Language of document : ECLI:EU:C:2015:435

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MELCHIOR WATHELET

presentate il 1° luglio 2015 (1)

Causa C‑357/14 P

Electrabel SA,

Dunamenti Erőmű Zrt

contro

Commissione europea

«Impugnazione – Aiuti concessi dalle autorità ungheresi a favore di taluni produttori di energia elettrica – Accordi per l’acquisto di energia elettrica conclusi tra l’impresa pubblica “MVM” e taluni produttori di energia elettrica – Condizioni che pongono tali produttori in una situazione economica vantaggiosa – Decisione che dichiara l’aiuto incompatibile con il mercato comune»





I –          Introduzione

1.        La Electrabel SA (in prosieguo: la «Electrabel») e la Dunamenti Erőmű Zrt (in prosieguo: la «Dunamenti Erőmű») hanno proposto la presente impugnazione avverso la sentenza Dunamenti Erőmű/Commissione (T‑179/09, EU:T:2014:236; in prosieguo: la «sentenza impugnata»), in quanto quest’ultima ha respinto il ricorso di annullamento della Dunamenti Erőmű diretto contro la decisione 2009/609/CE della Commissione, del 4 giugno 2008, relativa agli aiuti di Stato C 41/05 concessi dall’Ungheria nel quadro degli accordi a lungo termine per l’acquisto di energia elettrica (in prosieguo: la «decisione impugnata») (2).

2.        La causa in esame assume grande rilevanza in quanto pone tre questioni spinose. In primo luogo, la Corte avrà occasione di precisare se, nel caso in cui la misura atta a costituire siffatto aiuto sia stata adottata prima dell’adesione dello Stato membro interessato all’Unione europea, la data di riferimento per esaminare l’esistenza di un aiuto di Stato sia quella in cui è stata concessa la misura oppure quella in cui tale Stato membro ha aderito all’Unione. In secondo luogo, la Corte dovrà pronunciarsi sulla questione se, nel caso in cui la data di adesione sia considerata quale data di riferimento, qualsiasi elemento di fatto precedente a tale data debba essere escluso dall’analisi relativa all’esistenza di un aiuto di Stato. In terzo luogo, tale causa offre alla Corte l’opportunità di precisare la linea di demarcazione tra le sentenze Banks (C‑390/98, EU:C:2001:456) e Germania/Commissione (C‑277/00, EU:C:2004:238).

II –       Fatti e contesto attuale della controversia

3.        La Dunamenti Erőmű è un produttore di energia elettrica nel mercato ungherese dell’elettricità e gestisce una centrale elettrica situata a circa 30 km a sud di Budapest (Ungheria). Si tratta di un’ex impresa pubblica privatizzata nel mese di dicembre 1995. All’epoca dei fatti, era detenuta, per il 74,82%, dalla Electrabel e fa parte, attualmente, di un gruppo di cui la GDF Suez SA costituisce la società controllante e, per il 25% circa, dalla Magyar Villamos Művek Zrt (in prosieguo: «MVM»), un’impresa pubblica ungherese, operante, al contempo, nel settore della produzione dell’energia elettrica, ma anche nel settore del commercio all’ingrosso, della trasmissione e della rivendita di energia elettrica nel mercato ungherese.

4.        Nei mesi di marzo e giugno 2014 il gruppo GDF Suez ha venduto la sua partecipazione alla Dunamenti Erőmű, facente parte, attualmente, del gruppo MET.

5.        A metà degli anni ‘90, gli obiettivi più urgenti del mercato ungherese dell’energia elettrica erano i seguenti: garantire la sicurezza dell’approvvigionamento ai minimi costi possibili, modernizzare le infrastrutture nel rispetto delle norme vigenti in materia di tutela ambientale e realizzare la necessaria ristrutturazione del settore della distribuzione di energia elettrica. Tuttavia, poiché le centrali erano essenzialmente ex centrali sovietiche, è risultato che tali obiettivi non potevano essere conseguiti senza il sostegno di investitori stranieri.

6.        Pertanto, sono stati proposti accordi a lungo termine per l’acquisto di energia elettrica (in prosieguo: gli «AAE») agli investitori stranieri che si impegnavano a investire nella costruzione e nella modernizzazione delle centrali elettriche ungheresi, mentre l’energia elettrica veniva acquistata dalla MVM.

7.        Gli AAE hanno consentito alla MVM di costituire un portafoglio di produzione equilibrato e di rispettare, in tal modo, l’obbligo di garantire la sicurezza dell’approvvigionamento. Tali accordi le consentivano altresì di far fronte sia al fabbisogno ordinario (con centrali a carbone e nucleari) sia ai picchi di domanda (con centrali a gas).

8.        Ai sensi degli AAE, i produttori di energia elettrica avevano il dovere di provvedere ad una manutenzione e ad un funzionamento adeguati delle unità produttive. Gli AAE impegnavano l’intera capacità produttiva (MW) delle centrali elettriche, o la maggior parte di essa, a favore della MVM. L’impegno della capacità era indipendente dall’effettivo utilizzo della centrale. Oltre alla capacità impegnata, la MVM era obbligata ad acquistare una quantità minima di energia elettrica prestabilita (MWh) da tutte le centrali elettriche operanti nel quadro degli AAE.

9.        Gli AAE sono stati conclusi nel contesto della preparazione alla privatizzazione delle centrali elettriche e seguivano lo stesso modello di contratto redatto da uno studio legale internazionale su richiesta del governo ungherese. Contrariamente alla privatizzazione delle centrali elettriche, gli AAE non sono stati oggetto di una procedura di gara, ma non si contesta il fatto che gli AAE sottoscritti prima della privatizzazione costituissero parte integrante dell’insieme delle misure di privatizzazione.

10.      Il 10 ottobre 1995, poco prima della sua privatizzazione, la Dunamenti Erőmű ha concluso un AAE con la MVM, riguardante le unità «blocco F» e «blocco G2» della sua centrale elettrica. Tale accordo, entrato in vigore nel 1996, doveva durare sino al 2010 per le unità «blocco F», che funzionavano a gas, e, sino al 2015 per le unità «blocco G2», dotate di una turbina a gas a ciclo combinato.

11.      Due mesi dopo la conclusione dell’AEE, ossia nel dicembre 1995, la Electrabel ha acquistato la Dunamenti Erőmű dallo Stato ungherese al termine di una procedura di gara concorrenziale e aperta.

12.      Va osservato che, all’epoca della firma degli AAE, il mercato ungherese dell’energia elettrica non era ancora liberalizzato e si articolava intorno a un acquirente unico, ossia la MVM. Infatti, i produttori di elettricità potevano vendere direttamente l’energia soltanto alla MVM e solo quest’ultima era legittimata a fornire l’energia elettrica ai distributori regionali. Tale regime è rimasto in vigore dal 31 dicembre 1991 al 31 dicembre 2002.

13.      Al momento dell’adesione dell’Ungheria all’Unione, il 1° maggio 2004, il mercato ungherese dell’energia elettrica era costituito da un settore di servizio pubblico, che rappresentava circa il 70% della produzione di energia elettrica, e da un settore concorrenziale, che rappresentava circa il 30% di tale produzione. Nel primo settore, la MVM era l’unico grossista, mentre, nel secondo, erano attivi altri operatori, in quanto la MVM interveniva in tale settore solo per smaltire le quantità eccedenti, acquistate nell’ambito degli AEE e non richieste nel settore pubblico. Tale nuovo regime è entrato in vigore il 1° gennaio 2003 ed è stato abolito dalla legge n. LXXXVI del 2007, a decorrere dal 1° gennaio 2008.

14.      Il 4 maggio 2005, conformemente al regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio, del 22 marzo 1999, recante modalità di applicazione dell’articolo [108 TFUE] (3), la Commissione ha registrato, d’ufficio, con il numero NN 49/2005, un fascicolo in materia di aiuti di Stato riguardante gli AAE.

15.      Il 4 giugno 2008, la Commissione ha adottato la decisione impugnata, considerando la data di adesione dell’Ungheria all’Unione, ossia il 1° maggio 2004, come data di riferimento per esaminare se gli AAE costituissero un aiuto di Stato.

16.      Con l’articolo 1 della decisione impugnata, la Commissione ha qualificato l’obbligo di acquisto stabilito dagli AAE come aiuto di Stato a favore dei produttori di energia elettrica ai sensi dell’articolo 107 TFUE, lo ha dichiarato incompatibile con il mercato comune e ha ordinato all’Ungheria di abolirlo entro sei mesi. L’articolo 2 ha imposto all’Ungheria di recuperare dai beneficiari gli aiuti di cui avevano goduto a decorrere dal 1° maggio 2004.

17.      In data 10 novembre 2008, il Parlamento ungherese ha adottato la legge n. LXX del 2008, che ha posto fine agli AAE a decorrere dal 31 dicembre 2008.

18.      Quanto al calcolo e al recupero dell’importo degli aiuti dai beneficiari, il governo ungherese ha deciso di istituire, per tre beneficiari degli AAE, tra i quali la Dunamenti Erőmű, un sistema di compensazione dei costi non recuperabili conforme alla Comunicazione della Commissione relativa al metodo per l’analisi degli aiuti di Stato connessi a taluni costi non recuperabili (in prosieguo: il «Metodo») (4).

19.      Secondo tale sistema, notificato alla Commissione e approvato dalla stessa (5), i costi non recuperabili consistono nella differenza tra i costi di investimento di ciascun beneficiario e i loro utili di gestione storici (a decorrere dall’entrata in vigore dell’AAE sino alla sua risoluzione anticipata) e previsti (tra la data di risoluzione anticipata e la data in cui il contratto doveva cessare in base al testo dell’AAE) (6).

20.      Tale sistema istituiva una compensazione in due fasi (7). Nella prima fase, i costi non recuperabili di ciascun beneficiario dovevano essere dedotti dall’importo dell’aiuto da rimborsare allo Stato ungherese. Se la differenza tra l’aiuto da rimborsare e i costi non recuperabili era positiva, il beneficiario doveva rimborsare tale differenza allo Stato. In caso contrario, lo Stato ungherese non avrebbe pagato la differenza al beneficiario (8).

21.      La seconda fase doveva aver luogo alla data di scadenza dell’AAE di ciascun beneficiario (nel caso della Dunamenti Erőmű, il 31 dicembre 2015), durante la quale si ritiene che le autorità ungheresi calcolino nuovamente i costi non recuperabili in base ai costi e alle entrate attuali. Nel caso in cui i costi non recuperabili reali risultino inferiori all’importo dell’aiuto da recuperare, il beneficiario dovrà rimborsare la differenza allo Stato ungherese. In caso contrario, lo Stato ungherese non pagherà al beneficiario dell’AAE l’eccedenza dei costi definitivamente non recuperabili.

22.      Allo stato attuale, i costi non recuperabili della Dunamenti Erőmű sono stimati in 22 171 991 000 fiorini ungheresi (HUF) (circa EUR 73 milioni).

23.      Il 13 giugno 2007, la Electrabel ha avviato un arbitrato nei confronti dell’Ungheria dinanzi al Centro internazionale per la risoluzione delle controversie in materia di investimenti (ICSID), in cui la Commissione è intervenuta quale parte non contestante. La Electrabel sosteneva, tra l’altro, che, ponendo fine agli AAE senza una compensazione completa dei costi non recuperabili, l’Ungheria aveva violato le garanzie di trattamento giusto ed equo degli investimenti contenute nell’articolo 10 del Trattato sulla Carta dell’energia, del 17 dicembre 1994, al quale il Regno del Belgio, l’Ungheria e l’Unione hanno aderito (9).

24.      La Electrabel e l’Ungheria si sono accordate sulla dissociazione («biforcazione») del procedimento tra la fase «competenza e responsabilità» e la fase di quantificazione («quantum»).

25.      Dato che l’importo definitivo dei costi non recuperabili della Dunamenti Erőmű e della Electrabel potrebbe essere calcolato solo dopo il 31 dicembre 2015, il Tribunale arbitrale ha deciso di rinviare la decisione sulla questione se il sistema di compensazione dei costi non recuperabili, istituito dall’Ungheria, violasse l’articolo 10 del Trattato sulla Carta dell’energia alla fase procedurale del quantum (10). Tuttavia, il Tribunale arbitrale ha ritenuto che, secondo il suo «parere attuale, provvisorio e preliminare, (…) il mancato pagamento, al termine del piano legislativo ungherese, di [HUF 22 171 991 000] o di un importo inferiore a quest’ultimo non sembrasse costituire necessariamente una violazione della regola del [trattamento giusto ed equo]; ma che il mancato pagamento (in contanti o con altra modalità) di un importo nettamente più elevato dei costi non recuperabili, avrebbe potuto costituire tale violazione» (11).

