Language of document : ECLI:EU:T:2017:537

Edizione provvisoria

SENTENZA DEL TRIBUNALE (Sesta Sezione)

20 luglio 2017 (1)

«Marchio dell’Unione europea – Domanda di marchio dell’Unione europea figurativo raffigurante tre strisce verticali – Impedimento assoluto alla registrazione – Assenza di carattere distintivo – Articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento (CE) n. 207/2009 – Assenza di carattere distintivo acquisito in seguito all’uso – Articolo 7, paragrafo 3, del regolamento n. 207/2009»

Nella causa T‑612/15,

Basic Net SpA, con sede a Torino (Italia), rappresentata da D. Sindico, avvocato,

ricorrente,

contro

Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), rappresentato da L. Rampini, in qualità di agente,

convenuto,

avente ad oggetto un ricorso proposto avverso la decisione della prima commissione di ricorso dell’EUIPO del 14 agosto 2015 (procedimento R 2845/2014-1) concernente una domanda di registrazione di un segno figurativo raffigurante tre strisce verticali come marchio dell’Unione europea,

IL TRIBUNALE (Sesta Sezione),

composto da G. Berardis presidente, D. Spielmann e Z. Csehi (relatore), giudici,

cancelliere: A. Lamote, amministratore

visto il ricorso depositato nella cancelleria del Tribunale il 2 novembre 2015,

visto il controricorso depositato nella cancelleria del Tribunale il 14 gennaio 2016,

in seguito all’udienza del 18 gennaio 2017,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

 Fatti

1        Il 16 maggio 2014 la ricorrente, Basic Net SpA, ha presentato una domanda di registrazione di marchio dell’Unione europea all’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale (EUIPO), ai sensi del regolamento (CE) n. 207/2009 del Consiglio, del 26 febbraio 2009, sul marchio dell’Unione europea (GU 2009, L 78, pag. 1).

2        Il marchio di cui è stata chiesta la registrazione è il seguente segno figurativo:

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3        Il marchio richiesto è individuato nel modulo di domanda di registrazione come marchio figurativo per il quale la ricorrente ha rivendicato le tonalità Pantone dei colori utilizzati, ossia Pantone giallo 7404 C, Pantone arancione 152 C e Pantone blu navy 282 C.

4        I prodotti per i quali è stata richiesta la registrazione appartengono alle classi 18, 25 e 26 ai sensi dell’Accordo di Nizza del 15 giugno 1957, relativo alla classificazione internazionale dei prodotti e dei servizi ai fini della registrazione dei marchi, come riveduto e modificato, e corrispondono, per ciascuna di tali classi, alla seguente descrizione:

–        classe 18: «Cuoio e imitazioni del cuoio; valigie; valigette; bauli; astucci per chiavi; portafogli; portachiavi; bauletti destinati a contenere articoli da toilette detti “vanity cases”; borse; borse da sport; borse a tracolla; borse da spiaggia; borse da viaggio; borsellini; borsette; borsoni da viaggio; cartelle scolastiche; cinghie per bagagli; marsupi e borse da portare alla vita; portamonete; pochette; porta carte di credito; porta monete; portadocumenti (pelletteria); sacche; sacche da atletica; sacche da spiaggia; sacche multiuso per lo sport; sacchi da campeggiatori; sacchi da sport; borse per la spesa; zaini; borse porta abiti; borse con ruote; zaini con ruote; valigie con ruote; ombrelli da sole; parapioggia; bastoni da passeggio»;

–        classe 25: «Articoli di abbigliamento, scarpe, cappelleria; abbigliamento casual; abbigliamento da esterno resistente alle intemperie; abbigliamento per la ginnastica; abbigliamento per le arti marziali; abbigliamento per lo sci; abbigliamento per ciclisti; abbigliamento in pelle; abbigliamento da lavoro; abbigliamento per la pratica dello sport; articoli d’abbigliamento impermeabili; articoli di abbigliamento per uomo, donna e bambino (tranne la biancheria intima); biancheria intima per donna, uomo e bambino; biancheria intima per la pratica dello sport; indumenti in pelle per motociclisti; abiti; accappatoi; pantaloni; calzoni; jeans; pantaloncini; costumi da bagno; bikini; cuffie; parei; canottiere; reggiseno; mutande; camicie da notte; pigiami, giacche, giacche a vento; giubbotti, cappotti, gilet; gonne; polo; magliette; maglie; maglioni; camicie; canotte; cinture; vestiti; calze; calzamaglia per atletica; cravatte; fazzoletti; fasce per il sudore; felpe; impermeabili; vestaglie; pullover; cardigan; sciarpe; scialli; foulard; fasce per il collo ed il viso; passamontagna; paraorecchie; tute; tute da ginnastica; tute da corsa; tute da neve; tute sportive felpate; tute termiche; tute da lavoro; soprabiti; guanti; manopole; guanti per la pratica dello sport; maglie per la pratica dello sport; maglie da calcio; calzature; stivali; calzature da lavoro; calzature da trekking; calzature per la spiaggia, calzature per la pratica dello sport; calzature per neonati; doposcì; gambali; infradito; pantofole; sandali; scarpe da calcio; scarpe e stivali da pioggia; scarpe di tela; scarpe e stivali in gomma; scarponcini; scarponi da montagna; scarponi da sci; stivali per motociclisti; zoccoli [calzature]»;

–        classe 26: «Accessori per il ricamo; articoli per cucire e per decorazioni di tessuti; cerniere lampo; cerniere lampo per borse; cerniere lampo per articoli di abbigliamento; chiusure lampo in plastica; cordoncini intrecciati per abbigliamento; cordoncini per bordare; ornamenti per calzature (non in metalli preziosi); stringhe per calzature; fasce per capelli; elastici da utilizzare nella confezione di indumenti; nastri; nastri in materiali tessili; nastri in materiali tessili per confezionamento; nastri ornamentali in tessuto; nastri decorativi; nastri elastici».

5        Con decisione del 1° ottobre 2014, l’esaminatrice ha respinto la domanda di registrazione per tutti i prodotti contrassegnati dal marchio richiesto, per il motivo che esso era privo di carattere distintivo ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009.

6        Il 10 novembre 2014 la ricorrente ha proposto un ricorso dinanzi all’EUIPO, ai sensi degli articoli da 58 a 64 del regolamento n. 207/2009, avverso la decisione dell’esaminatrice.

7        Con decisione del 14 agosto 2015 (in prosieguo: la «decisione impugnata»), la prima commissione di ricorso dell’EUIPO ha respinto il ricorso. Essa ha considerato, in sostanza, che il marchio richiesto fosse ab initio privo di carattere distintivo ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009.

8        In particolare, essa ha ritenuto che il marchio richiesto, consistente in una rappresentazione grafica di tre strisce di uguale spessore, poste in senso verticale, di colore giallo, arancione e blu, «sarà percepito dal pubblico rilevante come un elemento estetico, ornamentale o di design, magari anche funzionale (visibilità), non sufficiente per distinguere i prodotti della richiedente da quelli di altre imprese».

9        Inoltre, avendo considerato che l’esame delle prove fornite dalla richiedente non dimostrava l’acquisizione del carattere distintivo in seguito all’uso del marchio richiesto nella parte dell’Unione europea in cui quest’ultimo ne era ab initio privo, la commissione di ricorso ha ritenuto che l’articolo 7, paragrafo 3, del regolamento n. 207/2009 non fosse applicabile al caso di specie.

