Language of document : ECLI:EU:C:2017:436

SENTENZA DELLA CORTE (Quinta Sezione)

8 giugno 2017 (*)

[Testo rettificato con ordinanza del 12 giugno 2017]

[Testo rettificato con ordinanza del 14 settembre 2017]

«Rinvio pregiudiziale – Cooperazione giudiziaria in materia civile – Competenza, riconoscimento ed esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale – Sottrazione internazionale di minori – Convenzione dell’Aja del 25 ottobre 1980 – Regolamento (CE) n. 2201/2003 – Articolo 11 – Domanda di ritorno – Nozione di “residenza abituale” di un lattante – Minore nato, conformemente alla volontà dei suoi genitori, in uno Stato membro diverso da quello della loro residenza abituale – Soggiorno ininterrotto del minore durante i primi mesi di vita nel suo Stato membro di nascita – Decisione della madre di non far ritorno nello Stato membro dove si trovava la residenza abituale della coppia»

Nella causa C‑111/17 PPU,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Monomeles Protodikeio Athinon (Tribunale monocratico di Atene, Grecia), con decisione del 28 febbraio 2017, pervenuta in cancelleria il 7 marzo 2017, nel procedimento

OL

contro

PQ,

LA CORTE (Quinta Sezione),

composta da J.L. da Cruz Vilaça (relatore), presidente di sezione, M. Berger, A. Borg Barthet, E. Levits e F. Biltgen, giudici,

avvocato generale: N. Wahl

cancelliere: L. Hewlett, amministratore principale

vista la domanda del giudice del rinvio del 28 febbraio 2017, pervenuta alla Corte il 7 marzo 2017, di applicare al rinvio pregiudiziale il procedimento d’urgenza, conformemente all’articolo 107 del regolamento di procedura della Corte,

vista la decisione della Quinta Sezione del 16 marzo 2017, di accogliere detta domanda,

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 4 maggio 2017,

considerate le osservazioni presentate:

–        per OL, da C. Athanasopoulos e A. Alexopoulou, dikigoroi;

–        per PQ, da S. Sfakianaki, dikigoros;

–        per il governo ellenico, da T. Papadopoulou, G. Papadaki e A. Magrippi, in qualità di agenti;

–        [Come rettificato con ordinanza del 14 settembre 2017] per il governo del Regno Unito, da S. Brandon, in qualità di agente, assistito da E. Devereaux, QC;

–        per la Commissione europea, da M. Konstantinidis, M. Wilderspin e A. Katsimerou, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 16 maggio 2017,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 11, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio, del 27 novembre 2003, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, che abroga il regolamento (CE) n. 1347/2000 (GU 2003, L 338, pag. 1).

2        Questa domanda è stata presentata nel quadro di una controversia che vede opposti OL a PQ in merito a una domanda di ritorno, presentata da OL, della loro figlia che si trova in Grecia, Stato membro dove quest’ultima è nata e risiede con sua madre, in Italia, dove si trovava la residenza abituale della coppia prima della nascita del minore.

 Contesto normativo

 Diritto internazionale

3        La convenzione sugli aspetti civili della sottrazione internazionale di minori, conclusa all’Aja il 25 ottobre 1980 (in prosieguo: la «convenzione dell’Aia del 1980»), ha lo scopo, come si evince dal suo preambolo, segnatamente, di proteggere il minore, sul piano internazionale, contro gli effetti nocivi di un trasferimento o di un mancato ritorno illeciti e di stabilire procedure che garantiscano il ritorno immediato del minore nello Stato della sua residenza abituale. Questa convenzione è stata ratificata da tutti gli Stati membri dell’Unione europea.

4        L’articolo 1 della Convenzione dell’Aia del 1980 così dispone:

«La presente convenzione ha come fine:

a)      di assicurare l’immediato rientro dei minori illecitamente trasferiti o trattenuti in qualsiasi Stato contraente;

b)      di assicurare che i diritti di affidamento e di visita previsti in uno Stato contraente siano effettivamente rispettati negli altri Stati contraenti».

5        Ai sensi dell’articolo 3 di tale convenzione:

«Il trasferimento o il mancato ritorno di un minore è considerato illecito:

a)      quando avviene in violazione dei diritti di custodia assegnati ad una persona, istituzione o ogni altro ente, congiuntamente o individualmente, in base alla legislazione dello Stato nel quale il minore aveva la sua residenza abituale immediatamente prima del suo trasferimento o del suo mancato rientro; e

b)      se tale diritto era effettivamente esercitato, individualmente o congiuntamente, al momento del trasferimento o del mancato ritorno, o avrebbe potuto esserlo se non si fossero verificate tali circostanze.

Il diritto di custodia di cui alla lettera a) può derivare in particolare direttamente dalla legge, da una decisione giudiziaria o amministrativa, o da un accordo in vigore in base alla legislazione del predetto Stato».

6        L’articolo 5, lettera a), di detta convenzione prevede che, ai sensi della medesima, il «diritto di custodia» comprende il diritto vertente sulla cura della persona del minore e, in particolare, quello di decidere in merito al luogo di residenza.

7        L’articolo 8 della citata convenzione precisa quanto segue:

«Ogni persona, istituzione od ente, che adduca che un minore è stato trasferito o trattenuto in violazione di un diritto di custodia, può rivolgersi sia all’Autorità centrale della residenza abituale del minore, sia a quella di ogni altro Stato contraente, al fine di ottenere assistenza per assicurare il ritorno del minore.

