Language of document : ECLI:EU:C:2015:579

SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)

10 settembre 2015 (*)

«Ricorso di annullamento – Cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale – Europol – Elenco dei paesi e delle organizzazioni terzi con cui Europol stipula accordi – Determinazione della base giuridica – Quadro giuridico applicabile a seguito dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona – Disposizioni transitorie – Base giuridica derivata – Distinzione tra atti legislativi e misure di esecuzione – Consultazione del Parlamento – Iniziativa di uno Stato membro o della Commissione»

Nella causa C‑363/14,

avente ad oggetto un ricorso di annullamento ai sensi dell’articolo 263 TFUE, proposto il 28 luglio 2014,

Parlamento europeo, rappresentato da F. Drexler, A. Caiola e M. Pencheva, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

contro

Consiglio dell’Unione europea, rappresentato da E. Sitbon, K. Pleśniak e K. Michoel, in qualità di agenti,

convenuto,

sostenuto da:

Repubblica ceca, rappresentata da M. Smolek, J. Vláčil e J. Škeřík, in qualità di agenti,

Ungheria, rappresentata da M.Z. Fehér, G. Szima e M. Bóra, in qualità di agenti,

intervenienti

LA CORTE (Quarta Sezione),

composta da L. Bay Larsen (relatore), presidente di sezione, K. Jürimäe, J. Malenovský, M. Safjan e A. Prechal, giudici,

avvocato generale: N. Wahl

cancelliere: V. Tourrès, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 16 giugno 2015,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con il suo ricorso, il Parlamento europeo chiede l’annullamento della decisione di esecuzione 2014/269/UE del Consiglio, del 6 maggio 2014, che modifica la decisione 2009/935/GAI per quanto riguarda l’elenco dei paesi e delle organizzazioni terzi con cui Europol stipula accordi (GU L 138, pag. 104; in prosieguo: la «decisione impugnata»).

 Contesto normativo

 La decisione 2009/371/GAI

2        L’articolo 3, primo comma, della decisione 2009/371/GAI del Consiglio, del 6 aprile 2009, che istituisce l’Ufficio europeo di polizia (Europol) (GU L 121, pag. 37; in prosieguo: la «decisione Europol»), così recita:

«Obiettivo di Europol è sostenere e rafforzare l’azione delle autorità competenti degli Stati membri e la loro cooperazione reciproca, per prevenire e combattere la criminalità organizzata, il terrorismo e altre forme gravi di criminalità che interessano due o più Stati membri».

3        L’articolo 5 di tale decisione prevede quanto segue:

«1.      I compiti principali di Europol sono:

a)      raccogliere, conservare, trattare, analizzare e scambiare informazioni e intelligence;

b)      comunicare senza indugio alle autorità competenti degli Stati membri, attraverso l’unità nazionale di cui all’articolo 8, le informazioni che le riguardano e ogni collegamento constatato tra i reati;

c)      facilitare le indagini negli Stati membri, in particolare trasmettendo alle unità nazionali tutte le informazioni pertinenti;

d)      chiedere alle autorità competenti degli Stati membri interessati di avviare, svolgere o coordinare indagini e di proporre l’istituzione di squadre investigative comuni in casi specifici;

e)      fornire intelligence e supporto analitico agli Stati membri in relazione ad eventi internazionali di primo piano;

f)      preparare valutazioni delle minacce, analisi strategiche e rapporti di situazione in relazione all’obiettivo, incluse valutazioni della minaccia costituita dalla criminalità organizzata.

2.      Rientra nei compiti di cui al paragrafo 1 assistere gli Stati membri nei loro compiti di raccolta delle informazioni da Internet e relativa analisi, per aiutare a identificare le attività criminali agevolate da o commesse attraverso Internet.

3.      Europol ha altresì i seguenti compiti addizionali:

a)      approfondire le conoscenze specialistiche usate nelle indagini dalle autorità competenti degli Stati membri e offrire consulenza per le indagini;

b)      fornire intelligence strategica per facilitare e promuovere un impiego efficace e razionale delle risorse disponibili, a livello nazionale e dell’Unione, per le attività operative, e prestare il sostegno a tali attività;

4.      Inoltre, nell’ambito dell’obiettivo di cui all’articolo 3, Europol può, in funzione del personale e delle risorse finanziarie di cui dispone, ed entro i limiti fissati dal consiglio di amministrazione, assistere gli Stati membri, mediante supporto, consulenza e attività di ricerca, nei seguenti settori:

a)      la formazione dei membri delle autorità competenti, se del caso in cooperazione con l’Accademia europea di polizia;

b)      la logistica e le attrezzature di tali autorità, agevolando la fornitura di supporto tecnico tra gli Stati membri;

c)      metodi di prevenzione della criminalità;

d)      metodi e analisi di polizia tecnica e scientifica e procedure investigative.

5.      Europol agisce inoltre quale ufficio centrale per la lotta contro la falsificazione dell’euro conformemente alla decisione 2005/511/GAI del Consiglio, del 12 luglio 2005, relativa alla protezione dell’euro contro la falsificazione attraverso la designazione dell’Europol quale ufficio centrale competente per la lotta contro la falsificazione dell’euro (…). Europol può altresì promuovere il coordinamento di misure applicate dalle autorità competenti degli Stati membri per lottare contro la falsificazione dell’euro o nel quadro di squadre investigative comuni, se del caso in collegamento con organi europei e di paesi terzi. Su richiesta, Europol può fornire sostegno finanziario a indagini volte a contrastare la falsificazione dell’euro».

4        L’articolo 23 della medesima decisione recita:

«1.      Se necessario allo svolgimento dei suoi compiti, Europol può instaurare e mantenere relazioni di cooperazione con:

a)      paesi terzi;

(…)

2.      Europol stipula accordi con le entità di cui al paragrafo 1 che sono state immesse nell’elenco di cui all’articolo 26, paragrafo 1, lettera a). Gli accordi possono riguardare lo scambio di informazioni operative, strategiche o tecniche, inclusi dati personali e informazioni classificate (…). Tali accordi possono essere stipulati solo previa approvazione del Consiglio, che abbia previamente consultato il consiglio di amministrazione e, nella misura in cui essi riguardano lo scambio di dati personali, abbia ottenuto il parere dell’autorità di controllo comune tramite il consiglio di amministrazione.

