Language of document : ECLI:EU:C:2017:595

SENTENZA DELLA CORTE (Quarta Sezione)

26 luglio 2017 (*)

«Impugnazione – Trasporti – Direttiva 2010/40/UE – Diffusione di sistemi di trasporto intelligenti nel settore del trasporto stradale – Articolo 7 – Delega di poteri alla Commissione europea – Limiti – Regolamento delegato (UE) n. 885/2013 – Predisposizione di servizi d’informazione sulle aree di parcheggio sicure destinate agli automezzi pesanti e ai veicoli commerciali – Regolamento delegato (UE) n. 886/2013 – Dati e procedure per la comunicazione gratuita agli utenti di informazioni minime universali sulla viabilità connesse alla sicurezza stradale – Articolo 290 TFUE – Delimitazione esplicita degli obbiettivi, del contenuto, della portata e della durata della delega di poteri – Elemento essenziale della materia in oggetto – Creazione di un organo di controllo»

Nella causa C‑696/15 P,

avente ad oggetto un’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 23 dicembre 2015,

Repubblica ceca, rappresentata da M. Smolek, J. Vláčil, T. Müller e J. Pavliš, in qualità di agenti,

ricorrente,

procedimento in cui l’altra parte è:

Commissione europea, rappresentata da A. Buchet, P. J. O. Van Nuffel, J. Hottiaux e Z. Malůšková, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuta in primo grado,

LA CORTE (Quarta Sezione),

composta da T. von Danwitz (relatore), presidente di sezione, E. Juhász, C. Vajda, K. Jürimäe e C. Lycourgos, giudici,

avvocato generale: H. Saugmandsgaard Øe

cancelliere: M. Aleksejev, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 19 ottobre 2016,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 21 dicembre 2016,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con la sua impugnazione la Repubblica ceca chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea dell’8 ottobre 2015, Repubblica ceca/Commissione (T‑659/13 e T‑660/13, non pubblicata; in prosieguo: la «sentenza impugnata», EU:T:2015:771), con la quale quest’ultimo ha respinto i suoi due ricorsi aventi ad oggetto, nella causa T‑659/13, in via principale, una domanda di annullamento del regolamento delegato (UE) n. 885/2013 della Commissione, del 15 maggio 2013, che integra la direttiva 2010/40/UE del Parlamento europeo e del Consiglio (direttiva «ITS»), in merito alla predisposizione dei servizi d’informazione sulle aree di parcheggio sicure destinate agli automezzi pesanti e ai veicoli commerciali (GU 2013, L 247, pag. 1), e, in via subordinata, una domanda di annullamento dell’articolo 3, paragrafo 1, dell’articolo 8 e dell’articolo 9, paragrafo 1, lettera a), del regolamento delegato n. 885/2013, nonché, nella causa T‑660/13, in via principale, una domanda di annullamento del regolamento delegato (UE) n. 886/2013 della Commissione, del 15 maggio 2013, che integra la direttiva 2010/40/UE del Parlamento europeo e del Consiglio per quanto riguarda i dati e le procedure per la comunicazione gratuita agli utenti, ove possibile, di informazioni minime universali sulla viabilità connesse alla sicurezza stradale (GU 2013, L 247, pag. 6), e, in via subordinata, una domanda di annullamento dell’articolo 5, paragrafo 1, dell’articolo 9 e dell’articolo 10, paragrafo 1, lettera a), del regolamento delegato n. 886/2013.

 Contesto normativo

 Direttiva 2010/40/UE

2        Ai sensi del suo articolo 1, paragrafi 1 e 2, la direttiva 2010/40/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 luglio 2010, sul quadro generale per la diffusione dei sistemi di trasporto intelligenti nel settore del trasporto stradale e nelle interfacce con altri modi di trasporto (GU 2010, L 207, pag. 1), istituisce un quadro a sostegno della diffusione e dell’utilizzo coordinati e coerenti di «sistemi di trasporto intelligenti (ITS)» nell’Unione europea, in particolare attraverso le frontiere tra gli Stati membri, stabilisce le condizioni generali necessarie a tale scopo e prevede l’elaborazione di specifiche per le azioni nell’ambito dei settori prioritari di cui all’articolo 2, nonché l’elaborazione, se del caso, delle norme necessarie.

3        L’articolo 2, paragrafo 1, di tale direttiva precisa i settori prioritari per l’elaborazione e l’utilizzo di specifiche e norme.

4        L’articolo 3 di detta direttiva, rubricato «Azioni prioritarie», così recita:

«Nell’ambito dei settori prioritari costituiscono azioni prioritarie per l’elaborazione e l’utilizzo di specifiche e norme, come specificato all’allegato I:

(…)

c)      i dati e le procedure per la comunicazione gratuita agli utenti, ove possibile, di informazioni minime universali sul traffico connesse alla sicurezza stradale;

(…)

e)      la predisposizione di servizi d’informazione per aree di parcheggio sicure per gli automezzi pesanti e i veicoli commerciali;

(…)».

5        L’articolo 4, punto 1, della stessa direttiva definisce gli ITS come i sistemi in cui sono applicate tecnologie dell’informazione e della comunicazione, nel settore del trasporto stradale, infrastrutture, veicoli e utenti compresi, e nella gestione del traffico e della mobilità nonché per interfacce con altri modi di trasporto.

6        L’articolo 4, punto 17, della direttiva 2010/40 definisce una «specifica» come una «misura vincolante che stabilisce disposizioni contenenti requisiti, procedure o ogni altra regola pertinente».

7        L’articolo 5, paragrafo 1, di tale direttiva, rubricato «Diffusione degli ITS», dispone quanto segue:

«Gli Stati membri adottano le misure necessarie per garantire che le specifiche adottate dalla Commissione ai sensi dell’articolo 6 siano applicate alle applicazioni e ai servizi ITS all’atto della loro diffusione, conformemente ai principi di cui all’allegato II. Resta impregiudicato il diritto di ciascuno Stato membro di decidere sulla diffusione delle applicazioni e dei servizi ITS nel suo territorio. Tale diritto lascia impregiudicato qualsiasi atto legislativo adottato ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 2, secondo comma».

