CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE
NILS WAHL
presentate l’8 settembre 2016 (1)
Procedimento di parere 3/15
instaurato su domanda della Commissione europea
«Conclusione di accordi internazionali da parte dell’Unione – Trattato di Marrakech volto a facilitare l’accesso alle opere pubblicate per le persone non vedenti, con disabilità visive o con altre difficoltà nella lettura di testi a stampa – Competenza dell’Unione europea – Basi giuridiche – Articolo 19 TFUE – Articolo 114 TFUE – Articolo 153 TFUE – Articolo 207 TFUE – Articolo 209 TFUE – Direttiva 2001/29/CE»
1. Il fatto che un accordo internazionale possa essere diretto al raggiungimento simultaneo di una varietà di obiettivi spiega perché la conclusione di tali accordi da parte dell’Unione europea possa far insorgere, nel sistema giuridico dell’Unione, taluni problemi giuridici specifici. In particolare, l’individuazione della corretta base giuridica per la conclusione di un accordo internazionale, e la determinazione della natura della competenza esercitata dall’Unione europea nel concludere tale accordo, può rivelarsi a volte un esercizio alquanto complesso. Sfortunatamente, ma forse non è una sorpresa, su questi problemi le istituzioni dell’Unione e i governi degli Stati membri giungono talvolta a conclusioni diverse.
2. Tale situazione è illustrata dal presente caso, in cui la Commissione chiede alla Corte di chiarire se l’Unione europea abbia una competenza esclusiva a concludere il Trattato di Marrakech volto a facilitare l’accesso alle opere pubblicate per le persone non vedenti, con disabilità visive o con altre difficoltà nella lettura di testi a stampa (2) (in prosieguo: il «Trattato di Marrakech»), negoziato nell’ambito dell’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (in prosieguo: l’«OMPI»).
I – Contesto normativo
A – Trattato di Marrakech
3. Nel preambolo del Trattato di Marrakech, le Parti contraenti indicano, inter alia, le motivazioni e gli scopi del trattato. In particolare, esse ricordano anzitutto «i principi di non discriminazione, parità di opportunità, accessibilità e piena ed effettiva partecipazione e inclusione nella società, proclamati nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e nella Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità». Consapevoli «degli ostacoli che pregiudicano il pieno sviluppo delle persone con disabilità visive o con altre difficoltà nella lettura di testi a stampa», esse sottolineano «l’importanza di proteggere il diritto d’autore in quanto incentivo e ricompensa alle creazioni letterarie e artistiche». Si dichiarano consapevoli «delle barriere che le persone con disabilità visive o con altre difficoltà nella lettura di testi a stampa incontrano» e della «necessità di aumentare il numero di opere in formati accessibili e di migliorarne la circolazione». Esse riconoscono che, «malgrado l’eterogeneità delle legislazioni nazionali in materia di diritti d’autore, gli effetti positivi delle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione sulla vita delle persone con disabilità visive o con altre difficoltà nella lettura di testi a stampa possono essere potenziati dal rafforzamento del quadro giuridico a livello internazionale».
4. Il preambolo sottolinea inoltre che, «per quanto molti Stati membri, nelle loro legislazioni nazionali in materia di diritti d’autore, abbiano stabilito limitazioni ed eccezioni a favore delle persone con disabilità visive o con altre difficoltà nella lettura di testi a stampa», «persiste la carenza di opere disponibili in copie in formato accessibile a dette persone». Difatti, occorrono ingenti risorse per rendere le opere accessibili a tali persone e la limitata possibilità di scambi transfrontalieri di copie in formato accessibile ha reso necessaria la duplicazione degli sforzi necessari a tal fine.
5. Le Parti contraenti riconoscono inoltre «l’importanza del ruolo dei titolari dei diritti nel rendere le loro opere accessibili alle persone con disabilità visive o con altre difficoltà nella lettura di testi a stampa nonché l’importanza di limitazioni ed eccezioni adeguate per rendere le opere accessibili a tali persone, in particolare quando il mercato non è in grado di assicurare tale accesso». Esse riconoscono altresì «la necessità di mantenere un equilibrio tra l’effettiva protezione dei diritti degli autori e i più ampi interessi pubblici, (…) nonché la necessità di far sì che tale equilibrio agevoli un accesso efficace e tempestivo alle opere per le persone con disabilità visive o con altre difficoltà nella lettura di testi a stampa».
6. L’articolo 2 del Trattato di Marrakech contiene le definizioni di «opera» (3), «copia in formato accessibile» (4) e di «entità autorizzata» (5) ai sensi del suddetto Trattato. L’articolo 3, a sua volta, definisce il concetto di «beneficiario» – in sostanza, un beneficiario è definito come un soggetto colpito da uno o più tipi di disabilità che interferiscono con l’efficace lettura di materiale stampato. Tale ampia definizione include persone che soffrono di una disabilità visiva e quelle che soffrono di una disabilità fisica che impedisce loro di tenere o di maneggiare un libro.
7. Gli obblighi delle Parti contraenti sono precisati, in particolare, negli articoli da 4 a 6 del Trattato di Marrakech. Più specificamente, l’articolo 4, paragrafo 1, prevede eccezioni o limitazioni alle norme nazionali in materia di diritto d’autore per consentire la realizzazione di copie in formato accessibile a certe condizioni, al fine di agevolare la disponibilità di copie di opere in formato accessibile per i beneficiari. Ai sensi di tale disposizione, inoltre le Parti contraenti possono prevedere limitazioni o eccezioni al diritto di esecuzione pubblica per favorire l’accesso dei beneficiari alle opere. L’articolo 5, paragrafo 1, riguarda lo scambio transfrontaliero di copie in formato accessibile: le Parti contraenti prevedono che, «se una copia in formato accessibile viene realizzata in virtù di una limitazione o di un’eccezione oppure a norma di legge, detta copia in formato accessibile possa essere distribuita o resa disponibile da un’entità autorizzata a un beneficiario o a un’entità autorizzata in un’altra Parte contraente». L’articolo 6 verte sull’importazione di copie in formato accessibile, e dispone che «[n]ella misura in cui il diritto nazionale di una Parte contraente consente ad un beneficiario, a un terzo che agisce per suo conto o ad un’entità autorizzata, di realizzare copie di un’opera in formato accessibile, la legislazione nazionale di detta Parte contraente consente loro anche di importare copie in formato accessibile ad uso dei beneficiari senza l’autorizzazione del titolare del diritto».
8. Ai sensi dell’articolo 7 del Trattato di Marrakech le Parti contraenti debbono garantire l’accesso dei beneficiari nei casi in cui il titolare del diritto utilizzi misure tecnologiche ai fini della tutela del diritto d’autore. L’articolo 8 del suddetto trattato mira a tutelare il rispetto della vita privata dei beneficiari, mentre l’articolo 9 verte sulla cooperazione intesa ad agevolare lo scambio transfrontaliero delle copie in formato accessibile.
9. Gli articoli 10, 11 e 12 del Trattato di Marrakech contengono linee guida generali sull’interpretazione e applicazione del trattato stesso. L’articolo 11 dispone, in particolare, che le Parti contraenti sono tenute ad adempiere agli obblighi derivanti dalla Convenzione di Berna, dall’Accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio (in prosieguo: l’«Accordo TRIPS») e dal Trattato OMPI sul diritto d’autore (in prosieguo: il «WCT») (6).
10. Gli articoli da 13 a 22 del Trattato di Marrakech, infine, contengono disposizioni amministrative e processuali. In particolare, l’articolo 15, paragrafo 3, così recita: «L’Unione europea è parte del presente trattato, avendo fatto la dichiarazione di cui al precedente paragrafo durante la conferenza diplomatica di adozione del trattato stesso». L’articolo 18 precisa che il Trattato entrerà in vigore «dopo tre mesi dalla data in cui venti Parti che soddisfano i requisiti di adesione (…) hanno depositato gli strumenti di ratifica o di adesione». L’articolo 21, paragrafo 1, dispone che il trattato «è firmato in un solo esemplare nelle lingue inglese, araba, cinese, francese, russa e spagnola, le quali versioni fanno tutte ugualmente fede».
B – Diritto dell’Unione
1. Direttiva 2001/29/CE (7)
11. La direttiva 2001/29/CE armonizza taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti connessi nella società dell’informazione. In particolare, tale strumento armonizza, per quanto riguarda gli autori, il diritto di riproduzione esclusivo [articolo 2, lettera a)], il diritto di comunicazione delle loro opere al pubblico, compreso il diritto di metterle a disposizione del pubblico (articolo 3, paragrafo 1) e il diritto esclusivo di distribuzione (articolo 4) delle loro opere.
12. L’articolo 5, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2001/29 elenca i casi in cui gli Stati membri sono autorizzati a prevedere eccezioni o limitazioni, rispettivamente, al diritto di riproduzione di cui all’articolo 2 e agli altri diritti di cui agli articoli 2 e 3 della direttiva. In particolare, l’articolo 5, paragrafo 3, lettera b), si riferisce a «un utilizzo a favore di portatori di handicap, sempreché l’utilizzo sia collegato all’handicap, non abbia carattere commerciale e si limiti a quanto richiesto dal particolare handicap» (8). L’articolo 5, paragrafo 4, aggiunge che «[q]uando gli Stati membri possono disporre un’eccezione o limitazione al diritto di riproduzione in virtù dei paragrafi 2 e 3 del presente articolo, essi possono anche disporre un’eccezione o limitazione al diritto di distribuzione di cui all’articolo 4 nella misura giustificata dallo scopo della riproduzione permessa». A sua volta, l’articolo 5, paragrafo 5, precisa che le eccezioni e limitazioni previste «sono applicate esclusivamente in determinati casi speciali che non siano in contrasto con lo sfruttamento normale dell’opera o degli altri materiali e non arrechino ingiustificato pregiudizio agli interessi legittimi del titolare».
13. L’articolo 6, paragrafi 1 e 4, della direttiva così recita:
«1. Gli Stati membri prevedono un’adeguata protezione giuridica contro l’elusione di efficaci misure tecnologiche, svolta da persone consapevoli, o che si possano ragionevolmente presumere consapevoli, di perseguire tale obiettivo.
(…)
4. In deroga alla tutela giuridica di cui al paragrafo 1, in mancanza di misure volontarie prese dai titolari, compresi accordi fra titolari e altre parti interessate, gli Stati membri prendono provvedimenti adeguati affinché i titolari mettano a disposizione del beneficiario di un’eccezione o limitazione, prevista dalla normativa nazionale in conformità dell’articolo 5, paragrafo 2, lettere a), c), d), e), o dell’articolo 5, paragrafo 3, lettere a), b) o e), i mezzi per fruire della stessa, nella misura necessaria per poter fruire di tale eccezione o limitazione e purché il beneficiario abbia accesso legale all’opera o al materiale protetto in questione.
(…)».
