Language of document : ECLI:EU:C:2016:640

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MELCHIOR WATHELET

presentate il 7 settembre 2016 (1)

Causa C‑496/15

Alphonse Eschenbrenner

contro

Bundesagentur für Arbeit

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Landessozialgericht Rheinland-Pfalz (tribunale superiore per il contenzioso in materia sociale del Land Renania‑Palatinato, Germania)]

«Rinvio pregiudiziale – Libera circolazione dei lavoratori – Articolo 45 TFUE – Regolamento (UE) n. 492/2011 – Articolo 7 – Principio di non discriminazione – Lavoratore frontaliero soggetto all’imposta sul reddito nello Stato membro di residenza – Direttiva 2008/94/CE – Indennità versata dallo Stato membro di impiego in caso di insolvenza del datore di lavoro – Modalità di calcolo – Considerazione fittizia dell’imposta sul reddito da lavoro dello Stato membro d’impiego»





I –    Introduzione

1.        La presente domanda di pronuncia pregiudiziale, depositata presso la cancelleria della Corte il 22 settembre 2015 dal Landessozialgericht Rheinland-Pfalz (tribunale superiore per il contenzioso in materia sociale del Land Renania‑Palatinato, Germania), verte sull’interpretazione degli articoli 45 TFUE e 7 del regolamento (UE) n. 492/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio del 5 aprile 2011, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione (2).

2.        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia fra il sig. Alphonse Eschenbrenner, cittadino francese residente in Francia, e la Bundesagentur für Arbeit (Agenzia federale per l’impiego, Germania; in prosieguo: l’«Agenzia»). Tale controversia verte sulla considerazione fittizia, da parte dell’Agenzia, dell’imposta che grava sulle retribuzioni tedesche in occasione della determinazione dell’importo dell’indennità di insolvenza dovuta al sig. Eschenbrenner a seguito dell’insolvenza del suo datore di lavoro in Germania.

II – Contesto normativo

A –    Diritto internazionale

3.        L’articolo 13 della convenzione fiscale, firmata a Parigi il 21 luglio 1959 fra la Repubblica francese e la Repubblica federale di Germania, diretta ad evitare le doppie imposizioni e a stabilire norme di assistenza amministrativa e giuridica reciproca in materia di imposte sul reddito e sul patrimonio nonché in materia di contributi delle licenze e di contributi fondiari (in prosieguo: la «convenzione fiscale») dispone quanto segue:

«(1)      Fatte salve le disposizioni dei seguenti paragrafi, i redditi provenienti da un lavoro dipendente sono imponibili solo nello Stato contraente nel quale viene esercitata l’attività personale che genera tali redditi (…)

(…)

(5)      a)     In deroga [al paragrafo (1)], i redditi provenienti da lavoro dipendente di persone che lavorano nella zona frontaliera di uno Stato contraente e che hanno la loro residenza familiare permanente nella zona frontaliera dell’altro Stato contraente in cui esse rientrano di regola ogni giorno sono assoggettabili ad imposta solo in tale altro Stato;

(…)».

4.        L’articolo 14 di tale convenzione fiscale dispone quanto segue:

«(1)      Gli stipendi, i salari e le retribuzioni analoghe, nonché le pensioni di vecchiaia versate da uno degli Stati contraenti, da un Land o da una persona giuridica di diritto pubblico in tale Stato o da un Land a persone fisiche residenti nell’altro Stato, in considerazione di periodi di servizio civile o militare, attuali o precedenti, sono imponibili solo nel primo Stato. (…)

(2)      Le disposizioni di cui al paragrafo (1), prima frase, si applicano parimenti:

      1.      alle somme versate a titolo di prestazioni previdenziali obbligatorie;

(…)».

B –    Diritto dell’Unione

1.      Regolamento n. 492/2011

5.        L’articolo 7 del capo I, intitolato «L’impiego, la parità di trattamento e la famiglia dei lavoratori», alla sezione 2, intitolata «Esercizio dell’impiego e parità di trattamento» del regolamento n. 492/2011, così recita:

«1.      Il lavoratore cittadino di uno Stato membro non può ricevere sul territorio degli altri Stati membri, a motivo della propria cittadinanza, un trattamento diverso da quello dei lavoratori nazionali per quanto concerne le condizioni di impiego e di lavoro, in particolare in materia di retribuzione, licenziamento, reintegrazione professionale o ricollocamento se disoccupato.

2.      Egli gode degli stessi vantaggi sociali e fiscali dei lavoratori nazionali.

(…)».

2.      Direttiva 2008/94/CE

6.        L’articolo 1 della direttiva 2008/94/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 ottobre 2008, relativa alla tutela dei lavoratori subordinati in caso d’insolvenza del datore di lavoro (3), così recita:

«1.      La presente direttiva si applica ai diritti dei lavoratori subordinati derivanti da contratti di lavoro o da rapporti di lavoro ed esistenti nei confronti di datori di lavoro che si trovano in stato di insolvenza ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1.

(…)».

7.        L’articolo 2, paragrafo 1, di tale direttiva, definisce le condizioni alle quali un datore di lavoro si considera in stato di insolvenza ai sensi di questa stessa direttiva. Ai sensi del paragrafo 2 di tale articolo:

«La presente direttiva non pregiudica il diritto nazionale per quanto riguarda la definizione dei termini “lavoratore subordinato”, “datore di lavoro”, “retribuzione”, “diritto maturato” e “diritto in corso di maturazione”.

(…)».

8.        L’articolo 3 della direttiva 2008/94 così recita:

«Gli Stati membri adottano le misure necessarie affinché gli organismi di garanzia assicurino, fatto salvo l’articolo 4, il pagamento dei diritti non pagati dei lavoratori subordinati, risultanti da contratti di lavoro o da rapporti di lavoro, comprese le indennità dovute ai lavoratori a seguito dello scioglimento del rapporto di lavoro, se previste dal diritto nazionale.