(…)

4.      Prima dell’entrata in vigore degli accordi di cui al paragrafo 2, Europol può (…) trasmettere direttamente informazioni diverse da dati personali e informazioni classificate alle entità di cui al paragrafo 1 del presente articolo, se ciò è necessario per il legittimo svolgimento dei compiti del destinatario.

(...)

6.      Europol può (…) trasmettere alle entità di cui al paragrafo 1 del presente articolo:

(...)

b)      dati personali qualora Europol abbia stipulato con l’entità interessata un accordo di cui al paragrafo 2 del presente articolo che autorizza la trasmissione di tali dati sulla base di una valutazione dell’esistenza di un adeguato livello di protezione dei dati garantito da tale entità.

(...)».

5        L’articolo 26, paragrafo 1, della citata decisione stabilisce quanto segue:

«Il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata previa consultazione del Parlamento europeo:

a)      stabilisce un elenco dei paesi e organizzazioni terzi di cui all’articolo 23, paragrafo 1 con cui Europol stipula accordi. L’elenco è preparato dal consiglio di amministrazione ed è, ove necessario, riesaminato; (…)

(...)».

 La decisione 2009/934/GAI

6        L’articolo 5 della decisione 2009/934/GAI del Consiglio, del 30 novembre 2009, che adotta le norme di attuazione relative alle relazioni di Europol con i partner, incluso lo scambio di dati personali e informazioni classificate (GU L 325, pag. 6), prevede quanto segue:

«1.      Se utile allo svolgimento dei suoi compiti, Europol può, conformemente all’articolo 23, paragrafo 1 della decisione Europol, instaurare e mantenere relazioni di cooperazione con terzi.

2.      Conformemente all’articolo 23, paragrafo 2, della decisione Europol, Europol stipula accordi con i terzi che sono stati immessi nell’elenco dei paesi e organizzazioni terzi di cui all’articolo 26, paragrafo 1, lettera a) della decisione Europol. Gli accordi possono riguardare lo scambio di informazioni operative, strategiche o tecniche, inclusi dati personali e informazioni classificate (…).

3.      Europol può avviare la procedura per la conclusione di accordi con terzi non appena questi ultimi siano stati immessi nell’elenco di cui al paragrafo 2.

4.      Qualora sia prevista la conclusione di un accordo operativo con un terzo, Europol è tenuto a compiere una valutazione dell’esistenza di un adeguato livello di protezione dei dati garantito da tale terzo. Tale valutazione è trasmessa al consiglio di amministrazione dopo che questi abbia ottenuto il parere dell’autorità di controllo comune. (...)».

7        L’articolo 6 della citata decisione è del seguente tenore:

«1.      Il consiglio di amministrazione decide, sulla scorta della valutazione di cui all’articolo 5, paragrafo 4, e tenuto conto del parere dell’autorità di controllo comune, se autorizzare l’avvio dei negoziati tra il direttore e un terzo sulla conclusione di un accordo operativo. Se ottiene una decisione favorevole del consiglio di amministrazione, il direttore avvia i negoziati con il terzo sulla conclusione di detto accordo. (...)

(...)

3.      Una volta conclusa la negoziazione di un accordo, il direttore presenta il progetto di accordo al consiglio di amministrazione. Nel caso di conclusione di un accordo operativo, il consiglio di amministrazione ottiene il parere dell’autorità di controllo comune. Il consiglio di amministrazione accetta il progetto di accordo prima di sottoporlo al Consiglio per approvazione.

In caso di accettazione di un accordo operativo, detto progetto di accordo e il parere dell’autorità di controllo comune sono trasmessi al Consiglio.

4.      A norma dell’articolo 23, paragrafo 2 della decisione Europol, tali accordi devono essere stipulati solo previa approvazione del Consiglio, che abbia previamente consultato il consiglio di amministrazione e, nella misura in cui tali accordi riguardano lo scambio di dati personali, abbia ottenuto il parere dell’autorità di controllo comune tramite il consiglio di amministrazione».

 La decisione 2009/935/GAI

8        L’articolo 1 della decisione 2009/935/GAI del Consiglio, del 30 novembre 2009, che stabilisce l’elenco dei paesi e delle organizzazioni terzi con cui Europol stipula accordi (GU L 325, pag. 12), così dispone:

«A norma dell’articolo 23, paragrafo 2, della decisione Europol, quest’ultimo conclude accordi con i paesi e le organizzazioni terzi immessi nell’elenco di cui all’allegato della presente decisione. Europol può avviare la procedura di conclusione di un accordo non appena il paese o l’organizzazione terzi sono stati immessi nell’elenco. Europol si adopera per la conclusione di un accordo di cooperazione con tali paesi o organizzazioni terzi che consenta lo scambio di dati personali, salvo decisione contraria del consiglio di amministrazione».

9        L’articolo 2 della decisione 2009/935 così dispone:

«1.       Un membro del consiglio di amministrazione o Europol può proporre di aggiungere all’elenco un nuovo paese o una nuova organizzazione terzi. A tal fine, illustra la necessità operativa di concludere un accordo di cooperazione con il paese o l’organizzazione terzi in questione.

2.      Il consiglio di amministrazione decide se proporre o meno al Consiglio di aggiungere all’elenco il paese o l’organizzazione terzi in questione.

3.      Il Consiglio decide di aggiungere all’elenco il nuovo paese o la nuova organizzazione terzi modificando l’allegato della presente decisione».

10      L’allegato della citata decisione stabilisce l’elenco dei paesi e delle organizzazioni terzi con cui Europol stipula accordi.

 La decisione impugnata

11      I considerando 4 e 7 della decisione impugnata, che riguarda la decisione Europol, e in particolare il suo articolo 26, paragrafo 1, lettera a), nonché la decisione 2009/934, e in particolare gli articoli 5 e 6 della stessa, così recitano:

«(4)      Nella riunione del […] 3-4 ottobre 2012, il consiglio di amministrazione di Europol ha deciso di raccomandare al Consiglio di aggiungere taluni paesi terzi all’elenco, illustrando la necessità operativa di concludere accordi di cooperazione con tali paesi terzi.