(…)».

8        L’articolo 11, primo comma, della convenzione dell’Aia del 1980 prevede che le autorità giudiziarie o amministrative di ogni Stato contraente devono procedere d’urgenza al fine del ritorno del minore.

 Diritto dell’Unione

9        I considerando 12 e 17 del regolamento n. 2201/2003 così recitano:

«(12)      È opportuno che le regole di competenza in materia di responsabilità genitoriale accolte nel presente regolamento si informino all’interesse superiore del minore e in particolare al criterio di vicinanza. Ciò significa che la competenza giurisdizionale appartiene anzitutto ai giudici dello Stato membro in cui il minore risiede abitualmente, salvo ove si verifichi un cambiamento della sua residenza o in caso di accordo fra i titolari della responsabilità genitoriale.

(…)

(17)      In caso di trasferimento o mancato rientro illeciti del minore, si dovrebbe ottenerne immediatamente il ritorno e a tal fine dovrebbe continuare ad essere applicata la convenzione dell’Aia del (…) 1980, quale integrata dalle disposizioni del presente regolamento, in particolare l’articolo 11. (…)».

10      L’articolo 2 di tale regolamento contiene le seguenti definizioni:

«(…)

7)      “responsabilità genitoriale”: i diritti e doveri di cui è investita una persona fisica o giuridica in virtù di una decisione giudiziaria, della legge o di un accordo in vigore riguardanti la persona o i beni di un minore. Il termine comprende, in particolare, il diritto di affidamento e il diritto di visita;

8)      “titolare della responsabilità genitoriale”: qualsiasi persona che eserciti la responsabilità di genitore su un minore;

9)      “diritto di affidamento”: i diritti e doveri concernenti la cura della persona di un minore, in particolare il diritto di intervenire nella decisione riguardo al suo luogo di residenza;

(…)

11)      “trasferimento illecito o mancato ritorno del minore”: il trasferimento o il mancato rientro di un minore:

a)      quando avviene in violazione dei diritti di affidamento derivanti da una decisione, dalla legge o da un accordo vigente in base alla legislazione dello Stato membro nel quale il minore aveva la sua residenza abituale immediatamente prima del suo trasferimento o del suo mancato rientro

e

b)      se il diritto di affidamento era effettivamente esercitato, individualmente o congiuntamente, al momento del trasferimento del minore o del suo mancato rientro, o lo sarebbe stato se non fossero sopravvenuti tali eventi. L’affidamento si considera esercitato congiuntamente da entrambi i genitori quan[d]o uno dei titolari della responsabilità genitoriale non può, conformemente ad una decisione o al diritto nazionale, decidere il luogo di residenza del minore senza il consenso dell’altro titolare della responsabilità genitoriale».

11      Ai sensi dell’articolo 8 del regolamento, intitolato «Competenza generale»:

«1.      Le autorità giurisdizionali di uno Stato membro sono competenti per le domande relative alla responsabilità genitoriale su un minore, se il minore risiede abitualmente in quello Stato membro alla data in cui sono aditi.

2.      Il paragrafo 1 si applica fatte salve le disposizioni degli articoli 9, 10 e 12».

12      L’articolo 10 del medesimo regolamento, intitolato «Competenza nei casi di sottrazione di minori», stabilisce quanto segue:

«In caso di trasferimento illecito o mancato rientro del minore, l’autorità giurisdizionale dello Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale immediatamente prima del trasferimento o del mancato rientro conserva la competenza giurisdizionale fino a che il minore non abbia acquisito la residenza in un altro Stato membro e:

a)      se ciascuna persona, istituzione o altro ente titolare del diritto di affidamento ha accettato il trasferimento o mancato rientro;

o

b)      se il minore ha soggiornato in quell’altro Stato membro almeno per un anno da quando la persona, istituzione o altro ente titolare del diritto di affidamento ha avuto conoscenza, o avrebbe dovuto avere conoscenza, del luogo in cui il minore si trovava e il minore si è integrato nel nuovo ambiente e se ricorre una qualsiasi delle seguenti condizioni:

i)      entro un anno da quando il titolare del diritto di affidamento ha avuto conoscenza, o avrebbe dovuto avere conoscenza, del luogo in cui il minore si trovava non è stata presentata alcuna domanda di ritorno del minore dinanzi alle autorità competenti dello Stato membro nel quale il minore è stato trasferito o dal quale non ha fatto rientro;

ii)      una domanda di ritorno presentata dal titolare del diritto di affidamento è stata ritirata e non è stata presentata una nuova domanda entro il termine di cui al punto i);

iii)      un procedimento dinanzi all’autorità giurisdizionale dello Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale immediatamente prima del trasferimento o del mancato rientro è stato definito a norma dell’articolo 11, paragrafo 7;

iv)      l’autorità giurisdizionale dello Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale immediatamente prima dell’illecito trasferimento o del mancato ritorno ha emanato una decisione di affidamento che non prevede il ritorno del minore».

13      L’articolo 11 del regolamento n. 2201/2003, intitolato «Ritorno del minore», così dispone:

«1.      Quando una persona, istituzione o altro ente titolare del diritto di affidamento adisce le autorità competenti di uno Stato membro affinché emanino un provvedimento in base alla convenzione dell’Aia del (…) 1980 per ottenere il ritorno di un minore che è stato illecitamente trasferito o trattenuto in uno Stato membro diverso dallo Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale immediatamente prima dell’illecito trasferimento o mancato ritorno, si applicano i paragrafi da 2 a 8.