 Conclusioni delle parti

10      La ricorrente chiede che il Tribunale voglia:

–        in via principale, riformare la decisione impugnata e decidere per la registrazione del marchio richiesto;

–        in subordine, annullare la decisione impugnata;

–        determinare l’ammontare delle spese di giustizia da porsi a carico dell’EUIPO.

11      In udienza, interrogata in merito al primo e al terzo capo delle sue conclusioni, la ricorrente ha precisato di chiedere soltanto l’annullamento della decisione impugnata e la condanna dell’EUIPO alle spese, precisazione di cui si è preso atto.

12      L’EUIPO chiede che il Tribunale voglia:

–        respingere il ricorso;

–        condannare la ricorrente alle spese.

 In diritto

13      A sostegno del ricorso, la ricorrente deduce due motivi, vertenti, il primo, in via principale, sulla violazione dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 e, il secondo, in subordine, sulla violazione dell’articolo 7, paragrafo 3, di detto regolamento.

 Sul primo motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009

14      A sostegno del primo motivo, la ricorrente espone tre censure, riguardanti, la prima, il carattere distintivo del marchio richiesto, la seconda, l’esistenza di un precedente marchio dell’Unione europea, del quale essa è proprietaria, per gli stessi prodotti e avente per oggetto un segno molto simile a quello di cui la registrazione è stata rifiutata, e, la terza, l’esistenza di una prassi costante e uniforme dell’EUIPO rispetto alla registrabilità dei marchi consistenti in una combinazione di colori.

15      L’EUIPO contesta gli argomenti della ricorrente.

 Osservazioni preliminari

16      Si deve ricordare che, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, sono esclusi dalla registrazione i «marchi privi di carattere distintivo».

17      Il carattere distintivo di un marchio nel senso di questa disposizione significa che tale marchio permette di identificare il prodotto o il servizio per il quale è chiesta la registrazione come proveniente da un’impresa determinata e, dunque, di distinguere tale prodotto o tale servizio da quelli di altre imprese (sentenza del 29 aprile 2004, Henkel/UAMI, C‑456/01 P e C‑457/01 P, EU:C:2004:258, punto 34).

18      Pertanto, i marchi di cui all’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 sono quelli considerati inidonei a svolgere la funzione sostanziale del marchio, cioè quella di identificare l’origine commerciale del prodotto o del servizio in questione al fine di consentire al consumatore che acquista il prodotto o il servizio designato dal marchio di fare, al momento di un successivo acquisto, la stessa scelta, qualora l’esperienza si sia rivelata positiva, o di fare un’altra scelta, qualora essa risulti negativa [sentenza del 15 settembre 2009, Wella/UAMI (TAME IT), T‑471/07, EU:T:2009:328, punto 14].

19      A tale proposito occorre rilevare che l’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 non opera distinzioni tra le diverse categorie di marchi. Di conseguenza, i colori o le combinazioni di colori, in quanto tali, sono idonei a costituire marchi dell’Unione europea a condizione che siano adatti a distinguere i prodotti o servizi di un’impresa da quelli di altre imprese. L’idoneità generale di una categoria di segni a costituire un marchio non può tuttavia implicare che tutti i segni appartenenti a tale categoria possiedano necessariamente carattere distintivo, ai sensi della predetta disposizione, per un dato prodotto o servizio [v. sentenza del 10 settembre 2015, EE/UAMI (Rappresentazione di punti bianchi su sfondo giallo), T‑143/14, non pubblicata, EU:T:2015:616, punto 23 e giurisprudenza citata].

20      Del pari, occorre osservare che l’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 non distingue a seconda della natura dei segni. Tuttavia la percezione del pubblico di riferimento non è necessariamente la stessa nel caso di un segno costituito da un colore o da una combinazione di colori, in quanto tali, e in quello di un marchio denominativo o figurativo consistente in un segno indipendente dall’aspetto dei prodotti da esso designati. Infatti, se è vero che il pubblico ha l’abitudine di percepire – in modo immediato – marchi denominativi o figurativi come segni di identificazione dell’origine commerciale del prodotto, lo stesso non vale necessariamente allorché il segno si confonde con l’aspetto del prodotto per il quale la registrazione del segno è stata richiesta (v. sentenza del 10 settembre 2015, Rappresentazione di punti bianchi su sfondo giallo, T‑143/14, non pubblicata, EU:T:2015:616, punto 24 e giurisprudenza citata).

21      Stanti tali premesse, solo un marchio che si discosti in modo significativo dalla norma o dagli usi del settore e che, pertanto, sia tale da assolvere la sua funzione essenziale d’indicatore d’origine non è privo di carattere distintivo ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 (v. sentenza del 10 settembre 2015, Rappresentazione di punti bianchi su sfondo giallo, T‑143/14, non pubblicata, EU:T:2015:616, punto 25 e giurisprudenza citata).

22      Tale giurisprudenza, elaborata per marchi tridimensionali costituiti dall’aspetto del prodotto stesso, si applica anche quando, come nel caso di specie, il marchio richiesto è un marchio figurativo costituito da un motivo di colori privo di contorno. Neppure in tal caso, infatti, il marchio è costituito da un segno indipendente dall’aspetto dei prodotti che contraddistingue (v. sentenza del 10 settembre 2015, Rappresentazione di punti bianchi su sfondo giallo, T‑143/14, non pubblicata, EU:T:2015:616, punto 26 e giurisprudenza citata).

23      Infine, si deve ricordare che il carattere distintivo di un segno può essere valutato soltanto, da una parte, con riferimento ai prodotti o ai servizi per cui viene chiesta la registrazione e, dall’altra, con riferimento alla percezione che ne ha il pubblico di riferimento [v. sentenza del 12 novembre 2008, GretagMacbeth/UAMI (Combinazione di 24 quadrati colorati), T‑400/07, non pubblicata, EU:T:2008:492, punto 37 e giurisprudenza citata].

24      Il presente motivo deve essere esaminato alla luce di tali considerazioni.

 Sul pubblico di riferimento

25      Occorre anzitutto confermare la conclusione contenuta nel punto 12 della decisione impugnata, peraltro non contestata dalla ricorrente, secondo la quale il pubblico di riferimento è il grande pubblico dell’Unione per quanto riguarda i prodotti appartenenti alle classi 18 e 25, e un pubblico professionale, il cui grado di attenzione sarà più elevato di quello del pubblico in generale, per quanto riguarda i prodotti appartenenti alla classe 26 e una parte dei prodotti appartenenti alla classe 18 (in particolare, il cuoio e sue imitazioni).

26      Peraltro, a tale riguardo si deve rammentare che la Corte ha già dichiarato che il fatto che il pubblico di riferimento sia specializzato non può avere un’influenza determinante sui criteri giuridici utilizzati per la valutazione del carattere distintivo di un segno. Se è certamente vero che il livello di attenzione del pubblico di riferimento specializzato è, per definizione, più elevato di quello del consumatore medio, non ne consegue necessariamente che è sufficiente un carattere distintivo più debole del segno qualora il pubblico di riferimento sia specializzato [sentenze del 12 luglio 2012, Smart Technologies/UAMI, C‑311/11 P, EU:C:2012:460, punti 48 e 49; del 24 novembre 2016, Azur Space Solar Power/EUIPO (Raffigurazione di linee e mattoni bianchi su fondo nero), T‑578/15, non pubblicata, EU:T:2016:674, punto 28, e del 24 novembre 2016, Azur Space Solar Power/EUIPO (Raffigurazione di linee e mattoni bianchi su fondo nero), T‑614/15, non pubblicata, EU:T:2016:675, punto 30].

