Language of document : ECLI:EU:C:2017:1015

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

PAOLO MENGOZZI

presentate il 20 dicembre 2017 (1)

Causa C‑480/16

Fidelity Funds

contro

Skatteministeriet,

in presenza di:

NN (L) SICAV

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Østre Landsret (Corte regionale dell’Est, Danimarca)]

«Rinvio pregiudiziale – Libera prestazione dei servizi – Libera circolazione dei capitali – Restrizioni – Tassazione dei dividendi versati agli organismi di investimento collettivo in valori mobiliari (o.i.c.v.m.) – Dividendi versati da società residenti in uno Stato membro a organismi residenti in un altro Stato membro – Comparabilità delle situazioni – Preservazione della coerenza del regime fiscale»






 Introduzione

1.        Con la presente domanda di pronuncia pregiudiziale, l’Østre Landsret (Corte regionale dell’Est, Danimarca) interpella la Corte sulla compatibilità con la libera circolazione dei capitali (articolo 56 CE, divenuto articolo 63 TFUE) e con la libera prestazione dei servizi (articolo 49 CE, divenuto articolo 56 TFUE) della normativa danese che accorda agli organismi di investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) stabiliti in Danimarca e che si impegnano a procedere, effettivamente o tecnicamente, ad una distribuzione minima a favore dei loro detentori di quote, un’esenzione dalla ritenuta alla fonte sui dividendi distribuiti da società danesi, ad esclusione degli OIVCM stabiliti in altri Stati membri.

2.        Tale questione è stata sollevata nell’ambito di una controversia che vede contrapposti diversi OICVM, ai sensi della direttiva 85/611/CEE del Consiglio, del 20 dicembre 1985, concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative in materia di taluni organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari (o.i.c.v.m.) (2), aventi la loro sede nel Regno Unito e in Lussemburgo, fra cui il Fidelity Funds, e lo Skatteministeriet (ministero delle Finanze, Danimarca) in merito a domande di rimborso di ritenute alla fonte operate sui dividendi versati a tali OICVM da società danesi fra il 2000 e il 2009. Tali OICVM reclamano siffatto rimborso adducendo di avere diritto ad ottenere l’esenzione di cui beneficerebbero in Danimarca gli OICVM residenti. La normativa danese, infatti, istituirebbe una differenza di trattamento che sarebbe contraria alla libera circolazione dei capitali e alla libera prestazione dei servizi, garantite dal diritto dell’Unione.

3.        Si evince dal contesto normativo illustrato dal giudice del rinvio che, secondo la lov om indkomstbeskatning af aktieselskaber m.v. (selskabsskatteloven) (legge relativa all’imposta sulle società), (in prosieguo: la «legge sull’IS»), gli OICVM aventi la residenza fiscale in Danimarca sono ivi assoggettati all’imposta sulla totalità dei loro redditi. Gli OICVM e gli altri fondi di investimento che non hanno la residenza fiscale in Danimarca sono invece soggetti a imposta solo sui dividendi distribuiti loro da società danesi; tale obbligo tributario limitato ha ad oggetto unicamente i redditi aventi la loro fonte in Danimarca.

4.        Ai sensi dell’articolo 65, paragrafo 1, della kildeskatteloven (in prosieguo: la «legge sulla ritenuta alla fonte»), ogni decisione di distribuzione di dividendi da parte di una società danese deve prevedere una ritenuta alla fonte pari ad una determinata percentuale del totale distribuito, salvo disposizione contraria. L’aliquota alla quale deve essere praticata la ritenuta alla fonte era fissata al 25% nel 2000 raggiungendo il 28% fra il 2001 e il 2009, fatta salva una previsione più favorevole in funzione dell’applicazione di una convenzione diretta a prevenire la doppia imposizione. Se l’aliquota d’imposta finale è inferiore a quella alla quale è stata praticata la ritenuta alla fonte, l’OICVM può chiedere il rimborso dell’imposta ritenuta in eccesso.

5.        Le norme della legge sulla ritenuta alla fonte sono parimenti applicabili agli OICVM danesi, i quali sono dunque, a priori, soggetti a tale normativa sulla tassazione dei dividendi. Tuttavia, si evince dalle disposizioni di cui all’articolo 65, paragrafo 8, della legge sulla ritenuta alla fonte, che il ministro delle Finanze danese può adottare norme che prevedano che le distribuzioni di dividendi a fondi che rientrano nell’ambito di applicazione delle disposizioni di cui all’articolo 16 C (in prosieguo: i «fondi di cui all’articolo 16 C») della lov om påligningen af indkomstskat til staten (ligningsloven) (legge relativa all’imposta statale sui redditi), (in prosieguo: la «ligningslov») siano esentate dalla ritenuta. In occasione dell’adozione del decreto ministeriale di attuazione della ligningslov (in prosieguo: il «decreto ministeriale»), il ministro delle Finanze danese si è avvalso di tale facoltà per esentare da qualsiasi ritenuta alla fonte i fondi di cui all’articolo 16 C residenti in Danimarca.

6.        Ai sensi dell’articolo 38 del decreto ministeriale, ogni OICVM può farsi rilasciare un certificato di esenzione e beneficiare dell’esenzione dalla ritenuta alla fonte sui dividendi, a condizione, da un lato, di essere un organismo disciplinato dall’articolo 1, paragrafo 1, punto 6, della legge sull’IS (e dunque residente in Danimarca) e, dall’altro, di beneficiare dello status di fondo di cui all’articolo 16 C. Un OICVM residente in Danimarca che non soddisfi le condizioni previste all’articolo 16 C della ligningslov non è esentato dalla ritenuta alla fonte sui dividendi.

7.        L’articolo 16 C della ligningslov stabilisce cosa si debba intendere per «fondo di cui all’articolo 16 C». In tal senso, in conformità alla normativa in vigore fino al 1o giugno 2005, affinché un OICVM potesse essere qualificato come «fondo di cui all’articolo 16 C», era necessario che esso distribuisse un importo minimo determinato (in prosieguo: la «distribuzione minima»). La distribuzione minima costituisce la base per la tassazione dei redditi del fondo in capo ai suoi detentori di quote.

8.        A seguito dell’adozione della legge n. 407, del 1o giugno 2005, e a partire da tale data, non è più necessario che si sia effettivamente proceduto ad una distribuzione minima ai detentori di quote per poter beneficiare dello status di «fondo di cui all’articolo 16 C». Il beneficio di tale status continua tuttavia ad essere assoggettato alla condizione che l’OICVM proceda al calcolo di una distribuzione minima, soggetta a imposta in capo ai suoi detentori di quote, tramite una ritenuta alla fonte prelevata dal fondo. Dalle spiegazioni del giudice del rinvio, con riferimento ai lavori preparatori di tale legge, risulta che l’obiettivo di tale modifica legislativa consisteva nel rendere più facile per gli OICVM esteri di beneficiare dello status di fondo di cui all’articolo 16 C, in modo da non esigere più da tali fondi l’adeguamento della loro politica di distribuzione in funzione della normativa tributaria danese, il che riveste interesse per i fondi i cui detentori di quote danesi sono una piccolissima minoranza. Risulta dalle osservazioni delle parti interessate che taluni OICVM non residenti in Danimarca hanno potuto conformarsi alle norme relative alla distribuzione minima previste all’articolo 16 C della ligningslov.

9.        Occorre inoltre rilevare che dette norme vengono specificate all’articolo 16 C, paragrafi da 2 a 6, della ligningslov. In conformità al paragrafo 2 di tale articolo, la distribuzione minima è costituita dalla somma dei redditi e degli importi netti incassati nel corso dell’esercizio fiscale, con deduzione di perdite e spese. L’articolo 16 C, paragrafo 3, della ligningslov, prevede l’inclusione, in tale calcolo, di una lunga serie di redditi elencati da tale articolo, segnatamente gli interessi, i dividendi da azioni, i proventi su crediti e contratti finanziari nonché le plusvalenze su cessioni di azioni. In conformità all’articolo 16 C, paragrafi 4 e 5, della ligningslov, i fondi di cui all’articolo 16 C possono dedurre le perdite fiscalmente rilevanti nonché le spese amministrative.