II – Fatti, domanda di parere e procedimento dinanzi alla Corte
A – Contesto di fatto
14. Nel 2009 sono iniziati i negoziati a livello dell’OMPI sulla conclusione di un possibile trattato internazionale che introducesse limitazioni ed eccezioni alle norme in materia di diritto d’autore a beneficio delle persone non vedenti, con disabilità visive o con altre difficoltà nella lettura dei testi a stampa, con l’obiettivo di favorire lo scambio transfrontaliero di libri o altro materiale a stampa in formato accessibile.
15. Il 26 novembre 2012 il Consiglio ha adottato una decisione che autorizzava la Commissione a partecipare a tali negoziati, a nome dell’Unione europea (9). I negoziati OMPI si sono conclusi con esito positivo nell’ambito della conferenza diplomatica svoltasi a Marrakech dal 17 al 28 giugno 2013, il che ha portato, il 27 giugno 2013, all’adozione del trattato di Marrakech.
16. Il 14 aprile 2014 il Consiglio ha autorizzato la firma del Trattato di Marrakech a nome dell’Unione europea (10). La decisione del Consiglio era basata sia sull’articolo 114 TFUE sia sull’articolo 207 TFUE. In quell’occasione, peraltro, è stata fatta una serie di affermazioni: la Commissione ha dichiarato di ritenere che l’oggetto del Trattato di Marrakech rientrasse nella competenza esclusiva dell’Unione, mentre secondo alcuni Stati membri si trattava di una competenza ripartita tra gli Stati membri e l’Unione.
17. Il 21 ottobre 2014 la Commissione ha adottato una proposta di decisione sulla conclusione del Trattato di Marrakech a nome dell’Unione europea (in prosieguo: la «decisione controversa») (11). La proposta di decisione del Consiglio era basata sugli articoli 114, 207 e 218, paragrafo 6, lettere a) e v), TFUE. Dopo numerose discussioni, in particolare all’interno del Comitato dei rappresentanti permanenti (COREPER), tale proposta non ha però ottenuto la maggioranza necessaria in seno al Consiglio, a causa del disaccordo tra gli Stati membri sul se il Trattato di Marrakech rientrasse o meno nella competenza esclusiva dell’Unione. Di conseguenza, allo stato attuale l’Unione non ha concluso il Trattato di Marrakech.
18. Tuttavia, il 19 maggio 2015 il Consiglio, ai sensi dell’articolo 241 TFUE, ha deciso di chiedere alla Commissione di presentare senza indugio una proposta di legge per modificare il quadro giuridico dell’Unione in modo da rendere efficace il Trattato di Marrakech.
19. Di conseguenza, il 17 luglio 2015 la Commissione ha deciso di sottoporre alla Corte, ai sensi dell’articolo 218, paragrafo 11, TFUE, una domanda di parere sulla natura della competenza dell’Unione con riguardo al Trattato di Marrakech.
20. Il 6 ottobre 2015 la Commissione ha risposto positivamente alla richiesta formulata dal Consiglio ex articolo 241 TFUE, dichiarando che avrebbe «presentato un progetto di legge per allineare l’Unione al Trattato di Marrakech».
B – Domanda di parere
21. La domanda di parere della Corte presentata dalla Commissione è così redatta:
«L’Unione europea detiene la competenza esclusiva per concludere il [Trattato di Marrakech]?»
22. Il testo del Trattato di Marrakech, in tre versioni facenti fede (inglese, francese e spagnolo) è stato allegato alla domanda di parere della Commissione.
C – Procedimento dinanzi alla Corte
23. Nel presente procedimento, sono state presentate osservazioni scritte dai governi ceco, francese, lituano, ungherese, rumeno, finlandese e del Regno Unito, nonché dalla Commissione e dal Parlamento europeo. I governi ceco, francese, ungherese, italiano, rumeno, finlandese e del Regno Unito, il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione hanno presentato osservazioni orali all’udienza del 7 giugno 2016.
D – Sintesi delle osservazioni presentate alla Corte
24. La Commissione propone alla Corte di rispondere alla domanda di parere dichiarando che il Trattato di Marrakech rientra nella competenza esclusiva dell’Unione. Secondo la Commissione la base giuridica sostanziale è costituito, da un lato, dall’articolo 114 TFUE e, dall’altro lato, dall’articolo 207 TFUE. La prima disposizione viene richiamata a causa dell’effetto di armonizzazione che, secondo la Commissione, avrà il Trattato di Marrakech relativamente a taluni aspetti del diritto d’autore e dei diritti ad esso collegati. La seconda disposizione viene considerata rilevante in quanto il Trattato di Marrakech mira, in particolare, a garantire gli scambi transfrontalieri di copie in formato accessibile tra le parti contraenti, compresi quelli tra l’Unione europea e i Paesi terzi. A prescindere dalla base giuridica sostanziale specifica, secondo la Commissione la competenza dell’Unione è esclusiva in forza dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE, poiché la conclusione del Trattato di Marrakech può pregiudicare o alterare la portata della direttiva 2001/29.
25. Il Parlamento europeo sostiene la posizione della Commissione. A suo parere, gli articoli 114 e 207 TFUE costituiscono la base giuridica sostanziale corretta per la decisione controversa. La competenza esclusiva dell’Unione a stipulare il Trattato di Marrakech deriva dall’articolo 3, paragrafo 2, TFUE: l’obbligo di prevedere limitazioni o eccezioni nelle normative nazionali in tema di diritto d’autore ricade in generale nell’ambito della direttiva 2001/29 e, in particolare, dell’articolo 5, paragrafo 3, lettera b), di quest’ultima. Il Consiglio, da parte sua, non si pronuncia riguardo alla natura della competenza dell’Unione o alla base giuridica sostanziale della decisione controversa. Esso si limita a negare che il fatto di aver formalmente richiesto alla Commissione di presentare un progetto di legge ai sensi dell’articolo 241 TFUE possa incidere sulla valutazione della competenza dell’Unione.
26. Per contro, i governi ceco, francese, lituano, ungherese, rumeno, finlandese e del Regno Unito sostengono che l’Unione non ha una competenza esclusiva a stipulare il Trattato di Marrakech. In particolare, secondo tutti i suddetti governi non sussistono le condizioni stabilite dall’articolo 3, paragrafo 2, TFUE affinché la competenza dell’Unione diventi esclusiva. Tuttavia, per quanto riguarda la base giuridica sostanziale della decisione controversa, le opinioni dei suddetti governi divergono.
27. Il governo lituano concorda con la Commissione e il Parlamento europeo sul fatto che gli articoli 114 e 207 TFUE costituiscono la base giuridica corretto. In un primo momento, nelle sue osservazioni scritte il governo francese considerava che soltanto l’articolo 114 TFUE fosse la base giuridica corretto mentre in un secondo momento, in udienza, ha dichiarato di aver modificato la sua posizione e di ritenere necessario anche un riferimento all’articolo 207 TFUE.
28. Anche i governi ceco e finlandese considerano rilevante l’articolo 114 TFUE, ma propongono di includere l’articolo 19 TFUE quale base giuridica supplementare. Secondo il governo ungherese, il riferimento all’articolo 114 TFUE è corretto ma, da parte sua, propone di aggiungere un richiamo all’articolo 4, paragrafo 2, lettera b), TFUE, poiché il Trattato di Marrakech persegue principalmente un obiettivo di politica sociale.
29. D’altro canto, il governo del Regno Unito sostiene che l’articolo 114 TFUE non può costituire la base della decisione controversa: a suo avviso, la decisione dovrebbe fondarsi sul solo articolo 19 TFUE o, in alternativa, sullo stesso in combinato disposto con l’articolo 207 TFUE. Infine, il governo rumeno non si pronuncia riguardo alla corretta base giuridica della decisione controversa ma contesta l’applicabilità dell’articolo 207 TFUE.
III – Valutazione
A – Introduzione
30. Nella sua domanda, la Commissione chiede il parere della Corte soltanto in merito a se l’Unione europea abbia una competenza esclusiva a concludere il Trattato di Marrakech.
31. Tuttavia, al fine di rispondere a tale domanda occorre individuare la base o le basi giuridiche corrette per la decisione controversa. Nel sistema creato dai Trattati dell’Unione, che è basato sul principio di attribuzione, la scelta della base giuridica corretta per un atto proposto da parte delle istituzioni dell’Unione riveste un’importanza di natura costituzionale (12). Tale scelta determina se l’Unione abbia il potere di agire, per quali scopi possa farlo e la procedura che dovrà seguire nel caso in cui sia legittimata ad agire.
32. Ciò è di particolare importanza per quanto riguarda la conclusione di accordi internazionali da parte dell’Unione. Come ha dichiarato la Corte, la questione se l’Unione disponga da sola della competenza a concludere un accordo oppure se una tale competenza sia ripartita con gli Stati membri dipende, in particolare, dalla portata delle norme dell’Unione che attribuiscono alle istituzioni dell’Unione il potere di partecipare ad un accordo siffatto (13). In taluni settori, infatti, l’Unione non può acquisire un’esclusività esterna sopravvenuta, ex articolo 3, paragrafo 2, TFUE, anche qualora abbia già esercitato la propria competenza sul piano interno. Pertanto, l’indicazione della base giuridica determina la ripartizione delle competenze tra l’Unione e gli Stati membri (14).
33. Secondo una giurisprudenza consolidata, la scelta della base giuridica di un atto, compreso quello adottato per la stipulazione di un accordo internazionale, deve basarsi su elementi oggettivi suscettibili di sindacato giurisdizionale. Tra detti elementi figurano, in particolare, lo scopo e il contenuto dell’atto. Se l’esame di un atto dell’Unione dimostra che esso persegue una doppia finalità o che esso possiede una duplice componente e se una di queste è identificabile come principale o preponderante, mentre l’altra è solo accessoria, l’atto dev’essere fondato su una sola base giuridica, vale a dire quella richiesta dalla finalità o componente principale o preponderante. In via eccezionale, se viene accertato che l’atto persegue contemporaneamente diverse finalità oppure ha più componenti legate tra loro in modo inscindibile, senza che una sia subordinata e indiretta rispetto all’altra, un atto del genere potrà essere fondato sulle diverse basi giuridiche corrispondenti (15).
34. Secondo giurisprudenza consolidata, dunque, nel caso della conclusione di un accordo internazionale, così come nel caso di ogni altro atto dell’Unione europea, l’interprete dovrebbe sforzarsi di individuare, ove possibile, solo una o, in alternativa, il numero minimo assoluto di basi giuridiche. Chiaramente, con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona – che razionalizza le procedure decisionali e generalizza l’uso della procedura legislativa ordinaria per la grande maggioranza degli ambiti di azione dell’Unione – il problema derivante dalla coesistenza di differenti basi giuridiche per gli atti dell’Unione può apparire meno grave. Tuttavia, il principio fondamentale secondo cui si deve evitare qualsiasi moltiplicazione non essenziale delle basi giuridiche rimane indubbiamente valido.