26.      Non sembra sia stato questo l’approccio del Tribunale arbitrale, che si è riunito nell’arbitrato avviato dalla Électricité de France (EDF), azionista della Budapesti Erőmű, a proposito della risoluzione dell’AAE e ha condannato l’Ungheria a versare EUR 107 milioni alla EDF (12).

27.      Indipendentemente dal ricorso di annullamento (il cui rigetto da parte del Tribunale costituisce oggetto della presente impugnazione) proposto dalla Dunamenti Erőmű e dalla Electrabel avverso la decisione impugnata, la Dunamenti Erőmű e la Electrabel hanno presentato al Tribunale, il 10 gennaio 2014, un ricorso per risarcimento danni, fondato sull’articolo 340, secondo comma, TFUE, volto a ottenere il risarcimento del danno asseritamente subìto a causa della decisione impugnata.

28.      In data 13 novembre 2014, il Tribunale ha respinto tale ricorso di risarcimento in quanto irricevibile sul fondamento che esso era prescritto (13). L’ordinanza del Tribunale è oggetto di un’impugnazione pendente dinanzi alla Corte (14).

III –       Ricorso dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

29.      La decisione impugnata è stata oggetto di vari ricorsi di annullamento proposti dinanzi al Tribunale da ciascun beneficiario degli AAE (15).

30.      Con il suo ricorso dinanzi al Tribunale, la Dunamenti Erőmű ha chiesto l’annullamento della decisione impugnata.

31.      Con il suo primo motivo, vertente sulla violazione della nozione di aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, e con il suo secondo motivo, vertente sul fatto che la Commissione avrebbe dovuto qualificare le misure in questione come «aiuto esistente», ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 1, TFUE, la Dunamenti Erőmű contestava l’accertamento da parte della Commissione dell’esistenza di un aiuto di Stato, la qualificazione di tale aiuto come aiuto nuovo nonché la data pertinente considerata ai fini della valutazione dell’aiuto contenuto nell’AAE in questione. La Dunamenti Erőmű contestava l’applicazione del criterio dell’operatore privato in un’economia di mercato e la posizione della MVM, quale operatore del mercato, al momento dell’adesione dell’Ungheria all’Unione. La Dunamenti Erőmű faceva valere, altresì, l’esistenza della violazione del principio della tutela del legittimo affidamento e del principio della certezza del diritto nonché un’errata valutazione, da parte della Commissione, delle specificità dell’AAE in questione.

32.      Con il suo terzo motivo, la Dunamenti Erőmű sosteneva che la Commissione aveva erroneamente considerato l’aiuto contenuto nell’AAE in questione come un aiuto al funzionamento e non come un aiuto all’investimento, e contestava il sistema di compensazione dei costi non recuperabili istituito dalle autorità ungheresi.

33.      Con il suo quarto motivo, la Dunamenti Erőmű contestava la legittimità dell’ordine di recupero dell’aiuto.

34.      Con la sentenza impugnata, il Tribunale ha respinto integralmente il suddetto ricorso (16).

IV –       Procedimento dinanzi alla Corte

35.      Con la loro impugnazione, depositata presso la Corte il 21 luglio 2014, la Electrabel e la Dunamenti Erőmű chiedono alla Corte di annullare la sentenza impugnata, di pronunciarsi in via definitiva e di annullare la decisione impugnata o, in subordine, di rinviare la causa dinanzi al Tribunale nonché di condannare la Commissione alle spese del procedimento dinanzi al Tribunale e alla Corte.

36.      Con il suo controricorso, depositato il 4 settembre 2014, la Commissione ha chiesto alla Corte di dichiarare l’impugnazione irricevibile per la parte in cui è stata proposta dalla Electrabel, di respingere l’impugnazione per la parte in cui è stata proposta dalla Dunamenti Erőmű e di condannare quest’ultima alle spese.

37.      Il 20 novembre 2014, la Electrabel e la Dunamenti Erőmű hanno depositato la loro replica, alla quale la Commissione ha risposto con la sua controreplica, depositata il 25 novembre 2014.

38.      Il 26 marzo 2015, la Corte ha invitato le parti, ai sensi dell’articolo 61, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte, a concentrarsi in udienza sul secondo e sul terzo motivo e, conformemente all’articolo 62, paragrafo 2, di tale regolamento di procedura, ha posto due quesiti cui rispondere in udienza.

39.      Il 20 aprile 2015 è stata organizzata un’udienza nel corso della quale la Electrabel, la Dunamenti Erőmű e la Commissione hanno presentato le loro osservazioni orali.

V –          Impugnazione

40.      Inizierò la mia analisi con l’eccezione di irricevibilità dell’impugnazione, sollevata dalla Commissione, per la parte in cui tale impugnazione è proposta dalla Electrabel. In un secondo momento tratterò, anzitutto, il quarto, il quinto e il primo motivo che, a mio avviso, possono essere respinti senza particolari difficoltà. Infine, mi concentrerò sul secondo e sul terzo motivo che, a mio avviso, potranno indurre la Corte ad annullare la sentenza impugnata.

A –          Sulla ricevibilità dell’impugnazione per la parte in cui tale impugnazione è proposta dalla Electrabel

41.      Nel suo controricorso, la Commissione contesta la ricevibilità dell’impugnazione per la parte in cui tale impugnazione è proposta dalla Electrabel, in quanto solo la Dunamenti Erőmű ha presentato un ricorso di annullamento in primo grado.

42.      Nella loro replica, la Electrabel e la Dunamenti Erőmű contestano tale eccezione di irricevibilità chiarendo che, al momento della presentazione del ricorso di annullamento, esse appartenevano al medesimo gruppo di imprese e che il loro interesse economico e giuridico poteva essere difeso da una di esse. Dopo la vendita della sua partecipazione nella Dunamenti Erőmű, la Electrabel dovrebbe essere ammessa al procedimento di impugnazione dinanzi alla Corte per essere in grado di difendere i propri interessi.

43.      A mio avviso, l’impugnazione, in quanto è proposta dalla Electrabel, deve essere dichiarata irricevibile.

44.      In primo luogo, come rileva la Commissione, l’articolo 56, secondo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea dispone che l’impugnazione avverso una sentenza del Tribunale «può essere proposta da qualsiasi parte che sia rimasta parzialmente o totalmente soccombente nelle sue conclusioni», il che non avviene nel caso della Electrabel, la quale non era parte della controversia dinanzi al Tribunale.

45.      In secondo luogo, la Electrabel non fa neppure parte dei soggetti privilegiati che, secondo il terzo comma di detto articolo, possono proporre un’impugnazione avverso una sentenza del Tribunale senza essere intervenuti nella controversia dinanzi a quest’ultimo. Infatti, tale disposizione limita detto privilegio agli «Stati membri o [alle] istituzioni dell’Unione», fra i quali non rientra la Electrabel.

46.      Occorre quindi esaminare la presente impugnazione come se fosse stata proposta soltanto dalla Dunamenti Erőmű.

B –          Sul quarto motivo, secondo il quale il Tribunale è incorso in un errore di diritto nel ritenere, senza dimostrare la presenza di un rischio strutturale, che l’obbligo di prelievo minimo che vincolava la MVM implicasse un vantaggio

47.      Con il suo quarto motivo, la Dunamenti Erőmű sostiene che il Tribunale è incorso in un errore di diritto e ha violato l’obbligo di sindacato giurisdizionale nel ritenere, senza dimostrare che esistesse realmente un rischio strutturale, che l’obbligo di prelievo minimo, che vincolava la MVM, implicasse un vantaggio, in quanto il Tribunale ha riconosciuto, al punto 112 della sentenza impugnata, che la MVM aveva acquistato regolarmente quantità superiori a quelle cui era tenuta in forza di tale obbligo.

1.            Sulla ricevibilità

48.      Secondo la Commissione, tale motivo è irricevibile in quanto la Dunamenti Erőmű non indica la parte della sentenza impugnata che sarebbe viziata da un errore di diritto.

49.      A mio avviso, occorre respingere tale argomento, poiché, nei limiti in cui l’argomento della Dunamenti Erőmű consiste nel contestare al Tribunale di non aver dimostrato la presenza di un rischio strutturale, non può essergli contestato di non aver individuato parti specifiche della sentenza impugnata che dovrebbero contenere l’errore di diritto.

2.            Nel merito

50.      Secondo la Commissione, in ciascuno dei punti 112, 113 e 114 della sentenza impugnata, il Tribunale avrebbe fornito una motivazione indipendente del rigetto dell’argomento secondo il quale il fatto che, dal 2004, la MVM avesse acquistato regolarmente dalla Dunamenti Erőmű una quantità di energia elettrica maggiore di quella cui era tenuta dimostrerebbe che la Dunamenti Erőmű non ha potuto ottenere un vantaggio da tale obbligo.

51.      Poiché la Dunamenti Erőmű non contesta i punti 113 e 114 della sentenza impugnata, la Commissione rileva che la Dunamenti Erőmű non rimette neppure in discussione la constatazione contenuta nello stesso punto 112, secondo la quale l’obbligo di prelievo minimo andava al di là delle normali pratiche commerciali dei mercati europei dell’energia elettrica, elemento che era servito esso stesso quale fondamento per ritenere che l’AAE le conferisse un vantaggio.

52.      All’atto della replica e in udienza, la Dunamenti Erőmű non ha contestato l’analisi della Commissione da me ritenuta fondata.

53.      Occorre quindi respingere il quarto motivo.

C –          Sul quinto motivo, secondo il quale il Tribunale è incorso in un errore di diritto nel confermare il metodo adottato dalla Commissione per il calcolo dell’importo dell’aiuto

54.      Con il suo quinto motivo, vertente sul metodo di calcolo dell’importo dell’aiuto, la Dunamenti Erőmű sostiene che il fatto di esaminare, ai punti da 185 a 192 della sentenza impugnata, le sue entrate e non i suoi utili, non consente di elaborare una visione esatta del vantaggio asseritamente derivante dall’AAE, in quanto le entrate dirette a coprire le spese per i combustibili supplementari sarebbero qualificate come vantaggio che deve essere rimborsato.

55.      Occorre quindi esaminare se il Tribunale abbia avuto ragione nel confermare l’approccio della Commissione consistente nel quantificare l’importo dell’aiuto da recuperare in base alle entrate e non agli utili.

56.      A mio avviso, occorre respingere tale motivo per le ragioni esposte dal Tribunale ai punti 187 e 188 della sentenza impugnata. La Dunamenti Erőmű non contesta che il recupero dell’aiuto abbia lo scopo di privare il suo beneficiario del vantaggio di cui ha fruito nel mercato rispetto ai suoi concorrenti (17). Il vantaggio da recuperare deve essere pertanto quantificato rispetto agli importi versati al beneficiario. A tale titolo, come afferma la Commissione, il Tribunale ha adottato correttamente un approccio incentrato su ciò che è stato pagato dalla MVM alla Dunamenti Erőmű (vale a dire gli introiti di quest’ultima) anziché sugli utili che quest’ultima ha realizzato.

57.      In ogni caso, come rileva la Commissione, un metodo di recupero fondato sugli utili, rispetto a un metodo fondato sulle entrate, produrrebbe risultati assurdi che priverebbero di qualsiasi effetto utile la normativa in materia di aiuti di Stato. Per spingere la logica della Dunamenti Erőmű all’estremo, ogni volta che un’impresa vende i suoi prodotti o i suoi servizi a un prezzo imbattibile a causa delle sovvenzioni statali, non sussisterebbe tuttavia alcun aiuto di Stato in quanto essa avrebbe aumentato solo le sue entrate e non i suoi utili. Orbene, le norme in materia di aiuti di aiuti di Stato hanno il preciso scopo di controllare tale genere di distorsioni della concorrenza.

58.      Occorre altresì respingere l’argomento della Dunamenti Erőmű relativo alla sentenza Ferring (C‑53/00, EU:C:2001:627), secondo il quale, ai punti da 30 a 33 di tale sentenza, la Corte ha stabilito il principio secondo il quale, se la misura di aiuto comporta allo stesso tempo utili supplementari e costi aggiuntivi, è la differenza tra tali utili supplementari e tali costi aggiuntivi a dover essere recuperata.