(…)

3.      Un’autorità giurisdizionale alla quale è stata presentata la domanda per il ritorno del minore di cui al paragrafo 1 procede al rapido trattamento della domanda stessa, utilizzando le procedure più rapide previste nella legislazione nazionale.

Fatto salvo il primo comma l’autorità giurisdizionale, salvo nel caso in cui circostanze eccezionali non lo consentano, emana il provvedimento al più tardi sei settimane dopo aver ricevuto la domanda.

(…)».

 Diritto ellenico

14      Dalle informazioni contenute nella decisione di rinvio risulta che, in Grecia, una domanda di ritorno, ai sensi della convenzione dell’Aia del 1980, dev’essere depositata presso il Monomeles Protodikeio (Tribunale monocratico) del luogo in cui il minore interessato si trova in esito alla sua sottrazione o a quello del domicilio dell’autore di detta sottrazione. Una siffatta domanda può essere proposta o dal Ministero della Giustizia – il quale, in detto Stato membro, è l’autorità centrale competente per le domande di ritorno – o direttamente dalla persona, dall’istituzione o dall’ente che reclama il diritto di affidamento sul minore. Questa domanda è trattata con procedimento sommario, ma la decisione presa dal giudice adito decide in via definitiva la controversia relativa al ritorno del minore.

 Procedimento principale e questione pregiudiziale

15      Dalla decisione di rinvio nonché dalle osservazioni scritte e orali presentate alla Corte si ricava che OL, cittadino italiano, e PQ, cittadina greca, hanno contratto matrimonio il 1o dicembre 2013 in Italia, Stato membro dove si sono poi stabiliti, insieme, nel comune di Sassoferrato.

16      All’epoca in cui PQ era incinta di otto mesi, i coniugi hanno convenuto che essa avrebbe dato alla luce il loro figlio ad Atene (Grecia), dove essa avrebbe potuto beneficiare dell’assistenza della sua famiglia paterna, e che, in seguito, PQ avrebbe fatto ritorno al domicilio coniugale in Italia con quest’ultimo.

17      Gli sposi si sono così recati ad Atene dove PQ ha dato alla luce, il 3 febbraio 2016, una bambina che, da quel momento, dimora ivi con la madre. Successivamente, OL è ripartito in Italia. Secondo quanto afferma quest’ultimo, egli avrebbe acconsentito a che il minore soggiornasse in Grecia sino al maggio 2016, epoca in cui egli attendeva il ritorno di sua moglie accompagnata dal lattante. Tuttavia, nel corso del mese di giugno dello stesso anno, PQ avrebbe deciso unilateralmente di rimanere in Grecia con il minore.

18      Secondo PQ, i coniugi non avevano determinato una data precisa per il suo ritorno in Italia con il minore. PQ afferma segnatamente che, nel maggio 2016 e successivamente nel mese di giugno dello stesso anno, OL le ha fatto visita in Grecia. Peraltro, essi avrebbero concordato di trascorrere insieme le vacanze estive in questo Stato membro.

19      Il 20 luglio 2016, OL ha depositato dinanzi al Tribunale ordinario di Ancona (Italia) un’istanza di divorzio. In tale contesto, egli ha chiesto segnatamente che gli fosse attribuito l’affidamento esclusivo del minore, che venisse disposto un diritto di visita per la madre, che venisse ordinato il ritorno del minore in Italia e che gli fosse concessa una pensione alimentare per il mantenimento di quest’ultimo. Con decisione del 7 novembre 2016, detto giudice ha ritenuto che non occorresse pronunciarsi sulla domanda relativa alla responsabilità genitoriale sul minore, in quanto egli risiede sin dalla nascita in uno Stato membro diverso dall’Italia. OL ha impugnato tale decisione, che è stata confermata, il 20 gennaio 2017, dalla Corte d’appello di Ancona. Peraltro, con decisione del 23 gennaio 2017, il Tribunale ordinario di Ancona ha rifiutato di pronunciarsi sulla domanda di pensione alimentare, sempre perché la residenza abituale del minore non è situata in Italia. Infine, il 23 febbraio 2017 detto giudice ha pronunciato il divorzio di OL e di PQ, senza pronunciarsi sulla responsabilità genitoriale riguardo al minore.

20      Parallelamente al procedimento dinanzi ai giudici italiani, il 20 ottobre 2016 OL ha presentato, dinanzi al Monomeles Protodikeio Athinon (Tribunale monocratico di Atene), una domanda di ritorno concernente il minore.

21      A questo proposito, detto giudice è del parere che, benché il minore certamente non sia stato «trasferito» ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 1, del regolamento n. 2201/2003 o dell’articolo 3 della convenzione dell’Aia del 1980, da uno Stato membro o un altro, egli è stato tuttavia illecitamente trattenuto da sua madre in Grecia, senza che il padre abbia dato il suo consenso a che la residenza abituale di questo minore fosse ivi stabilita, laddove i genitori esercitano congiuntamente la responsabilità genitoriale su quest’ultimo.

