Language of document : ECLI:EU:C:2016:562

SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

14 luglio 2016 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Direttiva 2004/18/CE – Appalti pubblici di lavori – Legittimità dell’obbligo imposto agli offerenti di realizzare una determinata percentuale dell’appalto senza ricorrere al subappalto – Regolamento (CE) n.°1083/2006 – Disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo e sul Fondo di coesione – Obbligo per gli Stati membri di effettuare una rettifica finanziaria in relazione alle irregolarità constatate – Nozione di “irregolarità” – Necessità di una rettifica finanziaria in caso di violazione del diritto dell’Unione in materia di appalti pubblici»

Nella causa C‑406/14,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Wojewódzki Sąd Administracyjny w Warszawie (Tribunale amministrativo del voivodato di Varsavia, Polonia), con decisione del 3 giugno 2014, pervenuta in cancelleria il 27 agosto 2014, nel procedimento

Wrocław – Miasto na prawach powiatu

contro

Minister Infrastruktury i Rozwoju,

LA CORTE (Terza Sezione),

composta da L. Bay Larsen, presidente di sezione, D. Šváby (relatore), J. Malenovský, M. Safjan e M. Vilaras, giudici,

avvocato generale: E. Sharpston

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la Wrocław - Miasto na prawach powiatu, da W. Szuster, radca prawny;

–        per il governo polacco, da B. Majczyna, in qualità di agente;

–        per il governo austriaco, da M. Fruhmann, in qualità di agente;

–        per la Commissione europea, da B.-R. Killmann, A. Tokár e M. Owsiany‑Hornung, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 17 novembre 2015,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 25 della direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi (GU 2004, L 134, pag. 114 e rettifica GU 2004, L 351, pag, 44), come modificata dal regolamento (CE) n. 2083/2005 della Commissione, del 19 dicembre 2005, (GU 2005, L 333, pag. 28) (in prosieguo: la «direttiva 2004/18»), nonché dell’articolo 98 del regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio, dell’11 luglio 2006, recante disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo e sul Fondo di coesione e che abroga il regolamento (CE) n. 1260/1999 (GU 2006, L 210, pag.25).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia nella quale la Wrocław - Miasto na prawach powiatu (città di Wrocław, Polonia) si contrappone al Minister Infrastruktury i Rozwoju (ministro delle Infrastrutture e dello Sviluppo) in merito ad una decisione che infligge alla stessa una rettifica finanziaria in ragione dell’asserita violazione della direttiva 2004/18 nell’ambito di una gara di appalto pubblico relativo a lavori cofinanziati da fondi dell’Unione europea.

 Contesto normativo

 Diritto dell’Unione

 La direttiva 2004/18

3        Conformemente all’articolo 7, lettera c) della direttiva 2004/18, essa era applicabile, all’epoca dei fatti del procedimento principale, agli appalti pubblici di lavori non esclusi il cui valore stimato al netto dell’imposta sul valore aggiunto (IVA) fosse pari o superiore a EUR 5 278 000.

4        La possibilità per gli offerenti di subappaltare a terzi una parte dell’appalto è menzionata, segnatamente, all’articolo 25 di tale direttiva nei seguenti termini:

«Nel capitolato d’oneri l’amministrazione aggiudicatrice può chiedere o può essere obbligata da uno Stato membro a chiedere all’offerente di indicare, nella sua offerta, le parti dell’appalto che intende subappaltare a terzi, nonché i subappaltatori proposti.

Tale comunicazione lascia impregiudicata la questione della responsabilità dell’operatore economico principale».

5        L’articolo 26 della direttiva 2004/18, rubricato «Condizioni di esecuzione dell’appalto» così dispone:

«Le amministrazioni aggiudicatrici possono esigere condizioni particolari in merito all’esecuzione dell’appalto purché siano compatibili con il diritto comunitario e siano precisate nel bando di gara o nel capitolato d’oneri. Le condizioni di esecuzione di un appalto possono basarsi in particolare su considerazioni sociali e ambientali».