(...)

(7)      Il 19 dicembre 2012 il Consiglio ha deciso di consultare il Parlamento europeo e, a seguito di tale consultazione, il Parlamento europeo ha espresso un parere (…)».

12      L’articolo 1 di detta decisione dispone quanto segue:

«Al punto 1 dell’allegato della decisione [2009/935] sono inserite le seguenti voci:

–        Brasile

–        Georgia

–        Messico

–        Emirati arabi uniti».

 Conclusioni delle parti e procedimento dinanzi alla Corte

13      Il Parlamento chiede che la Corte voglia:

–        annullare la decisione impugnata, e

–        condannare il Consiglio alle spese.

14      Il Consiglio chiede che la Corte voglia:

–        respingere il ricorso in quanto irricevibile o, in subordine, in quanto infondato;

–        condannare il Parlamento alle spese, e

–        in subordine, in caso di annullamento della decisione impugnata, mantenerne gli effetti fino alla sua sostituzione con un nuovo atto.

15      Con decisione del presidente della Corte del 15 dicembre 2014, la Repubblica ceca e l’Ungheria sono state ammesse ad intervenire a sostegno delle conclusioni del Consiglio.

 Sul ricorso

16      Il Parlamento deduce, nelle proprie memorie, tre motivi a sostegno del proprio ricorso, relativi, rispettivamente, quanto al primo, alla violazione di forme sostanziali derivante dall’assenza di una iniziativa di uno Stato membro o della Commissione nonché dall’erroneità della procedura adottata di consultazione facoltativa del Parlamento; quanto al secondo motivo, alla scelta di una base giuridica abrogata o illegittima e, quanto al terzo, alla scelta di una base giuridica relativa alle misure di esecuzione per adottare una decisione che rientra nell’ambito legislativo.

17      Dato che la base giuridica di un atto determina la procedura da seguire per l’adozione del medesimo (sentenze Parlamento/Consiglio, C‑130/10, EU:C:2012:472, punto 80, e Parlamento/Consiglio, C‑658/11, EU:C:2014:2025, punto 57), occorre esaminare, in primo luogo, il secondo e il terzo motivo, relativi rispettivamente alla scelta di una base giuridica abrogata o illegittima e alla scelta di una base giuridica relativa alle misure di esecuzione per adottare una decisione che rientra nell’ambito legislativo.

 Sul secondo e sul terzo motivo, relativi rispettivamente alla scelta di una base giuridica abrogata o illegittima e alla scelta di una base giuridica relativa alle misure di esecuzione per adottare una decisione che rientra nell’ambito legislativo

 Sul primo capo del secondo motivo, relativo alla scelta di una base giuridica abrogata

–       Argomenti delle parti

18      Il Parlamento ritiene che né l’articolo 26, paragrafo 1, lettera a), della decisione Europol, né gli articoli 5 e 6 della decisione 2009/934 possano essere considerati come vere e proprie basi giuridiche.

19      Infatti, dette disposizioni si limiterebbero a fare riferimento in modo implicito all’articolo 34, paragrafo 2, lettera c), UE, che avrebbe costituito la sola base giuridica possibile per l’adozione di una misura quale la decisione impugnata nell’ambito del vecchio «terzo pilastro».

20      Conseguentemente, secondo il Parlamento, la base giuridica di cui si è avvalso il Consiglio è l’articolo 34, paragrafo 2, lettera c), UE. Ebbene, dato che detto articolo è stato abrogato dal Trattato di Lisbona, esso non può più essere utilizzato quale base giuridica per l’adozione di nuovi atti.

21      Il Consiglio precisa di aver adottato la decisione impugnata sul fondamento dell’articolo 26, paragrafo 1, lettera a), della decisione Europol. Gli articoli 5 e 6 della decisione 2009/934 sarebbero stati citati in quanto basi giuridiche supplementari. Anche l’Ungheria deduce che l’articolo 26, paragrafo 1, lettera a), della decisione Europol costituiva una base giuridica sufficiente e che non era pertanto necessario fare riferimento al diritto primario per adottare la decisione impugnata.

–       Giudizio della Corte

22      Al fine di valutare la fondatezza del primo capo del secondo motivo, occorre determinare la base giuridica sul fondamento della quale la decisione impugnata è stata adottata.

23      A tal proposito, si deve rilevare che detta decisione non fa riferimento all’articolo 34 UE e che nel suo preambolo rinvia in modo esplicito all’articolo 26, paragrafo 1, lettera a), della decisione Europol nonché agli articoli 5 e 6 della decisione 2009/934.

24      Pertanto, avuto riguardo al testo della decisione impugnata, che, per soddisfare l’obbligo di motivazione, deve indicare in linea di principio la base giuridica su cui questa è fondata (v., in tal senso, sentenze Commissione/Consiglio, C‑370/07, EU:C:2009:590, punti 39 e 55; Parlamento/Consiglio, C‑317/13 e C‑679/13, EU:C:2015:223, punto 29, nonché Parlamento/Consiglio, C‑540/13, EU:C:2015:224, punto 19), non può concludersi che tale decisione si fondi sull’articolo 34 UE.

25      Inoltre, si deve rilevare che non vi è alcun altro elemento della decisione impugnata atto ad indicare che il Consiglio abbia inteso utilizzare il suddetto articolo 34 quale base giuridica della decisione in esame.

26      In particolare, la circostanza che l’articolo 34, paragrafo 2, lettera c), UE abbia costituito la sola base giuridica possibile per l’adozione di una misura quale la decisione impugnata, quand’anche fosse dimostrata, è priva di rilevanza al riguardo, dato che la scelta esplicita del Consiglio di menzionare, nella decisione impugnata, non già quest’ultima disposizione, bensì l’articolo 26, paragrafo 1, lettera a), della decisione Europol nonché gli articoli 5 e 6 della decisione 2009/934 indica chiaramente che la decisione impugnata è fondata su queste ultime disposizione in quanto tali (v., per analogia, sentenza Parlamento/Consiglio, C‑540/13, EU:C:2015:224, punto 21).