 Sulla prima censura, riguardante il carattere distintivo del marchio richiesto

27      Con la sua prima censura, la ricorrente sostiene che la commissione di ricorso ha erroneamente ritenuto che il marchio richiesto fosse privo di carattere distintivo. Secondo la ricorrente, la combinazione dei tre colori, nettamente diversi tra loro, in strisce verticali di pari dimensioni all’interno di un formato rettangolare, conferisce al marchio richiesto un carattere distintivo rappresentandolo in modo sufficientemente chiaro, preciso, facilmente identificabile e, quindi, idoneo a permettere l’associazione da parte del consumatore di detto segno con il produttore, senza limitare la possibilità di usare altre combinazioni di colori da parte dei concorrenti. La ricorrente sostiene inoltre che il marchio richiesto consiste in una combinazione di colori utilizzati in una disposizione sistematica ben precisa, quindi «considerati in modo predeterminato e costante», composta da tonalità identificate tramite i relativi codici Pantone. Il marchio richiesto sarebbe dunque registrabile conformemente al principio enunciato nella sentenza del 24 giugno 2004, Heidelberger Bauchemie (C‑49/02, EU:C:2004:384, punto 42).

28      Inoltre, la ricorrente addebita alla commissione di ricorso di essersi limitata a generiche allegazioni, non sufficienti a motivare il rifiuto opposto alla registrazione di cui trattasi. In particolare, essa richiama il principio enunciato nella sentenza del 24 giugno 2004, Heidelberger Bauchemie (C‑49/02, EU:C:2004:384, punto 42), secondo il quale l’esame di un segno ai fini della sua registrazione come marchio dovrebbe «prendere in considerazione tutte le circostanze pertinenti del caso di specie», per concludere che la commissione di ricorso avrebbe omesso di effettuare una valutazione complessiva degli elementi di prova, limitandosi a esaminarli singolarmente, senza considerarli nel loro complesso. La decisione impugnata sarebbe dunque viziata anche da un difetto di motivazione.

29      L’EUIPO contesta gli argomenti della ricorrente.

30      In via preliminare occorre ricordare che, come sottolineato dalla ricorrente, il segno di cui si chiede la registrazione è costituito da una forma rettangolare all’interno della quale sono disposte tre strisce verticali di uguale dimensione composte, nell’ordine, da Pantone giallo 7404 C, Pantone arancione 152 C e Pantone blu navy 282 C.

31      Trattandosi di un marchio complesso, occorre esaminarlo nel suo insieme. Tuttavia, ciò non osta a un esame preventivo di ciascun elemento di cui esso è composto [v., in tal senso, sentenza del 9 luglio 2003, Stihl/UAMI (Combinazione di arancione e grigio), T‑234/01, EU:T:2003:202, punto 32].

32      Infatti, come risulta dalla giurisprudenza, tale esame è particolarmente pertinente quando le caratteristiche dei diversi elementi sono rilevanti per la valutazione complessiva. Se il segno è composto da più elementi, dei quali ciascuno è considerato privo di carattere distintivo, il carattere distintivo del segno nel suo insieme dipenderà dalla risposta fornita alla domanda se l’insieme sia più rilevante della semplice somma degli elementi. L’individuazione e l’analisi delle diverse componenti costituiscono dunque una fase necessaria nel processo di esame (sentenza del 10 settembre 2015, Rappresentazione di punti bianchi su sfondo giallo, T‑143/14, non pubblicata, EU:T:2015:616, punto 34).

33      Nella decisione impugnata la commissione di ricorso ha quindi proceduto correttamente nell’esaminare, anzitutto, i diversi elementi costitutivi del marchio richiesto.

34      In primo luogo, com’è stato constatato al punto 30 supra, dal punto di vista figurativo le tre strisce verticali formano una semplice figura geometrica rettangolare posizionata in senso verticale.

35      A tale proposito occorre ricordare che, secondo costante giurisprudenza, un segno caratterizzato da eccessiva semplicità e costituito da una figura geometrica di base, quale ad esempio un cerchio, una linea, un rettangolo, o un comune pentagono, non può, in quanto tale, trasmettere un messaggio che possa essere ricordato dai consumatori, cosicché questi ultimi non lo considereranno come un marchio, a meno che esso non abbia acquisito carattere distintivo in seguito all’uso [v. sentenza del 12 settembre 2007, Cain Cellars/UAMI (Rappresentazione di un pentagono), T‑304/05, non pubblicata, EU:T:2007:271, punto 22 e giurisprudenza citata].

36      La raffigurazione di un rettangolo può pertanto svolgere una funzione di identificazione soltanto qualora essa contenga elementi idonei a individuarla rispetto ad altre raffigurazioni di rettangoli e a catturare l’attenzione del pubblico di riferimento [v., in tal senso, sentenza del 13 aprile 2011, Air France/UAMI (Rappresentazione di un parallelogramma), T‑159/10, non pubblicata, EU:T:2011:176, punto 24 e giurisprudenza citata].

37      Nel caso di specie si deve necessariamente constatare che la figura rettangolare in questione non comporta siffatti elementi. Essa consiste unicamente nella rappresentazione convenzionale di un rettangolo, ossia di una figura geometrica piana, avente quattro angoli e quattro lati, senza la minima variazione rispetto alla forma classica con la quale i rettangoli vengono abitualmente rappresentati. Di conseguenza, in assenza di elementi idonei a individuarla in maniera tale che essa non appaia come una figura geometrica semplice, la raffigurazione di un rettangolo non può di per sé svolgere una funzione di identificazione in relazione ai prodotti di cui trattasi.

38      Il fatto che la figura rettangolare in questione sia formata dalla giustapposizione di tre strisce rettangolari parallele non inficia tale conclusione. Infatti, a tale proposito si deve osservare che la semplice giustapposizione di tre strisce rettangolari identiche non rende il marchio richiesto sufficientemente distintivo per esercitare la funzione di individuazione dell’origine commerciale dei prodotti di cui trattasi.

39      La commissione di ricorso ha quindi correttamente rilevato che la figura geometrica rettangolare posta in senso verticale che costituisce il segno di cui trattasi non è di per sé distintiva ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009.

40      Peraltro, a tale proposito occorre precisare, al pari dell’EUIPO, che, contrariamente alle affermazioni della ricorrente, la commissione di ricorso non ha mai affermato nella decisione impugnata, né in particolare al suo punto 16, che «un marchio composto da tre strisce verticali sia sempre e necessariamente incapace di trasmettere un messaggio che consenta al consumatore di percepirlo come marchio, a meno che non abbia acquisito “il carattere distintivo mediante l’uso”». Infatti, la commissione di ricorso si è limitata a precisare, al punto 16 della decisione impugnata, che «questa [figura] è in linea di principio incapace di trasmettere un messaggio che consenta al consumatore di percepirla come marchio, a meno che non abbia acquisito il carattere distintivo mediante l’uso».

41      In secondo luogo, si deve constatare che il rettangolo in questione è composto da tre strisce di colore giallo, arancione e blu navy.

42      A tale proposito, se è vero che i colori ben possono trasmettere talune associazioni di idee e suscitare sentimenti, per contro risultano poco idonei, per loro natura, a comunicare informazioni precise, tanto più in quanto vengono abitualmente e ampiamente utilizzati nella pubblicità e nella commercializzazione dei prodotti per il loro potere attrattivo, al di là di qualsiasi messaggio preciso (v. sentenza del 12 novembre 2008, Combinazione di 24 quadrati colorati, T‑400/07, non pubblicata, EU:T:2008:492, punto 35 e giurisprudenza citata). Pertanto, salvo in circostanze eccezionali, i colori non hanno un carattere distintivo ab initio, ma possono eventualmente acquisirlo in seguito ad un uso correlato ai prodotti o ai servizi di cui trattasi (v. sentenza del 12 novembre 2008, Combinazione di 24 quadrati colorati, T‑400/07, non pubblicata, EU:T:2008:492, punto 36 e giurisprudenza citata).

