Language of document : ECLI:EU:C:2016:386

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

JULIANE KOKOTT

del 2 giugno 2016 (1)

Causa C‑76/15

Paul Vervloet e altri

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Grondwettelijk Hof (Corte costituzionale, Belgio)]

«Concorrenza – Aiuti di Stato (articolo 107, paragrafo 1, TFUE) – Regime belga di garanzia a tutela delle quote delle persone fisiche socie di cooperative finanziarie riconosciute – Validità della decisione della Commissione europea che vieta il regime di garanzia (decisione 2014/686/UE) – Obbligo di stand‑still (articolo 108, paragrafo 3, TFUE) – Sistemi di garanzia dei depositi (direttiva 94/19/CE)»





I –    Introduzione

1.        Il superamento della crisi economica e finanziaria mondiale scoppiata nel 2008 ha comportato, all’interno dell’Unione europea, una serie di problemi che anche questa Corte si è trovata in più occasioni ad affrontare. Primaria importanza hanno di certo assunto, negli ultimi anni, due procedimenti di rilievo costituzionale nell’ambito dei quali la Corte è stata chiamata a valutare la legittimità di talune misure adottate a livello europeo per rafforzare l’unione economica e monetaria (2). Meno spettacolari, ma comunque di grande portata economica, sociale e politica, risultano determinate misure adottate dagli Stati membri e dirette a stabilizzare i rispettivi settori finanziari nazionali, nonché a tutelare i depositi di risparmio dei cittadini dell’Unione. Nell’ambito del presente rinvio pregiudiziale si discute proprio di una misura di tale genere.

2.        Nel contesto della ricapitalizzazione della belgo‑francese Dexia‑Bank, trovatasi al centro di gravi turbolenze, lo Stato belga ha rilasciato una garanzia a favore delle numerose persone fisiche (3) che, all’epoca, erano, quali titolari di quote, soci di tre cooperative finanziarie del gruppo ARCO (4) (in prosieguo anche: le «cooperative finanziarie ARCO» o semplicemente «ARCO»). ARCO era allora uno degli azionisti principali della Dexia.

3.        La suddetta garanzia per le quote detenute da persone fisiche nelle cooperative del gruppo ARCO (in prosieguo anche: la «garanzia ARCO») ha dato adito a contestazioni giuridiche sotto due profili.

4.        Da un lato, la garanzia ARCO è stata oggetto di esame da parte della Commissione europea, la quale, nel 2014, con la decisione 2014/686/UE (5), ha considerato il regime di garanzia alla sua base come aiuto di Stato e lo ha dichiarato incompatibile con il mercato interno. La Commissione ha ordinato al Regno del Belgio di recuperare i benefici ad esso collegati e di non effettuare pagamenti sulla base della garanzia ARCO. Contro detta decisione pendono attualmente due ricorsi di annullamento dinanzi al Tribunale dell’Unione europea (6).

5.        D’altro lato, la garanzia ARCO dava origine alle azioni di una serie di investitori privati e istituzionali in Belgio che avevano investito il loro denaro, non nelle quote delle cooperative del gruppo ARCO, ma – direttamente o attraverso le holding – in azioni della Dexia o di altre società di capitali e che si sentivano ora svantaggiati in quanto esclusi da una siffatta garanzia. Con i loro ricorsi avverso lo Stato belga essi hanno avviato una controversia che, nel frattempo, è giunta fino al livello del Grondwettelijk Hof (Corte costituzionale, Belgio).

6.        La Corte di giustizia è chiamata ora ad occuparsi di entrambi gli aspetti della garanzia ARCO a seguito del rinvio pregiudiziale della Corte costituzionale belga. Oltre alla validità della decisione 2014/686 della Commissione, la Corte di giustizia verificherà se un regime di garanzia come quello belga sia compatibile con le disposizioni del diritto dell’Unione sulla garanzia dei depositi di cui alla direttiva 94/19/CE (7) e con il divieto di aiuti di Stato a norma degli articoli 107, paragrafo 1, e 108, paragrafo 3, TFUE.

II – Contesto normativo

A –    Diritto dell’Unione

7.        Il contesto normativo di diritto dell’Unione è dato, nel caso di specie, da un lato, dagli articoli 107, 108 e 296 TFUE e dagli articoli 20 e 21 della Carta dei diritti fondamentali, e, dall’altro, dalla direttiva 94/19 (8). Mi limiterò nel prosieguo a riportare le sole disposizioni applicabili della direttiva.

8.        Ai fini della direttiva 94/19, il suo articolo 1 contiene, in particolare, le seguenti definizioni:

«1)      “deposito”: i saldi creditori, risultanti da fondi depositati o da situazioni transitorie derivanti da operazioni bancarie normali, che l’ente creditizio deve restituire secondo le condizioni legali e contrattuali applicabili, nonché i debiti rappresentati da titoli emessi dall’ente creditizio.

Sono trattate come depositi le azioni in società di finanziamento immobiliare («building societies») britanniche e irlandesi, ad eccezione di quelle aventi natura di capitale di cui all’articolo 2.

(…)

4.      «ente creditizio»: un’impresa la cui attività consiste nel ricevere dal pubblico depositi o altri fondi rimborsabili e nel concedere crediti per proprio conto;

(…)».

9.        L’articolo 3, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 94/19, è così formulato:

«Ogni Stato membro provvede affinché sul suo territorio vengano istituiti e ufficialmente riconosciuti uno o più sistemi di garanzia dei depositi. Fatti salvi i casi di cui al secondo comma e al paragrafo 4, nessun ente creditizio autorizzato in tale Stato membro ai sensi dell’articolo 3 della direttiva 77/780/CEE può accettare depositi a meno che non abbia aderito a uno di tali sistemi».

10.      Ad integrazione, occorre richiamare l’articolo 2 della direttiva 94/19, in base al quale:

«Sono esclusi da qualsiasi rimborso da parte dei sistemi di garanzia i seguenti depositi:

–        ferme restando le disposizioni dell’articolo 8, paragrafo 3, i depositi effettuati da altri enti creditizi a nome proprio e per proprio conto;

–        tutti i titoli che rientrano nella definizione di “fondi propri” quale figura nell’articolo 2 della direttiva 89/299/CEE (…), concernente i fondi propri degli enti creditizi (…);

–        i depositi derivanti da transazioni in relazione alle quali ci sia stata una condanna per un reato di riciclaggio dei proventi di attività illecite di cui all’articolo 1 della direttiva 91/308/CEE (…)».

B –    Diritto nazionale

11.      Per quanto attiene al diritto belga, assume rilievo anzitutto la legge del 22 febbraio 1998 che stabilisce lo statuto organico della Banca nazionale del Belgio (in prosieguo: la «legge sulla Banca nazionale»).

12.      Con regio decreto del 3 marzo 2011, successivamente ratificato dal Parlamento belga (9), veniva introdotto nella legge sulla Banca nazionale, con decorrenza dal 1o aprile 2011, un nuovo articolo 36/24, che dispone, per estratto, nella versione rilevante ai fini della controversia principale, quanto segue:

«Articolo 1. Il Re può, a seguito di una presa di posizione della Banca, in caso di improvvisa crisi sui mercati finanziari o in presenza di una seria minaccia dovuta a una crisi sistemica, con l’obiettivo di limitarne la portata o le conseguenze,

(…)

2.      prevedere un sistema per mezzo del quale viene concessa una garanzia statale per obbligazioni assunte dagli istituti soggetti a vigilanza in base alla legge succitata da Egli determinati oppure concedere garanzie statali per determinati crediti nel portafoglio di detti istituti;

3.      prevedere, se del caso mediante regolamenti adottati a norma del punto 1, un sistema di concessione della garanzia statale ai soci che siano persone fisiche per il rimborso della loro quota nel capitale di cooperative, riconosciute ai sensi del regio decreto dell’8 gennaio 1962 recante le condizioni per il riconoscimento dei gruppi nazionali di società cooperative e delle società cooperative, che sono enti assoggettati a vigilanza in forza delle succitate leggi o il cui patrimonio sia investito, almeno per la metà, in tali enti;

(…).

I regi decreti (…) cessano di produrre i loro effetti se non sono stati confermati dalla legge entro dodici mesi dalla data della loro entrata in vigore. La conferma opera retroattivamente alla data dell’entrata in vigore dei regi decreti. I regi decreti adottati sulla base del paragrafo 1, punti da 2 a 6, sono oggetto di deliberazione del Consiglio dei ministri.

(…)».

13.      Come risulta dalla decisione di rinvio pregiudiziale, la disposizione in parola è stata emanata, alla pari delle disposizioni che l’hanno preceduta (10), nel contesto della crisi economica e finanziaria mondiale del 2008. La disposizione dovrebbe consentire l’adozione di misure tempestive al fine di limitare la portata e le conseguenze di un’eventuale crisi improvvisa sui mercati finanziari o di un rischio serio dovuto a una crisi sistemica. Specialmente con riferimento alle cooperative finanziarie, il legislatore belga ha altresì ritenuto che le loro quote presentino, in determinati casi, tutte le caratteristiche di un prodotto di risparmio, con la conseguenza che esse meriterebbero la stessa tutela dei depositi bancari o di determinate tipologie di assicurazione sulla vita.

14.      Sulla base dell’articolo 36/24, paragrafo 1, punto 3, della legge sulla Banca nazionale, veniva quindi emanato il regio decreto del 10 ottobre 2011 con il quale si è consentito alle cooperative riconosciute attive nel settore finanziario di aderire, su base volontaria, al fondo speciale di tutela istituito in Belgio nel 2008 per i depositi e le assicurazioni sulla vita. Il suddetto fondo è stato contestualmente rinominato in «Fondo speciale di tutela per depositi, assicurazioni sulla vita e capitale delle cooperative riconosciute».

15.      Con regio decreto del 7 novembre 2011 è stata infine accettata la domanda presentata da tre cooperative riconosciute del gruppo ARCO, ossia l’Arcopar, l’Arcofin e l’Arcoplus, volta ad ottenere la tutela del loro capitale. Non c’erano altre richieste di cooperative dirette a ottenere tali garanzie.

III – Fatti e procedimento principale

16.      La Corte costituzionale belga è attualmente chiamata a pronunciarsi, nell’ambito di tre procedimenti collegati del Raad van State (Consiglio di Stato, Belgio), sulla costituzionalità dell’articolo 36/24 della legge sulla Banca nazionale, disposizione che ‑ come già osservato ‑ il legislatore belga ha adottato in risposta alla crisi economica e finanziaria mondiale scoppiata nel 2008.