59.      In tale sentenza, che riguardava il vantaggio tratto dai grossisti distributori dal non assoggettamento al contributo sulle vendite dirette di medicinali, eccedente i costi aggiuntivi dagli stessi sostenuti per l’assolvimento degli obblighi di servizio pubblico, la Corte ha dichiarato quanto segue:

«32 (…) se risulta che i grossisti distributori traggono dal non assoggettamento al contributo sulle vendite dirette di medicinali un vantaggio che ecceda i costi aggiuntivi che essi sostengono per l’assolvimento degli obblighi di servizio pubblico imposti loro dalla normativa nazionale, tale vantaggio, per la parte che eccede tali costi aggiuntivi, non può, comunque, essere considerato necessario per consentire a tali operatori di adempiere la loro specifica missione.

33 Di conseguenza, occorre rispondere che l’articolo [106], paragrafo 2, del Trattato [FUE] deve essere interpretato nel senso che esso non si applica ad un vantaggio fiscale di cui beneficiano imprese incaricate della gestione di un servizio pubblico quali quelle di cui trattasi nella causa principale, in quanto tale vantaggio eccede i costi aggiuntivi del servizio pubblico».

60.      È quindi evidente che, sebbene l’importo della sovvenzione dello Stato eccedente i costi aggiuntivi del servizio pubblico costituisca un aiuto contrario all’articolo 107 TFUE che deve essere recuperato, tale principio è applicabile solo nel caso in cui il beneficiario rientri nell’ambito di applicazione dell’articolo 106, paragrafo 2, TFUE, ossia quando è incaricato della gestione di servizi di interesse economico generale o che presentino carattere di monopolio fiscale, il che non avviene nel caso della Dunamenti Erőmű.

61.      Per tali ragioni, occorre respingere il quinto motivo.

D –          Sul primo motivo, secondo il quale il Tribunale è incorso in un errore di diritto nel qualificare l’AAE in questione come aiuto nuovo senza aver preventivamente stabilito se tale AAE costituisse un aiuto di Stato

62.      Con il suo primo motivo, la Dunamenti Erőmű fa valere che il Tribunale è incorso in un errore di diritto, al punto 60 della sentenza impugnata, nel qualificare l’AAE in questione come aiuto di Stato nuovo ai sensi dell’allegato IV all’Atto di adesione dell’Ungheria senza aver preventivamente verificato se sussistano i quattro presupposti dell’esistenza di un aiuto di Stato. Al riguardo, la Dunamenti Erőmű contesta al Tribunale una motivazione insufficiente e circolare.

63.      A mio avviso, il primo motivo non può essere accolto.

64.      Come è già stato dichiarato dalla Corte, «il Tribunale è libero di strutturare e di sviluppare il suo ragionamento nel modo che ritiene doveroso per rispondere ai motivi sottoposti al suo esame. Pertanto, la struttura e lo sviluppo della risposta scelti dal Tribunale non possono essere messi in discussione nell’ambito di un’impugnazione con ricorsi che tentino di dimostrare che il Tribunale avrebbe dovuto svolgere il suo ragionamento conformandosi alle aspettative del ricorrente» (18).

65.      Nella fattispecie, anche se il Tribunale, in effetti, si è pronunciato anzitutto sull’esistenza o sulla novità dell’aiuto in questione (punti da 49 a 60 della sentenza impugnata) prima di dichiarare se l’AAE fosse un aiuto di Stato (punti da 74 a 98 e da 110 a 121 della sentenza impugnata), sono del parere che tale strutturazione della motivazione non abbia inciso sul ragionamento del Tribunale.

66.      In ogni caso, come afferma la Commissione, il Tribunale ha esaminato e respinto tutti gli argomenti dedotti dalla Dunamenti Erőmű nell’ambito del primo e del secondo motivo.

67.      Condivido altresì la constatazione della Commissione secondo la quale la conclusione del Tribunale che l’AAE in questione costituiva un aiuto di Stato non dipendeva dalla sua conclusione preliminare sulla novità dell’aiuto in discussione. Pertanto, non sussiste alcuna circolarità nel ragionamento del Tribunale.

68.      Per tali ragioni, occorre respingere il primo motivo.

E –          Sul secondo motivo, in base al quale il Tribunale è incorso in un errore di diritto nel ritenere che i quattro criteri che consentono di qualificare una misura come aiuto di Stato dovessero essere esaminati alla data di adesione dell’Ungheria all’Unione

69.      Con il suo secondo motivo, la Dunamenti Erőmű contesta al Tribunale di essere incorso in un errore di diritto nel considerare la data di adesione dell’Ungheria all’Unione, ossia il 1° maggio 2004, come data di riferimento per stabilire se l’AAE in questione costituisse, come sosteneva la Commissione nei considerando da 156 a 173 della decisione impugnata, un aiuto di Stato.

70.      Con la prima parte di tale motivo, la Dunamenti Erőmű afferma che il Tribunale è incorso in un errore di diritto ai punti 55 e 65 della sentenza impugnata in quanto, contrariamente alle conclusioni formulate in tali punti, nessuna disposizione dell’allegato IV all’Atto di adesione consente di stabilire, o direttamente o per deduzione, la data in cui una misura statale deve essere valutata quale aiuto di Stato.

71.      Con la seconda parte di tale motivo, la Dunamenti Erőmű fa valere che l’iter logico seguito dal Tribunale per motivare la scelta della data di riferimento ai fini della determinazione dell’esistenza di un aiuto (e, in particolare, la presenza di un vantaggio per il beneficiario alla luce del criterio dell’investitore privato in un’economia di mercato) è in contrasto con la «prassi giuridica», ossia con gli orientamenti e la prassi decisionale della Commissione nonché la giurisprudenza dei giudici dell’Unione.

1.            Sulla prima parte

72.      Come ha rilevato il Tribunale al punto 50 della sentenza Budapesti Erőmű/Commissione (T‑80/06 e T‑182/09, EU:T:2012:65), «le misure statali istituite prima dell’adesione, ma che, da un lato, sono ancora applicabili dopo tale adesione e che, dall’altro, alla data dell’adesione, sono conformi ai quattro criteri cumulativi di cui all’articolo [107], paragrafo 1, [TFUE], sono soggette alle norme specifiche stabilite nell’allegato IV all’Atto di adesione o quali aiuti esistenti ai sensi dell’articolo [108], paragrafo 1, [TFUE], quando rientrano in una delle tre categorie menzionate dal suddetto allegato, o quali aiuti nuovi alla data dell’adesione ai fini dell’applicazione dell’articolo [108], paragrafo 3, [TFUE], quando non rientrano in una di queste tre categorie».

73.      L’articolo 1 del titolo III, intitolato «Politica della concorrenza», dell’allegato IV all’Atto di adesione stabilisce quanto segue:

«1. I seguenti regimi di aiuti e gli aiuti individuali istituiti in un nuovo Stato membro prima della data di adesione e ancora applicabili successivamente a detta data sono da considerare, dopo l’adesione, come aiuti esistenti ai sensi dell’articolo [108], paragrafo 1 del trattato [FUE]:

a)       misure di aiuto istituite prima del 10 dicembre 1994;

b)       misure di aiuto elencate nell’appendice del presente allegato;

c)       misure di aiuto che anteriormente alla data di adesione sono state valutate dall’autorità di controllo degli aiuti di Stato del nuovo Stato membro e giudicate compatibili con l’acquis e nei cui confronti la Commissione non ha sollevato obiezioni per seri dubbi sulla compatibilità della misura con il mercato comune, ai sensi della procedura di cui al punto 2.

Tutte le misure ancora applicabili dopo la data dell’adesione che costituiscono un aiuto di Stato e che non soddisfano le condizioni sopra elencate sono considerate, dalla data di adesione, nuovi aiuti ai fini dell’applicazione dell’articolo [108], paragrafo 3 del trattato CE.

(…)».

74.      La Dunamenti Erőmű ritiene che tale disposizione non menzioni la data in cui una misura statale deve essere esaminata alla luce delle norme relative agli aiuti di Stato. Tale disposizione riguardava soltanto la questione se un aiuto ancora applicabile al momento dell’adesione (il quale, secondo il significato comune, «esiste» in tale momento) debba essere considerato un aiuto esistente o nuovo alla luce dell’Atto di adesione. Pertanto, secondo la Dunamenti Erőmű, una misura che non costituiva un aiuto al momento della concessione non rientrerebbe nell’ambito di applicazione di tale disposizione. Di conseguenza, essa ritiene che il Tribunale avrebbe dovuto considerare come data di riferimento quella della concessione dell’AAE nel mese di dicembre 1995.

75.      Non condivido tale analisi che, a mio avviso, confonde la definizione del termine «esistente», contenuta nell’Atto di adesione, con il significato comune di tale termine. Infatti, un aiuto esistente secondo quest’ultimo significato, come l’AAE che era già concesso al momento del suo esame da parte della Commissione, può costituire un aiuto nuovo ai sensi dell’Atto di adesione per il solo fatto che non rientra nella definizione di «aiuto esistente» fornita dall’Atto di adesione.

76.      Mi riferisco ai punti da 60 a 64 della sentenza OTP Bank (C‑672/13, EU:C:2015:185) che riguardava la stessa disposizione di tale Atto di adesione, applicabile a una garanzia concessa dallo Stato ungherese nel 2001, ossia tre anni prima della sua adesione all’Unione. Dato che la garanzia in questione non soddisfaceva nessuna delle tre condizioni elencate nell’allegato IV, punto 3, la Corte ha dichiarato che essa «[doveva], quindi, essere considerata un aiuto nuovo» (19).

77.      Parimenti, nella fattispecie, come ha dichiarato il Tribunale al punto 59 della sentenza impugnata, l’AAE in questione non appartiene a nessuna delle tre categorie di aiuto considerate esistenti dall’articolo 1, paragrafo 1, del titolo 3 dell’allegato IV all’Atto di adesione. L’AAE non è stato istituito prima del 10 dicembre 1994, non era citato nell’appendice dell’allegato in questione e non è stato valutato dall’autorità ungherese di controllo degli aiuti di Stato prima della data di adesione, e giudicato compatibile con l’acquis, senza obiezioni da parte della Commissione.

78.      Inoltre, prendere in considerazione una data anteriore, come la data di concessione dell’AAE in questione, non rispetterebbe la volontà degli estensori dell’Atto di adesione che, come ha dichiarato il Tribunale al punto 60 della sentenza impugnata (20), intendevano discostarsi dalla giurisprudenza precedente dei giudici dell’Unione secondo la quale «devono essere considerati aiuti esistenti gli aiuti istituiti prima dell’entrata in vigore del Trattato o dell’adesione dello Stato membro interessato [all’Unione]» (21).

79.      In ogni caso, come ha dichiarato il Tribunale al punto 65 della sentenza impugnata, «la stessa formulazione letterale dell’allegato IV all’Atto di adesione lascia chiaramente intendere che una misura che non era considerata aiuto di Stato, quando è stata istituita, può divenire tale successivamente» (22).

80.      Infatti, come rileva la Commissione al considerando 165 della decisione impugnata, «gli [AAE] che (come riconoscono anche le parti interessate) sono stati stipulati in circostanze economiche notevolmente diverse, prima dell’adesione al mercato interno liberalizzato dell’energia, [potevano] divenire aiuti di Stato nelle nuove condizioni economiche e giuridiche [derivanti dall’adesione all’Unione]».

81.      Come ha dichiarato il Tribunale al punto 58 della sentenza Budapesti Erőmű/Commissione (T‑80/06 e T‑182/09, EU:T:2012:65), «dopo l’entrata in vigore degli AAE, l’Ungheria, agendo anzitutto di propria iniziativa e dando poi attuazione alla normativa dell’Unione applicabile al mercato interno dell’energia elettrica, ha notevolmente modificato il contesto normativo in cui i produttori di energia elettrica esercitavano la loro attività».

82.      Spettava quindi alla Commissione e, in seguito, nell’ambito del ricorso di annullamento, al Tribunale esaminare se gli AAE costituissero, al momento dell’adesione dell’Ungheria all’Unione e nell’ambito di un mercato dell’energia elettrica liberalizzato, un aiuto di Stato e, eventualmente, se si trattasse di un aiuto nuovo o esistente ai sensi dell’allegato IV all’Atto di adesione.

83.      Pertanto, qualora l’AAE sia un aiuto, non vi sono dubbi che costituisca un aiuto nuovo ai sensi dell’Atto di adesione.

2.            Sulla seconda parte

84.      Quanto agli argomenti della Dunamenti Erőmű riguardanti la «prassi giuridica» della Commissione e dei giudici dell’Unione, ricordo che, come rileva la Commissione, la Corte ha già raccomandato la data di adesione quale data di riferimento.

