Language of document : ECLI:EU:C:2016:718

SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

22 settembre 2016 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Direttiva 2000/13/CE – Etichettatura e presentazione dei prodotti alimentari – Articolo 1, paragrafo 3, lettera b) – Nozione di “prodotto alimentare in imballaggio preconfezionato” – Articolo 2 – Informazione e tutela dei consumatori – Articolo 3, paragrafo 1, punto 8 – Luogo d’origine o di provenienza di un prodotto – Articolo 13, paragrafo 1 – Etichettatura dei prodotti alimentari in imballaggio preconfezionato – Articolo 13, paragrafo 4 – Imballaggi o recipienti la cui superficie piana più grande è inferiore a 10 cm2 – Direttiva 2001/110/CE – Articolo 2, punto 4 – Indicazione del paese o dei paesi di origine del miele – Porzioni singole di miele imballate in cartoni multipli forniti a collettività – Porzioni singole vendute separatamente o proposte al consumatore finale in abbinamento a pasti pronti venduti ad un prezzo forfettario – Indicazione del paese o dei paesi di origine di tale miele»

Nella causa C‑113/15,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Bayerischer Verwaltungsgerichtshof (Tribunale amministrativo supremo della Baviera, Germania), con decisione dell’11 febbraio 2015, pervenuta in cancelleria il 6 marzo 2015, nel procedimento

Breitsamer und Ulrich GmbH & Co. KG

contro

Landeshauptstadt München,

con l’intervento di:

Landesanwaltschaft Bayern,

LA CORTE (Terza Sezione),

composta da L. Bay Larsen, presidente di sezione, D. Šváby, J. Malenovský, M. Safjan (relatore) e M. Vilaras, giudici,

avvocato generale: E. Sharpston

cancelliere: K. Malacek, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 28 gennaio 2016,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la Breitsamer und Ulrich GmbH & Co. KG, da M. Kraus, Rechtsanwalt;

–        per la Landeshauptstadt München, da S. Groth e K. Eichhorn, in qualità di agenti;

–        per la Landesanwaltschaft Bayern, da R. Käß, Oberlandesanwalt;

–        per la Commissione europea, da S. Grünheid, K. Herbout‑Borczak e K. Skelly, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 5 aprile 2016,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 1, paragrafo 3, lettera b), della direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 marzo 2000, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l’etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari, nonché la relativa pubblicità (GU 2000, L 109, pag. 29), e dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera e), del regolamento (UE) n. 1169/2011 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori, che modifica i regolamenti (CE) n. 1924/2006 e (CE) n. 1925/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio e abroga la direttiva 87/250/CEE della Commissione, la direttiva 90/496/CEE del Consiglio, la direttiva 1999/10/CE della Commissione, la direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, le direttive 2002/67/CE e 2008/5/CE della Commissione e il regolamento (CE) n. 608/2004 della Commissione (GU 2011, L 304, pag. 18).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la Breitsamer und Ulrich GmbH & Co. KG e la Landeshauptstadt München (città di Monaco di Baviera, Germania) relativa all’obbligo di menzionare, su ciascuna delle porzioni singole di miele imballate in cartoni multipli forniti a collettività, il paese di origine di tale miele qualora le citate porzioni siano vendute separatamente o proposte al consumatore finale in abbinamento a piatti pronti venduti ad un prezzo forfettario.

 Contesto normativo

 Diritto dell’Unione

 Direttiva 2000/13

3        I considerando da 4 a 6, 8, 14 e 15 della direttiva 2000/13 erano del seguente tenore:

«(4)      La presente direttiva ha lo scopo di stabilire le norme comunitarie di carattere generale ed orizzontale applicabili a tutti i prodotti alimentari immessi in commercio.

(5)      Le norme di carattere specifico e verticale riguardanti soltanto determinati prodotti alimentari devono invece essere stabilite nell’ambito delle disposizioni che disciplinano tali prodotti.

(6)      Qualsiasi regolamentazione relativa all’etichettatura dei prodotti alimentari deve essere fondata anzitutto sulla necessità d’informare e tutelare i consumatori.

(...)

(8)      Un’etichettatura [dettagliata] concernente la natura esatta e le caratteristiche del prodotto, che consente al consumatore di operare la sua scelta con cognizione di causa, è il mezzo più adeguato in quanto crea meno ostacoli alla libera circolazione delle merci.

(...)

(14)      Le norme di etichettatura devono comportare anche il divieto di indurre in errore l’acquirente o di attribuire ai prodotti alimentari proprietà medicamentose. Per essere efficace, tale divieto deve essere esteso alla presentazione dei prodotti alimentari ed alla relativa pubblicità.

(15)      Per facilitare gli scambi tra gli Stati membri può essere previsto che, nella fase precedente la vendita al consumatore finale, soltanto l’indicazione degli elementi essenziali debba figurare sull’imballaggio esterno e che talune indicazioni obbligatorie che devono corredare un prodotto alimentare preimballato figurino soltanto sui relativi documenti commerciali».

4        L’articolo 1 di tale direttiva stabiliva quanto segue:

«1.      La presente direttiva riguarda l’etichettatura dei prodotti alimentari destinati ad essere consegnati come tali al consumatore finale, nonché determinati aspetti concernenti la loro presentazione e la relativa pubblicità.

2.      La presente direttiva si applica anche ai prodotti alimentari destinati ad essere consegnati a ristoranti, ospedali, mense ed altre collettività analoghe, in appresso denominate “collettività”.

3.      Ai sensi della presente direttiva s’intende per:

a)      etichettatura: le menzioni, indicazioni, marchi di fabbrica o di commercio, immagini o simboli riferentisi ad un prodotto alimentare e figuranti su qualsiasi imballaggio, documento, cartello, etichetta, anello o fascetta che accompagni tale prodotto alimentare o che ad esso si riferisca;

b)      prodotto alimentare in imballaggio preconfezionato: l’unità di vendita destinata ad essere presentata come tale al consumatore finale ed alle collettività, costituita da un prodotto alimentare e dall’imballaggio in cui è stato confezionato prima di essere messo in vendita, avvolta interamente o in parte da tale imballaggio, ma comunque in modo che il contenuto non possa essere modificato senza che l’imballaggio sia aperto o alterato».