17.      Il procedimento di controllo di legittimità in parola trae origine dal regime di garanzia creato dallo Stato belga sulla base dell’articolo 36/24, paragrafo 1, punto 3, della legge sulla Banca nazionale, per quote di determinate cooperative finanziarie riconosciute, in quanto detenute da persone fisiche, e sino a un tetto fissato ex lege in EUR 100 000 per investitore.

18.      L’intenzione di concedere una siffatta garanzia era stata oggetto già in precedenza di due comunicazioni del governo ossia, dapprima, il 10 ottobre 2008 e poi, nuovamente, il 21 gennaio 2009 (11). La comunicazione del 21 gennaio 2009 è stata anche pubblicata dal gruppo ARCO, lo stesso giorno, sulla sua pagina Internet.

19.      Lo Stato belga ha notificato alla Commissione europea il suddetto regime di garanzia soltanto in data 7 novembre 2011, giorno in cui le cooperative finanziarie ARCO sono state ammesse, con regio decreto, nel sistema belga di garanzia dei depositi (12).

20.      La Corte costituzionale è ora chiamata a chiarire, su richiesta del Consiglio di Stato, se il regime di garanzia previsto nell’articolo 36/24, paragrafo 1, punto 3, della legge sulla Banca nazionale, sia compatibile con i principi di parità di trattamento e di non discriminazione sanciti negli articoli 10 e 11 della Costituzione belga. Dinanzi al Consiglio di Stato i ricorrenti contestano, in sostanza, che il regime di garanzia in parola comporterebbe una discriminazione fra le persone fisiche socie delle cooperative finanziarie e diversi soci di altre società di capitali ed enti attivi sul mercato.

21.      Quale questione preliminare ai fini della sua valutazione ‑ sotto il profilo del diritto costituzionale ‑ dell’articolo 36/24 della legge sulla Banca nazionale, la Corte costituzionale desidera sapere se lo Stato belga abbia violato, con il regime di garanzia controverso, il diritto dell’Unione, ossia, da un lato, le disposizioni in materia di garanzia dei depositi e, dall’altro, la normativa sugli aiuti di Stato. Al fine di chiarire tale questione preliminare, esso ritiene necessaria una decisione pregiudiziale della Corte.

IV – Domanda di pronuncia pregiudiziale e procedimento dinanzi alla Corte

22.      Con sentenza del 5 febbraio 2015, pervenuta il 19 febbraio 2015, la Corte costituzionale belga ha sottoposto alla Corte di giustizia, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, le seguenti questioni pregiudiziali (13):

1)      Se gli articoli 2 e 3 della direttiva 94/19/CE, eventualmente in combinato disposto con gli articoli 20 e 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e con il principio generale di uguaglianza, debbano essere interpretati nel senso che:

a)      essi impongono agli Stati membri l’obbligo di garantire le azioni delle società cooperative riconosciute che sono attive nel settore finanziario allo stesso modo dei depositi;

b)      essi ostano a che uno Stato membro affidi all’ente parzialmente obbligato a garantire i depositi ai sensi di siffatta direttiva l’incarico di garantire parimenti il valore delle azioni dei soci, persone fisiche, di una società cooperativa riconosciuta che sia attiva nel settore finanziario, sino alla concorrenza di EUR 100 000.

2)      Se la decisione 2014/686/UE sia compatibile con gli articoli 107 e 296 TFUE nei limiti in cui essa qualifica il regime di garanzia che forma l’oggetto della decisione come un nuovo aiuto di Stato.

3)      In caso di risposta negativa alla seconda questione, se l’articolo 107 TFUE debba essere interpretato nel senso che un regime di garanzia statale concesso ai soci, persone fisiche, di società cooperative riconosciute attive nel settore finanziario, ai sensi dell’articolo 36/24, paragrafo 1, n. 3, della legge sulla Banca nazionale, configura un nuovo aiuto di Stato che deve essere notificato alla Commissione europea.

4)      In caso di risposta affermativa alla seconda questione, se la medesima decisione della Commissione europea sia compatibile con l’articolo 108, paragrafo 3, TFUE, qualora essa venga interpretata nel senso che dichiara che all’aiuto di Stato controverso è stata data attuazione prima del 3 marzo 2011 o del 1o aprile 2011, o in una di queste due date, o, al contrario, qualora essa venga interpretata nel senso che dichiara che all’aiuto di Stato controverso è stata data attuazione in una data successiva.

5)      Se l’articolo 108, paragrafo 3, TFUE, debba essere interpretato nel senso che esso vieta a uno Stato membro di adottare una misura come quella di cui all’articolo 36/24, paragrafo 1, n. 3, della legge sulla Banca nazionale, se la misura in parola dà attuazione a un aiuto di Stato o configura un aiuto di Stato già attuato, e senza che detto aiuto di Stato sia stato previamente notificato alla Commissione europea.

6)      Se l’articolo 108, paragrafo 3, TFUE, debba essere interpretato nel senso che esso vieta a uno Stato membro di adottare, senza previa notifica alla Commissione europea, una misura come quella di cui all’articolo 36/24, paragrafo 1, n. 3, della legge sulla Banca nazionale, se la misura in parola configura un aiuto di Stato al quale non è ancora stata data attuazione.

23.      Nel gennaio 2016, su richiesta della Corte, il giudice del rinvio, ai sensi dell’articolo 101 del regolamento di procedura, ha meglio illustrato la rilevanza, ai fini della decisione nella controversia principale, della seconda, terza, quarta, quinta e sesta questione.

24.      Hanno partecipato alla fase scritta del procedimento dinanzi alla Corte i ricorrenti del procedimento principale (da un lato, il sig. Vervloet e a., dall’altro, il Comune di Schaerbeek e il fondo pensioni Ogeo Fund), le tre cooperative finanziarie del gruppo ARCO (Arcopar, Arcofin e Arcoplus) intervenute a sostegno nel procedimento principale, nonché il Regno del Belgio e la Commissione europea. Le stesse parti hanno inoltre presenziato all’udienza del 6 aprile 2016.

V –    Analisi

25.      Con il suo ampio elenco di questioni il giudice del rinvio desidera accertare, in sostanza, se lo Stato belga abbia violato il diritto dell’Unione istituendo, nel contesto della crisi finanziaria ed economica scoppiata nel 2008, un regime di garanzia a favore delle persone fisiche socie di determinate cooperative finanziarie.

A –    Ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale

26.      Prima di affrontare nel merito le questioni pregiudiziali, si impongono alcune brevi osservazioni inerenti la ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale. Alcune delle parti del procedimento hanno infatti messo in dubbio che problematiche attinenti al diritto dell’Unione abbiano una qualche rilevanza ai fini della decisione affermando che, nella controversia principale, rileverebbe soltanto il diritto costituzionale belga, mentre né la direttiva 94/19, né la normativa in materia di aiuti di Stato – e neppure la questione della selettività degli aiuti – sarebbero pertinenti.

27.      Occorre qui osservare che per le questioni che riguardano il diritto dell’Unione sussiste una presunzione di rilevanza ai fini della decisione. Il rifiuto della Corte di statuire su una questione pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale è possibile soltanto qualora risulti in modo manifesto che l’interpretazione o l’esame di validità richiesto relativamente a una norma dell’Unione non ha alcun rapporto con la realtà effettiva o con l’oggetto della controversia nel procedimento principale, oppure qualora il problema sia di natura ipotetica, o anche quando la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per rispondere utilmente alle questioni che le vengono sottoposte (14).

28.      Tale ipotesi va esclusa nel presente caso.

29.      È vero che la Corte costituzionale belga è qui chiamata a esaminare il regime di garanzia controverso ai sensi dell’articolo 36/24, paragrafo 1, n. 3, della legge sulla Banca nazionale, sotto il profilo dei principi di parità di trattamento e di non discriminazione come sanciti dagli articoli 10 e 11 della Costituzione belga. Evidentemente però la Corte costituzionale considera le questioni da essa sollevate in materia di diritto dell’Unione come aventi carattere pregiudiziale. Detta Corte lo ha posto in evidenza già nella sua decisione di rinvio e lo ha ulteriormente illustrato nei chiarimenti da essa forniti ai sensi dell’articolo 101 del regolamento di procedura. Anche in occasione dell’udienza dinanzi alla Corte di giustizia le parti del procedimento, in particolare il Comune di Schaerbeek e l’Ogeo Fund, hanno chiaramente esposto tale aspetto.

30.      In maniera decisamente convincente, la Corte costituzionale affronta anzitutto la questione se il regime di garanzia controverso sia conforme al diritto dell’Unione. Essa ne trae poi talune conclusioni ai fini della sussistenza o meno di un trattamento discriminatorio vietato ai sensi della Costituzione belga.

31.      Se, infatti, dal diritto dell’Unione dovesse risultare che esso impone l’introduzione del summenzionato sistema di garanzia (ad esempio, in quanto dalle disposizioni in materia di garanzia dei depositi di cui alla direttiva 94/19 scaturisce un obbligo in tal senso per lo Stato belga), ciò potrebbe costituire anche una giustificazione per un eventuale trattamento discriminatorio tra gli investitori. Qualora risulti invece che il diritto dell’Unione osta a un siffatto regime di garanzia (ad esempio poiché esso è stato introdotto in violazione delle disposizioni della direttiva 94/19 o dei requisiti fissati dalla normativa sugli aiuti di Stato), allora la disciplina in parola non potrebbe neppure giustificare un trattamento tra gli investitori che sia discriminatorio ai sensi della Costituzione belga.

32.      Le questioni pregiudiziali non sono pertanto manifestamente irrilevanti ai fini della decisione della controversia principale e non possono quindi sussistere fondati dubbi circa la ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale.

B –    Esame nel merito delle questioni pregiudiziali

33.      Nel merito, la Corte è chiamata a esaminare un regime di garanzia come quello belga, da un lato, alla luce delle disposizioni del diritto dell’Unione in materia di garanzia dei depositi (prima questione pregiudiziale; si veda, al riguardo, qui a seguire, la parte 1) e, dall’altro, sotto il profilo del divieto di aiuti di Stato sancito dal diritto dell’Unione (seconda, terza, quarta, quinta e sesta questione pregiudiziale; si veda, al riguardo, infra, la parte 2).