85.      Infatti, come ha già dichiarato la Corte riguardo alla disposizione dell’allegato V all’Atto di adesione della Bulgaria (che corrisponde all’articolo 1 del titolo III dell’allegato IV all’Atto di adesione dell’Ungheria), «le misure istituite prima della suddetta adesione, ma che, da una parte, sono ancora applicabili successivamente ad essa e che, dall’altra, alla data dell’adesione sono conformi ai criteri cumulativi di cui all’articolo [107], paragrafo 1, [TFUE], sono sottoposte alle norme specifiche stabilite all’allegato V all’Atto di adesione sia in quanto aiuti esistenti ai sensi dell’articolo [108], paragrafo 1, [TFUE], qualora appartengano ad una delle tre categorie menzionate dall’allegato in parola, sia in quanto aiuti nuovi alla data dell’adesione ai fini dell’applicazione dell’articolo [108], paragrafo 3, [TFUE], qualora non appartengano ad alcuna delle tre categorie citate» (23).

86.      A mio avviso, da tale giurisprudenza emerge che la Commissione e il Tribunale hanno applicato correttamente, nella fattispecie, le norme enunciate nell’allegato all’Atto di adesione dell’Ungheria all’Unione.

87.      In ogni caso, come sottolinea la Commissione, nessuna delle sentenze del Tribunale e della Corte citate dalla Dunamenti Erőmű (24) riguarda misure adottate da uno Stato membro prima della sua adesione all’Unione e ancora applicabili successivamente a tale adesione. Dato che la questione del rispetto dei limiti temporali delle competenze dell’Unione non era stata posta in tali cause, non stupisce che i giudici dell’Unione abbiano dichiarato che l’esistenza dell’aiuto doveva essere valutata al momento della sua concessione.

88.      Quanto alla prassi della Commissione, che consisteva (25) nell’analizzare una misura di aiuto concessa prima dell’adesione di uno Stato membro tenendo conto anche di elementi precedenti all’adesione, rilevo che le decisioni della Commissione citate dalla Dunamenti Erőmű (26) non sostengono la tesi di quest’ultima secondo la quale la data di riferimento dovrebbe essere quella della concessione dell’aiuto in questione.

89.      Per quanto riguarda, anzitutto, la decisione 2008/214 della Commissione nel caso GE Capital Bank, la misura di aiuto in questione consisteva in garanzie, cauzioni e indennizzi nonché in un’opzione di vendita concessi dallo Stato ceco nell’ambito della ristrutturazione e della privatizzazione della banca AGB.

90.      Sebbene fossero state concesse prima dell’adesione della Repubblica ceca all’Unione, tali misure rimanevano «applicabili dopo l’adesione» (27) nel senso che i beneficiari potevano ancora fruirne dopo l’adesione. La data di riferimento considerata dalla Commissione è stata proprio quella dell’adesione.

91.      La misura di aiuto in questione nella decisione 2009/174/CE della Commissione, nel caso Postabank, consisteva in un indennizzo per crediti non conosciuti concesso dallo Stato ungherese nell’ambito della ristrutturazione e della privatizzazione della Postabank a favore del suo acquirente Erste Bank.

92.      Come ha ritenuto la Commissione, al punto 47 della sua decisione, si trattava di una misura ancora in vigore dopo l’adesione che, come nel presente caso, doveva essere considerata un aiuto nuovo ai sensi del medesimo Atto di adesione.

93.      Ciò vale anche per la decisione 2010/690 della Commissione nel caso PZL Hydral, che nell’ambito di un piano di salvataggio di tale società riguardava, tra altre misure di aiuto, la mancata riscossione, per il periodo 1998‑2007, di debiti nei confronti di creditori pubblici della PZL Hydral.

94.      Nonostante la circostanza che i crediti non riscossi fossero divenuti esigibili prima dell’adesione della Repubblica di Polonia all’Unione, ma restassero esigibili dopo la sua adesione, tale misura rientrava in un piano di salvataggio istituito nel 2007, ossia tre anni dopo la sua l’adesione. Ne deriva che la data di riferimento anche in tale causa era quella dell’adesione della Repubblica di Polonia all’Unione, e non quella della concessione dell’aiuto in questione.

95.      Va osservato che, in tutte le decisioni citate, la Commissione ha considerato elementi precedenti all’adesione, ciò che la Dunamenti Erőmű le contesta di non aver fatto nel suo caso. Tuttavia, ciò riguarda la questione se, in casi analoghi a quello di cui trattasi nella fattispecie, la Commissione, nell’applicazione del criterio dell’investitore privato, debba tener conto di fatti precedenti all’adesione, come la privatizzazione e i suoi scopi, nonché del collegamento intrinseco tra quest’ultima e l’AAE. Tale questione (sulla quale ritornerò nell’ambito del terzo motivo) è diversa dalla questione di stabilire quale sia la data di riferimento per decidere se si debba qualificare una misura statale come aiuto di Stato.

96.      Per tali ragioni, occorre respingere il secondo motivo.

F –          Sul terzo motivo, secondo il quale il Tribunale è incorso in errori di diritto nel ritenere che l’AAE in questione concedesse un vantaggio alla Dunamenti Erőmű ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE

97.      Con il suo terzo motivo, la Dunamenti Erőmű contesta al Tribunale di essere incorso in un errore di diritto ai punti da 67 a 70 della sentenza impugnata, avendo escluso dalla sua valutazione dell’esistenza di un aiuto la privatizzazione della Dunamenti Erőmű a causa della scelta del 1° maggio 2004 come data di riferimento. Secondo la Dunamenti Erőmű, l’analisi che consente di stabilire se l’AAE in questione costituisse un aiuto di Stato non poteva essere legittimamente effettuata senza tener conto della privatizzazione e del suo contesto, in quanto l’AAE era una misura preparatoria della privatizzazione e, a tale titolo, costituiva parte integrante di tutte le misure di privatizzazione.

98.      Inoltre, ai punti da 49 a 66 dell’impugnazione, la Dunamenti Erőmű deduce tre argomenti per dimostrare che, se avesse tenuto conto delle circostanze della privatizzazione, il Tribunale avrebbe dichiarato che l’AAE non costituiva un vantaggio o che, in ogni caso, la Dunamenti Erőmű non aveva conservato tale vantaggio.

99.      In primo luogo, la MVM aveva agito come investitore privato cercando di massimizzare il profitto generato dalla vendita della Dunamenti Erőmű (punti da 49 a 54 dell’impugnazione).

100. In secondo luogo, anche ammettendo che l’AAE avesse comportato un vantaggio, l’acquisto della Dunamenti Erőmű da parte della Electrabel, in esito alla gara d’appalto, ha compensato l’asserito vantaggio (punti da 55 a 62 dell’impugnazione).

101. In terzo luogo, l’adesione dell’Ungheria non ha modificato i collegamenti tra l’AAE e la privatizzazione della Dunamenti Erőmű e non ha inciso in alcun modo sul fatto che l’AAE non conferiva alcun vantaggio alla Dunamenti Erőmű (punti da 63 a 67 dell’impugnazione, in combinato disposto con i punti da 41 a 62 di tale impugnazione).

1.            Sulla ricevibilità

102. Secondo la Commissione, il terzo motivo verte su una questione di fatto ed è, quindi, irricevibile. Avendo correttamente considerato la data di adesione dell’Ungheria all’Unione come data di riferimento per stabilire l’esistenza di un aiuto, il Tribunale avrebbe correttamente dichiarato, ai punti da 68 a 70 della sentenza impugnata, che la determinazione dell’esistenza di un vantaggio conferito dall’AAE alla Dunamenti Erőmű doveva fare riferimento soltanto a tale data e basarsi sull’evoluzione della situazione prevedibile in tale data.

103. Non condivido tale posizione della Commissione che, a mio avviso, si fonda su un’interpretazione errata dell’impugnazione. Infatti, tale motivo non riguarda la questione di stabilire quali elementi possano essere ricollegati al periodo avente inizio il 1° maggio 2004, ma la questione se, ancorché il 1° maggio 2004 fosse la data di riferimento, il Tribunale potesse correttamente escludere taluni elementi dalla sua valutazione, e in particolare il collegamento intrinseco tra la privatizzazione e l’AAE in questione, per il solo fatto che erano precedenti a tale data.

2.            Nel merito

a)            Sulla terza parte, riguardante il rifiuto del Tribunale di tener conto, nel controllare la decisione impugnata in ordine alla questione dell’esistenza di un aiuto, delle circostanze della privatizzazione della Dunamenti Erőmű per il motivo che le stesse sono precedenti alla data di adesione

104. Con il suo terzo motivo, la Dunamenti Erőmű fa valere che, ai punti da 68 a 70 della sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato erroneamente che gli argomenti dallo stesso enunciati al punto 67 della sentenza impugnata, «che si fondavano in sostanza sulle circostanze della privatizzazione realizzata a metà degli anni ‘90, dovevano essere respinti con riferimento al periodo pertinente per la valutazione degli AAE avente inizio a decorrere dal 1° maggio 2004» (28).

105. Va osservato anzitutto che né la Commissione né il Tribunale hanno contestato il collegamento intrinseco tra la concessione dell’AAE alla Dunamenti Erőmű e la sua privatizzazione. Infatti, la Commissione ha riconosciuto, al considerando 174 della decisione impugnata, che «la maggior parte dei produttori di energia elettrica ha riconosciuto (…) che, in assenza delle garanzie offerte dagli [AAE], non avrebbe investito in queste centrali», e uno di tali produttori ha sostenuto che «gli [AAE] rappresenta[va]no un importante fattore che determina la disponibilità delle banche a finanziare l’investimento e a erogare costantemente prefinanziamenti dei costi operativi».

106. Al punto 186 della decisione impugnata, la Commissione rileva che, «nelle condizioni di mercato presenti in Ungheria negli anni Novanta, il principio fondamentale degli [AAE], ossia la garanzia del recupero dell’investimento, era il requisito fondamentale per la realizzazione dei necessari investimenti».

107. Come ho chiarito ai paragrafi da 5 a 11 delle presenti conclusioni, è evidente che la concessione dell’AAE alle centrali elettriche e la privatizzazione facevano parte della medesima operazione e che non è possibile esaminare un aspetto senza prendere in considerazione l’altro.

108. La Dunamenti Erőmű contesta quindi al Tribunale di aver confermato l’approccio della Commissione consistente, da un lato, nel riconoscere che, nel contesto della privatizzazione, l’AAE era un «presupposto fondamentale» della vendita redditizia o «a condizioni di mercato» della Dunamenti Erőmű e, dall’altro, nell’ignorare completamente tale «presupposto fondamentale» al momento della valutazione stessa dell’AAE alla luce delle norme sugli aiuti di Stato, e di aver quindi applicato in maniera errata il criterio dell’investitore privato.

109. Secondo la Commissione, tali argomenti devono essere respinti qualora il Tribunale avesse fondati motivi per constatare che la data di riferimento pertinente era quella dell’adesione dell’Ungheria all’Unione, nel qual caso non sarebbe pertinente considerare operazioni precedenti di circa un decennio rispetto a tale data.

110. Secondo le osservazioni formulate dalla Commissione in udienza, «ciò che accade nello Stato membro prima della sua adesione all’Unione è, per dirla in termini brutali, una questione indifferente dal punto di vista della materia degli aiuti di Stato, salvo nel caso in cui ciò abbia ripercussioni nel mercato interno dopo l’adesione» (29). Secondo la Commissione, l’esclusione di qualsiasi elemento di fatto precedente alla data di adesione, soprattutto se riguarda gli obiettivi perseguiti dalla MVM nella privatizzazione del 1995, è una scelta dettata dall’Atto di adesione e dalla volontà dei suoi estensori che devono essere rispettati.

111. Non condivido tale posizione della Commissione.

112. A mio avviso, l’utilità della data di adesione quale data di riferimento è anzitutto quella di individuare il momento in cui si deve verificare se la misura, che può configurarsi come un aiuto di Stato, sia o non sia ancora applicabile. Se non lo è più, essa non può più essere oggetto di un’analisi da parte della Commissione ai sensi delle norme sugli aiuti di Stato (30).

113. Nel caso in cui, come nella fattispecie, la misura in questione sia ancora applicabile al momento dell’adesione, la data di riferimento serve anche a individuare il momento in cui si deve valutare se essa costituisca un aiuto di Stato, in quanto una misura che non costituisce un aiuto di Stato al momento della sua concessione può divenire tale successivamente in caso di modifiche nella struttura del mercato interessato (31).

114. Per contro, il fatto di considerare la data di adesione come data di riferimento non esclude di per sé e automaticamente, come ha dichiarato il Tribunale ai punti da 68 a 70 della sentenza impugnata, la presa in considerazione di elementi precedenti a tale data che sarebbero pertinenti ai fini della corretta applicazione del criterio dell’investitore privato.