10.      Alla luce di tale normativa, il Fidelity Funds e il NN (L) SICAV sostengono di non potersi conformare, per natura, alla prima delle condizioni, relativa alla residenza fiscale in Danimarca, per beneficiare dell’esenzione dalla ritenuta alla fonte. Tale condizione costituisce una disparità di trattamento fiscale degli OICVM a seconda del loro Stato di residenza e sarebbe contraria, secondo tali parti nel procedimento principale, all’articolo 56 CE, senza poter essere giustificata da motivi imperativi di interesse generale. Per quanto riguarda la seconda condizione, relativa al calcolo di una distribuzione minima, il Fidelity Funds e il NN (L) SICAV precisano di non avere alcun incentivo a soddisfarla, in quanto, a causa della prima condizione, essi non possono in ogni caso beneficiare del regime accordato ai fondi di cui all’articolo 16 C. Anche questa seconda condizione sarebbe, a loro avviso, contraria alla libera prestazione dei servizi, garantita dall’articolo 49 CE, in quanto gli OICVM non sono costituiti ai sensi della normativa di ciascuno degli Stati membri in cui i loro detentori di quote possono risiedere, bensì in conformità alla normativa dello Stato membro della loro residenza. Qualora un siffatto requisito dovesse essere imposto a ciascun OICVM non residente, l’armonizzazione alla quale procede la direttiva 85/611, nonché il diritto alla libera prestazione dei servizi, risulterebbero privi di senso.

11.      Avendo constatato che la soluzione della controversia nel procedimento principale dipendeva dall’interpretazione degli articoli 49 CE e 56 CE, il giudice del rinvio ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se un regime fiscale, come quello di cui trattasi nel procedimento principale, in forza del quale gli OICVM esteri disciplinati dalla direttiva [85/611] sono soggetti a ritenuta alla fonte sui dividendi provenienti da società danesi sia contrario all’articolo 56 CE (divenuto articolo 63 TFUE) sulla libera circolazione dei capitali o all’articolo 49 CE (divenuto articolo 56 TFUE) sulla libera prestazione dei servizi, laddove gli OICVM danesi equivalenti possono ottenere un’esenzione dalla ritenuta alla fonte, o perché operano effettivamente una distribuzione minima di dividendi ai propri detentori di quote a fronte della quale si applica la ritenuta alla fonte, oppure perché è calcolata tecnicamente una distribuzione minima sulla quale è applicata la ritenuta alla fonte in relazione ai detentori di quote degli organismi».

12.      Su tale questione hanno presentato osservazioni scritte il Fidelity Funds, il NN (L) SICAV, i governi danese, tedesco e dei Paesi Bassi, nonché la Commissione europea. Tali parti hanno parimenti presentato osservazioni orali nel corso dell’udienza tenutasi il 5 ottobre 2017.

 Analisi

13.      Occorre anzitutto osservare che, contrariamente a quanto avrebbero potuto far pensare gli argomenti esposti segnatamente dal Fidelity Funds dinanzi al giudice del rinvio, quest’ultimo non interpella la Corte sull’interpretazione della direttiva 85/611.

14.      Infatti, come dichiarato dalla Corte nella sentenza del 26 maggio 2016, NN (L) International (C‑48/15, EU:C:2016:356, punto 32), la fiscalità degli OICVM non rientra tra le materie disciplinate da tale direttiva, la quale non contiene alcuna disposizione al riguardo. È vero che, in questa stessa sentenza, la Corte ha ricordato che l’articolo 44, paragrafo 3, della direttiva 85/611 stabiliva che le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative applicabili in uno Stato membro agli OICVM e non ricomprese nel settore disciplinato da tale direttiva dovevano essere applicate in modo non discriminatorio, il che implica che la direttiva 85/611 non osta al prelievo di un’imposta annuale riscossa presso gli OICVM che commercializzano le proprie quote in uno Stato membro, a condizione che essa sia applicata in modo non discriminatorio (3). Tuttavia, la Corte ha logicamente effettuato l’esame del carattere discriminatorio e ostruttivo del prelievo di una siffatta imposta presso gli OICVM di cui a tale causa alla luce delle libertà di circolazione garantite dal Trattato CE (4). Per questo motivo, è perfettamente comprensibile che, in un caso che, come quello di cui procedimento principale, verte su una normativa che prevede una differenza di trattamento fiscale fra OICVM sulla base di un criterio generalmente ammesso nel diritto tributario internazionale e riconosciuto dalla Corte, ossia quello del luogo della residenza fiscale degli organismi di cui trattasi (5), il giudice del rinvio si sia limitato ad interpellare la Corte sulla compatibilità di una siffatta normativa con la libera circolazione dei capitali e la libera prestazione dei servizi.

15.      Fatta tale precisazione, l’analisi della differenza di trattamento fiscale posta in essere dalla normativa danese verterà su quattro punti, dei quali solo gli ultimi due necessiteranno di considerazioni sostanziali. Infatti, mentre è pacifico che è la libertà di circolazione dei capitali a risultare rilevante nella presente causa (A) e che la normativa danese costituisce una restrizione a tale libertà (B), la comparabilità della situazione degli OICVM residenti e non residenti in Danimarca (C) e i motivi di giustificazione di tale restrizione (D) sono questioni più spinose, come è emerso dalle discussioni dinanzi alla Corte.

A.      Sull’applicazione della libera circolazione dei capitali

16.      Come traspare dal testo della questione pregiudiziale, il giudice del rinvio esprime dubbi sulla scelta della libertà in relazione alla quale la normativa di cui al procedimento principale deve essere valutata. Più precisamente, il giudice del rinvio si chiede se la normativa danese sia contraria all’articolo 56 CE (divenuto articolo 63 TFUE) sulla libera circolazione dei capitali, oppure all’articolo 49 CE (divenuto articolo 56 TFUE) sulla libera prestazione dei servizi.

17.      In conformità alla giurisprudenza, per determinare se una normativa nazionale rientri nell’una o nell’altra delle libertà fondamentali garantite dal Trattato CE, occorre prendere in considerazione l’oggetto della normativa di cui al procedimento principale (6).

18.      A tal riguardo, la normativa danese non verte sulle condizioni di accesso degli OICVM non residenti al mercato di uno Stato membro, nella specie il Regno di Danimarca, bensì sul trattamento fiscale dei redditi di tali organismi, il quale grava pertanto direttamente sugli investimenti che essi effettuano in Danimarca. Questa semplice constatazione potrebbe già bastare, a mio avviso, a escludere l’applicabilità della libera prestazione dei servizi.

19.      Inoltre, diversamente dalla situazione all’origine della sentenza del 3 ottobre 2006, Fidium Finanz (C‑452/04, EU:C:2006:631, punti 2 e da 45 a 47), che riguardava il divieto opposto dalle autorità tedesche a una società svizzera di concedere, a titolo professionale, crediti a clienti tedeschi perché essa non disponeva dell’autorizzazione necessaria all’esercizio di una siffatta attività, in relazione alla quale la Corte ha dichiarato che essa rientrava nell’ambito di applicazione della libera prestazione dei servizi, l’esclusione dal beneficio dell’esenzione fiscale, prevista dalla normativa danese di cui al procedimento principale, a scapito degli OICVM non residenti che percepiscono dividendi versati da società danesi, non ha come effetto di impedire l’accesso al mercato danese di tali operatori economici.

20.      È vero che l’applicazione di una siffatta normativa potrebbe rendere più onerosa la prestazione di servizi finanziari degli OICVM non residenti nei confronti degli investitori danesi rispetto a quella realizzata, in condizioni identiche, dagli OICVM danesi (7).

21.      Sebbene la libera prestazione dei servizi possa dunque essere influenzata dall’imposta alla quale sono assoggettati gli OICVM non residenti, ad esclusione degli OICVM residenti, potendo tale disparità produrre effetti sui servizi finanziari offerti in Danimarca dai primi, tale libertà appare cionondimeno secondaria rispetto alla libera circolazione dei capitali e può in ogni caso esservi ricollegata (8).

22.      Ad ogni buon fine, aggiungo che si evince dagli elementi del fascicolo e dalle osservazioni delle parti interessate che le partecipazioni detenute dal Fidelity Funds e dal NN (L) SICAV nelle società danesi sono state effettuate al solo fine di realizzare un investimento, senza intenzione di influire sulla gestione e sul controllo dell’impresa, cosicché solo la libera circolazione dei capitali, ad esclusione della libertà di stabilimento, risulta essere pertinente (9).

23.      Di conseguenza, come giustamente sostenuto dal governo dei Paesi Bassi e dalla Commissione, ritengo che la normativa di cui al procedimento principale debba essere esaminata alla luce della libera circolazione dei capitali, come garantita dall’articolo 56 CE.

B.      Sull’esistenza di una restrizione alla libera circolazione dei capitali

24.      Le misure vietate dall’articolo 56, paragrafo 1, CE, in quanto restrizioni ai movimenti di capitali, comprendono segnatamente quelle che sono idonee a dissuadere i non residenti dal fare investimenti in uno Stato membro (10).