27      A tal proposito, si deve rilevare che, sebbene gli articoli 5 e 6 della decisione 2009/934 non riguardino la modifica dell’elenco di cui all’articolo 26, paragrafo 1, lettera a), della decisione Europol (in prosieguo: l’«elenco») e non potessero quindi costituire un’adeguata base giuridica della decisione impugnata, la menzione di detti articoli nel preambolo della stessa costituisce, in ogni caso, al massimo un vizio puramente formale, nei limiti in cui tale menzione non ha influito sul contenuto della decisione impugnata o sul procedimento seguito per la sua adozione (v., in tal senso, sentenza Regno Unito/Consiglio, C‑81/13, EU:C:2014:2449, punti da 65 a 67).

28      Ne consegue che l’abrogazione dell’articolo 34 UE da parte del Trattato di Lisbona non priva di base giuridica la decisione impugnata.

29      Alla luce di tali elementi, il primo capo del secondo motivo dev’essere respinto in quanto infondato.

 Sul secondo capo del secondo motivo e sul terzo motivo, relativi rispettivamente alla scelta di una base giuridica illegittima e alla scelta di una base giuridica relativa alle misure di esecuzione per adottare una decisione che rientra nell’ambito legislativo

–       Argomenti delle parti

30      Il Parlamento reputa che, ove dovesse ritenersi che l’articolo 26, paragrafo 1, lettera a), della decisione Europol costituisca la base giuridica della decisione impugnata, tale disposizione configurerebbe una base giuridica derivata illegittima, su cui tale decisione non potrebbe validamente fondarsi.

31      Infatti, dalla giurisprudenza della Corte discenderebbe che la creazione di una base giuridica derivata che semplifichi le modalità di adozione di un atto è incompatibile con i Trattati. Ciò è quanto avverrebbe nel caso dell’articolo 26, paragrafo 1, lettera a), della decisione Europol, giacché esso non subordinerebbe l’adozione delle misure di esecuzione della citata decisione alla previa iniziativa di uno Stato membro o della Commissione, contrariamente a quanto imposto dall’articolo 34, paragrafo 2, lettera c), UE.

32      Inoltre, l’articolo 26, paragrafo 1, lettera a), della decisione Europol sarebbe divenuto inapplicabile a seguito dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona e prevedrebbe una deroga illegittima alla procedura istituita da tale Trattato per l’adozione di nuovi atti. Una simile deroga non sarebbe consentita dall’articolo 9 del Protocollo (n. 36) sulle disposizioni transitorie (in prosieguo: il «protocollo sulle disposizioni transitorie»), il quale implicherebbe unicamente che gli atti del vecchio «terzo pilastro» non siano automaticamente abrogati dall’entrata in vigore del suddetto Trattato.

33      Peraltro, il Parlamento deduce che l’elenco costituisce un elemento essenziale della materia di cui trattasi e che quindi esso deve far parte dell’atto legislativo. Quantomeno, dovrebbe essere considerato come un elemento normativo che deve essere previsto da un atto delegato ai sensi dell’articolo 290 TFUE e non da un atto di esecuzione ai sensi dell’articolo 291 TFUE.

34      Il Parlamento si basa a tal proposito su tre considerazioni. In primo luogo, la decisione Europol non fisserebbe le condizioni che devono essere rispettate affinché uno Stato sia inserito nell’elenco. In secondo luogo, un tale inserimento avrebbe conseguenze importanti anche per i diritti fondamentali dei cittadini. In terzo luogo, esso richiederebbe scelte politiche rientranti nelle responsabilità proprie del legislatore dell’Unione.

35      Il Parlamento ne deduce che il procedimento e la base giuridica scelti erano erronei, in quanto la decisione impugnata è stata adottata come se si trattasse di una misura di esecuzione.

36      Il Consiglio ritiene che gli argomenti del Parlamento relativi, da un lato, alla qualificazione dell’articolo 26, paragrafo 1, lettera a), della decisione Europol quale base giuridica derivata e, dall’altro, alla circostanza che la modifica dell’elenco costituirebbe un elemento essenziale della materia di cui trattasi devono essere esaminati quale eccezione d’illegittimità avverso la citata disposizione.

37      Il Consiglio contesta, in via principale, la ricevibilità della menzionata eccezione d’illegittimità. A tal proposito esso fa valere che, in forza dell’articolo 10, paragrafo 1, del protocollo sulle disposizioni transitorie, le attribuzioni della Corte concernenti la decisione Europol sono rimaste, fino al 1° dicembre 2014, le stesse sussistenti prima dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona. Orbene, l’articolo 35, paragrafo 6, UE, all’epoca applicabile, non prevedeva la possibilità, per il Parlamento, di proporre un ricorso di annullamento contro un atto adottato nell’ambito del vecchio «terzo pilastro», quale la decisione summenzionata. Dalla precedente incompetenza della Corte in materia deriverebbe che l’eccezione d’illegittimità sollevata dal Parlamento debba essere dichiarata inammissibile.

38      Il Consiglio, sostenuto dall’Ungheria, deduce, in subordine, che l’articolo 26, paragrafo 1, lettera a), della decisione Europol, al momento della sua adozione, era conforme al Trattato UE. Infatti, la citata disposizione si limiterebbe a prevedere l’applicazione della procedura prevista all’articolo 34, paragrafo 2, lettera c), UE, il quale non subordina necessariamente l’adozione di una misura quale la decisione impugnata all’iniziativa di uno Stato membro o della Commissione.

39      Il Consiglio e la Repubblica ceca, inoltre, ritengono che una modifica dell’elenco non riguardi in alcun modo un elemento essenziale della materia disciplinata dalla decisione Europol.

40      Per quanto riguarda gli effetti dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, il Consiglio, la Repubblica ceca e l’Ungheria sostengono che l’interpretazione dell’articolo 9 del protocollo sulle disposizioni transitorie proposta dal Parlamento paralizzerebbe qualunque possibilità di adottare misure di esecuzione previste negli atti del vecchio «terzo pilastro», e questa è esattamente la situazione che gli autori dei Trattati volevano prevenire.

