto dell’Unione (33). In tale contesto, la Corte ha ricordato che «la caratteristica essenziale del rapporto di lavoro è la circostanza che una persona fornisca, per un certo periodo di tempo, a favore di un’altra e sotto la direzione di quest’ultima, prestazioni in contropartita delle quali riceva una retribuzione» (34).

60.      Se si pongono a raffronto tali definizioni con il contesto di fatto descritto dal giudice del rinvio, non vi è dubbio che, di fronte alla SOS‑Lapsikylä, le ricorrenti nel procedimento principale devono essere considerate «lavoratori» ai sensi della direttiva 2003/88.

61.      I villaggi dei bambini sono diretti da un direttore, il quale, secondo il giudice del rinvio, è il diretto superiore dei «genitori sostituti». A tale titolo, redige, in particolare, gli elenchi indicanti, giorno per giorno, la casa nella quale il «genitore sostituto» deve lavorare. Sebbene il datore di lavoro non impartisca ordini ai «genitori sostituti» per quanto concerne le ore di lavoro e di riposo del sostituto nei giorni di impiego, sembra che essi debbano nondimeno occuparsi dei bambini loro affidati nel rispetto di un piano di sorveglianza e di educazione.

62.      Peraltro, è pacifico anche che le ore trascorse nel villaggio dei bambini costituiscono «orario di lavoro» ai sensi della direttiva 2003/88 poiché i «genitori sostituti» sono a disposizione della SOS‑Lapsikylä. Da un lato, essi sono tenuti a essere fisicamente presenti nella casa dei bambini loro assegnata, o, perlomeno, nel villaggio dei bambini interessato oppure nelle vicinanze. Dall’altro, si tengono a disposizione del datore di lavoro per poter fornire immediatamente le prestazioni appropriate, ossia occuparsi della manutenzione della casa dei bambini, garantire la sorveglianza e l’educazione dei bambini che vi risiedono secondo il piano di sorveglianza e di educazione stabilito per ogni bambino.

3.      Sull’interpretazione dell’articolo 17, paragrafo 1, della direttiva 2003/88

63.      Si pone dunque la questione se la durata dell’orario di lavoro trascorsa nel villaggio dei bambini sia misurata (o predeterminata) dal datore di lavoro (35) o se possa essere determinata dai lavoratori stessi a causa delle caratteristiche dell’attività esercitata.

64.      Orbene, la Corte ha già avuto occasione di precisare che dalla formulazione dell’articolo 17, paragrafo 1, della direttiva 2003/88 risulta che la deroga indicata in tale disposizione «si applica solo ai lavoratori il cui orario di lavoro nella sua interezza non è misurato o predeterminato o può essere determinato dai lavoratori stessi, a causa della natura dell’attività esercitata» (36).

65.      Il fatto che la determinazione dell’orario di lavoro debba avere ad oggetto quest’ultimo nella sua interezza non può essere posto in discussione. In primo luogo, tale interpretazione è conforme alla norma secondo la quale le deroghe previste all’articolo 17 della direttiva 2003/88 devono essere interpretate restrittivamente (37). In secondo luogo, essa è altresì conforme alla finalità perseguita dalla direttiva 2003/88 consistente nel proteggere efficacemente la sicurezza e la salute dei lavoratori, facendoli beneficiare di periodi minimi di riposo e di adeguati periodi di pausa (38).

66.      Infatti, dalla giurisprudenza della Corte risulta che, alla luce tanto della formulazione quanto della finalità e dell’economia della direttiva 2003/88, le varie prescrizioni da essa enunciate in materia di periodi minimi di riposo costituiscono disposizioni della normativa sociale dell’Unione che rivestono importanza particolare. Ogni lavoratore deve poter beneficiarne quale prescrizione minima necessaria per garantire la tutela della sua sicurezza e della sua salute (39).

