Language of document : ECLI:EU:C:2018:337

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

YVES BOT

presentate il 29 maggio 2018 (1)

Cause riunite C569/16 e C570/16

Stadt Wuppertal

contro

Maria Elisabeth Bauer (C‑569/16)

e

Volker Willmeroth als Inhaber der TWI Technische Wartung und Instandsetzung Volker Willmeroth e. K.

contro

Martina Broßonn (C570/16)

[domande di pronuncia pregiudiziale proposte dal Bundesarbeitsgericht (Corte federale del lavoro, Germania)]

«Rinvio pregiudiziale – Politica sociale – Organizzazione dell’orario di lavoro – Ferie annuali – Direttiva 2003/88/CE – Articolo 7 – Rapporto di lavoro cessato per morte del lavoratore – Estinzione del diritto alle ferie annuali retribuite – Normativa nazionale che impedisce la corresponsione agli eredi del de cuius di un’indennità pecuniaria per ferie annuali retribuite non godute – Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – Articolo 31, paragrafo 2 – Obbligo d’interpretazione conforme del diritto nazionale – Invocabilità diretta dell’articolo 31, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali nel contesto di una controversia fra privati – Obbligo di disapplicazione di una normativa nazionale contraria»






1.        Le domande di pronuncia pregiudiziale in esame vertono sull’interpretazione dell’articolo 7 della direttiva n. 2003/88/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro (2), nonché dell’articolo 31, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (3).

2.        Tali domande sono state presentate nel contesto di due controversie che oppongono la sig.ra Bauer e la sig.ra Broßonn agli ex datori di lavoro dei loro defunti coniugi, vale a dire, rispettivamente, la Stadt Wuppertal (Comune di Wuppertal, Germania) e il sig. Volker Willmeroth in qualità di titolare dell’impresa TWI Technische Wartung und Instandsetzung Volker Willmeroth e. K. (in prosieguo: il «sig. Willmeroth»), in merito al diniego di questi ultimi di corrispondere loro l’indennità pecuniaria per le ferie annuali retribuite e non godute dai loro coniugi prima del decesso.

3.        Il diritto del lavoro costituisce sicuramente uno dei settori principali in cui le norme emanate dall’Unione possono essere invocate nell’ambito di controversie tra privati (4).

4.        Allo stesso tempo, l’assenza di effetti diretti orizzontali delle direttive, risultante dalla giurisprudenza costante della Corte (5), può sembrare tale da pregiudicare la concreta efficacia dei diritti sociali fondamentali nelle controversie sottoposte all’esame dei giudici nazionali(6).

5.        Tale difficoltà può tuttavia essere ridotta o addirittura superata, laddove una disposizione del diritto dell’Unione avente rango di diritto primario, e più precisamente una disposizione della Carta, possiede le caratteristiche necessarie per essere direttamente invocata nell’ambito di una controversia tra privati.

6.        Al pari di altri diritti sociali fondamentali riconosciuti dalla Carta, il diritto di ogni lavoratore ad un periodo di ferie annuali retribuite, sancito all’articolo 31, paragrafo 2, della Carta stessa, è volto a disciplinare rapporti di lavoro che sono, in gran parte, rapporti di diritto privato. Tenuto conto, da un lato, della costante giurisprudenza della Corte, precedentemente menzionata, relativa all’assenza di effetti diretti orizzontali delle direttive, che sono numerose nel diritto sociale dell’Unione e, dall’altro, della più recente giurisprudenza della Corte che sembra favorevole all’invocabilità diretta, nell’ambito di controversie tra privati, delle disposizioni della Carta aventi carattere imperativo e autosufficiente (7), non sorprende nemmeno che all’esame della Corte venga sottoposta la questione se l’articolo 31, paragrafo 2, della Carta possa essere invocato direttamente in una controversia fra privati ai fini della disapplicazione di disposizioni nazionali con esso incompatibili.

7.        La riflessione da effettuare al riguardo deve muovere, a mio modo di vedere, dalla considerazione che, in linea di principio, i diritti fondamentali riconosciuti dalla Carta, per non restare lettera morta, devono poter essere tutelati ed essere, pertanto, direttamente invocabili dinanzi ai giudici nazionali. Si deve peraltro parimenti rilevare anche che non tutte le disposizioni della Carta godono della stessa tutela giurisdizionale. Pertanto, laddove la Corte sia chiamata a stabilire se una disposizione della Carta possa essere o meno invocata direttamente dinanzi a un giudice nazionale per escludere l’applicazione di disposizioni nazionali con essa incompatibili, deve tener conto del tenore letterale di tale disposizione, letta in combinato disposto con le spiegazioni ivi attinenti (8).

8.        Le cause in esame mi indurranno principalmente, negli sviluppi che seguono, ad esporre le ragioni per le quali ritengo che l’articolo 31, paragrafo 2, della Carta disponga della caratteristiche necessarie per essere fatto valere direttamente nel contesto di una controversia tra privati al fine di escludere l’applicazione di disposizioni nazionali contrarie.

I.      Contesto normativo

A.      Diritto dell’Unione

9.        Ai sensi dell’articolo 31, paragrafo 2, della Carta, «[o]gni lavoratore ha diritto a (…) ferie annuali retribuite».

10.      L’articolo 7 della direttiva 2003/88, intitolato «Ferie annuali», così recita:

«1.      «Gli Stati membri prendono le misure necessarie affinché ogni lavoratore benefici di ferie annuali retribuite di almeno 4 settimane, secondo le condizioni di ottenimento e di concessione previste dalle legislazioni e/o prassi nazionali».

2.      Il periodo minimo di ferie annuali retribuite non può essere sostituito da un’indennità [pecuniaria], fuorché in caso di risoluzione del rapporto di lavoro.»

11.      L’articolo 17 della direttiva medesima prevede che gli Stati membri possano derogare a talune sue disposizioni. Non è però consentita alcuna deroga per quanto riguarda l’articolo 7.

B.      Diritto tedesco

12.      L’articolo 7, paragrafo 4, del Bundesurlaubsgesetz (legge federale sulle ferie) (9), dell’8 gennaio 1963, nel testo del 7 maggio 2002 (10), così recita:

«Qualora le ferie non possano essere più concesse, integralmente o parzialmente, per cessazione del rapporto di lavoro, dev’essere corrisposta un’indennità sostitutiva.»

13.      L’articolo 1922, paragrafo 1, del Bürgerliches Gesetzbuch (codice civile) (11), sotto il titolo «Successione a titolo universale», così dispone:

«Il patrimonio di una persona (eredità) si trasferisce per effetto del decesso (successione) integralmente in capo a una o più persone (eredi).»

II.    Procedimento principale e questioni pregiudiziali

14.      La sig.ra Bauer è erede unica del coniuge, deceduto il 20 dicembre 2010, impiegato presso la Stadt Wuppertal, un ente di diritto pubblico. Quest’ultimo respingeva la domanda della sig.ra Bauer diretta alla concessione di un’indennità di 5 857,75 EUR per 25 giorni di ferie annuali non godute di cui beneficiava il marito alla data del decesso.

15.      La sig.ra Broßonn è l’unica avente causa del marito, già dipendente del sig. Willmeroth dal mese di aprile del 2003 e deceduto il 4 gennaio 2013 dopo essere divenuto, dal mese di luglio del 2012, inabile al lavoro per malattia. Il sig. Willmeroth respingeva la richiesta della sig.ra Broßonn di concessione di un’indennità di 3 702,72 EUR per 32 giorni di ferie non godute di cui il marito, titolare di 35 giorni di ferie annuali, beneficiava al momento del decesso.

16.      Le sig.re Bauer e Broßonn proponevano ognuna, dinanzi all’Arbeitsgericht (Tribunale del lavoro, Germania) competente, una domanda diretta a ottenere il pagamento di tali indennità. Le domande venivano accolte e gli appelli interposti dalla Stadt Wuppertal e dal sig. Willmeroth avverso le sentenze di primo grado venivano successivamente respinti dal Landesarbeitsgericht (Tribunale superiore del lavoro, Germania) competente. Avverso tali decisioni, la Stadt Wuppertal e il sig. Willmeroth ricorrevano quindi per cassazione dinanzi al Bundesarbeitsgericht (Corte federale del lavoro, Germania).

17.      Nelle ordinanze di rinvio emesse in ciascuna delle due cause, il giudice del rinvio rammenta che la Corte ha già avuto modo di dichiarare, nella sentenza del 12 giugno 2014, Bollacke, C‑118/13, in prosieguo: la «sentenza Bollacke», EU:C:2014:1755), che l’articolo 7 della direttiva 2003/88 dev’essere interpretato nel senso che osta a normative o prassi nazionali in base alle quali, nel caso in cui il rapporto di lavoro termini per decesso del lavoratore, il diritto alle ferie annuali retribuite si estingua senza dare diritto a un’indennità pecuniaria per ferie annuali retribuite e non godute. Il giudice medesimo si chiede, tuttavia, se ciò valga anche laddove il diritto nazionale escluda che tale compensazione economica possa confluire nella massa ereditaria. Dal combinato disposto dell’articolo 7, paragrafo 4, del BUrlG e dell’articolo 1922, paragrafo 1, del BGB discenderebbe, infatti, che il diritto alle ferie del defunto si estinguerebbe al momento del decesso senza poter essere, pertanto, trasformato in un diritto ad un’indennità sostitutiva né confluire nella massa ereditaria. Il giudice a quo precisa, a tal riguardo, che qualsiasi altra interpretazione di tali disposizioni risulterebbe contra legem e non potrebbe essere pertanto accolta.

18.      Inoltre, avendo la Corte ha ammesso che il diritto alle ferie annuali retribuite può estinguersi decorsi 15 mesi dalla fine dell’anno di maturazione, non potendo più essere soddisfatta la ratio di tale diritto, vale a dire consentire al lavoratore di beneficiare di un periodo di riposo, di distensione e di ricreazione (12), e che tale ratio non sembra poter essere più conseguita una volta deceduto l’interessato, il giudice del rinvio si chiede se l’estinzione del diritto alle ferie o all’indennità pecuniaria per ferie annuali retribuite e non godute sia veramente esclusa o se si debba ritenere che il periodo minimo di ferie annuali retribuite garantito dalla direttiva 2003/88 e dalla Carta sia parimenti volto a garantire una tutela agli eredi del lavoratore deceduto.

19.      In tale contesto, il giudice del rinvio si chiede se l’articolo 7 della direttiva 2003/88 e l’articolo 31, paragrafo 2, della Carta possano, di per sé, avere l’effetto di obbligare il datore di lavoro a corrispondere un’indennità sostitutiva agli eredi del lavoratore. A fronte del rilievo che la causa Willmeroth (C‑570/16) oppone due privati, il giudice medesimo si chiede, inoltre, se l’eventuale effetto diretto di dette disposizioni presenti anche carattere orizzontale.