5        L’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), punto i), della direttiva in parola così prevedeva:

«L’etichettatura e le relative modalità di realizzazione non devono:

a)      essere tali da indurre in errore l’acquirente, specialmente:

i)      per quanto riguarda le caratteristiche del prodotto alimentare e in particolare la natura, l’identità, le qualità, la composizione, la quantità, la conservazione, l’origine o la provenienza, il modo di fabbricazione o di ottenimento».

6        L’articolo 3, paragrafo 1, punto 8, della medesima direttiva così disponeva:

«Alle condizioni e con le deroghe previste dagli articoli da 4 a 17, l’etichettatura dei prodotti alimentari comporta soltanto le seguenti indicazioni obbligatorie:

(...)

8)      il luogo d’origine o di provenienza, qualora l’omissione di tale indicazione possa indurre in errore il consumatore circa l’origine o la provenienza effettiva del prodotto alimentare».

7        L’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 2000/13 era del seguente tenore:

«Le disposizioni comunitarie applicabili soltanto a determinati prodotti alimentari e non ai prodotti alimentari in generale possono prevedere altre indicazioni obbligatorie oltre a quelle enumerate all’articolo 3.

(...)».

8        L’articolo 8, paragrafo 2, lettera c), della medesima direttiva così recitava:

«Quando un imballaggio preconfezionato è costituito da due o più imballaggi preconfezionati individuali contenenti la stessa quantità dello stesso prodotto, la quantità netta è indicata menzionando la quantità netta contenuta in ciascun imballaggio individuale e il loro numero totale. Tuttavia queste indicazioni non sono obbligatorie quando il numero totale degli imballaggi individuali può essere visto chiaramente e contato facilmente dall’esterno e quando almeno un’indicazione della quantità netta contenta in ciascun imballaggio individuale può essere chiaramente vista dall’esterno».

9        L’articolo 13, paragrafi 1 e 4, di detta direttiva prevedeva quanto segue:

«1.      a)     Se i prodotti alimentari sono preconfezionati, le indicazioni di cui all’articolo 3 e all’articolo 4, paragrafo 2, figurano sull’imballaggio preconfezionato o su un’etichetta legata al medesimo.

b)      In deroga alla lettera a) e fatte salve le disposizioni comunitarie relative alle quantità nominali, se i prodotti alimentari preconfezionati sono:

–        destinati al consumatore finale, ma commercializzati in una fase che precede la vendita a quest’ultimo allorché tale fase non è la vendita ad una collettività,

–        destinati ad essere consegnati alle collettività per esservi preparati, trasformati, frazionati o somministrati,

le indicazioni di cui all’articolo 3 e all’articolo 4, paragrafo 2, possono figurare soltanto sui documenti commerciali relativi a detti prodotti, se è garantito che tali documenti, contenenti tutte le indicazioni dell’etichettatura, accompagnano i prodotti alimentari cui si riferiscono oppure sono stati inviati prima della consegna o contemporaneamente a questa.

c)      Nei casi previsti alla lettera b) le indicazioni previste all’articolo 3, paragrafo 1, punti 1), 5) e 7), nonché eventualmente quella prevista all’articolo 10 figurano anche sull’imballaggio esterno in cui i prodotti alimentari sono presentati per la commerci[a]lizzazione.

(...)

4.      Nel caso delle bottiglie di vetro destinate ad essere riutilizzate sulle quali è indicata in modo indelebile una dicitura e che pertanto non recano né etichetta né anello né fascetta nonché degli imballaggi o recipienti la cui superficie piana più grande è inferiore a 10 cm2 sono obbligatorie soltanto le indicazioni di cui all’articolo 3, paragrafo 1, punti 1), 4) e 5).

(...)».

10      Il successivo articolo 14 della medesima direttiva così recitava:

«Per i prodotti alimentari non presentati in imballaggi preconfezionati per la vendita al consumatore finale ed alle collettività o per i prodotti alimentari confezionati nei luoghi di vendita a richiesta dell’acquirente o preconfezionati ai fini della vendita immediata, gli Stati membri adottano le modalità secondo le quali devono essere fornite le indicazioni di cui all’articolo 3 e all’articolo 4, paragrafo 2.

Purché sia garantita l’informazione dell’acquirente, gli Stati membri possono non rendere obbligatorie tali indicazioni o alcune di esse».

11      In conformità all’articolo 53, paragrafo 1, del regolamento n. 1169/2011, la direttiva 2000/13 è stata abrogata con effetto dal 13 dicembre 2014.

 Direttiva 2001/110/CE

12      Il considerando 5 della direttiva 2001/110/CE del Consiglio, del 20 dicembre 2001, concernente il miele (GU 2002, L 10, pag. 47), è così formulato:

«Le regole generali sull’etichettatura dei prodotti alimentari, enunciate dalla direttiva [2000/13,] dovrebbero applicarsi fatte salve talune condizioni. Tenuto conto dello stretto legame esistente tra qualità e origine del miele, è necessario garantire un’informazione completa su questi punti per evitare di indurre in errore il consumatore sulla qualità del prodotto. Gli interessi specifici del consumatore concernenti le caratteristiche geografiche del miele e la piena trasparenza a tale proposito rendono necessaria l’indicazione, sull’etichetta, del paese d’origine in cui il miele è stato raccolto».

13      L’articolo 1 della direttiva 2001/110 stabilisce quanto segue:

«La presente direttiva si applica ai prodotti definiti nell’allegato I. Questi prodotti soddisfano i requisiti di cui all’allegato II».