43      Nel caso di un colore in quanto tale, la sussistenza di un carattere distintivo prima di qualsiasi uso può ipotizzarsi soltanto in circostanze eccezionali, segnatamente qualora il numero dei prodotti o servizi per i quali viene richiesta la registrazione del marchio risulti molto limitato ed il mercato pertinente sia molto specifico (v. sentenza del 21 ottobre 2004, KWS Saat/UAMI, C‑447/02 P, EU:C:2004:649, punto 79 e giurisprudenza citata).

44      Nel caso di specie va anzitutto osservato che il numero di prodotti contrassegnati dal marchio richiesto non è molto limitato, dato che l’elenco dei prodotti è formulato in termini molto generali e fa riferimento a tre classi di prodotti. Peraltro, il mercato pertinente è relativamente ampio, atteso che copre il mercato del cuoio e delle sue imitazioni, quello degli articoli di pelletteria, quello dell’abbigliamento, quello delle calzature nonché quello degli articoli di merceria e di passamaneria.

45      Va poi rilevato che, considerati individualmente, i tre colori in questione risultano piuttosto banali. Tali colori non sono, di per sé, così eccezionali da essere percepiti come tali da destare una forte impressione ed essere memorizzati nei settori interessati.

46      Infine, occorre confermare la valutazione della commissione di ricorso secondo la quale per alcuni dei prodotti in questione, per esempio gli impermeabili, l’arancione e il giallo possono avere anche un aspetto funzionale in quanto assicurano la visibilità dei prodotti di cui trattasi.

47      A tale proposito va precisato che, contrariamente a quanto sostiene la ricorrente, la commissione di ricorso non ha affermato che i colori arancione e giallo avrebbero solo la funzione di assicurare la visibilità e avrebbero quindi un aspetto funzionale per alcuni dei prodotti di cui trattasi, quali gli impermeabili. Al contrario, come sottolineato dall’EUIPO, il fatto che i colori giallo e arancione presentino una valenza funzionale in quanto accrescono la visibilità dei prodotti in questione, ad esempio per ragioni di sicurezza stradale, rappresenta soltanto uno dei fattori che ostano al carattere distintivo del marchio richiesto. Ciò risulta chiaramente dal punto 23 della decisione impugnata, nel quale la commissione di ricorso ha concluso che «il segno sarà percepito dal pubblico rilevante come un elemento estetico, ornamentale o di design, magari anche funzionale (visibilità), non sufficiente per distinguere i prodotti della richiedente da quelli di altre imprese».

48      La commissione di ricorso ha quindi correttamente ritenuto che i colori utilizzati nel marchio richiesto fossero di per sé incapaci di veicolare un messaggio sull’origine commerciale dei prodotti interessati. Del resto, nei settori di cui trattasi nel caso di specie, il pubblico di riferimento non ha l’abitudine di presumere l’origine dei prodotti basandosi su un colore ordinario, che viene oltretutto delimitato nello spazio da una forma geometrica di base [v., in tal senso, sentenza del 9 dicembre 2010, Fédération internationale des logis/UAMI (Quadrato convesso verde), T‑282/09, non pubblicata, EU:T:2010:508, punto 28].

49      Il fatto che, nel caso di specie, i colori utilizzati nel marchio richiesto siano colori Pantone non modifica tale conclusione. Infatti, le tonalità specificate dei tre colori utilizzati, ossia Pantone giallo 7404 C, Pantone arancione 152 C e Pantone blu navy 282 C, non presentano, per il pubblico di riferimento, una differenza percepibile con i colori comunemente utilizzati o idonei a essere utilizzati per i prodotti in questione. Essi rimarranno quindi difficilmente impressi nella memoria del pubblico di riferimento, che ha soltanto raramente la possibilità di procedere a un raffronto diretto tra i diversi marchi, ma che deve affidarsi all’immagine imperfetta che ha conservato nella propria memoria [v., in tal senso, sentenza del 10 dicembre 2015, Fútbol Club Barcelona/UAMI (Raffigurazione del contorno di uno stemma), T‑615/14, non pubblicata, EU:T:2015:952, punto 36].

50      Tale conclusione non può essere rimessa in discussione nemmeno dagli argomenti della ricorrente secondo i quali non si tratterebbe di colori «base», poiché la banda rettangolare, nella quale i colori sono utilizzati, è stata usata dalla ricorrente costantemente per decenni e diffusa internazionalmente tramite promozioni, co‑branding, e articoli sulla stampa, sia specializzata, sia generalista. Si deve infatti necessariamente constatare che tali argomenti non sono pertinenti nel caso di specie, dato che la ricorrente fa confusione tra il carattere distintivo intrinseco del marchio richiesto e il suo carattere distintivo acquisito in seguito all’uso.

51      In terzo luogo, va osservato che la combinazione di tre colori, di per sé, non cambierà la percezione del pubblico di riferimento. In linea di principio, affinché una combinazione di colori come quella di cui trattasi possa svolgere una funzione di identificazione dell’origine commerciale dei prodotti interessati, occorre che essa comporti elementi atti a individuarla rispetto ad altre combinazioni di colori e a catturare l’attenzione del consumatore (sentenza del 12 novembre 2008, Combinazione di 24 quadrati colorati, T‑400/07, non pubblicata, EU:T:2008:492, punto 45).

52      Nel caso di specie, come correttamente valutato dalla commissione di ricorso, i prodotti contraddistinti dal marchio richiesto appartenenti alle classi 18 (cuoio, sue imitazioni e articoli di pelletteria) e 25 (abbigliamento e calzature) sono spesso confezionati e decorati con strisce che associano combinazioni di colori, come il marchio richiesto. La commissione di ricorso ha pertanto correttamente rilevato, al punto 18 della decisione impugnata, che i colori che compaiono nel marchio richiesto saranno percepiti dal pubblico di riferimento «come elemento decorativo dei prodotti in[teressati]», trasmettendogli un «messaggio estetico».

53      Per quanto concerne i prodotti contrassegnati dal marchio richiesto appartenenti alla classe 26 (articoli di merceria e di passamaneria), si deve osservare, al pari della commissione di ricorso al punto 22 della decisione impugnata, che il marchio richiesto potrebbe adempiere la funzione di rendere visibili i capi che saranno successivamente confezionati o ricamati con detti prodotti. Per di più, molte volte esso può coincidere con il prodotto stesso e diventare indistinguibile da quest’ultimo. La commissione di ricorso ha quindi correttamente considerato che il marchio richiesto fosse privo di carattere distintivo per quanto concerne i prodotti appartenenti alla classe 26.

54      Tanto meno le conclusioni formulate ai punti 52 e 53 supra possono essere confutate dagli argomenti della ricorrente.

55      Anzitutto, per quanto riguarda l’argomento vertente sulla continuità e l’estensione dell’uso del marchio richiesto, si deve necessariamente constatare che, nell’ambito della valutazione del carattere distintivo del marchio richiesto ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, tale argomento è inconferente.