20.      È in tale contesto che il Bundesarbeitsgericht (Corte federale del lavoro) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali: La prima questione è formulata in termini identici, nell’ambito delle cause Bauer (C‑569/16) e Willmeroth (C‑570/16), mentre la seconda è stata sollevata solo nell’ambito della causa Willmeroth (C‑570/16):

«1)      Se l’articolo 7 della direttiva [2003/88/CE] o l’articolo 31, paragrafo 2, della [Carta] riconosca all’erede di un lavoratore deceduto in pendenza del rapporto di lavoro un diritto a un’indennità pecuniaria per il periodo minimo di ferie annuali spettanti al lavoratore medesimo prima del decesso, contrariamente a quanto previsto nell’articolo 7, paragrafo 4, del [BUrlG] in combinato disposto con l’articolo 1922, paragrafo 1, del [BGB].

2)      In caso di risposta affermativa alla prima questione, se ciò valga anche nel caso in cui il rapporto di lavoro intercorreva fra due privati.»

III. Analisi

21.      Con la prima questione, formulata in termini identici nelle due cause riunite Bauer (C‑569/16) e Willmeroth (C‑570/16), il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 7 della direttiva 2003/88 debba essere interpretato nel senso che osti a legislazioni o prassi nazionali, come quelle oggetto del procedimento principale, per effetto delle quali, laddove il rapporto di lavoro sia terminato per decesso del lavoratore, il diritto alle ferie annuali retribuite si estingua senza dare diritto ad un’indennità pecuniaria per le ferie annuali retribuite e non godute, impedendo, in tal modo, la corresponsione dell’indennità medesima agli eredi del de cuius.

22.      In caso di risposta affermativa alla prima questione, il giudice del rinvio chiede poi se l’erede del lavoratore defunto possa far valere direttamente l’articolo 7 della direttiva 2003/88 o l’articolo 31, paragrafo 2, della Carta nei confronti del datore di lavoro, sia esso una persona di diritto pubblico o di diritto privato, al fine di ottenere la corresponsione di un’indennità pecuniaria per le ferie annuali retribuite e non godute.

23.      Ricordo che, nella sentenza Bollacke, la Corte ha già avuto modo di dichiarare, a proposito delle medesime disposizioni del diritto tedesco, che l’articolo 7 della direttiva 2003/88 dev’essere interpretato nel senso che osta a legislazioni o prassi nazionali, come quelle oggetto del procedimento principale, per effetto delle quali il diritto alle ferie annuali retribuite si estingue senza dare diritto ad un’indennità pecuniaria per ferie annuali retribuite e non godute, nel caso in cui il rapporto di lavoro termini per decesso del lavoratore.

24.      Il giudice del rinvio ritiene, tuttavia, che la Corte non si sia pronunciata sulla questione se il diritto a una compensazione finanziaria confluisca nella massa ereditaria anche quando il diritto successorio nazionale lo escluda. Secondo l’interpretazione accolta dal giudice del rinvio, dalla normativa tedesca risulta che il diritto alle ferie del de cuius si estingue alla sua morte e non può essere quindi convertito in un diritto ad un’indennità sostitutiva ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 4, del BUrlG successivamente al decesso, non potendo diritto ad un’indennità sostitutiva per ferie annuali retribuite e non godute, non potendo così confluire nella massa ereditaria ai sensi dell’articolo 1922, paragrafo 1, del BGB. L’articolo 7, paragrafo 4, del BUrlG, letto in combinato disposto con l’articolo 1922, paragrafo 1, del BGB, non potrebbe essere quindi interpretato nel senso che il diritto alle ferie di un lavoratore deceduto mentre era in attività vengano trasmessi agli eredi. Si precisa che si tratta dello stato del diritto tedesco quale risultante dalla giurisprudenza del Bundesarbeitsgericht (Corte federale del lavoro), come dimostra il richiamo da parte di tale giudice delle proprie sentenze (13).

25.      Inoltre, il giudice medesimo non esclude che la giurisprudenza della Corte relativa al diritto ad un’indennità pecuniaria per le ferie annuali retribuite e non godute in caso di decesso del lavoratore possa evolversi sulla base dell’idea che il beneficio di tale indennità in favore dell’erede del lavoratore possa non corrispondere alla ratio che la Corte ha riconosciuto al diritto alle ferie annuali retribuite (14).

26.      A mio parere, tali elementi non sono tali da rimettere in discussione la soluzione accolta dalla Corte nella sentenza Bollacke.

27.      Al contrario, tale soluzione, salvo privarla di effetti nella sua applicazione pratica, implica necessariamente la trasmissione per successione del diritto ad un’indennità pecuniaria per le ferie annuali retribuite e non godute agli eredi del lavoratore deceduto. In altri termini, avendo la Corte dichiarato che il diritto alle ferie annuali e quello alla corresponsione di un’indennità a tal titolo costituiscono due aspetti di un unico diritto (15), che l’indennità pecuniaria per le ferie annuali retribuite e non godute è diretta a compensare l’impossibilità per il lavoratore di beneficiare effettivamente del diritto alle ferie annuali retribuite (16) ed è indispensabile per garantire l’effetto utile di quest’ultimo (17), e che, di conseguenza, il diritto alle ferie annuali retribuite non si estingue a causa del decesso del lavoratore (18), occorre necessariamente dedurne che gli eredi di quest’ultimo devono poter far valere il diritto alle ferie annuali retribuite di cui disponeva il lavoratore stesso, e ciò sotto forma di una compensazione pecuniaria. Una soluzione contraria condurrebbe a privare retroattivamente il lavoratore deceduto del proprio diritto alle ferie annuali retribuite, e ciò a causa di «un avvenimento fortuito, che esula dal controllo sia del lavoratore che del datore di lavoro» (19).

28.      D’altronde, numerosi elementi suggeriscono che nella sentenza Bollacke la Corte ha preso in considerazione la dimensione ereditaria della soluzione da essa elaborata.

29.      Si deve quindi rilevare che tanto l’articolo 7, paragrafo 4, del BUrlG che l’articolo 1922, paragrafo 1, del BGB sono menzionati nella parte della sentenza Bollacke relativa al diritto tedesco. Le legislazioni nazionali cui si fa riferimento nel dispositivo di tale sentenza si riferiscono pertanto a queste due disposizioni (20).

30.      Inoltre, dalla descrizione dei fatti contenuta nella sentenza Bollacke emerge che la Corte era ben consapevole del fatto che la controversia principale si basava sul rigetto, da parte del datore di lavoro, della domanda presentata dalla sig.ra Bollacke diretta ad ottenere un’indennità pecuniaria per ferie annuali retribuite e non godute dal marito, atteso che il datore di lavoro medesimo dubitava del fatto che si trattasse di un diritto trasmissibile per via successoria (21).

31.      Inoltre, all’epoca della sentenza Bollacke era già chiaro che era in discussione la giurisprudenza del Bundesarbeitsgericht (Corte federale del lavoro) secondo cui il diritto ad un’indennità pecuniaria per ferie annuali retribuite e non godute alla fine del rapporto di lavoro non sorgerebbe nel caso in cui tale rapporto termini per decesso del lavoratore. Pertanto, il Landesarbeitsgericht Hamm (Tribunale superiore di Hamm, Germania) dubitava sulla fondatezza di detta giurisprudenza nazionale alla luce della giurisprudenza della Corte relativa all’articolo 7 della direttiva 2003/88 (22).

32.      Infine, il problema se il diritto ad un’indennità pecuniaria per le ferie annuali retribuite e non godute sia collegato alla persona del lavoratore, in modo che tale diritto spetti solo a quest’ultimo, affinché egli possa realizzare, anche in un momento successivo, gli obiettivi di riposo e ricreazione connessi con la concessione delle ferie annuali retribuite, risultava espressamente dalla formulazione della seconda questione sollevata dal Landesarbeitsgericht Hamm (Tribunale superiore del lavoro di Hamm).

33.      Da tali considerazioni deduco che gli interrogativi da cui sono scaturiti i rinvii pregiudiziali in esame sussistevano già nella causa sfociata nella sentenza Bollacke. È quindi tenendo conto della dimensione successoria di tale causa, che la Corte ha pronunciato la propria decisione.

34.      Occorre pertanto confermare l’interpretazione accolta dalla Corte nella sentenza Bollacke, vale a dire che l’articolo 7 della direttiva 2003/88 dev’essere interpretato nel senso che osta a legislazioni o prassi nazionali, come quelle di cui al procedimento principale, per effetto delle quali, laddove il rapporto di lavoro termini per decesso del lavoratore, il diritto alle ferie annuali retribuite si estingue senza dare diritto ad un’indennità pecuniaria per ferie annuali retribuite e non godute, impedendo in tal modo la corresponsione dell’indennità stessa agli eredi del de cuius.

35.      Occorre ora determinare quali siano le conseguenze che il giudice del rinvio dovrà trarre da tale constatazione di incompatibilità tra l’articolo 7 della direttiva 2003/88 e il diritto nazionale in questione nell’ambito delle controversie sottoposte al suo esame.

36.      Per quanto riguarda, in primo luogo, l’obbligo del giudice nazionale di adoperarsi per un’«interpretazione conciliativa», ricorrendo all’interpretazione conforme al fine di «disinnescare l’incompatibilità» constatata (23), occorre prendere atto della posizione espressa dal Bundesarbeitsgericht (Corte federale del lavoro), secondo cui essa si troverebbe nell’impossibilità di interpretare l’articolo 7, paragrafo 4, del BUrlG e l’articolo 1922, paragrafo 1, del BGB in modo conforme all’articolo 7 della direttiva 2003/88, come interpretato dalla Corte. Il giudice del rinvio ritiene, pertanto, di trovarsi dinanzi ai limiti dell’interpretazione conforme, costituito dall’interpretazione contra legem, al termine di una valutazione che, ricorda, spetta unicamente ai giudici nazionali (24).

37.      A questo proposito, si deve ricordare che la Corte ha ripetutamente dichiarato che «l’obbligo degli Stati membri, derivante da una direttiva, di conseguire il risultato previsto da quest’ultima così come il loro dovere di adottare tutti i provvedimenti generali o particolari atti a garantire l’adempimento di tale obbligo s’impongono a tutte le autorità degli Stati membri, comprese, nell’ambito delle loro competenze, quelle giurisdizionali» (25).

38.      Secondo la Corte, «[n]e consegue che, nell’applicare il diritto interno, i giudici nazionali chiamati a interpretarlo sono tenuti a prendere in considerazione l’insieme delle norme di tale diritto e ad applicare i criteri ermeneutici riconosciuti dallo stesso al fine di interpretarlo per quanto più possibile alla luce della lettera e dello scopo della direttiva di cui trattasi, onde conseguire il risultato fissato da quest’ultima e conformarsi pertanto all’articolo 288, terzo comma, TFUE» (26).

39.      Certamente, la Corte ha dichiarato che «il principio di interpretazione conforme del diritto nazionale conosce limiti. In tal senso, l’obbligo per il giudice nazionale di fare riferimento al diritto dell’Unione nell’interpretazione e nell’applicazione delle norme pertinenti del diritto interno trova un limite nei principi generali del diritto e non può servire a fondare un’interpretazione contra legem del diritto nazionale» (27).