67.      La loro importanza è tale che la limitazione della durata massima del lavoro e la concessione di periodi di riposo giornalieri e settimanali, nonché il beneficio di ferie annuali retribuite sono stati espressamente sanciti quali diritti fondamentali all’articolo 31, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

68.      Nel caso di specie, occorre rilevare che un «genitore sostituto» assunto in un villaggio dei bambini non è in condizione di determinare, nella sua interezza, la durata del proprio orario di lavoro. Al contrario, quest’ultima è largamente predeterminata dal contratto di lavoro e dal datore di lavoro.

69.      Infatti, analogamente a quanto rilevato dalla Corte nella causa che ha dato luogo alla sentenza del 14 ottobre 2010, Union syndicale Solidaires Isère (C‑428/09, EU:C:2010:612, punto 42), dal fascicolo sottoposto alla Corte non si evince che i «genitori sostituti» abbiano la possibilità di decidere del numero di ore di lavoro da essi prestate.

70.      Al contrario, per le ricorrenti nel procedimento principale tale durata era, quantomeno, inquadrata dal datore di lavoro a due livelli. Da un lato, il loro servizio annuale era fissato dal contratto di lavoro in 190 periodi di 24 ore (fatta eccezione per una di esse, il cui servizio annuale era di 170 periodi di 24 ore). Dall’altro, la loro assegnazione quotidiana era stabilita, anticipatamente, dal direttore del villaggio dei bambini mediante elenchi indicanti, giorno per giorno, la casa nella quale il «genitore sostituto» doveva lavorare.

71.      La mera possibilità di determinare l’ordine nel quale i differenti compiti assegnati al lavoratore potevano essere effettuati non basta – minimamente – per ritenere che quest’ultimo possa determinare autonomamente la durata del proprio orario di lavoro. Non si deve dimenticare che i «genitori sostituti» sono tenuti ad essere presenti sul luogo di lavoro per tutta la durata delle proprie prestazioni, il che limita la possibilità di abbandonarsi a occupazioni personali. Al riguardo, l’assenza dei bambini mentre sono a scuola non è atta a modificare simile approccio. Infatti, all’udienza del 2 marzo 2017 è stato confermato che taluni compiti di manutenzione della casa erano effettuati in tale lasso di tempo e, soprattutto, che i «genitori sostituti» dovevano, in ogni caso, essere raggiungibili in modo da poter gestire situazioni di emergenza medica o altri incidenti imprevisti (40). La loro libertà durante tali periodi è dunque soltanto relativa e non toglie a questi ultimi la qualifica di «orario di lavoro» ai sensi della direttiva 2003/88 (41). Peraltro, spetta al datore di lavoro, all’occorrenza, predisporre gli strumenti di controllo necessari per evitare eventuali abusi (42).

4.      Ad abundantiam, sulla deroga relativa alla «manodopera familiare» prevista all’articolo 17, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2003/88

72.      L’articolo 17, paragrafo 1, della direttiva 2003/88, fornisce tre esempi di circostanze che comportano la possibilità di derogare agli articoli da 3 a 6, 8 e 16 della direttiva. Fra tali ipotesi figura l’impiego di «manodopera familiare».

73.      Contrariamente a quanto sostenuto dalla SOS‑Lapsikylä, non ritengo che il lavoro dei «genitori sostituti» rientri in tale eccezione.

74.      Conformemente a una costante giurisprudenza della Corte, ai fini dell’interpretazione di una norma del diritto dell’Unione si deve tener conto non soltanto della lettera della stessa, ma anche del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte (43).

75.      Non si deve dunque dimenticare che la finalità perseguita dalla direttiva 2003/88 consiste nel proteggere efficacemente la sicurezza e la salute dei lavoratori. Le deroghe autorizzate dalla direttiva 2003/88 devono essere interpretate in modo che la loro portata sia limitata a quanto strettamente necessario alla tutela degli interessi che esse permettono di proteggere (44).

76.      La deroga relativa alla manodopera familiare si spiega con la circostanza che le relazioni instaurate tra le parti coinvolte – lavoratore e datore di lavoro – non sono unicamente professionali. Infatti, i particolari legami che uniscono i membri di una famiglia sono, inevitabilmente, idonei a impedire che la durata dell’orario di lavoro possa essere misurata o predeterminata. Invece, non è escluso che essa possa essere determinata più agevolmente dal lavoratore stesso.