8        L’articolo 6 di detta direttiva, rubricato «Specifiche», enuncia quanto segue:

«1.      La Commissione adotta le specifiche necessarie ad assicurare la compatibilità, l’interoperabilità e la continuità per la diffusione e l’utilizzo operativo degli ITS inizialmente per le azioni prioritarie.

(…)

4.      Ove pertinente, e in funzione del settore trattato dalla specifica, la specifica include uno o più dei seguenti tipi di disposizioni:

a)      disposizioni funzionali che descrivono il ruolo dei vari soggetti interessati e il flusso di informazioni tra di essi;

b)      disposizioni tecniche che mettono a disposizione i mezzi tecnici necessari per il rispetto delle disposizioni funzionali;

c)      disposizioni organizzative che descrivono gli obblighi procedurali dei vari soggetti interessati;

d)      disposizioni sui servizi che descrivono i vari livelli di servizi ed il loro contenuto per le applicazioni ed i servizi ITS.

5.      Fatte salve le procedure di cui alla direttiva 98/34/CE, le specifiche precisano, ove opportuno, le condizioni in cui gli Stati membri possono stabilire, previa notifica alla Commissione, norme supplementari per la fornitura di servizi ITS in tutto o parte del loro territorio purché tali norme non costituiscano un ostacolo per l’interoperabilità.

6.      Le specifiche, ove opportuno, si fondano sulle norme stabilite di cui all’articolo 8.

Le specifiche prevedono, se del caso, una valutazione della conformità a norma della decisione n. 768/2008/CE.

Le specifiche rispettano i principi esposti nell’allegato II.

(…)».

9        L’articolo 7, paragrafi 1 e 2, della medesima direttiva, rubricato «Atti delegati», recita:

«1.      La Commissione può adottare atti delegati conformemente all’articolo 290 del TFUE per quanto riguarda le specifiche. Nell’adottare tali atti delegati, la Commissione agisce conformemente alle pertinenti disposizioni della presente direttiva, in particolare l’articolo 6 e l’allegato II.

2.      Per ciascuna delle azioni prioritarie è adottato un atto delegato distinto».

 Regolamento delegato n. 885/2013

10      Ai sensi del suo articolo 1, il regolamento delegato n. 885/2013 «stabilisce le specifiche necessarie a garantire la compatibilità, l’interoperabilità e la continuità della predisposizione e dell’utilizzo operativo dei servizi di informazione sulle aree di parcheggio sicure destinate agli automezzi pesanti e ai veicoli commerciali a livello di Unione» a norma della direttiva 2010/40 e «si applica alla fornitura di servizi d’informazione situati lungo la rete stradale transeuropea (TERN)».

11      L’articolo 3 di tale regolamento, relativo ai requisiti per la predisposizione di servizi d’informazione, prevede quanto segue:

«1.      Gli Stati membri indicano le aree in cui le condizioni di traffico e di sicurezza richiedono la predisposizione di servizi d’informazione sulle aree di parcheggio sicure.

Essi definiscono inoltre le zone prioritarie in cui saranno fornite le informazioni dinamiche.

2.      La predisposizione di servizi d’informazione rispetta i requisiti stabiliti negli articoli da 4 a 7».

12      L’articolo 8 di detto regolamento così dispone:

«1.      Gli Stati membri designano un organismo nazionale competente per valutare se i fornitori di servizi, gli operatori delle aree di parcheggio e gli operatori stradali rispettano i requisiti stabiliti negli articoli da 4 a 7. L’organismo deve essere imparziale e indipendente da tali soggetti.

Due o più Stati membri possono designare un comune organismo regionale competente per valutare il rispetto di tali requisiti nei propri territori.

Gli Stati membri comunicano alla Commissione l’organismo designato.

2.      Tutti i fornitori di servizi presentano agli organismi designati una dichiarazione relativa alla propria conformità ai requisiti stabiliti negli articoli da 4 a 7.

La dichiarazione contiene i seguenti elementi:

a)      i dati sulle aree di parcheggio sicure destinate agli automezzi pesanti e ai veicoli commerciali, compresa la percentuale dei parcheggi registrati nel servizio d’informazione, raccolti a norma dell’articolo 4;

b)      i mezzi di diffusione dei servizi d’informazione agli utenti;

c)      la copertura dei servizi d’informazione dinamici sulle aree di parcheggio sicure;

d)      la qualità e la disponibilità delle informazioni fornite, del punto di accesso alle informazioni e il formato in cui tali informazioni sono fornite.

3.      Gli organismi designati ispezionano in modo casuale la correttezza delle dichiarazioni di una serie di fornitori di servizi e operatori delle aree di parcheggio pubblici e privati e chiedono la dimostrazione della conformità ai requisiti di cui agli articoli da 4 a 7.

La qualità del servizio può essere valutata anche utilizzando i pareri degli utenti.

Ogni anno gli organismi designati comunicano alle autorità nazionali competenti le dichiarazioni presentate e i risultati delle ispezioni casuali».

 Regolamento delegato n. 886/2013

13      Ai sensi del suo articolo 1, il regolamento delegato n. 886/2013 «stabilisce le specifiche atte ad assicurare la compatibilità, interoperabilità e continuità nell’attivazione e nell’operatività dei dati e delle procedure per la comunicazione gratuita agli utenti, ove possibile, di informazioni minime universali sulla viabilità connesse alla sicurezza stradale a livello di Unione» a norma della direttiva 2010/40 e «si applica all’erogazione di servizi di informazioni minime universali sulla viabilità connesse alla sicurezza stradale sulla rete stradale transeuropea».

14      L’articolo 5 di tale regolamento, relativo all’erogazione del servizio informativo, prevede quanto segue:

«1.      Gli Stati membri stabiliscono in quali tratti della rete stradale transeuropea le condizioni di traffico e di sicurezza impongono l’attivazione del servizio di informazioni minime universali sulla viabilità connesse alla sicurezza stradale.