40.      Tuttavia, in tale contesto, la Corte ha chiaramente precisato che «l’esigenza di un’interpretazione conforme include l’obbligo, per i giudici nazionali, di modificare, se del caso, una giurisprudenza consolidata se questa si basa su un’interpretazione del diritto nazionale incompatibile con gli scopi di una direttiva» (28).

41.      Pertanto, secondo la Corte, un giudice nazionale non può, nell’ambito del procedimento principale, validamente ritenere di trovarsi nell’impossibilità di interpretare una disposizione nazionale conformemente al diritto dell’Unione per il sol fatto di aver costantemente interpretato detta disposizione in un senso incompatibile con il diritto dell’Unione stesso (29).

42.      Alla luce della richiamata giurisprudenza della Corte, spetta al giudice del rinvio verificare se le disposizioni nazionali oggetto del procedimento principale, ossia l’articolo 7, paragrafo 4, del BUrlG, e l’articolo 1922, paragrafo 1, del BGB, si prestino ad un’interpretazione conforme alla direttiva 2003/88. A tal proposito, il giudice medesimo dovrebbe tenere conto del fatto che, da un lato, dette disposizioni nazionali sono formulate in modo relativamente ampio e generico (30) e, dall’altro, del fatto che sembra emergere dalle medesime ordinanze di rinvio che l’incompatibilità del diritto nazionale con il diritto dell’Unione si basa sull’interpretazione delle predette disposizioni adottata dal Bundesarbeitsgericht (Corte federale del lavoro) (31). Sembra, pertanto, che sia a causa dell’interpretazione delle norme nazionali di cui trattasi nella causa principale adottata dal Bundesarbeitsgericht (Corte federale del lavoro) che il lavoratore risulti privato, a causa del decesso, del diritto alle ferie annuali retribuite, sotto il profilo pecuniario diretto a compensare l’impossibilità per il lavoratore medesimo di aver potuto effettivamente godere di tale diritto prima della cessazione del rapporto di lavoro.

43.      In secondo luogo, nell’ipotesi in cui tale giudice continuasse a ritenere di trovarsi effettivamente nell’impossibilità di procedere a un’interpretazione del diritto nazionale conforme all’articolo 7 della direttiva 2003/88, occorre esaminare se tale articolo possieda effetti diretti e, se del caso, se le signore Bauer e Broßonn possano farlo valere nei confronti dei rispettivi datori di lavoro dei coniugi defunti.

44.      A tal riguardo, secondo costante giurisprudenza della Corte, «in tutti i casi in cui le disposizioni di una direttiva appaiono, dal punto di vista sostanziale, incondizionate e sufficientemente precise, i singoli possono farle valere dinanzi ai giudici nazionali nei confronti dello Stato membro, vuoi qualora esso abbia omesso di trasporre la direttiva in diritto nazionale entro i termini, vuoi qualora l’abbia recepita in modo non corretto» (32).

45.      Nella sentenza del 24 gennaio 2012, Dominguez (33), la Corte ha dichiarato che l’articolo 7 della direttiva 2003/88 risponde a tali criteri, «giacché pone a carico degli Stati membri, in termini non equivoci, un obbligo di risultato preciso e assolutamente incondizionato quanto all’applicazione della regola da esso enunciata, che consiste nella previsione per ogni lavoratore di ferie annuali retribuite di almeno quattro settimane» (34). Inoltre, secondo la Corte, in questa stessa sentenza, «[s]ebbene l’articolo 7 della direttiva 2003/88 lasci agli Stati membri un certo margine di discrezionalità allorché adottano le condizioni di ottenimento e di concessione del diritto alle ferie annuali retribuite che esso sancisce, tale circostanza tuttavia non incide sul carattere preciso e incondizionato dell’obbligo previsto da tale articolo». La Corte ha rilevato, a tal riguardo, che «l’articolo 7 della direttiva 2003/88 non rientra tra le disposizioni di detta direttiva a cui il suo articolo 17 consente di derogare». È quindi possibile, secondo la Corte, «determinare la tutela minima che deve in ogni caso essere apprestata dagli Stati membri in forza di detto articolo 7» (35). Al punto 36 della sentenza del 24 gennaio 2012 Dominguez (36), la Corte rileva pertanto che «l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2003/88 soddisfa le condizioni richieste per produrre un effetto diretto».

46.      Per quanto riguarda, più in particolare, l’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88, il riconoscimento del suo effetto diretto sembra derivare, a mio avviso, dalla sentenza Bollacke, in cui la Corte ha osservato che tale disposizione «non assoggetta il diritto ad un’indennità finanziaria ad alcuna condizione diversa da quella relativa, da un lato, alla cessazione del rapporto di lavoro e, dall’altro, al mancato godimento da parte del lavoratore di tutte [le] ferie annuali a cui aveva diritto alla data in cui tale rapporto è cessato» (37). Inoltre, secondo la Corte, nella stessa sentenza, il diritto ad un’indennità finanziaria previsto all’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88 «è conferito direttamente da [tale] direttiva» (38)

47.      Occorre ora esaminare se, in ciascuna delle cause riunite in esame, l’erede del lavoratore defunto possa far valere direttamente l’articolo 7 della direttiva 2003/88 nei confronti del datore di lavoro, sia esso un soggetto di diritto pubblico o di diritto privato, al fine di ottenere la corresponsione di un’indennità pecuniaria per ferie annuali retribuite e non godute, vale a dire il godimento dell’aspetto economico del diritto alle ferie annuali retribuite.

48.      Alla luce della consolidata giurisprudenza della Corte che nega alle direttive effetti diretti orizzontali (39), le sig.re Bauer e Broßonn non si trovano nella stessa posizione sotto il profilo della garanzia della tutela effettiva del diritto alle ferie annuali retribuite acquisito dal coniuge defunto.

49.      Poiché il marito della sig.ra Bauer è stato dipendente della Stadt Wuppertal, che è un ente di diritto pubblico, costei potrebbe far senz’altro valere, nei confronti di detto ente, il proprio diritto all’indennità pecuniaria per ferie annuali retribuite non godute che, ricordo, è attribuito direttamente dall’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88. Infatti, si deve rammentare che «gli amministrati, qualora siano in grado di far valere una direttiva non nei confronti di un singolo, ma di uno Stato, possono farlo indipendentemente dalla veste nella quale questo agisce, come datore di lavoro o come pubblica autorità. In entrambi i casi è infatti opportuno evitare che lo Stato possa trarre vantaggio dalla sua trasgressione del diritto dell’Unione» (40). Alla luce di tali considerazioni, la Corte ha riconosciuto che «disposizioni incondizionate e sufficientemente precise di una direttiva sono invocabili dagli amministrati non soltanto nei confronti di uno Stato membro e di tutti gli organi della sua amministrazione, quali gli enti territoriali (...), ma anche (...) nei confronti di organismi o enti soggetti all’autorità o al controllo dello Stato o che dispongono di poteri che eccedono quelli risultanti dalle norme applicabili nei rapporti fra singoli» (41).

50.      Conseguentemente, nel contesto della causa Bauer (C‑569/16), occorre rispondere al Bundesarbeitsgericht (Corte federale del lavoro) che un giudice nazionale, investito di una controversia tra un privato e un ente di diritto pubblico, è tenuto, a fronte dell’impossibilità di un’interpretazione del diritto nazionale vigente in senso conforme all’articolo 7 della direttiva 2003/88, ad assicurare, nell’ambito delle proprie competenze, la tutela giuridica spettante ai privati in forza detta disposizione e a garantirne la piena efficacia disapplicando, all’occorrenza, qualsiasi disposizione nazionale contraria.

51.      La fattispecie contenziosa della sig.ra Broßonn risulta invece più complessa, in quanto il coniuge è stato dipendente di un soggetto privato. Orbene, secondo costante giurisprudenza della Corte, una direttiva non può di per sé creare obblighi a carico di un privato e non può quindi essere fatta valere in quanto tale nei suoi confronti dinanzi a un giudice nazionale (42). Pertanto, malgrado il fatto che, ai sensi del suo articolo 1, paragrafo 3, la direttiva 2003/88 debba       trovare applicazione in tutti i settori di attività, pubblici e privati, la via da percorrere affinché il diritto dell’Unione assicuri direttamente alla sig.ra Broßonn la concessione dell’indennità pecuniaria per le ferie annuali retribuite e non godute risulterà più tortuosa e non priva di ostacoli. Cercherò, tuttavia, di delinearlo in termini sufficientemente chiari affinché gli amministrati se ne possano in futuro avvalere più facilmente al fine di assicurare la tutela effettiva del diritto fondamentale costituito dal diritto alle ferie annuali retribuite.

52.      A tal proposito, si deve rammentare che, secondo costante giurisprudenza, «i diritti fondamentali garantiti nell’ordinamento giuridico dell’Unione sono destinati ad essere applicati in tutte le situazioni disciplinate dal diritto dell’Unione» (43). Poiché l’articolo 7, paragrafo 4, del BUrlG costituisce attuazione della direttiva 93/104/CE del Consiglio, del 23 novembre 1993, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro (44), codificata dalla direttiva 2003/88, l’articolo 31, paragrafo 2, Carta è idoneo a trovare applicazione nel procedimento principale.

53.      Alla luce di tale precisazione, ritengo che un giudice nazionale, investito di una controversia tra due privati, è tenuto, laddove non gli sia possibile interpretare il diritto nazionale vigente in termini conformi all’articolo 7 della direttiva 2003/88, ad assicurare, nell’ambito delle proprie competenze, la tutela giuridica spettante ai singoli in forza dell’articolo 31, paragrafo 2, della Carta, e a garantirne la piena efficacia disapplicando, all’occorrenza, qualsiasi disposizione nazionale contraria. A mio parere, l’articolo 31, paragrafo 2, della Carta dispone delle caratteristiche necessarie per poter essere invocato direttamente in una controversia fra privati ai fini della disapplicazione di disposizioni nazionali che abbiano l’effetto di privare un lavoratore del diritto a un periodo annuale di ferie retribuite. Suggerisco, quindi, alla Corte di adottare una soluzione simile a quella accolta con riguardo al principio generale di non discriminazione in ragione dell’età (45), vale a dire in relazione agli articoli 21 e 47 della Carta (46).

54.      Ricordo che, ai sensi dell’articolo 31, paragrafo 2, della Carta, «[o]gni lavoratore ha diritto a (…) ferie annuali retribuite». Come già rilevato dalla Corte, il diritto alle ferie annuali retribuite è espressamente sancito da tale articolo della Carta, alla quale l’articolo 6, paragrafo 1, TUE riconosce lo stesso valore giuridico dei Trattati (47).