14      L’articolo 2 di detta direttiva recita:

«La direttiva [2000/13] si applica ai prodotti definiti nell’allegato I, alle seguenti condizioni:

1)      Il termine “miele” è riservato al prodotto definito nell’allegato I, punto 1 ed è utilizzato nel commercio per designare tale prodotto;

(...)

4)      a)     il paese o i paesi d’origine in cui il miele è stato raccolto devono essere indicati sull’etichetta.

Tuttavia, se il miele è originario di più Stati membri o paesi terzi l’indicazione può essere sostituita da una delle seguenti, a seconda del caso:

–        “miscela di mieli originari della CE”,

–        “miscela di mieli non originari della CE”,

–        “miscela di mieli originari e non originari della CE”.

b)      Ai fini della direttiva [2000/13] e in particolare degli articoli 13, 14, 16 e 17 della medesima, i dettagli da fornire conformemente alla precedente lettera a) sono considerati indicazioni ai sensi dell’articolo 3 di tale direttiva».

15      L’allegato I della direttiva 2001/110 è intitolato «Denominazioni e definizioni dei prodotti».

 Diritto tedesco

 Il regolamento sul miele

16      L’articolo 3, paragrafi 4 e 5, della Honigverordnung (regolamento sul miele), del 16 gennaio 2004 (BGBl. 2004 I, pag. 92), nella versione applicabile alla data dei fatti del procedimento principale (in prosieguo: il «regolamento sul miele»), così dispone:

«(4)      Oltre alle indicazioni prescritte dalla [Lebensmittel-Kennzeichnungsverordnung (regolamento sull’etichettatura dei prodotti alimentari), del 15 dicembre 1999 (BGBl. 1999 I, pag. 2464; in prosieguo: il “regolamento sull’etichettatura dei prodotti alimentari”)], l’etichettatura dei prodotti di cui all’allegato 1 deve contenere le seguenti indicazioni, da apporre ai sensi del paragrafo 5:

1.      Il paese o i paesi d’origine in cui il miele è stato raccolto; in caso di più paesi d’origine è possibile fornire in sostituzione, a seconda dei casi, una delle seguenti indicazioni, a condizione che il miele sia stato ivi raccolto:

a)      “miscela di mieli originari della CE”,

b)      “miscela di mieli non originari della CE”,

c)      “miscela di mieli originari e non originari della CE”.

(...)

(5)      (...) Inoltre, per quanto concerne le modalità di etichettatura ai sensi del paragrafo 4, si applicano mutatis mutandis le disposizioni dell’articolo 3, paragrafo 3, primo e secondo periodo nonché prima parte del terzo periodo, e paragrafo 4, del regolamento sull’etichettatura dei prodotti alimentari».

17      L’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento sul miele vieta la commercializzazione di qualsivoglia prodotto sul quale non compaia l’indicazione prevista dall’articolo 3, paragrafo 4, di detto regolamento.

 Il regolamento sull’etichettatura dei prodotti alimentari

18      L’articolo 1, paragrafo 1, del regolamento sull’etichettatura dei prodotti alimentari così recita:

«Il presente regolamento riguarda l’etichettatura dei prodotti alimentari confezionati in preimballaggi ai sensi dell’articolo 42, paragrafo 1, del [Gesetz über das Inverkehrbringen und die Bereitstellung von Messgeräten auf dem Markt, ihre Verwendung und Eichung sowie über Fertigpackungen (legge sulla commercializzazione e sulla fornitura di strumenti di misura, sull’utilizzo e la taratura di questi ultimi, nonché sui preimballaggi), del 25 luglio 2013 (BGBl. 2013 I, pag. 2722)], destinati al consumatore [articolo 3, paragrafo 4, del Lebensmittel- und Futtermittelgesetzbuch (codice sui prodotti alimentari e sui prodotti destinati all’alimentazione animale)]. I ristoranti, gli esercizi di ristorazione collettiva e gli esercenti di attività aziendali, nei limiti in cui acquistano prodotti alimentari da utilizzarsi all’interno dei loro locali, sono equiparati al consumatore».

19      L’articolo 3, paragrafi 3 e 4, di detto regolamento prevede quanto segue:

«(3)      Le indicazioni previste al paragrafo 1 devono essere apposte sul preimballaggio o su di un’etichetta ad esso unita, in un luogo visibile, in lingua tedesca, e devono essere facilmente comprensibili, chiaramente leggibili e indelebili. Le indicazioni previste al paragrafo 1 possono anche essere fornite in un’altra lingua facilmente comprensibile, purché in tal modo non siano ridotte le informazioni fornite al consumatore. Esse non possono essere coperte o separate da altre indicazioni o elementi grafici; le indicazioni ai sensi del paragrafo 1, punti 1, 4 e 5, e le marcature di quantità previste all’articolo 43, paragrafo 1, della legge sulla commercializzazione e sulla fornitura di strumenti di misura, sull’utilizzo e la taratura di questi ultimi, nonché sui preimballaggi, sono apposte nello stesso campo visivo.

(4)      In deroga al paragrafo 3,

1.      le indicazioni ai sensi del paragrafo 1 relative

a)      ai piatti preparati singoli e pronti per il consumo destinati ai servizi di ristorazione collettiva per il consumo in loco,

b)      ai preimballaggi destinati alla commercializzazione sotto il nome o la ragione sociale di un venditore stabilito in uno Stato membro dell’Unione europea o in un altro Stato firmatario dell’Accordo sullo Spazio economico europeo, in occasione della consegna a tale venditore,

c)      ai prodotti alimentari confezionati in preimballaggi, destinati alla consegna al consumatore ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, secondo periodo, per esservi preparati, trasformati, frazionati o somministrati, (...)