25.      Nella specie, secondo la normativa danese applicabile al momento dei fatti della controversia di cui al procedimento principale, quale risulta dalla decisione di rinvio, i dividendi distribuiti da una società residente a un OICVM non residente erano tassati, in linea di principio, all’aliquota del 25% nel 2000, raggiungendo il 28% fra il 2001 e il 2009, attraverso l’applicazione di una ritenuta alla fonte, fatta salva l’applicazione di un’aliquota diversa in forza di una convenzione diretta a prevenire la doppia imposizione, mentre siffatti dividendi erano esentati allorché venivano versati a un OICVM residente, a condizione, inoltre, che un siffatto organismo rivestisse la qualità di fondo di cui all’articolo 16 C, vale a dire, fino al 31 maggio 2005, che esso procedesse effettivamente ad una distribuzione minima a vantaggio dei suoi detentori di quote oppure, a partire dal 1o giugno 2005, che esso calcolasse, tecnicamente, una siffatta distribuzione minima (11).

26.      Di conseguenza, solo gli OICVM residenti in Danimarca e aventi la qualità di fondo di cui all’articolo 16 C erano esenti da imposta, mentre gli OICVM non residenti ne erano sistematicamente esclusi, anche nel caso in cui, come sembra avvenire nel procedimento principale, gli OICVM non residenti beneficiano di una riduzione dell’aliquota d’imposta sui dividendi in applicazione di una convenzione intesa a prevenire la doppia imposizione oppure – ma non sembra essere questo il caso del procedimento principale – quando essi procedono effettivamente o calcolano tecnicamente una distribuzione minima a vantaggio dei loro detentori di quote.

27.      Una siffatta differenza di trattamento fiscale dei dividendi tra OICVM a seconda, segnatamente, del loro luogo di residenza, è idonea a dissuadere, da un lato, gli OICVM non residenti dall’effettuare investimenti in società stabilite in Danimarca e, dall’altro, gli investitori residenti in tale Stato membro dall’acquistare quote in OICVM non residenti (12).

28.      Di conseguenza, come ammesso peraltro dal governo danese, una siffatta normativa fiscale costituisce una restrizione alla libera circolazione dei capitali contraria, in linea di principio, all’articolo 56 CE.

29.      La restrizione alla libera circolazione dei capitali ora evidenziata potrebbe tuttavia essere ammessa nel diritto dell’Unione se, in conformità all’articolo 58, paragrafo 1, lettera a), CE, la differenza di trattamento sulla quale essa è basata riguarda situazioni che non sono oggettivamente paragonabili o se è giustificata da motivi imperativi di interesse generale (13).

30.      Come indicato in precedenza, devono essere esaminate in maniera più dettagliata sia la comparabilità delle situazioni di cui al procedimento principale sia la giustificazione della restrizione ai movimenti di capitali che la normativa danese comporta.

C.      Sulla comparabilità delle situazioni di cui al procedimento principale

31.      Si deve ricordare che la comparabilità o meno di una situazione transfrontaliera con una situazione interna dev’essere esaminata tenendo conto dell’obiettivo perseguito dalle disposizioni nazionali in questione nonché dell’oggetto e del contenuto di queste ultime (14).

32.      Per quanto riguarda gli obiettivi perseguiti dalla normativa danese in questione, dalle spiegazioni del giudice del rinvio e dalle osservazioni del governo danese risulta che essa è intesa, da un lato, a prevenire una doppia imposizione a catena, in occasione dell’investimento tramite un OICVM, e, dall’altro, ad assicurare che i dividendi distribuiti da società danesi non eludano la potestà impositiva della Danimarca a causa della loro esenzione a livello degli OICVM residenti e vengano effettivamente assoggettati una volta a tale potestà, a livello dei detentori di quote di detti organismi.

33.      Per quanto concerne, in primo luogo, l’obiettivo di prevenzione dell’imposizione a catena, certamente dalla giurisprudenza risulta che, con riguardo ai provvedimenti adottati da uno Stato membro al fine di prevenire o attenuare l’imposizione a catena ovvero la doppia imposizione economica di utili distribuiti da una società residente, le società, i contribuenti o gli azionisti beneficiari residenti di tale Stato membro non si trovano necessariamente in una situazione analoga a quella di società, contribuenti o azionisti beneficiari che risiedono in un altro Stato membro (15).

34.      Tuttavia, a partire dal momento in cui uno Stato membro, in modo unilaterale o per via convenzionale, assoggetta all’imposta sul reddito non soltanto società, contribuenti o azionisti residenti, ma anche società, contribuenti o azionisti non residenti, per i dividendi che essi percepiscono da una società residente, la situazione di tali non residenti si avvicina a quella dei residenti (16).

35.      Difatti, è il mero esercizio della competenza tributaria da parte di questo stesso Stato a generare, indipendentemente da ogni imposizione in un altro Stato membro, un rischio di imposizione a catena o di doppia imposizione economica. In un caso siffatto, affinché i beneficiari non residenti non si trovino di fronte ad una limitazione della libera circolazione dei capitali, vietata, in linea di principio, dall’articolo 56 CE, lo Stato di residenza della società distributrice deve vigilare affinché, in relazione alla procedura prevista dal suo diritto nazionale allo scopo di prevenire o di attenuare l’imposizione a catena o la doppia imposizione economica, le società, i contribuenti o gli azionisti non residenti siano assoggettati a un trattamento equivalente a quello di cui beneficiano le società, i contribuenti o gli azionisti residenti (17).

36.      Nel procedimento principale, poiché il Regno di Danimarca ha scelto di esercitare la propria competenza tributaria sui dividendi percepiti dagli OICVM non residenti versati da società danesi, tali OICVM si trovano di conseguenza in una situazione paragonabile a quella degli OICVM residenti per quanto attiene al rischio di imposizione a catena dei dividendi versati da società danesi.

37.      In secondo luogo, quanto all’obiettivo consistente nel subordinare l’esenzione degli OICVM residenti alla condizione che l’imposizione sia spostata a livello dei detentori di quote di siffatti organismi, esso potrebbe indurre a chiedersi se, nell’esaminare la comparabilità delle situazioni, debba essere presa in considerazione la situazione fiscale dei detentori di quote.

38.      A tal riguardo, si deve ricordare che, secondo una giurisprudenza costante, ai fini dell’esame di una differenza di trattamento relativa alla tassazione dei dividendi distribuiti, occorre tener conto unicamente dei criteri di distinzione previsti dalla normativa tributaria nazionale di cui al procedimento principale (18).

39.      Come indicato in precedenza, nel procedimento principale l’esenzione dalla ritenuta alla fonte effettuata a vantaggio degli OICVM è subordinata a due condizioni. Da un lato, gli OICVM devono essere residenti in Danimarca. Dall’altro, fino al 31 maggio 2005, tali organismi dovevano procedere a una distribuzione minima, in modo da prelevare su tale distribuzione una ritenuta alla fonte a carico dei loro detentori di quote; siffatto requisito è stato trasformato, a partire dal 1o giugno 2005, in un mero calcolo tecnico della distribuzione minima, la quale continua ad essere tassata in capo ai detentori di quote, tramite una ritenuta alla fonte prelevata dall’OICVM.

40.      Questa duplice caratteristica sembra distinguere la normativa danese dalla normativa francese all’origine della sentenza del 10 maggio 2012, Santander Asset Management SGIIC e a. (da C‑338/11 a C‑347/11, EU:C:2012:286). Difatti, in tale sentenza, la Corte ha esaminato la comparabilità oggettiva degli OICVM residenti e non residenti in Francia, escludendo la considerazione della situazione tributaria dei detentori di quote degli OICVM, in quanto la normativa francese poggiava su un criterio distintivo unico, ossia il luogo di residenza di tali organismi.

41.      Alla luce della differenza fra il contesto normativo tributario francese e danese testé evidenziata, e sebbene le parti interessate abbiano segnatamente discusso le conseguenze che dovrebbero essere tratte dalla sentenza del 10 maggio 2012, Santander Asset Management SGIIC e a. (da C‑338/11 a C‑347/11, EU:C:2012:286) per la presente causa, è piuttosto curioso rilevare che nessuno dei tre governi che hanno depositato osservazioni scritte ha sostenuto la tesi secondo la quale l’esame della comparabilità delle situazioni doveva includere la situazione fiscale dei detentori di quote. Infatti, mentre il governo danese, pur facendo riferimento a tale sentenza, si è limitato a giustificare tale normativa sulla base della preservazione della coerenza del regime fiscale, nonché, più succintamente, della ripartizione equilibrata della potestà impositiva (19), i governi tedesco e olandese hanno incentrato le loro rispettive osservazioni relative alla comparabilità oggettiva delle situazioni sui soli veicoli di investimento costituiti dagli OICVM.