55.      Dalle spiegazioni relative all’articolo 31, paragrafo 2, della Carta risulta che detta norma «si basa sulla direttiva 93/104 [...], nonché sull’articolo 2 della Carta sociale europea e sul punto 8 della Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori»(48). Ricordo che la direttiva 93/104 è stata poi codificata dalla direttiva 2003/88 e che, come emerge dalla formulazione dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2003/88(49), disposizione alla quale tale direttiva non consente di derogare, ogni lavoratore beneficia di ferie annuali retribuite di almeno quattro settimane. Come la Corte ha più volte avuto modo di dichiarare, tale diritto alle ferie annuali retribuite dev’essere considerato come un principio particolarmente importante del diritto sociale dell’Unione, la cui attuazione da parte delle autorità nazionali competenti può essere effettuata solo nei limiti esplicitamente indicati dalla direttiva 2003/88 stessa (50).

56.      Dal corpus normativo così descritto discende che il diritto alle ferie annuali retribuite costituisce un principio del diritto sociale dell’Unione che riveste un’importanza particolare, oramai sancita dall’articolo 31, paragrafo 2, della Carta ed espresso concretamente dalla direttiva 2003/88.

57.      Le cause in esame offrono alla Corte l’opportunità, con una giurisprudenza basata sulla necessità di garantire l’efficacia dei diritti sociali fondamentali, di poter qualificare il diritto alle ferie annuali retribuite non più soltanto quale principio del diritto sociale dell’Unione che presenta un’importanza particolare, ma anche e soprattutto quale diritto sociale fondamentale a pieno titolo (51). Invito pertanto la Corte a rafforzare l’invocabilità dei diritti sociali fondamentali che hanno le caratteristiche per essere fatti direttamente valere nel contesto di controversie tra privati.

58.      Sulla base della struttura esegetica elaborata dalla Corte nella sentenza Association de médiation sociale, mi sembra giuridicamente fondato riconoscere all’articolo 31, paragrafo 2, della Carta la diretta invocabilità nel contesto di controversie tra privati ai fini della disapplicazione di disposizioni nazionali aventi per effetto di privare i lavoratori del diritto a un periodo annuale di ferie retribuite.

59.      In tale sentenza, la Corte ha ribadito il rifiuto di riconoscere effetti diretti orizzontali alle direttive, ricordando la propria costante giurisprudenza secondo cui anche una disposizione chiara, precisa ed incondizionata di una direttiva volta a conferire diritti o a imporre obblighi ai singoli non può essere applicata in quanto tale nell’ambito di una controversia intercorrente esclusivamente tra privati (52).

60.      Il giudice del rinvio aveva rilevato di trovarsi nell’impossibilità di rimediare all’assenza di effetti diretti orizzontali delle direttive tramite un’interpretazione del diritto nazionale conforme alla direttiva de qua. La Corte doveva, pertanto, verificare se, in analogia con quanto già affermato nella sentenza del 19 gennaio 2010, Kücükdeveci (53), l’articolo 27 della Carta (54), da solo o in combinato disposto con le disposizioni della direttiva 2002/14/CE (55), potesse essere invocato in una controversia tra privati al fine di disapplicare, se del caso, la norma nazionale non conforme alla direttiva medesima.

61.      Dopo aver rilevato che l’articolo 27 della Carta era applicabile alla controversia di cui al procedimento principale, la Corte ha posto l’accento sul fatto che, come risulta chiaramente dal tenore letterale di detto articolo, esso, per produrre pienamente i suoi effetti, dev’essere precisato mediante disposizioni del diritto dell’Unione o del diritto nazionale (56).

62.      La Corte ha affermato, al riguardo, che «il divieto, previsto all’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2002/14, e indirizzato agli Stati membri, di escludere dal calcolo degli effettivi di un’impresa una determinata categoria di lavoratori rientranti inizialmente nella cerchia delle persone da prendere in considerazione ai fini di tale calcolo, non può essere desunto, quale norma giuridica direttamente applicabile, né dal tenore letterale dell’articolo 27 della Carta né dai chiarimenti relativi a tale articolo» (57).

63.      Ciò le ha consentito di osservare che «le circostanze del procedimento principale si differenzi[a]no da quelle all’origine della (...) sentenza [del 19 gennaio 2010 Kücükdeveci (C‑555/07, EU:C:2010:21)], nella misura in cui il principio di non discriminazione in base all’età, in esame in quella causa, sancito dall’articolo 21, paragrafo 1, della Carta, è di per sé sufficiente per conferire ai singoli un diritto soggettivo invocabile in quanto tale» (58).

64.      La Corte ne ha dedotto che «l’articolo 27 della Carta non può, in quanto tale, essere invocato in una controversia, come quella oggetto del procedimento principale, al fine di concludere che la norma nazionale non conforme alla direttiva 2002/14 dev’essere disapplicata» (59).

65.      La Corte ha precisato che «[t]ale constatazione non può essere infirmata da una lettura dell’articolo 27 della Carta in combinazione con le norme della direttiva 2002/14, posto che, non essendo detto articolo di per sé sufficiente per conferire ai singoli un diritto invocabile in quanto tale, a diverso risultato non porterebbe neppure una sua lettura in combinato disposto con le norme della direttiva sopra citata» (60).

66.      La parte lesa dalla non conformità del diritto nazionale al diritto dell’Unione deve quindi accontentarsi del rimedio di «far valere la giurisprudenza risultante dalla sentenza del 19 novembre 1991, Francovich e a.(C‑6/90 e C‑9/90, EU:C:1991:428), per ottenere eventualmente il risarcimento del danno subito» (61).

67.      Nella sentenza Association de médiation sociale, la Corte ha quindi segnalato che tutte le disposizioni della Carta che figurano nel titolo IV, rubricato «Solidarietà», non sono idonee ad essere invocate direttamente nel contesto di controversie tra privati. La Corte ha potuto in tal modo calmare talune preoccupazioni sulla sua presunta tendenza a riconoscere ampiamente l’invocabilità diretta nelle controversie tra privati dei diritti sociali fondamentali riconosciuti dalla Carta.

68.      È stato sottolineato che la soluzione accolta dalla Corte in tale sentenza non è priva di inconvenienti per la protezione effettiva dei diritti sociali fondamentali(62). È inoltre lecito ritenere che l’articolo 52, paragrafo 5, della Carta non solo non escluda, bensì autorizzi espressamente che una disposizione della Carta affermativa di un «principio» possa essere direttamente invocata dinanzi ai giudici nazionali, al fine di controllare la legittimità di strumenti legislativi nazionali di attuazione del diritto dell’Unione.

69.      Tuttavia, è altresì comprensibile che la Corte, nella propria veste di interprete della Carta e nel pieno rispetto del principio della separazione dei poteri, si ritenga vincolata dal tenore letterale delle disposizioni della Carta, in particolare qualora queste ultime riconoscono un diritto o un principio facendo riferimento, come fa l’articolo 27 della Carta, ai «casi e alle condizioni previsti dal diritto dell’Unione e dalle legislazioni e prassi nazionali».

70.      Secondo tale logica, si può ritenere che, con la sentenza Association de médiation sociale, la Corte abbia rispettato, senza esprimersi chiaramente in tal senso, la summa divisio tra i principi proclamati dalla Carta, che sarebbero dotati di una tutela giurisdizionale limitata e indiretta, e i diritti riconosciuti dalla Carta, che, dal canto loro, possono avvalersi di una tutela giurisdizionale piena e diretta.

71.      In ogni caso, non affronterò il dibattito sui rispettivi effetti dei diritti e dei principi riconosciuti dalla Carta e sul loro rispettivo grado di tutela giurisdizionale, giacché ritengo incontestabile, alla luce della lettera stessa dell’articolo 31, paragrafo 2, della Carta, che un periodo annuale di ferie retribuite è un diritto dei lavoratori (63).

72.      Preferisco concentrarmi su quanto emerge espressamente dalla sentenza Association de médiation sociale, ossia che né la direttiva 2002/14 né l’articolo 27 della Carta, siano essi considerati isolatamente o in combinato disposto, possono conferire ai privati un diritto direttamente invocabile in quanto tale nel contesto di una controversia orizzontale.

73.      In altre parole, la giustapposizione alla corrispondente disposizione della Carta di una norma di diritto derivato dell’Unione destinata a precisarla non è tale da consentire l’invocabilità diretta di tale disposizione (64). Al tempo stesso, dalla motivazione della Corte nella sentenza Association de médiation sociale risulta che l’invocabilità diretta di disposizioni della Carta nel contesto di controversie orizzontali non è del tutto esclusa. Tale invocabilità è possibile quando l’articolo della Carta di cui trattasi è di per sé sufficiente a conferire ai singoli un diritto invocabile in quanto tale (65). Secondo la Corte, non è questo il caso dell’articolo 27 della Carta che, come risulta dalla sua formulazione, dev’essere «precisato mediante disposizioni del diritto dell’Unione o del diritto nazionale» (66) per produrre pienamente i suoi effetti.

74.      La logica inerente al ragionamento svolto dalla Corte nella sentenza Association de médiation sociale sembra quindi poggiare sull’idea secondo cui una direttiva che esprima concretamente un diritto fondamentale riconosciuto da una disposizione della Carta non può conferire a tale disposizione le caratteristiche necessarie per essere invocata direttamente nel contesto di una controversia fra privati qualora risulti che a detta disposizione, né alla luce del suo tenore letterale né alla luce delle spiegazioni ad essa attinenti, tali caratteristiche non possano essere di per sé riconosciute. Infatti, in base a tale logica, è impossibile che una direttiva priva di effetti diretti orizzontali trasmetta tale natura ad una disposizione della Carta.

75.      La sentenza Association de médiation sociale ha pertanto messo fine all’ambiguità che poteva discendere dalla formulazione che figura nella sentenza del 19 gennaio 2010, Kücükdeveci (67), che evoca l’invocabilità del «principio di non discriminazione in base all’età, quale espresso concretamente nella direttiva 2000/78[/CE (68)]» (69). Occorre chiedersi se con tale formulazione non venga rimessa in discussione la consolidata giurisprudenza sull’assenza di effetti diretti delle direttive o persino la gerarchia delle norme (70).A tal riguardo, dalla sentenza Association de médiation sociale emerge chiaramente che la giurisprudenza derivante dalla sentenza del 19 gennaio 2010, Kücükdeveci(71), viene confermata e che è soltanto la norma dotata del rango di diritto primario che può, se del caso, essere invocata nel contesto di una controversia tra privati (72). Tale sentenza, laddove riconosce l’invocabilità diretta potenziale di disposizioni della Carta nel contesto di controversie orizzontali, può essere pertanto intesa nel senso dell’esistenza di un ulteriore rimedio all’assenza di effetti diretti orizzontali delle direttive (73).

76.      La Corte ha ulteriormente elaborato tale orientamento giurisprudenziale nella sentenza del 17 aprile 2018, Egenberger (74), riconoscendo l’invocabilità diretta, in una controversia tra soggetti privati, dell’articolo 21 della Carta, nella parte in cui vieta qualsiasi discriminazione fondata sulla religione o le convinzioni personali(75), nonché dell’articolo 47 della Carta, relativo al diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva (76).