6        Tale disposizione è spiegata nel considerando 33 della medesima direttiva, ai termini del quale le condizioni di esecuzione di un appalto sono compatibili con detta direttiva «a condizione che non siano, direttamente o indirettamente, discriminatorie e siano indicate nel bando di gara o nel capitolato d’oneri. In particolare esse possono essere finalizzate alla formazione professionale nel cantiere, alla promozione dell’occupazione delle persone con particolari difficoltà di inserimento, alla lotta contro la disoccupazione o alla tutela dell’ambiente. A titolo di esempio, si possono citare, tra gli altri, gli obblighi – applicabili all’esecuzione dell’appalto – di assumere disoccupati di lunga durata o di introdurre azioni di formazione per i disoccupati o i giovani, di rispettare in sostanza le disposizioni delle convenzioni fondamentali dell’Organizzazione internazionale del lavoro (OIL) nell’ipotesi in cui non siano state attuate nella legislazione nazionale, di assumere un numero di persone disabili superiore a quello stabilito dalla legislazione nazionale».

7        La direttiva 2004/18 fissa anche criteri di selezione qualitativa che consentono di determinare i candidati ammessi a partecipare alla procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico. L’articolo 48 di tale direttiva, relativo alle capacità tecniche e professionali, è formulato come segue:

«(...)

2.      Le capacità tecniche degli operatori economici possono essere provate in uno o più dei seguenti modi, a seconda della natura, della quantità o dell’importanza e dell’uso dei lavori, delle forniture o dei servizi:

(...)

b)      indicazione dei tecnici o degli organismi tecnici, che facciano o meno parte integrante dell’operatore economico, e più particolarmente di quelli responsabili del controllo della qualità e, per gli appalti pubblici di lavori, di cui l’imprenditore disporrà per l’esecuzione dell’opera;

(...)

i)      indicazione della quota dell’appalto che il prestatore di servizi intende eventualmente subappaltare;

(...)

3.      Un operatore economico può, se del caso e per un determinato appalto, fare affidamento sulle capacità di altri soggetti, a prescindere dalla natura giuridica dei suoi legami con questi ultimi. Deve, in tal caso, provare all’amministrazione aggiudicatrice che per l’esecuzione dell’appalto disporrà delle risorse necessarie ad esempio presentando l’impegno di tale soggetto di mettere a disposizione dell’operatore economico le risorse necessarie.

(...)

5.      Nelle procedure di aggiudicazione di appalti pubblici aventi a oggetto forniture che necessitano di lavori di posa in opera o di installazione, la fornitura di servizi e/o l’esecuzione di lavori, la capacità degli operatori economici di fornire tali servizi o di eseguire l’installazione o i lavori può essere valutata con riferimento, in particolare, alla loro competenza, efficienza, esperienza e affidabilità.

6.      L’amministrazione aggiudicatrice precisa nel bando di gara o nell’invito a presentare offerte le referenze, fra quelle previste al paragrafo 2, di cui richiede la presentazione».

 Il regolamento n. 1083/2006

8        Ai sensi del considerando 66 del regolamento n. 1083/2006:

«Al fine di garantire l’efficace e corretta attuazione dei programmi operativi, dovrebbero essere specificati gli obblighi degli Stati membri con riguardo ai sistemi di gestione e di controllo, alla certificazione delle spese e alla prevenzione, individuazione e rettifica delle irregolarità e delle violazioni del diritto comunitario. (...)».

9        L’articolo 1 di tale regolamento stabilisce quanto segue:

«Il presente regolamento stabilisce le norme generali che disciplinano il Fondo europeo si sviluppo regionale (FESR) e il Fondo sociale europeo (FSE) (di seguito: “Fondi strutturali“) e il Fondo di coesione (...)

(...)

A tal fine, il presente regolamento stabilisce i principi e le norme in materia di partenariato, programmazione, valutazione, gestione (compresa la gestione finanziaria), sorveglianza e controllo sulla base di una ripartizione delle responsabilità tra gli Stati membri e la Commissione».