56      Inoltre, per quanto concerne l’argomento basato sull’asserita originalità della combinazione di colori nettamente diversi tra loro che costituisce il marchio richiesto, occorre rilevare che il marchio richiesto non si distingue da altre combinazioni di colori simili, che susciteranno la stessa impressione d’insieme del segno di cui trattasi. Esso non diverge dalla norma o dagli usi dei settori interessati per nessuno dei suoi elementi. Tale valutazione è corroborata dal fatto che il pubblico di riferimento ha soltanto raramente la possibilità di procedere a un raffronto diretto tra i diversi segni, ma deve fare affidamento sull’immagine imperfetta che ne ha mantenuto nella memoria [v., in tal senso, sentenze del 9 luglio 2003, Combinazione di arancione e grigio, T‑234/01, EU:T:2003:202, punto 31, e del 17 gennaio 2007, Georgia-Pacific/UAMI (Motivo goffrato), T‑283/04, non pubblicata, EU:T:2007:10, punto 40].

57      Si deve peraltro rilevare che la ricorrente non produce alcun elemento di prova diretto a dimostrare per quale ragione tale combinazione di colori dovrebbe essere considerata «originale» e provvista di carattere distintivo. Essa si limita a un’affermazione generale a tale proposito, secondo la quale «[i]l fatto di abbinare ben tre colori, nettamente diversi tra di loro e di pari dimensioni all’interno di un formato rettangolare, pare (limitatamente all’uso di tali colori) una soluzione provvista di capacità distintiva».

58      Infine, per quanto attiene all’argomento secondo il quale la funzione decorativa del segno di cui trattasi non costituirebbe un ostacolo insuperabile alla sua registrazione come marchio dell’Unione europea, si deve ricordare che, pur potendo svolgere una funzione decorativa, il segno in questione deve sempre necessariamente avere un carattere distintivo minimo. In particolare, affinché presenti il grado minimo di carattere distintivo richiesto dall’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009, il segno deve soltanto risultare, a priori, idoneo a consentire al pubblico di riferimento di identificare l’origine dei prodotti o dei servizi designati nella domanda di marchio dell’Unione europea e di distinguerli, senza possibilità di confusione, da quelli che hanno una provenienza diversa [sentenza del 28 settembre 2010, Rosenruist/UAMI (Raffigurazione di due linee curve su una tasca), T‑388/09, non pubblicata, EU:T:2010:410, punto 25]. Orbene, come è già stato illustrato ai punti da 30 a 53 supra, ciò non avviene nel caso di specie.

59      In quarto luogo, per quanto riguarda l’argomento della ricorrente secondo il quale il marchio richiesto potrebbe essere registrato conformemente al principio enunciato nella sentenza del 24 giugno 2004, Heidelberger Bauchemie (C‑49/02, EU:C:2004:384, punto 42), si deve osservare che, anche supponendo, come asserisce la ricorrente, che il segno in questione di cui si chiede la registrazione come marchio dell’Unione europea consista in una combinazione di colori utilizzati in una disposizione sistematica ben precisa, che associa detti colori «considerati in modo predeterminato e costante», tale circostanza non è sufficiente, di per sé, a consentirne la registrazione come marchio dell’Unione europea. Infatti, ai sensi della sentenza del 24 giugno 2004, Heidelberger Bauchemie (C‑49/02, EU:C:2004:384), affinché colori o combinazioni di colori, designati in modo astratto e senza contorno in una domanda di registrazione, possano costituire un marchio ai sensi dell’articolo 2 della prima direttiva 89/104/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1988, sul ravvicinamento delle legislazioni degli Stati membri in materia di marchi d’impresa (GU 1989, L 40, pag. 1), il cui contenuto coincide, in sostanza, con quello dell’articolo 4 del regolamento n. 207/2009, essi devono poter soddisfare le altre condizioni previste, in particolare all’articolo 3 della richiamata direttiva, il cui contenuto coincide, in sostanza, con quello dell’articolo 7 del regolamento n. 207/2009. In particolare, essi devono presentarsi come un segno provvisto di carattere distintivo, ossia idoneo a distinguere il prodotto o il servizio contraddistinto da detto segno come proveniente da un’impresa determinata e quindi idoneo a distinguere tale prodotto o servizio da quelli di altre imprese. Orbene, tenuto conto delle considerazioni esposte ai punti da 30 a 53 supra, e come ha correttamente rilevato l’EUIPO, è proprio questo essenziale requisito che non si riscontra nel marchio richiesto.

60      In quinto luogo, per quanto attiene all’argomento vertente sull’assenza di un esame complessivo del marchio richiesto, occorre rilevare che, contrariamente a quanto sostenuto dalla ricorrente, la commissione di ricorso non ha omesso di effettuare una valutazione complessiva del marchio richiesto. Al contrario, dopo avere esaminato in successione i vari elementi che compongono detto marchio, la commissione di ricorso ha inoltre valutato, certamente in maniera succinta, il suo carattere distintivo nel suo complesso. Tale valutazione complessiva risulta dal punto 23 della decisione impugnata, nel quale la commissione di ricorso ha concluso che «nella fattispecie la figura geometrica (banale) e i colori impiegati non implicano alcun elemento che diverga dalle norme o abitudini del settore della moda». Parimenti, nel contesto della sua valutazione complessiva, nel medesimo punto della decisione impugnata la commissione di ricorso ha affermato di «concorda[re] con l’esaminatrice sul fatto che il segno sarà percepito dal pubblico rilevante come un elemento estetico, ornamentale o di design, magari anche funzionale (visibilità), non sufficiente per distinguere i prodotti della richiedente da quelli di altre imprese».

61      Se è vero che, nella decisione impugnata, la commissione di ricorso non fa riferimento al marchio richiesto considerato nel suo complesso, è parimenti vero che, al punto 23 della decisione impugnata, richiamato al punto 60 supra, la commissione di ricorso trae le conclusioni della valutazione effettuata nei punti precedenti della decisione impugnata. Essa fa riferimento sia alla figura geometrica sia ai colori che compongono il marchio richiesto, per concluderne che il segno di cui trattasi non sarà visto né memorizzato come un’indicazione dell’origine commerciale dei prodotti di cui trattasi e non potrà imprimersi in modo duraturo nella mente del pubblico di riferimento.

62      La commissione di ricorso ha quindi debitamente valutato il segno di cui trattasi nel suo complesso, prendendo in considerazione tutte le circostanze pertinenti del caso di specie. Di conseguenza, si deve respingere l’argomento della ricorrente secondo il quale l’esame di un segno ai fini della sua registrazione come marchio dell’Unione europea dovrebbe «sempre essere effettuato nel suo complesso e non solo partitamente, e (...) [dovrebbe] prendere in considerazione tutte le circostanze pertinenti del caso di specie».

63      Nella misura in cui, con l’argomento vertente sull’assenza di esame complessivo del marchio richiesto, la ricorrente mira a dedurre il difetto di motivazione della decisione impugnata, si deve ricordare che, ai sensi dell’articolo 75 del regolamento n. 207/2009, le decisioni dell’EUIPO devono essere motivate. Tale obbligo ha la stessa portata di quello sancito dall’articolo 296, secondo comma, TFUE. Inoltre, l’obbligo di motivare le decisioni individuali persegue il duplice obiettivo di consentire, da un lato, agli interessati di conoscere le ragioni del provvedimento adottato al fine di tutelare i propri diritti e, dall’altro, al giudice dell’Unione di esercitare il proprio controllo sulla legittimità della decisione. La questione se la motivazione di una decisione soddisfa tali requisiti dev’essere valutata non soltanto alla luce della sua formulazione, ma anche del suo contesto, nonché del complesso delle norme giuridiche che disciplinano la materia di cui trattasi [v. sentenza del 3 febbraio 2011, Gühring/UAMI (Combinazione di giallo ginestra e di grigio argento), T‑299/09 e T‑300/09, non pubblicata, EU:T:2011:28, punto 16 e giurisprudenza citata].