77.      Contrariamente a quanto è stato talora affermato, il riconoscimento dell’invocabilità diretta potenziale di disposizioni della Carta nell’ambito di controversie orizzontali, che costituisce, a mio avviso, il contributo più importante della sentenza Association de médiation sociale, non è in contrasto con l’articolo 51 della Carta, in quanto tale riconoscimento è diretto a far rispettare dagli Stati membri, destinatari delle disposizioni della Carta stessa, nell’attuazione del diritto dell’Unione i diritti fondamentali ivi sanciti.. La circostanza che tali diritti sono fatti valere nel contesto di una controversia orizzontale non è, sotto questo profilo, determinante e non può in ogni caso consentire agli Stati membri di sottrarsi ad una constatazione di violazione della Carta nell’attuazione del diritto dell’Unione (77).

78.      Pertanto, è opportuno rimuovere definitivamente l’ostacolo che l’articolo 51, paragrafo 1, della Carta potrebbe costituire all’invocabilità diretta delle sue disposizioni nel contesto di controversie tra privati. Tale articolo, sebbene preveda che le disposizioni della Carta «si applicano alle istituzioni, organi e organismi dell’Unione (...), come pure agli Stati membri esclusivamente nell’attuazione del diritto dell’Unione», non esclude espressamente qualsivoglia effetto della Carta nei rapporti fra privati (78). Occorre aggiungere che la Corte ha riconosciuto efficacia diretta orizzontale a varie disposizioni del diritto primario dell’Unione, sebbene queste abbiano per destinatari, alla luce della loro formulazione, gli Stati membri (79).

79.      Alla luce dei suesposti rilievi risulta che, con la sentenza Association de médiation sociale, la Corte ha introdotto una serie di criteri per comprendere l’articolazione della tutela offerta dalle direttive e dalle norme poste a protezione dei diritti fondamentali (80). Le cause qui in esame offrono alla Corte l’occasione di integrare e precisare tali criteri, questa volta con riguardo ad un articolo della Carta, l’articolo 31, paragrafo 2, di quest’ultima, che, contrariamente al precedente articolo 27, presenta, a mio parere, le caratteristiche necessarie per poter essere invocato direttamente in una controversia fra privati al fine di escludere, se del caso, l’applicazione di una normativa nazionale contraria.

80.      Per beneficiare dell’invocabilità diretta, la pertinente disposizione della Carta deve possedere, alla luce della sua intrinseca natura, quale risultante dalla sua formulazione, carattere imperativo ed essere autosufficiente (81).

81.      Il diritto fondamentale a un periodo annuale di ferie retribuite, quale formulato all’articolo 31, paragrafo 2, della Carta, gode senza dubbio di carattere imperativo. La Corte ha costantemente sottolineato, nella propria giurisprudenza, l’importanza e il carattere imperativo del diritto alle ferie annuali retribuite, precisando che si tratta di un «principio particolarmente importante del diritto sociale dell’Unione, al quale non si può derogare»(82). Tale diritto è quindi intangibile non solo non solo nei confronti della pubblica amministrazione, bensì parimenti nell’ambito dei rapporti di lavoro intercorrenti tra privati. Si tratta di un criterio accolto dalla Corte sin dalla sentenza dell’8 aprile 1976, Defrenne (43/75, EU:C:1976:56) (83).

82.      Inoltre, la disposizione della Carta in questione dev’essere, come già precedentemente rilevato, autosufficiente (84), il che significa che non dev’essere indispensabile l’adozione di una norma integrativa di diritto dell’Unione o di diritto nazionale per rendere operativo il diritto fondamentale riconosciuto dalla Carta (85). In altri termini, la disposizione della Carta in questione non richiede l’adozione di alcun atto integrativo per produrre direttamente effetti nei confronti dei singoli.

83.      Più precisamente, ritengo che, alla luce della sua formulazione, l’articolo 31, paragrafo 2, della Carta non richieda l’adozione di alcun atto integrativo per produrre direttamente effetti nei confronti dei singoli. Nel contesto di una tale concezione, l’adozione di un atto di diritto derivato dell’Unione e/o di misure di attuazione da parte degli Stati membri potrebbe certamente essere utile per consentire ai singoli di godere concretamente del diritto fondamentale di cui trattasi. Tuttavia, l’adozione di tali misure, che non è richiesta dal testo della disposizione della Carta in questione, non è necessaria affinché quest’ultima possa spiegare direttamente i propri effetti nel contesto delle controversie che i giudici nazionali devono risolvere (86).

84.      Dalle suesposte considerazioni emerge che l’articolo 31, paragrafo 2, della Carta, laddove riconosce il diritto di ogni lavoratore a un periodo annuale di ferie retribuite, dispone delle caratteristiche necessarie per poter essere invocato direttamente in una controversia fra privati ai fini della disapplicazione di disposizioni nazionali che producano l’effetto di privare un lavoratore di un tale diritto. Orbene, come ho già rilevato, ciò è quanto avviene nel caso di normative o prassi nazionali per effetto delle quali, quando il rapporto di lavoro termina per decesso del lavoratore, il diritto alle ferie annuali retribuite si estingue senza dare diritto ad un’indennità pecuniaria per ferie annuali retribuite e non godute, impedendo in tal modo la corresponsione dell’indennità stessa agli eredi del de cuius. Infatti, come la Corte ha sostanzialmente dichiarato nella sentenza Bollacke, tali normative o prassi nazionali producono l’effetto di determinare «retroattivamente la perdita totale del diritto alle ferie annuali retribuite stesso» (87).

85.      Di conseguenza, suggerisco alla Corte, nel contesto della causa Willmeroth (C‑570/16), di rispondere al Bundesarbeitsgericht (Corte federale del lavoro) che un giudice nazionale, investito di una controversia tra due privati, è tenuto, a fronte dell’impossibilità di un’interpretazione del diritto nazionale vigente in senso conforme all’articolo 7 della direttiva 2003/88, ad assicurare, nell’ambito delle proprie competenze, la tutela giuridica spettante ai singoli in forza dell’articolo 31, paragrafo 2, e a garantirne la piena efficacia disapplicando, all’occorrenza, qualsiasi disposizione nazionale contraria.

86.      Completerò il mio intervento precisando che l’affermazione che l’articolo 31, paragrafo 2, della Carta è di per sé sufficiente, laddove sancisce il diritto di ogni lavoratore ad un periodo annuale di ferie retribuite, ad attribuire ai privati un diritto invocabile, nel contesto di una controversia fra essi insorta, in un settore disciplinato dal diritto dell’Unione, non esaurisce la questione relativa alla determinazione del contenuto normativo di tale disposizione.

87.      A tal proposito, osservo che uno degli insegnamenti da trarre dalla sentenza Association de médiation sociale è che i chiarimenti relativi alla Carta devono essere presi in considerazione al fine di determinare se una disposizione di quest’ultima possa essere invocata direttamente nel contesto di una controversia fra privati (88). Tali chiarimenti devono, a mio parere, essere prese in considerazione al fine di determinare il contenuto normativo della regola di diritto direttamente applicabile contenuta nell’articolo 31, paragrafo 2, della Carta. La rilevanza dei chiarimenti relativi alla Carta è dettata peraltro dall’articolo 6, paragrafo 1, terzo comma, TUE, ai sensi del quale «[i] diritti, le libertà e i principi della Carta sono interpretati in conformità delle disposizioni generali del titolo VII della Carta che disciplinano la sua interpretazione e applicazione e tenendo in debito conto le spiegazioni cui si fa riferimento nella Carta, che indicano le fonti di tali disposizioni». A norma dell’articolo 52, paragrafo 7, della Carta, «[i] giudici dell’Unione e degli Stati membri tengono nel debito conto le spiegazioni elaborate al fine di fornire orientamenti per l’interpretazione della presente Carta» (89).

88.      Orbene, dalle spiegazioni relative all’articolo 31, paragrafo 2, della Carta risulta che la direttiva 93/104 costituisce uno dei pilastri su cui i redattori di quest’ultima si sono basati per redigere tale disposizione. Infatti, ricordo che, ai sensi di tali spiegazioni, l’articolo 31, paragrafo 2, della Carta «si basa sulla direttiva 93/104 [...]». La direttiva 93/104 è stata poi codificata dalla direttiva 2003/88 e, come emerge dalla formulazione dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2003/88(90), disposizione alla quale tale direttiva non consente di derogare, ogni lavoratore beneficia di ferie annuali retribuite di almeno quattro settimane. Si trova così all’articolo 31, paragrafo 2, della Carta il nucleo essenziale della direttiva 93/104, in quanto tale articolo sancisce e consolida ciò che sembra l’elemento fondamentale di tale direttiva (91).

89.      Deduco da tale connessione fra le norme, che si riflette nella giurisprudenza recente della Corte (92), che l’articolo 31, paragrafo 2, della Carta garantisce ad ogni lavoratore un periodo di ferie annuali retribuite di almeno quattro settimane(93). In altre parole, per individuare il contenuto normativo dell’articolo 31, paragrafo 2, della Carta e determinare gli obblighi risultanti da tale disposizione, non si può, a mio parere, non considerare l’articolo 7 della direttiva 2003/88 e la giurisprudenza della Corte che, su tale fondamento e nella successione delle cause via via sottoposte al suo esame, ha precisato il contenuto e la portata del «principio del diritto sociale dell’Unione che riveste un’importanza particolare» (94) costituito dal diritto a ferie annuali retribuite (95).

90.      È anche a causa di questo intreccio fra norme che il diritto all’indennità pecuniaria spettante ad ogni lavoratore che non sia in grado, per ragioni indipendenti dalla propria volontà, di avvalersi del suo diritto alle ferie annuali retribuite prima della fine del rapporto di lavoro, quale risultante dall’articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88 e come è stato riconosciuto e precisato dalla Corte (96), dev’essere considerato come un diritto tutelato dall’articolo 31, paragrafo 2, della Carta (97).

91.      La recente giurisprudenza della Corte mi sembra del resto deporre nel senso della rilevanza della norma di concretizzazione del diritto fondamentale de quo al fine di determinare gli obblighi derivanti dalla Carta (98).

92.      In conclusione, rilevo che, nella sentenza Association de médiation sociale, la Corte sembra aver tratto la conclusione che la Carta contenga disposizioni non tutte munite della stessa idoneità a essere fatte valere direttamente nel contesto di controversie tra privati. Laddove risulti che una disposizione della Carta sia munita di scarsa intensità normativa, la tutela del diritto fondamentale ivi riconosciuto richiederà l’intervento del legislatore dell’Unione e/o dei legislatori nazionali, ragion per cui essa non può produrre di per sé effetti giuridici direttamente operativi nel contesto di una controversia nazionale. In tale situazione, la Corte deve quindi necessariamente tenere conto della volontà espressa dagli autori della Carta di affidare al legislatore dell’Unione e/o ai legislatori nazionali il compito di determinare il contenuto e le condizioni di attuazione dei diritti fondamentali ivi riconosciuti.

93.      Tale posizione della Corte, se è comprensibile, in particolare alla luce del principio della separazione dei poteri, dev’essere tuttavia controbilanciata, a mio avviso, da un approccio più flessibile per quanto riguarda disposizioni quali l’articolo 31, paragrafo 2, della Carta, che riconoscono un diritto senza rinviare espressamente all’adozione di norme del diritto dell’Unione o del diritto nazionale.