1.      Le disposizioni di diritto dell’Unione in materia di garanzia dei depositi (prima questione pregiudiziale)

34.      Con la sua prima questione, il giudice del rinvio desidera accertare, in sostanza, se un regime di garanzia come quello qui controverso sia compatibile con i requisiti fissati dal diritto dell’Unione per la garanzia dei depositi. A tal fine, la Corte costituzionale chiede alla Corte di giustizia di pronunciarsi sul significato degli articoli 2 e 3 della direttiva 94/19, interpretati alla luce degli articoli 20 e 21 della Carta dei diritti fondamentali, e del principio generale della parità di trattamento.

35.      Mentre ARCO ritiene che il regime di garanzia risulti obbligatorio in base alla ratio della garanzia dei depositi a norma della direttiva 94/19, il Comune di Schaerbeek e l’Ogeo Fund sostengono la posizione opposta. Il Belgio e la Commissione ritengono che, in linea di principio, la direttiva non imponga, né vieti un regime di garanzia siffatto. I ricorrenti privati e il sig. Vervloet, quanto a loro, pongono in rilievo che il regime di garanzia non costituisce un’attuazione della direttiva 94/19 e che un’estensione della garanzia dei depositi alle quote delle cooperative finanziarie sarebbe in contrasto con il sistema.

36.      Come osserverò in prosieguo, la direttiva 94/19 assume – rispetto a una problematica come quella qui in esame – un approccio essenzialmente neutrale. Un’estensione della garanzia dei depositi alle quote delle cooperative finanziarie non è né imposto (si veda, al riguardo, qui a seguire, sezione a), né vietato (si veda, al riguardo, infra, sezione b), dalla direttiva in parola.

a)      Assenza di un obbligo di estensione della garanzia dei depositi alle quote di cooperative finanziarie derivante dalla direttiva 94/19 (prima parte della prima questione pregiudiziale)

37.      Occorre anzitutto chiarire se la direttiva 94/19 imponesse di estendere un sistema nazionale di garanzia dei depositi come quello belga anche alle quote detenute da privati in cooperative finanziarie.

38.      L’obbligo degli Stati membri di provvedere affinché sul loro territorio vengano istituiti e ufficialmente riconosciuti sistemi di garanzia dei depositi deriva dall’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 94/19. La portata di tale obbligo deve essere valutata dal punto di vista dell’ambito di applicazione ratione materiae e ratione personae della direttiva.

39.      Sotto il profilo materiale, la direttiva 94/19 si applica ai depositi. Si tratta, in base alla definizione contenuta nell’articolo 1, punto 1, della direttiva, dei saldi creditori che devono essere restituiti ai titolari e dei debiti rappresentati da titoli.

40.      In base alle informazioni in nostro possesso, le quote in cooperative finanziarie belghe come quelle del gruppo ARCO non sono riconducibili né agli uni, né agli altri. Le quote di cui trattasi costituiscono infatti, essenzialmente, una partecipazione nel capitale proprio dell’impresa interessata, mentre i depositi si caratterizzano per il fatto che essi ricadono nel capitale esterno di un istituto di credito.

41.      Alla scadenza, inoltre, i depositi devono essere rimborsati al rispettivo titolare al valore nominale, eventualmente maggiorato degli interessi concordati e detratte eventuali tariffe e imposte, mentre l’importo in denaro che un socio di una cooperativa riceve all’atto del suo recesso dalla stessa rispecchia l’andamento degli utili dell’impresa in parola e può, di conseguenza, essere talvolta maggiore, talvolta minore.

42.      Di conseguenza, per quanto gli possa essere stato proposto come prodotto di risparmio, l’acquisto di quote in una cooperativa da parte di un investitore,non può essere equiparato a un versamento su un conto corrente bancario o all’acquisto di un’obbligazione, quanto piuttosto all’acquisto di un’azione, per il quale la direttiva 94/19 non impone alcuna garanzia.

43.      Le quote delle cooperative finanziarie belghe qui in esame non possono inoltre neppure essere equiparate alle quote delle società di investimento immobiliare citate all’articolo 1, punto 1, comma 2, della direttiva 94/19. Da un lato, infatti, questa particolare estensione della nozione di deposito riguarda, già in base al suo tenore letterale, esclusivamente le quote nelle società di investimento immobiliare britanniche e irlandesi, mentre la disposizione succitata non fa menzione delle cooperative finanziarie di diritto belga. Dall’altro, la disciplina speciale in parola espressamente non riguarda le azioni aventi natura di capitale. Nel caso delle quote qui controverse nelle cooperative finanziarie, come quelle del gruppo ARCO, si discute però appunto, come già osservato, di una partecipazione nel capitale proprio.

44.      Sotto il profilo personale, la direttiva 94/19 si applica soltanto agli enti creditizi. Si tratta, in base alla definizione di cui all’articolo 1, punto 4, della direttiva, di imprese la cui attività consiste nel ricevere dal pubblico depositi o altri fondi rimborsabili e nel concedere crediti per proprio conto.

45.      Nel caso delle cooperative finanziarie, cui si riferisce il controverso regime di garanzia belga, tale condizione, del pari, non ricorre. In base alle indicazioni concordanti di tutte le parti della controversia principale, compresa la stessa ARCO, infatti, le cooperative finanziarie come quelle del gruppo ARCO non sono enti creditizi. Esse non ricevono dal pubblico depositi, né concedono regolarmente crediti per proprio conto secondo le modalità tipiche per le banche.

46.      Nulla di diverso emerge interpretando la direttiva 94/19 alla luce del principio generale della parità di trattamento sancito dal diritto dell’Unione, come suggerisce la Corte costituzionale belga con la sua questione pregiudiziale.

47.      Il principio della parità di trattamento costituisce un principio generale del diritto dell’Unione, sancito dagli articoli 20 e 21 della Carta dei diritti fondamentali (15). Esso non può essere interpretato e applicato in modo diverso a seconda dell’ambito giuridico considerato.

48.      Secondo costante giurisprudenza, tale principio impone che situazioni analoghe non siano trattate in maniera diversa e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, a meno che tale trattamento non sia obiettivamente giustificato (16).

49.      Come osservato supra (17), le quote nelle cooperative finanziarie qui in esame si differenziano, sotto il profilo dell’oggetto della garanzia dei depositi prevista dal diritto dell’Unione, in modo decisivo dai classici depositi presso gli enti creditizi, anche se per alcuni aspetti – ad esempio, rispetto alla loro tassazione, alla loro disciplina da parte dello Stato e al loro gradimento presso il pubblico – possono assomigliare a prodotti di risparmio tradizionali. Ne consegue che il diritto dell’Unione non impone assolutamente di estendere, per motivi attinenti al principio della parità di trattamento, un sistema nazionale di garanzia dei depositi come quello belga a siffatte quote delle cooperative.

50.      Il Belgio non era quindi tenuto, né in base alla direttiva 94/19, né in ragione del principio generale della parità di trattamento sancito dal diritto dell’Unione, a estendere il suo sistema nazionale di garanzia dei depositi alla suddetta forma di investimento di capitali.

b)      Assenza di un divieto di estensione della garanzia dei depositi alle quote di cooperative finanziarie derivante dalla direttiva 94/19 (seconda parte della prima questione pregiudiziale)

51.      Occorre poi analizzare se la direttiva 94/19 vietasse di estendere un sistema nazionale di garanzia dei depositi, come quello belga, anche alle quote detenute da privati in cooperative finanziarie.

52.      Ai fini della risposta alla questione in esame, assume rilievo anzitutto il secondo trattino dell’articolo 2 della direttiva 94/19. In base ad esso, sono esclusi da qualsiasi rimborso da parte dei sistemi di garanzia dei depositi tutti i titoli che rientrano nella definizione di fondi propri quale figura nell’articolo 2 della direttiva 89/299, in cui ricade non da ultimo il «capitale versato».

53.      Di primo acchito, tale motivo di esclusione sembra essere qui effettivamente applicabile. Come già osservato supra, infatti, le quote nelle cooperative finanziarie in esame costituiscono uno strumento con cui l’investitore, analogamente a quanto accade nel caso dell’acquisto di azioni, acquisisce una partecipazione nel capitale proprio della rispettiva impresa (18).

54.      Un esame più attento mostra tuttavia che il motivo di esclusione di cui al secondo trattino dell’articolo 2 della direttiva 94/19 si riferisce soltanto ai mezzi propri degli enti creditizi. Ivi si parla, infatti, espressamente di «fondi propri» «che rientrano nella definizione (…) quale figura nell’articolo 2 della direttiva 89/299 (…)concernente i fondi propri degli enti creditizi». Come già osservato (19), le cooperative finanziarie di diritto belga riconosciute non costituiscono però enti creditizi siffatti.

55.      L’articolo 2, secondo trattino della direttiva 94/19 non osta pertanto, in linea di principio, a un’estensione del sistema nazionale di garanzia dei depositi alle quote di cooperative finanziarie detenute da persone fisiche.

56.      Si aggiunga la circostanza che la direttiva compia, in materia di garanzia dei depositi, soltanto un’armonizzazione minima (20), depone nel senso di riconoscere agli Stati membri il potere discrezionale di ricomprendere nei rispettivi sistemi nazionali di garanzia dei depositi ulteriori fattispecie non previste dal diritto dell’Unione.

57.      Tuttavia, gli Stati membri non sono del tutto liberi di estendere i loro sistemi nazionali di garanzia dei depositi ad libitum ad altri casi estranei all’oggetto di garanzia fissato dalla direttiva 94/19, ossia i depositi presso gli enti creditizi. È vero che essi non sono tenuti a rispettare, a tal riguardo, il principio della parità di trattamento sancito dal diritto dell’Unione, posto che tale principio vincola le autorità nazionali solo in sede di attuazione del diritto dell’Unione (v. articolo 51, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali). Essi non possono però compromettere l’effetto utile del sistema di garanzia dei depositi come realizzato nell’intero mercato interno con la direttiva 94/19.

58.      Come sottolinea correttamente la Commissione in proposito, il fatto che uno Stato membro gravi il suo sistema nazionale di garanzia dei depositi in più ampia misura di rischi che non sono direttamente collegati con l’obiettivo perseguito dal sistema in parola potrebbe comportare una lesione dell’effetto utile della garanzia dei depositi. Infatti, quanto maggiori sono i rischi da garantire, tanto più la garanzia dei depositi viene diluita e tanto meno il sistema di garanzia dei depositi può – in presenza di mezzi sostanzialmente immutati – contribuire alla realizzazione dell’obiettivo della direttiva 94/19, consistente nel promuovere uno sviluppo armonioso delle attività degli enti creditizi rafforzando, nel contempo, la stabilità del sistema bancario e la tutela dei risparmiatori (21).