35. A mio avviso, ciò è particolarmente vero per gli accordi internazionali che vertono su uno specifico ambito ed hanno un unico oggetto chiaramente definito. Mentre gli accordi internazionali diretti a regolamentare le relazioni tra le parti contraenti in una vasta gamma di settori (spesso denominati come «accordi quadro», «accordi di partenariato» o «accordi di cooperazione») possono giustificare più facilmente il ricorso a più basi giuridiche, questo è meno possibile nei casi in cui la portata dell’accordo è più limitata e specifica.
36. L’individuazione del cosiddetto centro (o dei centri) di gravità di una proposta di strumento legislativo può tuttavia rivelarsi compito arduo. Infatti, le aree di competenza dell’Unione sono definite in diversi modi nei Trattati. In tutte le categorie, le competenze sono per lo più espresse in termini di obiettivi da raggiungere (per esempio, il mercato interno o la salvaguardia e la tutela dell’ambiente). Tali competenze, a loro volta, possono essere limitate a taluni «temi» come settori economici specifici (per esempio, i trasporti), o particolari ambiti politici (per esempio, la tutela dei consumatori) o, al contrario, possono essere redatte in termini generali (ad esempio, il mercato interno) oppure coprire una varietà di settori politici (per esempio, lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia). In altri casi, tuttavia, le competenze vengono espresse principalmente in termini di tipi di strumenti che l’Unione europea può adottare in un particolare settore (come si verifica, per esempio, nell’ambito dell’unione doganale, della concorrenza o della politica commerciale comune). Infine, l’azione esterna dell’Unione deve sempre essere guidata dagli stessi principi e scopi, a prescindere dal tipo di competenza esercitata.
37. Le difficoltà, precedentemente menzionate, nell’individuare il corretto fondamento giuridico di un atto dell’Unione si pongono anche nel caso in esame. Come indicato supra, ai punti da 24 a 29, gli Stati membri e le istituzioni dell’Unione che hanno presentato osservazioni nel presente procedimento hanno fatto riferimento a non meno di cinque diverse disposizioni del Trattato FUE che, da sole, o in diverse combinazioni, possono, a loro avviso, costituire la base giuridica sostanziale per la decisione controversa: gli articoli 4, paragrafo 2, lettera b), 19, paragrafo 1, 114, 207 e 209 TFUE.
38. Per la verità, gli argomenti dedotti a sostegno di ciascuna delle suddette disposizioni hanno una certa forza. Ciononostante, tutto considerato, ritengo che la decisione controversa, come suggerito dalla maggior parte degli Stati membri che hanno presentato osservazioni, debba avere una duplice base giuridica. Le due disposizioni applicabili, a mio avviso, sono gli articoli 19, paragrafo 1, e 207 TFUE. Nella sezione seguente, esporrò le ragioni di questa mia posizione. In tale contesto, spiegherò anche perché, in ultima analisi, gli argomenti fatti valere a sostegno delle altre tre disposizioni, benché non infondati, non mi convincono. Infine, mi occuperò del punto cruciale della presente domanda di parere: la natura esclusiva o ripartita della competenza dell’Unione a concludere il Trattato di Marrakech.
B – Basi giuridiche sostanziali
1. Articolo 207 TFUE
a) Osservazioni generali
39. Secondo la Commissione, sostenuta dal Parlamento europeo e dai governi lituano e del Regno Unito (16), il Trattato di Marrakech costituisce uno strumento di politica commerciale comune e, di conseguenza, l’articolo 207 TFUE dovrebbe costituire una delle basi giuridiche sostanziali della decisione controversa.
40. Concordo con tale tesi.
41. La politica commerciale comune è uno dei principali pilastri delle relazioni dell’Unione con il resto del mondo. Ai sensi dell’articolo 207, paragrafo 1, TFUE, tale politica «è fondata su principi uniformi‚ in particolare per quanto concerne le modificazioni tariffarie‚ la conclusione di accordi tariffari e commerciali relativi agli scambi di merci e servizi, e gli aspetti commerciali della proprietà intellettuale‚ gli investimenti esteri diretti, l’uniformazione delle misure di liberalizzazione‚ la politica di esportazione e le misure di protezione commerciale‚ tra cui quelle da adottarsi nei casi di dumping e di sovvenzioni».
42. Secondo una consolidata giurisprudenza, la mera circostanza che un atto dell’Unione possa avere talune implicazioni sugli scambi internazionali non è sufficiente perché tale atto debba essere qualificato come rientrante nella politica commerciale comune. Infatti, un atto dell’Unione rientra in tale politica se verte specificamente sugli scambi internazionali in quanto sostanzialmente destinato a promuovere, facilitare o disciplinare tali scambi e sortisce sui medesimi effetti diretti ed immediati (17).
43. L’oggetto di uno scambio internazionale non può né essere determinato in maniera astratta né essere individuato in modo statico e rigido. Il commercio globale è soggetto a continui cambiamenti: le pratiche commerciali, gli schemi e le tendenze si evolvono nel tempo. L’Unione dev’essere sempre in grado di svolgere il proprio ruolo di attore del commercio globale nei confronti dei propri partners commerciali, tanto in contesti bilaterali quanto in fori multilaterali. Per questo motivo, fin dai primi tempi la Corte ha sempre ritenuto che la politica commerciale comune dovesse essere definita in termini ampi, abbandonando interpretazioni restrittive delle norme del Trattato che renderebbero tale politica «gradualmente inoperante» (18). Come la Corte ha dichiarato, la politica commerciale comune era stata considerata di «natura aperta» (19). Nel definire caratteristiche e strumenti di tale politica, i Trattati hanno tenuto conto dei possibili sviluppi: di conseguenza, l’articolo 207 TFUE «postula l’adattamento di detta politica agli eventuali mutamenti di concezione nella società internazionale» (20).
44. Alla luce di tali principi, mi sembra chiaro che la decisione controversa rientri, almeno in parte, nell’ambito della politica commerciale comune.
45. L’articolo 207, paragrafo 1, TFUE include gli «aspetti commerciali della proprietà intellettuale» tra i settori che ricadono nell’ambito della politica commerciale comune. Interpretando tale concetto nella sentenza Daiichi Samkyo, la Corte ha dichiarato che, fra le norme dell’Unione in materia di proprietà intellettuale, solo quelle che presentano un nesso specifico con gli scambi commerciali internazionali possono rientrare nel settore della politica commerciale comune (21).
46. Molte delle disposizioni centrali del Trattato di Marrakech presentano in modo evidente questo specifico legame con gli scambi internazionali: in particolare, l’articolo 5 («Scambio transfrontaliero di copie in formato accessibile»), l’articolo 6 («Importazione di copie in formato accessibile») e l’articolo 9 («Cooperazione intesa ad agevolare lo scambio transfrontaliero»). Tali disposizioni dettano alcuni degli obblighi fondamentali assunti dalle Parti contraenti e appaiono essenziali per il raggiungimento degli obiettivi, sanciti nel preambolo del Trattato di Marrakech, di «aumentare il numero di opere in formati accessibili e di migliorarne la circolazione» (22). In base al detto preambolo, una delle ragioni per cui «persiste la carenza di opere disponibili in copie in formato accessibile» è proprio la limitatezza degli scambi transfrontalieri di copie in formato accessibile.
47. Inoltre, anche altre disposizioni del Trattato di Marrakech (come l’articolo 4) mirano ad agevolare gli scambi internazionali uniformando talune norme sulla disponibilità, l’estensione e l’uso dei diritti di proprietà intellettuale tra le Parti contraenti. Pertanto, sebbene in un diverso contesto e su una scala molto più ridotta, anche il Trattato di Marrakech persegua uno degli obiettivi dell’Accordo TRIPS che, nella sentenza Daiichi Sankyo (23), la Corte ha considerato fondamentali per far rientrare il suddetto accordo entro l’ambito dell’articolo 207 TFUE.
48. Di conseguenza, lungi dall’avere solo implicazioni limitate per gli scambi internazionali, un’ampia e importante componente del Trattato di Marrakech è specificamente collegata ad essi. Le sue disposizioni mirano a promuovere, facilitare e regolare gli scambi di uno specifico tipo di beni: le copie in formato accessibile. Nello schema complessivo del Trattato di Marrakech l’apertura di mercati nazionali alle copie in formato accessibile provenienti da altri paesi è uno degli strumenti fondamentali per il raggiungimento degli obiettivi perseguiti dalle Parti contraenti.
49. Tale conclusione non è inficiata da taluni argomenti dedotti da molti Stati membri nel negare che l’articolo 207 TFUE sia un’appropriata base giuridica, argomenti che mi accingo a considerare.
b) Gli aspetti non commerciali della proprietà intellettuale
50. In primo luogo, i governi ceco, francese, ungherese e finlandese non accettano che lo scambio transfrontaliero di copie in formato accessibile abbia luogo in un contesto commerciale. In particolare, essi richiamano l’attenzione sull’articolo 4, paragrafo 2, del Trattato di Marrakech, ai sensi del quale le Parti contraenti introducono limitazioni o eccezioni nelle loro normative nazionali in tema di diritto d’autore allorché, in particolare, «l’attività venga svolta senza scopo di lucro». Essi fanno altresì riferimento all’articolo 4, paragrafo 4, di tale Trattato, ai sensi del quale «[u]na Parte contraente ha facoltà di imporre le limitazioni o le eccezioni di cui al presente articolo soltanto alle opere che, nello specifico formato accessibile, non possono essere ottenute commercialmente dai beneficiari a condizioni di mercato ragionevoli».
51. Tuttavia, secondo la giurisprudenza, un’attività è disciplinata dal diritto dell’Unione in quanto abbia natura economica (24). Solo in circostanze estremamente eccezionali un’attività, che possiede prima facie una natura economica, esula dall’ambito del diritto dell’Unione sulla base del principio di solidarietà (25). Inoltre la Corte, pur avendo dichiarato che gli Stati membri dispongono di un ampio potere discrezionale nel settore della sanità pubblica e della sicurezza sociale e, in particolare, possono ricorrere ad organizzazioni senza scopo di lucro al riguardo, non ha del tutto escluso tali attività dall’ambito del diritto dell’Unione (26). In particolare, la Corte ha costantemente dichiarato che qualunque ente che svolge un’attività economica, a prescindere dal suo status giuridico e dal modo in cui esso è finanziato, è in linea di principio soggetto alle norme dell’Unione in tema di concorrenza (27). Di conseguenza, la giurisprudenza della Corte non sembra escludere l’applicabilità del diritto dell’Unione ad attività svolte senza scopo di lucro o in perdita, o che abbiano obiettivi di natura non economica. Aggiungo che gli Stati membri contrari all’applicabilità dell’articolo 207 TFUE non spiegano perché tale approccio sia poco adatto se applicato al commercio internazionale.