–       Giudizio della Corte

41      Secondo una giurisprudenza costante della Corte, la scelta del fondamento giuridico di un atto dell’Unione deve fondarsi su elementi oggettivi, suscettibili di sindacato giurisdizionale, tra i quali figurano lo scopo e il contenuto di tale atto (sentenza Commissione/Parlamento e Consiglio, C‑43/12, EU:C:2014:298, punto 29 e giurisprudenza citata).

42      Al riguardo va osservato che le parti non sono in disaccordo per quanto concerne il rapporto tra l’articolo 26, paragrafo 1, lettera a), della decisione Europol e lo scopo o il contenuto della decisione impugnata. Per contro, il Parlamento contesta la validità di tale disposizione deducendo che essa semplifica le modalità di adozione di misure quali la decisione impugnata rispetto alla procedura prevista a tal fine dai Trattati.

43      Orbene, dalla giurisprudenza della Corte risulta che, atteso che le norme relative alla formazione della volontà delle istituzioni dell’Unione trovano la loro fonte nei Trattati e che esse non sono derogabili né dagli Stati membri né dalle stesse istituzioni, solamente i Trattati possono, in casi specifici, autorizzare un’istituzione a modificare una procedura decisionale da essi prevista. Pertanto, riconoscere ad un’istituzione la facoltà di porre in essere basi giuridiche derivate che consentono l’adozione di atti legislativi o di misure di esecuzione, sia che ciò costituisca un aggravio, sia che costituisca una semplificazione delle modalità d’adozione di un atto, significherebbe attribuire alla stessa un potere legislativo che eccede quanto previsto dai Trattati (v., in tal senso, sentenze Parlamento/Consiglio, C‑133/06, EU:C:2008:257, punti da 54 a 56, Parlamento/Consiglio, C‑317/13 e C‑679/13, EU:C:2015:223, punti 42 e 43, nonché Parlamento/Consiglio, C‑540/13, EU:C:2015:224, punti 32 e 33).

44      Alla luce di quanto precede, occorre esaminare, in primo luogo, l’argomento del Parlamento secondo cui la base giuridica e la procedura scelte per adottare la decisione impugnata erano erronee, in quanto quest’ultima era relativa ad un elemento essenziale della materia disciplinata che non poteva che essere retto da un atto legislativo.

45      Infatti, dato che la procedura prevista all’articolo 26, paragrafo 1, lettera a), della decisione Europol per modificare l’elenco non corrisponde a quella stabilita dal diritto primario per l’adozione degli atti legislativi nell’ambito della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale, tale argomento si deve esaminare come una critica della legittimità stessa dell’articolo 26, paragrafo 1, lettera a), della decisione Europol, a ragione del fatto che quest’ultima disposizione consentirebbe l’adozione di un atto relativo ad un elemento essenziale della materia disciplinata attraverso una procedura più flessibile di quella prevista a tal fine dal diritto primario.

46      Per costante giurisprudenza della Corte, l’adozione delle norme essenziali di una materia quale quella di cui trattasi nella presente causa è riservata alla competenza del legislatore dell’Unione, e dette norme devono essere stabilite nella normativa di base. Ne consegue che le disposizioni che stabiliscono gli elementi essenziali di una normativa di base, la cui adozione richiede scelte politiche rientranti nelle responsabilità proprie del legislatore dell’Unione, non possono costituire oggetto di una delega né essere contenute in atti di esecuzione (v., in tal senso, sentenza Parlamento/Consiglio, C‑355/10, EU:C:2012:516, punti da 64 a 66).

47      L’identificazione degli elementi di una materia che devono essere qualificati come essenziali deve basarsi su elementi oggettivi che possano essere sottoposti a sindacato giurisdizionale e impone di tener conto delle caratteristiche e delle peculiarità del settore in esame (v., in tal senso, sentenza Parlamento/Consiglio, C‑355/10, EU:C:2012:516, punti 67 e 68).

48      Nella specie, discende dall’articolo 3 della decisione Europol che l’obiettivo di Europol è di sostenere e rafforzare l’azione delle autorità competenti degli Stati membri e la loro cooperazione reciproca, per prevenire e combattere la criminalità organizzata, il terrorismo e altre forme gravi di criminalità che interessano due o più Stati membri.

49      In questo contesto, l’instaurazione di relazioni tra Europol e paesi terzi costituisce un’azione accessoria alle attività di Europol, considerato peraltro il fatto che Europol può instaurare e mantenere relazioni di cooperazione con tali paesi, ai sensi dell’articolo 23, paragrafo 1, della decisione Europol, solo nei limiti in cui ciò sia necessario allo svolgimento dei suoi compiti.

50      Inoltre, il legislatore dell’Unione ha fissato il principio dell’instaurazione e del mantenimento di relazioni di tal fatta, ha definito l’obiettivo che tali relazioni devono perseguire e ha precisato l’ambito nel quale esse devono sussistere.

51      Pertanto, anche se una decisione che modifichi l’elenco implica un certo grado di discrezionalità tecnica e politica, non si può ritenere che una simile decisione richieda scelte politiche rientranti nelle responsabilità proprie del legislatore dell’Unione.

52      L’argomento del Parlamento secondo cui la modifica dell’elenco può avere conseguenze importanti per i diritti fondamentali dei cittadini non può modificare questa analisi.

53      Certo, si deve rilevare, da un lato, che la trasmissione di dati personali, che può essere autorizzata dagli accordi conclusi in applicazione dell’articolo 23 della decisione Europol, può costituire un’ingerenza nei diritti fondamentali delle persone coinvolte e, dall’altro, che talune di dette ingerenze possono essere così incisive da rendere necessario l’intervento del legislatore dell’Unione (v., in tal senso, sentenza Parlamento/Consiglio, C‑355/10, EU:C:2012:516, punto 77).