59.      Spetta ai giudici nazionali stabilire se il regime di garanzia controverso pregiudichi concretamente l’effetto utile del sistema belga di garanzia dei depositi. Nel farlo, essi dovranno tener conto della circostanza che una garanzia come la garanzia ARCO estende il sistema della garanzia dei depositi a un gran numero di piccoli investitori, che le cooperative finanziarie in passato non hanno prestato alcun contributo al finanziamento del sistema (22) e che esse sono state accettate nel sistema solo pochi giorni prima del verificarsi dell’evento che ha dato diritto a ricorrere alla garanzia – ossia circa un mese prima della decisione di porle in liquidazione volontaria. In tal modo esse ottengono dal sistema nazionale della garanzia dei depositi una controprestazione decisamente molto più vantaggiosa rispetto ad altre imprese inserite nel sistema già da molto tempo come contribuenti.

60.      È peraltro evidente che non possono essere violate neppure le altre prescrizioni del diritto dell’Unione – in particolare i requisiti fissati dalla normativa in materia di aiuti di Stato ai sensi degli articoli 107 e 108 TFUE (23).

c)      Conclusione intermedia

61.      Alla luce di quanto precede, la direttiva 94/19 deve essere interpretata nel senso che essa non obbliga gli Stati membri, ma neppure vieta loro, di estendere il rispettivo sistema di garanzia dei depositi alle quote detenute da persone fisiche in cooperative finanziarie riconosciute, purché ciò non comprometta l’effetto utile della garanzia dei depositi e non violi altre disposizioni del diritto dell’Unione.

2.      Requisiti di diritto dell’Unione sanciti dalla normativa in materia di aiuti di Stato (seconda, terza, quarta, quinta e sesta questione pregiudiziale)

62.      Con la seconda, terza, quarta, quinta e sesta questione pregiudiziale, il giudice del rinvio desidera accertare se un regime di garanzia come quello qui controverso sia in contrasto con i requisiti di diritto dell’Unione derivanti dalla normativa in materia di aiuti di Stato. Essenzialmente, la Corte costituzionale vuole che sia chiarito il punto se il regime di garanzia in parola costituisca un nuovo aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 3, TFUE, che doveva essere notificato alla Commissione e cui non poteva essere data attuazione prima della sua autorizzazione da parte della Commissione: tale problematica attraversa, come un filo conduttore il complesso delle questioni dalla seconda alla sesta.

63.      La compatibilità del regime di garanzia con il mercato interno, in particolare alla luce dell’articolo 107, paragrafo 3, lettera b), TFUE, su cui si sono espresse molte delle parti del procedimento dinanzi alla Corte, non è invece oggetto della domanda di pronuncia pregiudiziale della Corte costituzionale.

a)      Sulla validità della decisione 2014/686 della Commissione (seconda questione)

64.      Con la seconda questione il giudice del rinvio sottopone ad esame anzitutto la decisione 2014/686, chiedendo alla Corte di esaminarne la validità. Infatti, fintantoché tale decisione non è annullata dal giudice dell’Unione su ricorso di parte o dichiarata invalida a seguito di una domanda di pronuncia pregiudiziale, la Corte costituzionale resta vincolata alla valutazione della Commissione ivi contenuta (24), secondo cui la garanzia ARCO costituirebbe un nuovo aiuto di Stato cui è stata data illegittima attuazione, i cui vantaggi devono essere oggetto di richiesta di restituzione e rispetto alla quale non può essere effettuato alcun pagamento.

65.      Come risulta dall’ordinanza di rinvio, nella controversia principale dinanzi ai giudici belgi (Corte costituzionale e Consiglio di Stato) le tre cooperative finanziarie del gruppo ARCO contestano la validità della decisione 2014/686 essenzialmente con i medesimi argomenti addotti a motivazione anche del loro ricorso di annullamento proposto avverso la suddetta decisione dinanzi al Tribunale dell’Unione europea (25). Con il suo esame della validità della decisione in parola, questa Corte non fornirà quindi, in definitiva, soltanto un orientamento importante per il procedimento pendente dinanzi al giudice nazionale, ma pronuncerà anche, in un certo qual modo, una decisione preliminare ai fini del procedimento di primo grado pendente dinanzi al giudice dell’Unione (26).

66.      Le eccezioni sollevate da ARCO contro la decisione 2014/686, come sintetizzate nella decisione di rinvio, si riferiscono, da un lato, alla nozione di aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, e, dall’altro, all’obbligo di motivazione gravante sulla Commissione ai sensi dell’articolo 296, secondo comma, TFUE. Affronterò ora, uno dopo l’altro, entrambi i suddetti aspetti.

i)      Nozione di aiuto di Stato

67.      In base all’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, «[s]alvo deroghe contemplate dai trattati, sono incompatibili con il mercato interno, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza».

68.      La qualifica di «aiuto» ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE richiede che sussistano tutti i presupposti menzionati in tale disposizione (27).

69.      In primo luogo, pertanto, deve trattarsi di un intervento dello Stato o effettuato mediante risorse statali. In secondo luogo, tale intervento deve essere idoneo ad incidere sugli scambi tra gli Stati membri. In terzo luogo, deve concedere un vantaggio al suo beneficiario. In quarto luogo, esso deve falsare o minacciare di falsare la concorrenza (28).

70.      Nell’esaminare detti presupposti non assume rilievo, in base a una giurisprudenza consolidata, l’obiettivo soggettivo delle autorità nazionali (il regime di garanzia controverso nasce certamente dalla meritevole intenzione di tutelare i privati dalla perdita dei loro risparmi contribuendo, nel contempo, a stabilizzare il sistema finanziario nazionale), quanto gli effetti delle misure adottate (29).

71.      Nel caso di specie è in discussione, da un lato, se il regime di garanzia belga integri un vantaggio selettivo per le cooperative ARCO (terzo presupposto della nozione di aiuto) e, dall’altro, se esso sia idoneo a incidere sugli scambi tra gli Stati membri e a falsare la concorrenza sul mercato interno (secondo e quarto presupposto nella nozione di aiuto) (30).

–       Cooperative ARCO quali beneficiarie del regime di garanzia

72.      Nei punti da 80 a 84 della decisione 2014/686, la Commissione indica anzitutto che ARCO è stato «l’unico vero beneficiario del regime di garanzia».

73.      ARCO controbatte che i veri beneficiari del regime di garanzia sarebbero, da un lato, le persone fisiche socie delle cooperative finanziarie ARCO, poiché ad essi verrebbe espressamente garantito il rimborso del loro capitale sino all’importo di EUR 100 000 e, dall’altro, la Dexia‑Bank, al cui salvataggio dovrebbe contribuire il suddetto regime di garanzia.

74.      Una siffatta obiezione non è tuttavia convincente. La sola circostanza che altri interessati – le persone fisiche socie delle cooperative finanziarie e la Dexia‑Bank – potessero trarre dei vantaggi dal regime di garanzia controverso non esclude infatti, in alcun modo, che anche ARCO stessa debba essere considerata quale beneficiaria, se non addirittura come principale beneficiaria della disciplina in parola (o, per dirla con le parole della Commissione, «l’unico vero beneficiario»).

75.      ARCO dimentica in questo contesto, in particolare, che sono considerati aiuti ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, tutti gli interventi che, sotto qualsiasi forma, sono atti a favorire direttamente o indirettamente determinate imprese (31). ARCO, quale impresa attiva nel settore finanziario, ha indubbiamente tratto un vantaggio quantomeno indiretto dal regime di garanzia belga. Solo con tale regime di garanzia, infatti, il gruppo ARCO si è trovato ad essere protetto dal rischio che i suoi investitori privati prendessero le distanze dalle tre cooperative finanziarie ARCO (32) e, allo stesso tempo, nella posizione, quale azionista principale, di partecipare alla ricapitalizzazione, all’epoca prevista, della Dexia‑Bank. Occorre, inoltre, ricordare che sono state le cooperative finanziarie ARCO stesse – al contrario di tutte le altre cooperative finanziarie – a presentare domanda per beneficiare del regime di garanzia. Ben difficilmente esse lo avrebbero fatto se non se ne fossero ripromesse un qualche concreto vantaggio economico.

76.      Poco convincente appare anche l’argomentazione in senso opposto avanzata da ARCO, secondo cui una perdita di capitale proprio non si sarebbe necessariamente ripercossa negativamente sulle tre cooperative finanziarie ARCO. La contrazione del capitale proprio di un’impresa comporta, infatti, un incremento della sua quota di indebitamento e un peggioramento del suo merito do credito, con l’effetto che detta impresa riuscirà, in futuro, ancora a raccogliere nuovo capitale soltanto a condizioni meno vantaggiose. Tale aspetto non può essere trascurato tanto più in una situazione come quella di ARCO che ‑ all’epoca ‑ si era assunta un impegno economico notevole con la sua partecipazione ai tentativi di salvataggio della Dexia‑Bank.

–       La selettività del vantaggio

77.      L’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, vieta gli aiuti che «favoriscano talune imprese o talune produzioni», cioè gli aiuti selettivi (33). In base alla giurisprudenza, caratteristica per la selettività del vantaggio è la circostanza che siano favorite talune imprese o talune produzioni rispetto ad altre imprese che si trovino in una situazione fattuale e giuridica analoga, tenuto conto dell’obiettivo perseguito da detto regime (34).

78.      Nei punti da 100 a 107 della decisione 2014/686, la Commissione afferma che il regime di garanzia controverso garantisce ad ARCO un vantaggio «chiaramente selettiv[o]» (35).

79.      ARCO nega invece di aver beneficiato di un siffatto vantaggio selettivo. A suo avviso, le cooperative finanziarie si trovano in una situazione fattuale e giuridica analoga a chi offre prodotti di risparmio tradizionali, cosicché l’estensione della garanzia dei depositi belga ai soci di dette cooperative finanziarie sarebbe stata perfettamente in linea con il sistema.

80.      Tale affermazione però non convince. Come già osservato supra più in dettaglio con riferimento alla direttiva 94/19, le quote nelle cooperative finanziarie come quelle del gruppo ARCO sono equiparabili, dal punto di vista degli obiettivi perseguiti dalla garanzia dei depositi, più alle azioni che ai classici depositi presso gli enti creditizi (36). Inoltre, le dette cooperative finanziarie non hanno, in base a quanto da esse stesse indicato, natura di enti creditizi (37).