115. La Corte ha del resto sottolineato, naturalmente al di fuori dell’ambito specifico di un’adesione, l’importanza di una valutazione globale di tutti i fatti pertinenti al momento dell’applicazione del criterio dell’investitore privato. Pertanto, al punto 86 della sentenza Commissione/EDF (C‑124/10 P, EU:C:2012:318), la Corte ha dichiarato che «spetta [alla Commissione] operare una valutazione globale prendendo in considerazione, oltre agli elementi forniti dallo Stato membro stesso, qualsiasi altro elemento pertinente nella specie che le consenta di accertare se la misura de qua sia riconducibile alla qualità di azionista o a quella di potere pubblico dello Stato membro medesimo. In particolare, possono risultare pertinenti a tal riguardo, (…), la natura e l’oggetto di tale misura, il contesto in cui essa si colloca, nonché l’obiettivo perseguito e le regole cui la misura stessa sia soggetta» (32).

116. La Corte ha poi aggiunto, ai punti 104 e 105 di tale sentenza, che «[la Commissione] non [poteva] rifiutarsi di esaminare tali informazioni se non nel caso in cui gli elementi di prova prodotti [fossero] stati forniti successivamente all’adozione della decisione di effettuare l’investimento in questione» e che, «ai fini dell’applicazione del criterio dell’investitore privato, [erano] unicamente pertinenti gli elementi disponibili e le evoluzioni prevedibili al momento dell’adozione della decisione di procedere all’investimento [anche se], come nella specie, la Commissione esamin[ava] l’esistenza di un aiuto [di] Stato rispetto ad un investimento non notificatole e già operato dallo Stato membro interessato nel momento in cui essa procede[va] al suo esame» (33).

117. Al punto 41 della sentenza Italia e SIM 2 Multimedia/Commissione (C‑328/99 e C‑399/00, EU:C:2003:252), nella valutazione del criterio dell’investitore privato relativa a un’operazione di ricapitalizzazione che aveva avuto luogo nel 1994, la Corte ha tenuto conto del risultato netto dell’esercizio 1993 e del fatto che «tale risultato si inseriva in un contesto di recessione economica che aveva provocato un rallentamento della crescita, una maggiore concorrenza e una sensibile caduta dei prezzi nel settore europeo dell’elettronica di consumo, il cui declino si era iniziato nel 1992», per concludere che un investitore privato non avrebbe provveduto a effettuare gli apporti di capitale in questione.

118. Sempre in un contesto non connesso a un’adesione, la Corte ha annullato una decisione della Commissione, in particolare, in quanto «la Commissione [aveva] fatto un’erronea applicazione del criterio dell’investitore privato in un’economia di mercato, in quanto essa non [aveva] valutato i prestiti e le garanzie accordati alla Stardust nel contesto dell’epoca in cui essi sono stati concessi» (34).

119. Tali considerazioni sono altresì applicabili in un caso, come quello di cui trattasi nella fattispecie, in cui la misura in questione sia stata concessa prima dell’adesione dello Stato membro interessato all’Unione. Infatti, l’applicazione del criterio dell’investitore privato da parte della Commissione, approvata dal Tribunale, e l’analisi dell’esistenza di un aiuto di Stato che ne deriva rischiano di divenire artificiosi, qualora fossero esclusi elementi pertinenti, come ha fatto valere il Tribunale ai punti da 68 a 70 della sentenza impugnata, per il solo motivo che essi rientrano nel periodo precedente all’adesione.

120. Tale artificiosità consisterebbe nel porre, al momento dell’applicazione del criterio dell’investitore privato, la questione «se un operatore medio del mercato, nelle condizioni di mercato esistenti al momento dell’adesione dell’Ungheria all’Unione europea, avrebbe concesso ai produttori una garanzia simile a quella prevista negli [AAE]» (35) senza prendere in considerazione un operatore del mercato ipotetico che, come lo Stato ungherese nel 1995, voleva vendere una centrale elettrica la cui situazione fisica e finanziaria era tale per cui nessun investitore poteva avere sufficienti garanzie di poter proseguire le sue attività e di avere una visibilità a lungo termine dei suoi investimenti, perseguendo gli obiettivi di privatizzazione esposti al paragrafo 5 delle presenti conclusioni.

121. Orbene, anche se nell’applicazione del criterio dell’investitore privato si deve porre la questione se, al momento dell’adesione, un operatore del mercato ipotetico avrebbe agito come lo Stato, non è possibile escludere circostanze di fatto pertinenti che hanno determinato la concessione della misura di aiuto in questione per il solo motivo che sono precedenti alla data di adesione, in quanto ciò collocherebbe lo Stato e l’operatore del mercato ipotetico in posizioni non paragonabili, il che potrebbe necessariamente condurre ciascuno di essi a scelte diverse.

122. Ciò implica che una corretta applicazione del criterio dell’investitore privato consisterebbe nel chiedersi cosa avrebbe fatto un operatore del mercato ipotetico, il 1° maggio 2004, nelle circostanze economiche del 1995, in un mercato in via di liberalizzazione (36), per vendere la Dunamenti Erőmű al miglior prezzo, perseguendo gli stessi obiettivi di natura economica e commerciale dello Stato ungherese nel 1995, ossia garantire la sicurezza dell’approvvigionamento ai minimi costi possibili, modernizzare le infrastrutture nel rispetto delle norme vigenti in materia di tutela ambientale e realizzare la necessaria ristrutturazione del settore della distribuzione di energia elettrica.

123. Contrariamente a quanto ha affermato la Commissione in udienza, non ritengo che tale applicazione del criterio dell’investitore privato sia contrario all’Atto di adesione o alla volontà dei suoi estensori. Infatti, sebbene l’AAE debba essere considerato un aiuto nuovo ai sensi di tale atto, ossia un aiuto concesso per la prima volta il 1° maggio 2004, nessuna norma contenuta in tale atto impedisce alla Commissione di prendere in considerazione gli obiettivi di natura economica e commerciale che la MVM perseguiva con la concessione dell’AAE al momento dell’applicazione di detto criterio.

124. Pertanto, ritengo che elementi pertinenti precedenti all’adesione possano essere presi in considerazione nell’applicazione del criterio dell’investitore privato al momento dell’adesione.

125. Paradossalmente, e come ho già rilevato (37), al pari della Dunamenti Erőmű nell’ambito del suo secondo motivo, tale tesi corrisponderebbe alla prassi della Commissione rinvenibile, in particolare, nelle sue decisioni GE Capital Bank, Postabank e PZL Hydral, in cui la Commissione ha sistematicamente considerato, nella valutazione dell’esistenza di un aiuto, circostanze di fatto precedenti alla data di riferimento (38), ossia la data di adesione degli Stati membri interessati.

126. Mi riferisco, più in particolare, alla decisione 2009/174, nel caso Postabank, che riguardava anch’essa una misura di aiuto attuata dall’Ungheria prima della sua adesione. Ai punti 55 e 56 di tale decisione, la Commissione ha ritenuto, correttamente a mio avviso, che, «[q]uanto alla condotta delle autorità ungheresi nel 2003, valutata sulla base del criterio dell’investitore privato operante in condizioni di mercato, va osservato che la Commissione non mette in discussione il procedimento di privatizzazione di Postabank e riconosce che Postabank è stata venduta al miglior offerente nel quadro di una gara con procedura aperta» e che, «[t]uttavia, tale fatto non è una condizione sufficiente per escludere, nel presente caso, l’esistenza di un vantaggio» (39).

127. A mio avviso, tale passaggio rappresenta la posizione corretta, ossia quella secondo la quale in un caso come quello di cui trattasi nella fattispecie le circostanze pertinenti, precedenti all’adesione, devono essere prese in considerazione nell’applicazione del criterio dell’investitore privato senza che ciò sia di per sé sufficiente per escludere la presenza di un vantaggio.

128. Risulta da quanto precede che, respingendo gli argomenti della Dunamenti Erőmű relativi alla mancata considerazione, da parte della Commissione, del collegamento intrinseco tra l’AAE e la privatizzazione al momento del controllo dell’applicazione del criterio dell’investitore privato, per il solo motivo che tale elemento è precedente alla data di adesione dell’Ungheria, il Tribunale è incorso in un errore di diritto e che la sentenza deve essere annullata al riguardo.

b)            Sulla prima parte, riguardante l’esistenza stessa di un vantaggio in capo alla Dunamenti Erőmű per il fatto che le è stato concesso un AAE dalla MVM, la quale, così facendo, avrebbe agito come investitore privato cercando di massimizzare il profitto generato dalla vendita della Dunamenti Erőmű

129. Secondo la Dunamenti Erőmű, essa stessa e la Electrabel non hanno tratto alcun vantaggio dall’AAE in quanto, nel concludere l’AAE con la Dunamenti Erőmű, il 10 ottobre 1995, la MVM aveva semplicemente tentato di massimizzare i proventi della vendita della Dunamenti Erőmű, come farebbe un operatore privato.

130. Tale argomento non può essere accolto in quanto il fatto che la Dunamenti Erőmű sia stata privatizzata attraverso una procedura di gara aperta e concorrenziale e che sia stata accettata l’offerta più elevata (ossia quella della Electrabel) sarebbero considerazioni pertinenti solo nel caso in cui la misura, che potrebbe costituire un aiuto di Stato, fosse la vendita della Dunamenti Erőmű in quanto tale. Orbene, così non è nel caso di specie, poiché la misura in questione era l’AAE concesso dalla MVM alla Dunamenti Erőmű.

131. Inoltre, come afferma la Commissione, la Dunamenti Erőmű confonde l’esistenza di un vantaggio in capo alla Electrabel, quale acquirente della Dunamenti Erőmű, con l’esistenza di un vantaggio in capo ad essa. Infatti, la circostanza che non sussista alcun vantaggio per la Electrabel non esclude l’esistenza di tale vantaggio per la Dunamenti Erőmű.

132. Ritengo quindi che gli argomenti della Dunamenti Erőmű, relativi alla sentenza AceaElectrabel/Commissione (T‑303/05, EU:T:2009:312), volti a dimostrare che la Electrabel e la Dunamenti Erőmű formavano un’entità economica unica non comportano alcuna modifica per quanto riguarda l’analisi precedente. Infatti, anche se la Electrabel e la Dunamenti Erőmű fossero considerate come un’entità economica unica, ciò non escluderebbe l’esistenza di un vantaggio in capo a tale entità che avrebbe beneficiato dell’AAE.

133. Pertanto, nel respingere l’argomento della Dunamenti Erőmű, relativo alla circostanza che, concedendo l’AAE in questione alla Dunamenti Erőmű, la MVM ha agito come investitore privato cercando di massimizzare il profitto generato dalla vendita della stessa, il Tribunale non è incorso in alcun errore di diritto.

c)            Sulla seconda parte, riguardante la questione se l’aiuto debba essere recuperato dall’impresa venduta o dal venditore quando il prezzo della privatizzazione include il valore dell’aiuto

i)            Argomenti delle parti

134. Secondo la Dunamenti Erőmű, anche se le era stato concesso un vantaggio prima della privatizzazione, il suo acquirente ha rimborsato tale vantaggio allo Stato ungherese in quanto l’AAE era incluso nel prezzo pagato allo Stato dall’acquirente al momento della privatizzazione della Dunamenti Erőmű attraverso una procedura di gara.

135. La Dunamenti Erőmű si basa sul punto 78 della sentenza Banks (C‑390/98, EU:C:2001:456), in cui la Corte ha dichiarato che, «in linea di principio, quando una società beneficiaria di un aiuto è stata venduta al prezzo di mercato, il prezzo di vendita rispecchia le conseguenze dell’aiuto precedente e il soggetto che ha venduto detta società conserva il beneficio dell’aiuto. In tal caso, il ripristino dello status quo ante deve essere, in primo luogo, garantito dalla restituzione dell’aiuto da parte del venditore».

136. Su tale base, la Dunamenti Erőmű conclude che, poiché l’AAE è stato valutato nel prezzo della privatizzazione versato allo Stato ungherese, è quest’ultimo ad aver conservato il vantaggio ed essa non poteva essere quindi considerata beneficiaria di un vantaggio proveniente da risorse statali ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE.

137. Per contro, la Commissione ritiene che la Dunamenti Erőmű confonda ancora una volta l’aiuto concesso a un’entità acquistata (beneficiaria di un aiuto) con l’aiuto concesso all’acquirente di tale entità.