42.      Pur aderendo alla tesi secondo la quale deve essere oggetto della comparazione soltanto la situazione degli OICVM, ad esclusione della situazione fiscale dei loro detentori di quote, sono in definitiva il Fidelity Funds e il NN (L) SICAV, nonché, in misura minore, la Commissione, ad avere fornito la motivazione più articolata sul livello al quale l’esame della comparabilità delle situazioni dovrebbe essere effettuato. Più precisamente, secondo il NN (L) SICAV, la normativa danese avrebbe sancito un criterio distintivo fondato unicamente sul luogo di residenza dell’OICVM beneficiario dei dividendi, e l’esenzione fiscale della quale godono gli OICVM residenti non sarebbe subordinata alla tassazione degli utili distribuiti in capo ai loro detentori di quote. La normativa danese non stabilirebbe alcun nesso fra il trattamento fiscale dei dividendi di origine nazionale, percepiti dagli OICVM ordinari (o di capitalizzazione), e la situazione fiscale dei loro detentori di quote. Quanto ai fondi di cui all’articolo 16 C, i quali ridistribuiscono in parte i dividendi percepiti, la normativa danese non prenderebbe neanche in considerazione la situazione fiscale dei loro detentori di quote. La ritenuta alla fonte praticata sui dividendi distribuiti a un OICVM non residente non è pertanto ridotta qualora detto organismo abbia detentori di quote residenti in Danimarca e la cui situazione fiscale è comparabile a quella di detentori di quote di OICVM residenti in Danimarca. Inoltre, la Commissione sostiene che gli OICVM residenti e non residenti si trovano in una situazione comparabile, anche prendendo in considerazione, nella comparazione, la tassazione dei partecipanti. Infine, il Fidelity Funds aggiunge che, poiché sono disciplinati dalla direttiva 85/611, gli OICVM non residenti devono essere comparati con gli OICVM residenti in Danimarca.

43.      Da parte mia, e per i motivi che verranno illustrati nel prosieguo delle presenti conclusioni, sono incline a ritenere che, indipendentemente dalla prospettiva dalla quale si effettua l’esame della comparabilità delle situazioni, le situazioni di cui al procedimento principale siano oggettivamente comparabili, cosicché sarà necessario esaminare, in definitiva, se la normativa danese possa essere giustificata, in particolare in forza della necessità di preservare la coerenza del regime fiscale.

44.      Anzitutto, non condivido l’argomento addotto dal Fidelity Funds secondo il quale lo status di OICVM disciplinato dalla direttiva 85/611 sarebbe sufficiente per constatare la comparabilità oggettiva degli OICVM non residenti e degli OICVM danesi, alla luce della normativa tributaria danese. Infatti, oltre al fatto che, come ho affermato in precedenza, la fiscalità degli OICVM non rientra tra le materie disciplinate dalla direttiva 85/611 (20), sotto il profilo della libera circolazione dei capitali, l’esame della comparabilità non verte sullo status giuridico degli operatori di cui trattasi, bensì sulla loro situazione dal punto di vista della normativa tributaria in oggetto (21). In sede di analisi della comparabilità delle situazioni di operatori economici, la Corte ha peraltro già escluso la rilevanza dello status di OICVM qualora quest’ultimo non ricada nel criterio o nei criteri distintivi sui quali si basa la normativa tributaria applicabile (22).

45.      Inoltre, al fine di stabilire il livello al quale la comparabilità delle situazioni doveva essere realizzata, ossia unicamente a livello dell’OICVM o anche a livello dei detentori di quote, le parti interessate hanno discusso, su richiesta della Corte, sulla questione se i due criteri sui quali si basa la normativa nazionale fossero autonomi oppure indissolubilmente connessi.

46.      Infatti, una risposta univoca a tale questione nel senso dell’autonomia o del carattere separabile del criterio della residenza dell’OICVM rispetto al criterio relativo alla necessità di una distribuzione minima (effettiva o tecnica) potrebbe sicuramente suggerire che la normativa danese non sia, in definitiva, distante dalla normativa francese all’origine della causa che ha dato luogo alla sentenza del 10 maggio 2012, Santander Asset Management SGIIC e a. (da C‑338/11 a C‑347/11, EU:C:2012:286) oppure dalla normativa polacca all’origine della causa che ha dato luogo alla sentenza del 10 aprile 2014, Emerging Markets Series of DFA Investment Trust Company (C‑190/12, EU:C:2014:249). In altri termini, nella misura in cui queste due normative si fondavano, in via esclusiva o principale, sul luogo di residenza degli OICVM interessati, la Corte ha ritenuto che la comparabilità delle situazioni dovesse essere effettuata unicamente a livello di tali organismi (23).

47.      Nella specie, indipendentemente dalle critiche del NN (L) SICAV aventi ad oggetto l’interpretazione asseritamente erronea della normativa danese alla quale avrebbe proceduto il giudice del rinvio, le quali non possono essere esaminate dalla Corte nell’ambito del regime di cooperazione giudiziaria istituito dall’articolo 267 TFUE (24), taluni elementi depongono, a mio avviso, nel senso di ritenere che il criterio della residenza dell’OICVM sia non solo separabile dal criterio della distribuzione minima (effettiva o tecnica), ma che sia anche prevalente rispetto a quest’ultimo. Infatti, da un lato, si deve rilevare che i due criteri ripresi dall’articolo 38 del decreto ministeriale compaiono in due normative nazionali distinte (25). Inoltre, il governo danese ha ammesso, nelle sue osservazioni scritte, che il secondo criterio potrebbe essere applicato, se del caso, indipendentemente dal criterio della residenza dell’OICVM. Dall’altro, come sostenuto dal Fidelity Funds e dal NN (L) SICAV e come ammesso dal governo danese, mentre taluni OICVM non residenti sono perfettamente idonei a soddisfare (e soddisfano in pratica) il secondo criterio, solo gli OICVM danesi possono soddisfare la condizione della residenza in Danimarca.

48.      In tali circostanze, la comparabilità delle situazioni sussisterebbe unicamente con riferimento al criterio principale e preponderante accolto dalla normativa danese, ossia il luogo di residenza dell’OICVM, e si dovrebbe allora constatare, al pari delle sentenze del 10 maggio 2012, Santander Asset Management SGIIC e a. (da C‑338/11 a C‑347/11, EU:C:2012:286), e del 10 aprile 2014, Emerging Markets Series of DFA Investment Trust Company (C‑190/12, EU:C:2014:249, punti 63 e 69), che solo la situazione degli OICVM, a seconda che essi siano residenti o meno in Danimarca, deve essere comparata, e che, in definitiva, tali veicoli di investimento si trovano in situazioni oggettivamente comparabili per quanto riguarda il trattamento fiscale dei dividendi che essi percepiscono da società danesi.

49.      Ciò non toglie che la logica sottesa alla normativa danese è che l’esenzione dalla ritenuta alla fonte viene accordata agli OICVM residenti soltanto qualora essa sia accompagnata da una distribuzione minima (effettiva o tecnica) a vantaggio dei loro detentori di quote, in capo ai quali tali organismi prelevano un’imposta, tramite una ritenuta alla fonte. Orbene, il Regno di Danimarca accorda l’esenzione dalla ritenuta alla fonte a un OICVM danese solo qualora esso sia certo di poter esercitare la propria competenza tributaria sui dividendi ridistribuiti da tale OICVM a vantaggio dei suoi detentori di quote.

50.      Pertanto, diversamente dalla situazione all’origine delle sentenze del 10 maggio 2012, Santander Asset Management SGIIC e a. (da C‑338/11 a C‑347/11, EU:C:2012:286), e del 10 aprile 2014, Emerging Markets Series of DFA Investment Trust Company (C‑190/12, EU:C:2014:249), esiste un nesso, stabilito dalla normativa danese, fra la concessione dell’esenzione agli OICVM residenti e la situazione fiscale dei loro detentori di quote, come peraltro ammesso dalla Commissione nelle sue osservazioni scritte. Ritengo pertanto che la situazione di questi ultimi possa altresì essere presa in considerazione nell’esaminare la comparabilità delle situazioni.

51.      Tuttavia, la presa in considerazione della situazione dei detentori di quote degli OICVM non significa, a mio avviso, che le situazioni, esaminate nel loro complesso, non siano oggettivamente comparabili, con la conseguenza che la disparità di trattamento risultante dalla normativa danese sarebbe ammissibile. Infatti, la normativa danese non prende in considerazione la situazione dei detentori di quote degli OICVM in maniera completa, cosicché le differenze di trattamento risultanti da tale lacuna non possono essere giustificate sulla base di una differenza di situazione oggettiva (26).