(...)

possono figurare nei documenti commerciali relativi a tali prodotti, quando vi è la garanzia che detti documenti, con tutte le indicazioni in etichetta, accompagnano i prodotti alimentari cui afferiscono, o sono stati inviati prima della consegna o contemporaneamente ad essa. Nell’ipotesi di cui al punto 1, lettere b) e c), le indicazioni menzionate al paragrafo 1, punti 1, 2 e 4, sono parimenti apposte sull’imballaggio esterno dei prodotti alimentari. Nell’ipotesi di cui al paragrafo 2, punto 3, le indicazioni di cui al paragrafo 1, punti 1 e 4, non devono essere apposte nella stessa finestra».

 La legge sulla commercializzazione e sulla fornitura di strumenti di misura, sull’utilizzo e la taratura di questi ultimi, nonché sui preimballaggi

20      Ai sensi dell’articolo 42, paragrafo 1, della legge sulla commercializzazione e sulla fornitura di strumenti di misura, sull’utilizzo e la taratura di questi ultimi, nonché sui preimballaggi, per «preimballaggi» s’intendono gli imballaggi di qualsiasi tipo, nei quali vengono confezionati dei prodotti in assenza dell’acquirente e che in assenza dell’acquirente vengono sigillati, di modo che la quantità dei prodotti contenuti non possa essere modificata senza aprire o alterare palesemente l’imballaggio.

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

21      La Breitsamer und Ulrich, società attiva nel territorio dell’Unione nell’ambito della fabbricazione e del confezionamento del miele, commercializza in particolare un prodotto alimentare denominato «Breitsamer Imkergold» (in prosieguo: il «miele in questione»). Si tratta di uno stesso tipo di miele confezionato in 120 porzioni singole da 20 grammi, che si presentano sotto forma di coppette chiuse da un coperchio di alluminio sigillato (in prosieguo: le «porzioni singole di miele in questione»). Le citate 120 porzioni sono collocate in un cartone multiplo, chiuso da detta società, e vendute in questa forma alle collettività.

22      Su tale cartone multiplo sono apposte le indicazioni obbligatorie relative al prodotto alimentare ivi contenuto e previste dalle direttive 2000/13 e 2001/110, in particolare il paese di origine del miele. Le porzioni singole di miele in questione non riportano siffatta indicazione del paese di origine del miele.

23      Il 30 ottobre 2012 la città di Monaco di Baviera ha inflitto all’amministratore della Breitsamer und Ulrich una sanzione pecuniaria per violazione degli obblighi di legge relativi all’etichettatura previsti nel regolamento sul miele in quanto, nel primo semestre del 2011, tale società aveva commercializzato del miele in porzioni singole prive dell’indicazione del paese di origine del miele stesso.

24      Il 5 novembre 2012 la Breitsamer und Ulrich ha proposto un’azione di accertamento dinanzi al Verwaltungsgericht München (Tribunale amministrativo di Monaco di Baviera, Germania) diretta a far accertare che essa non aveva violato il regolamento sul miele per il fatto di non aver indicato, su ciascuna delle porzioni singole di miele in questione, il paese di origine di tale miele. Con sentenza del 25 settembre 2013, detto giudice ha respinto il ricorso.

25      La Breitsamer und Ulrich ha proposto appello contro tale sentenza dinanzi al Bayerischer Verwaltungsgerichtshof (Corte d’appello amministrativa della Baviera, Germania) deducendo che le porzioni singole di miele in questione non costituivano «prodotti alimentari confezionati in preimballaggi», ai sensi del regolamento sull’etichettatura dei prodotti alimentari, nella versione applicabile alla data dei fatti del procedimento principale. Infatti, non si sarebbe trattato di unità di vendita, dal momento che dette porzioni vengono fornite in cartoni multipli a collettività che non vendono tali porzioni singole.

26      La Breitsamer und Ulrich rinvia parimenti ad un documento intitolato «Domande e risposte sull’applicazione del regolamento (UE) n. 1169/2011 relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori», del 31 gennaio 2013, predisposto da un gruppo di lavoro costituito dalla direzione generale Salute e consumatori della Commissione europea e composto di esperti degli Stati membri (in prosieguo: il «documento del gruppo di esperti»). Secondo il punto 2.1.3 di detto documento, pubblicato sul sito Internet della Commissione, «[c]onsiderando le varie forme in cui gli alimenti sono serviti al consumatore finale negli esercizi di ristorazione, è opportuno sottolineare che le porzioni individuali (ad esempio di confettura, di miele o di mostarda) presentate ai clienti in questi esercizi come parte integrante del pasto non sono considerate come unità di vendita. In questo caso, le informazioni devono pertanto figurare unicamente nell’imballaggio multiplo».

27      Infine, la Breitsamer und Ulrich evidenzia che l’etichettatura delle porzioni singole di miele prodotte da altre aziende o provenienti da Stati membri diversi dalla Repubblica federale di Germania non è stata contestata, sebbene tali porzioni non riportassero l’indicazione del paese di origine di detto miele.

28      La Landesanwaltschaft Bayern (Avvocatura di Stato bavarese, Germania), parte del procedimento principale, sostiene che il diritto dell’Unione mira a fornire al consumatore informazioni le più complete possibili sui prodotti alimentari propostigli e che le porzioni singole di miele in questione non perdono la propria qualità di merci «preimballate» per il fatto di essere imballate in un cartone multiplo chiuso.

29      Secondo il giudice del rinvio, il miele in questione ricade sotto l’allegato I del regolamento sul miele, il quale ha recepito nell’ordinamento tedesco la direttiva 2001/110.

30      Alla luce di ciò, il Bayerischer Verwaltungsgerichtshof (Corte d’appello amministrativa della Baviera) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se porzioni singole confezionate di miele, racchiuse in un imballaggio esterno su cui sono riportati tutti i dati dell’etichettatura – compresa l’indicazione del paese d’origine –, e non destinate ad essere vendute singolarmente al consumatore finale come porzioni confezionate di tal sorta né ad essere consegnate individualmente a delle collettività, configurino un “prodotto alimentare in imballaggio preconfezionato” ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 3, lettera b), della direttiva 2000/13, nonché dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera e), del regolamento n. 1169/2011, soggetto a un corrispondente obbligo di etichettatura, o se siffatte porzioni singole confezionate di miele, non essendo unità di vendita, non costituiscano un prodotto alimentare in imballaggio preconfezionato soggetto all’obbligo di etichettatura.