Essi comunicano alla Commissione detti tratti stradali.

2.      L’erogazione del servizio informativo soddisfa i requisiti previsti agli articoli da 6 a 8».

15      L’articolo 9 di detto regolamento così recita:

«1.      Gli Stati membri designano un organo nazionale imparziale e indipendente incaricato di valutare se gestori della rete stradale, prestatori di servizi ed emittenti dedicate alle informazioni sulla viabilità di natura pubblica o privata soddisfino i requisiti previsti agli articoli da 3 a 8. Due o più Stati membri possono designare un organo comune incaricato di valutare la conformità a detti requisiti nel territorio di ciascuno di essi.

Gli Stati membri notificano gli organi nazionali alla Commissione.

2.      I gestori della rete stradale, prestatori di servizi ed emittenti dedicate alle informazioni sulla viabilità di natura pubblica e privata comunicano agli organi nazionali designati gli estremi d’identificazione e una descrizione del servizio informativo da essi erogato, e presentano una dichiarazione di conformità ai requisiti previsti agli articoli da 3 a 8.

La dichiarazione riporta, secondo i casi, gli elementi seguenti:

a)      copertura del servizio informativo in termini di categorie connesse alla sicurezza stradale e tratti della rete stradale;

b)      informazioni sul pertinente punto d’accesso ai dati sulla viabilità connessi alla sicurezza stradale e relative condizioni d’uso;

c)      formato dei dati sulla viabilità connessi alla sicurezza stradale accessibili tramite il pertinente punto d’accesso;

d)      mezzo di divulgazione del servizio informativo agli utenti finali.

In caso di variazione nell’erogazione del servizio, i gestori della rete stradale, prestatori di servizi ed emittenti dedicate alle informazioni sulla viabilità di natura pubblica o privata aggiornano immediatamente la dichiarazione di conformità.

3.      Gli organi nazionali designati verificano, mediante campionamento casuale, l’esattezza delle dichiarazioni di vari gestori della rete stradale, prestatori di servizi ed emittenti dedicate alle informazioni sulla viabilità di natura pubblica o privata e chiedono loro di dimostrare il soddisfacimento dei requisiti previsti agli articoli da 3 a 8.

Gli organi nazionali nominati riferiscono ogni anno alle autorità nazionali circa le dichiarazioni presentate e i risultati delle ispezioni casuali».

 Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

16      Con atti introduttivi depositati presso la cancelleria del Tribunale il 12 dicembre 2013, la Repubblica ceca ha proposto due ricorsi diretti all’annullamento dei regolamenti delegati nn. 885/2013 e 886/2013 (in prosieguo, congiuntamente: i «regolamenti controversi»).

17      A sostegno di detti ricorsi la Repubblica ceca ha dedotto tre motivi, vertenti, in primo luogo, su una violazione dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2010/40, letto in combinato disposto con l’articolo 5, paragrafo 1, e con l’articolo 6 di tale direttiva, in quanto la Commissione, adottando i regolamenti controversi, avrebbe oltrepassato i limiti dell’autorizzazione prevista da tale disposizione; in secondo luogo, su una violazione dell’articolo 290 TFUE, in quanto la Commissione, adottando i regolamenti controversi, avrebbe oltrepassato i limiti della sua competenza ad adottare atti delegati non legislativi quale prevista da detto articolo; e, in terzo luogo, su una violazione dell’articolo 13, paragrafo 2, TUE, in quanto la Commissione, adottando i regolamenti controversi, avrebbe oltrepassato i limiti delle competenze attribuitele dai Trattati.

18      Nella sentenza impugnata il Tribunale ha respinto ciascuno di tali motivi e, di conseguenza, i due ricorsi nel loro insieme.

 Conclusioni delle parti dinanzi alla Corte

19      In via principale, la Repubblica ceca chiede alla Corte di voler:

–        annullare la sentenza impugnata;

–        annullare in toto i regolamenti controversi, e

–        condannare la Commissione alle spese.

20      In via subordinata, la Repubblica ceca chiede alla Corte di voler:

–        annullare la sentenza impugnata;

–        annullare l’articolo 3, paragrafo 1, l’articolo 8 e l’articolo 9, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 885/2013 nonché l’articolo 5, paragrafo 1, l’articolo 9 e l’articolo 10, paragrafo 1, lettera a), del regolamento n. 886/2013, e

–        condannare la Commissione alle spese.

21      La Commissione chiede alla Corte di voler:

–        respingere l’impugnazione e

–        condannare la Repubblica ceca alle spese.

 Sull’impugnazione

 Sul primo motivo

 Argomenti delle parti

22      Con il suo primo motivo la Repubblica ceca contesta al Tribunale di aver violato il principio di certezza del diritto allorché ha dichiarato, ai punti da 38 a 44 della sentenza impugnata, che i regolamenti controversi non obbligano gli Stati membri a diffondere le applicazioni e i servizi ITS nel loro territorio. In realtà, tali regolamenti conterrebbero disposizioni standard relative all’obbligatorietà di tutti i loro elementi e alla loro applicabilità diretta in tutti gli Stati membri. Inoltre, le motivazioni di detti regolamenti indicherebbero espressamente che la Commissione aveva l’intenzione di imporre la diffusione obbligatoria degli ITS in tutti gli Stati membri. Considerando che i regolamenti controversi devono essere letti alla luce della direttiva 2010/40, il Tribunale avrebbe interpretato contra legem tali regolamenti. Siffatto approccio metterebbe gli Stati membri in una posizione giuridica incerta, inaccettabile per il principio della certezza del diritto.

23      La Commissione ritiene che il primo motivo debba essere respinto in quanto infondato.

 Giudizio della Corte

24      Con il suo primo motivo la Repubblica ceca contesta al Tribunale, sostanzialmente, di aver dichiarato che i regolamenti controversi non obbligano gli Stati membri a diffondere le applicazioni e i servizi ITS nel loro territorio.