54      Tuttavia, risulta che lo stesso principio della trasmissione dei dati personali a determinati paesi terzi e l’ambito nel quale detta trasmissione deve avvenire sono stati stabiliti dallo stesso legislatore, in quanto l’articolo 23, paragrafo 6, lettera b), della decisione Europol e l’articolo 5, paragrafo 4, della decisione 2009/934 prevedono in particolare che sia fatta una valutazione dell’esistenza di un adeguato livello di protezione dei dati garantito dal paese terzo coinvolto.

55      In ogni caso, l’inserimento di un paese terzo nell’elenco non consente, in sé e per sé, alcuna trasmissione ad esso dei dati personali. Infatti, discende dall’articolo 23, paragrafi 2, 4 e 6, della decisione Europol che una tale trasmissione è possibile solo in seguito alla conclusione di un accordo, tra Europol e tale paese, che autorizzi in modo specifico la trasmissione dei dati personali. Occorre, a tal proposito, sottolineare che risulta dall’articolo 23, paragrafo 2, della citata decisione, in combinato disposto con gli articoli 5 e 6 della decisione 2009/934 nonché con l’articolo 1 della decisione 2009/935, che la negoziazione e la conclusione di un simile accordo richiede, in seguito all’inserimento del paese terzo di cui trattasi nell’elenco, decisioni successive del consiglio di amministrazione di Europol e del Consiglio, ove il primo resta libero di non autorizzare il direttore di Europol ad avviare negoziazioni con il paese terzo coinvolto, di orientare tali negoziazioni verso la conclusione di un accordo che non permetta lo scambio di dati personali, o di non approvare, alla fine, il progetto di accordo negoziato dal direttore, mentre il secondo resta libero di non approvare il progetto trasmesso da Europol.

56      Quanto all’argomento del Parlamento secondo cui la decisione Europol non disciplina le condizioni che devono essere rispettate perché uno Stato sia inserito nell’elenco, si deve rilevare che le condizioni di un siffatto inserimento sono definite con sufficiente precisione dall’articolo 23, paragrafo 1, della citata decisione.

57      Discende dalle considerazioni che precedono che la modifica dell’elenco non costituisce un elemento essenziale della materia disciplinata dalla decisione Europol e che pertanto il legislatore aveva facoltà di prevedere che tale modifica potesse essere attuata attraverso un atto di esecuzione.

58      Occorre quindi esaminare, in secondo luogo, l’argomento del Parlamento secondo cui l’articolo 26, paragrafo 1, lettera a), della decisione Europol sarebbe illegittimo in quanto consente l’adozione di misure di esecuzione di detta decisione in assenza di qualsivoglia previa iniziativa di uno Stato membro o della Commissione.

59      A tal proposito, dato che la legittimità di un atto dell’Unione deve essere valutata in funzione della situazione di fatto e di diritto esistente al momento in cui l’atto è stato adottato, la legittimità dell’articolo 26, paragrafo 1, lettera a), della decisione Europol deve essere valutata alla luce delle disposizioni che disciplinavano, al momento dell’adozione di detta decisione, l’adozione di atti generali nell’ambito della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale, ossia gli articoli 34, paragrafo 2, lettera c), UE e 39, paragrafo 1, UE (v., per analogia, sentenze Parlamento/Consiglio, C‑317/13 e C‑679/13, EU:C:2015:223, punto 45, nonché Parlamento/Consiglio, C‑540/13, EU:C:2015:224, punto 35).

60      Da tali disposizioni risulta che il Consiglio, deliberando a maggioranza qualificata, adotta, dopo aver consultato il Parlamento, le misure necessarie per l’attuazione delle decisioni adottate nell’ambito del titolo relativo alla cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale.

61      Tuttavia, le parti sono in disaccordo quanto all’interpretazione delle regole stabilite dall’articolo 34, paragrafo 2, lettera c), UE, relativamente alla questione se l’adozione di tali misure di esecuzione esiga una previa iniziativa proveniente da uno Stato membro o dalla Commissione.

62      Si deve rilevare, a tal riguardo, che la citata disposizione distingue, da un lato, le decisioni che il Consiglio, statuendo all’unanimità, può assumere e, dall’altro, le misure necessarie per l’attuazione di dette decisioni a livello dell’Unione, che il Consiglio, statuendo a maggioranza qualificata, assume.

63      In tale contesto, i termini «su iniziativa di uno Stato membro o della Commissione» devono essere intesi, tenuto conto della sintassi dei periodi di cui è composta la citata disposizione, come riferibili solo alle misure di base che il Consiglio, statuendo all’unanimità, può assumere.

64      Discende pertanto dal tenore di questa stessa disposizione che essa dev’essere interpretata nel senso che un’iniziativa di uno Stato membro o della Commissione non è necessaria al fine dell’adozione di misure di esecuzione del tipo della decisione impugnata.

65      Questa interpretazione è corroborata dal contesto in cui si inserisce l’articolo 34, paragrafo 2, lettera c), UE, di cui occorre tener conto ai fini dell’interpretazione di tale disposizione (v., in tal senso, sentenza M’Bodj, C‑542/13, EU:C:2014:2452, punto 34 e giurisprudenza citata).

66      Infatti, per quanto concerne le disposizioni applicabili specificamente alla cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, gli articoli 76 TFUE e 291 TFUE impongono l’iniziativa di uno Stato membro o della Commissione solo ai fini dell’adozione degli atti legislativi, e non delle misure di esecuzione.

67      Si deve pertanto respingere l’argomento del Parlamento secondo cui il fatto che l’articolo 26, paragrafo 1, lettera a), della decisione Europol autorizzi l’adozione di misure di esecuzione della stessa in assenza di previa iniziativa da parte di uno Stato membro o della Commissione implica che la citata decisione istituisce modalità semplificate di adozione di siffatte misure rispetto alla procedura prevista a tal fine nel Trattato UE.

68      Quanto agli argomenti del Parlamento relativi all’incompatibilità dell’articolo 26, paragrafo 1, lettera a), della decisione Europol con le norme di procedura applicabili successivamente all’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, occorre ricordare, in ogni caso, che il protocollo sulle disposizioni transitorie contiene disposizioni specificamente relative al regime giuridico applicabile, dopo l’entrata in vigore di tale Trattato, agli atti adottati sulla base del Trattato UE prima di tale momento (v., in tal senso, sentenze Parlamento/Consiglio, C‑317/13 e C‑679/13, EU:C:2015:223, punto 51, nonché Parlamento/Consiglio, C‑540/13, EU:C:2015:224, punto 41).