I diritti di cui l’organismo di garanzia si fa carico sono le retribuzioni non pagate corrispondenti a un periodo che si colloca prima e/o eventualmente dopo una data determinata dagli Stati membri».

9.        L’articolo 4 della direttiva 2008/94 dispone quanto segue:

«1.      Gli Stati membri hanno la facoltà di limitare l’obbligo di pagamento degli organismi di garanzia di cui all’articolo 3.

2.      Quando gli Stati membri si avvalgono della facoltà di cui al paragrafo 1, fissano la durata del periodo che dà luogo al pagamento da parte dell’organismo di garanzia dei diritti non pagati. Questa durata tuttavia non può essere inferiore ad un periodo, riferito alla retribuzione degli ultimi tre mesi, di rapporto di lavoro che si colloca prima e/o dopo la data di cui all’articolo 3, secondo comma.

(…)

3.      Gli Stati membri possono inoltre fissare massimali per i pagamenti effettuati dall’organismo di garanzia. Tali massimali non devono essere inferiori ad una soglia socialmente compatibile con l’obiettivo sociale della presente direttiva.

(…)».

C –    Normativa tedesca

10.      L’articolo 3 dell’Einkommensteuergesetz (legge sull’imposta sul reddito) prevede quanto segue:

«Sono esenti

(…)

2.      (…)

b)      l’indennità di insolvenza, (…)».

11.      Il Sozialgesetzbuch (codice di previdenza sociale), prevede quanto segue all’articolo 165, paragrafo 1, del suo libro III (in prosieguo: il «SGB III»):

«I lavoratori hanno diritto all’indennità di insolvenza se svolgevano attività lavorativa sul territorio nazionale e, in caso di insolvenza del loro datore di lavoro, hanno ancora diritto alla retribuzione non pagata per gli ultimi tre mesi del contratto di lavoro. (…)».

12.      L’articolo 167 del SGB III, intitolato «Importo», prevede quanto segue:

«(1)      L’indennità di insolvenza viene versata per un importo pari alla retribuzione netta, ottenuto sottraendo alla retribuzione lorda nei limiti del massimale per il calcolo dei contributi. di cui all’articolo 341, paragrafo 4, del SGB III, le ritenute di legge.

(2)      Se il lavoratore

(…)

2.      non è soggetto all’imposta sul reddito sul territorio nazionale né è debitore dell’imposta per l’indennità di insolvenza in base alle disposizioni ad egli applicabili, dovrebbero essere detratte, mediante trattenuta sulla retribuzione, le imposte che sarebbero state riscosse in caso di assoggettamento del lavoratore ad imposta sul reddito sul territorio nazionale».

13.      L’articolo 169, prima frase, del SGB III, intitolato «Surrogazione», dispone quanto segue:

«I crediti retributivi che fondano un diritto ad un’indennità di insolvenza vengono trasmessi per surrogazione all’[Agenzia] qualora venga richiesta un’indennità di insolvenza».

III – Fatti e questioni pregiudiziali

14.      Il sig. Eschenbrenner, cittadino francese, è residente in Francia. Egli lavorava dal 1996 in un’impresa situata in Germania come lavoratore frontaliero ai sensi della convenzione fiscale. Di conseguenza, i redditi da questi percepiti in Germania erano soggetti ad imposta in Francia.

15.      Il 29 giugno 2012, è stata aperta la procedura di insolvenza sul patrimonio del datore di lavoro del sig. Eschenbrenner.

16.      Gli stipendi e le indennità del sig. Eschenbrenner sono stati integralmente versati fino al marzo del 2012. Nell’ambito del meccanismo di prefinanziamento, il curatore fallimentare provvisorio ha versato al sig. Eschenbrenner una retribuzione pari a EUR 3 550,24 per il periodo dal 1o aprile al 28 giugno 2012. Risulta dall’attestazione relativa all’indennità di insolvenza, rilasciata dal curatore fallimentare, che il sig. Eschenbrenner era creditore di una somma pari a EUR 5 571,88 per il summenzionato periodo (4).

17.      Il 13 luglio 2012, il sig. Eschenbrenner chiedeva il versamento di un’indennità di insolvenza. Con decisione del 18 luglio 2012, tale indennità gli veniva concessa per un importo complessivo di EUR 356,77. L’Agenzia aveva calcolato tale importo detraendo dalla retribuzione lorda del sig. Eschenbrenner i contributi previdenziali, l’anticipo versato nell’aprile 2012, oltre alla somma concessa dal curatore fallimentare provvisorio a titolo di prefinanziamento, nonché una ritenuta d’imposta sui redditi da lavoro fittizia ai sensi del diritto tedesco.

18.      In un reclamo proposto avverso tale decisione, il sig. Eschenbrenner ha fatto valere che la considerazione fittizia dell’imposta tedesca sui redditi da lavoro era contraria al diritto dell’Unione, in quanto egli non era assoggettato ad imposta in Germania. Con decisione del 18 settembre 2012, l’Agenzia ha respinto tale reclamo, affermando che l’importo dell’indennità era stato correttamente quantificato in base alle disposizioni in vigore in Germania.

19.      Il 18 ottobre 2012, il sig. Eschenbrenner ha proposto un ricorso dinanzi al Sozialgericht (tribunale del contenzioso in materia sociale). Egli ha fatto valere che la modalità di calcolo dell’indennità di insolvenza prevista all’articolo 167, paragrafo 2, punto 2, del SGB III, non era conforme all’articolo 45 TFUE, in quanto essa si ripercuoteva negativamente sulla sua situazione di lavoratore frontaliero. Secondo il sig. Eschenbrenner, i lavoratori tedeschi ricevono, a titolo di indennità di insolvenza, un importo corrispondente al 100% del loro reddito netto anteriore, mentre lo stesso, nella sua qualità di lavoratore frontaliero normalmente soggetto ad imposta in Francia, ha percepito un importo nettamente inferiore al suo reddito netto anteriore, a causa della considerazione, a titolo fittizio, dell’imposta in vigore in Germania, nettamente più elevata di quella applicabile in Francia.