22      Detto giudice ritiene che, quando un minore è nato in un luogo che non ha relazione con la residenza abituale dei suoi genitori – per esempio, per caso fortuito o forza maggiore, come un viaggio dei suoi genitori in un paese straniero – e in seguito viene trasferito o trattenuto illecitamente da uno di essi, tali situazioni danno luogo a violazioni fragranti dei diritti dei genitori e a un effettivo allontanamento del minore dal luogo in cui, secondo il normale corso degli eventi, si sarebbe trovata la sua residenza abituale. A situazioni di tal genere andrebbe applicata, per queste ragioni, la procedura di ritorno prevista dalla convenzione dell’Aia del 1980 e dal regolamento n. 2201/2003.

23      La presenza fisica del minore in un determinato luogo non dovrebbe essere pertanto un prerequisito per individuare ivi la sua «residenza abituale», ai sensi dell’articolo 11 del regolamento n. 2201/2003. Infatti, per quanto concerne in particolare i neonati e i lattanti, i fattori che consentono normalmente di determinare la residenza abituale diventerebbero irrilevanti a causa della totale dipendenza di questi minori in tenera età nei confronti delle persone che ne hanno la custodia. Del resto, la Corte stessa riterrebbe che la condizione riguardante la presenza fisica del minore è di importanza più tenue in relazione ai lattanti, posto che essa ha dichiarato, nella sentenza del 22 dicembre 2010, Mercredi (C‑497/10 PPU, EU:C:2010:829), che il soggiorno di alcuni giorni di un siffatto lattante in un determinato luogo, unitamente ad altri elementi, bastava per individuare ivi la sua residenza abituale.

24      Secondo il giudice del rinvio, al fine di determinare la residenza abituale di un neonato o di un lattante, occorre utilizzare piuttosto come fattore primordiale l’intenzione comune dei genitori responsabili, che può dedursi dai preparativi che questi ultimi hanno effettuato al fine di accogliere il figlio, quali la dichiarazione di nascita di quest’ultimo allo stato civile del luogo della loro residenza abituale, l’acquisto dei vestiti per lui indispensabili o dei mobili a lui destinati, la preparazione della sua stanza o ancora la locazione di un’abitazione più grande.

25      Ciò premesso, il Monomeles Protodikeio Athinon (Tribunale monocratico di Atene) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Come debba essere interpretata l’espressione “residenza abituale”, ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 1, del regolamento (…) n. 2201/2003 (…), nel caso di un lattante che, per motivi fortuiti o di forza maggiore, sia nato in un luogo diverso da quello che i suoi genitori, i quali esercitano congiuntamente su di esso la potestà genitoriale, avevano previsto per lui quale luogo di residenza abituale e che sia stato da allora illecitamente trattenuto da uno dei suoi genitori nello Stato in cui è nato oppure sia stato trasferito in uno Stato terzo. Più in particolare, se la presenza fisica sia, in ogni caso, una condizione necessaria ed evidente per stabilire la residenza abituale di una persona e segnatamente di un neonato».

 Sul procedimento pregiudiziale d’urgenza

26      Il giudice del rinvio ha chiesto di sottoporre il presente rinvio pregiudiziale al procedimento pregiudiziale d’urgenza previsto dall’articolo 107 del regolamento di procedura della Corte.

27      A sostegno di tale domanda, detto giudice ha affermato che il procedimento principale riguarda una bambina di appena un anno di età, che è stata allontanata da suo padre per più di nove mesi, senza che quest’ultimo abbia avuto la possibilità di comunicare con lei, e che una situazione siffatta può compromettere gravemente il loro futuro rapporto.

28      A tal riguardo occorre rilevare, in primo luogo, che il presente rinvio pregiudiziale verte sull’interpretazione del regolamento n. 2201/2003, che è stato adottato sul fondamento, segnatamente, dell’articolo 61, lettera c), CE, divenuto articolo 67 TFUE, disposizione che si trova nel titolo V della terza parte del Trattato FUE, relativa allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Esso è di conseguenza idoneo a essere sottoposto al procedimento pregiudiziale d’urgenza.

29      In secondo luogo, dalla decisione di rinvio si evince che il minore interessato si trova separato dal proprio padre in un’età delicata per lo sviluppo e che il prolungamento dell’attuale situazione potrebbe nuocere seriamente alla relazione futura di detto minore con il proprio padre.

30      Alla luce di ciò, il 16 marzo 2017 la Quinta Sezione della Corte ha deciso, su proposta del giudice relatore, sentito l’avvocato generale, di accogliere la richiesta del giudice del rinvio di sottoporre il presente rinvio pregiudiziale al procedimento pregiudiziale d’urgenza.

 Sulla questione pregiudiziale

31      In via preliminare, occorre rilevare che le circostanze del procedimento principale differiscono parzialmente da quelle prospettate nella questione pregiudiziale.

32      Infatti, dalla decisione di rinvio risulta che la figlia di OL e di PQ è nata in Grecia non «per motivi fortuiti o di forza maggiore», bensì conformemente alla volontà comune dei suoi genitori, affinché PQ potesse beneficiare dell’assistenza della sua famiglia paterna prima del parto e nei primi mesi di vita della figlia. È parimenti manifesto che ella non è stata successivamente «trasferita in uno Stato terzo». Inoltre, benché il giudice del rinvio, nella sua questione, parli sia di un «neonato» sia di un «lattante», è giocoforza constatare che, poiché immediatamente prima dell’asserito mancato ritorno, ossia nel mese di giugno 2016, detto minore aveva già cinque mesi di età, il procedimento principale concerne un lattante.