69      Così, l’articolo 9 di detto protocollo prevede che gli effetti giuridici di simili atti siano mantenuti fintanto che tali atti non siano stati abrogati, annullati o modificati in applicazione dei Trattati.

70      Orbene, la Corte ha statuito che tale articolo deve essere letto nel senso che implica che una disposizione di un atto adottato in modo regolare sulla base del Trattato UE, prima dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, e che preveda modalità di adozione di misure di esecuzione di tale atto continua a produrre i propri effetti giuridici fintanto che non sia stata abrogata, annullata o modificata e consente l’adozione di misure di esecuzione in applicazione della procedura da essa definita (sentenze Parlamento/Consiglio, C‑317/13 e C‑679/13, EU:C:2015:223, punto 57, nonché Parlamento/Consiglio, C‑540/13, EU:C:2015:224, punto 47).

71      Alla luce di tali considerazioni, poiché l’articolo 290 TFUE non è applicabile, l’articolo 26, paragrafo 1, lettera a), della decisione Europol non può essere incompatibile con la citata disposizione del Trattato FUE.

72      Allo stesso modo, gli argomenti del Parlamento tesi a dimostrare che l’articolo 26, paragrafo 1, lettera a), della decisione Europol prevede modalità di adozione di misure di esecuzione aggravate o semplificate rispetto alla procedura prevista a tal fine dal Trattato FUE non possono portare la Corte ad affermare che tale disposizione configura una base giuridica derivata invalida, la cui applicazione deve essere esclusa in via d’eccezione (v., per analogia, sentenze Parlamento/Consiglio, C‑317/13 e C‑679/13, EU:C:2015:223, punto 58, nonché Parlamento/Consiglio, C‑540/13, EU:C:2015:224, punto 48).

73      Di conseguenza, e in tale contesto, senza che sia necessario pronunciarsi sulla ricevibilità del secondo capo del secondo motivo, e nemmeno su quella del terzo motivo, questi devono essere respinti in quanto infondati (v., in tal senso, sentenze Parlamento/Consiglio, C‑317/13 e C‑679/13, EU:C:2015:223, punto 59, nonché Parlamento/Consiglio, C‑540/13, EU:C:2015:224, punto 49 e giurisprudenza citata) e, pertanto, tali motivi devono essere respinti in toto.

 Sul primo motivo, relativo alla violazione di forme sostanziali

 Argomenti delle parti

74      Il Parlamento sostiene che, nell’ipotesi in cui il regime precedente al Trattato di Lisbona permanga applicabile nel caso di specie, la decisione impugnata avrebbe dovuto essere adottata su iniziativa di uno Stato membro o della Commissione e previa consultazione del Parlamento, in applicazione dell’articolo 34, paragrafo 2, lettera c), UE, in combinato disposto con l’articolo 39, paragrafo 1, UE.

75      Orbene, da un lato, la decisione impugnata non sarebbe stata adottata su iniziativa di uno Stato membro o della Commissione. Dall’altro lato, la consultazione del Parlamento da parte del Consiglio non sarebbe stata atta a soddisfare le prescrizioni dell’articolo 39, paragrafo 1, UE e dell’articolo 26, paragrafo 1, lettera a), della decisione Europol, dal momento che, a parere del Consiglio, tale consultazione era meramente facoltativa.

76      Il Consiglio, al contrario, ritiene che né la decisione Europol, né l’articolo 34, paragrafo 2, lettera c), UE, né l’articolo 291, paragrafo 2, TFUE, né l’articolo 76 TFUE richiedessero che un atto quale la decisione impugnata fosse adottato su iniziativa di uno Stato membro o della Commissione.

77      Peraltro, il Consiglio afferma che in ragione dell’abrogazione dell’articolo 39 UE da parte del Trattato di Lisbona non era più tenuto a consultare il Parlamento. Secondo il Consiglio, imporre un simile obbligo equivarrebbe, d’altro canto, ad introdurre nella procedura prevista dall’articolo 291 TFUE un elemento che non vi è previsto, rimettendo così in discussione l’equilibrio istituzionale stabilito dal Trattato di Lisbona.

78      L’Ungheria deduce, da parte sua, che il Consiglio ha assolto al suo obbligo di consultazione previsto all’articolo 26, paragrafo 1, della decisione Europol avendo fatto ricorso allo strumento della consultazione volontaria.

 Giudizio della Corte

79      Per quanto concerne, in primo luogo, il fatto che la decisione impugnata sia stata adottata in assenza di previa iniziativa di uno Stato membro o della Commissione, si deve osservare che l’articolo 26, paragrafo 1, lettera a), della decisione Europol non prevede una simile iniziativa. Risulta al contrario da tale disposizione, in combinato disposto con l’articolo 2, paragrafo 2, della decisione 2009/935, che spetta al consiglio di amministrazione di Europol proporre di aggiungere un paese terzo all’elenco.

80      Peraltro, dalle considerazioni esposte ai punti da 62 a 66 della presente sentenza discende che neppure l’articolo 34, paragrafo 2, lettera c), UE imponeva che le misure di esecuzione nell’ambito della cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale fossero adottate su iniziativa di uno Stato membro o della Commissione.

81      Alla luce di ciò, l’assenza di iniziativa di uno Stato membro o della Commissione che preceda l’adozione della decisione impugnata non può configurare violazione di una forma sostanziale.

82      Per quanto riguarda, in secondo luogo, le condizioni della consultazione del Parlamento, deve ricordarsi che la regolare consultazione del Parlamento nei casi previsti dalle norme applicabili del diritto dell’Unione costituisce una formalità sostanziale la cui inosservanza comporta la nullità dell’atto di cui trattasi (sentenze Parlamento/Consiglio, C‑317/13 e C‑679/13, EU:C:2015:223, punto 63, nonché Parlamento/Consiglio, C‑540/13, EU:C:2015:224, punto 53 e giurisprudenza citata).