20.      Il Sozialgericht (tribunale del contenzioso in materia sociale) ha respinto il ricorso con sentenza del 16 ottobre 2013. Il 9 dicembre 2013, il sig. Eschenbrenner ha interposto appello avverso tale sentenza dinanzi al giudice del rinvio.

21.      Il giudice del rinvio ritiene che l’importo dell’indennità di insolvenza dovrebbe, in linea di principio, essere pari alla retribuzione netta. Orbene, in applicazione della modalità di calcolo prevista all’articolo 167, paragrafo 2, punto 2, del SGB III, tale indennità non consentirebbe appunto ai lavoratori frontalieri di compensare la loro retribuzione netta anteriore. Esso rileva che, nelle sentenze del 16 settembre 2004, Merida (C‑400/02, EU:C:2004:537), e del 28 giugno 2012, Erny (C‑172/11, EU:C:2012:399), la Corte ha considerato, rispettivamente, che la detrazione fittizia dell’imposta sul reddito dovuta in Germania al momento del calcolo, da un lato, dell’importo dell’indennità integrativa temporanea a favore degli ex impiegati civili delle forze alleate in Germania e, dall’altro, dell’importo delle maggiorazioni di trattamento versate ai lavoratori che si trovavano in un regime di lavoro a tempo parziale, costituiva una discriminazione indiretta.

22.      Tuttavia, il giudice del rinvio rileva che, a differenza delle situazioni che caratterizzavano queste due ultime cause, l’articolo 167, paragrafo 2, punto 2, del SGB III, non comporterebbe, di fatto, una doppia imposizione, dal momento che, nella specie, solo l’imposta dovuta in Germania viene presa in considerazione in maniera fittizia al momento del calcolo dell’indennità di insolvenza.

23.      Il giudice del rinvio nutre dubbi sulla conformità al diritto dell’Unione dell’interpretazione del Sozialgericht (tribunale del contenzioso in materia sociale), secondo la quale il beneficiario dell’indennità di insolvenza conserverebbe un credito nei confronti del suo datore di lavoro, per quanto attiene alla parte della sua retribuzione lorda relativa all’imposta. Infatti, anche qualora il lavoratore frontaliero conservasse un credito nei confronti del suo datore di lavoro, da questi sarebbe richiesto uno sforzo più significativo, ed egli sarebbe nel complesso meno tutelato rispetto al lavoratore tedesco, dal momento che non è improbabile, secondo il giudice del rinvio, che il suo credito non venga pagato al momento della liquidazione della massa fallimentare. Il giudice del rinvio rileva che una siffatta interpretazione potrebbe essere contraria alla direttiva 2008/94, la quale prevede, in linea di principio, una compensazione integrale dei crediti retributivi insoluti.

24.      In tali circostanze, il Landessozialgericht Rheinland-Pfalz (tribunale per il contenzioso in materia sociale del Land Renania‑Palatinato, Germania) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se le disposizioni di diritto primario e/o derivato dell’Unione [in particolare l’articolo 45 TFUE e l’articolo 7 del regolamento n. 492/2011] ammettano che, in capo a un lavoratore dapprima occupato in Germania, residente in un altro Stato membro, non soggetto in Germania all’imposta sul reddito e in capo al quale, in base alle disposizioni a questi applicabili, l’indennità di insolvenza non è assoggettata a imposta, siano – nell’eventualità di un’insolvenza del suo datore di lavoro – riscosse fittiziamente, mediante trattenuta sulla sua retribuzione considerata ai fini del calcolo dell’indennità di insolvenza a lui spettante, le imposte che sarebbero riscosse sul territorio nazionale in caso di assoggettamento ad imposta sui redditi, qualora egli non possa più far valere nei confronti del suo datore di lavoro la retribuzione lorda residua.

2)      In caso di risposta negativa alla prima questione, se vengano osservate le disposizioni di diritto primario e/o derivato dell’Unione qualora il lavoratore, nella fattispecie succitata, possa continuare a far valere nei confronti del suo datore di lavoro la retribuzione lorda residua».

IV – Procedimento dinanzi alla Corte

25.      Il governo tedesco e la Commissione europea hanno presentato osservazioni scritte. Questi ultimi hanno svolto osservazioni orali all’udienza che si è tenuta il 7 luglio 2016.

V –    Analisi

26.      Con le presenti questioni, che ritengo opportuno esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 45, paragrafo 2, TFUE e l’articolo 7 del regolamento n. 492/2011 debbano essere interpretati nel senso che ostano ad una disposizione nazionale come l’articolo 167, paragrafo 2, punto 2, del SGB III, che, diversamente da quanto avviene nel caso dei lavoratori soggetti all’imposta sul reddito in Germania (5), non garantisce ai lavoratori frontalieri che non sono soggetti all’imposta sul reddito in Germania né sono debitori in Francia di un’imposta per l’indennità di insolvenza, un’indennità di insolvenza equivalente alla loro retribuzione netta anteriore.

27.      Il giudice del rinvio chiede parimenti se l’esistenza o meno di una possibilità, per un lavoratore frontaliero, di far valere nei confronti del suo datore di lavoro il credito corrispondente alla parte di retribuzione lorda residua dovuta, incida sull’esito della causa.

A –    Osservazioni preliminari

28.      L’indennità di insolvenza versata al sig. Eschenbrenner dall’Agenzia è connessa ai crediti retributivi risultanti da un rapporto di lavoro per il periodo dal 1o aprile al 28 giugno 2012, ossia tre mesi.