81.      Le cooperative finanziarie come quelle del gruppo ARCO non si trovavano quindi, sotto il profilo degli obiettivi perseguiti con la garanzia dei depositi, in una posizione equiparabile a quella degli enti creditizi che farebbe apparire naturale una loro inclusione, mediante il contestato regime di garanzia, nel sistema belga della garanzia dei depositi. Al contrario, la loro posizione era paragonabile piuttosto a quella delle imprese che offrono in vendita le loro quote sotto forma di azioni e mettono così a disposizione del pubblico una tipologia di investimento di capitale che non è, in linea di principio, soggetto ad alcuna garanzia dei depositi.

82.      Nulla di diverso risulta dalla sentenza Paint Graphos (38) citata da ARCO e dal Belgio.

83.      In detta sentenza la Corte ha analizzato, nell’ambito di una normativa fiscale, in base a quali presupposti un vantaggio accordato da uno Stato membro abbia carattere selettivo così da poter costituire un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE. Sintetizzando, in base alla sentenza in parola, ai fini della selettività rileva che la misura deroghi al regime ordinario, in quanto introduce differenziazioni tra operatori che si trovano, sotto il profilo dell’obiettivo perseguito dal sistema tributario di tale Stato membro, in una situazione fattuale e giuridica analoga (39).

84.      In base al «regime ordinario», di cui si discute nel caso di specie, gli investimenti di capitale non sono coperti, in linea di principio, da garanzia dei depositi. Solo i depositi presso gli enti creditizi beneficiano della relativa garanzia depositi, mentre gli investimenti che prendono la forma di partecipazioni in imprese e il cui valore dipende dall’andamento degli utili dell’impresa in linea di principio non fruiscono di siffatta garanzia.

85.      Se il Belgio assoggetta oggi comunque determinate forme di partecipazione all’impresa – nel caso di specie le quote detenute da persone fisiche nel capitale delle cooperative finanziarie riconosciute – alla garanzia dei depositi, viene introdotta, per utilizzare le parole della sentenza Paint Graphos, una «differenziazione tra operatori».

86.      Si differenzia tra cooperative finanziarie, da un lato, e altre cooperative o società, dall’altro, ossia tra operatori che – malgrado talune peculiarità che traggono origine dalle rispettive forme giuridiche (40) – si trovano comunque in una situazione fattuale e giuridica analoga tenuto conto dell’obiettivo perseguito dalla garanzia dei depositi. Tutte le suddette imprese possono infatti aprire il loro capitale a investitori privati. Ma solo le partecipazioni nel capitale delle prime – le cooperative finanziarie – beneficiano della garanzia dei depositi.

87.      In ciò consiste, anche in base al criterio sancito dalla Corte nella sentenza Paint Graphos e in alcune altre sentenze (41), un vantaggio selettivo delle cooperative finanziarie.

88.      Del tutto correttamente, quindi, nella decisione 2014/686, la Commissione ritiene che le cooperative finanziarie del gruppo ARCO abbiano ottenuto, grazie al regime di garanzia controverso, un vantaggio selettivo ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE.

–       Distorsione della concorrenza e incidenza sugli scambi tra Stati membri

89.      ARCO contesta inoltre la posizione assunta dalla Commissione nei punti 108 e 109 della decisione 2014/686, secondo cui il regime di garanzia controverso «falsa la concorrenza» e «incide indubbiamente sugli scambi all’interno dell’Unione».

90.      Le argomentazioni dedotte da ARCO a tal riguardo, come riassunte nell’ordinanza di rinvio, si basano tuttavia ancora una volta, prevalentemente, sull’asserita somiglianza tra le quote delle cooperative finanziarie e i depositi di risparmio tradizionali. Ho già osservato supra, in un diverso contesto, che tali argomenti non sono plausibili (42).

91.      A prescindere da ciò occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza costante della Corte, per qualificare una misura nazionale come aiuto di Stato, non è necessario dimostrare una reale incidenza di tale aiuto sugli scambi tra gli Stati membri e un’effettiva distorsione della concorrenza, ma basta esaminare se l’aiuto sia idoneo a incidere su tali scambi o a falsare la concorrenza (43).

92.      Per quanto attiene in primis a una possibile distorsione della concorrenza, la Commissione ha osservato, in modo convincente (44), che il regime di garanzia controverso fornisce alle cooperative finanziarie del gruppo ARCO uno strumento per fronteggiare i flussi in uscita di capitali o, quantomeno, per limitarli o ritardarli. È evidente che ciò ha comportato un vantaggio concorrenziale rispetto ad altre imprese attive nel settore finanziario, tanto più in un periodo in cui, in ragione della crisi economica e finanziaria mondiale, i mercati erano dominati da un grande nervosismo e, in particolar modo, proprio le banche incontravano notevoli difficoltà a reperire nuova liquidità e sussisteva dovunque il serio rischio che, soprattutto i piccoli investitori, avrebbero ritirato il loro capitale.

93.      Per quanto attiene poi all’incidenza sugli scambi all’interno dell’Unione, si deve ritenere che la stessa sussista già quando la misura nazionale in esame rafforza la posizione di un’impresa rispetto ad altre imprese concorrenti. A tal fine, non è necessario che l’impresa beneficiaria partecipi essa stessa agli scambi interni all’Unione. Già il fatto che un settore economico come le prestazioni di servizi finanziari a livello di Unione sia stato ampiamente liberalizzato, con conseguente accentuazione della concorrenza, può comportare che gli aiuti di Stato abbiano un’incidenza reale o potenziale sugli scambi fra gli Stati membri (45).

94.      Poco convincente appare a questo proposito il richiamo di ARCO all’importo, asseritamente contenuto, delle partecipazioni individuali delle singole persone fisiche socie nelle cooperative finanziarie del gruppo ARCO. Da un lato, infatti, gli effetti del regime di garanzia controverso sulla concorrenza e sugli scambi tra Stati membri devono essere valutati alla luce dell’insieme delle quote nelle cooperative da esso interessato e non rispetto al capitale garantito di ogni singolo investitore privato. E dall’altro, né l’entità relativamente esigua di un aiuto, né le dimensioni relativamente modeste dell’impresa beneficiaria escludono a priori l’eventualità che venga distorta la concorrenza o vengano influenzati gli scambi tra Stati membri (46).

95.      Così – quantomeno sulla base delle censure riportate nella decisione di rinvio – non si può contestare la conclusione della Commissione secondo cui il regime di garanzia controverso falsa la concorrenza e incide sugli scambi tra Stati membri (47).

ii)    L’obbligo di motivazione

96.      Nell’ambito della presente seconda questione pregiudiziale il giudice del rinvio desidera sapere da ultimo se la decisione 2014/686 sia gravata da un vizio di motivazione.

97.      L’obbligo di motivare un atto di diritto dell’Unione discende dall’articolo 296, secondo comma, TFUE, ed è inoltre sancito anche nell’articolo 41, paragrafo 2, lettera c), della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, quale parte del diritto a una buona amministrazione.

98.      Dato che la qualifica di una misura quale «aiuto di Stato», ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, richiede che sussistano, come già osservato, tutti e quattro i presupposti menzionati in tale disposizione (48), la Commissione deve motivare la decisione in cui muove dalla sussistenza di un aiuto di Stato rispetto a tutti e quattro i suddetti presupposti (49).

99.      La decisione 2014/686 rispetta tale requisito. Il suo preambolo (50) contiene indicazioni dettagliate sulle ragioni che hanno indotto la Commissione a ritenere, nel caso di specie, che sussistesse un aiuto di Stato, fermo restando che ciascuno dei quattro presupposti dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, è adeguatamente analizzato con la richiesta dovizia di particolari.

100. ARCO lamenta tuttavia che la motivazione della decisione 2014/686 non sarebbe sufficientemente dettagliata, in particolare ove si consideri che la decisione in parola «non corrisponderebbe a nessuna prassi decisionale consolidata».

101. Tale argomentazione deve essere respinta, tanto più che le censure riprese sia nella decisione di rinvio, che nella memoria di ARCO, si fondano su contestazioni estremamente vaghe e generiche e non indicano in modo concreto in che misura le considerazioni della Commissione dovrebbero risultare incomprensibili e rispetto a quali aspetti del caso mancherebbero indicazioni più precise.

102. È vero, inoltre, che, in base a una giurisprudenza consolidata, la motivazione di un atto dell’Unione deve fare apparire in forma chiara e non equivoca l’iter logico seguito dall’istituzione da cui essa promana, in modo da consentire agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato e permettere al giudice competente di esercitare il proprio controllo (51).

103. La motivazione non deve però necessariamente specificare tutti gli elementi di fatto e di diritto rilevanti, in quanto ‑ per accertare se la motivazione di un atto soddisfi le prescrizioni di cui all’articolo 296, secondo comma, TFUE ‑ occorre far riferimento non solo al suo tenore, ma anche al suo contesto e al complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia (52).

104. Nel caso di specie, dalle considerazioni della Commissione nei punti della decisione 2014/686 emergono chiaramente le ragioni che hanno portato la Commissione a riconoscere la sussistenza di ciascuno dei presupposti di un aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE. Tanto più che ad ARCO specialmente era sufficientemente noto il contesto in cui è stata emanata la decisione 2014/686, giacché esso era parte del procedimento amministrativo quale principale parte interessata (53).

105. Convince poco, da ultimo, anche la critica sollevata da ARCO alla giurisprudenza citata (54), nella nota 65, nella decisione 2014/686. Infatti, diversamente da quanto sembra sostenere ARCO, la Commissione non afferma affatto che le sentenze da essa citate riguardino esattamente la stessa problematica controversa nel procedimento in esame. La Commissione cerca invece soltanto di tracciare un parallelo con dette sentenze, il che risulta in modo sufficientemente chiaro dalla motivazione della decisione (55). Se le conclusioni tratte dalla Commissione dalla giurisprudenza siano fondate è una questione di diritto sostanziale, che nulla ha a che vedere con il rispetto dell’obbligo di motivazione quale requisito formale (56).

iii) Conclusione intermedia

106. Nel complesso, dall’esame delle questioni pregiudiziali non è quindi emerso, sotto il profilo della nozione di aiuto di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, e dell’obbligo di motivazione a norma dell’articolo 296, secondo comma, TFUE, nulla che possa mettere in discussione la validità della decisione 2014/686.