77.      Tale circoscrizione della deroga relativa alla manodopera familiare, peraltro, è in linea con il contesto nel quale si inserisce l’articolo 17 della direttiva 2003/88. Infatti, detta direttiva ha lo scopo di stabilire le prescrizioni minime di sicurezza e di salute in materia di orario di lavoro (45), il quale è definito come il periodo in cui il lavoratore è al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni (46). La direttiva 2003/88 tratta dunque, effettivamente, dei rapporti che uniscono il lavoratore al datore di lavoro.

78.      Orbene, il rapporto che unisce i «genitori sostituti» al datore di lavoro non è di natura familiare. Se, nei villaggi dei bambini, si parla di un alloggio e di un’organizzazione del lavoro che siano il più possibile familiari, è unicamente nel contesto di un obiettivo pedagogico che riguarda il rapporto con i bambini.

79.      In altri termini, tale metodo di lavoro è estraneo al rapporto lavoratore-datore di lavoro e non può dunque rientrare nell’ambito di applicazione dell’articolo 17, paragrafo 1, della direttiva 2003/88: esso non è predisposto nell’interesse del primo né a beneficio del secondo, ma esclusivamente in quello dei bambini accolti.

80.      Alla luce delle precedenti considerazioni, ritengo che estendere l’eccezione relativa alla manodopera familiare ai «genitori sostituti» sarebbe in contrasto non soltanto con l’obiettivo generale della direttiva e con il suo contesto, ma altresì con gli specifici interessi peculiari a un lavoro in famiglia.

5.      Conclusione intermedia

81.      Dalle precedenti considerazioni si evince che l’articolo 17, paragrafo 1, della direttiva 2003/88 dev’essere interpretato nel senso che il suo ambito di applicazione non può includere il lavoro svolto in una casa di bambini da un lavoratore che sostituisca un «genitore titolare» qualora tale lavoratore non sia libero di determinare, nella sua interezza, la durata del proprio orario di lavoro, ciò malgrado la circostanza che, riproducendo condizioni di un ambiente familiare, egli conviva con i bambini e, in tale occasione, provveda autonomamente alle loro esigenze, nello stesso modo in cui lo farebbe un vero genitore.

C.      Sulle eccezioni previste all’articolo 17, paragrafo 3, lettere b) e c), della direttiva 2003/88

82.      Nelle proprie osservazioni scritte, la Commissione ritiene che le attività delle ricorrenti nel procedimento principale rientrino tra le eccezioni di cui all’articolo 17, paragrafo 3, lettere b) e c), della direttiva 2003/88.

83.      Vero è che il giudice del rinvio ha limitato la propria questione all’interpretazione dell’articolo 17, paragrafo 1, della direttiva 2003/88. Tuttavia, secondo una costante giurisprudenza, «per fornire una soluzione utile al giudice che le ha sottoposto una questione pregiudiziale, la Corte può essere indotta a prendere in considerazione norme di diritto dell’Unione alle quali il giudice nazionale non ha fatto riferimento nel formulare le sue questioni pregiudiziali» (47).

84.      Orbene, l’interpretazione delle summenzionate disposizioni fornita dalla Corte nella sentenza del 14 ottobre 2010, Union syndicale Solidaires Isère (C‑428/09, EU:C:2010:612) può essere utile al giudice del rinvio.

85.      Infatti, la Corte ha ivi dichiarato che la deroga di cui all’articolo 17, paragrafo 3, lettera b), della direttiva 2003/88, era applicabile ad attività di lavoratori quali i titolari di contratti di assistenza educativa che lavorano in centri di vacanza e ricreativi dal momento che detti lavoratori devono assicurare una sorveglianza permanente dei minori loro affidati. La Corte ha aggiunto che «l’apporto pedagogico ed educativo di tali centri consiste altresì, se non principalmente, in questa modalità di funzionamento specifico e originale secondo la quale i minori accolti vivono per diversi giorni, permanentemente, con i loro animatori e responsabili» (48).