2)      Se a tale questione debba rispondersi in modo diverso qualora dette porzioni singole confezionate vengano non soltanto distribuite nelle collettività in abbinamento a piatti pronti, ad un prezzo forfettario, ma siano ivi altresì vendute singolarmente».

 Sulle questioni pregiudiziali

31      Con le sue questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 1, paragrafo 3, lettera b), della direttiva 2000/13 debba essere interpretato nel senso che costituisce un «prodotto alimentare in imballaggio preconfezionato» ciascuna delle porzioni singole di miele che si presentano sotto forma di coppette chiuse da un coperchio di alluminio sigillato e che sono imballate in cartoni multipli forniti a collettività, qualora queste ultime vendano tali porzioni separatamente ovvero le propongano al consumatore finale abbinate a pasti pronti venduti ad un prezzo forfettario.

32      In via preliminare, si deve rilevare che, in base al tenore delle questioni poste dal giudice del rinvio, le porzioni singole di miele in questione possono essere vendute separatamente al consumatore finale nell’ambito di collettività, circostanza questa che viene contestata dalla Breitsamer und Ulrich.

33      A tal proposito, secondo consolidata giurisprudenza della Corte, le questioni relative all’interpretazione del diritto dell’Unione sollevate dal giudice nazionale nel contesto normativo e fattuale che egli definisce sotto la propria responsabilità, e del quale non spetta alla Corte verificare l’esattezza, godono di una presunzione di rilevanza. La Corte può rifiutare di pronunciarsi su una questione pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale solo quando risulta manifestamente che l’interpretazione del diritto dell’Unione richiesta non ha alcuna relazione con la realtà o con l’oggetto del procedimento principale, quando il problema è di natura ipotetica o quando la Corte non dispone degli elementi di fatto e di diritto necessari per fornire una soluzione utile alle questioni che le vengono sottoposte (v. sentenze del 5 dicembre 2006, Cipolla e a., C‑94/04 e C‑202/04, EU:C:2006:758, punto 25, nonché del 7 aprile 2016, KA Finanz, C‑483/14, EU:C:2016:205, punto 41).

34      Detta presunzione di rilevanza non può essere messa in discussione dalla semplice circostanza che una delle parti nel procedimento principale contesti taluni fatti di cui non spetta alla Corte verificare l’esattezza e dai quali dipende la definizione dell’oggetto della controversia in esame (v. sentenze del 5 dicembre 2006, Cipolla e a., C‑94/04 e C‑202/04, EU:C:2006:758, punto 26, nonché del 14 aprile 2016, Polkomtel, C‑397/14, EU:C:2016:256, punto 38).

35      Nel caso di specie, la questione se le porzioni singole di miele in questione siano vendute anche separatamente attiene all’ambito fattuale della controversia principale, che non spetta alla Corte verificare.

36      Alla luce di ciò, si deve rispondere alle questioni pregiudiziali poste dal Bayerischer Verwaltungsgerichtshof (Corte d’appello amministrativa della Baviera). Ciò detto, per quanto concerne il regolamento n. 1169/2011, la Corte non dispone degli elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere utilmente, relativamente a tale regolamento, alle questioni postele.

37      Ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 3, lettera b), della direttiva 2000/13 per «prodotto alimentare in imballaggio preconfezionato», ai sensi di detta direttiva, deve intendersi l’unità di vendita destinata ad essere presentata come tale al consumatore finale ed alle collettività, costituita da un prodotto alimentare e dall’imballaggio in cui è stato confezionato prima di essere messo in vendita, avvolta interamente o in parte da tale imballaggio, ma comunque in modo che il contenuto non possa essere modificato senza che l’imballaggio sia aperto o alterato.

38      In virtù dell’articolo 13, paragrafo 1, lettera a), della citata direttiva, quando i prodotti alimentari sono preconfezionati, le indicazioni di cui all’articolo 3 e all’articolo 4, paragrafo 2, di tale direttiva devono figurare sull’imballaggio preconfezionato o su un’etichetta legata al medesimo.

39      A tal proposito, l’articolo 3, paragrafo 1, punto 8, della medesima direttiva prevede che, tra tali indicazioni, figuri il luogo di origine o di provenienza qualora l’omissione di tale indicazione possa indurre in errore il consumatore circa l’origine o la provenienza effettiva del prodotto alimentare.

40      Secondo i considerando 4 e 5 della direttiva 2000/13, quest’ultima ha lo scopo di stabilire norme di carattere generale ed orizzontale applicabili a tutti i prodotti alimentari immessi in commercio, mentre le norme di carattere specifico e verticale riguardanti soltanto determinati prodotti alimentari devono essere stabilite nell’ambito delle disposizioni che disciplinano tali prodotti.

41      Occorre constatare che la direttiva 2001/110 stabilisce siffatte norme di carattere specifico per quanto concerne il miele. Infatti, conformemente al suo articolo 1, tale direttiva si applica ai prodotti definiti nel suo allegato I. Nel caso di specie, è pacifico che il miele in questione costituisce un prodotto siffatto.

42      Orbene, l’articolo 2, primo periodo, della direttiva 2001/110 dispone che la direttiva 2000/13 si applica ai prodotti definiti nell’allegato I della medesima direttiva 2001/110, a determinate condizioni. Quanto all’articolo 2, punto 4, lettera a), della direttiva 2001/110, esso prevede, in sostanza, che, ai fini della direttiva 2000/13 e in particolare degli articoli 13 e 14 della stessa, l’indicazione dell’origine del miele sia considerata un’indicazione ai sensi dell’articolo 3 della medesima direttiva 2000/13.