107. Qualora la Corte condividesse siffatta opinione, la sentenza non sarebbe formalmente vincolante per il Tribunale dell’Unione europea nelle cause pendenti T‑664/14 e T‑711/14, ma rappresenterebbe certamente de facto un precedente da non trascurare ai fini dell’esito di detto procedimento. Il Tribunale resta ovviamente libero di disporre l’annullamento della decisione 2014/686 sulla base di aspetti diversi e non discussi nell’ambito del presente rinvio pregiudiziale.

b)      Sulla sussistenza di un nuovo aiuto di Stato (terza questione)

108. La terza questione del giudice del rinvio verte, come già la seconda, nuovamente sulla nozione di nuovo aiuto di Stato ai sensi degli articoli 107, paragrafo 1, e 108, paragrafo 3, TFUE. La questione viene sollevata solo nell’ipotesi che sia data risposta negativa alla seconda questione.

109. Qualora alla seconda questione sia data una risposta in linea con quanto da me proposto (57), la Corte costituzionale deve ritenere valida la decisione 2014/686 e deve trattare la garanzia ARCO, conformemente a quanto accertato dalla Commissione, come un nuovo aiuto di Stato. Diviene quindi superfluo rispondere alla terza questione.

c)      Sugli obblighi degli Stati membri a norma dell’articolo 108, paragrafo 3, TFUE (quarta, quinta e sesta questione)

110. Con la quarta, quinta e sesta questione, che possono essere trattate congiuntamente, il giudice del rinvio desidera essenzialmente sapere se un regime di garanzia come quello qui controverso violi l’articolo 108, paragrafo 3, TFUE.

i)      Sugli obblighi delle autorità nazionali alla luce della cronologia degli eventi

111. È vero che il giudice del rinvio, in ciascuna delle questioni in esame, ha analizzato i fatti della controversia principale con riferimento a diversi momenti nei quali le autorità statali hanno, rispettivamente, compiuto determinate azioni volte all’attuazione del regime di garanzia controverso, dal mero annuncio all’autorizzazione di legge con l’articolo 36/24, paragrafo 1, n. 3, della legge sulla Banca nazionale, sino alla concreta attuazione del regio decreto. Ciò che rileva in tutte e tre le questioni interessate è però, in definitiva, soltanto se detto regime di garanzia sia stato attuato dallo Stato belga in contrasto con l’articolo 108, paragrafo 3, TFUE.

112. Rispetto ai nuovi aiuti di Stato, l’articolo 108, paragrafo 3, TFUE, pone a carico degli Stati membri un doppio obbligo. Da un lato, essi sono tenuti a comunicare alla Commissione, in tempo utile perché presenti le sue osservazioni, i progetti diretti a istituire o modificare aiuti di Stato (obbligo di notifica, v. l’articolo 108, paragrafo 3, primo periodo, TFUE). Dall’altro, essi non possono dare esecuzione alle misure progettate prima che tale procedura abbia condotto a una decisione finale (divieto di esecuzione od obbligo di stand‑still, v. articolo 108, paragrafo 3, terzo periodo, TFUE). Entrambi gli obblighi sono espressione del controllo preventivo dei nuovi aiuti di Stato da parte della Commissione, essenziale per garantire il funzionamento del mercato interno (58).

113. Nel caso di specie è chiaro che il regime di garanzia controverso è stato notificato alla Commissione solo il 7 novembre 2011, il giorno, quindi, in cui le tre cooperative finanziarie ARCO sono state ammesse formalmente nel sistema belga della garanzia dei depositi mediante regio decreto.

114. Diversamente da quanto ritiene il Belgio, una notifica in un momento tanto avanzato non può assolutamente essere considerata come tempestiva ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 3, primo periodo, TFUE.

115. È possibile che il fondo belga di garanzia dei depositi non abbia ad oggi effettuato alcun pagamento effettivo a favore di persone fisiche socie di cooperative finanziarie riconosciute. Come osserva però correttamente la Commissione, un aiuto di Stato non si considera come «istituito» oppure «attuato» e quindi eseguito ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 3, TFUE, nel momento in cui sono erogate effettivamente risorse statali o provenienti da fondi statali, ma già quando si verifica o rischia di verificarsi la distorsione della concorrenza sul mercato interno ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, connessa all’aiuto. Il divieto di esecuzione mira infatti a garantire che gli effetti di un aiuto non si producano prima che la Commissione abbia – entro un termine ragionevole – potuto esaminarlo e adottare una decisione al riguardo (59).

116. Senza un esame approfondito non è possibile stabilire quando precisamente si sia verificata o abbia minacciato di verificarsi nel caso di specie una siffatta distorsione della concorrenza. Sulla base delle informazioni fornite alla Corte nella decisione di rinvio, molto depone nel senso – e non si può in ogni caso escludere – che lo Stato belga, già con la sua prima comunicazione del governo del 10 ottobre 2008, abbia annunciato in maniera sufficientemente concreta la prevista misura d’aiuto e abbia già così esercitato un’influenza notevole sulle relazioni concorrenziali (60). Al contrario, in considerazione del nervosismo presente sui mercati all’apice della crisi economica e finanziaria scoppiata nel 2008, molti elementi indicano che la suddetta comunicazione del governo – come peraltro accertato dalla Commissione nella decisione 2014/686 (61) – fosse diretta a tranquillizzare i titolari di quote nelle cooperative finanziarie come quelle del gruppo ARCO, rafforzando così la posizione concorrenziale di dette imprese. La comunicazione del governo di cui trattasi pertanto, sotto il profilo degli effetti sul mercato, e malgrado tutte le diversità presenti dal punto di vista della forma giuridica, non sarebbe dissimile da una garanzia (62).

117. In definitiva però, ai fini del presente procedimento, non occorre stabilire se all’aiuto di Stato sia stata data attuazione già con la sua prima dichiarazione, mediante la comunicazione del governo del 10 ottobre 2008, o soltanto con il regio decreto del 7 novembre 2011 o ‑ invece – in uno dei giorni indicati dal giudice del rinvio collocati tra le due suddette date. Come ha osservato correttamente la Commissione nella sua decisione 2014/686 (63), l’annuncio del regime di garanzia e i singoli passi giuridici che portano alla sua realizzazione devono infatti essere considerati un tutt’uno (64). Al più tardi con il regio decreto del 7 novembre 2011 i beneficiari del regime di garanzia controverso avevano diritto a essere ammessi nel sistema nazionale di garanzia dei depositi, con l’effetto che l’aiuto di Stato non era più allo stato di progetto (65) ma doveva invece essere considerato come concesso (66) e, quindi, come «istituito» o «attuato» ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 3, TFUE.

118. La notifica del regime di garanzia alla Commissione in detto stesso giorno, il 7 novembre 2011, era pertanto, in ogni caso, tardiva. Essa non è intervenuta, infatti, tempestivamente prima della prevista introduzione del regime di garanzia, ma tutt’al più contestualmente ad essa, con la conseguenza che è stato violato il principio del controllo preventivo da parte della Commissione (67). Anche ove si ammetta che determinate misure dirette ad affrontare la crisi economica e finanziaria del 2008 fossero particolarmente urgenti, vi sarebbe comunque stata di certo occasione sufficiente ‑ tra il 2008 e il 2011 ‑ per procedere a una tempestiva notifica del progetto d’aiuti alla Commissione.

119. Tutto ciò considerato, notificando, in data 7 novembre 2011, il regime di garanzia controverso, il Belgio ha violato sia l’obbligo di notifica di cui all’articolo 108, paragrafo 3, primo periodo, TFUE, che il divieto di esecuzione di cui all’articolo 108, paragrafo 3, terzo periodo, TFUE, concedendo così un aiuto di Stato illegittimo.

ii)    Nello specifico, sulla validità della decisione 2014/686 sotto il profilo dell’articolo 108, paragrafo 3, TFUE (quarta questione pregiudiziale)

120. Ad integrazione, occorre ancora analizzare, con riferimento all’articolo 108, paragrafo 3,TFUE, un ulteriore aspetto che anche il giudice del rinvio affronta con la sua quarta questione: la Corte è chiamata a chiarire se la Commissione abbia, nella sua decisione 2014/686, errato nell’individuare il momento dell’attuazione dell’aiuto di Stato che trova espressione concreta nel controverso regime di garanzia.

121. La questione in parola è sollevata soltanto per il caso in cui la seconda questione debba essere risolta in senso affermativo. Ove la Corte, nell’ambito di detta seconda questione, pervenga ‑ come da me proposto (68) ‑ alla conclusione che la decisione 2014/686 non viola né l’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, né l’articolo 296, secondo comma, TFUE, occorre allora esaminare, nel quadro della quarta questione, la validità della decisione 2014/686 rispetto a un’eventuale violazione dell’articolo 108, paragrafo 3, TFUE.

122. Tale questione sembra scaturire dalla circostanza che la Corte costituzionale ritiene che la decisione 2014/686, in cui la Commissione ha espressamente riconosciuto una violazione dell’articolo 108, paragrafo 3, TFUE, da parte del Belgio (69), non sia del tutto chiara nello stabilire il momento in cui – a detta della Commissione – sarebbe stata data attuazione all’aiuto di Stato. La Corte costituzionale pare nutrire dei dubbi sul punto se la Commissione consideri l’aiuto di Stato come attuato primo o dopo l’emanazione dell’articolo 36/24 della legge sulla Banca nazionale. Proprio a questo si riferiscono, infatti, entrambe le date indicate dalla Corte costituzionale nella quarta questione: il 3 marzo 2011 è stato introdotto l’articolo 36/24 con regio decreto nella legge sulla Banca nazionale, mentre il 1o aprile 2011 la nuova disposizione è entrata in vigore.

123. Nel punto 110, terzo periodo, della decisione 2014/686, la Commissione osserva che gli elementi costitutivi di un aiuto di Stato «erano in essere al più tardi quando il regio decreto del 10 ottobre 2011 è stato adottato». Essa aggiunge che «[I]l vantaggio creato dalla misura esisteva già da quando le autorità belghe hanno annunciato, il 10 ottobre 2008, che la misura sarebbe stata introdotta».

124. È vero che la formulazione succitata non consente di per sé di riconoscere se la Commissione consideri il regime di garanzia controverso come «introdotto» o «attuato» ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 3, TFUE, già alla data del 10 ottobre 2008 o solo a partire dal 10 ottobre 2011. La formulazione della decisione 2014/686 non è di certo, sul punto, un esempio di chiarezza, anche se il riferimento a un «vantaggio» presente dal primo annuncio indurrebbe a ritenere che la Commissione si basi piuttosto sulla prima delle due date, ossia il 10 ottobre 2008.