52.      A tal riguardo, ritengo che l’esame della situazione fiscale dei detentori di quote possa essere intrapreso sotto tre diversi profili. In primo luogo, è ipotizzabile comparare la situazione fiscale dei detentori di quote residenti, a seconda che essi effettuino investimenti in un OICVM residente o in un OICVM non residente. In secondo luogo, la comparazione può riguardare la situazione fiscale del detentore di quote residente di un OICVM residente e quella di un detentore di quote non residente di un OICVM non residente. Infine, in terzo luogo, è parimenti possibile esaminare la comparabilità delle situazioni dei detentori di quote non residenti, a seconda che essi effettuino investimenti in OICVM non residenti o residenti (27).

53.      Quanto alla prima ipotesi, non ravviso una differenza oggettiva fra un detentore di quote danese e un altro detentore di quote danese, a seconda che essi investano in un OICVM residente o non residente. Questi due detentori di quote rientrano nella competenza tributaria del Regno di Danimarca e dovrebbero, in linea di principio, essere trattati in modo non discriminatorio. Tuttavia, mentre il detentore di quote danese che realizza un investimento in un OICVM non residente – il quale, anche se può essere qualificato come «fondo di cui all’articolo 16 C», sarà assoggettato alla ritenuta alla fonte – sopporterà sempre, come riconosciuto dal governo danese, un’imposizione a cascata, il detentore di quote danese che investe in un OICVM residente, qualificato come «fondo di cui all’articolo 16 C» ed esentato dalla ritenuta alla fonte, potrà detrarre la ritenuta dall’imposta sui redditi o sulle società che esso è peraltro tenuto a pagare.

54.      La seconda ipotesi, ossia il raffronto fra la situazione fiscale del detentore di quote residente di un OICVM residente e la situazione del detentore di quote non residente di un OICVM non residente, non mi sembra comportare una soluzione diversa. Entrambi si trovano, dal punto di vista della normativa danese, in una situazione oggettivamente comparabile allorché investono in OICVM che non ridistribuiscono i dividendi riscossi da società danesi.

55.      Per quanto riguarda i detentori di quote non residenti degli OICVM non residenti di distribuzione e i detentori di quote residenti dei fondi di cui all’articolo 16 C che risiedono in Danimarca, rilevo che, nella sentenza del 17 settembre 2015, Miljoen e a. (C‑10/14, C‑14/14 e C‑17/14, EU:C:2015:608, punto 74), la Corte ha dichiarato, in relazione all’esame della comparabilità oggettiva del trattamento fiscale di contribuenti residenti e non residenti da parte dello Stato membro della fonte di dividendi versati a loro favore, che «quando un’imposta sui dividendi è ritenuta alla fonte da uno Stato membro sui dividendi distribuiti da società stabilite in tale Stato, il raffronto fra il trattamento fiscale di un contribuente non residente e quello di un contribuente residente deve essere effettuato in considerazione, da un lato, dell’imposta sui dividendi dovuta dal contribuente non residente e, dall’altro, dell’imposta sui redditi o dell’imposta sulle società dovuta dal contribuente residente e nella cui base imponibile è ricompreso il reddito proveniente dalle azioni da cui risultano i dividendi». Infatti, secondo la Corte, per l’applicazione dell’articolo 58, paragrafo 1, lettera a), CE [divenuto articolo 65, paragrafo 1, lettera a), TFUE], non è sufficiente tenere conto soltanto dell’imposta sui dividendi in quanto tale, poiché l’analisi deve includere il complesso dell’imposizione gravante sui redditi delle persone fisiche o sui benefici di società provenienti dal possesso di azioni in società stabilite in uno Stato membro (28).

56.      Applicato alla presente causa, siffatto criterio di comparazione dell’onere fiscale effettivo, sostenuto dai contribuenti residenti e non residenti nello Stato membro della fonte, significa che non sarebbe corretto limitarsi a rilevare che i detentori di quote non residenti di un OICVM non residente, idoneo ad essere qualificato come «fondo di cui all’articolo 16 C», sopportano indirettamente la ritenuta alla fonte prelevata presso tale organismo, mentre i detentori di quote di un fondo danese di cui all’articolo 16 C sopportano direttamente la ritenuta effettuata da quest’ultimo, con la conseguenza che tali detentori di quote non si troverebbero in una situazione oggettivamente comparabile. Infatti, analizzata nella sua globalità, l’imposizione sopportata dal detentore di quote non residente sarà definitiva, mentre il detentore di quote residente potrà sempre detrarre la ritenuta dall’imposta sul reddito o dall’imposta sulle società che è tenuto a versare in Danimarca.

57.      È vero che il detentore di quote non residente rientra nella competenza tributaria di un altro Stato membro con riferimento alla tassazione dei suoi redditi. Tuttavia, risulta che, come regola generale, e sempreché lo Stato membro di residenza del detentore di quote applichi, al fine di prevenire la doppia imposizione, il metodo dell’imputazione, l’imposta sui dividendi prelevata alla fonte non potrà, quantomeno non totalmente, essere rimborsata o imputata all’imposta sul reddito o sulle società in tale Stato membro (29). In ogni caso, indipendentemente, se del caso, da una convenzione diretta a prevenire la doppia imposizione, uno Stato membro non può invocare l’esistenza di un vantaggio concesso unilateralmente da un altro Stato membro per sottrarsi agli obblighi ad esso incombenti in forza del Trattato CE (30).

58.      Infine, per quanto riguarda la comparazione di detentori di quote non residenti che investono in un OICVM non residente, idoneo ad essere qualificato come «fondo di cui all’articolo 16 C», e in un fondo di cui all’articolo 16 C residente in Danimarca, mentre la prima situazione, come osservato dalla Commissione, sarà sempre assoggettata al prelievo della ritenuta alla fonte presso l’OICVM non residente, la quale, pertanto, sarà applicata sui dividendi distribuiti, senza tenere conto di eventuali perdite e spese, il detentore di quote che investe in un fondo di cui all’articolo 16 C stabilito in Danimarca sarà assoggettato ad una ritenuta la cui base imponibile sarà la distribuzione minima, dalla quale possono essere parimenti detratte, in conformità all’articolo 16 C, paragrafi 2, 4 e 5, della ligningslov, le perdite e le spese di gestione dell’organismo. L’onere fiscale globale sarà pertanto più favorevole ai secondi che ai primi, senza che, a mio avviso, esso sia giustificato da una differenza di situazione oggettiva fra tutti i detentori di quote non residenti dal punto di vista dello Stato della fonte dei dividendi distribuiti.

59.      Poiché, a mio avviso, la normativa danese di cui al procedimento principale non può essere mantenuta in quanto applicabile a situazioni oggettivamente diverse, essa, per essere conservata, deve essere giustificata da un motivo imperativo di interesse generale.

D.      Sulla giustificazione della restrizione

60.      Secondo i governi danese e dei Paesi Bassi, la disparità di trattamento risultante dalla normativa danese sarebbe giustificata sia dall’intento di assicurare una ripartizione equilibrata del potere impositivo (1) sia da quello di preservare la coerenza del regime fiscale (2). Osservo fin d’ora che, mentre il primo motivo non è convincente, sono incline a ritenere che il regime danese possa essere giustificato dalla necessità di preservare la coerenza del sistema fiscale, ma che esso sia tuttavia sproporzionato alla luce di tale obiettivo.

1.      Sulla ripartizione equilibrata del potere impositivo

61.      Il governo danese ricorda che i detentori di quote esteri hanno un obbligo fiscale (alla fonte) limitato sulle distribuzioni minime regolarmente versate dai fondi di cui all’articolo 16 C che risiedono in Danimarca, mentre gli utili corrispondenti che vengono versati loro da OICVM non residenti non ricadono nel potere impositivo della Danimarca, anche se gli utili così distribuiti provengono dagli investimenti di detti OICVM in società danesi. Orbene, secondo tale governo, esentare gli OICVM non residenti dalla ritenuta alla fonte sui dividendi distribuiti da società danesi avrebbe come effetto che i detentori di quote esteri eluderebbero totalmente l’imposta danese sui dividendi distribuiti da società danesi per il mero fatto che i loro investimenti in siffatte società vengono effettuati tramite OICVM non residenti, il che comprometterebbe il diritto della Danimarca di esercitare la propria competenza tributaria in relazione alle attività svolte sul suo territorio.