43      Tali disposizioni sono esplicitate dal considerando 5 della direttiva 2001/110, per il quale «[l]e regole generali sull’etichettatura dei prodotti alimentari, enunciate dalla direttiva [2000/13,] dovrebbero applicarsi fatte salve talune condizioni. Tenuto conto dello stretto legame esistente tra qualità e origine del miele, è necessario garantire un’informazione completa su questi punti per evitare di indurre in errore il consumatore sulla qualità del prodotto. Gli interessi specifici del consumatore concernenti le caratteristiche geografiche del miele e la piena trasparenza a tale proposito rendono necessaria l’indicazione, sull’etichetta, del paese d’origine in cui il miele è stato raccolto».

44      Risulta pertanto dalla lettura congiunta delle citate due direttive che, nel caso di un prodotto cui si applica la direttiva 2001/110, l’indicazione del paese di origine del miele deve obbligatoriamente figurare sull’imballaggio preconfezionato o su un’etichetta legata al medesimo, dal momento che l’omissione di tale indicazione può comunque indurre in errore il consumatore circa l’origine o la provenienza effettiva di detto miele, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, punto 8, della direttiva 2000/13.

45      Peraltro, l’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva da ultimo citata precisa che questa si applica anche ai prodotti alimentari destinati ad essere consegnati a ristoranti, ospedali, mense ed altre collettività analoghe, denominate «collettività». Nel caso di specie, come risulta dalla decisione di rinvio, le porzioni singole di miele in questione, imballate in cartoni multipli, sono state consegnate a siffatte collettività.

46      Tuttavia, si deve verificare se le deroghe previste, rispettivamente, all’articolo 13, paragrafo 1, lettera b), e all’articolo 14 della direttiva 2000/13 non trovino applicazione in circostanze quali quelle di cui al procedimento principale.

47      Per quanto concerne, in primo luogo, l’articolo 13, paragrafo 1, lettera b), primo e secondo trattino, della citata direttiva, esso prevede che, da un lato, se i prodotti alimentari preconfezionati sono destinati al consumatore finale, ma commercializzati in una fase che precede la vendita a quest’ultimo allorché tale fase non è la vendita ad una collettività, e, dall’altro lato, se i prodotti alimentari preconfezionati sono destinati ad essere consegnati alle collettività per esservi preparati, trasformati, frazionati o somministrati, le indicazioni di cui all’articolo 3 e all’articolo 4, paragrafo 2, della medesima direttiva possono figurare soltanto sui documenti commerciali relativi a detti prodotti, se è garantito che tali documenti, contenenti tutte le indicazioni di etichettatura, accompagnano i prodotti alimentari cui si riferiscono oppure sono stati inviati prima della consegna o contemporaneamente a questa.

48      Si deve però osservare che dette disposizioni non trovano applicazione in circostanze quali quelle di cui al procedimento principale. Infatti, come risulta dalla decisione di rinvio, le porzioni singole di miele in questione si presentano sotto forma di coppette chiuse da un coperchio di alluminio sigillato dalla Breitsamer und Ulrich e vengono presentate in questa stessa forma al consumatore finale dalla collettività alla quale esse sono state consegnate.

49      Pertanto, da un lato, sebbene dette porzioni destinate al consumatore finale siano commercializzate in una fase anteriore alla vendita a quest’ultimo, esse sono vendute a collettività, contrariamente all’ipotesi di cui all’articolo 13, paragrafo 1, lettera b), primo trattino, della direttiva 2000/13. Dall’altro lato, il miele in questione non è preparato, trasformato, frazionato o somministrato da dette collettività, ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 1, lettera b), secondo trattino, di tale direttiva.

50      Per quanto concerne, in secondo luogo, l’articolo 14 della direttiva 2000/13, esso dispone che, per i prodotti alimentari non presentati in imballaggi preconfezionati per la vendita al consumatore finale ed alle collettività, o per i prodotti alimentari confezionati nei luoghi di vendita a richiesta dell’acquirente o preconfezionati ai fini della vendita immediata, gli Stati membri adottano le modalità secondo le quali devono essere fornite le indicazioni di cui all’articolo 3 e all’articolo 4, paragrafo 2, della citata direttiva e possono rendere non obbligatorie tali indicazioni o alcune di esse, purché sia garantita l’informazione dell’acquirente.

51      Nel caso di specie, è pacifico che le porzioni singole di miele in questione non sono confezionate nei luoghi di vendita a richiesta dell’acquirente o preconfezionate ai fini della vendita immediata, di modo che le ipotesi previste a detto articolo 14 non rilevano.

52      Pertanto, tenuto conto dell’ipotesi disciplinata dall’articolo 13, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2000/13, l’obbligo di etichettare porzioni singole di miele quali quelle di cui al procedimento principale, e quindi di apporvi l’indicazione del o dei paesi di origine di detto miele, in conformità all’articolo 2, punto 4, lettera a), della direttiva 2001/110, dipende dalla questione se tali porzioni debbano essere considerate come «prodotto alimentare in imballaggio preconfezionato», ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 3, lettera b), della direttiva 2000/13.

53      A tal proposito, risulta dall’articolo 8, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 2000/13 che un imballaggio preconfezionato può essere costituito da due o più imballaggi singoli preconfezionati. Pertanto, il semplice fatto che i cartoni multipli in cui sono imballate le porzioni singole di miele in questione possano essi stessi essere qualificati come imballaggi preconfezionati non può comportare che tali porzioni singole non possano costituire un «prodotto alimentare in imballaggio preconfezionato», ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 3, lettera b), della direttiva 2000/13.

54      Nel caso di specie, porzioni singole di miele quali quelle di cui al procedimento principale soddisfano molte delle condizioni poste dall’articolo 1, paragrafo 3, lettera b), della direttiva 2000/13 per essere qualificate quali «prodott[i] alimentar[i] in imballaggio preconfezionato», ai sensi di detta disposizione.