33      Ebbene, conformemente a una giurisprudenza consolidata, non spetta alla Corte formulare opinioni consultive su questioni generiche o ipotetiche (sentenza del 16 luglio 1992, Meilicke, C‑83/91, EU:C:1992:332, punto 25, e ordinanza dell’11 gennaio 2017, Boudjellal, C‑508/16, non pubblicata, EU:C:2017:6, punto 32).

34      Nondimeno, nell’ambito della procedura di cooperazione tra i giudici nazionali e la Corte, istituita dall’articolo 267 TFUE, spetta a quest’ultima fornire al giudice nazionale una risposta utile che gli consenta di dirimere la controversia sottopostagli. In tale prospettiva la Corte, all’occorrenza, deve riformulare le questioni che le sono sottoposte (v., segnatamente, sentenza del 13 ottobre 2016, M. e S., C‑303/15, EU:C:2016:771, punto 16 nonché giurisprudenza ivi citata).

35      Pertanto, occorre intendere la questione proposta nel senso che il giudice del rinvio chiede, in sostanza, quale interpretazione occorra dare della nozione di «residenza abituale», ai sensi dell’articolo 11, paragrafo 1, del regolamento n. 2201/2003, al fine di determinare se esso abbia a che fare con un «mancato ritorno illecito», in una situazione quale quella di cui al procedimento principale, in cui un minore è nato ed ha soggiornato ininterrottamente con sua madre per diversi mesi, conformemente alla volontà comune dei suoi genitori, in uno Stato membro diverso da quello in cui questi ultimi avevano la loro residenza abituale prima della sua nascita. In questo contesto, il giudice del rinvio chiede se, in una situazione siffatta, l’intenzione iniziale dei genitori in merito al ritorno della madre, in compagnia del minore, in quest’ultimo Stato membro sia un fattore preponderante per ritenere che detto minore abbia ivi la sua «residenza abituale», ai sensi di detto regolamento, indipendentemente dal fatto che egli non sia mai stato fisicamente presente nel citato Stato membro.

36      A questo proposito occorre rilevare che, secondo la definizione di cui all’articolo 2, punto 11, del regolamento n. 2201/2003, in termini assai simili a quelli utilizzati dall’articolo 3 della convenzione dell’Aia del 1980, la nozione di «trasferimento illecito o mancato ritorno del minore» va collegata al trasferimento o mancato ritorno di un minore avvenuto in violazione di un diritto di affidamento derivante da una decisione giudiziaria, dalla legge o da un accordo vigente in base alla legislazione dello «Stato membro nel quale il minore aveva la sua residenza abituale immediatamente prima del suo trasferimento o del suo mancato rientro».

37      Peraltro, l’articolo 11, paragrafo 1, del regolamento n. 2201/2003 prevede che le disposizioni di detto articolo trovino applicazione quando il titolare del diritto di affidamento adisce le autorità competenti di uno Stato membro, affinché emanino un provvedimento in base alla convenzione dell’Aia del 1980 per ottenere il ritorno di un minore, che è stato illecitamente trasferito o trattenuto in «uno Stato membro diverso dallo Stato membro nel quale il minore aveva la residenza abituale immediatamente prima dell’illecito trasferimento o mancato ritorno».

38      Da queste disposizioni discende che la nozione di «residenza abituale» costituisce un elemento centrale per valutare la fondatezza di una domanda di ritorno. Infatti, una domanda siffatta può essere accolta solo qualora il minore avesse, immediatamente prima dell’asserito trasferimento o mancato ritorno, la propria residenza abituale nello Stato membro verso il quale si chiede che egli ritorni.

39      In merito a ciò che occorra intendere con l’espressione «residenza abituale» del minore, va ricordato che il regolamento n. 2201/2003, analogamente alla convenzione dell’Aja del 1980, non definisce questa nozione. Gli articoli di detto regolamento che evocano quest’ultima non contengono nemmeno un rinvio esplicito al diritto degli Stati membri per definirne senso e portata.

40      Pertanto, la Corte ha più volte dichiarato che si tratta di una nozione autonoma del diritto dell’Unione, che dev’essere interpretata alla luce del contesto delle disposizioni che la menzionano e degli scopi del regolamento n. 2201/2003, segnatamente quello ricavabile dal suo considerando 12, secondo il quale le norme in materia di competenza che esso stabilisce sono concepite in funzione dell’interesse superiore del minore e, in particolare, del criterio di vicinanza (v. sentenze del 2 aprile 2009, A, C‑523/07, EU:C:2009:225, punti 34 e 35, nonché del 22 dicembre 2010, Mercredi, C‑497/10 PPU, EU:C:2010:829, punti da 44 a 46).

41      Peraltro, conformemente alla giurisprudenza della Corte, la nozione di «residenza abituale» deve avere un significato uniforme nel regolamento n. 2201/2003. Pertanto, l’interpretazione data di questa nozione nel quadro degli articoli 8 e 10 di detto regolamento, relativi alla competenza internazionale delle autorità giurisdizionali in materia di responsabilità genitoriale, è applicabile all’articolo 11, paragrafo 1, di detto regolamento (v., in tal senso, sentenza del 9 ottobre 2014, C, C‑376/14 PPU, EU:C:2014:2268, punto 54).

42      Secondo questa stessa giurisprudenza, la «residenza abituale» del minore corrisponde al luogo che denota una certa integrazione di quest’ultimo in un ambiente sociale e familiare. Tale luogo dev’essere individuato dai giudici nazionali in considerazione del complesso delle circostanze di fatto peculiari a ciascun caso di specie (sentenze del 2 aprile 2009, A, C‑523/07, EU:C:2009:225, punti 42 e 44, nonché del 22 dicembre 2010, Mercredi, C‑497/10 PPU, EU:C:2010:829, punto 47).