25      A tale riguardo occorre innanzitutto constatare che, contrariamente a quanto sostiene la Repubblica ceca, tali regolamenti non contengono alcuna disposizione che preveda un obbligo esplicito a carico degli Stati membri di diffondere le applicazioni e i servizi ITS nel loro territorio.

26      In particolare, dalle disposizioni standard, riportate alla fine di entrambi i regolamenti controversi, secondo le quali detti regolamenti sono obbligatori in tutti i loro elementi e direttamente applicabili in ogni Stato membro, non risulta un siffatto obbligo esplicito. Infatti, tali disposizioni standard, che corrispondono alla formulazione dell’articolo 288, secondo comma, seconda frase, TFUE, si limitano a rendere obbligatorio in tutti gli Stati membri il contenuto dei regolamenti controversi, così come si evince da altre disposizioni di questi ultimi, senza tuttavia stabilire se tale contenuto includa un obbligo di diffondere le applicazioni e i servizi ITS.

27      Per quanto riguarda le altre disposizioni di tali regolamenti, la Repubblica ceca non sostiene che esse prevedano un obbligo esplicito a carico degli Stati membri di diffondere le applicazioni e i servizi ITS nel loro territorio e, ad ogni modo, l’ipotesi non si è verificata. In particolare, le disposizioni dell’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento delegato n. 885/2013, nonché dell’articolo 5, paragrafo 1, del regolamento n. 886/2013, non prevedono alcun obbligo esplicito in tal senso.

28      In assenza di un obbligo esplicito, derivante dalla lettera stessa dei regolamenti controversi, nel senso che tutti gli Stati membri sarebbero tenuti a diffondere le applicazioni e i servizi ITS nel loro territorio, non può essere accolto l’argomento della Repubblica ceca secondo il quale l’interpretazione di tali regolamenti, da parte del Tribunale, alla luce della direttiva 2010/40 era contra legem.

29      Al contrario, occorre constatare che, come ha osservato l’avvocato generale ai paragrafi 27 e 28 delle sue conclusioni, entrambi detti regolamenti prevedono, all’articolo 1, che siano stabilite le specifiche necessarie «a norma della direttiva 2010/40». Orbene, l’articolo 5, paragrafo 1, di tale direttiva obbliga gli Stati membri a prendere le misure necessarie affinché le specifiche adottate dalla Commissione siano applicate alle applicazioni e ai servizi ITS «all’atto della loro diffusione», con la precisazione che con siffatto obbligo «[r]esta impregiudicato il diritto di ciascuno Stato membro di decidere sulla diffusione delle applicazioni e dei servizi ITS nel suo territorio».

30      Pertanto, dal riferimento alla direttiva 2010/40 contenuto nell’articolo 1 di entrambi i regolamenti controversi deriva inequivocabilmente che questi ultimi obbligano gli Stati membri non già a diffondere le applicazioni e i servizi ITS nel loro territorio, ma solamente a prendere le misure necessarie affinché le specifiche contenute in detti regolamenti siano applicate alle applicazioni e ai servizi ITS all’atto della loro diffusione.

31      Nemmeno l’altro argomento avanzato dalla Repubblica ceca, secondo il quale le rispettive motivazioni dei regolamenti controversi indicano espressamente l’intenzione della Commissione di imporre un obbligo a tutti gli Stati membri di diffondere le applicazioni e i servizi ITS, può essere accolto.

32      Infatti, come ha osservato l’avvocato generale ai paragrafi 31 e 32 delle sue conclusioni, da dette motivazioni non risulta una tale intenzione. Anche se rivelano una preferenza della Commissione per uno scenario in cui le applicazioni e i servizi ITS sono diffusi obbligatoriamente in tutti gli Stati membri, esse non consentono di concludere che i regolamenti controversi avevano come obbiettivo l’attuazione di siffatto scenario.

33      Per quanto riguarda l’argomento della Repubblica ceca secondo cui il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto allorché, al punto 40 della sentenza impugnata, ha interpretato i regolamenti controversi alla luce della direttiva 2010/40, occorre osservare che, in forza di una giurisprudenza costante della Corte, gli atti derivati del diritto dell’Unione devono essere, ove possibile, interpretati in conformità con l’atto di base (v., in tal senso, sentenza del 19 luglio 2012, Pie Optiek, C‑376/11, EU:C:2012:502, punto 34 e giurisprudenza ivi citata). Orbene, come emerge dai punti da 27 a 29 della presente sentenza, l’interpretazione dei regolamenti controversi accolta dal Tribunale è compatibile sia con la loro stessa formulazione sia con la direttiva 2010/40.

34      Pertanto, il Tribunale ha giustamente considerato, ai punti 42 e 43 della sentenza impugnata, che l’articolo 3, paragrafo 1, del regolamento delegato n. 885/2013 e l’articolo 5, paragrafo 1, del regolamento delegato n. 886/2013 devono essere interpretati nel senso che gli obblighi previsti in detti articoli di designare le aree o i tratti della rete stradale per la diffusione delle applicazioni e dei servizi ITS si applicano solo qualora uno Stato membro abbia optato per tale diffusione.

35      Il primo motivo deve pertanto essere respinto in quanto infondato.

 Sul secondo motivo

 Argomenti delle parti

36      Con il suo secondo motivo la Repubblica ceca contesta al Tribunale di aver violato l’articolo 290 TFUE allorché ha dichiarato, in particolare ai punti da 58 a 63 della sentenza impugnata, che la Commissione non ha ecceduto la delega di poteri di cui all’articolo 7 della direttiva 2010/40 nell’imporre agli Stati membri la creazione dell’organo di controllo previsto, rispettivamente, all’articolo 8, paragrafo 1, del regolamento delegato n. 885/2013 e all’articolo 9, paragrafo 1, del regolamento delegato n. 886/2013, in quanto tali disposizioni stabiliscono che gli Stati membri designino un organo nazionale competente a vigilare sul rispetto, da parte dei diversi operatori interessati, dei requisiti stabiliti in tali regolamenti (in prosieguo: l’«organo di controllo»).