10      L’articolo 2, punto 7, di detto regolamento definisce la nozione d’«irregolarità» come «qualsiasi violazione di una disposizione del diritto comunitario derivante da un’azione o un’omissione di un operatore economico che abbia o possa avere come conseguenza un pregiudizio al bilancio generale [dell’Unione europea] mediante l’imputazione di spese indebite al bilancio generale».

11      Conformemente all’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento 1083/2006, le operazioni finanziate dai Fondi strutturali e dal Fondo di coesione devono essere conformi in particolare agli atti di diritto derivato.

12      L’articolo 98 di tale regolamento, rubricato «Rettifiche finanziarie effettuate dagli Stati membri» così prevede:

«1.      Spetta anzitutto agli Stati membri perseguire le irregolarità, prendere provvedimenti quando è accertata una modifica importante che incide sulla natura o sulle condizioni di esecuzione o di controllo di operazioni o programmi operativi ed effettuare le necessarie rettifiche finanziarie.

2.      Lo Stato membro procede alle rettifiche finanziarie necessarie in relazione alle irregolarità isolate o del sistema individuate nell’ambito di operazioni o programmi operativi. Le rettifiche dello Stato membro consistono in una soppressione totale o parziale del contributo pubblico del programma operativo. Lo Stato membro tiene conto della natura e della gravità delle irregolarità e della perdita finanziaria che ne risulta per i Fondi.

(...)».

 Diritto polacco

13      Dalla decisione di rinvio risulta che l’articolo 36, paragrafo 5, dell’ustawa – Prawo zamόwień publicznych (legge sul diritto degli appalti pubblici), del 29 gennaio 2004 (in prosieguo: la «p.z.p.»), nella versione applicabile ai fatti del procedimento principale, era del seguente tenore:

«L’amministrazione aggiudicatrice può indicare nel capitolato d’oneri la parte dell’appalto che non può essere subappaltata».

14      In seguito tale disposizione è stata modificata nel senso che l’operatore economico aggiudicatario può affidare l’esecuzione di un appalto pubblico a subappaltatori, salvo il caso in cui, in considerazione della natura dell’oggetto di tale appalto, l’amministrazione aggiudicatrice preveda nel capitolato d’oneri che una parte o l’intero appalto non possono essere subappaltati.

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

15      Il 18 maggio 2007 il servizio competente della città di Wroclaw ha avviato una procedura ristretta di aggiudicazione di un appalto pubblico relativo alla costruzione parziale di una strada tangenziale. Tale progetto, il cui costo corrispondeva a circa 65 milioni di euro, ha beneficiato di un aiuto finanziario dell’Unione in applicazione del programma operativo di aiuto comunitario alla Repubblica di Polonia in materia di infrastrutture e di ambiente, nell’ambito dell’obiettivo «Convergenza» cofinanziato dal Fondo di coesione e dal FESR.

16      Dei sette operatori economici che hanno chiesto di partecipare a tale procedura, cinque sono stati invitati a presentare un’offerta. Il capitolato d’oneri indirizzato a questi cinque operatori conteneva una clausola così formulata:

«L’operatore economico aggiudicatario è tenuto ad eseguire avvalendosi di risorse proprie almeno il 25% dei lavori compresi nell’appalto».

17      Il 1° agosto 2008 la città di Wroclaw ha stipulato un appalto pubblico con l’operatore da essa selezionato.

18      In seguito al procedimento amministrativo successivo all’esecuzione dell’appalto, avviato dalle autorità nazionali incaricate del controllo della regolarità di talune azioni cofinanziate dall’Unione, è stata imposta alla città di Wroclaw una rettifica finanziaria pari a 8 600 473,38 zloty polacchi (PLN) (circa EUR 1 960 000) in via principale, corrispondenti al 5% dell’importo dei costi oggetto dei finanziamenti pubblici, in ragione dell’asserita irregolarità di detta clausola alla luce della direttiva 2004/18, applicabile all’appalto interessato tenuto conto del suo valore.