55      Infatti, come risulta dagli elementi di fatto di cui al punto 48 della presente sentenza, da un lato, le porzioni singole di miele in questione sono destinate ad essere presentate come tali al consumatore finale in seguito all’apertura del cartone multiplo da parte della collettività alla quale quest’ultimo è stato consegnato e, dall’altro lato, dette porzioni sono state confezionate prima della loro messa in vendita e il loro imballaggio le ricopre integralmente, in modo che il loro contenuto non possa essere modificato senza che l’imballaggio sia aperto o alterato.

56      Tuttavia, occorre osservare che sussistono talune divergenze tra le diverse versioni linguistiche dell’articolo 1, paragrafo 3, lettera b), della direttiva 2000/13.

57      Infatti, le versioni in lingua inglese («any single item») e in lingua polacca [«każd(a) pojedyncz(a) sztuk(a)»], in particolare, fanno uso di termini che si riferiscono ad un’unità singola, senza altra qualificazione. Per contro, altre versioni linguistiche della medesima disposizione, quali le versioni in lingua spagnola («la unidad de venta»), in lingua tedesca («die Verkaufseinheit») o in lingua francese («l’unité de vente»), riguardano anch’esse un’unità singola, ma fanno riferimento altresì alla nozione di «vendita».

58      Secondo una costante giurisprudenza della Corte, la formulazione utilizzata in una delle versioni linguistiche di una disposizione del diritto dell’Unione non può essere l’unico elemento a sostegno dell’interpretazione di questa disposizione, né si può attribuire ad essa un carattere prioritario rispetto alle altre versioni linguistiche. Le disposizioni del diritto dell’Unione, infatti, devono essere interpretate ed applicate in modo uniforme, alla luce delle versioni vigenti in tutte le lingue dell’Unione. In caso di difformità tra le diverse versioni linguistiche di un testo del diritto dell’Unione, la disposizione di cui trattasi deve essere intesa in funzione dell’economia generale e della finalità della normativa di cui fa parte (sentenze del 27 marzo 1990, Cricket St Thomas, C‑372/88, EU:C:1990:140, punti 18 e 19; del 15 novembre 2012, Kurcums Metal, C‑558/11, EU:C:2012:721, punto 48, nonché del 17 marzo 2016, Kødbranchens Fællesråd, C‑112/15, EU:C:2016:185, punto 36).

59      Per quanto concerne l’economia generale della direttiva 2000/13, si deve rilevare che, sebbene vi sia un divergenza tra le diverse versioni linguistiche dell’articolo 1, paragrafo 3, lettera b), di tale direttiva, detta disposizione, in ogni caso, menziona la messa in «vendita», e ciò indifferentemente nelle lingue spagnola («puesto a la venta»), tedesca («vor dem Feilbieten»), inglese («being offered for sale»), francese («présentation à la vente») o polacca («oferowanie na sprzedaż»).

60      L’articolo 13, paragrafo 1, della citata direttiva, relativo ai prodotti alimentari preconfezionati, fa parimenti riferimento alla «vendita» dei prodotti alimentari. Allo stesso modo, l’articolo 14 della direttiva 2000/13 fa riferimento al caso in cui i prodotti alimentari non siano presentati in imballaggi preconfezionati per la «vendita» al consumatore finale ed alle collettività.

61      Peraltro, altre disposizioni di detta direttiva concernono l’«acquirente». Oltre al citato articolo 14, l’articolo 2, paragrafo 1, lettera a), punto i), di detta direttiva dispone che l’etichettatura e le relative modalità di realizzazione non devono essere tali da indurre in errore l’«acquirente», specialmente per quanto riguarda le caratteristiche del prodotto alimentare, tra le quali vi è l’origine o la provenienza dello stesso.

62      Pertanto, si evince dall’economia generale della direttiva 2000/13 che, oltre alle altre condizioni previste all’articolo 1, paragrafo 3, lettera b), di quest’ultima, l’obbligo di etichettatura in virtù dell’articolo 13, paragrafo 1, della medesima direttiva riguarda i prodotti alimentari destinati ad essere presentati come tali alla vendita al consumatore finale e alle collettività.

63      Tale ipotesi può assumere la forma di una vendita separata al consumatore finale, in una collettività, di porzioni singole di miele quali quelle di cui al procedimento principale, ad esempio in un ristorante o in una mensa.

64      Una simile ipotesi può presentarsi anche allorché dette porzioni vengono proposte in abbinamento ad un pasto pronto, venduto a un prezzo forfettario, ad esempio come parte integrante di un menù predisposto da un esercizio di ristorazione collettiva o come elemento disponibile al buffet di un hotel.

65      Infatti, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 54 delle conclusioni, tale forfait copre tutti i beni e i servizi necessari per la fornitura di tale pasto e include quindi le diverse componenti di quest’ultimo, ivi comprese, eventualmente, porzioni singole di miele quali quelle di cui al procedimento principale.

66      Una simile interpretazione dell’articolo 1, paragrafo 3, lettera b), della direttiva 2000/13 è suffragata dalla finalità di quest’ultima.

67      Infatti, risulta tanto dal considerando 6 di detta direttiva che dal suo articolo 2 che essa è stata concepita con l’intento di informare e tutelare il consumatore finale dei prodotti alimentari, segnatamente per quanto concerne la natura, l’identità, le qualità, la composizione, la quantità, la conservazione, l’origine o la provenienza e il modo di fabbricazione o di ottenimento di questi prodotti (sentenza del 23 novembre 2006, Lidl Italia, C‑315/05, EU:C:2006:736, punto 47 e giurisprudenza ivi citata).

68      A tale riguardo, come enunciato al considerando 8 della direttiva 2000/13, l’etichettatura dettagliata concernente la natura esatta e le caratteristiche del prodotto deve consentire al consumatore di operare la propria scelta con cognizione di causa.

69      Di conseguenza, tale direttiva impone che l’acquirente disponga di un’informazione corretta, imparziale e obiettiva che non lo induca in errore (v., in tal senso, sentenza del 4 giugno 2015, Teekanne, C‑195/14, EU:C:2015:361, punto 32 e la giurisprudenza ivi citata).