37      A tale riguardo il Tribunale avrebbe, erroneamente, sostenuto che non occorreva che l’atto di base delimitasse espressamente il contenuto e la portata dell’autorizzazione della Commissione e che era sufficiente che quest’ultima, disponendo di un potere discrezionale, avesse ritenuto la creazione dell’organo di controllo necessaria per conseguire gli obbiettivi dell’atto di base. Secondo la Repubblica ceca, il contenuto e la portata della delega di poteri di cui all’articolo 7 della direttiva 2010/40 sono delimitati dai tipi di disposizioni espressamente elencati all’articolo 6, paragrafo 4, di tale direttiva. Questi tipi di disposizioni non permetterebbero la creazione dell’organo di controllo.

38      La Commissione replica che l’articolo 290 TFUE lascia libero il legislatore dell’Unione di delimitare, in maniera generale o, al contrario, nel dettaglio, il contenuto di una delega di poteri, con la sola restrizione che questa non può riguardare gli elementi essenziali dell’atto di base.

39      Per quanto riguarda la delega di poteri prevista dalla direttiva 2010/40, l’articolo 7 di quest’ultima legittimerebbe la Commissione ad adottare «specifiche» conformemente alle pertinenti disposizioni di tale direttiva nel suo insieme e, in particolare, ma non esclusivamente, secondo il suo articolo 6 e il suo allegato II. Pertanto, l’articolo 6, paragrafo 4, di quest’ultima elencherebbe solo esempi dei tipi di disposizioni che potrebbero figurare in una siffatta specifica. In ogni caso, l’articolo 6, paragrafo 4, lettera c), di detta direttiva menzionerebbe espressamente le «disposizioni organizzative» fra i tipi di disposizioni che potrebbero essere contenuti in una specifica, il che già giustificherebbe il potere della Commissione di obbligare gli Stati membri a creare l’organo di controllo in oggetto.

 Giudizio della Corte

40      Con il suo secondo motivo la Repubblica ceca fa valere, sostanzialmente, che il Tribunale ha violato l’articolo 290, paragrafo 1, secondo comma, prima frase, TFUE interpretando la delega di poteri di cui all’articolo 7 della direttiva 2010/40 nel senso che la Commissione era autorizzata ad imporre agli Stati membri la creazione dell’organo di controllo.

41      Come ha osservato il Tribunale al punto 51 della sentenza impugnata, l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2010/40 legittima la Commissione ad adottare atti delegati conformemente all’articolo 290 TFUE «per quanto riguarda le specifiche» e «conformemente alle pertinenti disposizioni [di tale] direttiva, in particolare l’articolo 6 e l’allegato II» di quest’ultima.

42      La nozione di «specifica» è definita all’articolo 4, punto 17, di detta direttiva come una «misura vincolante che stabilisce disposizioni contenenti requisiti, procedure o ogni altra regola pertinente».

43      Ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della medesima direttiva, la Commissione adotta anzitutto le specifiche necessarie ad assicurare la compatibilità, l’interoperabilità e la continuità per la diffusione e l’utilizzo operativo degli ITS per le azioni prioritarie.

44      Ai punti da 58 a 62 della sentenza impugnata, il Tribunale ha interpretato la delega di poteri di cui all’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2010/40 nel senso che essa autorizza la Commissione ad adottare specifiche «conformemente all’insieme delle disposizioni della direttiva 2010/40 e non solamente all’articolo 6 di quest’ultima». Dopo aver richiamato l’articolo 4, punto 17, l’articolo 5, paragrafo 1, nonché l’articolo 6, paragrafo 4, lettera c), e paragrafo 6, di tale direttiva, il Tribunale ha considerato, al predetto punto 62 della sentenza, che tale delega di poteri legittima la Commissione a stabilire il meccanismo di controllo «conformemente all’insieme delle disposizioni della direttiva 2010/40 e in particolare agli obbiettivi stabiliti nell’articolo 6, paragrafo 1, e nell’allegato II della stessa».

45      Al punto 63 della medesima sentenza, il Tribunale ha precisato a tal riguardo che «[era] sufficiente che la Commissione, la quale disponeva di un potere discrezionale, avesse ritenuto che la creazione di siffatto organo fosse necessaria per garantire gli obiettivi di compatibilità, di interoperabilità e di continuità» degli ITS.

46      Quest’ultima interpretazione è viziata da un errore di diritto.

47      Se è vero che, in forza dell’articolo 7 della direttiva 2010/40, la Commissione era tenuta ad adottare le specifiche nel rispetto non solo dell’articolo 6 di tale direttiva, ma di tutte le altre disposizioni pertinenti, è vero pure che, alla luce dell’articolo 290 TFUE, la delega di poteri di cui a detto articolo 7 non può essere interpretata nel senso che essa autorizza la Commissione a superare il quadro previsto dall’articolo 6 di detta direttiva, il quale delimita in maniera esplicita non solo, al suo paragrafo 1, l’obbiettivo delle specifiche, ma anche il loro contenuto e la loro portata, determinando espressamente, in particolare al paragrafo 4, le misure che possono esserne oggetto.

48      Infatti, conformemente all’articolo 290, paragrafo 1, secondo comma, prima frase, TFUE, gli atti legislativi delimitano esplicitamente non solo gli obiettivi, ma anche il contenuto, la portata e la durata della delega di poteri.

49      Per quanto concerne tale requisito, la Corte ha ripetutamente dichiarato che esso implica che l’attribuzione di un potere delegato miri all’adozione di norme che si inseriscano nel quadro normativo quale definito dall’atto legislativo di base (sentenze del 18 marzo 2014, Commissione/Parlamento e Consiglio, C‑427/12, EU:C:2014:170, punto 38; del 16 luglio 2015, Commissione/Parlamento e Consiglio, C‑88/14, EU:C:2015:499, punto 29, e del 17 marzo 2016, Parlamento/Commissione, C‑286/14, EU:C:2016:183, punto 30). La giurisprudenza della Corte esige, in particolare, che la delimitazione del potere conferito sia sufficientemente precisa, nel senso che essa deve indicare chiaramente i limiti di tale potere e permettere di assoggettare l’esercizio che ne verrà fatto dalla Commissione ad un controllo sulla base di criteri oggettivi fissati dal legislatore dell’Unione (v., in tal senso, sentenze del 5 luglio 1988, Central-Import Münster, 291/86, EU:C:1988:361, punto 13, e del 12 luglio 2005, Alliance for Natural Health e a., C‑154/04 e C‑155/04, EU:C:2005:449, punto 90).