43      A tal fine, oltre alla presenza fisica del minore in uno Stato membro, devono essere considerati altri fattori, idonei a evidenziare che tale presenza non è in alcun modo temporanea o occasionale e che la residenza del minore denota una certa integrazione in un ambiente sociale e familiare (sentenza del 2 aprile 2009, A, C‑523/07, EU:C:2009:225, punto 38).

44      Tra questi fattori figurano la durata, la regolarità, le condizioni e i motivi del soggiorno del minore nel territorio di uno Stato membro nonché la cittadinanza di quest’ultimo (v., in tal senso, sentenza del 2 aprile 2009, A, C‑523/07, EU:C:2009:225, punto 39). Inoltre, i fattori rilevanti variano in funzione dell’età del minore interessato (sentenza del 22 dicembre 2010, Mercredi, C‑497/10 PPU, EU:C:2010:829, punto 53).

45      Quando il minore in questione è un lattante, la Corte ha rilevato che il suo ambiente è essenzialmente familiare, determinato dalla persona o dalle persone di riferimento con le quali vive, che lo custodiscono effettivamente e si prendono cura di lui, e che egli condivide necessariamente l’ambiente sociale e familiare di tale persona o di tali persone. Di conseguenza, quando, come nel caso di cui al procedimento principale, un lattante è effettivamente custodito da sua madre, in uno Stato membro diverso da quello in cui risiede abitualmente il padre, occorre prendere in considerazione segnatamente, da un lato, la regolarità, le condizioni e i motivi del soggiorno della genitrice nel territorio del primo Stato membro e, dall’altro, le origini geografiche e familiari della madre nonché le relazioni familiari e sociali intrattenute da quest’ultima e dal minore nel medesimo Stato membro (v. sentenza del 22 dicembre 2010, Mercredi, C‑497/10 PPU, EU:C:2010:829, punti da 54 a 56).

46      Per quanto riguarda l’intenzione dei genitori di stabilirsi con il minore in uno Stato membro, la Corte ha riconosciuto che essa può pure essere presa in considerazione, quando si esprime mediante determinate misure tangibili quali l’acquisto o la locazione di un alloggio nello Stato membro ospitante (v., in tal senso, sentenza del 2 aprile 2009, A, C‑523/07 EU:C:2009:225, punto 40).

47      [Come rettificato con ordinanza del 12 giugno 2017] Pertanto, conformemente alla giurisprudenza della Corte, l’intenzione dei genitori non può essere in principio decisiva, di per sé sola, per determinare la residenza abituale di un minore, ai sensi del regolamento n. 2201/2003, ma costituisce un «indizio» tale da integrare un complesso di altri elementi concordanti.

48      Indubbiamente, il peso da riconoscere a tale considerazione, al fine di determinare il luogo della residenza abituale del minore, dipende dalle circostanze peculiari a ciascun caso di specie (v., in tal senso, sentenza del 22 dicembre 2010, Mercredi, C‑497/10 PPU, EU:C:2010:829, punti 50 e 51).

49      Ciò posto, occorre ricordare che, nel caso di cui al procedimento principale, come sottolineato nel punto 32 della presente sentenza, il minore è nato in uno Stato membro determinato conformemente alla volontà comune dei suoi genitori e che, immediatamente prima dell’asserito mancato ritorno, egli aveva ivi costantemente soggiornato per cinque mesi con sua madre, in seno alla famiglia paterna di quest’ultima, senza mai uscire dal territorio di detto Stato.

50      In un contesto siffatto, considerare l’intenzione inizialmente espressa dai genitori in merito al ritorno della madre in compagnia del minore in un secondo Stato membro, che era quello della loro residenza abituale prima della nascita del minore, come considerazione preponderante, stabilendo di fatto una regola generale e astratta secondo la quale la residenza abituale di un lattante è necessariamente quella dei suoi genitori, violerebbe i limiti della nozione di «residenza abituale», ai sensi del regolamento n. 2201/2003, e sarebbe contraria all’economia, all’efficacia nonché alla finalità della procedura di ritorno. Infine, l’interesse superiore del minore non fa propendere per un’interpretazione quale quella proposta dal giudice del rinvio.

51      A questo proposito, in primo luogo, occorre ricordare che la nozione di «residenza abituale», ai sensi del regolamento n. 2201/2003, riflette essenzialmente una questione di fatto. Pertanto, sarebbe difficilmente conciliabile con tale nozione considerare che l’intenzione iniziale dei genitori, che il minore risieda in un luogo determinato, prevalga sulla circostanza che egli soggiorna ininterrottamente in un altro Stato sin dalla sua nascita.

52      In secondo luogo, in considerazione dell’economia della convenzione dell’Aia del 1980 e dell’articolo 11, paragrafo 1, del regolamento n. 2201/2003, l’argomento secondo cui i genitori esercitano congiuntamente il diritto di affidamento e la madre non poteva pertanto decidere da sola in merito al luogo di residenza del minore non può essere determinante per stabilire la «residenza abituale» di quest’ultimo, ai sensi del citato regolamento.