94.      Non è neppure da sottovalutare la potenzialità di altri strumenti di tutela dei diritti fondamentali quali, ad esempio, la Carta sociale europea, nel senso che i giudici nazionali possano loro riconoscere effetti diretti. A tal riguardo, il diniego della Corte di riconoscere un effetto diretto all’articolo 31, paragrafo 2, della Carta mi sembrerebbe essere in contrasto con la constatata tendenza dei giudici nazionali ad essere più aperti al riconoscimento di effetti diretti della Carta sociale europea (99).

95.      Suggerisco pertanto la Corte a non applicare, con riferimento all’articolo 31, paragrafo 2, della Carta, un approccio eccessivamente restrittivo, adottando una giurisprudenza equilibrata in virtù della quale, sebbene non tutte le disposizioni della Carta che riconoscono diritti sociali fondamentali dispongano delle caratteristiche necessarie per vedersi riconoscere un effetti diretti orizzontali, ciò invece deve ritenersi per le disposizioni che possiedono natura imperativa e autosufficiente. In sintesi, le cause in esame offrono alla Corte l’opportunità di fare in modo che il riconoscimento di diritti sociali fondamentali non rientri nel campo del «semplice incantesimo» (100).

IV.    Conclusione

96.      Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali poste dal Bundesarbeitsgericht (Corte federale del lavoro, Germania) nelle cause riunite Bauer (C‑569/16) e Willmeroth (C‑570/16) nei termini seguenti:

1)      L’articolo 7 della direttiva 2003/88 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, concernente taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro, dev’essere interpretato nel senso che osta a normative o prassi nazionali, come quelle oggetto del procedimento principale, per effetto delle quali, in caso di cessazione del rapporto di lavoro per decesso del lavoratore, il diritto alle ferie annuali retribuite si estingue senza dare diritto all’indennità pecuniaria per ferie annuali retribuite e non godute impedendo, in tal modo, la corresponsione dell’indennità medesima agli eredi del de cuius.

2)      Inoltre, nel contesto della causa Bauer (C‑569/16), suggerisco di rispondere al Bundesarbeitsgericht (Corte federale del lavoro) nei seguenti termini:

Un giudice nazionale, investito di una controversia tra un privato e un ente di diritto pubblico, è tenuto, a fronte dell’impossibilità di un’interpretazione del diritto nazionale vigente in senso conforme all’articolo 7 della direttiva 2003/88, ad assicurare, nell’ambito delle proprie competenze, la tutela giuridica spettante ai singoli in forza di tale articolo e a garantirne la piena efficacia disapplicando, all’occorrenza, qualsiasi disposizione nazionale contraria.

3)      Infine, nel contesto della causa Willmeroth (C‑570/16), propongo alla Corte di dichiarare che:

Un giudice nazionale, investito di una controversia tra due privati, è tenuto, a fronte dell’impossibilità di un’interpretazione del diritto nazionale vigente in senso conforme all’articolo 7 della direttiva 2003/88, ad assicurare, nell’ambito delle proprie competenze, la tutela giuridica spettante ai singoli in forza dell’articolo 31, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e a garantirne la piena efficacia, disapplicando all’occorrenza qualsiasi disposizione nazionale contraria.


1      Lingua originale: il francese.


2      GU 2003, L 299, pag. 9.


3      In prosieguo: la «Carta».


4      Come osservato da Walkila, S, Horizontal Effect of Fundamental Rights in EU Law, Europa Law Publishing, Groning, 2016, «an unequal relation of the parties tends more easily to justify recourse to fundamental rights in an effort to strengthen the position of the weaker party. Since this is a common situation and characteristic of many employer-employee relations, the field of employment law has proved a fruitful area for the evolution of the horizontal effect of fundamental right norms of EU law» (pag. 199).


5      V., in particolare, sentenza del 10 ottobre 2017, Farrell (C‑413/15, EU:C:2017:745, punto 31 e giurisprudenza ivi citata).


6      V., in tal senso, Van Raepenbusch, S., Droit institutionnel de l’Union européenne, 2a ed., Larcier, Bruxelles, 2016, secondo cui tale giurisprudenza costituisce «una rilevante restrizione all’effettività dei diritti conferiti dall’ordinamento giuridico dell’Unione, in particolare nel settore sociale, considerato che il diritto sociale dell’Unione si modella principalmente nella forma di direttive, a norma dell’articolo 153, paragrafo 2, lettera b), TFUE. In altri termini, mentre le disposizioni sociali dell’Unione in questione mirano a tutelare i lavoratori e sarebbero sufficientemente precise e incondizionate per essere direttamente applicate in giudizio, i lavoratori stessi non possono avvalersene nei confronti del loro datore di lavoro privato, anche ai fini della disapplicazione di una norma di diritto nazionale contraria (effetto di esclusione)» (pag. 480).


7      V., da ultimo, sentenza del 17 aprile 2018, Egenberger (C‑414/16, EU:C:2018:257).


8      Spiegazioni relative alla Carta dei diritti fondamentali (GU 2007, C 303, pag. 17; in prosieguo: le «spiegazioni relative alla Carta»).


9      BGBl. 1963, pag. 2.


10      BGBl. 2002 I, pag. 1529 (in prosieguo: il «BUrlG»).


11      In prosieguo: il «BGB».


12      V. sentenza del 22 novembre 2011, KHS (C‑214/10, EU:C:2011:761, punto 44).


13      Cfr. le ordinanze di rinvio nelle due cause riunite (punto 14).


14      V., per una posizione analoga, Vitez, B., «Holiday Pay: Now also to Be Enjoyed during the Afterlife», European Law Reporter, Verlag radical brain S.A., Lussemburgo, 2014, no 4, pag. 114.


15      V. sentenza Bollacke (punti 16 e 20 e giurisprudenza ivi citata).


16      V., in tal senso, sentenza Bollacke (punto 17).


17      V. sentenza Bollacke (punto 24).


18      V. sentenza Bollacke (punto 26).


19      V. sentenza Bollacke (punto 25).


20      V. sentenza Bollacke (punti 6 e 7).


21      Sentenza Bollacke (punto 11).


22      Sentenza Bollacke (punto 12).


23      Mutuo tali espressioni da Simon, D., «La panacée de l’interprétation conforme: injection homéopathique ou thérapie palliative?», De Rome à Lisbonne: les juridictions de l’Union européenne à la croisée des chemins, Mélanges en l’honneur de Paolo Mengozzi, Bruylant, Bruxelles, 2013, pag. 279-300, in particolare pag. 299.


24      V.. le ordinanze di rinvio nelle cause riunite (punto 16).


25      V., in particolare, sentenza del 19 aprile 2016, DI (C‑441/14, EU:C:2016:278, punto 30 e giurisprudenza ivi citata).


26      V., in particolare, sentenza del 19 aprile 2016, DI (C‑441/14, EU:C:2016:278, punto 31 e giurisprudenza ivi citata).


27      V., in particolare, sentenza del 19 aprile 2016, DI (C‑441/14, EU:C:2016:278, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).


28      V., in particolare, sentenze del 19 aprile 2016, DI (C‑441/14, EU:C:2016:278, punto 33 e giurisprudenza ivi citata), e del 17 aprile 2018, Egenberger (C‑414/16, EU:C:2018:257, punto 72).


29      V. sentenze del 19 aprile 2016, DI (C‑441/14, EU:C:2016:278, punto 34), e del 17 aprile 2018, Egenberger (C‑414/16, EU:C:2018:257, punto 73).


30      Il che peraltro senza dubbio spiega perché altri giudici tedeschi che si sono dovuti pronunciare su tale problema abbiano potuto ritenere che un’interpretazione conforme era possibile.


31      V. le ordinanze di rinvio nelle due cause riunite (punto 14).


32      V., in particolare, sentenza del 24 gennaio 2012, Dominguez (C‑282/10, EU:C:2012:33, punto 33 e giurisprudenza ivi citata).


33      C‑282/10, EU:C:2012:33.


34      V. il punto 34 della sentenza.


35      V. sentenza del 24 gennaio 2012, Dominguez (C‑282/10, EU:C:2012:33, punto 35 e giurisprudenza ivi citata).


36      C‑282/10, EU:C:2012:33.


37      V. sentenza Bollacke (punto 23). V., in senso analogo, sentenza del 20 luglio 2016, Maschek (C‑341/15, EU:C:2016:576, punto 27).


38      V. sentenza Bollacke (punto 28).


39      V. in particolare 24 gennaio 2012, Dominguez (C‑282/10, EU:C:2012:33, punto 37 e giurisprudenza citata).


40      V., in particolare, sentenza del 24 gennaio 2012, Dominguez (C‑282/10, EU:C:2012:33, punto 38 e giurisprudenza ivi citata).


41      V., in particolare, sentenza del 10 ottobre 2017, Farrell (C‑413/15, EU:C:2017:745, punto 33 e giurisprudenza ivi citata).


42      V., in particolare, sentenza del 24 gennaio 2012, Dominguez (C‑282/10, EU:C:2012:33, punto 37 e giurisprudenza ivi citata).


43      V., in particolare, sentenza del 15 gennaio 2014, Association de médiation sociale (C‑176/12, in prosieguo la «sentenza Association de médiation sociale», EU:C:2014:2, punto 42 e giurisprudenza ivi citata).


44      GU 1993, L 307, pag. 18.


45      V., in particolare, sentenza del 19 aprile 2016, DI (C‑441/14, EU:C:2016:278, punti 35-37 e giurisprudenza ivi citata).


46      V. sentenza del 17 aprile 2018, Egenberger (C‑414/16, EU:C:2018:257, punto 79).


47      V., in particolare, sentenza del 29 novembre 2017, King (C‑214/16, EU:C:2017:914, punto 33 e giurisprudenza ivi citata).


48      V. spiegazione relativa all’articolo 31 (GU 2007, C 303, pag. 26).


49      Come peraltro da quella dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/104.


50      V., in particolare, sentenza del 29 novembre 2017, King (C‑214/16, EU:C:2017:914, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).


51      Come possono i diritti sociali riconosciuti dalla Carta essere realmente qualificati come «fondamentali» se la maggior parte di essi restano privi di effetti diretti orizzontali? V., su tale questione, Fabre, A., «La “fondamentalisation” des droits sociaux en droit de l’Union européenne», La protection des droits fondamentaux dans l’Union européenne, entre évolution et permanence, Bruylant, Bruxelles, 2015, pagg. 163-194.


52      Sentenza Association de médiation sociale (punto 36 e giurisprudenza ivi citata).


53      C‑555/07, EU:C:2010:21.


54      Tale articolo, intitolato «Diritto dei lavoratori all’informazione e alla consultazione nell’ambito dell’impresa», stabilisce che «[a]i lavoratori o ai loro rappresentanti devono essere garantite, ai livelli appropriati, l’informazione e la consultazione in tempo utile nei casi e alle condizioni previsti dal diritto dell’Unione e dalle legislazioni e prassi nazionali».