62.      Tali considerazioni non mi persuadono affatto.

63.      È vero che, secondo una giurisprudenza costante, la necessità di salvaguardare una ripartizione equilibrata della potestà impositiva tra gli Stati membri può essere ammessa qualora il regime di cui trattasi sia inteso a prevenire comportamenti atti a porre a rischio il diritto di uno Stato membro di esercitare la propria competenza fiscale in relazione alle attività svolte sul suo territorio (31).

64.      Tuttavia, risulta da una giurisprudenza non meno costante che uno Stato membro, allorché ha scelto di non assoggettare ad imposta gli OICVM residenti beneficiari di dividendi d’origine nazionale, non può invocare la necessità di garantire una ripartizione equilibrata della potestà impositiva tra gli Stati membri per giustificare l’assoggettamento ad imposta degli OICVM non residenti beneficiari di tali redditi (32).

65.      Nella specie, poiché il Regno di Danimarca ha scelto (33) di esentare dalla ritenuta alla fonte unicamente i dividendi percepiti dai fondi di cui all’articolo 16 C che risiedono in Danimarca, ad esclusione degli OICVM non residenti, inclusi, soprattutto, quelli che possono soddisfare o soddisfano le condizioni di distribuzione previste all’articolo 16 C della ligningslov, la tassazione dei soli OICVM non residenti non può essere giustificata dall’obiettivo di non compromettere l’esercizio della competenza tributaria di tale Stato membro.

66.      Di conseguenza, il motivo relativo alla ripartizione equilibrata del potere impositivo fra gli Stati membri deve, a mio avviso, essere respinto.

2.      Sulla necessità di preservare la coerenza del sistema fiscale

67.      I governi danese, tedesco e dei Paesi Bassi sostengono che esiste un nesso diretto, ai sensi della giurisprudenza della Corte, fra il vantaggio fiscale accordato sotto forma di esenzione dalla ritenuta alla fonte e la compensazione di tale vantaggio tramite la tassazione immediata dei detentori di quote sui benefici dell’OICVM. Tale nesso diretto sarebbe preservato quand’anche gli importi distribuiti dagli OICVM ai detentori di quote siano inferiori a quelli dei dividendi esentati dalla ritenuta alla fonte. Infatti, discenderebbe dalle sentenze del 20 maggio 2008, Orange European Smallcap Fund (C‑194/06, EU:C:2008:289), e del 27 novembre 2008, Papillon (C‑418/07, EU:C:2008:659), che il nesso diretto può esistere anche se il vantaggio fiscale di un regime non è integralmente compensato, vale a dire anche se i dividendi che hanno beneficiato di un’esenzione dalla ritenuta alla fonte vengono integralmente ridistribuiti. Inoltre, secondo il governo tedesco, il nesso diretto verrebbe salvaguardato anche qualora vengano interessati due contribuenti diversi, come illustra la giurisprudenza della Corte.

68.      Il Fidelity Funds, il NN (L) SICAV e la Commissione sono di parere opposto. In particolare, la Commissione ritiene, da un lato, che la base imponibile applicata ai detentori di quote di un OICVM residente non sia equivalente a quella applicata dalla ritenuta alla fonte sui dividendi versati agli OICVM non residenti, e che la ritenuta alla fonte non sia sufficiente a compensare i vantaggi di cui godono i detentori di quote degli OICVM residenti rispetto ai detentori di quote degli OICVM non residenti. Dall’altro, la Commissione osserva che una persona o una società residente in Danimarca partecipante ad un OICVM non residente è soggetta ad imposta in Danimarca sui redditi provenienti dall’OICVM non residente, indipendentemente dal fatto che detto organismo sia già assoggettato, in Danimarca, alla ritenuta alla fonte sui dividendi che esso percepisce da società danesi. Questa doppia imposizione economica non si verificherà per un persona o una società residente in Danimarca che partecipa ad un OICVM residente avente lo status di organismo distributore in forza dell’articolo 16 C della ligningslov. Il vantaggio di cui godono detti OICVM residenti non è compensato da altri elementi nella normativa danese.

69.      A tal riguardo, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza ormai costante, affinché la preservazione della coerenza di un regime fiscale possa giustificare una restrizione a una libertà di circolazione, occorre che sia dimostrata l’esistenza di un nesso diretto tra il vantaggio fiscale interessato e la compensazione di tale vantaggio con un prelievo fiscale determinato, ove il carattere diretto di tale nesso dev’essere valutato con riguardo all’obiettivo perseguito dalla normativa in questione (34). Inoltre, il motivo relativo alla preservazione della coerenza fiscale esige un esame con riguardo ad un solo ed unico regime fiscale (35).

70.      Nelle sentenze del 18 giugno 2009, Aberdeen Property Fininvest Alpha (C‑303/07, EU:C:2009:377, punto 73), del 10 maggio 2012, Santander Asset Management SGIIC e a. (da C‑338/11 a C‑347/11, EU:C:2012:286, punto 52), e del 10 aprile 2014, Emerging Markets Series of DFA Investment Trust Company (C‑190/12, EU:C:2014:249, punto 93), la Corte ha respinto l’esistenza di un nesso diretto sulla base del rilievo che l’esenzione dalla ritenuta alla fonte dei dividendi oggetto di tali procedimenti non era subordinata alla condizione che i dividendi percepiti dalle società, dai fondi di investimento oppure dagli OICVM interessati fossero ridistribuiti da questi ultimi e che la loro tassazione in capo ai detentori di quote di tali società e organismi consentisse di compensare l’esenzione dalla ritenuta alla fonte.

71.      Come ho già specificato in altre conclusioni (36), la Corte non esclude più, dunque – e le tre sentenze summenzionate lo illustrano perfettamente – che la condizione relativa all’esistenza di un nesso diretto possa essere soddisfatta sebbene il vantaggio e il determinato prelievo fiscale inteso a compensare tale vantaggio non si riferiscano a un solo e unico soggetto passivo.

72.      Diversamente dalle normative nazionali all’origine delle tre sentenze citate al paragrafo 70 delle presenti conclusioni, e come ho sottolineato in precedenza, il regime danese subordina l’esenzione degli OICVM residenti alla condizione di una distribuzione minima (effettiva o tecnica) a vantaggio dei loro detentori di quote, i quali sono debitori di una ritenuta, prelevata a loro nome, da detti organismi. Il vantaggio così concesso agli OICVM residenti, sotto forma di un’esenzione dalla ritenuta alla fonte, viene dunque compensato dalla tassazione di detti dividendi, ridistribuiti da tali organismi, in capo ai detentori di quote di questi ultimi.

73.      Senza rimettere fondamentalmente in discussione l’esistenza di un siffatto nesso diretto, la Commissione sostiene, in sostanza, che il vantaggio concesso ai fondi di cui all’articolo 16 C che risiedono in Danimarca non sarebbe totalmente o interamente compensato dalla tassazione in capo ai loro detentori di quote, cosicché la coerenza del regime fiscale verrebbe rimessa in discussione.

74.      Orbene, rilevo che la condizione addotta dalla Commissione, secondo la quale l’imposizione dovrebbe compensare integralmente il vantaggio accordato, non si evince dalla giurisprudenza della Corte; peraltro, la Commissione non si basa su alcun precedente in tal senso.

75.      In realtà, più in generale, da tale giurisprudenza risulta che il nesso diretto richiesto fra il vantaggio accordato e il prelievo fiscale determinato riveste natura giuridica piuttosto che essere il risultato di un rapporto aritmetico più o meno preciso fra questi due elementi. Tale approccio è peraltro facilmente comprensibile in quanto il carattere diretto del nesso, come ho osservato, deve essere esaminato alla luce dell’obiettivo perseguito dalla normativa nazionale. Si tratta pertanto di un esame della logica interna che esiste fra il vantaggio e il prelievo fiscale piuttosto che un esame consistente nell’effettuare un calcolo dell’effetto compensativo reale e, a fortiori, integrale, di quest’ultimo.

76.      È vero che la Corte ha talvolta ritenuto che il carattere diretto del nesso implicasse una «correlazione rigorosa» fra l’elemento deducibile, vale a dire il vantaggio, e quello relativo all’imposizione (37).

77.      Cionondimeno, occorre rilevare che tale precisazione è stata essenzialmente fatta in contesti in cui si trattava di sottolineare che la coerenza fiscale addotta in tali cause non era accertata nell’ambito di un solo e unico regime fiscale, bensì era spostata su un altro livello, ossia quello della reciprocità delle norme applicabili fra gli Stati parti di convenzioni dirette a prevenire la doppia imposizione (38). Inoltre, nessuna di tali sentenze indica che detta «correlazione rigorosa» implichi una corrispondenza perfetta fra l’importo del vantaggio accordato e l’importo del prelievo fiscale che deve compensare detto vantaggio.