138. Qualificando il punto 78 della sentenza Banks (C‑390/98, EU:C:2001:456) come «obiter dictum», la Commissione si basa invece sul punto 81 della sentenza Germania/Commissione (C‑277/00, EU:C:2004:238), in cui la Corte, constatando che, «[c]on riferimento alla presente fattispecie, l’impresa alla quale gli aiuti di Stato illegittimi sono stati concessi conserva la sua personalità giuridica e continua ad effettuare, per suo conto, le attività sovvenzionate dagli aiuti di Stato», ha dichiarato che «[p]ertanto normalmente tale impresa conserva il vantaggio concorrenziale legato ai detti aiuti ed è quindi essa che dev’essere obbligata a rimborsare un importo pari a quello di questi ultimi. Il rimborso di tali aiuti non può dunque essere chiesto all’acquirente».

139. Secondo la Commissione, nella sentenza Germania/Commissione (C‑277/00, EU:C:2004:238) la Corte ha operato chiaramente una distinzione rispetto alla sentenza Banks (C‑390/98, EU:C:2001:456).

ii)          Valutazione

–             Osservazioni preliminari

140. In via preliminare, constato che le sentenze Banks (C‑390/98, EU:C:2001:456) e Germania/Commissione (C‑277/00, EU:C:2004:238) riguardano entrambe l’individuazione del soggetto dal quale l’aiuto deve essere recuperato, e non l’individuazione dell’esistenza di un aiuto.

141. Pertanto, anche se la Dunamenti Erőmű presenta i suoi argomenti nell’ambito del terzo motivo riguardante l’esistenza di un aiuto, essi costituiscono, in realtà, un motivo indipendente che la Corte deve esaminare anche nel caso in cui, contrariamente a quanto da me proposto al paragrafo 128 delle presenti conclusioni, essa dichiari che il Tribunale aveva correttamente respinto gli argomenti relativi alla mancata considerazione del collegamento intrinseco fra l’AAE e la privatizzazione della Dunamenti Erőmű nell’applicazione del criterio dell’investitore privato.

142. Infatti, qualora la Corte non accolga la mia proposta, sussiste pur sempre un aiuto che l’Ungheria deve abolire e recuperare. Se, invece, la Corte accoglie la mia proposta, non è affatto escluso che una corretta applicazione del criterio dell’investitore privato porti alla constatazione dell’esistenza di un aiuto, di pari o di diverso ammontare.

143. Occorre quindi stabilire, nei due casi, se l’aiuto in questione debba essere recuperato dall’impresa venduta, il che corrisponde alla posizione della Commissione, oppure dal venditore, il che corrisponde alla posizione della Dunamenti Erőmű, restando inteso che «[i]l rimborso di tali aiuti non può (…) essere chiesto all’acquirente» (40) nel caso in cui l’impresa beneficiaria dell’aiuto sia stata venduta alle condizioni di mercato.

–             L’obbligo di rimborso dell’aiuto deve gravare sul soggetto che conserva il vantaggio concorrenziale che tale aiuto ha procurato

144. È evidente che le sentenze Banks (C‑390/98, EU:C:2001:456) e Germania/Commissione (C‑277/00, EU:C:2004:238) sostengono proposte apparentemente contraddittorie. L’unico punto sul quale concordano è che l’acquirente non può essere il debitore del rimborso dell’aiuto (41).

145. Se è vero che la sentenza Germania/Commissione (C‑277/00, EU:C:2004:238) è successiva alla sentenza Banks (C‑390/98, EU:C:2001:456), essa è stata pronunciata da una Sezione composta da cinque giudici, ossia la Sesta, mentre la sentenza Banks è stata pronunciata da una formazione di undici giudici (la «Grande Sezione» dell’epoca) ed è stata poi citata in più occasioni (42).

146. Come ha dichiarato l’avvocato generale Tizzano al paragrafo 82 delle sue conclusioni nella causa Germania/Commissione (C‑277/00, EU:C:2003:354), «la Corte oscilla tra due posizioni: quella secondo cui gli aiuti devono comunque essere restituiti dalla società beneficiaria; e quella secondo cui, se le quote sono vendute ad un prezzo che rispecchia il valore di mercato di detta società dopo la concessione degli aiuti, questi devono essere restituiti dal venditore».

147. Dopo la sentenza Germania/Commissione (C‑277/00, EU:C:2004:238), la Corte ha del resto continuato a oscillare tra queste due posizioni. Dopo aver rilevato, al punto 58 della sentenza Commissione/Francia (C‑214/07, EU:C:2008:619), che, «[nel caso in cui, dopo che il beneficiario ha cessato la sua attività e ha ceduto il suo attivo,] l’elemento di aiuto [sia] stato valutato al prezzo di mercato e incluso nel prezzo di acquisto, (…) non si può ritenere che il compratore abbia fruito di un vantaggio rispetto agli altri operatori del mercato (sentenza Germania/Commissione […], punto 80)», essa ha dichiarato, al punto 83 della sentenza Commissione/Francia (C‑37/14, EU:C:2015:90), che la vendita del beneficiario dell’aiuto alle condizioni di mercato, «anche ammesso che sia accertata, non incide, in quanto tale, sull’obbligo di recupero, in quanto lo Stato membro interessato rimane obbligato a procedere a tale recupero, a seconda dei casi, dall’impresa venduta (sentenza Germania/Commissione, C‑277/00, EU:C:2004:238, punto 81) o dal venditore (sentenze Banks, C‑390/98, EU:C:2001:456, punto 78, nonché Falck e Acciaierie di Bolzano/Commissione, C‑74/00 P e C‑75/00 P, EU:C:2002:524, punto 180)» (43), lasciando nuovamente aperta la possibilità di recuperare l’aiuto o dal venditore o dall’impresa venduta, senza fornire un criterio distintivo per applicare l’espressione «a seconda dei casi».

148. Per complicare ulteriormente la situazione, il fatto che la sentenza Germania/Commissione (C‑277/00, EU:C:2004:238) riguardasse due aiuti, di cui uno concesso a una società le cui azioni erano state oggetto di una vendita («share deal») e l’altro concesso a una società di cui era stato venduto l’attivo («asset deal») (44), ha creato l’impressione che si dovesse distinguere tra i due tipi di vendita.

149. Pertanto, al paragrafo 57 delle sue conclusioni nella causa Commissione/Francia (C‑214/07, EU:C:2008:343), l’avvocato generale Sharpston ha tentato di spiegare la differenza tra le sentenze Banks (C‑390/98, EU:C:2001:456) e Germania/Commissione (C‑277/00, EU:C:2004:238) con il fatto che «(…) [la causa Banks] riguardava la vendita di azioni. Il caso di specie riguarda l’attivo, e il criterio corretto è quello esposto nella sentenza Germania/Commissione. In tale sentenza, la Corte ha adottato l’approccio indicato nella causa Banks (…), lo ha adattato alle caratteristiche dell’acquisto dell’attivo piuttosto che di azioni (…) e ha applicato l’approccio così modificato alla vendita di beni patrimoniali (…). Non vedo motivi per discostarmi dall’approccio elaborato nella sentenza Germania/Commissione».

150. L’incertezza aumenta ulteriormente quando si analizzano le posizioni differenti, se non addirittura contraddittorie, adottate dalla Commissione nelle varie cause.

151. Pertanto, al punto 38 della sua replica nella causa che ha dato luogo alla sentenza Commissione/Francia (C‑214/07, EU:C:2008:619), la Commissione «[riteneva] utile ricordare che, in presenza di un trasferimento dell’attivo (Asset deal) rispetto a un trasferimento di azioni (Share deal), [era] importante esaminare le condizioni finanziarie di tali transazioni. In caso di vendita dell’attivo a condizioni normali di mercato, la Corte ritiene che l’elemento di aiuto sia stato valutato al prezzo di mercato e incluso nel prezzo di acquisto, cosicché non si può ritenere, in linea di principio, che l’acquirente dell’attivo abbia beneficiato di un vantaggio, e il beneficio dell’aiuto rimane quindi nelle mani del cedente».

152. Ai punti da 87 a 89 del suo ricorso nella causa Commissione/Francia (C‑37/14, EU:C:2015:90), la Commissione sosteneva, a proposito di una vendita «totale o parziale delle azioni di una società beneficiaria» (45), che, «[a] seguito della vendita di un’impresa beneficiaria di un aiuto al prezzo di mercato, occorre stabilire chi sia il beneficiario effettivo dell’aiuto che deve quindi rimborsarla. A seconda delle circostanze del caso di specie, può trattarsi o del venditore o dell’impresa venduta. Dalla giurisprudenza della Corte emerge che l’aiuto deve essere recuperato, in via di principio, dall’impresa venduta (…) Tuttavia, la Corte ha ritenuto che l’importo dell’aiuto dovesse essere rimborsato dal venditore nel caso in cui avesse conservato il vantaggio del beneficio dell’aiuto, che sarebbe stato incluso nel prezzo di vendita. Ciò avviene, in particolare, quando si dimostra con certezza che il prezzo di vendita include l’aiuto illegittimo che è potenzialmente soggetto a un obbligo di recupero, o quando il contratto di vendita della società beneficiaria dell’aiuto prevede espressamente che il venditore debba rimborsare gli aiuti percepiti dall’entità venduta se questi sono dichiarati illegittimi e incompatibili» (46).

153. La Commissione aggiungeva che, «[i]n mancanza di questo tipo di clausola, la maggior parte dei contratti di vendita prevede che il venditore garantisca il passivo dell’impresa venduta. In tal caso, l’impresa venduta dovrà rimborsare l’aiuto illegittimo e la clausola di garanzia del passivo consentirà all’acquirente di rivalersi sul venditore. Tale questione dipende quindi dalle norme contrattuali applicabili e non rientra propriamente nel (…) procedimento di recupero».

154. Nella causa in esame la Commissione sostiene (47) che la sentenza Germania/Commissione (C‑277/00, EU:C:2004:238) ha modificato il principio enunciato al punto 78 della sentenza Banks (C‑390/98, EU:C:2001:456), in quanto il recupero dell’aiuto deve essere effettuato richiedendolo al beneficiario, anche se quest’ultimo era venduto a condizioni di mercato, e sostiene che il valore dell’aiuto era incluso nel prezzo di vendita.

155. Occorre, a mio avviso, approfittare della causa in esame per fissare in modo chiaro i principi applicabili al recupero di un aiuto nel caso in cui, come nella causa in esame nonché nelle cause che hanno dato luogo alle sentenze Banks (C‑390/98, EU:C:2001:456); Italia e SIM 2 Multimedia/Commissione (C‑328/99 e C‑399/00, EU:C:2003:252); Germania/Commissione (C‑277/00, EU:C:2004:238), e Commissione/Francia (C‑37/14, EU:C:2015:90), il beneficiario sia stato oggetto di una vendita alle condizioni di mercato e nel caso in cui il prezzo della vendita includa il valore dell’aiuto.

156. Analogamente a quanto dichiarato dalla Corte al punto 81 della sentenza Germania/Commissione (C‑277/00, EU:C:2004:238), a mio parere, «[l’]impresa conserva il vantaggio concorrenziale legato [all’aiuto] e (…) dev’essere obbligata a rimborsare un importo pari a quello [dell’aiuto]». Il recupero dell’aiuto deve quindi seguire il vantaggio nel senso che l’entità che ha beneficiato o beneficia ancora del vantaggio deve rimborsarlo, indipendentemente dal fatto che vi sia stata una vendita dell’attivo o una vendita di azioni, e ciò per le seguenti ragioni.

157. In primo luogo, i fatti della causa in esame, ossia la concessione di un aiuto a una società seguita dalla sua privatizzazione immediata, dimostrano che il principio enunciato al punto 78 della sentenza Banks (C‑390/98, EU:C:2001:456), secondo il quale è possibile recuperare l’aiuto dal venditore, dà adito all’impunità degli abusi del diritto degli aiuti di Stato in quanto consente agli Stati membri di concedere aiuti a imprese statali sapendo che, anche se l’aiuto dovrà essere eventualmente abolito in futuro, la privatizzazione consentirà a tali imprese di mantenere il vantaggio storico accumulato sino al momento dell’abolizione.

158. In secondo luogo, «se la società che ha ricevuto un aiuto non viene dissolta e rimane attiva sul mercato, la distorsione di concorrenza provocata dall’aiuto può essere eliminata (o quanto meno attenuata) solo ponendo l’obbligo di restituzione in capo a tale società: solo in tal modo essa è infatti “privat[a] del vantaggio di cui aveva fruito sul mercato rispetto ai suoi concorrenti e la situazione esistente prima della corresponsione dell’aiuto è ripristinata” [sentenza Commissione/Italia (C‑348/93, EU:C:1995:95, punto 27). Nello stesso senso, v. anche sentenza Spagna/Commissione (C‑480/98, EU:C:2000:559, punto 35)]» (48).