53      Infatti, conformemente alla definizione di «trasferimento illecito o mancato ritorno del minore», di cui all’articolo 2, punto 11, di detto regolamento e all’articolo 3 della convenzione dell’Aia del 1980, ricordata nel punto 36 della presente sentenza, la legalità o l’illegalità di un trasferimento o di un mancato ritorno si valuta in funzione dei diritti di affidamento attribuiti in forza dell’ordinamento dello Stato membro della residenza abituale del minore prima del suo trasferimento o mancato ritorno. Pertanto, nel quadro della valutazione di una domanda di ritorno, la determinazione del luogo della residenza abituale del minore precede l’individuazione dei diritti di affidamento eventualmente violati.

54      Di conseguenza, il consenso o la mancanza di consenso del padre, nell’esercizio del suo diritto di affidamento, al fatto che il minore si stabilisca in un luogo non può essere una considerazione decisiva per determinare la «residenza abituale» di detto minore, ai sensi del regolamento n. 2201/2003, circostanza che concorda, del resto, con l’idea che tale nozione riflette essenzialmente una questione di fatto.

55      Questa interpretazione è corroborata inoltre dall’articolo 10 di detto regolamento, il quale prevede proprio il caso in cui il minore acquisisca una nuova residenza abituale successivamente a un illecito trasferimento o mancato rientro.

56      In terzo luogo, in un caso come quello di cui al procedimento principale, considerare la volontà iniziale dei genitori come un fattore preponderante per determinare la residenza abituale del minore sarebbe contrario all’efficacia della procedura di ritorno e alla certezza del diritto.

57      A questo proposito occorre ricordare che una procedura di ritorno, per sua natura, è una procedura d’urgenza, dal momento che essa mira a garantire, come prevede il preambolo della convenzione dell’Aia del 1980 e il considerando 17 del regolamento n. 2201/2003, l’immediato ritorno del minore. Del resto, il legislatore dell’Unione ha concretizzato tale esigenza imperativa nell’articolo 11, paragrafo 3, del regolamento n. 2201/2003, imponendo ai giudici investiti di domande di ritorno di emanare la loro decisione al più tardi sei settimane dopo aver ricevuto la domanda, salvo circostanze eccezionali.

58      Una domanda di ritorno dev’essere fondata pertanto su elementi rapidamente e facilmente verificabili e, per quanto possibile, univoci. Ebbene, in un caso come quello di cui al procedimento principale può essere difficile, se non impossibile, stabilire al di là di qualsiasi ragionevole dubbio, segnatamente, la data inizialmente prevista dai genitori per il ritorno della madre nello Stato membro della loro residenza abituale, e se la decisione della madre di rimanere nello Stato membro di nascita del minore sia la causa o, al contrario, la conseguenza della domanda di divorzio presentata dal padre dinanzi ai giudici del primo Stato.

59      Insomma, accogliere, in un contesto siffatto, un’interpretazione della nozione di «residenza abituale» del minore, ai sensi del regolamento n. 2201/2003, tale che l’intenzione iniziale dei genitori in merito al luogo che «sarebbe dovuto essere» quello di detta residenza ne costituisse il fattore predominante sarebbe tale da costringere i giudici nazionali o a raccogliere un gran numero di prove e di testimonianze, al fine di determinare con certezza detta intenzione, il che sarebbe difficilmente compatibile con il carattere d’urgenza della procedura di ritorno, o a emanare le loro decisioni senza disporre di tutti gli elementi rilevanti, il che sarebbe fonte di incertezza del diritto.

60      In quarto luogo, in un caso come quello di cui al procedimento principale, un’interpretazione della nozione di «residenza abituale» quale quella suggerita dal giudice del rinvio sarebbe contraria alla finalità della procedura di ritorno.

61      Infatti, dalla relazione illustrativa della convenzione dell’Aia del 1980 si ricava che uno degli scopi di detta convenzione e, per analogia, dell’articolo 11 del regolamento n. 2201/2003, è il ristabilimento dello statu quo ante, ossia della situazione che esisteva anteriormente al trasferimento o al mancato ritorno illeciti del minore. La procedura di ritorno mira pertanto a ricollocare quest’ultimo nell’ambiente che gli è più familiare e, così facendo, a ripristinare la continuità delle sue condizioni di esistenza e di sviluppo.

62      Ebbene, in una situazione quale quella di cui al procedimento principale, conformemente a tale obiettivo, il presunto comportamento illecito di uno dei genitori non può da solo giustificare che venga accolta una domanda di ritorno e che il minore sia trasferito dallo Stato membro dove è nato ed ha soggiornato regolarmente in modo ininterrotto verso uno Stato membro che non gli è familiare.

63      Indubbiamente, la procedura di ritorno prevista dalla convenzione dell’Aia del 1980 e dal regolamento n. 2201/2003 ha anche lo scopo che uno dei genitori non possa rafforzare la propria posizione sulla questione dell’affidamento del minore sottraendosi, per vie di fatto, alla competenza dei giudici in linea di principio designati, conformemente alle norme previste segnatamente da detto regolamento, per statuire sulla responsabilità genitoriale riguardante quest’ultimo (v., in tal senso, sentenze del 23 dicembre 2009, Detiček, C‑403/09 PPU, EU:C:2009:810, punto 49, e del 9 ottobre 2014, C, C‑376/14 PPU, EU:C:2014:2268, punto 67).

64      A questo proposito, tuttavia, va sottolineato che, per quanto concerne il caso di cui al procedimento principale, non è stato fornito nessun indizio tale da far presumere una volontà della madre di aggirare le norme in materia di competenza previste da detto regolamento riguardo alla responsabilità genitoriale.