55      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio dell’11 marzo 2002, che istituisce un quadro generale relativo all’informazione e alla consultazione dei lavoratori (GU 2002, L 80, pag. 29).


56      Sentenza Association de médiation sociale (punto 45).


57      Sentenza Association de médiation sociale (punto 46).


58      Sentenza Association de médiation sociale (punto 47). V., nello stesso senso, trattando del divieto di qualsiasi forma di discriminazione fondata sulla religione o le convinzioni personali, consacrato all’articolo 21, paragrafo 1, della Carta, la sentenza del 17 aprile 2018, Egenberger (C‑414/16, EU:C:2018:257, punto 76).


59      Sentenza Association de médiation sociale (punto 48).


60      Sentenza Association de médiation sociale (punto 49).


61      Sentenza Association de médiation sociale (punto 50 e giurisprudenza ivi citata). Il che si è potuto considerare, non senza ragione, quale «magro palliativo», tenuto conto delle difficoltà che avrà la parte lesa a prevalere in un’azione risarcitoria nei confronti dello Stato membro in questione: v. Van Raepenbusch, S., Droit institutionnel de l’Union européenne, 2a éd., Larcier, Bruxelles, 2016, pag. 486.


62      V., in particolare, Tinière, R., «L’invocabilité des principes de la Charte des droits fondamentaux dans les litiges horizontaux», Revue des droit et libertés fondamentaux, 2014, Chronique no 14, secondo cui dalla sentenza Association de médiation sociale emerge che «i diritti sociali garantiti dalla Carta sotto forma di principi non possono essere invocati dai privati nel contesto di controversie orizzontali. Orbene, poiché la maggior parte dei rapporti di lavoro intercorrono tra privati, tale soluzione conduce implicitamente a privarli di qualsiasi effetto giuridico, fatto salvo il caso in cui il rapporto di lavoro coinvolga l’autorità statale [...]. C’è quindi tutta una parte di diritti sociali e della [Carta] che passano dal settore del diritto positivo a quello del semplice incantesimo» (pag. 6). L’autore deplora l’assenza di «garanzia effettiva di un diritto fondamentale — che si tratti di un principio nulla toglie al suo carattere fondamentale — la cui violazione è al contempo debitamente accertata» e sottolinea anche il rischio rappresentato dall’approccio della Corte nei confronti dei giudici nazionali e della Corte europea dei diritti dell’Uomo dal punto di vista del «riconoscimento di una tutela equivalente» (pag. 7). V. anche Van Raepenbusch, S., Droit institutionnel de l’Union européenne, 2a ed., Larcier, Bruxelles, 2016, il quale, a proposito della soluzione accolta dalla Corte nella sentenza Association de médiation sociale, osserva che, «a causa del ricorso obbligatorio alla direttiva come modalità di regolamentazione sociale a livello dell’Unione, si verifica la significativa limitazione delle possibilità stesse di ricorso alle disposizioni sociali della Carta da parte di un amministrato vittima di un’eventuale incompatibilità del diritto nazionale applicabile» (pag. 485).


63      V., in tal senso, Lenaerts, K., «La solidarité ou le chapitre IV de la charte des droits fondamentaux de l’Union européenne», Revue trimestrielle des droits de l’homme, Larcier, Bruxelles, 2010, n. 82, pag. 217-236, che tende a classificare nella categoria «dei diritti, con le conseguenze che ne derivano, in particolare in termini di invocabilità, [...] il diritto a condizioni di lavoro giuste ed eque (articolo 31)», (pag. 227, § 28). V. anche, nello stesso senso, Bogg, A., «Article 31: Fair and just working conditions», in Peers, S., Hervey, T., Kenner, J. e Ward, A., The EU Charter of Fundamental Rights: a commentary, Hart Publishing, Oxford, 2014, pag. 833-868, in particolare pag. 849, § 31.34 e § 31.35, nonché Bailleux, A., e Dumont, H., Le pacte constitutionnel européen, Tome 1: Fondements du droit institutionnel de l’Union, Bruylant, Bruxelles, 2015, pag. 436, § 1030. V., infine, le conclusioni dell’avvocato generale Tanchev nella causa King (C‑214/16, EU:C:2017:439, paragrafo 52).


64      Pertanto, i «principi», ai sensi della Carta, «non potrebbero mai discostarsi dalla loro incompletezza normativa congenita. Quest’ultima sarebbe insormontabile, per cui tutte le direttive possibili, per quanto chiare, precise ed incondizionate, non possono modificarla in nulla», cfr. Fabre, A., «La “fondamentalisation” des droits sociaux en droit de l’Union européenne», La protection des droits fondamentaux dans l’Union européenne, entre évolution et permanence, Bruylant, Bruxelles, 2015, pag. 163-194, in particolare pag. 185. Come rileva Cariat, N., «L’invocation de la Charte des droits fondamentaux de l’Union européenne dans les litiges horizontaux: état des lieux après l’arrêt Association de Médiation Sociale», Cahiers de droit européen, Larcier, Bruxelles, 2014, no 2, pag. 305-336, in tale sentenza, la Corte ha motivato «muovendo da un quadro di analisi inerente alle direttive, disponendo in sequenza ordinata l’esame degli effetti delle direttive e della Carta, e negando qualsiasi valore aggiunto alla loro deduzione congiunta» (pag. 310).


65      Si può quindi ritenere che la sentenza Association de médiation sociale comporti «una piccola rivoluzione in materia di tutela dei diritti fondamentali, consacrando implicitamente, a determinate condizioni, gli effetti diretti orizzontali della Carta»: v. Carpano, E., e Mazuyer, E., «La représentation des travailleurs à l’épreuve de l’article 27 de la Charte des droits fondamentaux de l’Union: précisions sur l’invocabilité horizontale du droit de l’Union», Revue de droit du travail, Dalloz, Paris, 2014, no 5, pagg. 312-320, in particolare pag. 317.


66      Sentenza Association de médiation sociale (punto 45).


67      C‑555/07, EU:C:2010:21.


68      Direttiva 2000/78/CE del Consiglio, del 27 novembre 2000, che stabilisce un quadro generale per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro (GU 2000, L 303, pag. 16).


69      V. il punto 51 di tale sentenza.


70      V., a tale riguardo, Bailleux, A., «La Cour de justice, la Charte des droits fondamentaux et l’intensité normative des droits sociaux», Revue de droit social, La Charte, Bruges, 2014, n. 3, pag. 283-308, in particolare pag. 293.


71      C‑555/07, EU:C:2010:21.


72      V. Bailleux, A., «La Cour de justice, la Charte des droits fondamentaux et l’intensité normative des droits sociaux», Revue de droit social, La Charte, Bruges, 2014, n. 3, pagg. 283-308, in particolare pagg. 294 e 295. V. anche, in tal senso, Carpano, E., e Mazuyer, E., «La représentation des travailleurs à l’épreuve de l’article 27 de la Charte des droits fondamentaux de l’Union: précisions sur l’invocabilité horizontale du droit de l’Union», Revue de droit du travail, Dalloz, Paris, 2014, no 5, pagg. 312-320, che rilevano, a proposito del principio di non discriminazione in funzione dell’età, che l’invocabilità di quest’ultimo «risulta non tanto dalla combinazione di un principio generale con la direttiva bensì dall’autosufficienza del principio generale stesso. [...] In altri termini, l’effetto preclusivo potenziale non è collegato all’effetto della direttiva ma soltanto all’effetto del principio o del diritto fondamentale che dev’essere di per sé sufficiente» (pag. 319).


73      V., in tal senso, Cariat, N., «L’invocation de la Charte des droits fondamentaux de l’Union européenne dans les litiges horizontaux: état des lieux après l’arrêt Association de Médiation Sociale», Cahiers de droit européen, Larcier, Bruxelles, 2014, no 2, pagg. 305-336, in particolare, pag. 316, § 8.


74      C‑414/16, EU:C:2018:257.


75      Al fine di consolidare tale riconoscimento, la Corte ha rilevato che, «[r]iguardo all’effetto imperativo che esso esplica, l’articolo 21 della Carta non si distingue, in linea di principio, dalle diverse disposizioni dei Trattati istitutivi che vietano le discriminazioni fondate su vari motivi, anche quando tali discriminazioni derivino da contratti conclusi tra privati» [sentenza del 17 aprile 2018, Egenberger (C‑414/16, EU:C:2018:257, punto 77), che cita le sentenze dell’8 aprile 1976, Defrenne (43/75, EU:C:1976:56, punto 39), del 6 giugno 2000, Angonese (C‑281/98, EU:C:2000:296, punti da 33 a 36), del 3 ottobre 2000, Ferlini (C‑411/98, EU:C:2000:530, punto 50), e dell’11 dicembre 2007, International Transport Workers’ Federation et Finnish Seamen’s Union (C‑438/05, EU:C:2007:772, punti da 57 a 61)]. Ciò si ricollega all’osservazione formulata da Carpano, E., e Mazuyer, E., «La représentation des travailleurs à l’épreuve de l’article 27 de la Charte des droits fondamentaux de l’Union: précisions sur l’invocabilité horizontale du droit de l’Union», Revue de droit du travail, Dalloz, Paris, 2014, n. 5, pagg. 312-320, a proposito della sentenza Association de médiation sociale, secondo cui «riconoscendo l’effetto diretto orizzontale delle disposizioni della Carta, la Corte si limiterebbe a trarre le conseguenze dell’assimilazione della Carta al diritto primario dell’Unione europea sancito dal trattato di Lisbona» (pag. 320).


76      Secondo la Corte, tale articolo «è sufficiente di per sé e non dev’essere precisato mediante disposizioni del diritto dell’Unione o del diritto nazionale per conferire ai singoli un diritto invocabile in quanto tale» (sentenza del 17 aprile 2018, Egenberger, C‑414/16, EU:C:2018:257 punto 78).


77      V., a tal proposito, Bailleux, A., «La Cour de justice, la Charte des droits fondamentaux et l’intensité normative des droits sociaux», Revue de droit social, La Charte, Bruges, 2014, n. 3, pagg. 283-308, in particolare, pag. 305.


78      V., in tal senso, Robin-Olivier, S., «Article 31 – Conditions de travail justes et équitables», Charte des droits fondamentaux de l’Union européenne, Commentaire article par article, Bruylant, Bruxelles, 2018, pagg. 679-694, in particolare, pag. 693, § 29.


79      Ibidem.


80      V. Cariat, N., «L’invocation de la Charte des droits fondamentaux de l’Union européenne dans les litiges horizontaux: état des lieux après l’arrêt Association de médiation sociale», Cahiers de droit européen, Larcier, Bruxelles, 2014, n. 2, pagg. 305-336, in particolare pag. 311 ss.