125. Ai fini del presente rinvio pregiudiziale non è però da ultimo necessario stabilire se la Commissione abbia considerato, nella sua decisione, come determinante il primo o il secondo momento. L’accertamento compiuto dalla Commissione nel punto 143 della decisione 2014/686, secondo cui «il Belgio ha dato illegalmente esecuzione [al regime di garanzia controverso] in violazione dell’articolo 108, paragrafo 3, [TFUE]», è valido a prescindere dal fatto che l’aiuto di Stato debba essere considerato come «istituito» o «attuato» ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 3, TFUE, prima o dopo. Dirimente è il fatto che l’attuazione fosse in ogni caso già intervenuta al momento della notifica alla Commissione il 7 novembre 2011, con la conseguenza che detta notifica non poteva in ogni caso essere considerata come tempestiva e l’aiuto di Stato doveva essere considerato, già per tale motivo soltanto, come illegittimo.

126. Neppure dall’esame della quarta questione pregiudiziale sono quindi emersi elementi che depongono nel senso di un errore di diritto nell’applicazione dell’articolo 108, paragrafo 3, TFUE, da parte della Commissione e che possono pertanto incidere sulla validità della decisione 2014/686.

iii) Conclusione intermedia

127. In sintesi, in risposta alla seconda, terza, quarta, quinta e sesta questione pregiudiziale è da dichiarare che un regime di garanzia come quello belga controverso costituisce un nuovo aiuto di Stato. Tale misura, qualora non sia notificata alla Commissione tempestivamente, prima che si verifichi o rischi di verificarsi la distorsione della concorrenza sul mercato interno ad essa collegata, deve essere considerata come attuata illegittimamente ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 3, TFUE.

VI – Conclusione

128. Alla luce delle considerazioni sopra esposte, suggerisco alla Corte di rispondere come segue alle questioni pregiudiziali sollevate dalla Corte costituzionale belga:

1)      La direttiva 94/19/CE deve essere interpretata nel senso che essa non obbliga gli Stati membri, ma neppure vieta loro, di estendere il rispettivo sistema nazionale di garanzia dei depositi alle quote detenute da persone fisiche in cooperative finanziarie riconosciute, come quelle in discussione nella controversia principale, in quanto ciò non pregiudichi l’effetto utile della garanzia dei depositi e non violi altre disposizioni del diritto dell’Unione.

2)      L’esame delle questioni sollevate non ha rivelato alcun elemento tale da inficiare la validità della decisione 2014/686/UE.

3)      Un regime di garanzia come quello realizzato dall’articolo 36/24, paragrafo 1, n. 3, della legge belga sulla Banca nazionale, integra un nuovo aiuto di Stato. Tale regime di garanzia, qualora non sia notificato alla Commissione europea tempestivamente, prima che si verifichi o rischi di verificarsi la distorsione della concorrenza sul mercato interno ad esso collegata, deve essere considerato come attuato illegittimamente ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 3, TFUE.


1 – Lingua originale: il tedesco.


2 – Sentenze Pringle (C‑370/12, EU:C:2012:756), e Gauweiler e a. (C‑62/14, EU:C:2015:400).


3 – Denominate, in prosieguo – aderendo alla terminologia impiegata dalla Commissione europea in detto caso – anche «privati», «persone fisiche» oppure «soci persone fisiche».


4 – Il gruppo ARCO si compone di diverse cooperative che traggono origine dal movimento dei lavoratori di matrice cristiana presente in Belgio negli anni trenta, segnatamente, dall’Algemeen Christelijk Werknemersverbond (ACW) e dal Mouvement Ouvrier Chrétien (MOC). In base alle indicazioni fornite da ARCO alla Corte, circa il 7% della popolazione belga è oggi socia delle cooperative finanziarie del gruppo ARCO, le cui quote sono detenute per il 99% da persone fisiche. Il giudice del rinvio si esprime nello stesso senso, indicando che sarebbero interessate circa 800 000 persone fisiche. Dalla fine del 2011 le tre cooperative finanziarie del gruppo ARCO, ossia Arcopar, Arcofin e Arcoplus, sono in liquidazione.


5 – Decisione della Commissione del 3 luglio 2014 relativa all’aiuto di Stato SA.33927 (12/C) (ex 11/NN) al quale il Belgio ha dato esecuzione ‑ Regime di garanzia a tutela delle quote delle persone fisiche socie di cooperative finanziarie, notificata con il numero C(2014) 1021 (GU 2014, L 284, pag. 53).


6 – Cause Belgio/Commissione (T‑664/14) e Arcofin e a./Commissione (T‑711/14).


7 – Direttiva 94/19/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 1994, relativa ai sistemi di garanzia dei depositi (GU 1994, L 135, pag. 5).


8 – La direttiva 94/19 è stata nel frattempo abrogata e sostituita da una rifusione; tuttavia, solo a decorrere dal 4 luglio 2019 (v. articolo 21 della direttiva 2014/49/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, relativa ai sistemi di garanzia dei depositi, GU 2014, L 173, pag. 149). Nel caso di specie continua quindi a trovare applicazione la direttiva 94/19.


9 – L’articolo 36/24 della legge sulla Banca nazionale è stato introdotto con l’articolo 195 del suddetto regio decreto. Il regio decreto in parola ha forza di legge, in quanto è stato confermato ‑ retroattivamente, alla data della sua entrata in vigore ‑ dall’articolo 298 della legge del 3 agosto 2012 su determinate forme di gestione di un portafoglio collettivo.


10 – Una disciplina anteriore, essenzialmente uguale nel contenuto, relativa ad alcune delle citate disposizioni di cui all’articolo 36/24, paragrafo 1, della legge sulla Banca nazionale, si rinveniva, dal 2009, in un primo momento nell’articolo 117 bis della legge del 2 agosto 2002 in materia di vigilanza sul settore finanziario e sui servizi finanziari e, in seguito, nell’articolo 105 di detta stessa legge.


11 – Si trattava di un comunicato stampa del Ministro delle Finanze del 10 ottobre 2008 e di un comunicato stampa del Primo ministro e del Ministro delle Finanze del 21 gennaio 2009.


12 – Punto 1 della decisione 2014/686.


13 – Sentenza n. 15/2015, reperibile sul sito Internet della Corte costituzionale belga all’indirizzo http://www.const-court.be/de/common/home.html (ultimo accesso: il 22 marzo 2016).


14 – Sentenza Gauweiler e a. (C‑62/14, EU:C:2015:400, punto 25); v. anche sentenze British American Tobacco (Investments) e Imperial Tobacco (C‑491/01, EU:C:2002:741, punti 34 e 35); Afton Chemical (C‑343/09, EU:C:2010:419, punti 13 e 14), e Association Kokopelli (C‑59/11, EU:C:2012:447, punti 28 e 29); sulla presunzione di rilevanza ai fini della decisione, si veda, inoltre, già la sentenza Beck e Bergdorf (C‑355/97, EU:C:1999:391, punto 22).


15 – Sentenze Akzo Nobel Chemicals e Akcros Chemicals/Commissione (C‑550/07 P, EU:C:2010:512, punto 54), e Sky Italia (C‑234/12, EU:C:2013:496, punto 15); nello stesso senso, sentenza Ruckdeschel e a. (117/76 e 16/77, EU:C:1977:160, punto 7).


16 – Sentenze Arcelor Atlantique et Lorraine e a. (C‑127/07, EU:C:2008:728, punto 23); S.P.C.M. e a. (C‑558/07, EU:C:2009:430, punto 74); Akzo Nobel Chemicals e Akcros Chemicals/Commissione (C‑550/07 P, EU:C:2010:512, punto 55); Sky Italia (C‑234/12, EU:C:2013:496, punto 15), e P e S (C‑579/13, EU:C:2015:369, punto 41).


17 – V. al riguardo, in particolare, i paragrafi da 40 a 42 e 45 delle presenti conclusioni.


18 – V., sul punto, paragrafi da 40 a 42 delle presenti conclusioni.


19 –      V. supra, paragrafo 45 delle presenti conclusioni.


20 – In questo senso, considerando 8, 16 e 17 della direttiva 94/19.


21 – V. considerando 1 della direttiva 94/19.


22 – Come risulta dalla decisione di rinvio, la partecipazione delle cooperative finanziarie al sistema di garanzia dei depositi era volontaria e potevano fruire della garanzia soltanto i titolari di quote emesse prima del 2011, ossia prima della loro ammissione al sistema.


23 – V., al riguardo, le mie considerazioni sulla seconda, terza, quarta, quinta e sesta questione pregiudiziale nei paragrafi da 61 a 126 delle presenti conclusioni.


24 – Sul vincolo dei giudici nazionali alle decisioni della Commissione in materia di disciplina degli aiuti di Stato, v. sentenza Deutsche Lufthansa (C‑284/12, EU:C:2013:755, in particolare, punto 41, ultimo periodo), e ordinanza Flughafen Lübeck (C‑27/13, EU:C:2014:240, in particolare, punto 24, ultimo periodo); nello stesso senso, sentenza Masterfoods e HB (C‑344/98, EU:C:2000:689, punti da 49 a 52) sotto il profilo della normativa dell’Unione in materia di intese (oggi articoli 101 e 102 TFUE).


25 – Causa pendente Arcofin e a./Commissione (T‑711/14); v., ad integrazione, la causa pendente Belgio/Commissione (T‑664/14).


26 – La Sesta Sezione del Tribunale ha quindi deciso, nell’ottobre 2015, di sospendere il procedimento nelle cause T‑664/14 e T‑711/14 sino alla decisione della Corte nella presente causa.


27 – Sentenze Altmark Trans e Regierungspräsidium Magdeburg (C‑280/00, EU:C:2003:415, punto 74); Commissione/Deutsche Post (C‑399/08 P, EU:C:2010:481, punto 38); Libert e a. (C‑197/11 e C‑203/11, EU:C:2013:288, punto 74); Banco Privado Português e Massa Insolvente do Banco Privado Português (C‑667/13, EU:C:2015:151, punto 45), e BVVG (C‑39/14, EU:C:2015:470, punto 23).


28 – Sentenze Altmark Trans e Regierungspräsidium Magdeburg (C‑280/00, EU:C:2003:415, punto 75); Libert e a. (C‑197/11 e C‑203/11, EU:C:2013:288, punto 74); BVVG (C‑39/14, EU:C:2015:470, punto 24), ed EasyPay e Finance Engineering (C‑185/14, EU:C:2015:716, punto 35).


29 – Sentenze Heiser (C‑172/03, EU:C:2005:130, punto 46); France Télécom/Commissione (C‑81/10 P, EU:C:2011:811, punto 17), e BVVG (C‑39/14, EU:C:2015:470, punto 52); in senso analogo, sentenza Bouygues e Bouygues Télécom/Commissione (C‑399/10 P e C‑401/10 P, EU:C:2013:175, punto 102).