65      Peraltro, occorre precisare che una decisione sul ritorno o sul mancato ritorno del minore non risolve la questione dell’affidamento di quest’ultimo. In tal senso, l’impossibilità di beneficiare di una procedura di ritorno nel quadro del procedimento principale non pregiudica la facoltà del padre di reclamare i suoi diritti sul minore mediante una procedura che accerti nel merito la responsabilità genitoriale, proposta dinanzi ai giudici competenti a conoscerne in forza delle disposizioni del regolamento n. 2201/2003, nell’ambito della quale potrà essere effettuato un esame approfondito del complesso delle circostanze, ivi compreso il comportamento dei genitori (v., per analogia, sentenza del 5 ottobre 2010, McB., C‑400/10 PPU, EU:C:2010:582, punto 58).

66      Infine, posto che, come rilevato nel punto 40 della presente sentenza, la nozione di «residenza abituale», ai sensi del regolamento n. 2201/2003, dev’essere interpretata in funzione dell’interesse superiore del minore, occorre sottolineare che questa considerazione primordiale non fa propendere, nella presente causa, per un’interpretazione quale quella proposta dal giudice del rinvio. In particolare, il diritto del minore di intrattenere relazioni personali e contatti diretti con i suoi due genitori, di cui all’articolo 24, paragrafo 3, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, non impone il trasferimento del minore verso lo Stato membro dove si trovava la residenza di questi ultimi prima della sua nascita. Infatti, questo diritto fondamentale potrà essere tutelato nel quadro di una procedura che accerti nel merito il diritto di affidamento, quale quella prospettata nel punto precedente, nel corso della quale la questione dell’affidamento potrà essere rivalutata e, se del caso, potranno essere stabiliti eventuali diritti di visita.

67      Del resto, è più conforme al criterio di vicinanza, privilegiato dal legislatore dell’Unione nel quadro del regolamento n. 2201/2003 proprio al fine di garantire la considerazione dell’interesse superiore del minore, il fatto che eventuali decisioni che lo riguardino vengano adottate dai giudici dello Stato membro in cui il minore soggiorna ininterrottamente sin dalla sua nascita (v., in tal senso, sentenze del 23 dicembre 2009, Detiček, C‑403/09 PPU, EU:C:2009:810, punto 36, e del 15 luglio 2010, Purrucker, C‑256/09, EU:C:2010:437, punto 91).

68      Ad ogni modo, la Corte non dispone di nessun elemento tale da far pensare che, nelle circostanze specifiche che caratterizzano il caso di cui al procedimento principale, l’interesse superiore del minore sarebbe pregiudicato.

69      Per tali ragioni, in un caso come quello di cui al procedimento principale, l’articolo 11, paragrafo 1, del regolamento n. 2201/2003 non può essere interpretato nel senso che, immediatamente prima del mancato ritorno asserito dal padre, il minore avesse la sua «residenza abituale», ai sensi di detta disposizione, nello Stato membro di residenza abituale dei suoi genitori prima della sua nascita. Di conseguenza, il diniego della madre di far ritorno, in compagnia del minore, in tale Stato membro non può costituire un «illecito trasferimento o mancato ritorno» del minore, ai sensi della citata disposizione.

70      Alla luce di tutte le considerazioni sin qui svolte, occorre risolvere la questione proposta dichiarando che l’articolo 11, paragrafo 1, del regolamento n. 2201/2003 dev’essere interpretato nel senso che, in una situazione quale quella di cui al procedimento principale, in cui un minore è nato ed ha soggiornato ininterrottamente con sua madre per diversi mesi, conformemente alla volontà comune dei suoi genitori, in uno Stato membro diverso da quello in cui questi ultimi avevano la loro residenza abituale prima della sua nascita, l’intenzione iniziale dei genitori in merito al ritorno della madre, in compagnia del minore, in quest’ultimo Stato membro non può consentire di ritenere che detto minore abbia ivi la sua «residenza abituale», ai sensi di detto regolamento.

Di conseguenza, in una situazione siffatta, il diniego della madre di far ritorno in questo stesso Stato membro in compagnia del minore non può essere considerato come un «illecito trasferimento o mancato ritorno» del minore, ai sensi di detto articolo 11, paragrafo 1.

 Sulle spese

71      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Quinta Sezione) dichiara:

L’articolo 11, paragrafo 1, del regolamento (CE) n. 2201/2003 del Consiglio, del 27 novembre 2003, relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale, che abroga il regolamento (CE) n. 1347/2000, dev’essere interpretato nel senso che, in una situazione quale quella di cui al procedimento principale, in cui un minore è nato ed ha soggiornato ininterrottamente con sua madre per diversi mesi, conformemente alla volontà comune dei suoi genitori, in uno Stato membro diverso da quello in cui questi ultimi avevano la loro residenza abituale prima della sua nascita, l’intenzione iniziale dei genitori in merito al ritorno della madre, in compagnia del minore, in quest’ultimo Stato membro non può consentire di ritenere che detto minore abbia ivi la sua «residenza abituale», ai sensi di detto regolamento.

Di conseguenza, in una situazione siffatta, il diniego della madre di far ritorno in questo stesso Stato membro in compagnia del minore non può essere considerato come un «illecito trasferimento o mancato ritorno» del minore, ai sensi di detto articolo 11, paragrafo 1.

Firme


*      Lingua processuale: il greco.