50      In tali circostanze, occorre innanzitutto respingere l’interpretazione dell’articolo 290 TFUE avanzata dalla Commissione secondo cui l’unica restrizione in capo al legislatore dell’Unione nel quadro dell’assetto di una delega di poteri consiste nel divieto di delegare l’adozione di elementi essenziali del settore interessato.

51      Siffatta interpretazione non è compatibile con la lettera e la ratio di tale disposizione. Infatti, una delega di poteri ai sensi di detta disposizione conferisce alla Commissione il potere di esercitare le funzioni del legislatore dell’Unione, in quanto le consente di integrare o di modificare elementi non essenziali dell’atto legislativo. A tale proposito, il requisito previsto dall’articolo 290, paragrafo 1, secondo comma, prima frase, TFUE mira precisamente ad assicurare che siffatto potere provenga da una decisione esplicita del legislatore e che l’esercizio che ne viene fatto dalla Commissione rispetti il quadro che lo stesso legislatore ha fissato nell’atto di base. A tal fine, quest’ultimo deve, conformemente a tale disposizione, indicare i limiti dell’autorizzazione della Commissione in esso contenuta, vale a dire gli obbiettivi, il contenuto, la portata nonché la durata della stessa.

52      È vero che, come sostiene la Commissione, l’articolo 290, paragrafo 1, secondo comma, prima frase, TFUE permette al legislatore dell’Unione di conferire alla Commissione un margine di discrezionalità nell’esercizio del potere ad essa delegato, il quale può, in funzione delle caratteristiche della materia in oggetto, essere più o meno esteso. Tuttavia, una delega di poteri ai sensi dell’articolo 290 TFUE – e qualunque eventuale margine di discrezionalità essa implichi – deve essere inquadrata da limiti fissati nell’atto di base (v., in tal senso, sentenza dell’11 maggio 2017, Dyson/Commissione, C‑44/16 P, EU:C:2017:357, punto 53).

53      D’altronde, questa interpretazione dell’articolo 290 TFUE è avvalorata dal punto 52 degli orientamenti della Commissione, del 24 giugno 2011, sugli atti delegati fissati per i suoi servizi [SEC(2011) 855], i quali, pur non potendo vincolare la Corte, possono costituire una fonte d’ispirazione utile (sentenza del 17 marzo 2016, Parlamento/Commissione, C‑286/14, EU:C:2016:183, punto 43 e giurisprudenza ivi citata). La Commissione vi afferma, infatti, che «il legislatore deve descrivere i poteri che vuole delegare alla Commissione in maniera esplicita e precisa», che «formulazioni vaghe (…) non sono possibili» e che «non possono essere delegati poteri alla Commissione redigendo semplicemente un elenco indicativo delle misure adottabili».

54      Alla luce di tali considerazioni, l’articolo 290, paragrafo 1, secondo comma, prima frase, TFUE non permette al giudice dell’Unione di supplire all’assenza dei limiti prescritti da detta disposizione, che devono essere fissati dallo stesso legislatore e ai quali è assoggettato l’esercizio della delega di poteri da parte della Commissione.

55      Orbene, nel caso di specie, invece di rispettare il quadro previsto dal legislatore, come richiesto da detta disposizione, il Tribunale ha interpretato la delega di poteri di cui all’articolo 7 della direttiva 2010/40 solamente riguardo ai suoi obbiettivi, senza tuttavia assicurarsi che il contenuto e la portata del potere delegato fossero allo stesso modo delimitati, delimitazione che il Tribunale ha lasciato alla discrezionalità della Commissione.

56      Nondimeno, si deve ricordare che, se dalla motivazione di una decisione del Tribunale risulta una violazione del diritto dell’Unione, ma il dispositivo della medesima appare fondato per altri motivi di diritto, siffatta violazione non è idonea a determinare l’annullamento di tale decisione ed occorre procedere a una sostituzione della motivazione (v., in tal senso, sentenze del 18 luglio 2013, Commissione e a./Kadi, C‑584/10 P, C‑593/10 P e C‑595/10 P, EU:C:2013:518, punto 150, e del 5 marzo 2015, Commissione e a./Versalis e a., C‑93/13 P e C‑123/13-P, EU:C:2015:150, punto 102 e giurisprudenza ivi citata).

57      Ciò è quanto avviene nel caso di specie.

58      Come ha osservato l’avvocato generale ai paragrafi da 59 a 65 delle sue conclusioni, l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2010/40, letto in combinato disposto con l’articolo 6, paragrafo 4, lettera c), della stessa, fornisce alla Commissione una base giuridica sufficiente per istituire l’organo di controllo.

59      Infatti, come risulta dal punto 47 della presente sentenza, l’articolo 6 di tale direttiva delimita esplicitamente non solo l’obbiettivo, ma anche il contenuto e la portata delle specifiche che possono essere adottate dalla Commissione. In forza del paragrafo 4, lettera c), di tale disposizione, una specifica può includere «disposizioni organizzative che descrivono gli obblighi procedurali dei vari soggetti interessati».

60      Ebbene, le disposizioni dei regolamenti controversi riguardanti la creazione dell’organo di controllo, ossia l’articolo 8 del regolamento delegato n. 885/2013 e l’articolo 9 del regolamento delegato n. 886/2013, costituiscono disposizioni organizzative che descrivono gli obblighi procedurali dei vari soggetti interessati.