78.      Ciò premesso, per essere ammessa, è inoltre necessario che la restrizione sia adeguata e proporzionata con riferimento all’obiettivo perseguito della preservazione della coerenza del regime fiscale.

79.      A tal riguardo, sono disposto ad ammettere, come sottolineato dal governo danese, che il nesso diretto fra il vantaggio fiscale sotto forma di esenzione dalla ritenuta alla fonte e la sua compensazione tramite la tassazione immediata degli utili distribuiti verrebbe meno se un simile vantaggio dovesse essere parimenti accordato agli OICVM che non si sono impegnati a distribuire regolarmente i loro utili.

80.      Tuttavia, poiché il Regno di Danimarca ha ammesso che gli OICVM non residenti possono soddisfare volontariamente le condizioni di distribuzione previste dalla normativa danese e, pertanto, essere validamente qualificati come «fondi di cui all’articolo 16 C», non vedo il motivo, al pari della Commissione, per cui tali organismi non possano beneficiare dell’esenzione dalla ritenuta alla fonte, a condizione che le autorità tributarie di tale Stato membro si accertino, con la piena collaborazione di siffatti organismi, che questi ultimi versino un’imposta equivalente a quella che i fondi danesi di cui all’articolo 16 C devono trattenere, come ritenuta, sulla distribuzione minima calcolata in conformità a tale disposizione. Una siffatta misura sarebbe, a mio avviso, meno restrittiva del regime attuale, senza pregiudicarne le condizioni e la coerenza interna.

81.      Nel procedimento principale, poiché non risulta che il Fidelity Funds abbia tentato, neanche a titolo cautelare, di conformarsi ai requisiti attinenti alla distribuzione minima previsti all’articolo 16 C della ligningslov in occasione degli esercizi fiscali di cui al procedimento principale, mi sembra che, nonostante la risposta positiva che occorre dare alla questione proposta dal giudice del rinvio, il suo ricorso non potrà probabilmente essere accolto.

 Conclusione

82.      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono, propongo di rispondere nei seguenti termini alla questione proposta dall’Østre Landsret (Corte regionale dell’Est, Danimarca):

L’articolo 56 CE (divenuto articolo 63 TFUE) deve essere interpretato nel senso che esso osta a un regime fiscale di uno Stato membro, come quello di cui trattasi nel procedimento principale, in forza del quale gli organismi di investimento collettivo in valori mobiliari residenti in detto Stato membro possono beneficiare di un’esenzione dalla ritenuta alla fonte sui dividendi che essi percepiscono da società residenti, o perché essi procedono effettivamente a una distribuzione minima a vantaggio dei loro detentori di quote sulla quale l’imposta è trattenuta alla fonte, o perché, tecnicamente, viene calcolata una distribuzione minima sulla base della quale l’imposta è trattenuta alla fonte in capo ai loro detentori di quote, mentre gli organismi di investimento collettivo in valori mobiliari non residenti dello stesso tipo vengono tassati alla fonte sui dividendi distribuiti da società residenti.


1      Lingua originale: il francese.


2      GU 1985, L 375, pag. 3. Tale direttiva, in conformità al suo quarto considerando, mirava a prevedere, per gli OICVM situati negli Stati membri, norme minime comuni per quanto riguarda la loro autorizzazione, il loro controllo, la loro struttura, la loro attività e le informazioni che sono tenuti a pubblicare [v. sentenze dell’11 settembre 2014, Gruslin (C‑88/13, EU:C:2014:2205, punto 33), e del 26 maggio 2016, NN (L) International (C‑48/15, EU:C:2016:356, punto 31)]. La direttiva 85/611 è stata ripetutamente modificata prima di essere abrogata, con effetto a partire dal 1o luglio 2011, dalla direttiva 2009/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 luglio 2009, concernente il coordinamento delle disposizioni legislative, regolamentari e amministrative in materia di taluni organismi d’investimento collettivo in valori mobiliari (OICVM) (GU 2009, L 302, pag. 32), che ha proceduto a una sua rifusione.


3      Sentenza del 26 maggio 2016, NN (L) International (C‑48/15, EU:C:2016:356, punti 32 e 33).


4      Sentenza del 26 maggio 2016, NN (L) International (C‑48/15, EU:C:2016:356, punto 33).


5      Si ricorda che, in materia d’imposte dirette, la situazione dei residenti e quella dei non residenti non sono, di regola, comparabili: v., segnatamente, sentenze del 14 febbraio 1995, Schumacker (C‑279/93, EU:C:1995:31, punto 31); del 22 dicembre 2008, Truck Center (C‑282/07, EU:C:2008:762, punto 38), e del 24 febbraio 2015, Grünewald (C‑559/13, EU:C:2015:109, punto 25), il che implica che un diverso trattamento tra contribuenti residenti e non residenti non possa essere qualificato, di per sé, quale «discriminazione» ai sensi del Trattato [v., segnatamente, sentenza del 22 dicembre 2008, Truck Center (C‑282/07, EU:C:2008:762, punto 39 e la giurisprudenza ivi citata)].


6      V., segnatamente, sentenze del 1o luglio 2010, Dijkman e Dijkman-Lavaleije (C‑233/09, EU:C:2010:397, punto 26), e del 21 maggio 2015, Wagner-Raith (C‑560/13, EU:C:2015:347, punto 31).


7      Si ricorda che devono considerarsi restrizioni alla libera prestazione dei servizi le misure nazionali che vietino, ostacolino o rendano meno attraente l’esercizio di tale libertà: v., segnatamente, sentenza del 18 ottobre 2012, X (C‑498/10, EU:C:2012:635, punto 22 e la giurisprudenza ivi citata).


8      V., in tal senso, sentenza del 26 maggio 2016, NN (L) International (C‑48/15, EU:C:2016:356, punto 41).


9      Stando a tali informazioni, durante il periodo di cui al procedimento principale, tali partecipazioni non hanno mai ecceduto il 10% del capitale sociale delle società danesi. Sul criterio distintivo fra la libera circolazione dei capitali e la libertà di stabilimento, v., segnatamente, sentenza del 14 settembre 2017, The Trustees of the BT Pension Scheme (C‑628/15, EU:C:2017:687, punto 30 e la giurisprudenza ivi citata).


10      V., segnatamente, sentenze del 10 febbraio 2011, Haribo Lakritzen Hans Riegel e Österreichische Salinen (C‑436/08 e C‑437/08, EU:C:2011:61 punto 50); del 10 maggio 2012, Santander Asset Management SGIIC e a. (da C‑338/11 a C‑347/11, EU:C:2012:286, punto 15), e del 26 maggio 2016, NN (L) International (C‑48/15, EU:C:2016:356, punto 44).


11      Si osservi che, criticando la valutazione effettuata dal giudice del rinvio, il NN (L) SICAV sostiene che, in forza della normativa applicabile al momento dei fatti della controversia di cui al procedimento principale, tutti gli OICVM danesi beneficerebbero dell’esenzione dalla ritenuta alla fonte, e non solo gli OICVM danesi cosiddetti di «distribuzione», ossia i fondi di cui all’articolo 16 C. Tuttavia, è pacifico che, nell’ambito dell’applicazione dell’articolo 267 TFUE, poiché l’identificazione e l’interpretazione del diritto nazionale applicabile rientrano nella competenza esclusiva del giudice del rinvio, non spetta alla Corte rimettere in discussione la premessa sulla quale tale giudice si è fondato: v., in tal senso, sentenza del 14 giugno 2017, Online Games e a. (C‑685/15, EU:C:2017:452, punto 45 e la giurisprudenza ivi citata).


12      V., in tal senso, sentenze del 10 maggio 2012, Santander Asset Management SGIIC e a. (da C‑338/11 a C‑347/11, EU:C:2012:286, punto 17), e del 10 aprile 2014, Emerging Markets Series of DFA Investment Trust Company (C‑190/12, EU:C:2014:249, punto 42).


13      V., segnatamente, sentenza del 10 aprile 2014, Emerging Markets Series of DFA Investment Trust Company (C‑190/12, EU:C:2014:249, punto 57 e la giurisprudenza ivi citata).


14      V. sentenza del 2 giugno 2016, Pensioenfonds Metaal en Techniek (C‑252/14, EU:C:2016:402, punto 48 e la giurisprudenza ivi citata).