64      Quando l’EUIPO nega la registrazione di un segno come marchio dell’Unione europea, deve, per motivare la sua decisione, indicare l’impedimento, assoluto o relativo, che osta a tale registrazione, nonché la disposizione da cui tale impedimento dipende ed esporre le circostanze di fatto che ha ammesso come provate e che, a suo parere, giustificano l’applicazione della disposizione fatta valere. Tale motivazione è in linea di principio sufficiente per soddisfare i requisiti richiamati al punto 63 supra [v. sentenza del 3 febbraio 2011, Gühring/UAMI (Combinazione di giallo ginestra e di grigio argento), T‑299/09 e T‑300/09, non pubblicata, EU:T:2011:28, punto 17 e giurisprudenza citata].

65      Alla luce delle considerazioni esposte ai punti da 30 a 53 supra, si deve necessariamente constatare che la commissione di ricorso ha debitamente indicato i motivi che ostano alla registrazione del marchio richiesto e ha illustrato in maniera esaustiva le circostanze di fatto che giustificano il diniego di registrazione di cui trattasi, il che ha del resto consentito alla ricorrente di far valere i propri diritti e al Tribunale di esercitare il proprio sindacato sulla legittimità della decisione impugnata.

 Sulla seconda e terza censura, riguardanti la mancata presa in considerazione del marchio anteriore della ricorrente e la prassi dell’EUIPO

66      Con la seconda censura la ricorrente sostiene che le conclusioni alle quali è giunta la commissione di ricorso non tengono conto dell’esistenza del marchio dell’Unione europea figurativo registrato con il numero 003971561, anch’esso di proprietà della ricorrente, che designa gli stessi prodotti designati dal marchio richiesto e che ha ad oggetto un segno molto simile a quello controverso (in prosieguo: il «marchio anteriore della ricorrente»). Secondo la ricorrente, il marchio richiesto costituisce «una variante» del suo marchio anteriore, ovverosia il marchio richiesto riprende «il dettaglio della sequenza di strisce verticali parallele nei colori giallo, arancio e blu, come già riprodotta, in combinazione speculare, nel marchio [anteriore]», che si presenta nella maniera seguente:

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67      Con la sua terza censura, la ricorrente fa valere che le conclusioni della commissione di ricorso contrastano con varie altre decisioni dell’EUIPO che hanno riconosciuto il carattere distintivo e la registrabilità come marchi dell’Unione europea di segni dello stesso tipo del segno in questione e che confermano la sussistenza di una prassi costante e uniforme dell’EUIPO rispetto al carattere registrabile di siffatta tipologia di marchi. Il rifiuto alla registrazione opposto al marchio richiesto non sarebbe quindi ragionevole, e parrebbe immotivato.

68      L’EUIPO contesta gli argomenti della ricorrente.

69      In primo luogo, occorre rilevare che il marchio anteriore della ricorrente produce un’impressione d’insieme diversa da quella prodotta dal marchio richiesto, cosicché la somiglianza tra i due marchi non è così elevata come sostiene la ricorrente. Infatti, come ha correttamente rilevato l’EUIPO, nel marchio anteriore della ricorrente i colori sono disposti in una maniera più articolata, con il rosso che si ripete due volte, e le strisce hanno spessore variabile.

70      In secondo luogo, si deve ricordare che la valutazione del carattere distintivo di un marchio ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009 si fonda sulla capacità di tale marchio di individuare i prodotti o i servizi del richiedente sul mercato rispetto ai prodotti o ai servizi del medesimo tipo offerti dai concorrenti. Ne consegue che il fatto che il marchio richiesto consista in una variante di un marchio dell’Unione europea già registrato non è pertinente a tale proposito (v., in tal senso, sentenza del 13 aprile 2011, Rappresentazione di un parallelogramma, T‑159/10, non pubblicata, EU:T:2011:176, punto 33).

71      In terzo luogo si deve sottolineare che le decisioni riguardanti la registrazione di un segno come marchio dell’Unione europea che le commissioni di ricorso devono adottare in forza del regolamento n. 207/2009 rientrano nell’esercizio di una competenza vincolata e non di un potere discrezionale. Pertanto, come rilevato dalla commissione di ricorso, la registrabilità di un segno come marchio dell’Unione europea dev’essere valutata unicamente sulla base di tale regolamento, come interpretato dal giudice dell’Unione, e non sulla base di una prassi decisionale precedente delle commissioni di ricorso [v. sentenza del 6 luglio 2011, i-content/UAMI (BETWIN), T‑258/09, EU:T:2011:329, punto 77 e giurisprudenza citata].

72      Certamente è esatto che l’EUIPO è tenuto a esercitare le proprie competenze in conformità ai principi generali del diritto dell’Unione, quali il principio della parità di trattamento e il principio di buona amministrazione. Alla luce di questi ultimi due principi, l’EUIPO, nell’ambito dell’istruzione di una domanda di registrazione di un marchio dell’Unione europea, deve prendere in considerazione le decisioni già adottate per domande simili e chiedersi con particolare attenzione se occorra o meno decidere nello stesso senso (sentenza del 10 marzo 2011, Agencja Wydawnicza Technopol/UAMI, C‑51/10 P, EU:C:2011:139, punti 73 e 74).

73      Ciò posto, i principi di parità di trattamento e di buona amministrazione devono conciliarsi con il rispetto della legalità. Conseguentemente, la persona che chiede la registrazione di un segno come marchio dell’Unione europea non può invocare a proprio vantaggio un’eventuale illegittimità commessa in favore di altri al fine di ottenere una decisione identica (sentenza del 10 marzo 2011, Agencja Wydawnicza Technopol/UAMI, C‑51/10 P, EU:C:2011:139, punti 75 e 76).

74      Inoltre, per motivi di certezza del diritto e, specificamente, di buona amministrazione, l’esame di ogni domanda di registrazione deve essere rigoroso e completo per evitare l’indebita registrazione di determinati marchi. Tale esame deve avvenire in ogni caso concreto. Infatti, la registrazione di un segno come marchio dell’Unione europea dipende da criteri specifici, applicabili nell’ambito delle circostanze di fatto del caso di specie, destinati a verificare se il segno di cui trattasi rientri in un impedimento alla registrazione (sentenza del 10 marzo 2011, Agencja Wydawnicza Technopol/UAMI, C‑51/10 P, EU:C:2011:139, punto 77).

75      Nel caso di specie, dall’esame effettuato ai punti da 25 a 53 supra risulta che la commissione di ricorso ha correttamente accertato, sulla base di un esame completo e tenendo conto della percezione del pubblico di riferimento, che la domanda di marchio dell’Unione europea presentata dalla ricorrente incorreva nell’impedimento assoluto alla registrazione di cui all’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009. Ne consegue che, conformemente alla giurisprudenza citata ai punti da 73 a 76 supra, la ricorrente non poteva utilmente avvalersi del proprio marchio anteriore né richiamare decisioni anteriori dell’EUIPO per confutare la conclusione della commissione di ricorso.

76      Da tutte le considerazioni che precedono discende che la commissione di ricorso ha potuto correttamente concludere che il marchio richiesto era privo di carattere distintivo ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 207/2009.

77      Poiché tutte le censure dedotte a sostegno del primo motivo della ricorrente sono state respinte, occorre di conseguenza respingere il primo motivo di ricorso.