29.      Risulta dal fascicolo dinanzi alla Corte che, in conformità all’articolo 167, paragrafo 1, del SGB III, l’indennità di insolvenza viene versata per un importo pari alla retribuzione netta del lavoratore, identica alla sua retribuzione lorda (6), diminuita dell’imposta sul reddito applicabile in Germania.

30.      Orbene, in conformità all’articolo 167, paragrafo 2, punto 2, del SGB III (7), nel caso di un lavoratore frontaliero come il sig. Eschenbrenner, il quale non è soggetto all’imposta sul reddito in Germania, né è debitore di un’imposta per l’indennità di insolvenza in forza delle disposizioni applicabili al medesimo in Francia, tale indennità è diminuita, fittiziamente, dell’imposta sul reddito applicabile in Germania.

31.      Ne consegue che, pur se i lavoratori frontalieri in questione si trovano in una situazione identica a quella dei lavoratori soggetti all’imposta sul reddito in Germania per quanto attiene all’importo dell’indennità di insolvenza concessa, essi non ricevono, contrariamente ai lavoratori soggetti all’imposta in Germania, un’indennità di insolvenza equivalente alla loro retribuzione netta anteriore.

32.      L’indennità che essi percepiscono non consente pertanto di compensare la retribuzione netta anteriore di un lavoratore frontaliero come il sig. Eschenbrenner, in quanto la quota fittizia corrispondente all’imposta sul reddito applicabile in Germania è più elevata dell’imposta sul reddito applicata in Francia in precedenza (8), in conformità alla convenzione fiscale.

B –    Sull’assenza di doppia imposizione e sulla competenza fiscale della Repubblica federale di Germania

33.      Risulta dalla domanda di pronuncia pregiudiziale che, da un lato, misure intese a prevenire la doppia imposizione dell’indennità di insolvenza sono state introdotte, nell’ordinamento giuridico tedesco dall’articolo 14, paragrafo 2, punto 1, della convenzione fiscale, il quale stabilisce che il diritto di tassare l’indennità di insolvenza dei lavoratori frontalieri come il sig. Eschenbrenner spetta unicamente alla Repubblica federale di Germania, e che, dall’altro, l’articolo 167, paragrafo 2, punto 2, del SGB III (9), non comporta un rischio maggiore di una doppia imposizione di fatto.

34.      Alla luce dell’assenza di doppia imposizione, il giudice del rinvio si chiede se la normativa nazionale in questione costituisca una misura discriminatoria nei confronti dei lavoratori frontalieri di cui trattasi, incompatibile con l’articolo 45, paragrafo 2, TFUE e con l’articolo 7 del regolamento n. 492/2011.

35.      Infatti, nelle cause sfociate nelle sentenze del 16 settembre 2004, Merida (C‑400/02, EU:C:2004:537, punto 37), (10), e del 28 giugno 2012, Erny (C‑172/11, EU:C:2012:399) (11), il ragionamento della Corte era fondato, almeno in parte, sul fatto che un lavoratore frontaliero era esposto al rischio di una doppia imposizione.

36.      Secondo una costante giurisprudenza, in mancanza di disposizioni di unificazione o di armonizzazione dell’Unione, gli Stati membri rimangono competenti a definire, in via convenzionale o unilaterale, i criteri di ripartizione del loro potere impositivo, in particolare al fine di eliminare le doppie imposizioni. Spetta loro adottare le misure necessarie per prevenire le situazioni di doppia imposizione utilizzando, in particolare, i criteri seguiti nella prassi fiscale internazionale (12).

37.      Ritengo, pertanto, che il diritto della Repubblica federale di Germania di tassare l’indennità di insolvenza dei lavoratori transfrontalieri come il sig. Eschenbrenner in conformità alla convenzione fiscale e alla sua legislazione interna non debba essere rimesso in discussione (13). Tale conclusione (e, più in particolare, il fatto che nella presente causa la convenzione fiscale venga rispettata e che non ricorra la doppia imposizione) non comporta tuttavia automaticamente la conformità della normativa tedesca al diritto dell’Unione (14).

C –    Sul principio di non discriminazione sancito dalle disposizioni di diritto dell’Unione oggetto della prima questione pregiudiziale

38.      L’articolo 45, paragrafo 2, TFUE, vieta qualsiasi discriminazione, fondata sulla nazionalità, tra i lavoratori degli Stati membri, per quanto riguarda l’impiego, la retribuzione e le altre condizioni di lavoro. L’articolo 7, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 492/2011, costituisce unicamente l’espressione particolare del principio di non discriminazione sancito all’articolo 45, paragrafo 2, TFUE, nei settori specifici delle condizioni di impiego e di lavoro, nonché della concessione di vantaggi sociali. Di conseguenza, l’articolo 7, paragrafi 1 e 2, del regolamento n. 492/2011, deve essere interpretato allo stesso modo dell’articolo 45, paragrafo 2, TFUE (15).

39.      Il principio della parità di trattamento sancito sia nell’articolo 45 TFUE sia nell’articolo 7 del regolamento n. 492/2011, vieta non soltanto le discriminazioni palesi basate sulla cittadinanza, ma anche qualsiasi discriminazione dissimulata che, pur fondandosi su altri criteri di riferimento, pervenga in pratica al medesimo risultato. A meno che non sia obiettivamente giustificata e adeguatamente commisurata allo scopo perseguito, una disposizione di diritto nazionale, pur applicabile a prescindere dalla nazionalità, dev’essere giudicata indirettamente discriminatoria laddove, per sua stessa natura, tenda ad incidere maggiormente sui lavoratori migranti che su quelli nazionali e, di conseguenza, rischi di essere sfavorevole in modo particolare ai primi (16). Perché una misura possa essere qualificata come indirettamente discriminatoria, non è necessario che abbia l’effetto di avvantaggiare l’insieme dei cittadini nazionali o di sfavorire unicamente i soli cittadini degli altri Stati membri ad esclusione di quelli nazionali (17).