15      V., segnatamente, sentenze del 18 giugno 2009, Aberdeen Property Fininvest Alpha (C‑303/07, EU:C:2009:377, punto 42); del 20 ottobre 2011, Commissione/Germania (C‑284/09, EU:C:2011:670, punto 55), e del 25 ottobre 2012, Commissione/Belgio (C‑387/11, EU:C:2012:670, punto 48).


16      V. in tal senso, segnatamente, sentenze del 18 giugno 2009, Aberdeen Property Fininvest Alpha (C‑303/07, EU:C:2009:377, punto 43), del 20 ottobre 2011, Commissione/Germania (C‑284/09, EU:C:2011:670, punto 56); del 25 ottobre 2012, Commissione/Belgio (C‑387/11, EU:C:2012:670, punto 49), e del 17 settembre 2015, Miljoen e a. (C‑10/14, C‑14/14 e C‑17/14, EU:C:2015:608, punto 67).


17      V., in tal senso, sentenze del 20 ottobre 2011, Commissione/Germania (C‑284/09, EU:C:2011:670, punto 57); del 25 ottobre 2012, Commissione/Belgio (C‑387/11, EU:C:2012:670, punto 50), e del 17 settembre 2015, Miljoen e a. (C‑10/14, C‑14/14 e C‑17/14, EU:C:2015:608, punto 68).


18      V. sentenze del 10 maggio 2012, Santander Asset Management SGIIC e a. (da C‑338/11 a C‑347/11, EU:C:2012:286, punto 28), e del 10 aprile 2014, Emerging Markets Series of DFA Investment Trust Company (C‑190/12, EU:C:2014:249, punto 61).


19      V., su siffatti motivi di giustificazione, paragrafi da 61 a 81 delle presenti conclusioni.


20      V. paragrafo 14 delle presenti conclusioni.


21      V., a tal riguardo, per analogia, sulla comparabilità della situazione di una società per azioni residente di diritto finlandese e di una SICAV di diritto lussemburghese, forma giuridica non consentita nel diritto finlandese, le quali percepivano entrambe dividendi di fonte finlandese, sentenza del 18 giugno 2009, Aberdeen Property Fininvest Alpha (C‑303/07, EU:C:2009:377, punti da 50 a 56).


22      V., in tal senso, sentenza del 10 aprile 2014, Emerging Markets Series of DFA Investment Trust Company (C‑190/12, EU:C:2014:249, punto 68).


23      V. sentenze del 10 maggio 2012, Santander Asset Management SGIIC e a. (da C‑338/11 a C‑347/11, EU:C:2012:286, punti 32, 39 e 41), nonché del 10 aprile 2014, Emerging Markets Series of DFA Investment Trust Company (C‑190/12, EU:C:2014:249, punti 62, 63 e 68).


24      V., su tale punto, nota 11 delle presenti conclusioni. Non ritornerò pertanto, nel prosieguo delle presenti conclusioni, su tali critiche che compaiono a più riprese nelle osservazioni del NN (L) SICAV e che sono state reiterate in udienza.


25      Ossia la legge sull’IS e la ligningslov, v. paragrafo 6 delle presenti conclusioni.


26      Nella sentenza del 10 maggio 2012, Santander Asset Management SGIIC e a. (da C‑338/11 a C‑347/11, EU:C:2012:286), per respingere l’argomento del governo francese secondo il quale la normativa nazionale prendeva altresì in considerazione la situazione fiscale dei detentori di quote, la Corte non si è limitata a rilevare che tale normativa distingueva semplicemente gli OICVM a seconda che essi risiedessero o meno in Francia. Infatti, ai punti da 31 a 38 di tale sentenza, la Corte ha esaminato in concreto, anche per gli OICVM di distribuzione, se la situazione fiscale della totalità dei titolari di quote fosse presa in considerazione in modo effettivo e completo da tale normativa, come asserito dal governo francese.


27      Per contro, alla luce dell’oggetto della normativa nazionale che riguarda gli OICVM e i loro detentori di quote, non è rilevante, a mio avviso, il raffronto fra la situazione di un detentore di quote non residente di un OICVM non residente che percepisce dividendi da una società danese, e la situazione di un investitore non residente che percepisce direttamente dividendi da società danesi.


28      V. sentenza del 17 settembre 2015, Miljoen e a. (C‑10/14, C‑14/14 e C‑17/14, EU:C:2015:608, punto 73). Nel caso in cui la situazione dei detentori di quote non venisse presa in considerazione, il ragionamento elaborato in tale sentenza potrebbe essere esteso, a mio avviso, ai veicoli di investimento stessi, in quanto l’onere fiscale globale è sistematicamente superiore per gli OICVM non residenti che possono essere qualificati come «fondi di cui all’articolo 16 C» rispetto a quello sostenuto dai fondi di cui all’articolo 16 C che risiedono in Danimarca.


29      V., in tal senso, Adema R., UCITS and Taxation, Kluwer Law International, L’Aia, 2009, pagg. da 39 a 40 e Hippert G., «The TFEU Eligibility of Non-EU Investment Funds Subjected to Discriminatory Dividend Withholding Taxes», EC Tax Review, 2016-2, pag. 82 (le cui considerazioni si riferiscono ad una situazione parimenti interna all’Unione). Nella sentenza del 20 maggio 2008, Orange European Smallcap Fund (C‑194/06, EU:C:2008:289, punti da 42 a 47 e 65), la Corte ha altresì riconosciuto che lo Stato membro di residenza di un OICVM poteva rifiutarsi di concedere la compensazione di una ritenuta alla fonte prelevata sulla distribuzione di dividendi versati a favore di tale organismo da società residenti di altri Stati membri, contrariamente alla situazione di un OICVM che percepiva dividendi da società di detto Stato membro o di altri Stati membri, con il quale lo Stato membro di residenza aveva concluso convenzioni dirette a prevenire la doppia imposizione, a causa della circostanza che la differenza di trattamento scaturiva dall’esercizio parallelo delle competenze tributarie di cui dispongono gli Stati membri.


30      V., segnatamente, sentenze dell’8 novembre 2007, Amurta (C‑379/05, EU:C:2007:655, punto 78), e del 17 settembre 2015, Miljoen e a. (C‑10/14, C‑14/14 e C‑17/14, EU:C:2015:608, punto 77).


31      V., segnatamente, sentenze del 10 maggio 2012, Santander Asset Management SGIIC e a. (da C‑338/11 a C‑347/11, EU:C:2012:286, punto 47), e del 10 aprile 2014, Emerging Markets Series of DFA Investment Trust Company (C‑190/12, EU:C:2014:249, punto 98).


32      V. sentenze del 10 maggio 2012, Santander Asset Management SGIIC e a. (da C‑338/11 a C‑347/11, EU:C:2012:286, punto 48), e del 10 aprile 2014, Emerging Markets Series of DFA Investment Trust Company (C‑190/12, EU:C:2014:249, punto 99).


33      Ad ogni buon fine, ricordo che, nel procedimento principale, l’esenzione dei fondi di cui all’articolo 16 C che risiedono in Danimarca si basa su un’opzione esercitata dal ministro delle Finanze danese (v. paragrafo 6 delle presenti conclusioni).


34      V., segnatamente, sentenze del 10 maggio 2012, Santander Asset Management SGIIC e a. (da C‑338/11 a C‑347/11, EU:C:2012:286, punto 51), e del 10 aprile 2014, Emerging Markets Series of DFA Investment Trust Company (C‑190/12, EU:C:2014:249, punto 92).


35      V. sentenza del 10 aprile 2014, Emerging Markets Series of DFA Investment Trust Company (C‑190/12, EU:C:2014:249, punto 94).


36      V. le mie conclusioni nella causa Columbus Container Services (C‑298/05, EU:C:2007:197, paragrafo 189), e nella causa Commissione/Portogallo (C‑493/09, EU:C:2011:344, paragrafo 38).


37      V. sentenze dell’11 agosto 1995, Wielockx (C‑80/94, EU:C:1995:271, punto 24), del 3 ottobre 2002, Danner (C‑136/00, EU:C:2002:558, punto 41); del 21 novembre 2002, X e Y (C‑436/00, EU:C:2002:704, punto 53); del 28 febbraio 2008, Deutsche Shell (C‑293/06, EU:C:2008:129, punto 39), e del 22 gennaio 2009, STEKO Industriemontage (C‑377/07, EU:C:2009:29, punto 53).


38      V. sentenze dell’11 agosto 1995, Wielockx (C‑80/94, EU:C:1995:271, punto 24); del 3 ottobre 2002, Danner (C‑136/00, EU:C:2002:558, punto 41), e del 21 novembre 2002, X e Y (C‑436/00, EU:C:2002:704, punto 53).