 Sul secondo motivo, vertente sulla violazione dell’articolo 7, paragrafo 3, del regolamento n. 207/2009

78      Nell’ambito del suo secondo motivo, dedotto in via subordinata, la ricorrente fa valere che il marchio richiesto ha acquisito un carattere distintivo in seguito all’uso sufficientemente ampio sul territorio di riferimento, vale a dire quello dell’Unione.

79      In udienza l’EUIPO ha contestato le affermazioni della ricorrente.

80      In via preliminare occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 3, del regolamento n. 207/2009, gli impedimenti assoluti alla registrazione indicati all’articolo 7, paragrafo 1, lettere da b) a d), dello stesso regolamento non ostano alla registrazione di un marchio se quest’ultimo ha acquisito, per i prodotti o i servizi per i quali si chiede la registrazione, un carattere distintivo in seguito all’uso che ne è stato fatto. Infatti, nell’ipotesi di cui all’articolo 7, paragrafo 3, del regolamento n. 207/2009, il fatto che il segno che costituisce il marchio in questione sia effettivamente percepito dal pubblico di riferimento come un’indicazione dell’origine commerciale di un prodotto o di un servizio è il risultato di uno sforzo economico del richiedente il marchio. Tale circostanza giustifica che siano scartate le considerazioni di interesse generale sottese all’articolo 7, paragrafo 1, lettere da b) a d), dello stesso regolamento, che richiedono che i marchi oggetto di tali disposizioni possano essere liberamente utilizzati al fine di evitare di creare un vantaggio concorrenziale illegittimo a favore di un solo operatore economico [v. sentenze del 21 aprile 2010, Schunk/UAMI (Raffigurazione di una parte di un mandrino), T‑09/09, non pubblicata, EU:T:2010:153, punto 38 e giurisprudenza citata, e del 22 marzo 2013, Bottega Veneta International/UAMI (Forma di una borsetta), T‑409/10, non pubblicata, EU:T:2013:148, punto 74 e giurisprudenza citata].

81      Secondo la giurisprudenza, il carattere distintivo di un marchio, ivi compreso quello acquisito in seguito all’uso, deve essere valutato in relazione ai prodotti o ai servizi per i quali viene chiesta la registrazione del marchio e prendendo in considerazione la presunta percezione di un consumatore medio della categoria dei prodotti o dei servizi in questione normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto (v. sentenze del 21 aprile 2010, Raffigurazione di una parte di un mandarino, T‑7/09, non pubblicata, EU:T:2010:153, punto 42 e giurisprudenza citata e del 22 marzo 2013, Forma di una borsetta, T‑409/10, non pubblicata, EU:T:2013:148, punto 78 e giurisprudenza citata).

82      Per fare accettare la registrazione di un marchio ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 3, del regolamento n. 207/2009, il carattere distintivo acquisito in seguito all’uso di un marchio dev’essere dimostrato nella parte dell’Unione in cui esso ne era privo alla luce dell’articolo 7, paragrafo 1, lettere da b) a d), di detto regolamento (v. sentenze del 21 aprile 2010, Raffigurazione di una parte di un mandarino, T‑7/09, non pubblicata, EU:T:2010:153, punto 40 e giurisprudenza citata, e del 22 marzo 2013, Forma di una borsetta, T‑409/10, non pubblicata, EU:T:2013:148, punto 76 e giurisprudenza citata).

83      Tuttavia, la Corte ha dichiarato che sarebbe eccessivo pretendere che la prova di tale acquisizione venga fornita con riferimento a ciascun singolo Stato membro (v., in tal senso, sentenza del 24 maggio 2012, Chocoladefabriken Lindt & Sprüngli/UAMI, C‑98/11 P, EU:C:2012:307, punto 62).

84      Dalla giurisprudenza risulta altresì che l’acquisizione di un carattere distintivo in seguito all’uso del marchio richiede che almeno una parte significativa del pubblico destinatario identifichi, grazie al marchio, i prodotti o i servizi di cui trattasi come provenienti da un’impresa determinata [v. sentenza del 29 settembre 2010, CNH Global/UAMI (Combinazione dei colori rosso, nero e grigio per un trattore), T‑378/07, EU:T:2010:413, punto 28 e giurisprudenza citata]. Tuttavia, per quanto riguarda le circostanze in cui un tale presupposto può ritenersi soddisfatto, esse non possono essere accertate solo in base a dati generali e astratti (v. sentenze del 21 aprile 2010, Raffigurazione di una parte di un mandarino, T‑7/09, non pubblicata, EU:T:2010:153, punto 39 e giurisprudenza citata, e del 22 marzo 2013, Forma di una borsetta, T‑409/10, non pubblicata, EU:T:2013:148, punto 75 e giurisprudenza citata).

85      Secondo la giurisprudenza, per accertare se un marchio abbia acquisito un carattere distintivo a seguito dell’uso che ne è stato fatto, l’autorità competente deve valutare globalmente i fattori che possono dimostrare che il marchio è divenuto atto a identificare il prodotto di cui trattasi come proveniente da un’impresa determinata e, quindi, a distinguere tale prodotto da quelli di altre imprese [v. sentenza del 21 aprile 2015, Louis Vuitton Malletier/UAMI – Nanu‑Nana (Rappresentazione di un motivo a scacchiera marrone e beige), T‑359/12, EU:T:2015:215, punto 89 e giurisprudenza citata].

86      Al riguardo, si devono prendere in considerazione, in particolare, la quota di mercato detenuta dal marchio, l’intensità, l’estensione geografica e la durata dell’uso di tale marchio, l’entità degli investimenti effettuati dall’impresa per promuoverlo, la parte degli ambienti interessati che identifica il prodotto come proveniente da un’impresa determinata grazie al marchio, le dichiarazioni delle camere di commercio e industria o di altre associazioni professionali nonché i sondaggi d’opinione (v. sentenza del 21 aprile 2015, Rappresentazione di un motivo a scacchiera marrone e beige, T‑359/12, EU:T:2015:215, punto 90 e giurisprudenza citata). Qualora, sulla base di simili elementi, gli ambienti interessati o, almeno, una parte significativa degli stessi, identifichino, grazie al marchio, il prodotto come proveniente da un’impresa specifica, si deve concludere che la condizione imposta dall’articolo 7, paragrafo 3, del regolamento n. 207/2009 per la registrazione del marchio è soddisfatta (v. sentenze del 21 aprile 2010, Raffigurazione di una parte di un mandarino, T‑7/09, non pubblicata, EU:T:2010:153, punto 41 e giurisprudenza citata, e del 22 marzo 2013, Forma di una borsetta, T‑409/10, non pubblicata, EU:T:2013:148, punto 77 e giurisprudenza citata).

87      Alla luce di tali considerazioni occorre esaminare se, nel caso di specie, la commissione di ricorso ha commesso un errore nel ritenere che il marchio richiesto non avesse acquisito carattere distintivo in seguito all’uso che ne è stato fatto, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 3, del regolamento n. 207/2009.

88      In primo luogo occorre rilevare che dai punti da 30 a 36 della decisione impugnata risulta che la commissione di ricorso ha preso in considerazione tutta la documentazione trasmessa dalla ricorrente all’EUIPO e che consisteva nei seguenti documenti:

–        cataloghi e book delle collezioni;

–        immagini relative alle attuali collezioni del marchio dell’Unione europea figurativo K WAY;

–        materiale relativo a prodotti del marchio dell’Unione europea figurativo K WAY;

–        rassegne stampa per gli anni dal 2008 al 2014;

–        pagine di Facebook e catture dallo schermo di alcuni siti Internet dei licenziatari europei;

–        dichiarazione sull’onore relativa ai dati dei fatturati in diversi paesi, dal 2009 al 2014;

–        copia dell’ordinanza del Tribunale di Torino (Italia) nel procedimento R.G. 26466/2014, che riconoscerebbe il carattere distintivo del marchio richiesto;

–        una copia della corrispondenza relativa all’iter di registrazione del marchio anteriore della ricorrente;

–        informazioni su fascicoli di altri marchi simili per contraddistinguere prodotti simili.