81      V., in tale senso, Lenaerts, K., «L’invocabilité du principe de non-discrimination entre particuliers», Le droit du travail au XXIe siècle, Liber Amicorum Claude Wantiez, Larcier, Bruxelles, 2015, pagg. 89-105, che rileva, quanto al principio di non discriminazione in base all’età che «[u]na lettura combinata delle sentenze Mangold, Kücükdeveci e AMS suggerisce che l’invocabilità orizzontale [di tale principio] si basa, in primo luogo, sul suo carattere imperativo. (...) In secondo luogo, l’autosufficienza normativa del suddetto principio ha svolto un ruolo determinante nel ragionamento della Corte di giustizia. Questa autosufficienza consente di distinguere le norme operative a livello costituzionale da quelle che necessitano di un intervento legislativo per la loro operatività. Pertanto, detta autonomia normativa permette di riconoscere effetti diretti orizzontali al principio di non discriminazione, senza sconvolgere la ripartizione costituzionale dei poteri voluta gli autori dei trattati. Dal momento che il suddetto principio “è autosufficiente al fine di conferire ai singoli un diritto soggettivo autonomamente azionabile”, esso non interferisce con le prerogative del legislatore dell’Unione o nazionale. Per contro, l’articolo 27 della Carta, che per la sua operatività necessita dell’intervento del legislatore, sia a livello dell’Unione che degli Stati membri, non può produrre simili effetti diretti» (pagg. 104 e 105).


82      V., in particolare, sentenza del 22 aprile 2010, Zentralbetriebsrat der Landeskrankenhäuser Tirols (C‑486/08, EU:C:2010:215, punto 28 e giurisprudenza ivi citata). Più in generale, come indica, Bogg, A., «Article 31: Fair and just working conditions», in Peers, S., Hervey, T., Kenner, J. e Ward, A., The EU Charter of Fundamental Rights: A commentary, Hart Publishing, Oxford, 2014, pagg. 833-868, «Article 31 speaks to the very purpose of labour law itself, namely to ensure fair and just working conditions, and it transfigures this overarching protective purpose into a subjective fundamental social right. This transfiguration, based in the injunction to respect the human dignity of all workers, marks out Article 31 as the grundnorm of the other labour rights in the Solidarity chapter» (pag. 846, § 31.27).


83      Punto 39. V., anche, sentenza del 6 giugno 2000, Angonese (C‑281/98, EU:C:2000:296, punti 34 e 35).


84      Come osserva Walkila, S, Horizontal Effect of Fundamental Rights in EU Law, Europa Law Publishing, Groningen, 2016, «[t]he core criterion pertains to the question whether a norm may be deemed “sufficient in itself” to serve as a direct basis of a claim before a court. That points to the remedial force of the norm; i.e., whether the norm has a sufficiently ascertainable normative content which enables a judge to apply it in given circumstances. The remedial force of a fundamental right norm may be examined on the basis of content and context based analyses [...]». A tal propositoc, «[t]he content-based analysis inquires whether the norm enjoys “fully effectiveness” in the sense that its normative content is defined with a requisite degree of specificity and clarity so that the parties to a legal dispute may rely upon it and the courts enforce it» (pag. 183).


85      V., in tal senso, Van Raepenbusch, S., Droit institutionnel de l’Union européenne, 2a ed., Larcier, Bruxelles, 2016, il quale ritiene che, in seguito alla sentenza Association de médiation sociale, «[è] (…) d’ora in poi chiaramente sancito che le norme a tutela dei diritti fondamentali della Carta, che rispondono al requisito dell’autosufficienza, il che equivale a riconoscere loro un carattere self-sufficient, per riprendere la terminologia classica del diritto internazionale pubblico, possono essere invocate in modo autonomo, anche nel contesto di rapporti di diritto privato, al fine di disapplicare una norma di diritto nazionale contraria, laddove la fattispecie in questione presenti un collegamento con il diritto dell’Unione» (pag. 487). Si ricorda, a tal proposito, che «[i]l carattere self sufficient designa [...] un’applicabilità autonoma della norma internazionale, caratteristica dell’attitudine normativa che le è propria», v. Verhoeven, J., «La notion d’“applicabilité directe” du droit international», Revue belge de droit international,. Bruylant, Bruxelles, 1985, pagg. 243-264, in particolare pag. 248. V. anche Vandaele, A., e Claes, E., «L’effet direct des traités internationaux – Une analyse en droit positif et en théorie du droit axée sur les droits de l’homme», Working Paper no 15, dicembre 2001, K.U. Leuven, Facoltà di giurisprudenza, Istituto di diritto internazionale, disponibile al seguente indirizzo internet: https://www.law.kuleuven.be/iir/nl/onderzoek/working-papers/WP15f.pdf.


86      V., a tal proposito, Bogg, A., «Article 31: Fair and just working conditions», in Peers, S., Hervey, T., Kenner, J. e Ward, A., The EU Charter of Fundamental Rights: A commentary, Hart Publishing, Oxford, 2014, pagg. 833-868:«The absence of these limiting formulae means that Article 31 is better understood as a genuinely autonomous fundamental right, a standard against which Union laws and national laws and practices are measured rather than a standard capable of being diluted and weakened by those laws and practices» (pag. 846, § 31.27).


87      V. sentenza Bollacke (punto 25).


88      V. sentenza Association de médiation sociale (punto 46). V., a tal proposito, Cariat, N., «L’invocation de la Charte des droits fondamentaux de l’Union européenne dans les litiges horizontaux: état des lieux après l’arrêt Association de médiation sociale», Cahiers de droit européen, Larcier, Bruxelles, 2014, n. 2, pagg. 305-336, in particolare pag. 323, § 10.


89      V. anche, in tal senso, il quinto comma del preambolo della Carta.


90      Come, del resto, da quella dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 93/104.


91      V., per analogia, a proposito dell’articolo II‑91 della Costituzione europea, Jeammaud, A., «Article II 91; conditions de travail justes et équitables», Traité établissant une Constitution pour l’Europe, partie II, La Charte des droits fondamentaux de l’Union européenne: commentaire article par article, volume 2, Bruylant, Bruxelles, 2005, pagg. 416-425, in particolare pagg. 419 e 423.


92      V., in particolare, sentenza del 29 novembre 2017, King (C‑214/16, EU:C:2017:914), che fa riferimento al «principio posto dall’articolo 7 della direttiva 2003/88 e dall’articolo 31, paragrafo 2, della Carta, ai sensi del quale un diritto alle ferie annuali retribuite non può estendersi alla fine del periodo di riferimento e/o del periodo di riporto fissato dal diritto nazionale, quando il lavoratore non ha potuto beneficiare delle sue ferie» (punto 56).


93      V., in tal senso, Bogg, A., «Article 31: Fair and just working conditions», in Peers, S., Hervey, T., Kenner, J. e Ward, A., The EU Charter of Fundamental Rights: A commentary, Hart Publishing, Oxford, 2014, pagg. 833-868, il quale ritiene che, «though the duration of annual paid leave is not specified in Article 31(2), this should be understood as a minimum of four weeks leave per year in line with Article 7 of the Directive» (pag. 859, § 31.56). Tale questione è al centro delle cause pendenti TSN (C‑609/17) e AKT (C‑610/17), in cui il Työtuomioistuin (Tribunale del lavoro, Finlandia) interroga la Corte, in particolare, sulla questione se l’articolo 31, paragrafo 2, della Carta garantisca il diritto alle ferie acquisito la cui durata sia superiore a quella del periodo minimo di ferie annuali di quattro settimane stabilito dall’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2003/88.


94      V., in particolare, sentenza del 29 novembre 2017, King (C‑214/16, EU:C:2017:914, punto 32 e giurisprudenza ivi citata).


95      V., a tal proposito, Bogg, A., «Article 31: Fair and just working conditions», in Peers, S., Hervey, T., Kenner, J. e Ward, A., The EU Charter of Fundamental Rights: A commentary, Hart Publishing, Oxford, 2014, pag. 833-868, secondo cui «it follows from this symbiosis that the reasoning and specific legal conclusions of the CJEU on article 7 are also reflected in the parameters of the right to a period of annual paid leave under Article 31(2). This interpretative synergy between Article 7 of the Working Time Directive and Article 31(2) means that the rights are so entwined in the CJEÙs legal reasoning that it is now difficult to discern where one begins and the other ends» (pagg. 858 e 859, § 31.55). Nello stesso ordine di idee, v. le conclusioni dell’avvocato generale Saugmandsgaard Øe nella causa Maio Marques da Rosa (C‑306/16, EU:C:2017:486) in cui quest’ultimo, dopo aver rilevato che, in base spiegazioni relative alla Carta, l’articolo 31, paragrafo 2, della stessa si basa in particolare sulla direttiva 93/104, ha affermato, a proposito del diritto al riposo settimanale, che «il campo di applicazione dell’articolo 31, paragrafo 2, della Carta corrisponde a quello dell’articolo 5 della direttiva 2003/88». Ne ha dedotto che tale disposizione della Carta non «può fornire ulteriori elementi utili ai fini dell’interpretazione richiesta dell’articolo 5 della direttiva 2003/88» (paragrafi 43 e 44). V., in senso analogo, sentenza del 9 novembre 2017, Maio Marques da Rosa(C‑306/16, EU:C:2017:844, punto 50).


96      V., in particolare, sentenze del 20 gennaio 2009, Schultz-Hoff e a. (C‑350/06 e C‑520/06, EU:C:2009:18, punto 61), e del 29 novembre 2017, King (C 214/16, EU:C:2017:914, punto 52)


97      V., in tal senso, Bogg, A., «Article 31: Fair and just working conditions», in Peers, S., Hervey, T., Kenner, J. e Ward, A., The EU Charter of Fundamental Rights: A commentary, Hart Publishing, Oxford, 2014, pag. 833-868, il quale ritiene che «the worker’s right to a payment in lieu of untaken leave during a leave year on termination of the employment relationship is a fundamental social right that is necessarily implicit in the right to paid annual leave under Article 31(2). This principle was established in [judgment of 20 January 2009, Schultz-Hoff and Others (C‑350/06 and C‑520/06, EU:C:2009:18)] in respect of Article 7 and it should apply with equal force to Article 31(2)» (pagg. 861, § 31.60).


98      V., in tal senso, sentenza del 17 aprile 2018, Egenberger (C‑414/16, EU:C:2018:257, punto 81 e giurisprudenza ivi citata).


99      V., a tal proposito, Nivard, C., «L’effet direct de la charte sociale européenne», Revue des droits et libertés fondamentaux, 2012, cronaca n. 28. Cito, ad esempio, la sentenza del Conseil d’État (Consiglio di Stato, Francia), del 10 febbraio 2014, M. X, n. 358992, nonché la sentenza della Cour de cassation (Corte di cassazione, Francia) del 14 aprile 2010 (Cass. soc. no 09-60426 e 09-60429). Rilevo anche che l’articolo 2, paragrafo 3, della Carta sociale europea riveduta fa riferimento al diritto a «ferie annuali retribuite di almeno quattro settimane».


100      Riprendendo le parole di Tinière, R., «L’invocabilité des principes de la Charte des droits fondamentaux dans les litiges horizontaux », Revue des droits et libertés fondamentaux, 2014, chronique n° 14.