86.      La Corte ha ivi precisato anche che l’articolo 17, paragrafo 3, lettera c), della direttiva 2003/88 era applicabile in quanto le attività del personale dei centri di vacanza e ricreativi erano altresì «caratterizzate dalla necessità di assicurare la continuità del servizio, dal momento che i minori accolti in questi centri vivono permanentemente, per tutta la durata del loro soggiorno, con il personale di detti centri e sotto la sorveglianza di quest’ultimo» (49).

87.      Tali considerazioni sono applicabili, a fortiori, ai «genitori sostituti» di un villaggio dei bambini quale quello descritto dal giudice del rinvio. Infatti, essi sono tenuti a garantire, da soli, la sorveglianza ma altresì l’educazione dei bambini ospitati nella casa alla quale sono assegnati e ciò ininterrottamente.

88.      Tuttavia, le summenzionate deroghe sono subordinate alla sussistenza delle due condizioni imposte all’articolo 17, paragrafo 2, della direttiva 2003/88.

89.      In primo luogo, le deroghe previste all’articolo 17, paragrafo 3, della direttiva 2003/88, sono mere possibilità che, per essere applicate, devono essere state adottate con legge, regolamento o con provvedimento amministrativo, ovvero mediante contratti collettivi o accordi conclusi fra le parti sociali.

90.      In secondo luogo, se ricorre tale ipotesi, dette deroghe possono essere attuate soltanto a condizione che vengano concessi ai lavoratori interessati equivalenti periodi di riposo compensativo oppure, qualora ciò non sia possibile per ragioni oggettive, a condizione che venga concessa una protezione appropriata (50).

91.      Poiché la domanda di pronuncia pregiudiziale non contiene informazioni riguardo alle due condizioni summenzionate, spetterà al giudice del rinvio verificare, ove lo ritenga necessario, l’applicabilità delle deroghe previste all’articolo 17, paragrafo 3, lettere b) e c), della direttiva 2003/88.

VI.    Conclusione

92.      Alla luce delle suesposte considerazioni, suggerisco alla Corte di rispondere alla questione pregiudiziale sollevata dal Korkein oikeus (Corte suprema, Finlandia) nel modo seguente:

«L’articolo 17, paragrafo 1, della direttiva 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, dev’essere interpretato nel senso che il suo ambito di applicazione non può includere il lavoro svolto in una casa di bambini da un lavoratore che sostituisca un “genitore titolare” qualora tale lavoratore non sia libero di determinare, nella sua interezza, la durata del proprio orario di lavoro, ciò malgrado la circostanza che, riproducendo condizioni di un ambiente familiare, egli conviva con i bambini e, in tale occasione, provveda autonomamente alle loro esigenze, nello stesso modo in cui lo farebbe un vero genitore.

Per contro, l’articolo 17, paragrafo 3, lettere b) e c), della direttiva 2003/88 è applicabile a tale tipologia di lavoro purché siano rispettate le condizioni di cui all’articolo 17, paragrafo 2, di detta direttiva, circostanza che, all’occorrenza, spetta al giudice del rinvio verificare».


1      Lingua originale: il francese.


2      GU 2003, L 299, pag. 9.


3      La SOS‑Lapsikylä fa parte della rete internazionale «villaggi del mondo». In risposta a uno dei quesiti formulati all’udienza del 2 marzo 2017, è stato precisato che la SOS‑Lapsikylä e i villaggi dei bambini ubicati in Finlandia sono finanziati dai Comuni o dalle città, nonché mediante donazioni private.


4      Sentenza del 10 settembre 2015, Federación de Servicios Privados del sindicato Comisiones obreras (C‑266/14, EU:C:2015:578, punto 48 e giurisprudenza ivi citata).


5      V., in tal senso, in particolare, sentenze del 1o giugno 2010, Blanco Pérez e Chao Gómez (C‑570/07 e C‑571/07, EU:C:2010:300, punto 36), nonché del 21 settembre 2016, Etablissements Fr. Colruyt (C‑221/15, EU:C:2016:704, punto 14).


6      V., in tal senso, in particolare, sentenza del 17 settembre 2015, van der Lans (C‑257/14, EU:C:2015:618, punto 20).