52. Le stesse parti sembrano sostenere che le merci scambiate senza scopo di lucro rientrerebbero nel concetto di «aspetti non commerciali della proprietà intellettuale» esulando, di conseguenza, dall’ambito della politica commerciale comune.
53. A mio avviso, ciò vuol dire fraintendere l’articolo 207 TFUE. Tale disposizione non esclude dal proprio ambito le operazioni o le attività di natura non commerciale. In effetti, il fatto che alcuni beni o servizi possano, in talune circostanze, essere scambiati per scopi diversi dalla realizzazione di un profitto (inclusi, per esempio, i casi in cui siano forniti gratuitamente) non implica che tali beni o servizi non vengano messi in commercio. L’articolo 4, paragrafo 4, del Trattato di Marrakech, nel riferirsi alle copie in formato accessibile che «non possono essere ottenute commercialmente dai beneficiari a condizioni di mercato ragionevoli», implica che esiste un mercato sul quale questo tipo di beni viene venduto a condizioni di mercato. Come sottolineato dalla Commissione in udienza, gli operatori economici attivi sul detto mercato saranno giocoforza interessati dalle norme del Trattato di Marrakech.
54. È significativo che, nella sentenza Daiichi Sankyo (28) la Corte ha confermato che l’intero Accordo TRIPS rientra nell’ambito dell’articolo 207 TFUE. Eppure, anche l’Accordo TRIPS include norme sui servizi o beni forniti per uso non commerciale (29). Parimenti, anche la Convenzione di Berna, che, dal momento che vi si fa riferimento all’articolo 2.2. dell’Accordo TRIPS, può essere considerata parzialmente incorporata in quest’ultimo, comprende disposizioni che regolano l’uso di opere protette per talune attività non commerciali (30). Si deve osservare che nessuno dei suddetti accordi esclude in toto le operazioni non commerciali o l’uso di opere protette dal proprio ambito.
55. In tale contesto, è interessante osservare che, nelle decisioni degli organi giudicanti dell’OMC, le opere artistiche dell’intelletto vengono generalmente trattate allo stesso modo degli altri beni commerciali, anche quando vengono scambiate a condizioni non di mercato o vengono sfruttate per usi non commerciali (31). Anche quando il termine «commercio» appare negli accordi dell’OMC, viene interpretato in modo molto ampio, nel senso che ricomprende «tutti gli scambi di merci», a prescindere dalla «natura o dal tipo di “commercio”, ovvero dalle ragioni o dalle funzioni dell’operazione» (32). L’applicabilità delle norme dell’OMC non può dipendere dalla decisione privata di un operatore riguardo al modo in cui condurre i propri affari. Vero è che alcune norme dell’OMC sembrano presupporre che talune operazioni vengano effettuate in termini non commerciali. Per esempio, l’Accordo antidumping dell’OMC (33) riguarda, inter alia, le esportazioni di prodotti che non corrispondono al loro pieno costo di produzione (34). Pertanto, lungi dall’esigere un profitto, anche le norme dell’OMC si applicano ad operazioni svolte in perdita, salvo diversa disposizione.
56. Quel che l’articolo 207 TFUE esclude dall’ambito della politica commerciale comune sono soltanto gli aspetti non commerciali dei diritti di proprietà intellettuale, ossia settori del diritto di proprietà intellettuale che non sono strettamente o direttamente connessi con il commercio internazionale. Si tratta evidentemente di una categoria marginale. Infatti, in senso lato, le norme sulla proprietà intellettuale servono a conferire taluni diritti di esclusiva relativi allo sfruttamento di creazioni dell’intelletto, al fine di incentivare la creatività e l’innovazione. Questi diritti di esclusiva non sono altro che forme sui generis di monopolio che può limitare la libera circolazione di merci o servizi. Pertanto, per loro stessa natura, le norme sulla proprietà intellettuale sono prevalentemente connesse al commercio. Un esempio di aspetto non commerciale della proprietà intellettuale è quello relativo ai diritti morali che, di fatto, sono esclusi dall’ambito dell’Accordo TRIPS (35). Comunque, nel caso di specie non è necessario approfondire oltremodo tale concetto: basta dire che né i diritti morali né qualunque altro aspetto della proprietà intellettuale non collegato al commercio sono regolati dal Trattato di Marrakech.
57. Ad ogni modo, mi sembra che gli argomenti testé esaminati si basino su una premessa errata. Come sottolineato dalla Commissione, il Trattato di Marrakech non richiede affatto che la riproduzione, la distribuzione o la disponibilità di copie in formato accessibile debba essere gratuita. Come sancito dall’articolo 4, paragrafo 5, di tale trattato, «[c]ompete al diritto nazionale stabilire se le limitazioni o le eccezioni ai sensi del presente articolo siano oggetto di retribuzione».
58. In udienza, tuttavia, il governo italiano ha dichiarato che con la nozione di «retribuzione» di cui all’articolo 4, paragrafo 5, del Trattato di Marrakech non deve intendersi una «retribuzione» vera e propria, ma piuttosto come un semplice compenso per i titolari del diritto d’autore.
59. Tale rilievo, a mio avviso, è infondato. In primo luogo, osservo che il governo italiano non ha presentato alcun elemento a sostegno della sua interpretazione dell’articolo 4, paragrafo 5, che sembra in contrasto con la lettera di tale disposizione. In secondo luogo, e soprattutto, il fatto che la somma di denaro che può essere versata ai titolari del diritto d’autore possa non corrispondere al pieno prezzo di mercato non esclude affatto la natura commerciale dell’operazione sottostante (36).
60. In sostanza, il Trattato di Marrakech impone alle Parti contraenti di emanare una serie di limitazioni ed eccezioni alle norme in tema di diritto d’autore al fine di consentire la riproduzione, la distribuzione e la disponibilità di copie in formato accessibile, e permettere lo scambio transfrontaliero di tali opere. Tale trattato non disciplina la natura commerciale o meno delle transazioni attraverso le quali tali operazioni hanno luogo. In ogni caso, alcune delle transazioni che rientrano nel Trattato di Marrakech posseggono certamente natura commerciale.
61. Per amor di completezza, sottolineo inoltre che, in forza degli articoli 4, paragrafo 4, e 5, paragrafo 3, del Trattato di Marrakech, gli obblighi indicati negli articoli 4, paragrafo 1, e 5, paragrafo 1, del medesimo trattato possono essere adempiuti dalle Parti contraenti anche prevedendo limitazioni o eccezioni al diritto d’autore non circoscritte alle attività degli organismi senza scopo di lucro.
c) Legami con l’Accordo TRIPS
62. In secondo luogo, i governi francese, ungherese, rumeno e finlandese sottolineano che il Trattato di Marrakech è stato negoziato nell’ambito dell’OMPI, un’agenzia delle Nazioni Unite che non ha per missione la liberalizzazione e la promozione del commercio. I governi ungherese e del Regno Unito rilevano altresì il fatto che il Trattato di Marrakech ha probabilmente soltanto deboli legami con l’accordo TRIPS.
63. Nemmeno queste obiezioni mi convincono.
64. Anzitutto, dove e in quale contesto un accordo internazionale viene negoziato ha solo un’importanza limitata. Sebbene questi elementi possano talvolta fornire qualche indicazione utile sulle intenzioni dei redattori del trattato, quel che realmente rileva sono lo scopo e il contenuto dell’accordo, come risultano dal suo tenore letterale.
65. Ad esempio, la Corte ha dichiarato che la decisione del Consiglio relativa alla firma, a nome dell’Unione europea, della convenzione europea sulla protezione giuridica dei servizi ad accesso condizionato e di accesso condizionato (37) doveva basarsi sull’articolo 207 TFUE anche se tale accordo era stato adottato dal Consiglio d’Europa: un’organizzazione che si occupa primariamente della tutela dei diritti umani, della democrazia e dello Stato di diritto (38). D’altro canto, l’OMPI effettivamente gestisce altri accordi internazionali che sembrano avere legami evidenti con il commercio internazionale: per esempio, l’Accordo di Madrid per la repressione delle false o fallaci indicazioni di provenienza (39).
66. A questo aggiungo che la Corte ha già confermato che gli aspetti commerciali della proprietà intellettuale rientrano nell’ambito della politica commerciale comune indipendentemente dal fatto che siano inclusi in accordi internazionali che sono parte degli accordi dell’OMC (o negoziati nell’ambito dell’OMC) (40).
d) Scopo del Trattato di Marrakech
67. In terzo luogo, i governi finlandese e del Regno Unito sottolineano che lo scopo del Trattato di Marrakech non è quello di liberalizzare il mercato, ma di contribuire al pieno sviluppo delle persone con disabilità visive. I suddetti governi considerano che il problema di diritto nel caso di specie è analogo, mutatis mutandis, a quello esaminato dalla Corte nel caso relativo al Protocollo di Cartagena sulla Biosicurezza (41) e in quello della Convenzione di Basilea relativa al controllo dei movimenti transfrontalieri di rifiuti pericolosi e al loro smaltimento (42). In questi casi, la Corte ha considerato che la componente ambientale dell’accordo fosse dominante sulla sua componente commerciale.
68. Anzitutto, ricordo che l’articolo 207 TFUE dispone chiaramente che «[l]a politica commerciale comune è condotta nel quadro dei principi e obiettivi dell’azione esterna dell’Unione». A sua volta, l’articolo 21 TUE – che detta i suddetti principi e obiettivi – stabilisce che l’azione dell’Unione sulla scena internazionale si fonda, inter alia, sui principi di uguaglianza e di solidarietà e mira, in particolare, a «favorire lo sviluppo sostenibile dei paesi in via di sviluppo sul piano economico, sociale e ambientale, con l’obiettivo primo di eliminare la povertà».
69. Come accennato poc’anzi, i moderni accordi commerciali spesso perseguono contestualmente una pluralità di obiettivi allo stesso tempo. Quelli puramente economici rappresentano soltanto alcuni di taluni obiettivi. Gli scopi umanitari, di sviluppo e ambientali, per esempio, spesso hanno un ruolo centrale nella negoziazione degli accordi internazionali il cui contenuto essenziale rimane, peraltro, chiaramente relativo al commercio (43). Per fare un esempio, negli ultimi anni, continuando un processo iniziato con la Dichiarazione di Doha sull’Accordo TRIPS e la Salute pubblica (44), i membri dell’OMC hanno adottato numerose decisioni che modificano o attuano gli accordi TRIPS relativi alla brevettabilità (45) e alle licenze (46) di prodotti farmaceutici, a vantaggio dei paesi meno sviluppati. Tali misure perseguono indubbiamente obiettivi attinenti allo sviluppo e alla salute: assicurare l’accesso ai medicinali (specialmente i farmaci anti HIV) per tutti nei paesi più poveri. Ciononostante, alla luce del loro contenuto e del loro contesto, credo che pochi metterebbero in dubbio il fatto che questi atti posseggono uno specifico legame con il commercio internazionale (47).