40.      Inoltre, il principio di non discriminazione impone non solo di non trattare situazioni analoghe in maniera differente, ma anche di non trattare situazioni diverse in maniera uguale (18).

41.      Si deve osservare che il giudice del rinvio non risolve in maniera chiara la questione se l’indennità di insolvenza costituisca una «retribuzione» ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, del regolamento n. 492/2001 oppure un «vantaggio sociale» ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 2, del medesimo regolamento (19). Tuttavia, dal momento che, secondo tale giudice e in conformità all’articolo 14, paragrafo 2, punto 1, della convenzione fiscale, l’indennità di insolvenza è imponibile nel paese che la concede (20), si deve desumerne, a mio avviso, che, per tale giudice, detta indennità è versata «a titolo di prestazioni previdenziali obbligatorie» e costituisce un vantaggio sociale. Rilevo parimenti che il governo tedesco sostiene, nelle sue osservazioni, il fatto che l’indennità di insolvenza costituisce un vantaggio sociale versato al fine di promuovere l’occupazione.

42.      In ogni caso, come rilevato dalla Commissione nelle sue osservazioni scritte, poco rileva sapere se l’indennità di insolvenza rientri nell’ambito di applicazione del paragrafo 1 o del paragrafo 2, dell’articolo 7 del regolamento n. 492/2011, dal momento che queste due disposizioni applicano il principio di parità di trattamento sancito all’articolo 45, paragrafo 2, TFUE.

43.      Oltre agli articoli 45 TFUE e 7 del regolamento n. 492/2011, ritengo opportuno integrare la direttiva 2008/94 nel ragionamento, anche se essa non viene citata nelle questioni pregiudiziali.

D –    Direttiva 2008/94

44.      Poiché la direttiva 2008/94 instaura, al suo articolo 3, un obbligo di pagamento dei diritti non pagati dei lavoratori subordinati (21), la questione della discriminazione sollevata dal giudice del rinvio in relazione all’indennità di insolvenza pagata al sig. Eschenbrenner deve essere valutata alla luce della finalità sociale di detta direttiva.

45.      A tal riguardo, la Corte ha sottolineato che i pagamenti di crediti retributivi, per loro stessa natura, rivestivano una grande importanza per gli interessati (22).

46.      Inoltre, nella sentenza del 17 novembre 2011, van Ardennen (C‑435/10, EU:C:2011:751, punti 27 e 28), la Corte ha dichiarato che l’obiettivo della direttiva 80/987/CEE del Consiglio del 20 ottobre 1980, relativa alla tutela dei lavoratori subordinati in caso d’insolvenza del datore di lavoro (23), le cui disposizioni corrispondono, in sostanza, alle disposizioni della direttiva 2008/94 (24), consisteva nel garantire a tutti i lavoratori subordinati, a livello dell’Unione europea, una tutela minima (25) in caso di insolvenza del datore di lavoro, e ciò mediante il pagamento dei crediti retributivi derivanti da contratti di lavoro o da rapporti di lavoro e rimasti insoluti per un periodo determinato. È a tal fine che l’articolo 3 della direttiva 2008/94 impone agli Stati membri di adottare le misure necessarie affinché gli organismi di garanzia assicurino, fatto salvo l’articolo 4 di detta direttiva, il pagamento di detti crediti insoluti dei lavoratori subordinati.

47.      L’articolo 4 della direttiva 2008/94 conferisce agli Stati membri la facoltà di limitare l’obbligo di pagamento mediante la determinazione di un periodo di riferimento o di un periodo di garanzia e/o di massimali per i pagamenti (26).

48.      Di conseguenza, gli Stati membri hanno la facoltà, in forza dell’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 2008/94, di limitare l’obbligo di pagamento a un determinato periodo, fissato secondo le modalità di cui all’articolo 4, paragrafo 2, di detta direttiva (27). A tal riguardo, risulta dal fascicolo dinanzi alla Corte che l’indennità di insolvenza prende in considerazione gli ultimi tre mesi del contratto di lavoro, e ciò in conformità all’articolo 165, paragrafo 1, del SGB III.

49.      Inoltre, l’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, della direttiva 2008/94, prevede la facoltà per gli Stati membri di fissare un massimale per la garanzia di pagamento dei diritti non pagati dei lavoratori subordinati, al fine di evitare il versamento di somme che vanno oltre il fine sociale di tale direttiva. Tuttavia, la Corte ha statuito che, sebbene gli Stati membri potessero fissare un massimale per la garanzia dei diritti non pagati, essi erano tenuti ad assicurare, nei limiti di tale massimale, il pagamento della totalità dei crediti non pagati di cui trattasi (28).

50.      Orbene, se l’articolo 3 della direttiva 2008/94 prevede che gli organismi di garanzia assicurano il pagamento dei diritti non pagati dei lavoratori subordinati, aderisco alle osservazioni del governo tedesco, secondo le quali «[t]ale direttiva non prevede tuttavia alcuna disposizione che verta sulla questione se si sia in presenza, in tal caso, di valori lordi o di valori netti, né sul modo in cui, se del caso, il trattamento fiscale dell’indennità di insolvenza debba essere effettuato». Infatti, la direttiva 2008/94 non disciplina il trattamento fiscale dei diritti in questione. In assenza di armonizzazione ai sensi del diritto dell’Unione, gli Stati membri hanno pertanto il diritto di tassare o meno l’indennità corrispondente ai diritti non pagati dei lavoratori subordinati.