7      GU 2004, L 134, pag. 114.


8      V. sentenza del 6 ottobre 2015, Consorci Sanitari del Maresme (C‑203/14, EU:C:2015:664).


9      Sentenza del 6 ottobre 2015, Consorci Sanitari del Maresme (C‑203/14, EU:C:2015:664, punto 30). V., altresì, sentenza del 14 gennaio 2010, Plus Warenhandelsgesellschaft (C‑304/08, EU:C:2010:12, punto 28) [a proposito della direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2005, relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio («direttiva sulle pratiche commerciali sleali») (GU 2005, L 149, pag. 22)]. Per un’illustrazione della competenza della Corte indipendente da un elemento di estraneità in presenza di una direttiva, v. i rilievi svolti in merito al divieto di discriminazioni preso in considerazione da Rodière, P., («Retour vers les situations internes et la librecirculation des personnes: de quelques errements possibles», Revue des affaireseuropéennes, 2015/4, pagg. 731‑742, in particolare pag. 741).


10      Sentenza dell’11 ottobre 2001, Adam (C‑267/99, EU:C:2001:534, punto 28).


11      Sentenza dell’11 ottobre 2001, Adam (C‑267/99, EU:C:2001:534, punto 29).


12      L’informazione è stata confermata dal rappresentante del governo finlandese all’udienza del 2 marzo 2017.


13      Secondo la Corte, infatti, «non è sempre richiesta una formale riproduzione delle disposizioni di una direttiva in una norma di legge espressa e specifica, posto che per la trasposizione di una direttiva può [anche] essere sufficiente, in base al suo contenuto, un contesto normativo generale» (sentenza del 16 giugno 2005, Commissione/Italia, C‑456/03, EU:C:2005:388, punto 51).


14      Al contrario, nella sentenza del 28 marzo 1995, Kleinwort Benson (C‑346/93, EU:C:1995:85), la stessa normativa nazionale di cui trattavasi prevedeva espressamente, da un lato, «la possibilità (…) di adottare modifiche “destinate a produrre divergenze” [rispetto alle] disposizioni [del diritto dell’Unione], quali interpretate dalla Corte» (punto 18) e, dall’altro, che «i giudici dello Stato contraente interessato non [fossero] tenuti a por fine alle controversie di cui [erano] investiti applicando, in modo assoluto e incondizionato, l’interpretazione [del diritto dell’Unione] fornita loro dalla Corte» (punto 20).


15      V., in tal senso, segnatamente, sentenze del 10 dicembre 2009, Rodríguez Mayor e a. (C‑323/08, EU:C:2009:770, punto 27), nonché del 3 dicembre 2015, Quenon K. (C‑338/14, EU:C:2015:795, punto 17). Secondo taluni autori, l’estensione della competenza della Corte troverebbe perfino «un terreno privilegiato nelle leggi di recepimento delle direttive che possono estenderne l’ambito di applicazione ratione materiae nello Stato oltre i limiti da esse fissati» (Potvin-Solis, L., «Qualification des situations purement internes», in Neframi, E., dir., Renvoi préjudiciel et marge d’appréciation du juge national, Larcier, Bruxelles, 2015, pagg. 39‑99, in particolare pag. 66).


16      V., in tal senso, sentenza del 18 ottobre 2012, Nolan (C‑583/10, EU:C:2012:638, punti da 53 a 57).


17      V., in tal senso, sentenza del 10 settembre 2015, Federación de Servicios Privados del sindicato Comisiones obreras (C‑266/14, EU:C:2015:578, punto 48 e giurisprudenza ivi citata).