83      Di conseguenza, dato che dalla risposta fornita al secondo e terzo motivo discende che il Consiglio validamente poteva fondare la decisione impugnata sull’articolo 26, paragrafo 1, lettera a), della decisione Europol, occorre stabilire se il Parlamento dovesse essere consultato prima di adottare un atto sul fondamento di tale disposizione.

84      Orbene, discende dalla lettera stessa della citata disposizione che il Consiglio era tenuto a consultare il Parlamento prima di modificare l’elenco.

85      Contrariamente a quanto sostiene il Consiglio, l’abrogazione dell’articolo 39, paragrafo 1, UE ad opera del Trattato di Lisbona non può rimettere in discussione tale obbligo di consultazione del Parlamento, poiché esso è espressamente previsto dall’articolo 26, paragrafo 1, lettera a), della decisione Europol.

86      Allo stesso modo, il fatto che l’articolo 291 TFUE non preveda alcun obbligo di consultare il Parlamento è irrilevante, dal momento che tale obbligo costituisce uno degli effetti giuridici della decisione Europol mantenuto dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona in forza dell’articolo 9 del protocollo sulle disposizioni transitorie (v., per analogia, sentenze Parlamento/Consiglio, C‑317/13 e C‑679/13, EU:C:2015:223, punto 68, nonché Parlamento/Consiglio, C‑540/13, EU:C:2015:224, punto 58).

87      Nel caso di specie, è pacifico che la decisione impugnata sia stata adottata dal Consiglio previa consultazione del Parlamento.

88      Tuttavia, il Parlamento deduce che la circostanza che il Consiglio abbia proceduto a tale consultazione pur ritenendo di non esservi tenuto costituisce una violazione di una forma sostanziale.

89      A tal proposito, si deve osservare che non è stato né sostenuto né a fortiori dimostrato che l’errore commesso dal Consiglio, circa l’ambito nel quale sarebbe dovuta avvenire la consultazione del Parlamento, abbia di fatto portato a limitare il ruolo accordato al Parlamento nella procedura di adozione della decisione impugnata o inciso sul contenuto di tale decisione.

90      In particolare, occorre rilevare che il Parlamento ha potuto portare a conoscenza del Consiglio la propria posizione prima dell’adozione della citata decisione. Emerge peraltro dagli stessi termini del parere rilasciato dal Parlamento nel corso di tale procedura e dai chiarimenti dallo stesso forniti all’udienza che detta istituzione, quando ha emesso il parere, era stata consultata dal Consiglio in applicazione dell’obbligo di consultazione enunciato all’articolo 26, paragrafo 1, lettera a), della decisione Europol.

91      Alla luce di quanto precede, non è dimostrato che l’errore commesso dal Consiglio abbia ostacolato la partecipazione effettiva del Parlamento alla procedura di cui trattasi o abbia pregiudicato le condizioni di esercizio, da parte del Parlamento, delle sue funzioni (v., in tal senso, sentenze Parlamento/Consiglio, C‑392/95, EU:C:1997:289, punto 14, e Parlamento/Consiglio, C‑658/11, EU:C:2014:2025, punto 81).

92      Tale conclusione non è messa in discussione dalla soluzione adottata dalla Corte nella sentenza Parlamento/Consiglio (C‑316/91, EU:C:1994:76).

93      Vero è che, in tale sentenza, la Corte ha constatato che la scelta erronea di una base giuridica che non prevede la consultazione del Parlamento era idonea a violare la prerogativa del Parlamento costituita dal diritto ad essere consultato quando il diritto primario lo preveda, anche se una consultazione facoltativa si è svolta (sentenza Parlamento/Consiglio, C‑316/91, EU:C:1994:76, punto 14).

94      Tuttavia, nella citata sentenza la Corte ha espresso tale constatazione solo ai fini di valutare la ricevibilità di un ricorso proposto dal Parlamento avverso un atto del Consiglio, senza pronunciarsi sulla questione se un errore commesso dal Consiglio, nell’interpretazione della base giuridica applicabile, in merito all’obbligatorietà della consultazione del Parlamento, costituisca, di per sé, violazione di una forma sostanziale, indipendentemente dagli effetti concreti sulla partecipazione effettiva del Parlamento ad una determinata procedura o sulle condizioni di esercizio, da parte del Parlamento, delle sue funzioni.

95      La soluzione accolta dalla Corte nella causa che ha dato luogo alla citata sentenza era, inoltre, in parte basata sulla circostanza che l’invocato errore sulla base giuridica portava ad escludere l’applicazione di una disposizione che consentiva al Parlamento di ottenere, su richiesta, l’applicazione della procedura di concertazione (sentenza Parlamento/Consiglio, C‑316/91, EU:C:1994:7, punto 18), ipotesi che non ricorre nella causa in esame.

96      Peraltro, occorre rilevare che la Corte ha ugualmente ritenuto che l’erroneo ricorso ad una base giuridica che impone la consultazione del Parlamento al posto di una base giuridica che tale consultazione non prevede costituisce un vizio meramente formale (sentenza Commissione/Consiglio, 165/87, EU:C:1988:458, punto 20). Così, la circostanza che il Consiglio versi in errore quanto al contesto normativo nel quale esso consulta il Parlamento non è idonea a produrre un effetto sul contenuto della decisione intervenuta al termine della procedura di cui trattasi.

97      Da tutto quanto precede deriva che il primo motivo dev’essere integralmente respinto.

98      Poiché nessuno dei motivi dedotti dal Parlamento può essere accolto, il ricorso dev’essere respinto.

 Sulle spese

99      Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché il Consiglio ne ha fatto domanda, il Parlamento, rimasto soccombente, va condannato alle spese.

100    Conformemente all’articolo 140, paragrafo 1, di detto regolamento, la Repubblica ceca e l’Ungheria sopporteranno le proprie spese.

Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      Il Parlamento europeo è condannato alle spese.

3)      La Repubblica ceca e l’Ungheria sopporteranno le proprie spese.

Firme


* Lingua processuale: il francese.