51.      Nel caso dei lavoratori residenti in Germania, l’indennità di insolvenza viene versata per un importo pari alla retribuzione netta. Ne consegue che, per questi ultimi, l’indennità di insolvenza è equivalente, in linea di principio, alla loro retribuzione netta percepita in precedenza quali lavoratori attivi. Di conseguenza, per il periodo in questione, la situazione retributiva netta di tali lavoratori viene ricostituita retroattivamente, in quanto essi percepiscono la loro retribuzione netta anteriore.

52.      Invece, nel caso dei lavoratori frontalieri che si trovano nella situazione del sig. Eschenbrenner, la detrazione fittizia dell’imposta tedesca sui redditi da lavoro al momento della determinazione dell’indennità di insolvenza, in conformità all’articolo 167, paragrafo 2, punto 2, del SGB III, non consente di raggiungere lo stesso risultato (29).

53.      Infatti, la considerazione fittizia dell’imposta sui redditi di lavoro tedesca incide in modo sfavorevole sulla situazione dei lavoratori frontalieri come il sig. Eschenbrenner e li svantaggia rispetto ai lavoratori che risiedono in Germania. Contrariamente a questi ultimi, la situazione retributiva netta dei lavoratori frontalieri per il periodo di cui trattasi non viene ricostituita o ripristinata retroattivamente (30).

54.      Risulta dunque che la normativa nazionale in questione tratta i lavoratori frontalieri in maniera analoga ai lavoratori residenti in Germania, sebbene essi si trovino in situazioni non comparabili (31). Infatti, prima dell’insolvenza del suo datore di lavoro, il sig. Eschenbrenner era assoggettato ad imposta in Francia e percepiva un reddito netto superiore a quello di un dipendente che si trovava in una situazione identica alla sua, ma che risiedeva in Germania.

55.      Il governo tedesco ritiene che l’articolo 167, paragrafo 2, punto 2, del SGB III, non abbia come effetto principale quello di svantaggiare i lavoratori migranti e i lavoratori frontalieri. Secondo tale governo, in funzione delle peculiarità di ciascun singolo caso concreto, e segnatamente delle aliquote d’imposta individuali dei lavoratori nei diversi Stati membri dell’Unione, una siffatta disposizione è idonea ad esplicare, caso per caso, effetti favorevoli o sfavorevoli sulla situazione del lavoratore frontaliero a seconda se l’imposta più elevata sia l’imposta tedesca o quella dell’altro Stato membro.

56.      Occorre sottolineare che le conseguenze sfavorevoli, ovvero meno favorevoli, che potrebbero comportare le disparità fra le aliquote d’imposta degli Stati membri, la cui fissazione, in mancanza di normativa dell’Unione in materia, compete agli Stati membri, non possono essere costitutive, in quanto tali, di una discriminazione vietata dal diritto dell’Unione (32).

57.      Tuttavia, qualora l’indennità versata da uno Stato membro ad un lavoratore residente corrisponda alla sua retribuzione netta percepita in precedenza per un impiego, e miri pertanto a ripristinare lo status quo precedente l’insolvenza del datore di lavoro, il che è conforme all’obiettivo della direttiva 2008/94, tale Stato membro deve assicurare lo stesso trattamento ai lavoratori frontalieri (33).

58.      Di conseguenza, nel caso dei lavoratori frontalieri, l’applicazione fittizia dell’imposta sui redditi da lavoro tedeschi impedisce che l’importo dell’indennità di insolvenza corrisponda alla retribuzione netta percepita in precedenza, contrariamente a quanto avviene per i lavoratori residenti in Germania (34), e costituisce una discriminazione contraria agli articoli 45 TFUE e 7 del regolamento n. 492/2011 (35) (36).

59.      Ritengo parimenti che la normativa nazionale in questione violi l’articolo 3 della direttiva 2008/94, in quanto essa non assicura, nei limiti del massimale fissato conformemente all’articolo 4, paragrafo 3, di detta direttiva, il pagamento della totalità dei diritti non pagati in questione. Infatti, se il diritto della Repubblica federale di Germania di tassare l’indennità versata a titolo di tali diritti non può essere rimesso in discussione, l’esercizio di tale diritto tramite la detrazione, a titolo fittizio, dell’imposta tedesca, nella specie più elevata dell’imposta francese applicabile in precedenza, viola l’articolo 3 della direttiva 2008/94 e il regime di tutela minima previsto da detta direttiva.

60.      Inoltre, dal momento che, in conformità all’articolo 3 della direttiva 2008/94, il pagamento dei diritti non pagati deve essere assicurato dagli organismi di garanzia, l’Agenzia deve assicurare tanto ai lavoratori residenti quanto ai lavoratori transfrontalieri il pagamento della loro retribuzione netta. Ne consegue che il fatto che il beneficiario dell’indennità di insolvenza conservi eventualmente (37) un credito nei confronti del suo datore di lavoro, per quanto attiene alla parte della sua retribuzione lorda relativa all’imposta, non è, a mio avviso, rilevante né incide sull’esito della causa.

VI – Conclusione

61.      Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di risolvere nei seguenti termini le questioni pregiudiziali poste dal Landessozialgericht Rheinland-Pfalz (tribunale superiore tribunale per il contenzioso in materia sociale del Land Renania‑Palatinato):

L’articolo 45 TFUE, l’articolo 7 del regolamento (UE) n. 492/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio del 5 aprile 2011, relativo alla libera circolazione dei lavoratori all’interno dell’Unione, e l’articolo 3 della direttiva 2008/94/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 ottobre 2008, relativa alla tutela dei lavoratori subordinati in caso d’insolvenza del datore di lavoro, ostano ad una normativa nazionale che, diversamente da quanto avviene nei caso dei lavoratori soggetti all’imposta sul reddito nello Stato membro di cui trattasi, non garantisce ai lavoratori frontalieri che non sono né soggetti all’imposta sul reddito in quest’ultimo Stato membro, né debitori dell’imposta a titolo dell’indennità di insolvenza in forza delle disposizioni loro applicabili in un altro Stato membro, un’indennità di insolvenza equivalente alla loro retribuzione netta anteriore.