18      Punto 2 dell’ordinanza, il corsivo è mio.


19      Punto 17 dell’ordinanza, il corsivo è mio.


20      Punto 36 e dispositivo dell’ordinanza, il corsivo è mio.


21      Punto 3 della domanda di pronuncia pregiudiziale.


22      V., in tal senso, sentenza dell’11 settembre 2003, Anomar e a. (C‑6/01, EU:C:2003:446, punti 38 e 41).


23      V., in tal senso, sentenze del 18 ottobre 1990, Dzodzi (C‑297/88 e C‑197/89, EU:C:1990:360, punto 37), nonché del 7 luglio 2011, Agafiţei e a. (C‑310/10, EU:C:2011:467, punto 42). In dottrina, Potvin-Solis, L., «Qualification des situations purement internes», in Neframi, E., (dir.), Renvoi préjudiciel et marge d’appréciation du juge national, Larcier, Bruxelles, 2015, pagg. 39‑99, in particolare pag. 67.


24      A proposito della nozione di «giurisdizione» presente nell’articolo 267 TFUE, Tridimas, T., rilevava che la principale preoccupazione che guidava l’interpretazione di tale condizione consisteva nel rendere il procedimento di rinvio pregiudiziale il più accessibile possibile. Secondo Tridimas, T., si trattava quindi di garantire l’interpretazione uniforme del diritto dell’Unione, ma anche la disponibilità di un ricorso per la protezione dei diritti scaturiti da detto diritto (Tridimas, T., «Knocking on Heaven’s Door:Fragmentation, Efficiency and Defiance in the Preliminary Reference Procedure», CML Rev., 40, 2003, pagg. 9‑50, in particolare pag. 30). Mi sembra che tali preoccupazioni debbano guidare la Corte in sede di esame della propria competenza pregiudiziale, qualsiasi sia la condizione relativa alla competenza o alla ricevibilità di cui trattasi.


25      V. considerando 4, 5 e 10 della direttiva 2003/88. V. altresì, in tal senso, sentenza del 10 settembre 2015, Federación de Servicios Privados del sindicato Comisiones obreras (C‑266/14, EU:C:2015:578, punto 42).


26      GU 1989, L 183, pag. 1.


27      V., in tal senso, sentenza del 14 ottobre 2010, Union syndicale Solidaires Isère (C‑428/09, EU:C:2010:612, punto 21).


28      V., a proposito delle eccezioni previste all’articolo 17, paragrafo 3, lettera c), della direttiva 2003/88, sentenza del 14 ottobre 2010, Union syndicale Solidaires Isère (C‑428/09, EU:C:2010:612, punti 47 e 48). L’idea di un elenco esemplificativo si ritrova nell’espressione «in particolare» utilizzata nella versione in lingua finlandese della direttiva («ja erityisesti»), nonché in altre versioni linguistiche come la versione in lingua inglese («and particularly in the case of») o, ancora, spagnola («y en particular cuando se trate de»).


29      Sentenza del 14 ottobre 2010, Union syndicale Solidaires Isère (C‑428/09, EU:C:2010:612, punto 40). V., parimenti, sentenza del 9 settembre 2003, Jaeger (C‑151/02, EU:C:2003:437, punto 89). Quest’ultima sentenza ha ad oggetto l’articolo 17 della direttiva 93/104/CE del Consiglio, del 23 novembre 1993, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro (GU 1993, L 307, pag. 18). Tuttavia, poiché il testo dell’articolo 17, paragrafo 1, è rimasto identico, la giurisprudenza anteriore resta rilevante [v., in tal senso, a proposito di altre disposizioni immutate della direttiva 2003/88, ordinanza del 4 marzo 2011, Grigore, (C‑258/10, non pubblicata, EU:C:2011:122, punto 39)].


30      Il corsivo è mio.


31      Sentenza del 10 settembre 2015, Federación de Servicios Privados del sindicato Comisiones obreras (C‑266/14, EU:C:2015:578, punto 35 e giurisprudenza ivi citata).


32      V., in tal senso, sentenza del 9 settembre 2003, Jaeger (C‑151/02, EU:C:2003:437, punto 64).


33      V., in tal senso, sentenza del 14 ottobre 2010, Union syndicale Solidaires Isère (C‑428/09, EU:C:2010:612, punto 28).


34      Sentenza del 14 ottobre 2010, Union syndicale Solidaires Isère (C‑428/09, EU:C:2010:612, punto 28 e giurisprudenza ivi citata).