70. Questo è il motivo per cui i Trattati dell’Unione, specialmente dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, attribuiscono all’azione esterna dell’Unione (compresa quella nel settore della politica commerciale comune) (48) una serie di obiettivi, di natura economica e non. Questo spiega altresì perché la Corte, anche prima che entrasse in vigore il Trattato di Lisbona, ha costantemente dichiarato che gli obiettivi relativi, per esempio, allo sviluppo economico (49), alla tutela dell’ambiente (50) o alla politica estera (51) potevano essere perseguiti nell’ambito della politica commerciale comune.
71. Alla fine, la politica commerciale comune non è altro che la dimensione esterna del mercato interno e dell’unione doganale. Al riguardo, ricordo che l’articolo 114 TFUE costituisce la disposizione principale utilizzata dal legislatore dell’Unione per adottare le misure necessarie per la creazione e il funzionamento del mercato interno. È pacifico che, una volta che le condizioni per il ricorso all’articolo 114 TFUE quale base giuridica siano soddisfatte, il legislatore dell’Unione non può evitare di far riferimento a tale base normativa per il motivo che il perseguimento di altri obiettivi di interesse generale (52) (come per esempio la salute pubblica (53) o la tutela dei consumatori (54)) costituisce un fattore decisivo per le scelte da compiere. Per ragioni di coerenza, lo stesso principio dovrebbe, a mio avviso, applicarsi con riguardo alla politica commerciale comune.
72. A mio parere, i governi finlandese e del Regno Unito errano nel tracciare un parallelo tra il Trattato di Marrakech e il Protocollo di Cartagena e la Convenzione di Basilea, sopra menzionati. In questi casi, la Corte ha dichiarato che la componente commerciale di tali accordi era soltanto secondaria rispetto alla loro componente ambientale. Uno sguardo al testo dei suddetti accordi non può che confermare che il numero, la portata e l’importanza delle disposizioni commerciali nello schema complessivo degli accordi stessi non erano né preponderanti, né di importanza pari a quelli delle disposizioni ambientali. In effetti, la maggior parte delle disposizioni dei suddetti accordi verteva su regolamentazioni in materia ambientale, mentre quelle a carattere commerciale erano semplicemente uno degli strumenti per il perseguimento degli obiettivi ambientali.
73. Al contrario, come spiegato poc’anzi, l’aumento del commercio internazionale riguardo alle copie in formato accessibile costituisce l’essenza stessa del sistema istituito dal Trattato di Marrakech. La semplificazione e la crescita dello scambio transfrontaliero di copie in formato accessibile è uno degli strumenti fondamentali ideati dagli autori di tale trattato per raggiungere i loro obiettivi.
74. Si potrebbe anche dire, in poche parole, che il Trattato di Marrakech mira a sostituire un tipo di commercio di copie in formato accessibile con un altro. Attualmente, il commercio transfrontaliero di tali beni è molto limitato, poiché si svolge secondo le normali regole di mercato. Nel futuro, lo scambio di tali merci verrà agevolato, poiché i titolari di diritti d’autore avranno diritti limitati al fine di opporsi alla riproduzione, distribuzione e circolazione delle loro opere nelle situazioni specificate nel Trattato di Marrakech.
75. Il governo francese pertanto erra nel sostenere che il Trattato di Marrakech non mira a liberalizzare o a promuovere gli scambi. In ogni caso, secondo una costante giurisprudenza, basta che un accordo disciplini il commercio, per esempio limitando o anche vietando gli scambi, per poter rientrare nell’ambito della politica commerciale comune (55).
76. Detto ciò, è vero che, come sottolineato da molti governi, gli obiettivi commerciali del Trattato di Marrakech sono funzionali ad un obiettivo di diversa natura. È questo il motivo per cui ritengo che l’articolo 207 TFUE non possa costituire l’unico fondamento della decisione controversa.
2. Articolo 19, paragrafo 1, TFUE
77. Come sostenuto dai governi ceco, finlandese e del Regno Unito, il preambolo del Trattato di Marrakech chiarisce che lo scopo ultimo di tale trattato è di contribuire al pieno sviluppo delle persone con disabilità visive o con altre difficoltà nella lettura di testi a stampa. L’accento viene posto, in particolare, sui principi di non discriminazione, parità di opportunità, accessibilità e piena ed effettiva partecipazione e inclusione nella società. In tale contesto, il secondo considerando fa riferimento all’obiettivo che le persone con disabilità visive ricevano informazioni in condizioni di parità con gli altri. Il quarto considerando, da parte sua, richiama le barriere che le persone con disabilità visive o con altre difficoltà nella lettura di testi a stampa incontrano nell’accedere a opere pubblicate e nel conseguire le pari opportunità nella società.
78. Il preambolo si richiama anche alla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e alla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità (in prosieguo: la «Convenzione ONU»). Il legame tra la Convenzione ONU e il Trattato di Marrakech è in effetti ovvio. L’articolo 30, paragrafo 3, di detta Convenzione dispone quanto segue: «Gli Stati parti adottano tutte le misure adeguate, in conformità al diritto internazionale, a garantire che le norme che tutelano i diritti di proprietà intellettuale non costituiscano un ostacolo irragionevole o discriminatorio all’accesso da parte delle persone con disabilità ai prodotti culturali». Pertanto, il Trattato di Marrakech va considerato come un’attuazione degli impegni assunti in tale disposizione.
79. Al riguardo, vale la pena rilevare che il Comitato ONU sui diritti delle persone con disabilità (in prosieguo: il «Comitato ONU»), istituito nell’ambito della Convenzione ONU, ha esplicitamente sottolineato il legame tra i due accordi. Nel commento all’articolo 9 della Convenzione ONU (intitolato «Accessibilità»), il Comitato ONU ha dichiarato che il Trattato di Marrakech «dovrebbe assicurare l’accesso ai materiali culturali senza barriere irragionevoli o discriminatorie per le persone con disabilità» (56).
80. Di conseguenza, sono del parere che il Trattato di Marrakech persegua uno degli obiettivi indicati nell’articolo 19, paragrafo 1, TFUE. Ai sensi di tale disposizione, «il Consiglio, deliberando all’unanimità secondo una procedura legislativa speciale e previa approvazione del Parlamento europeo, può prendere i provvedimenti opportuni per combattere le discriminazioni fondate sul sesso, la razza o l’origine etnica, la religione o le convinzioni personali, la disabilità, l’età o l’orientamento sessuale». La disabilità è dunque uno dei motivi di possibile discriminazione individuati in tale disposizione contro cui l’Unione può adottare misure adeguate.
81. Al riguardo, faccio notare che era proprio sulla base dell’articolo 19 TFUE che l’Unione ha adottato una serie di strumenti giuridici diretti a combattere la discriminazione, garantendo la parità di trattamento e di opportunità per tutti i cittadini. Mi riferisco, in particolare, alla direttiva 2000/43/CE sull’uguaglianza razziale (57) e alla direttiva 2004/113/CE sulla parità di genere (58).
82. Mi riferisco inoltre, e soprattutto, alla direttiva 2000/78/CE sulla parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro (59). Ai sensi dell’articolo 1, tale direttiva «mira a stabilire un quadro generale per la lotta alle discriminazioni fondate sulla religione o le convinzioni personali, glihandicap, l’età o le tendenze sessuali, per quanto concerne l’occupazione e le condizioni di lavoro al fine di rendere effettivo negli Stati membri il principio della parità di trattamento» (60).
83. A mio avviso, gli atti dell’Unione testé menzionati – così come gli strumenti internazionali citati supra, al punto 78 – hanno in comune con il Trattato di Marrakech una significativa componente antidiscriminatoria.
84. La Commissione tuttavia non concorda con tale conclusione e rileva che il Trattato di Marrakech non è un atto generale diretto alla lotta contro ogni possibile forma di discriminazione che le persone con disabilità possono subire: l’oggetto del suddetto trattato è circoscritto unicamente al diritto d’autore. La Commissione sottolinea inoltre che gli articoli 9 e 10 TFUE impongono all’Unione, inter alia, di combattere l’esclusione sociale e la discriminazione nella definizione ed attuazione di tutte le sue politiche ed attività.
85. Questi argomenti non mi convincono. In primo luogo, non vi è nulla nel testo dell’articolo 19, paragrafo 1, TFUE che indichi che il suo ambito sia limitato a misure di natura generale o di ampia portata. In secondo luogo, il Trattato di Marrakech non chiede alle Parti contraenti soltanto di modificare le proprie norme in tema di diritto d’autore a favore delle persone con disabilità visive.- Conferisce loro anche altri obblighi: per esempio, introdurre misure specifiche al fine di tutelare la vita privata a favore delle persone con disabilità visive (articolo 8), o cooperare con i pertinenti organi dell’OMPI per agevolare lo scambio transfrontaliero di copie in formato accessibile, (articolo 9). L’articolo 13 inoltre istituisce un’Assemblea che ha, tra l’altro, il compito di dare attuazione alle norme del Trattato di Marrakech. In terzo luogo, la necessità della lotta contro le discriminazioni, garantendo la parità di opportunità per le persone con disabilità visive, non è stata presa in considerazione solo all’atto dei negoziati del Trattato di Marrakech, ma costituisce la ratio di tale trattato.
86. Alla luce di quanto sopra, ritengo che l’articolo 19, paragrafo 1, TFUE debba costituire una delle basi giuridiche della decisione controversa.
3. Articolo 114 TFUE
87. Secondo la Commissione, sostenuta sul punto dai governi ceco, finlandese e lituano, nonché dal Parlamento europeo, l’articolo 114 TFUE dovrebbe costituire uno dei fondamenti normativi della decisione controversa.
88. Non sono dello stesso avviso.
89. Non vi è dubbio che la stipulazione del Trattato di Marrakech possa comportare un’ulteriore armonizzazione delle norme dell’Unione in tema di diritto d’autore. È altresì indiscusso che, all’interno, misure attinenti a tali ambiti possano in generale fondarsi sull’articolo 114 TFUE. Infine, è evidente che l’attuazione da parte dell’Unione delle disposizioni contenute nel Trattato di Marrakech avrà un effetto positivo sugli scambi transfrontalieri all’interno dell’Unione.
90. Tuttavia, non mi sembra che tali elementi forniscano motivi sufficienti per concludere che la componente del Trattato di Marrakech relativa al mercato interno sia predominante o, quanto meno, che abbia lo stesso peso delle componenti commerciale e antidiscriminatoria.
91. Secondo una costante giurisprudenza, un atto adottato sul fondamento dell’articolo 114 TFUE deve avere effettivamente per oggetto il miglioramento delle condizioni di instaurazione e di funzionamento del mercato interno (61). Una semplice constatazione della sussistenza di disparità tra le normative nazionali non è sufficiente a giustificare il ricorso all’articolo 114 TFUE. Ai sensi di tale disposizione, debbono sussistere divergenze tra le disposizioni legislative, regolamentari o amministrative degli Stati membri tali da ostacolare le libertà fondamentali e, quindi, da incidere direttamente sul funzionamento del mercato interno (62).