70      Orbene, come rilevato al punto 43 della presente sentenza, risulta dal considerando 5 della direttiva 2001/110 che l’interesse specifico del consumatore riguardo alle caratteristiche geografiche del miele e la piena trasparenza a tale proposito rendono necessaria l’indicazione, sull’etichetta, del paese d’origine in cui il miele è stato raccolto.

71      Una siffatta indicazione apposta su porzioni singole di miele quali quelle di cui al procedimento principale contribuisce pertanto – per quanto riguarda la decisione di acquistare separatamente o di consumare o meno detto miele allorché questo viene proposto quale parte integrante o disponibile di un pasto pronto venduto a un prezzo forfettario – a consentire al consumatore finale di operare la propria scelta con piena cognizione di causa.

72      Si deve aggiungere che, ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 4, della direttiva 2000/13, nel caso di imballaggi o recipienti la cui superficie piana più grande è inferiore a 10 cm2, sono obbligatorie soltanto le indicazioni di cui all’articolo 3, paragrafo 1, punti 1, 4 e 5, di detta direttiva. Di conseguenza, in tale situazione, l’indicazione del paese di origine, che figura al punto 8 del citato articolo 3, paragrafo 1, non sarebbe necessaria.

73      Tutte le parti interessate presenti all’udienza hanno sostenuto che la superficie piana più grande delle porzioni singole di miele in questione era superiore a 10 cm2.

74      Spetta al giudice del rinvio verificare se tale superficie sia effettivamente superiore a 10 cm2. Ove così non fosse, ai sensi dell’articolo 13, paragrafo 4, della direttiva 2000/13, non sussisterebbe l’obbligo di far figurare su porzioni singole di miele quali quelle di cui al procedimento principale il paese di origine di detto miele.

75      Ove invece si versasse in tale ipotesi, risulta dalle considerazioni sopra esposte che costituisce un «prodotto alimentare in imballaggio preconfezionato», assoggettato a questo titolo all’obbligo di indicazione del paese di origine del miele, ciascuna delle porzioni singole che si presentano sotto forma di coppette chiuse da un coperchio in alluminio sigillato, imballate in un cartone multiplo chiuso ad opera di un imprenditore del settore alimentare e vendute in tale forma alle collettività, qualora quest’ultime vendano dette porzioni separatamente o le propongano al consumatore finale abbinate a pasti pronti venduti ad un prezzo forfettario.

76      Nessuno degli argomenti proposti in favore dell’assenza di un obbligo di etichettatura delle porzioni singole di miele quali quelle di cui al procedimento principale è atto a revocare in dubbio tale interpretazione.

77      Da un lato, in base ad un primo argomento, si evincerebbe dal documento del gruppo di esperti, citato al punto 26 della presente sentenza, che coppette singole di miele presentate al consumatore finale quale parte integrante del pasto in un esercizio di ristorazione non sono considerate quali unità di vendita e che, pertanto, l’indicazione dell’origine di detto miele deve comparire solamente sul cartone multiplo.

78      Tuttavia, è sufficiente rilevare che il documento del gruppo di esperti non ha alcun valore vincolante. È d’altronde lo stesso documento in parola ad affermare, al punto 1, che esso non ha alcun valore giuridico ufficiale e che, in caso di controversia, l’interpretazione della normativa dell’Unione spetta in ultima istanza alla Corte.

79      Dall’altro lato, in base ad un secondo argomento, l’imprenditore del settore alimentare potrebbe apporre su ciascuna delle porzioni singole di miele un’indicazione quale «non vendibile separatamente», con la conseguenza che, in assenza di vendita separata, l’indicazione del paese di origine del miele su ciascuna di dette porzioni non sarebbe richiesta dalla direttiva 2000/13.

80      Tuttavia, come osservato ai punti 63 e 64 della presente sentenza, l’obbligo di etichettatura delle porzioni singole di miele quali quelle di cui al procedimento principale, conformemente all’articolo 13, paragrafo 1, lettera a), della direttiva 2000/13, riguarda in particolare l’ipotesi in cui tali porzioni siano destinate ad essere presentate come tali alla vendita al consumatore finale in una collettività, ossia quando le citate porzioni sono vendute separatamente o quando esse sono abbinate ad un pasto pronto venduto ad un prezzo forfettario.

81      Ciò premesso, non vi è luogo ad operare una distinzione a seconda che la vendita di porzioni singole di miele quali quelle di cui al procedimento principale costituisca o meno una vendita separata.

82      Alla luce delle considerazioni che precedono, si deve rispondere alle questioni poste dichiarando che l’articolo 1, paragrafo 3, lettera b), della direttiva 2000/13 dev’essere interpretato nel senso che costituisce un «prodotto alimentare in imballaggio preconfezionato» ciascuna delle porzioni singole di miele che si presentano sotto forma di coppette chiuse da un coperchio in alluminio sigillato e che sono imballate in cartoni multipli forniti a collettività, qualora queste ultime vendano dette porzioni separatamente o le propongano al consumatore finale abbinate a pasti pronti venduti ad un prezzo forfettario.

 Sulle spese

83      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:

L’articolo 1, paragrafo 3, lettera b), della direttiva 2000/13/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 marzo 2000, relativa al ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri concernenti l’etichettatura e la presentazione dei prodotti alimentari, nonché la relativa pubblicità, dev’essere interpretato nel senso che costituisce un «prodotto alimentare in imballaggio preconfezionato» ciascuna delle porzioni singole di miele che si presentano sotto forma di coppette chiuse da un coperchio in alluminio sigillato e che sono imballate in cartoni multipli forniti a collettività, qualora queste ultime vendano dette porzioni separatamente o le propongano al consumatore finale abbinate a pasti pronti venduti ad un prezzo forfettario.

Firme


* Lingua processuale: il tedesco.