30 – Al contrario, in base alla decisione di rinvio, nel caso di specie non è contestato che il controverso regime di garanzia sia riconducibile allo Stato e che siano state a tal fine impiegate risorse statali (primo presupposto dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE).


31 – Sentenze Altmark Trans e Regierungspräsidium Magdeburg (C‑280/00, EU:C:2003:415, punto 84); Libert e a. (C‑197/11 e C‑203/11, EU:C:2013:288, punto 83), e Francia/Commissione (C‑559/12 P, EU:C:2014:217, punto 94); nello stesso senso già la sentenza Costa/ENEL (6/64, EU:C:1964:66, Racc. 1964, 1253, 1272).


32 – V., al riguardo, il punto 100 della decisione 2014/686 [«(…) Nella fattispecie, la misura ha aiutato [ARCO] a mantenere il [suo] capitale, convincendo i soci di cooperative esistenti a non ritirarsi, il che ha rappresentato un vantaggio particolarmente rilevante, considerato il nervosismo del mercato nel periodo immediatamente successivo al fallimento di Lehman Brother. (…)»]. Aggiungo che la possibilità prevista dal diritto belga di limitare il recesso dei soci di cooperative a un 10% annuo del relativo capitale non depone affatto contro il riconoscimento di un vantaggio a favore di ARCO mediante il regime di garanzia; esso comporta tutt’al più una limitazione dell’entità del vantaggio conseguito da ARCO.


33 – Sentenza Eventech (C‑518/13, EU:C:2015:9, punto 54).


34 – Sentenze Heiser (C‑172/03, EU:C:2005:130, punto 40), ed Eventech (C‑518/13, EU:C:2015:9, punto 55); nello stesso senso, già sentenza Adria‑Wien Pipeline e Wietersdorfer & Peggauer Zementwerke (C‑143/99, EU:C:2001:598, punto 41).


35 – V., in particolare, punto 101, primo periodo, della decisione 2014/686.


36 – V. supra, in particolare, paragrafi da 40 a 42 delle presenti conclusioni.


37 – V. supra, paragrafo 45 delle presenti conclusioni.


38 – Sentenza Paint Graphos (da C‑78/08 a C‑80/08, EU:C:2011:550).


39 – Sentenza Paint Graphos (da C‑78/08 a C‑80/08, EU:C:2011:550, in particolare, punto 49; v., ad integrazione, punto 65); affermazioni analoghe si rinvengono inoltre in abbondanza nella giurisprudenza della Corte: v., ad esempio, le sentenze Adria‑Wien Pipeline e Wietersdorfer & Peggauer Zementwerke (C‑143/99, EU:C:2001:598, punti 41 e 42); Portogallo/Commissione (C‑88/03, EU:C:2006:511, punti 54 e 56); Commissione/Government of Gibraltar e Regno Unito (C‑106/09 P e C‑107/09 P, EU:C:2011:732, punti 73 e 75), e P (C‑6/12, EU:C:2013:525, punto 22).


40 – Le «specifiche caratteristiche proprie delle cooperative» sono senz’altro riconosciute anche dalla Corte nella sentenza Paint Graphos (da C‑78/08 a C‑80/08, EU:C:2011:550, punto 61). Contrariamente a quanto sostenuto da ARCO, tale indicazione non può tuttavia essere compresa erroneamente nel senso che le cooperative si troverebbero sempre e senza eccezioni in una posizione diversa rispetto alle società commerciali. Rileva invece se gli operatori «si trovino in una situazione fattuale e giuridica analoga tenuto conto dell’obiettivo perseguito dal provvedimento interessato» (v. al riguardo, ancora, la giurisprudenza citata nel punto 39).


41 – V., sul punto, ancora una volta, la giurisprudenza appena citata nella nota 39.


42 – V. in particolare i paragrafi da 40 a 42, 45, 80 e da 84 a 88 delle presenti conclusioni.


43 – Sentenze Cassa di Risparmio di Firenze e a. (C‑222/04, EU:C:2006:8, punto 140); Libert e a. (C‑197/11 e C‑203/11, EU:C:2013:288, punto 76); Eventech (C‑518/13, EU:C:2015:9, punto 65), e Banco Privado Português e Massa Insolvente do Banco Privado Português (C‑667/13, EU:C:2015:151, punti 46 e 49).


44 – Punto 108 del decisione 2014/686.


45 – Sentenze Cassa di Risparmio di Firenze e a. (C‑222/04, EU:C:2006:8, punti da 141 a 143); Libert e a. (C‑197/11 e C‑203/11, EU:C:2013:288, punti 77 e 78), e Banco Privado Português e Massa Insolvente do Banco Privado Português (C‑667/13, EU:C:2015:151, punto 51).


46 – In tal senso – segnatamente in merito all’incidenza sugli scambi tra Stati membri – sentenze Belgio/Commissione (C‑142/87, EU:C:1990:125, punto 43); Altmark Trans e Regierungspräsidium Magdeburg (C‑280/00, EU:C:2003:415, punto 81), e Eventech (C‑518/13, EU:C:2015:9, punto 81).


47 – Punto 110 della decisione 2014/686.


48 – Sui quattro presupposti in parola, v. supra paragrafi 68 e 69 delle presenti conclusioni.


49 – Sentenza Banco Privado Português e Massa Insolvente do Banco Privado Português (C‑667/13, EU:C:2015:151, punto 45).


50 – Punti da 91 a 110 della decisione 2014/686.


51 – Sentenze Commissione/Sytraval e Brink’s France (C‑367/95 P, EU:C:1998:154, punto 63); Italia/Commissione (C‑66/02, EU:C:2005:768, punto 26); Banco Privado Português e Massa Insolvente do Banco Privado Português (C‑667/13, EU:C:2015:151, punto 44), e Dole Food e Dole Fresh Fruit Europe/Commissione (C‑286/13 P, EU:C:2015:184, punti 93 e 94).


52 – Sentenze Commissione/Sytraval e Brink’s France (C‑367/95 P, EU:C:1998:154, punto 63); Italia/Commissione (C‑66/02, EU:C:2005:768, punto 26), e Dole Food e Dole Fresh Fruit Europe/Commissione (C‑286/13 P, EU:C:2015:184, punti 93 e 94).


53 – V., sul punto, punti da 55 a 57 della decisione 2014/686.


54 – Si tratta delle sentenze Germania/Commissione (C‑156/98, EU:C:2000:467); Paesi Bassi/Commissione (C‑382/99, EU:C:2002:363), e Associazione italiana del risparmio gestito e Fineco Asset Management/Commissione (T‑445/05, EU:T:2009:50).


55 – V., a tal proposito, il punto 100 della decisione 2014/686.


56 – Sentenze Italia/Commissione (C‑66/02, EU:C:2005:768, punti 26 e 55); Régie Networks (C‑333/07, EU:C:2008:764, punto 71); Commissione/Italia e Wam (C‑494/06 P, EU:C:2009:272, punto 33); Gascogne Sack Deutschland/Commissione (C‑40/12 P, EU:C:2013:768, punto 46), e Total/Commissione (C‑597/13 P, EU:C:2015:613, punto 18).


57 – V., sul punto, supra, paragrafo 106 delle presenti conclusioni.


58 – Sentenze Francia/Commissione (C‑301/87, EU:C:1990:67, punto 17); Centre d’exportation du livre français (C‑199/06, EU:C:2008:79, punti 36 e 37); Deutsche Lufthansa (C‑284/12, EU:C:2013:755, punti 25 e 26), e Klausner Holz Niedersachsen (C‑505/14, EU:C:2015:742, punti 18 e 19).


59 – Sentenze Francia/Commissione (C‑301/87, EU:C:1990:67, punto 17); Centre d’exportation du livre français (C‑199/06, EU:C:2008:79, punto 36), e Banco Privado Português e Massa Insolvente do Banco Privado Português (C‑667/13, EU:C:2015:151, punto 57).


60 – Anche in altri contesti la Corte ha già avuto occasione di stabilire quanto significativi possano essere i comunicati stampa o anche le dichiarazioni solo verbali delle autorità e degli enti pubblici per lo sviluppo dei mercati finanziari; v. ad esempio sentenze Bouygues e Bouygues Télécom/Commissione (C‑399/10 P e C‑401/10 P, EU:C:2013:175, in particolare, punti 131 e 132), e Gauweiler e a. (C‑62/14, EU:C:2015:400).


61 – Punti 100 e 108 della decisione 2014/686.


62 – Sulla classificazione di una garanzia quale vantaggio ai sensi della normativa in materia di aiuti di Stato, si vedano sentenze Residex Capital IV (C‑275/10, EU:C:2011:814, punto 39), e Francia/Commissione (C‑559/12 P, EU:C:2014:217, punto 96).


63 – Punti da 85 a 90 della decisione 2014/686.


64 – Sulla possibilità di considerare più misure successive dello Stato come un’unica misura ai fini dell’applicazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, v. sentenza Bouygues e Bouygues Télécom/Commissione (C‑399/10 P e C‑401/10 P, EU:C:2013:175, punti 103 e 104).


65 – V., sul punto, sentenze Waterleiding Maatschappij/Commissione (T‑188/95, EU:T:1998:217, punto 118), e ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni/Commissione (T‑62/08, EU:T:2010:268, punto 235).


66 – In questo senso, sentenze Magdeburger Mühlenwerke (C‑129/12, EU:C:2013:200, punto 40), e Diputación Foral de Álava e a./Commissione (da T‑227/01 a T‑229/01, T‑265/01, T‑266/01 e T‑270/01, EU:T:2009:315, punto 172).


67 – Nello stesso senso, sentenza Commissione/Italia (169/82, EU:C:1984:126, punto 11), in cui la Corte ha accertato una violazione della Repubblica italiana contro gli obblighi ad esa incombenti ex articolo 93, paragrafo 3, del Trattato CEE (divenuto attualmente l’articolo 108, paragrafo 3, TFUE), poiché aveva notificato i progetti delle leggi all’epoca in esame solo dopo la loro emanazione. V., inoltre, sentenza ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni/Commissione (T‑62/08, EU:T:2010:268, punti 235 e 236).


68 – V. al riguardo, supra, le mie considerazioni sulla seconda questione pregiudiziale nei paragrafi da 64 a 106 delle presenti conclusioni.


69 – Punto 143 della decisione 2014/686.