92. Nel caso di specie, nessuna delle parti ha dimostrato l’esistenza di significative divergenze tra le disposizioni legislative nazionali degli Stati membri riguardo agli aspetti del diritto d’autore disciplinati dal Trattato di Marrakech. Chiaramente, alla luce dell’articolo 5, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2001/29, è possibile (o persino probabile) che vi siano divergenze tra le disposizioni legislative, regolamentari o amministrative degli Stati membri con riguardo alle eccezioni o limitazioni ai diritti degli autori a vantaggio delle persone con disabilità visive. Tuttavia, una semplice possibilità non basta a giustificare il ricorso all’articolo 114 TFUE.
93. Infatti, come sottolinea il Regno Unito, non vi è stata alcuna analisi riguardo a come queste presunte divergenze possano inficiare il funzionamento del mercato interno. Tuttavia, ai sensi del considerando 31 della direttiva 2001/29, il grado di armonizzazione raggiunto riguardo alle eccezioni e limitazioni doveva «dipendere dal loro impatto sul corretto funzionamento del mercato interno». Da ciò deduco che, al momento dell’adozione della direttiva 2001/29, il legislatore dell’Unione considerava che le eccezioni e limitazioni a favore delle persone con disabilità visive non avessero un impatto significativo sul buon funzionamento del mercato interno. In caso contrario, il legislatore dell’Unione avrebbe probabilmente imposto un livello maggiore di avvicinamento tra le normative degli Stati membri in tale materia. Sussistono motivi ragionevoli per presumere che la situazione odierna al riguardo non sarebbe assolutamente diversa.
94. Il fatto che tali aspetti non siano stati esaminati nel dettaglio dalla Commissione o dal legislatore dell’Unione conferma l’idea che l’armonizzazione del mercato interno non fosse uno dei principali obiettivi che hanno spinto l’Unione a negoziare (e, teoricamente, a concludere) il Trattato di Marrakech. Il contributo positivo che la firma di detto trattato potrebbe dare al rafforzamento del mercato interno appare, pertanto, un obiettivo secondario o un effetto indiretto.
95. Il fatto che qualunque misura interna avente lo stesso contenuto sarebbe probabilmente fondata sull’articolo 114 TFUE (da solo o in combinato disposto con altre basi giuridiche) ha un rilievo limitato nel presente contesto. Come indicato poc’anzi, poiché la politica commerciale comune costituisce la dimensione esterna del mercato interno, misure equivalenti sono spesso basate sull’articolo 114 TFUE allorché i loro effetti siano puramente interni all’Unione, e sull’articolo 207 TFUE se vengono adottate allo scopo di regolare le relazioni tra Unione europea e paesi terzi.
96. Infatti, all’interno l’Unione potrebbe raggiungere risultati equivalenti semplicemente modificando la direttiva 2001/29 (come il Consiglio ha chiesto di fare alla Commissione il 19 maggio 2015). Tuttavia, gli obiettivi perseguiti dal Trattato di Marrakech possono essere raggiunti efficacemente soltanto se le norme in esso contenute vengono attuate in molti altri paesi, ben oltre i confini dell’Unione. Come indicato infatti nel settimo considerando di tale Trattato, persiste una carenza di copie in formato accessibile malgrado il fatto che «molti Stati membri, nelle loro legislazioni nazionali in materia di diritti d’autore, abbiano [già] stabilito limitazioni ed eccezioni a favore delle persone con disabilità visive o con altre difficoltà nella lettura di testi a stampa».
97. Alla luce di tutte le suddette considerazioni, ritengo che l’articolo 114 TFUE non debba essere compreso tra le basi giuridiche della decisione controversa.
4. Politica sociale
98. Infine, il governo ungherese sostiene che la decisione controversa dovrebbe includere anche un riferimento all’articolo 4, paragrafo 2, lettera b), TFUE, dal momento l’obiettivo del Trattato di Marrakech rientra nella politica sociale.
99. In primo luogo, desidero sottolineare che l’articolo 4 TFUE, così come gli articoli 3, 5 e 6 TFUE, si limita ad elencare le competenze dell’Unione, in base alla natura delle competenze stesse. La definizione e la delimitazione di tali aree di competenza, nonché le norme sull’esercizio delle competenze da parte dell’Unione, vanno invece reperite in altre disposizioni dei Trattati dell’Unione. Di conseguenza, gli articoli da 3 a 6 TFUE non possono costituire una base giuridica sostanziale di nessun atto dell’Unione.
100. Pertanto, gli argomenti fatti valere dal governo ungherese dovrebbero, a mio avviso, essere esaminati dal momento che fanno riferimento alle disposizioni relative alla politica sociale, ossia gli articoli da 151 a 161 TFUE. Tra queste disposizioni, mi sembra sia plausibile che l’articolo 153 TFUE possa essere una base giuridica per la decisione controversa.
101. L’articolo 153 TFUE stabilisce le azioni e le procedure che l’Unione deve adottare per conseguire gli obiettivi previsti all’articolo 151 TFUE. A sua volta, tale ultima disposizione individua gli obiettivi di politica sociale dell’Unione nel modo seguente: «la promozione dell’occupazione, il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, che consenta la loro parificazione nel progresso, una protezione sociale adeguata, il dialogo sociale, lo sviluppo delle risorse umane atto a consentire un livello occupazionale elevato e duraturo e la lotta contro l’emarginazione» (63).
102. Alla luce di tale disposizione, un elemento di politica sociale può sicuramente essere reperito nel Trattato di Marrakech. Infatti, il nono considerando di tale trattato riconosce «la necessità di mantenere un equilibrio tra l’effettiva protezione dei diritti degli autori e i più ampi interessi pubblici, in particolare l’istruzione, la ricerca e l’accesso alle informazioni, nonché la necessità di far sì che tale equilibrio agevoli un accesso efficace e tempestivo alle opere per le persone con disabilità visive o con altre difficoltà nella lettura di testi a stampa» (64).
103. Non mi sembra tuttavia che tale obiettivo svolga, nello schema del Trattato di Marrakech, un ruolo centrale. Il vero obiettivo «sociale» del suddetto trattato è piuttosto quello di migliorare in generale la vita delle persone con disabilità visive. Un accesso più efficace al lavoro per queste persone sarebbe una semplice conseguenza della rimozione di alcune barriere che limitano la loro libertà di espressione, compresa la loro libertà di cercare, ottenere, ricevere e impartire informazioni e idee di ogni tipo, il godimento del diritto all’educazione e l’opportunità di effettuare ricerche.
104. La politica sociale dell’Unione è molto concentrata sul miglioramento di ciò che, in senso lato, può essere descritto come vita professionale o economica dei cittadini dell’Unione (65) mentre, come indicato sopra, l’obiettivo di garantire la parità di trattamento e di opportunità, in particolare, alle persone con disabilità costituisce piuttosto l’oggetto delle misure antidiscriminatorie previste dall’articolo 19 TFUE.
105. Pertanto, dal momento che le due disposizioni in parte si sovrappongono (66), sono del parere che, per quanto riguarda la componente sociale del Trattato di Marrakech, il centro di gravità debba essere rinvenuto più nell’articolo 19 TFUE che nell’articolo 153 TFUE.
5. Articolo 209 TFUE
106. All’udienza, il governo francese ha modificato la sua posizione, sostenendo che anche l’articolo 209 TFUE dovrebbe essere incluso come base giuridica della decisione controversa, unitamente all’articolo 114 TFUE. Infatti, a suo avviso il Trattato di Marrakech persegue un obiettivo di sviluppo.
107. Vero è che il preambolo del Trattato di Marrakech riconosce che «la maggior parte delle persone con disabilità visive o con altre difficoltà nella lettura di testi a stampa vive in paesi in via di sviluppo e nei paesi meno sviluppati» e fa espressamente riferimento al piano d’azione per lo sviluppo dell’OMPI.
108. Tuttavia, mi sembra chiaro che, nello schema complessivo del Trattato di Marrakech, l’obiettivo di sviluppo è puramente accessorio, o quanto meno secondario rispetto ad altri obiettivi. Occorre ricordare, al riguardo, che l’obiettivo centrale della cooperazione allo sviluppo è l’eliminazione della povertà nel contesto dello sviluppo sostenibile (67). È evidente che tale obiettivo non è centrale nel Trattato di Marrakech.
109. In primo luogo, il riferimento all’obiettivo di sviluppo nel preambolo viene fatto solo incidentalmente, mentre l’obiettivo commerciale e quello antidiscriminatorio del Trattato di Marrakech vengono spiegati più diffusamente.
110. In secondo luogo, nessuna disposizione specifica del suddetto trattato si occupa della politica di sviluppo. Un breve accenno ai bisogni dei paesi meno sviluppati viene fatto soltanto negli articoli 12 e 13 del Trattato di Marrakech. Né l’una né l’altra di tali disposizioni è però di importanza fondamentale. L’articolo 12 svolge una funzione puramente interpretativa: esso riconosce il diritto delle Parti contraenti di dare attuazione nella propria legislazione nazionale ad altre limitazioni ed eccezioni ai diritti d’autore rispetto a quelle previste dal trattato stesso a vantaggio dei beneficiari. Nel caso dei paesi meno sviluppati, si fa menzione delle loro «esigenze particolari nonché dei [loro] diritti e obblighi internazionali specifici e degli elementi di flessibilità che ne discendono». L’articolo 13, a sua volta, stabilisce che le Parti contraenti debbono avere un’Assemblea. Esso dispone altresì che, mentre le spese di ciascuna delegazione sono a carico della Parte contraente che l’ha designata, nel caso di delegazioni di Parti contraenti che sono paesi in via di sviluppo l’assemblea può chiedere che l’OMPI fornisca l’assistenza finanziaria necessaria ad agevolarne la partecipazione.
111. In terzo luogo, come indicato supra, al punto 69, la Corte ha chiarito che anche gli obiettivi di sviluppo possono essere perseguiti nell’ambito della politica commerciale comune dell’Unione.
112. In quarto luogo, e cosa più importante, le norme contenute nel Trattato di Marrakech sono chiaramente dirette a migliorare le condizioni dei beneficiari in tutte le Parti contraenti, e non soltanto (o non principalmente) di quelli che vivono in paesi in via di sviluppo o nei paesi meno sviluppati.
6. Conclusione interlocutoria
113. Alla luce di tutto quanto precede, sono dell’avviso che la decisione controversa debba essere basata sugli articoli 19 e 207 TFUE. Inoltre, non vi è ragione, a mio parere, di considerare che le procedure indicate nelle suddette due disposizioni siano incompatibili: soltanto i requisiti di voto del Consiglio possono forse essere differenti.