1 – Lingua originale: il francese.


2 – GU 2011, L 141, pag. 1.


3 – GU 2008, L 283, pag. 36.


4 – Sull’importo indicato veniva detratta una somma di EUR 1 094,57 corrispondente ai contributi previdenziali, ossia rispettivamente EUR 379,11, EUR 371,23 e EUR 344,23, per i mesi di aprile, maggio e giugno 2012. Il sig. Eschenbrenner ha inoltre ottenuto, per il mese di aprile, un anticipo di EUR 36,90 a titolo di rimborso spese che era già contenuto nell’importo di EUR 5 571,88.


5 – V. articolo 167, paragrafo 1, del SGB III.


6 – Nei limiti del massimale per il calcolo dei contributi di cui all’articolo 341, paragrafo 4, del SGB III. Non sembra che tale limite sia controverso nel procedimento principale.


7 – Secondo il governo tedesco, tale disposizione costituisce un’eccezione alla regola prevista all’articolo 167, paragrafo 1, del SGB III.


8 – Ossia, prima dell’insolvenza del suo datore di lavoro.


9 – Occorre osservare che l’articolo 167, paragrafo 2, punto 2, del SGB III, il quale prevede, segnatamente, la detrazione delle imposte fittizie, non figura nel codice fiscale tedesco.


10 – In tale causa, la Corte ha statuito, in sostanza, che il principio di non discriminazione ostava ad una normativa nazionale prevista da un contratto collettivo secondo cui l’importo di una prestazione sociale quale l’indennità integrativa temporanea delle prestazioni per disoccupazione riconosciuta ai dipendenti in caso di licenziamento e versata dallo Stato membro di occupazione ad un lavoratore residente e imponibile in un altro Stato membro, è calcolato in modo tale che l’imposta sul reddito da lavoro dovuta nello Stato membro di occupazione viene detratta fittiziamente al momento della determinazione della base di calcolo della detta indennità, mentre, conformemente ad una convenzione avente lo scopo di evitare le doppie imposizioni, gli stipendi, i salari e le retribuzioni analoghe versati ai lavoratori che non risiedono in tale Stato sono imponibili solo nello Stato membro di residenza di questi ultimi.


11 – Nella causa sfociata nella sentenza del 28 giugno 2012, Erny (C‑172/11, EU:C:2012:399), un importo di maggiorazione versato dal datore di lavoro nell’ambito di un regime di lavoro a tempo parziale per motivi di età era calcolato in modo tale che l’imposta sui redditi da lavoro dovuta dal lavoratore nello Stato membro di occupazione veniva detratta fittiziamente all’atto della determinazione della base di calcolo di tale importo di maggiorazione, allorché, conformemente ad una convenzione fiscale diretta ad evitare le doppie imposizioni, i trattamenti, le retribuzioni e gli stipendi analoghi versati ai lavoratori frontalieri erano soggetti a tassazione nel loro Stato membro di residenza. Al punto 45 di tale sentenza, la Corte ha dichiarato che «nel caso dei lavoratori frontalieri, l’applicazione fittizia dell’aliquota dell’imposta tedesca sul reddito da lavoro impedisce che l’importo versato corrisponda all’incirca all’85% della retribuzione netta percepita in precedenza per un lavoro a tempo pieno, contrariamente a come avviene di consueto per i lavoratori residenti in Germania».


12 – V. sentenza dell’8 dicembre 2011, Banco Bilbao Vizcaya Argentaria (C‑157/10, EU:C:2011:813, punti 28, 29, 31 e 32 e la giurisprudenza ivi citata).


13 – V., in tal senso, sentenza del 12 maggio 1998, Gilly (C‑336/96, EU:C:1998:221, punto 30).


14 – Mi chiedo peraltro se la Repubblica federale di Germania abbia effettivamente esercitato una competenza fiscale in relazione all’indennità di insolvenza versata al sig. Eschenbrenner, dal momento che l’articolo 3, punto 2, lettera b), dell’Einkommensteuergesetz (legge relativa all’imposta sul reddito) esonera tale indennità da qualsiasi imposta e la detrazione dell’imposta fittizia potrebbe in realtà mirare a fare in modo che il beneficiario non riceva una somma superiore alla retribuzione netta che questi avrebbe ricevuto se il proprio datore di lavoro non fosse divenuto insolvente, e ciò anche se il governo tedesco non l’ha ammesso in udienza. È peraltro paradossale detrarre da un’indennità imponibile ma esente da imposta in Germania un importo equivalente all’imposta sui redditi da lavoro in vigore in Germania (infatti, solo l’aliquota generale senza le eventuali detrazioni dovute alla situazione personale e familiare del contribuente) mentre la retribuzione, se fosse corrisposta, sarebbe imponibile in Francia!


15 – V. sentenze del 20 giugno 2013, Giersch e a. (C‑20/12, EU:C:2013:411, punto 35), e del 5 dicembre 2013, Zentralbetriebsrat der gemeinnützigen Salzburger Landeskliniken (C‑514/12, EU:C:2013:799, punto 23 e la giurisprudenza ivi citata).


16 – V. sentenza del 5 dicembre 2013, Zentralbetriebsrat der gemeinnützigen Salzburger Landeskliniken (C‑514/12, EU:C:2013:799, punti 25 e 26).


17 – V. sentenza del 28 giugno 2012, Erny (C‑172/11, EU:C:2012:399, punto 41).