19      Secondo la decisione di rinvio l’autorità competente, nell’ultima fase di tale procedimento amministrativo, ha giustificato l’applicazione di tale rettifica finanziaria, da un lato, in ragione del fatto che la clausola contestata avrebbe limitato il ricorso al subappalto senza rispettare l’articolo 36, paragrafo 5 della p.z.p. Infatti, l’obiettivo di tale disposizione sarebbe di garantire che le parti di un appalto che necessitano di conoscenze e competenze specifiche, e la cui qualità di esecuzione dipende dunque dalle attitudini particolari dell’esecutore, siano effettivamente realizzate dall’operatore economico la cui capacità è stata valutata nell’ambito della procedura di aggiudicazione dell’appalto. Tale obiettivo avrebbe rivestito particolare importanza poiché le disposizioni del diritto nazionale in vigore alla data dei fatti del procedimento principale non consentivano agli operatori economici di avvalersi delle capacità di soggetti terzi per dimostrare che essi soddisfacevano i requisiti di capacità richiesti per la partecipazione alla procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico.

20      Secondo tale autorità, l’amministrazione aggiudicatrice che applicava l’articolo 36, paragrafo 5, della p.z.p. era quindi tenuta a precisare in concreto quali parti dell’appalto in questione dovevano obbligatoriamente essere effettuate personalmente dall’aggiudicatario. Orbene, una clausola come quella di cui al procedimento principale, che si limita a fissare implicitamente una percentuale dei lavori corrispondente alla parte di essi che deve essere realizzata dall’aggiudicatario, non consentirebbe di determinare, in violazione dell’obiettivo dell’articolo 36, paragrafo 5, della p.z.p., se la restrizione del ricorso al subappalto riguardi lavori la cui esecuzione necessita di competenze particolari. Tale violazione del diritto nazionale costituirebbe altresì una violazione dell’articolo 25 della direttiva 2004/18, e a tale proposito detta autorità fa riferimento alla sentenza del 18 marzo 2004, Siemens e ARGE Telekom (C‑314/01, EU:C:2004:159).

21      Dall’altro lato, nonostante l’assenza di effetti dell’asserita violazione del diritto dell’Unione sull’aggiudicazione dell’appalto di cui trattasi nel procedimento principale, la limitazione del ricorso al subappalto avrebbe un effetto pregiudizievole per il bilancio generale dell’Unione. Infatti, tale limitazione avrebbe comportato un rischio di alterazione dell’equilibrio concorrenziale tale da tradursi in un aumento dei prezzi proposti nelle offerte, rischio che sarebbe sufficiente a costituire un’irregolarità ai sensi dell’articolo 2, punto 7, del regolamento n. 1083/2006.

22      Dagli elementi del fascicolo di cui dispone la Corte risulta che l’aliquota della rettifica finanziaria applicata al caso di specie è stata determinata facendo ricorso a parametri usati dall’autorità competente.

23      La città di Wroclaw ha proposto ricorso contro la decisione recante rettifica finanziaria dinanzi al giudice del rinvio, contestando la fondatezza dei due capi della motivazione sui quali è basata tale decisione. Per quanto riguarda la legittimità della clausola controversa del capitolato d’oneri, essa sostiene che l’articolo 36, paragrafo 5, della p.z.p., nella versione applicabile all’epoca dei fatti del procedimento principale, conteneva il principio in base al quale l’aggiudicatario deve eseguire l’appalto avvalendosi di risorse proprie, costituendo il ricorso al subappalto un’eccezione, ed è a tale titolo che l’amministrazione aggiudicatrice poteva autorizzarlo, ma senza esservi obbligata. Tale interpretazione della disposizione di cui trattasi sembra condivisa dal giudice del rinvio.

24      Quest’ultimo ritiene sia necessario alla soluzione della controversia, ottenere dalla Corte l’interpretazione, in primo luogo, dell’articolo 25 della direttiva 2004/18, in particolare dei termini «parti dell’appalto», al fine di determinare se tale disposizione osti a che un’amministrazione aggiudicatrice fissi una percentuale massima della parte di appalto che il futuro aggiudicatario potrà subappaltare. Tale giudice s’interroga altresì sulla questione se a una limitazione del genere possa applicarsi l’articolo 26 di tale direttiva, in quanto condizione di esecuzione ai sensi di tale disposizione.