61      Infatti, come ha indicato il Tribunale ai punti 57 e 64 della sentenza impugnata, da tali articoli risulta che l’organo di controllo ha la funzione di vigilare sul rispetto delle specifiche previste dai regolamenti controversi da parte dei diversi operatori interessati. A tal fine, detti articoli richiedono che tale organo di controllo sia indipendente e imparziale. Obbligano, inoltre, gli operatori interessati a presentare a detto organo i loro elementi identificativi, una descrizione del servizio informativo da essi erogato nonché una dichiarazione di conformità. Infine, i medesimi articoli prevedono che l’organo di controllo ispezioni in modo casuale l’esattezza delle dichiarazioni di una serie di operatori e presenti una relazione annuale all’autorità nazionale competente riguardo alle dichiarazioni presentate e ai risultati delle ispezioni casuali.

62      Pertanto, da un lato, l’articolo 8 del regolamento delegato n. 885/2013 e l’articolo 9 del regolamento delegato n. 886/2013 hanno natura «organizzativa», giacché prevedono l’istituzione e l’assetto di un organo di controllo che abbia la funzione di vigilare sul rispetto delle specifiche previste dai regolamenti controversi da parte dei diversi operatori interessati, esigendo al contempo che tale organo di controllo sia indipendente e imparziale.

63      Dall’altro lato, dette disposizioni «descrivono gli obblighi procedurali dei vari soggetti interessati», in quanto obbligano gli operatori interessati a presentare a detto organo i loro elementi identificativi, una descrizione del servizio informativo da essi erogato nonché una dichiarazione di conformità sulla cui base il medesimo organo presenterà una relazione annuale all’autorità competente.

64      Tale interpretazione dell’articolo 6, paragrafo 4, lettera c), della direttiva 2010/40 non è rimessa in discussione dall’argomento avanzato dalla Repubblica ceca secondo cui l’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2010/40 lascia la scelta dei mezzi da impiegare per garantire l’applicazione delle applicazioni e dei servizi ITS agli Stati membri.

65      Infatti, suddetto articolo 5, paragrafo 1, si limita ad obbligare gli Stati membri a prendere le misure necessarie affinché le specifiche adottate dalla Commissione siano applicate alle applicazioni e ai servizi ITS all’atto della loro diffusione. Pertanto, esso è irrilevante per il contenuto di tali specifiche.

66      Poiché il dispositivo della sentenza impugnata è dunque fondato, il secondo motivo deve essere respinto.

 Sul terzo motivo

 Argomenti delle parti

67      Con la prima parte del suo terzo motivo la Repubblica ceca fa valere che il Tribunale ha snaturato quanto da essa argomentato in primo grado constatando, al punto 39 della sentenza impugnata, un accordo della stessa con la Commissione riguardo al fatto che i regolamenti controversi non fossero applicabili fintantoché uno Stato membro non avesse deciso di diffondere le applicazioni e i servizi ITS nel proprio territorio.

68      Con la seconda parte del medesimo motivo la Repubblica ceca contesta al Tribunale di aver ignorato il suo argomento secondo cui l’intenzione della Commissione di imporre un obbligo a tutti gli Stati membri di diffondere le applicazioni e i servizi ITS risulta espressamente dalle rispettive motivazioni dei regolamenti controversi.

69      Infine, con la terza parte di detto motivo essa deduce che il Tribunale avrebbe erroneamente respinto il suo argomento secondo il quale l’organo di controllo costituisce un elemento essenziale della materia in esame, che non può costituire oggetto di una delega di poteri.

70      La Commissione contesta tale argomentazione.

 Giudizio della Corte

71      Come ha osservato l’avvocato generale al paragrafo 85 delle sue conclusioni, la prima parte del terzo motivo risulta da un lettura errata della prima frase del punto 39 della sentenza impugnata. Infatti, contrariamente a quanto sostiene la Repubblica ceca, il Tribunale non ha constatato l’esistenza di un accordo tra le parti riguardo all’interpretazione dei regolamenti controversi stessi, ma solamente riguardo all’interpretazione della direttiva 2010/40.

72      Per quanto riguarda la seconda parte del terzo motivo, con la quale la Repubblica ceca fa valere, in sostanza, che il Tribunale non ha esplicitamente risposto alla sua argomentazione derivante dalle rispettive motivazioni dei regolamenti controversi, giova rammentare che, secondo una costante giurisprudenza della Corte, l’obbligo di motivare le sentenze, che incombe al Tribunale ai sensi degli articoli 36 e 53, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, non impone al Tribunale di fornire una spiegazione che ripercorra esaustivamente e singolarmente tutti i ragionamenti svolti dalle parti nella controversia. La motivazione può quindi essere implicita, a condizione che consenta agli interessati di conoscere le ragioni per le quali sono state adottate le misure di cui trattasi e alla Corte di disporre degli elementi sufficienti per esercitare il suo controllo giurisdizionale (sentenze del 29 marzo 2011, ArcelorMittal Luxembourg/Commissione e Commissione/ArcelorMittal Luxembourg e a., C‑201/09 P e C‑216/09 P, EU:C:2011:190, punto 78, e dell’8 marzo 2016, Grecia/Commissione, C‑431/14 P, EU:C:2016:145, punto 38 e giurisprudenza ivi citata).

73      Orbene, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 89 delle sue conclusioni, il ragionamento seguito dal Tribunale ai punti da 35 a 44 della sentenza impugnata è chiaro e tale da consentire tanto alla Repubblica ceca di conoscere le ragioni per le quali il Tribunale ha respinto il motivo di cui trattasi, quanto alla Corte di disporre degli elementi sufficienti per esercitare il proprio sindacato giurisdizionale. Ne risulta che la sentenza impugnata non è viziata da un difetto di motivazione su detto punto.

74      Con la terza parte del terzo motivo la Repubblica ceca contesta al Tribunale di aver respinto il suo argomento secondo cui l’organo di controllo costituisce un «elemento essenziale», ai sensi dell’articolo 290 TFUE, che non può essere oggetto di una delega di poteri.