159. In terzo luogo, «se è vero che [il venditore delle] quote della società beneficiaria ad un prezzo che rispecchia il loro valore di mercato dopo la concessione degli aiuti si avvantaggia della rivalutazione della società, è nondimeno evidente che tale eventuale vantaggio non fa venire meno quello ottenuto dalla società beneficiaria nei confronti dei suoi concorrenti. Ed è proprio quest’ultimo il vantaggio che determina le distorsioni di concorrenza e che bisogna quindi eliminare con il recupero degli aiuti, mentre il vantaggio finanziario derivante dalla vendita delle quote può anche non incidere sul funzionamento concorrenziale dei mercati, in quanto non è detto che chi vende le quote sia un operatore economico» (49).

160. Infine, «[l]’opposta tesi, secondo cui in particolari circostanze gli aiuti devono essere recuperati presso il venditore, crea infatti notevoli incertezze, poiché spesso è difficile stabilire se il prezzo di vendita rispecchia pienamente il valore di mercato della società beneficiaria dopo la concessione degli aiuti e non sconta minimamente il rischio che tale società sia chiamata a restituire almeno in parte detti aiuti» (50).

161. Per tali ragioni, quando «l’impresa alla quale gli aiuti di Stato illegittimi sono stati concessi conserva la sua personalità giuridica e continua ad effettuare, per suo conto, le attività sovvenzionate dagli aiuti di Stato. (…) normalmente tale impresa conserva il vantaggio concorrenziale legato ai detti aiuti ed è quindi essa che dev’essere obbligata a rimborsare un importo pari a quello di questi ultimi» (51).

162. Il principio prevede, quindi, che l’aiuto debba essere recuperato dall’impresa venduta, nella fattispecie la Dunamenti Erőmű, e non dal venditore, nella fattispecie la MVM o lo Stato ungherese.

163. Occorre aggiungere che, come ha rilevato la Corte ai punti da 84 a 97 della sentenza Germania/Commissione (C‑277/00, EU:C:2004:238), la regola secondo la quale il soggetto che ha conservato il vantaggio concorrenziale connesso all’aiuto deve rimborsarlo si applica anche nel caso in cui, a causa di una vendita dell’attivo o di un’altra transazione, il beneficiario sia stato privato di tutti i suoi beni con lo scopo o con la conseguenza di rendere il recupero dell’aiuto impossibile (ipotesi che non ricorre nella causa in esame), ma anche nel caso in cui le attività di tale beneficiario siano state riprese da un’altra impresa che, quindi, avendo conservato il vantaggio concorrenziale, dovrà rimborsare l’aiuto (52). In caso contrario, ossia quando il beneficiario ha cessato le sue attività senza che un’altra impresa le abbia riprese, sussisterebbe, secondo la giurisprudenza della Corte, un’impossibilità assoluta di recupero (53).

164. A tal riguardo occorre ricordare che, nonostante il fatto che, al punto 81 della sentenza Germania/Commissione (C‑277/00, EU:C:2004:238), la Corte sembri distinguere i beneficiari a seconda che essi abbiano o non abbiano conservato la loro personalità giuridica (54), l’articolo 107 TFUE, al pari delle disposizioni del Trattato in materia di concorrenza, si riferisce alle imprese («undertakings») e non alle società aventi personalità giuridica.

165. In tal senso, come ha dichiarato la Corte al punto 43 della sentenza ETI e a. (C‑280/06, EU:C:2007:775) rispetto alle infrazioni del diritto della concorrenza, «le forme giuridiche rispettive dell’ente che ha commesso un’infrazione e del suo successore sono irrilevanti. L’applicazione a tale successore della sanzione per l’infrazione non può dunque essere esclusa per il solo fatto che, come nelle cause principali, questo possiede un altro status giuridico e opera con modalità diverse rispetto all’ente cui è succeduto».

166. Pertanto, il principio secondo il quale l’obbligo di rimborso dell’aiuto grava sull’impresa che conserva il vantaggio concorrenziale connesso a tale aiuto consente il recupero di quest’ultimo da parte dell’impresa che ha ripreso le attività sovvenzionate dallo Stato.

–             Applicazione alla causa in esame

167. Nella fattispecie, poiché il vantaggio in questione è l’AAE, è la Dunamenti Erőmű a beneficiare del vantaggio concorrenziale prodotto da tale AAE e a conservare tale vantaggio, ossia prezzi di vendita dell’energia elettrica garantiti a lungo termine. È quindi la Dunamenti Erőmű a dover rimborsare l’aiuto allo Stato.

168. Sarebbe peraltro assurdo supporre, da un lato, che il vantaggio sia nelle mani della Dunamenti Erőmű, in quanto l’AAE fa parte del suo patrimonio, ma, dall’altro, che lo Stato venditore abbia beneficiato dell’aiuto. È chiaramente impossibile abolire il vantaggio nelle mani di un’impresa e ritenere che il vantaggio concorrenziale sia conservato altrove, soprattutto che, nella causa in esame, fosse l’AAE a falsare la concorrenza e a rendere la liberalizzazione del mercato ungherese dell’energia elettrica quasi impossibile, rendendo economicamente più onerosa l’entrata di nuovi partecipanti.

169. È vero che tale conclusione può portare a una situazione in cui l’Ungheria deve, come ha già fatto, abolire l’AAE pur trattenendo il prezzo versato dall’acquirente e integrante il valore dell’aiuto, mentre la Dunamenti Erőmű deve rimborsare il valore di tale aiuto allo Stato.

170. Tuttavia, come afferma la Commissione nell’atto introduttivo dalla stessa presentato nella causa che ha dato luogo alla sentenza Commissione/Francia (C‑37/14, EU:C:2015:90), «tale questione dipende (…) dalle norme contrattuali applicabili e non rientra (…) nel (…) procedimento di recupero [degli aiuti]». Infatti, «la maggior parte dei contratti di vendita prevede che il venditore garantisca il passivo dell’impresa venduta. In tal caso, l’impresa venduta dovrà rimborsare l’aiuto illegittimo e la clausola di garanzia del passivo consentirà all’acquirente di rivalersi sul venditore».

171. Nella fattispecie, oltre a tali vincoli contrattuali con lo Stato ungherese, la Electrabel beneficia altresì delle garanzie previste dal Trattato sulla Carta dell’energia che le consentono di reclamare, come ha fatto, il rimborso integrale dei costi non recuperabili dinanzi a un Tribunale arbitrale ICSID (55).

iii)       Conclusione

172. Rifiutandosi di analizzare gli argomenti della Dunamenti Erőmű relativi al recupero dell’eventuale aiuto, il Tribunale è incorso in un errore di diritto.

173. Tuttavia, se la Corte condivide nel merito la mia conclusione sulla seconda parte del terzo motivo, si dovrà constatare che la soluzione adottata dal Tribunale (e dalla Commissione) pone a carico della Dunamenti Erőmű l’obbligo di rimborsare l’aiuto e che, di conseguenza, la sentenza impugnata non dovrebbe essere annullata su tale punto.

VI –       Effetti dell’annullamento

174. Dato che, al paragrafo 128 delle presenti conclusioni, ho concluso che il Tribunale era incorso in un errore di diritto e che si doveva annullare la sentenza impugnata, occorre analizzare gli effetti di tale annullamento.

175. Conformemente all’articolo 61, primo comma, dello Statuto, in caso di annullamento della sentenza del Tribunale «[la Corte di giustizia] può statuire definitivamente sulla controversia qualora lo stato degli atti lo consenta, oppure rinviare la causa al Tribunale affinché sia decisa da quest’ultimo». Si deve stabilire se lo stato degli atti consenta di statuire definitivamente sulla controversia.

176. Lo stato degli atti consente di statuire definitivamente sulla controversia quando la Corte dispone di tutti gli elementi necessari per pronunciarsi sulla stessa (56).

177. Come ho già chiarito al paragrafo 122 delle presenti conclusioni, la corretta applicazione del criterio dell’investitore privato consisterebbe nel chiedersi cosa avrebbe fatto un operatore del mercato ipotetico, il 1° maggio 2004, nelle circostanze economiche del 1995, in un mercato in via di liberalizzazione, per vendere la Dunamenti Erőmű al miglior prezzo, perseguendo gli stessi obiettivi di natura economica e commerciale dello Stato ungherese nel 1995, ossia garantire la sicurezza dell’approvvigionamento ai minimi costi possibili, modernizzare le infrastrutture nel rispetto delle norme vigenti in materia di tutela ambientale e realizzare la necessaria ristrutturazione del settore della distribuzione di energia elettrica.

178. Una corretta applicazione del criterio dell’investitore privato implica indubbiamente una valutazione economica complessa. Orbene, secondo una giurisprudenza costante, «l’analisi effettuata dalla Commissione per stabilire se una determinata misura possa essere qualificata aiuto di Stato, perché lo Stato non ha agito come un normale operatore economico, implic[a] una valutazione economica complessa. Nell’adottare un atto che comporti simili valutazioni, la Commissione gode di un ampio potere discrezionale e il sindacato giurisdizionale su tale atto deve limitarsi (…) alla verifica dell’osservanza delle norme relative alla procedura e alla motivazione, dell’esattezza materiale dei fatti considerati nell’operare la scelta contestata, dell’insussistenza di errore manifesto di valutazione di tali fatti o dell’insussistenza di sviamento di potere. In particolare non spetta [ai giudici dell’Unione] sostituire la [loro] valutazione economica a quella della Commissione» (57).

179. Dato che la corretta applicazione del criterio dell’investitore privato non spetta al Tribunale, l’annullamento della sentenza impugnata comporta l’annullamento della decisione della Commissione per quanto riguarda la Dunamenti Erőmű.

180. Nella fattispecie, l’errore di diritto consiste nel mancato esame, da parte della Commissione, degli elementi pertinenti nell’applicazione del criterio dell’investitore privato, mancato esame che non è stato rimesso in discussione dal Tribunale.

181. La terza parte del terzo motivo è quindi infondata, il che deve comportare l’annullamento della decisione impugnata per quanto riguarda la Dunamenti Erőmű.

VII –       Sulle spese

182. Ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura, quando l’impugnazione è accolta e la Corte statuisce definitivamente sulla controversia, quest’ultima statuisce sulle spese.

183. Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del medesimo regolamento, applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, dello stesso regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

184. Poiché la Commissione è rimasta soccombente nel giudizio di impugnazione e la ricorrente ne ha chiesto la condanna, essa va condannata a sopportare, oltre alle proprie spese, tutte le spese sostenute dalla ricorrente, tanto in primo grado quanto nell’ambito del giudizio di impugnazione.

VIII – Conclusione

185. Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di statuire come segue:

1)      La sentenza Dunamenti Erőmű/Commissione (T‑179/09, EU:T:2014:236) è annullata in quanto il Tribunale ha rifiutato di prendere in considerazione il collegamento intrinseco tra gli accordi per l’acquisto di energia elettrica e la privatizzazione al momento del controllo dell’applicazione del criterio dell’investitore privato, per il solo motivo che tale elemento è precedente alla data di adesione dell’Ungheria.

2)      La decisione 2009/609/CE della Commissione, del 4 giugno 2008, relativa agli aiuti di Stato C 41/05 concessi dall’Ungheria nel quadro degli accordi a lungo termine per l’acquisto di energia elettrica, è annullata per quanto riguarda la Dunamenti Erőmű.

3)      La Commissione europea è condannata alle spese tanto del giudizio di primo grado quanto del giudizio di impugnazione.


1 – Lingua originale: il francese.


2 – GU L 225, pag. 53.


3 – GU L 83, pag. 1.


4 – Il testo del Metodo è disponibile sul sito Internet della Commissione http://ec.europa.eu/competition/state_aid/legislation/stranded_costs_it.pdf. La direttiva 96/92/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 19 dicembre 1996, concernente norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica (GU L 27, pag. 20) ha fissato i principi dell’apertura alla concorrenza del settore europeo dell’energia elettrica. L’articolo 24, paragrafo 1, di tale direttiva disponeva che «[g]li Stati membri, in cui impegni o garanzie di gestione, accordati prima dell’entrata in vigore della presente direttiva, po[tevano] non poter essere adempiuti a causa delle disposizioni della presente direttiva [potevano] richiedere un regime transitorio». Secondo la Commissione, «[s]iffatti impegni o garanzie di gestione sono designati come costi non recuperabili (“stranded costs”). Essi possono assumere in concreto svariate forme: contratti di somministrazione, investimenti effettuati con garanzia implicita o esplicita di sbocchi, investimenti che vanno oltre l’attività normale, ecc.» (v. Metodo, pag. 3). Tuttavia, un sistema di prelievo istituito da uno Stato membro e transitante per un fondo per compensare i costi non recuperabili può costituire un aiuto di Stato e deve, quindi, conformarsi ai criteri enunciati dalla Commissione in tale Metodo ed essere notificato alla Commissione e approvato dalla stessa prima di essere istituito.