25      Secondo detto giudice, dalla sentenza del 18 marzo 2004, Siemens e ARGE Telekom (C‑314/01, EU:C:2004:159) risulta che la direttiva 2004/18 consente di limitare il ricorso al subappalto per l’esecuzione di appalti pubblici a condizione che ciò non abbia come effetto di privare della possibilità di partecipare alla procedura di gara gli operatori economici che intendono avvalersi delle capacità tecniche ed economiche di subappaltatori. Tuttavia, tale sentenza non risolverebbe la questione se un’amministrazione aggiudicatrice sia autorizzata a esprimere in percentuale l’entità dei lavori che l’aggiudicatario è tenuto ad eseguire personalmente.

26      Inoltre, il giudice del rinvio chiede se una clausola come quella di cui al procedimento principale, limitando la possibilità per le piccole e medie e imprese (PMI) di partecipare alla realizzazione di lavori oggetto di un appalto pubblico, possa violare il principio dell’apertura degli appalti pubblici a una concorrenza non falsata, giacché tale apertura riguarda tutte le imprese, a prescindere dalle loro dimensioni, e un’attenzione particolare deve essere data in proposito alle PMI. Tale giudice si riferisce, su tale aspetto, alla giurisprudenza della Corte, in particolare alla sentenza del 10 ottobre 2013, Swm Costruzioni 2 e Mannocchi Luigino (C‑94/12, EU:C:2013:646, punto 33).

27      In secondo luogo, detto giudice ritiene sia altresì necessario ottenere chiarimenti sulla nozione d’«irregolarità» ai sensi del regolamento n. 1083/2006, al fine di poter determinare se, tenuto conto delle circostanze della controversia, l’importanza dell’eventuale violazione del diritto dell’Unione che ha inciso sulla procedura di aggiudicazione dell’appalto in questione richieda una rettifica finanziaria.

28      A tale proposito esso chiede se qualsiasi violazione del diritto dell’Unione in materia di appalti pubblici possa costituire una tale irregolarità che deve portare a una rettifica finanziaria o se occorra tenere conto delle circostanze concrete di ogni caso e, in particolare, degli effetti dell’eventuale violazione di tale diritto. Quanto a tali circostanze concrete, esso rileva, nella specie, che la legge applicabile era interpretata nel senso di non escludere una clausola come quella di cui al procedimento principale, che tale clausola consentiva nonostante tutto il ricorso al subappalto per il 75% dei lavori oggetto dell’appalto, che essa non ha provocato contestazioni e che l’indizione dell’appalto ha dato luogo a una concorrenza sostenuta.

29      In tali circostanze il Wojewódzki Sąd Administracyjny w Warszawie (Tribunale amministrativo del voivodato di Varsavia) ha deciso di sospendere il procedimento e di sollevare dinanzi alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se, alla luce dell’articolo 25 della direttiva 2004/18, sia consentito che l’amministrazione aggiudicatrice stabilisca nel capitolato d’oneri [di un appalto pubblico] che l’operatore economico aggiudicatario è tenuto ad eseguire avvalendosi di risorse proprie almeno il 25% dei lavori compresi nell’appalto.

2)      In caso di risposta negativa, se l’applicazione del requisito descritto nella prima questione a una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico abbia per effetto una violazione del diritto dell’Unione tale da giustificare la necessità di applicare una rettifica finanziaria ai sensi dell’articolo 98 del regolamento n. 1083/2006».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla prima questione

30      Con la prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la direttiva 2004/18 debba essere interpretata nel senso che un’amministrazione aggiudicatrice è autorizzata ad imporre, mediante una clausola del capitolato d’oneri di un appalto pubblico di lavori, che il futuro aggiudicatario esegua una determinata percentuale dei lavori oggetto di detto appalto avvalendosi di risorse proprie.

31      Ai sensi del primo comma dell’articolo 25 della direttiva 2004/18, l’amministrazione aggiudicatrice può chiedere o può essere obbligata da uno Stato membro a chiedere all’offerente di indicare, nella sua offerta, le parti dell’appalto che intende subappaltare a terzi, nonché i subappaltatori proposti.