114. Gli accordi internazionali che rientrano nell’ambito dell’articolo 19 TFUE, in forza dell’articolo 218, paragrafi 6, v), e 8, TFUE, debbono essere conclusi attraverso l’adozione di una decisione del Consiglio, presa all’unanimità su proposta della Commissione, dopo aver ottenuto il consenso del Parlamento europeo.
115. Gli accordi internazionali che rientrano nell’ambito dell’articolo 207 TFUE, in forza degli articoli 207, paragrafo 4, e 218, paragrafo 6, v), TFUE, debbono essere conclusi con l’adozione di una decisione del Consiglio, su proposta della Commissione, dopo aver ottenuto il consenso del Parlamento europeo. Per quanto riguarda la votazione in seno al Consiglio, è richiesta di norma la maggioranza qualificata, mentre l’unanimità è necessaria in via eccezionale, nelle tre situazioni indicate nel secondo e nel terzo comma dell’articolo 207, paragrafo 4, TFUE.
116. Ai fini del presente procedimento, tuttavia, non occorre stabilire se, a causa della sua componente commerciale, l’articolo 207 TFUE imponga in linea di principio al Consiglio di decidere all’unanimità ovvero a maggioranza qualificata. Prevale inevitabilmente il requisito più rigido di cui all’articolo 19 TFUE (68).
117. Di conseguenza, la decisione controversa, se fondata sugli articoli 19 e 207 TFUE, dev’essere adottata dal Consiglio all’unanimità su proposta della Commissione, dopo aver ottenuto il consenso del Parlamento europeo.
C – Natura della competenza dell’Unione europea
118. Ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, lettera e), TFUE, che codifica una costante giurisprudenza (69), la politica commerciale comune è un settore di competenza esclusiva dell’Unione. Per contro, non esiste alcun riferimento ad un settore di competenza che comprenda o includa misure antidiscriminatorie in nessuna delle disposizioni del titolo I, incluso nella parte prima, del Trattato FUE, intitolato «Categorie e settori di competenza dell’Unione» (articoli da 2 a 6). Pertanto, in forza dell’articolo 4, paragrafo 1, TFUE (70), il suddetto settore deve considerarsi ripartito tra l’Unione e gli Stati membri.
119. Tuttavia, a differenza di quanto sostiene il governo ungherese, questo non implica che il Trattato di Marrakech debba essere per forza concluso come un accordo misto, così come sostenuto dal governo ungherese. Anzitutto, sottolineo che, anche se l’articolo 3, paragrafo 2, TFUE non fosse applicabile per quanto riguarda il Trattato di Marrakech (71), la stipulazione del Trattato non richiederebbe necessariamente l’adozione di un accordo misto. La scelta tra un accordo misto o un accordo soltanto dell’Unione, nei casi in cui l’oggetto dell’accordo rientri in un settore di competenza ripartita (o di competenza parallela) (72), è rimessa generalmente alla discrezionalità del legislatore dell’Unione.
120. Tale decisione, essendo di natura prevalentemente politica, può essere assoggettata solo ad un limitato sindacato giurisdizionale. La Corte ha costantemente dichiarato che occorre riconoscere al legislatore dell’Unione un ampio potere discrezionale in settori che richiedono da parte sua scelte di natura politica, economica e sociale, e rispetto ai quali esso è chiamato ad effettuare valutazioni complesse. Di conseguenza, solo la manifesta inidoneità di un provvedimento adottato in tale ambito, in relazione allo scopo che l’istituzione competente intende perseguire, può inficiare la legittimità di detto provvedimento (73).
121. Ciò potrebbe accadere, per esempio, nel caso in cui, a causa dell’urgenza della situazione o dei tempi necessari per le 28 procedure di ratifica a livello nazionale, una decisione di concludere un accordo misto possa seriamente rischiare di compromettere l’obiettivo perseguito o portare l’Unione a infrangere il principio pacta sunt servanda.
122. Per contro, un accordo misto risulterebbe necessario, in linea generale, allorché un accordo internazionale verta su competenze coesistenti, nel senso che comprende una parte che ricade nella competenza esclusiva dell’Unione e una parte che rientra nella competenza esclusiva degli Stati membri, e nessuna di queste parti sia secondaria rispetto all’altra (74). Evidentemente, però, non è questo il caso del Trattato di Marrakech.
123. Cosa ancora più importante, tuttavia, un accordo che, a causa del suo obiettivo e del suo contenuto, ricada in un settore di competenza che, in linea di principio, è ripartita, deve necessariamente essere stipulato come un accordo soltanto dell’Unione allorché tale competenza, in forza del suo esercizio da parte dell’Unione stessa, sia divenuta esclusiva sul piano esterno. Come mi accingo a spiegare qui di seguito, questo è precisamente il caso del Trattato di Marrakech.
1. Articolo 3, paragrafo 2, TFUE
124. Ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE, «[l]’Unione ha inoltre competenza esclusiva per la conclusione di accordi internazionali allorché tale conclusione è prevista in un atto legislativo dell’Unione o è necessaria per consentirle di esercitare le sue competenze a livello interno o nella misura in cui può incidere su norme comuni o modificarne la portata».
125. Tale disposizione attribuisce all’Unione un’ulteriore fonte di competenza esclusiva, specifico per la conclusione di un accordo internazionale. Pertanto, una competenza che internamente può essere ripartita, può diventare esclusiva ai fini della conclusione di un accordo internazionale. La ragione è di immediata evidenza: all’interno, il principio del primato garantisce che, in caso di divergenza tra una norma dell’Unione e una norma nazionale, prevarrà la prima (75). Nel caso di una controversia giuridica, la Corte può essere chiamata a chiarire la questione, per esempio sulla base degli articoli da 258 a 260 TFUE. La situazione è del tutto diversa nel caso in cui gli Stati membri stipulino accordi internazionali con Paesi terzi. È facile che questi accordi possano creare ostacoli, a livello tanto politico quanto giuridico, per il corretto funzionamento e, eventualmente, per il futuro sviluppo dell’Unione (76).
126. Nel presente procedimento è rilevante solo l’ultima parte dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE. La Commissione e il Parlamento europeo sostengono che l’Unione ha una competenza esclusiva a concludere il Trattato di Marrakech a causa del fatto che la sua stipulazione può influire sulla portata delle disposizioni della direttiva 2001/29 o alterarle.
127. L’ultima parte dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE codifica la cosiddetta giurisprudenza AETS (77). Nella sentenza AETS, la Corte ha stabilito il principio secondo cui, qualora siano state adottate norme comuni, gli Stati membri non hanno più il potere – né individualmente, né collettivamente – di contrarre con gli Stati terzi obblighi che incidano su dette norme. In un caso simile l’Unione dispone di una competenza esclusiva a concludere gli accordi internazionali (78).
128. Naturalmente, le norme comuni saranno interessate allorché l’Unione abbia realizzato un’armonizzazione completa del settore che costituisce la materia disciplinata dall’accordo internazionale (79). Inoltre, il rischio di incidere su norme comuni dell’Unione o di modificarne la portata mediante impegni internazionali assunti dagli Stati membri esiste quando tali impegni rientrano nell’ambito di applicazione di dette norme (80).
129. Pertanto, un’armonizzazione completa del settore oggetto di un accordo internazionale non è un requisito necessario per far insorgere una competenza esclusiva dell’Unione al riguardo. È sufficiente che il settore sia già in gran parte disciplinato dalle norme dell’Unione interessate (81). In altre parole, perché ciò avvenga non è necessaria una concordanza completa tra le norme internazionali pertinenti e quelle dell’Unione (82). La Corte ha già respinto un approccio secondo il quale si dovrebbe esaminare ogni singola disposizione di un accordo internazionale per poter stabilire se ciascuna di tali disposizioni corrisponda ad una analoga norma del diritto dell’Unione. La Corte ha dichiarato che la natura della competenza dev’essere stabilita in base ad un’analisi complessiva e concreta del rapporto esistente tra l’accordo internazionale previsto e il diritto dell’Unione in vigore (83).
130. Tale giurisprudenza, tuttavia, solleva la seguente questione: quando un settore risulta sufficientemente oggetto di norme dell’Unione per escludere una competenza degli Stati membri ad agire esternamente (ovviamente, salvo che siano stati autorizzati o attribuiti a tale scopo poteri delegati dell’Unione)?
131. Per rispondere a tale domanda, occorre ritornare alla ratio profonda della giurisprudenza AETS e, più in generale, a quella dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE. Come spiegato dalla Corte, tale giurisprudenza (e, di conseguenza, le nuove disposizioni del Trattato che la codificano) mira a garantire un’applicazione uniforme e coerente delle disposizioni dell’Unione ed un corretto funzionamento dei sistemi che tali norme istituiscono al fine di preservare la piena efficacia del diritto dell’Unione (84).
132. Alla luce di tale principio, occorre stabilire se le norme contenute in un accordo internazionale possano incidere sull’uniforme e coerente applicazione o sull’efficacia delle norme dell’Unione pertinenti. Tale analisi, ovviamente, può essere effettuata solo caso per caso, esaminando i due tipi di norme (quelle dell’Unione e quelle internazionali), concentrandosi sulla portata, la natura e il contenuto delle stesse (85).
133. A tal fine, occorre tener conto non solo dello stato del diritto dell’Unione al momento della conclusione dell’accordo, ma anche della sua futura evoluzione, in quanto sia prevedibile al momento dell’analisi (86). In caso contrario, ogni possibile sviluppo futuro del diritto dell’Unione rischierebbe di essere precluso, o quanto meno significativamente ostacolato (87).
134. Questo è il motivo per cui la Corte ha dichiarato la competenza esclusiva dell’Unione nei casi in cui, per esempio, la conclusione di un accordo da parte degli Stati membri comprometterebbe l’unicità del mercato comune e l’applicazione uniforme del diritto dell’Unione (88); oppure, nei casi in cui, considerata la natura e il contenuto delle disposizioni vigenti dell’Unione, qualsiasi accordo in tale settore inciderebbe necessariamente sul funzionamento del sistema istituito dalle norme della stessa (89).
135. Per contro, la Corte ha dichiarato che l’Unione non disponeva di competenza esclusiva, per esempio, nei casi in cui, poiché sia le disposizioni dell’Unione sia quelle di una convenzione internazionale dettavano prescrizioni minime, nulla impediva la piena applicazione del diritto dell’Unione da parte degli Stati membri (90), oppure nei casi in cui nonostante vi fosse la possibilità che accordi bilaterali producessero distorsioni nei flussi di servizi nel mercato interno, a suo giudizio nessuna disposizione del Trattato impediva alle istituzioni di organizzare, mediante le norme comuni da esse adottate, azioni concertate nei confronti di paesi terzi o di prescrivere i comportamenti che gli Stati membri devono adottare verso l’esterno (91).
136. Alla luce dei suddetti principi, esaminerò ora se il Trattato di Marrakech rientri nella competenza esclusiva dell’Unione.