35      Per esempio, mediante una clausola del contratto di lavoro.


36      Sentenza del 7 settembre 2006, Commissione/Regno Unito (C‑484/04, EU:C:2006:526, punto 20). Il corsivo è mio. V., parimenti, sentenza del 14 ottobre 2010, Union syndicale Solidaires Isère (C‑428/09, EU:C:2010:612, punto 41).


37      V., in tal senso, sentenze del 14 ottobre 2010, Union syndicale Solidaires Isère (C‑428/09, EU:C:2010:612, punto 40) e del 9 settembre 2003, Jaeger (C‑151/02, EU:C:2003:437, punto 89).


38      V., in tal senso, sentenza del 10 settembre 2015, Federación de Servicios Privados del sindicato Comisiones obreras (C‑266/14, EU:C:2015:578, punto 42), e, a proposito della direttiva 93/104, sentenze del 3 ottobre 2000, Simap (C‑303/98, EU:C:2000:528, punto 49), nonché del 9 settembre 2003, Jaeger (C‑151/02, EU:C:2003:437, punto 50).


39      V., in tal senso, tra le numerose sentenze, sentenze del 1o°dicembre 2005, Dellas e a. (C‑14/04, EU:C:2005:728, punto 49); del 7 settembre 2006, Commissione/Regno Unito (C‑484/04, EU:C:2006:526, punto 38), e del 10 settembre 2015, Federación de Servicios Privados del sindicato Comisiones obreras (C‑266/14, EU:C:2015:578, punto 24).


40      L’informazione è stata fornita dal rappresentante della SOS‑Lapsikylä in risposta a un quesito del giudice relatore e confermata dalla rappresentante delle ricorrenti nel procedimento principale nella sua replica.


41      V., mutatis mutandis, a proposito della mancanza di incidenza dei periodi di inattività professionale durante i periodi di servizio di guardia dei medici, sentenza del 9 settembre 2003, Jaeger (C‑151/02, EU:C:2003:437, punti 61 e 65). Va ricordato che, al punto 94 di tale sentenza, la Corte ha altresì precisato che gli «equivalenti periodi di riposo compensativo», ai sensi dell’articolo 17, paragrafi 2 e 3, della direttiva 93/104, devono «caratterizzarsi per il fatto che il lavoratore, durante tali periodi, non è soggetto, nei confronti del suo datore di lavoro, ad alcun obbligo che gli possa impedire di dedicarsi, liberamente e senza interruzioni, ai suoi propri interessi al fine di neutralizzare gli effetti del lavoro sulla sicurezza e la salute dell’interessato» (il corsivo è mio).


42      V., in tal senso, sentenza del 10 settembre 2015, Federación de Servicios Privados del sindicato Comisiones obreras (C‑266/14, EU:C:2015:578, punto 40).


43      V., segnatamente, sentenze del 19 dicembre 2013, Koushkaki (C‑84/12, EU:C:2013:862, punto 34) e del 16 luglio 2015, Lanigan (C‑237/15 PPU, EU:C:2015:474, punto 35).


44      V., in tal senso, sentenze del 14 ottobre 2010, Union syndicale Solidaires Isère (C‑428/09, EU:C:2010:612, punto 40), e del 9 settembre 2003, Jaeger (C‑151/02, EU:C:2003:437, punto 89).


45      V. articolo 1, paragrafo 1, di tale direttiva.


46      V. articolo 2, punto 1, di tale direttiva.


47      V., in tal senso, sentenza dell’8 dicembre 2011, Banco Bilbao Vizcaya Argentaria (C‑157/10, EU:C:2011:813, punto 19).


48      Sentenza del 14 ottobre 2010, Union syndicale Solidaires Isère (C‑428/09, EU:C:2010:612, punto 45).


49      Sentenza del 14 ottobre 2010, Union syndicale Solidaires Isère (C‑428/09, EU:C:2010:612, punto 48).


50      V. articolo 17, paragrafo 2, della direttiva 2003/88 e, a proposito di tale condizione, sentenza del 14 ottobre 2010, Union syndicale Solidaires Isère (C‑428/09, EU:C:2010:612, punti da 49 a 62).