32      Come la Corte ha constatato al punto 31 della sentenza del 10 ottobre 2013, Swm Costruzioni 2 e Mannocchi Luigino (C‑94/12, EU:C:2013:646), con tale articolo la direttiva ammette il ricorso al subappalto, senza indicare limitazioni in proposito.

33      Al contrario, l’articolo 48, paragrafo 3, di tale direttiva – prevedendo la facoltà per gli offerenti di provare che, facendo affidamento sulle capacità di soggetti terzi, essi soddisfano i livelli minimi di capacità tecniche e professionali stabiliti dall’amministrazione aggiudicatrice, a condizione di dimostrare che, qualora l’appalto venga loro aggiudicato, disporranno effettivamente delle risorse necessarie per la sua esecuzione, risorse che non appartengono loro personalmente – sancisce la possibilità per gli offerenti di ricorrere al subappalto per l’esecuzione di un appalto, e ciò, in linea di principio, in modo illimitato.

34      Tuttavia, qualora i documenti dell’appalto impongano agli offerenti di indicare, nelle offerte, le parti dell’appalto che essi hanno eventualmente l’intenzione di subappaltare e i subappaltatori proposti, conformemente all’articolo 25, primo comma, della direttiva 2004/18, l’amministrazione aggiudicatrice ha il diritto, per quanto riguarda l’esecuzione di parti essenziali dell’appalto, di vietare il ricorso a subappaltatori quando non sia stata in grado di verificare le loro capacità in occasione della valutazione delle offerte e della selezione dell’aggiudicatario (v., in tal senso, sentenza del 18 marzo 2004, Siemens e ARGE Telekom, C‑314/01, EU:C:2004:159, punto 45).

35      Questa non è tuttavia la portata di una clausola quale quella di cui al procedimento principale, che impone limitazioni al ricorso a subappaltatori per una parte dell’appalto fissata in maniera astratta in una determinata percentuale dello stesso, e ciò a prescindere dalla possibilità di verificare le capacità di eventuali subappaltatori e senza menzione alcuna del carattere essenziale degli incarichi di cui si tratterebbe. Sotto tutti tali profili, una clausola del genere risulta incompatibile con la direttiva 2004/18, pertinente nell’ambito del procedimento principale.

36      Peraltro, come ha rilevato l’avvocato generale al paragrafo 41 delle sue conclusioni, una clausola del genere, anche supponendo che costituisca una condizione di esecuzione dell’appalto ai sensi dell’articolo 26 della direttiva 2004/18, non può essere ammessa ai sensi di detto articolo, in forza della formulazione stessa di quest’ultimo, giacché essa è contraria all’articolo 48. paragrafo 3, di tale direttiva, e quindi al diritto dell’Unione.

37      Occorre quindi rispondere alla prima questione dichiarando che la direttiva 2004/18 deve essere interpretata nel senso che un’amministrazione aggiudicatrice non è autorizzata ad imporre, mediante una clausola del capitolato d’oneri di un appalto pubblico di lavori, che il futuro aggiudicatario esegua una determinata percentuale dei lavori oggetto di detto appalto avvalendosi di risorse proprie.

 Sulla seconda questione

38      Con la seconda questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 98 del regolamento n. 1083/2006, in combinato disposto con l’articolo 2, punto 7, dello stesso, debba essere interpretato nel senso che il fatto che, nell’ambito di un appalto pubblico di lavori relativi ad un progetto che beneficia di un aiuto finanziario dell’Unione, l’amministrazione aggiudicatrice abbia imposto che il futuro aggiudicatario esegua almeno il 25% di tali lavori avvalendosi di risorse proprie, in violazione della direttiva 2004/18, costituisce, in circostanze come quelle di cui al procedimento principale, un’«irregolarità» ai sensi di detto articolo 2, punto 7, che giustifica la necessità di applicare una rettifica finanziaria ai sensi di detto articolo 98.