18 – V. sentenza del 16 settembre 2004, Merida (C‑400/02, EU:C:2004:537, punto 22).


19 – Al punto 29 della sentenza del 16 luglio 2009, Visciano (C‑69/08, EU:C:2009:468), la Corte ha dichiarato che spettava al diritto nazionale definire la natura giuridica di crediti come quelli di cui al procedimento principale.


20 – Ossia, nella specie, in Germania.


21 – V. sentenza del 10 febbraio 2011, Andersson (C‑30/10, EU:C:2011:66, punto 22).


22 – V. sentenza del 16 luglio 2009, Visciano (C‑69/08, EU:C:2009:468, punto 44).


23 – GU 1980, L 283, pag. 23, come modificata dalla direttiva 2002/74/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 settembre 2002 (GU 2002, L 270, pag. 10).


24 – Infatti, al punto 20 della sentenza del 10 febbraio 2011, Andersson (C‑30/10, EU:C:2011:66), la Corte ha dichiarato che la direttiva 2008/94 procedeva alla codificazione della direttiva 80/987 e conteneva, in sostanza, le medesime disposizioni di quest’ultima.


25 – Il considerando 3 della direttiva 2008/94 prevede che «[s]ono necessarie disposizioni per tutelare i lavoratori subordinati in caso d’insolvenza del datore di lavoro e per assicurare loro un minimo di tutela, in particolare per garantire loro il pagamento dei diritti non pagati, tenendo conto della necessità di un equilibrato sviluppo economico e sociale nella Comunità. A tal fine, gli Stati membri dovrebbero creare un organismo che garantisca ai lavoratori interessati il pagamento dei diritti non pagati dei lavoratori subordinati».


26 – V., in tal senso, sentenza del 28 novembre 2013, Gomes Viana Novo e a. (C‑309/12, EU:C:2013:774, punto 22).


27 – V. sentenza del 14 luglio 1998, Regeling (C‑125/97, EU:C:1998:358, punto 20).


28 – V. sentenza del 4 marzo 2004, Barsotti e a. (C‑19/01, C‑50/01 e C‑84/01, EU:C:2004:119, punto 36). Ne consegue che l’articolo 4 della direttiva 2008/94 deve essere interpretato in maniera restrittiva e conforme alla finalità sociale della direttiva, consistente nell’assicurare una tutela minima a tutti i lavoratori. V., parimenti, per analogia, sentenza del 14 luglio 1998, Regeling (C‑125/97, EU:C:1998:358, punto 20).


29 – V., per analogia, sentenza del 16 settembre 2004, Merida (C‑400/02, EU:C:2004:537, punto 28).


30 – La Commissione ritiene che sia abusivo applicare trattenute che non lo sarebbero state qualora non fosse sopraggiunta l’insolvenza del datore di lavoro.


31 – Il governo tedesco ritiene al contrario che i lavoratori frontalieri e i lavoratori residenti in Germania si trovino in una situazione comparabile.


32 – V., per analogia, sentenza del 12 maggio 1998, Gilly (C‑336/96, EU:C:1998:221, punti da 47 a 50).


33 – Rilevo, a tal riguardo, che, dal momento che l’indennità di insolvenza versata dalla Repubblica federale di Germania ad un lavoratore mira a ristabilire la sua retribuzione netta prima dell’insolvenza del datore di lavoratore, tale Stato membro, al momento della sua fissazione, ha il diritto di detrarre dalla retribuzione lorda del lavoratore frontaliero l’importo delle imposte pagate in precedenza da quest’ultimo. Di conseguenza, ritengo che la Repubblica federale di Germania abbia il diritto di detrarre dalla retribuzione lorda del sig. Eschenbrenner l’importo delle imposte che quest’ultimo avrebbe pagato in Francia sulla stessa retribuzione prima della dichiarazione di insolvenza del suo datore di lavoro.


34 – V., per analogia, sentenza del 28 giugno 2012, Erny (C‑172/11, EU:C:2012:399, punto 45).


35 – Occorre osservare che il giudice del rinvio non ha fatto allusione a nessuna giustificazione di tale discriminazione. Orbene, il governo tedesco ritiene che un «obbligo, anche indiretto, di applicare le disposizioni fiscali di altri Stati membri, potrebbe dar luogo a decisioni di rigetto, nonché ad un aumento sproporzionato degli oneri amministrativi». Ritengo che tali obiezioni debbano essere respinte. Infatti, al punto 30 della sentenza del 16 settembre 2004, Merida (C‑400/02, EU:C:2004:537), la Corte ha deciso che «motivazioni di questo tipo non possono, in ogni caso, giustificare l’inosservanza da parte della Repubblica federale di Germania degli obblighi derivanti dal Trattato [FUE]». V., parimenti, sentenza del 28 giugno 2012, Erny (C‑172/11, EU:C:2012:399, punto 48), e, per analogia, sentenza del 19 giugno 2014, Specht e a. (da C‑501/12 a C‑506/12, C‑540/12 e C‑541/12, EU:C:2014:2005, punto 77).


36–      Ciò vale a maggior ragione se l’obiettivo della legislazione tedesca che non tassa l’indennità di insolvenza è quello di vigilare affinché tale indennità non ecceda quanto il beneficiario avrebbe ricevuto a titolo di retribuzione. V. nota 14 delle presenti conclusioni. Ciò conferma il fatto che la Repubblica federale di Germania potrebbe detrarre fittiziamente l’imposta che l’interessato avrebbe dovuto pagare in Francia. V. nota 33 delle presenti conclusioni.


37 – Rilevo che risulta dalla domanda di pronuncia pregiudiziale che talune sezioni del Bundesarbeitsgericht (Corte federale del lavoro, Germania) sono divise sulla questione se un lavoratore frontaliero conservi effettivamente un credito a tal riguardo nei confronti del suo datore di lavoro.