89      In secondo luogo, per quanto riguarda il punto 32 della decisione impugnata, in cui la commissione di ricorso ha rilevato che quasi tutta la documentazione relativa al materiale pubblicitario, le riviste e i cataloghi, in lingua italiana e in lingua francese, si riferisce all’Italia e che gli estratti dei siti Internet, dei profili Facebook e di schermate dei licenziatari in Europa riguardano soltanto la Francia, l’Italia, i Paesi Bassi e il Regno Unito, si deve ricordare che, secondo la giurisprudenza citata al punto 83 supra, sarebbe eccessivo richiedere che la prova dell’acquisizione di un carattere distintivo in seguito all’uso venga fornita con riferimento a ciascun singolo Stato membro. Infatti, tenuto conto dell’attuale numero di Stati membri dell’Unione nonché della diversa importanza dei vari mercati nell’Unione, è altamente improbabile che una parte sia in grado di fornire elementi di prova concernenti tutta l’Unione. Essa tenderà piuttosto a concentrarsi su alcuni Stati membri.

90      In terzo luogo si deve rilevare che, alla luce della giurisprudenza riportata al punto 86 supra, poiché i cataloghi e il book delle collezioni, le immagini relative alle attuali collezioni del marchio dell’Unione europea figurativo K WAY, le pagine di Facebook e schermate di alcuni siti Internet dei licenziatari in Europa nonché gli estratti di rassegne stampa riguardano la Francia e l’Italia, e, in misura minore, i Paesi Bassi e il Regno Unito, tali documenti provano in maniera pertinente che il marchio richiesto ha acquisito un carattere distintivo in seguito all’uso in questi quattro Stati membri. Infatti, tali documenti dimostrano che il marchio richiesto ha una presenza solida e prolungata sul mercato della moda in Francia, in Italia, nei Paesi Bassi e nel Regno Unito e che esso è stato utilizzato, per un’ampia gamma di prodotti diversi, in maniera coerente, sempre con la stessa combinazione di colori, durante un lungo periodo compreso tra il 2000 e il 2014.

91      Tale constatazione non può essere rimessa in discussione dal fatto che l’uso del marchio richiesto è effettuato in combinazione con un elemento denominativo come quello del marchio dell’Unione europea figurativo K WAY, del quale la ricorrente è proprietaria.

92      A tale proposito si deve infatti rammentare che la Corte ha già dichiarato che l’acquisizione del carattere distintivo di un marchio può anche derivare dal suo uso in combinazione con un marchio registrato. È sufficiente che, in conseguenza di tale uso, gli ambienti interessati percepiscano effettivamente il prodotto o il servizio designato dal marchio come proveniente da una determinata impresa (v., in tal senso, sentenza del 17 luglio 2008, L & D/UAMI, C‑488/06 P, EU:C:2008:420, punto 49 e giurisprudenza citata). Pertanto, l’uso del marchio richiesto, in combinazione con il marchio dell’Unione europea figurativo K WAY, già registrato, non impedisce, in linea di principio, di concludere per la sussistenza del suo carattere distintivo acquisito in seguito all’uso qualora venga dimostrato che gli ambienti interessati, o almeno una parte significativa degli stessi, percepiscono effettivamente i prodotti designati dal marchio richiesto come provenienti da una determinata impresa.

93      Nel caso di specie, come riconosciuto dall’EUIPO in udienza, non si può escludere che, nei quattro Stati membri summenzionati, il pubblico di riferimento, o una parte significativa di quest’ultimo, percepirà il marchio richiesto come un’indicazione dell’origine commerciale dei prodotti interessati, poiché l’uso del marchio richiesto, anche in combinazione con il marchio dell’Unione europea figurativo K WAY registrato, ha creato un collegamento nella mente del pubblico di riferimento con i prodotti forniti dalla ricorrente. Ciò vale a maggior ragione se si considera che, come precisato dalla ricorrente in udienza, il pubblico di riferimento non ha mai visto i prodotti sui quali compare il marchio dell’Unione europea figurativo K WAY e, in particolare, gli impermeabili, senza le tre strisce di colori che compongono il marchio richiesto, dato che i due marchi in questione sono stati sempre utilizzati insieme. Peraltro, tale constatazione non può nemmeno essere rimessa in discussione dal fatto che il marchio richiesto abbia una funzione ornamentale.

94      Si deve tuttavia rilevare che, per quanto riguarda gli altri cinque Stati membri, ossia l’Austria, la Germania, il Belgio, la Spagna e l’Ungheria, per i quali la ricorrente pretende di dimostrare che il marchio richiesto ha acquisito un carattere distintivo in seguito all’uso, essa ha fornito soltanto una dichiarazione sull’onore indicante i fatturati realizzati e i dati relativi alle vendite effettuate dai suoi licenziatari e dai suoi distributori per prodotti commercializzati con il marchio richiesto e con il marchio dell’Unione europea figurativo K WAY nonché con il suo marchio anteriore.

95      Orbene, va ricordato che, secondo una giurisprudenza costante, le dichiarazioni sull’onore sono prove che devono essere corroborate da altri elementi [v., in tal senso, sentenze del 3 giugno 2012, Süd-Chemie/UAMI – Byk-Cera (CERATIX), T‑312/11, non pubblicata, EU:T:2012:296, punto 30 e giurisprudenza citata, e del 14 marzo 2017, Hersill/EUIPO – KCI Licensing (VACUP), T‑741/14, non pubblicata, EU:T:2017:165, punto 30 e giurisprudenza citata]. Nel caso di specie, per quanto concerne i cinque Stati membri menzionati al punto 94 supra, il fascicolo non contiene nessun altro elemento di prova diretto a corroborare la dichiarazione sull’onore di cui trattasi. Occorre osservare peraltro che i dati relativi alle vendite in quanto tali non dimostrano che il pubblico destinatario dei prodotti di cui trattasi percepisce il marchio richiesto come un’indicazione dell’origine commerciale [v., in tal senso, sentenza del 24 febbraio 2016, Coca-Cola/UAMI (Forma di una bottiglia Contour senza scanalature), T‑411/14, EU:T:2016:94, punto 84].

96      In considerazione di quanto precede, in particolare della giurisprudenza richiamata ai punti da 82 a 86 supra, si deve concludere che gli elementi di prova prodotti nel caso di specie dalla ricorrente, valutati nel loro complesso, non sono sufficienti a dimostrare che il marchio richiesto ha acquisito un carattere distintivo in seguito all’uso.

97      Si deve quindi respingere il secondo motivo e, di conseguenza, il ricorso nella sua interezza.

 Sulle spese

98      Ai sensi dell’articolo 134, paragrafo 1, del regolamento di procedura del Tribunale, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

99      Poiché la ricorrente è rimasta soccombente, occorre condannarla alle spese, conformemente alla domanda dell’EUIPO.

Per questi motivi,

IL TRIBUNALE (Sesta Sezione)

dichiara e statuisce:

1)      Il ricorso è respinto.

2)      La Basic Net SpA è condannata alle spese.

Berardis

Spielmann

Csehi

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 20 luglio 2017.

Il cancelliere

 

      Il presidente

E. Coulon                                                 D. Gratsias


1 Lingua processuale: l’italiano.