39      Per quanto riguarda le circostanze concrete di tale controversia, il giudice del rinvio rileva che la legge nazionale applicabile era interpretata nel senso che non vietava una clausola come quella di cui al procedimento principale, che tale clausola consentiva nonostante tutto il ricorso al subappalto per il 75% dei lavori oggetto dell’appalto, che essa non ha provocato contestazioni da parte dei candidati che sono stati invitati a presentare un’offerta e che l’indizione dell’appalto ha dato luogo a una concorrenza sostenuta.

40      La questione sollevata presenta, perciò, due profili, uno relativo alla nozione d’«irregolarità» ai sensi dell’articolo 2, punto 7, del regolamento n. 1083/2006, e l’altro al meccanismo di rettifica finanziaria che la autorità nazionali sono tenute a mettere in atto in caso d’irregolarità, in applicazione dell’articolo 98 di tale regolamento.

41      In primo luogo, per quanto riguarda detta nozione d’«irregolarità», in conformità all’articolo 2, punto 7, del regolamento n. 1083/2006, essa comprende qualsiasi violazione di una disposizione del diritto dell’Unione derivante da un’azione o un’omissione di un operatore economico che abbia o possa avere come conseguenza un pregiudizio al bilancio generale dell’Unione mediante l’imputazione di spese indebite al bilancio generale.

42      Si deve constatare che è l’ultima parte di tale definizione a suscitare i dubbi del giudice del rinvio, giacché esso ritiene che, nella presente fattispecie, la clausola che deve essere considerata contraria al diritto dell’Unione alla luce della risposta data alla prima questione non abbia avuto conseguenze concrete.

43      A tale proposito si deve rilevare che, come ha dichiarato l’avvocato generale ai paragrafi da 53 a 55 delle sue conclusioni, facendo riferimento in particolare all’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento n. 1083/2006 nonché, per analogia, alla sentenza del 21 dicembre 2011, Chambre de commerce et d’industrie de l’Indre (C‑465/10, EU:C:2011:867, punti 46 e 47), certamente l’Unione finanzia, mediante i Fondi strutturali e il Fondo di coesione, solo azioni attuate in completa conformità al diritto dell’Unione.

44      Tuttavia, dalla definizione di cui all’articolo 2, punto 7, di tale regolamento, risulta che una violazione del diritto dell’Unione costituisce un’irregolarità ai sensi di tale disposizione solo qualora essa abbia o possa avere come conseguenza un pregiudizio al bilancio generale dell’Unione mediante l’imputazione di spese indebite. Una tale violazione deve, pertanto, essere considerata un’irregolarità solo in quanto essa possa, in quanto tale, avere un effetto sul bilancio. Per contro, non è richiesto che sia dimostrata l’esistenza di un preciso effetto finanziario (v., per analogia, sentenza del 21 dicembre 2011, Chambre de commerce et d’industrie de l’Indre, C‑465/10, EU:C:2011:867, punto 47).

45      Di conseguenza si deve constatare che una violazione delle norme di aggiudicazione degli appalti pubblici costituisce un’irregolarità ai sensi dell’articolo 2, punto 7, del regolamento n. 1083/2006, solo qualora non possa escludersi che tale violazione abbia avuto un effetto sul bilancio del Fondo in questione.

46      In secondo luogo, per quanto riguarda il meccanismo di rettifica finanziaria di cui all’articolo 98 del regolamento n. 1083/2006, va constatato che, conformemente ai suoi paragrafi 1 e 2, tale articolo impone agli Stati membri di applicare una rettifica finanziaria quando è constata un’irregolarità.

47      Tuttavia, il paragrafo 2, primo comma, di tale articolo impone altresì all’autorità nazionale competente di determinare l’importo della rettifica da applicare tenendo conto di tre criteri, vale a dire la natura dell’irregolarità constatata, la gravità della stessa e la perdita finanziaria che ne è risultata per i Fondi di cui trattasi.

48      Qualora, come nel procedimento principale, si tratti di un’irregolarità isolata e non sistemica, quest’ultimo requisito comporta necessariamente un esame caso per caso, tenendo conto di tutte le circostanze di ogni fattispecie rilevanti alla luce di ognuno dei tre criteri.