2. Trattato di Marrakech e direttiva 2001/29
137. Come accennato, il Trattato di Marrakech regola taluni aspetti del diritto d’autore. Esso impone alle Parti contraenti di introdurre una serie definita di limitazioni ed eccezioni alle norme in materia di diritti d’autore al fine di consentire la riproduzione, la distribuzione e la messa a disposizione di opere pubblicate in formato accessibile per le persone con disabilità visive, e di permettere lo scambio transfrontaliero di tali opere.
138. A livello dell’Unione, il diritto d’autore è disciplinato dalla direttiva 2001/29, la quale istituisce un quadro giuridico per la tutela del diritto d’autore e dei diritti correlati. Tale strumento armonizza taluni aspetti delle legislazioni degli Stati membri in materia di diritto d’autore, allo scopo di dare attuazione alle quattro libertà sotto questo profilo, lasciando al contempo intatte le differenze che non incidano negativamente sul funzionamento del mercato interno (92).
139. Molti degli Stati membri che hanno presentato osservazioni nel presente procedimento discutono in merito a se la direttiva 2001/29, all’articolo 5, realizzi un’armonizzazione completa delle eccezioni e limitazioni. Essi affrontano altresì la questione relativa a se il potere discrezionale conferito da tale disposizione agli Stati membri implichi che gli stessi abbiano mantenuto una competenza su tali aspetti (come sostenuto da molti governi) ovvero se siano stati autorizzati ad agire o siano stati ad essi conferiti poteri di agire da parte dell’Unione (come affermato dalla Commissione e dal Parlamento europeo).
140. A mio avviso, si tratta di questioni ininfluenti ai fini del presente procedimento. Anzitutto, sottolineo che né nella sentenza Padawan (93) né nella sentenza Copydan Båndkopi (94) la Corte ha affermato che l’articolo 5 della direttiva 2001/29 realizza unicamente un’armonizzazione minima. Soprattutto, come spiegato supra al punto 129, non è necessaria un’armonizzazione completa per far sorgere la competenza esclusiva dell’Unione. Quello che rileva al riguardo è se il settore oggetto dell’accordo internazionale sia già ampiamente regolato dalle norme dell’Unione, per cui qualunque competenza degli Stati membri ad agire all’esterno in relazione a tale settore rischierebbe di pregiudicare tali norme.
141. Non si può dubitare che eccezioni e limitazioni siano una parte delle norme in materia di diritto d’autore che è ampiamente disciplinata dalla direttiva 2001/29. Come specificato al considerando 32 di tale direttiva, tali eccezioni e limitazioni sono esaustive. Inoltre, ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 5, e del considerando 44, tutte le eccezioni e limitazioni debbono essere applicate secondo il cosiddetto test a tre fasi (95). Inoltre, la Corte ha chiarito che il potere discrezionale di cui godono gli Stati membri nell’utilizzare le eccezioni previste dall’art. 5 della direttiva 2001/29 «deve essere esercitato nei limiti imposti dal diritto dell’Unione» (96). Infine, la Corte ha altresì stabilito che molti dei concetti contenuti nell’articolo 5 costituiscono concetti autonomi del diritto dell’Unione che debbono essere interpretati in modo uniforme in tutti gli Stati membri, a prescindere dalle legislazioni nazionali di tali Stati (97).
142. Infatti, nella causa Broadcasting, la Corte ha osservato che, quanto all’accordo internazionale oggetto della causa, gli elementi relativi inter alia alle limitazioni ed eccezioni ai diritti correlati al diritto d’autore rientravano nelle norme comuni dell’Unione e che i negoziati su tali elementi potevano incidere su dette norme comuni o modificarne la portata (98). Non vedo alcun motivo per cui la stessa conclusione non sia giustificata anche nel presente caso.
143. È evidente che la conclusione del Trattato di Marrakech imporrà al legislatore dell’Unione di modificare l’articolo 5 della direttiva 2001/29. Attualmente, il paragrafo 3, lettera b), di tale disposizione lascia agli Stati membri decidere se prevedere eccezioni o limitazioni quando si tratti di «un utilizzo a favore di portatori di handicap, sempreché l’utilizzo sia collegato all’handicap, non abbia carattere commerciale e si limiti a quanto richiesto dal particolare handicap». Pertanto, per adempiere alle norme incluse nel Trattato di Marrakech, le eccezioni e limitazioni previste a beneficio di specifiche categorie di persone con disabilità (persone non vedenti, con disabilità visive o con altre difficoltà nella lettura di testi a stampa) non potranno più essere facoltative e dovranno divenire obbligatorie.
144. Sicuramente possono esservi molti modi diversi di dare attuazione al Trattato di Marrakech e il legislatore dell’Unione ben potrebbe decidere che non vi è motivo per armonizzare completamente l’oggetto di tale trattato. Tuttavia, si tratta di una decisione che il legislatore dell’Unione dovrà prendere, in quanto il testo della direttiva 2001/29 dovrà comunque essere modificato. In particolare, l’attuale tenore letterale dell’articolo 5, paragrafo 3, lettera b), di tale direttiva non riflette né la lettera né lo spirito del Trattato di Marrakech e gli Stati membri non possono di fatto modificare o eludere tali norme dell’Unione assumendo impegni internazionali autonomi (99).
145. Non è irrilevante, in tale contesto, sottolineare che il considerando 44 della direttiva 2001/29 stabilisce che l’applicazione delle eccezioni e limitazioni previste nella direttiva deve essere «esercitata nel rispetto degli obblighi internazionali».
146. Inoltre, anche la portata dell’articolo 6 della direttiva, riguardante gli obblighi relativi alle misure tecnologiche, e in particolare il paragrafo 4 dello stesso, appaiono interessati dall’articolo 7 del Trattato di Marrakech. In base a tale ultima disposizione, le Parti contraenti adottano misure adeguate per garantire che, quando essi offrono tutela giuridica adeguata e rimedi giuridici efficaci contro l’elusione di misure tecnologiche efficaci, detta tutela giuridica non impedisca ai beneficiari di godere delle limitazioni e delle eccezioni previste dal suddetto trattato.
147. Mi sembra pertanto che la stipulazione del Trattato di Marrakech, per usare i termini dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE, inevitabilmente potrà «incidere su norme comuni o modificarne la portata».
148. È questa la problematica al centro dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE. Dopo tutto, di recente la Corte ha confermato che il fatto che le norme dell’Unione di cui trattasi riconoscano agli Stati membri un ampio margine discrezionale ai fini della trasposizione e dell’attuazione delle norme stesse non esclude una competenza esclusiva (100). Né ha alcuna rilevanza, al riguardo, il fatto che non soltanto l’Unione, ma anche gli Stati membri possano aver necessità di modificare le proprie normative nazionali per dare attuazione ad un accordo internazionale. Come dichiarato supra, una competenza può essere esclusiva esternamente ma ripartita internamente. Se ciò è vero, l’esercizio di una competenza interna è disciplinato dall’articolo 2, paragrafo 2, TFUE e non dall’articolo 3, paragrafo 2, TFUE.
149. Tale conclusione non è inficiata dal fatto che, come sottolineato dal governo del Regno Unito, gli Stati membri possano dare attuazione al Trattato di Marrakech modificando le proprie normative in materia di diritto d’autore, senza violare formalmente la direttiva 2001/29. Come la Corte ha ripetutamente statuito, l’incidenza sulle norme dell’Unione determinata dagli impegni internazionali può verificarsi anche in assenza di contraddizione tra essi (101). In ogni caso, come menzionato supra, al punto 143, la natura facoltativa delle eccezioni e limitazioni previste dall’articolo 5, paragrafo 3, lettera b), non è evidentemente in linea con lo spirito e la lettera del Trattato di Marrakech: l’attuazione di tale trattato a livello dell’Unione richiederà inevitabilmente una modifica di tale disposizione.
150. La natura esclusiva della competenza che dev’essere esercitata per la conclusione del Trattato di Marrakech è confermata altresì dal fatto che la Corte, in risposta ad un quesito pregiudiziale riguardante l’interpretazione dell’articolo 5, paragrafo 2, lettera d), della direttiva 2001/29, ha dichiarato che si deve ritenere che, nell’adottare la direttiva 2001/29, il legislatore dell’Unione abbia «esercitato le competenze precedentemente devolute agli Stati membri in materia di proprietà intellettuale». Di conseguenza, essa ha affermato che, nell’ambito di applicazione della direttiva 2001/29, si deve considerare che l’Unione si è sostituita agli Stati membri i quali non sono più competenti ad attuare le disposizioni pertinenti della Convenzione di Berna che ha ispirato le norme contenute nella suddetta direttiva (102). Tali affermazioni appaiono, mutatis mutandis, molto pertinenti nel presente caso.
151. Infine, dal momento che le prevedibili evoluzioni del diritto dell’Unione devono essere prese in considerazione per stabilire se la competenza di cui trattasi sia esclusiva o ripartita, non si può trascurare il fatto che, il 19 maggio 2015, il Consiglio ha deciso di chiedere alla Commissione, ex articolo 241 TFUE, di presentare senza indugio una proposta legislativa di modifica del quadro giuridico dell’Unione al fine di rendere efficaci le norme previste nel Trattato di Marrakech.
152. A mio avviso, una volta che tale modifica sia stata adottata, non vi sarà dubbio che l’Unione avrà esercitato la sua competenza in un modo incompatibile con l’esistenza di una residua competenza esterna degli Stati membri. Qualsiasi azione degli Stati membri, individuale o collettiva, diretta all’assunzione di obblighi con Paesi terzi nel settore oggetto del Trattato di Marrakech inciderà di fatto sulle norme dell’Unione adottate per dare attuazione al trattato stesso.
153. In ogni caso, a prescindere da questa eventuale modifica, la stessa direttiva 2001/29 sembra prevedere, nel preambolo, una possibile azione futura per promuovere l’uniformità nel settore delle eccezioni e limitazioni. Il considerando 32, infatti, esprime la necessità che gli Stati membri progressivamente arrivino «ad applicare in modo coerente [tali disposizioni] e ciò dovrebbe essere valutato al momento del riesame futuro della legislazione di attuazione» (103).
154. Sembra pertanto che le condizioni dettate nell’ultima parte dell’articolo 3, paragrafo 2, TFUE siano soddisfatte.
IV – Conclusione
155. Sulla base delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di rispondere al quesito formulato dalla Commissione nella sua domanda di parere ai sensi dell’articolo 218, paragrafo 11, TFUE nei termini seguenti:
«L’Unione europea ha una competenza esclusiva a concludere il Trattato di Marrakech volto a facilitare l’accesso alle opere pubblicate per le persone non vedenti, con disabilità visive o con altre difficoltà nella lettura di testi a stampa, adottato dall’Organizzazione mondiale della proprietà intellettuale (OMPI) il 27 giugno 2013».