5 – V. lettera C(2010) 2532 definitivo del vicepresidente della Commissione Almunia al Ministro ungherese degli Affari esteri del 27 aprile 2010, disponibile unicamente in lingua inglese sul sito Internet della Commissione (http://ec.europa.eu/competition/state_aid/cases/234326/234326_1114108_42_1.pdf).


6 – Ibidem (punto 8).


7 – Per una descrizione dettagliata, v. ibidem (punti da 10 a 24).


8 – V. articolo 5, paragrafi 1 e 3, della legge n. LXX del 2008.


9 – Occorre osservare che, a causa della scelta della Electrabel di avviare tale arbitrato solo nei confronti dell’Ungheria e unicamente a proposito delle proprie azioni e omissioni, la compatibilità della decisione impugnata con il Trattato sulla Carta dell’energia non è stata oggetto di tale arbitrato. V. Electrabel S.A. v. The Republic of Hungary (ICSID Case No. ARB/07/19) Decision on Jurisdiction, Applicable Law and Liability, punti 3.21, 4.11 e 6.76 (consultabile sul sito Internet dell’Investment Treaty Arbitration http://italaw.com/sites/default/files/case‑documents/italaw1071clean.pdf). Peraltro, nel suo ricorso di annullamento dinanzi al Tribunale, la Dunamenti Erőmű non ha contestato la validità della decisione impugnata alla luce di tale Trattato. Ne deriva che, in seguito alle scelte effettuate dalla Electrabel e dalla Dunamenti Erőmű, la decisione impugnata è completamente sfuggita a un controllo di legittimità alla luce di tale Trattato.


10 – Ibidem (punto 6.118).


11 – Ibidem (la traduzione è mia): «It is therefore best, in all the circumstances, for the Tribunal to say little more here, save to express the Tribunal’s current, provisional and tentative view that the non‑payment of HUF 22,171,991[,000] or a lesser sum at the end of Hungary’s legislative scheme does not strike the Tribunal as necessarily amounting to a breach of the FET standard; but that non‑payment (in cash or otherwise) of a significantly higher sum for Net Stranded Costs most probably could».


12 – La sentenza arbitrale non è pubblica. V. articolo di stampa di Thomson, D., intitolato «EDF wins claim against Hungary» pubblicato, l’11 dicembre 2014, sul sito Internet della Global Arbitration Review (http://globalarbitrationreview.com/news/article/33251/edf‑wins‑claim‑against‑hungary/).


13 –      V. ordinanza Electrabel e Dunamenti Erőmű/Commissione (T‑40/14, EU:T:2014:1004).


14 – V. causa Electrabel e Dunamenti Erőmű/Commissione (C‑32/15 P), pendente dinanzi alla Corte.


15 – V. ordinanza Alpiq Csepel/Commissione (T‑370/08, EU:T:2011:116); sentenza Budapesti Erőmű/Commissione (T‑80/06 e T‑182/09, EU:T:2012:65); ordinanza Pannon Hőerőmű/Commissione (T‑352/08, EU:T:2013:379); sentenze Tisza Erőmű/Commissione (T‑468/08, EU:T:2014:235), nonché Dunamenti Erőmű/Commissione (T‑179/09, EU:T:2014:236).


16 – I ricorsi di annullamento proposti dagli altri beneficiari sono stati anch’essi respinti. V. sentenze del Tribunale Budapesti Erőmű/Commissione (T‑80/06 e T‑182/09, EU:T:2012:65) e Tisza Erőmű/Commissione (T‑468/08, EU:T:2014:235). Solo la sentenza Dunamenti Erőmű/Commissione (T‑179/09, EU:T:2014:236) è stata oggetto di un’impugnazione.


17 – V., segnatamente, sentenza Unicredito Italiano (C‑148/04, EU:C:2005:774, punto 113).


18 – Sentenza British Telecommunications/Commissione (C‑620/13 P, EU:C:2014:2309, punto 29).


19 – Sentenza OTP Bank (C‑672/13, EU:C:2015:185, punto 64). Occorre osservare, al riguardo, la conclusione del Tribunale arbitrale, il quale ha ritenuto che la Electrabel non avesse fornito le prove necessarie per suffragare il suo argomento secondo il quale l’Ungheria aveva violato gli obblighi cui era tenuta in base all’articolo 10 del Trattato sulla carta dell’energia non facendo quanto necessario per includere gli AAE nella definizione di aiuto esistente ai sensi dell’allegato IV.V., in tal senso, Electrabel S.A. v. The Republic of Hungary (ICSID Case No. ARB/07/19) Decision on Jurisdiction, Applicable Law and Liability, punto 6.66.


20 – V. anche, in tal senso, sentenza Budapesti Erőmű/Commissione (T‑80/06 e T‑182/09, EU:T:2012:65, punto 60).


21 – Sentenza Banco Exterior de España (C‑387/92, EU:C:1994:100, punto 19). V. anche, in tal senso, sentenze Piaggio (C‑295/97, EU:C:1999:313, punto 48) nonché Alzetta e a./Commissione (T‑298/97, T‑312/97, T‑313/97, T‑315/97, da T‑600/97 a T‑607/97, T‑1/98, da T‑3/98 a T‑6/98 e T‑23/98, EU:T:2000:151, punto 142).


22 –      V. anche, in tal senso, sentenza Budapesti Erőmű/Commissione (T‑80/06 e T‑182/09, EU:T:2012:65, punto 54).


23 – V. sentenza Kremikovtzi (C‑262/11, EU:C:2012:760, punto 52). Il corsivo è mio. V. anche, in tal senso, sentenza Rousse Industry/Commissione (T‑489/11, EU:T:2013:144, punti da 61 a 64, 66 e 67).


24 – V. sentenze Francia/Commissione (C‑482/99, EU:C:2002:294, punti 71 e da 76 a 83); Commissione/EDF (C‑124/10 P, EU:C:2012:318, punto 104); Cityflyer Express/Commissione (T‑16/96, EU:T:1998:78, punto 76); Westdeutsche Landesbank Girozentrale e Land Nordrhein-Westfalen/Commissione (T‑228/99 e T‑233/99, EU:T:2003:57, punto 246), nonché Paesi Bassi/Commissione (T‑29/10 e T‑33/10, EU:T:2012:98, punto 78).


25 – Il che è un po’ paradossale quando si legge la tesi della Commissione nella causa in esame (v. mia analisi della terza parte del terzo motivo, ai paragrafi da 125 a 127 delle presenti conclusioni).


26 – Si tratta delle decisioni 2008/214/CE, del 18 luglio 2007, relativa all’aiuto di Stato C 27/04 concesso dalla Repubblica ceca alle imprese GE Capital Bank a.s. e GE Capital International Holdings Corporation, USA (GU L 67, pag. 3), 2009/174/CE, del 21 ottobre 2008, relativa alla misura C 35/04 adottata dalla Repubblica di Ungheria in relazione a Postabank és Takarékpénztár Rt./Erste Bank Hungary Nyrt (GU L 62, pag. 14), 2010/690/UE, del 4 agosto 2010, relativa agli aiuti di Stato C 40/08 (ex N 163/08) cui la Polonia ha dato esecuzione a favore di PZL Hydral S.A. (GU L 298, p. 51).


27 – Decisione 2008/214, punto 58.


28 – Punto 68.


29 – La traduzione è mia («It is a matter of indifference, to be quite brutal, as to what happens in the acceding Member State in the period prior to accession from the point of view of the State aid discipline, unless it spills over into the internal market after the accession has taken place»).


30 – V., a contrario, decisioni 2008/214, 2009/174 e 2010/690.


31 – V. paragrafi da 79 a 82 delle presenti conclusioni.


32 – Il corsivo è mio. V. anche, in tal senso, sentenza Italia e SIM 2 Multimedia/Commissione (C‑328/99 e C‑399/00, EU:C:2003:252, punto 41).


33 – Il corsivo è mio.


34 – Sentenza Francia/Commissione (C‑482/99, EU:C:2002:294, punto 81).


35 – Punto 177 della decisione impugnata.


36 – Il processo di liberalizzazione del mercato europeo dell’energia elettrica è iniziato con la direttiva 96/92, il cui scopo era di aprire il mercato dell’energia elettrica alla concorrenza. I termini per la liberalizzazione del mercato dell’energia elettrica erano fissati dalla direttiva 2003/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2003, relativa a norme comuni per il mercato interno dell’energia elettrica e che abroga la direttiva 96/92/CE (GU L 176, pag. 37), che avrebbe dovuto essere attuata entro il 1° luglio 2004 per quanto riguarda i clienti non civili ed entro il 1° luglio 2007 per i clienti civili. Alla data di riferimento, il mercato dell’energia elettrica ungherese stava quindi per essere liberalizzato.


37 – V. paragrafi da 89 a 94 delle presenti conclusioni.


38 – V., ad esempio, punti 81 e 82 della decisione 2008/214, punto 57 della decisione 2009/174 e punti 169 e segg. della decisione 2010/690.


39 – Non vedo motivi per cui, come ritiene il Tribunale, la decisione della Commissione nel caso Postabank sarebbe inutile in tale contesto per il solo motivo che essa riguarderebbe un caso specifico e non avrebbe alcun rapporto con la decisione impugnata (v. sentenza Tisza Erőmű/Commissione, T‑468/08, EU:T:2014:235, punto 89).


40 – Sentenza Germania/Commissione (C‑277/00, EU:C:2004:238, punto 81). V., parimenti, sentenza Commissione/Francia (C‑214/07, EU:C:2008:619, punto 16.)


41 – V. sentenze Banks (C‑390/98, EU:C:2001:456, punto 77) e Germania/Commissione (C‑277/00, EU:C:2004:238, punto 80).


42 – V. sentenze Falck e Acciaierie di Bolzano/Commissione (C‑74/00 P e C‑75/00 P, EU:C:2002:524, punto 180); Italia e SIM 2 Multimedia/Commissione (C‑328/99 e C‑399/00, EU:C:2003:252, punto 83), nonché Commissione/Francia (C‑37/14, EU:C:2015:90, punto 83).


43 – Il corsivo è mio.


44 – V. punti 78 e 84 della sentenza.


45 – V. punto 85.


46 –      Il corsivo è mio.


47 – V. paragrafi da 137 a 139 delle presenti conclusioni.


48 – V. paragrafo 83 delle conclusioni dell’avvocato generale Tizzano nella causa Germania/Commissione (C‑277/00, EU:C:2003:354).


49 – Ibidem (paragrafo 84).


50 – Ibidem (paragrafo 85).


51 – Sentenza Germania/Commissione (C‑277/00, EU:C:2004:238, punto 81).


52 – V., in tal senso, sentenze Germania/Commissione (C‑277/00, EU:C:2004:238, punti da 86 a 97); Commissione/Francia (C‑214/07, EU:C:2008:619, punto 58), nonché Commissione/Spagna (C‑610/10, EU:C:2012:781, punto 104).


53 – V. sentenze Commissione/Italia (C‑454/09, EU:C:2011:650, punto 36) e Commissione/Spagna (C‑610/10, EU:C:2012:781, punto 104).


54 – Tale distinzione è altresì ripresa nella sentenza Commissione/Francia (C‑214/07, EU:C:2008:619, punti 48 e 55).


55 – V. paragrafi da 23 a 25 delle presenti conclusioni.


56 – V., segnatamente, sentenze Chronopost e La Poste/UFEX e a. (C‑341/06 P e C‑342/06 P, EU:C:2008:375, punto 134) nonché Spagna/Commissione (C‑513/13 P, EU:C:2014:2412, punto 42).


57 – V. ordinanza DSG/Commissione (C‑323/00 P, EU:C:2002:260, punto 43). V. anche, in tal senso, sentenze Spagna/Lenzing (C‑525/04 P, EU:C:2007:698, punto 57); GlaxoSmithKline Services e a./Commissione e a. (C‑501/06 P, C‑513/06 P, C‑515/06 P e C‑519/06 P, EU:C:2009:610, punto 163); Commissione/Scott (C‑290/07 P, EU:C:2010:480, punti da 64 a 66); Ryanair/Commissione (T‑196/04, EU:T:2008:585, punto 41), nonché Budapesti Erőmű/Commissione (T‑80/06 e T‑182/09, EU:T:2012:65, punti 65 e 66).