49      Pertanto, se, come ha sottolineato l’avvocato generale al paragrafo 60 delle sue conclusioni, ciò non esclude che un primo approccio possa essere realizzato sulla base di parametri che rispettano il principio di proporzionalità, rimane il fatto che la determinazione dell’importo finale della rettifica finanziaria da applicare deve tenere conto di tutte le particolarità che caratterizzano l’irregolarità constatata rispetto agli elementi presi in considerazione per la determinazione di tale parametro, che possono giustificare l’applicazione di una rettifica più ingente o, al contrario, ridotta.

50      In tal senso, circostanze quali la conformità rispetto alla legge nazionale di una clausola quale quella di cui al procedimento principale, l’obbligo di realizzare avvalendosi di risorse proprie una parte limitata dell’appalto e la circostanza che sia accertato solo un rischio, eventualmente lieve, di pregiudizio finanziario, sono tali da influire sull’importo finale della rettifica finanziaria da applicare.

51      Si deve, quindi, rispondere alla seconda questione dichiarando che l’articolo 98 del regolamento n. 1083/2006, in combinato disposto con l’articolo 2, punto 7, dello stesso, deve essere interpretato nel senso che il fatto che, nell’ambito di un appalto pubblico di lavori relativi ad un progetto che beneficia di un aiuto finanziario dell’Unione, l’amministrazione aggiudicatrice abbia imposto che il futuro aggiudicatario esegua almeno il 25% di tali lavori avvalendosi di risorse proprie, in violazione della direttiva 2004/18, costituisce un’«irregolarità» ai sensi di detto articolo 2, punto 7, che giustifica la necessità di applicare una rettifica finanziaria ai sensi di detto articolo 98, nei limiti in cui non possa escludersi che tale violazione abbia avuto un effetto sul bilancio del Fondo interessato. L’importo di tale rettifica deve essere determinato tenendo conto di tutte le circostanze concrete rilevanti alla luce dei criteri citati al paragrafo 2, primo comma, dell’articolo 98 di detto regolamento, vale a dire la natura dell’irregolarità constatata, la gravità della stessa e la perdita finanziaria che ne è risultata per il Fondo interessato.

 Sulle spese

52      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:

1)      La direttiva 2004/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, relativa al coordinamento delle procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici di lavori, di forniture e di servizi, come modificata dal regolamento (CE) n. 2083/2005 della Commissione, del 19 dicembre 2005, deve essere interpretata nel senso che un’amministrazione aggiudicatrice non è autorizzata ad imporre, mediante una clausola del capitolato d’oneri di un appalto pubblico di lavori, che il futuro aggiudicatario esegua una determinata percentuale dei lavori oggetto di detto appalto avvalendosi di risorse proprie.

2)      L’articolo 98 del regolamento (CE) n. 1083/2006 del Consiglio, dell’11 luglio 2006, recante disposizioni generali sul Fondo europeo di sviluppo regionale, sul Fondo sociale europeo e sul Fondo di coesione e che abroga il regolamento (CE) n. 1260/1999, in combinato disposto con l’articolo 2, punto 7, dello stesso, deve essere interpretato nel senso che il fatto che, nell’ambito di un appalto pubblico di lavori relativi ad un progetto che beneficia di un aiuto finanziario dell’Unione, l’amministrazione aggiudicatrice abbia imposto che il futuro aggiudicatario esegua almeno il 25% di tali lavori avvalendosi di risorse proprie, in violazione della direttiva 2004/18, costituisce un’«irregolarità» ai sensi di detto articolo 2, punto 7, che giustifica la necessità di applicare una rettifica finanziaria ai sensi di detto articolo 98, nei limiti in cui non possa escludersi che tale violazione abbia avuto un effetto sul bilancio del Fondo interessato. L’importo di tale rettifica deve essere determinato tenendo conto di tutte le circostanze concrete rilevanti alla luce dei criteri citati al paragrafo 2, primo comma, dell’articolo 98 di detto regolamento, vale a dire la natura dell’irregolarità constatata, la gravità della stessa e la perdita finanziaria che ne è risultata per il Fondo interessato.

Firme


* Lingua processuale: il polacco.