75      A tal riguardo occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 290, paragrafo 1, secondo comma, seconda frase, TFUE, gli elementi essenziali di un settore sono riservati all’atto legislativo e non possono quindi essere oggetto di una delega.

76      Inoltre, tale divieto di consentire una delega di poteri vertente su elementi essenziali della materia in oggetto è conforme alla giurisprudenza costante della Corte (v., in tal senso, sentenze del 17 dicembre 1970, Köster, Berodt & Co., 25/70, EU:C:1970:115, punto 6, e del 5 settembre 2012, Parlamento/Consiglio, C‑355/10, EU:C:2012:516, punto 64 e giurisprudenza ivi citata).

77      Conformemente a tale giurisprudenza, nell’accertare quali siano gli elementi di una materia che devono essere qualificati come «essenziali» non ci si deve basare sulla sola valutazione del legislatore dell’Unione, bensì su elementi oggettivi passibili di sindacato giurisdizionale. A tal proposito è necessario tener conto delle caratteristiche e delle peculiarità del settore in oggetto (sentenze del 5 settembre 2012, Parlamento/Consiglio, C‑355/10, EU:C:2012:516, punti 67 e 68, e del 22 giugno 2016, DK Recycling und Roheisen/Commissione, C‑540/14 P, EU:C:2016:469, punto 48 e giurisprudenza ivi citata).

78      Ai sensi dell’articolo 290, paragrafo 1, secondo comma, seconda frase, TFUE, un elemento ha carattere essenziale, in particolare, se la sua adozione richiede scelte politiche rientranti nelle responsabilità proprie del legislatore dell’Unione, in quanto implica una ponderazione dei divergenti interessi in gioco sulla base di molteplici valutazioni, o se permette ingerenze talmente incisive nei diritti fondamentali delle persone coinvolte da rendere necessario l’intervento del legislatore dell’Unione (v., in tal senso, sentenza del 5 settembre 2012, Parlamento/Consiglio, C‑355/10, EU:C:2012:516, punti 65, 76 e 77).

79      Nel caso di specie, al punto 72 della sentenza impugnata, il Tribunale ha respinto l’argomento della Repubblica ceca con il quale quest’ultima adduceva che la creazione di un organo di controllo costituisce un elemento essenziale della materia in esame, che non può essere oggetto di una delega di poteri, ritenendo che fosse sufficiente constatare che, al riguardo, la Commissione non aveva ecceduto l’autorizzazione conferitele dalla direttiva 2010/40.

80      Tale valutazione è inficiata da un errore di diritto.

81      Infatti, stabilendo espressamente che gli elementi essenziali di un settore sono riservati all’atto legislativo e non possono quindi essere oggetto di delega, l’articolo 290, paragrafo 1, secondo comma, seconda frase, TFUE delimita la discrezionalità di cui beneficia il legislatore dell’Unione nel quadro dell’assetto di una delega di poteri. La citata disposizione mira, appunto, ad assicurare che le decisioni relative a siffatti elementi siano riservate a detto legislatore.

82      Orbene, nella sentenza impugnata, il Tribunale non ha esaminato se la creazione di un organo di controllo costituisse o meno un elemento essenziale, ai sensi di detta disposizione, non escludendo così che l’ipotesi fosse integrata nella fattispecie. Si è limitato a rinviare all’estensione della delega di poteri di cui all’articolo 7 della direttiva 2010/40.

83      Così facendo, il Tribunale ha violato l’articolo 290, paragrafo 1, secondo comma, seconda frase, TFUE. Infatti, contrariamente a quanto prescritto da tale disposizione, il Tribunale non si è accertato del fatto che, nella specie, l’adozione di norme relative a elementi essenziali del settore in esame rimanesse riservata al legislatore dell’Unione e non fosse oggetto di una delega di poteri.

84      Tuttavia, poiché il dispositivo della sentenza impugnata è fondato per un altro motivo di diritto, occorre procedere a una sostituzione della motivazione, conformemente alla giurisprudenza citata al punto 56.

85      A tal riguardo si deve constatare che la qualificazione di un elemento come «essenziale» non può essere lasciata nella disponibilità del legislatore dell’Unione, ma dipende dai criteri che risultano da un’interpretazione obbiettiva dell’articolo 290, paragrafo 1, secondo comma, seconda frase, TFUE, tra cui figurano, in particolare, quelli menzionati al punto 78 della presente sentenza.

86      Nel caso di specie, riguardo all’assetto dell’organo di controllo, esposto al punto 61 della presente sentenza, è opportuno considerare che la sua creazione non implica né scelte politiche né ingerenze talmente incisive nei diritti fondamentali degli operatori da esigere l’intervento del legislatore dell’Unione. In particolare, le competenze di tale organo rimangono essenzialmente circoscritte alla raccolta di informazioni e alla presentazione delle relazioni di valutazione. Le conseguenze che la sua instaurazione implica per gli operatori interessati si limitano a un obbligo di presentare a detto organismo i loro elementi identificativi, una descrizione del servizio informativo da essi erogato nonché una dichiarazione di conformità.

87      Di conseguenza, contrariamente a quanto sostiene la Repubblica ceca, la creazione dell’organo di controllo non costituisce un «elemento essenziale» della materia in oggetto, ai sensi dell’articolo 290, paragrafo 1, secondo comma, seconda frase, TFUE.

88      Il terzo motivo deve pertanto essere respinto in toto in quanto infondato.

89      Dato che i tre motivi sono stati disattesi, l’impugnazione deve essere respinta.

 Sulle spese

90      Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte, applicabile al procedimento d’impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, dello stesso regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

91      Poiché la Repubblica ceca è rimasta soccombente e la Commissione ne ha fatto domanda, la Repubblica ceca deve essere condannata a sopportare, oltre alle proprie spese, quelle sostenute dalla Commissione.

Per questi motivi, la Corte (Quarta Sezione) dichiara e statuisce:

1)      L’impugnazione è respinta.

2)      La Repubblica ceca è condannata alle spese.

Firme


*      Lingua processuale: il ceco.