Language of document : ECLI:EU:C:2018:358

SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

31 maggio 2018 (*)

«Inadempimento di uno Stato – Raccolta e trattamento delle acque reflue urbane – Direttiva 91/271/CEE – Articoli 3, 4 e 10 – Sentenza della Corte che constata un inadempimento – Mancata esecuzione – Articolo 260, paragrafo 2, TFUE – Sanzioni pecuniarie – Penalità e somma forfettaria»

Nella causa C‑251/17,

avente ad oggetto il ricorso per inadempimento, ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE, proposto il 12 maggio 2017,

Commissione europea, rappresentata da E. Manhaeve e L. Cimaglia, in qualità di agenti,

ricorrente,

contro

Repubblica italiana, rappresentata da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da M. Russo e F. De Luca, avvocati dello Stato,

convenuta,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta da R. Silva de Lapuerta (relatore), presidente di sezione, C.G. Fernlund, J.‑C. Bonichot, S. Rodin ed E. Regan, giudici,

avvocato generale: E. Tanchev,

cancelliere: R. Şereş, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 28 febbraio 2018,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con il suo ricorso, la Commissione europea chiede che la Corte voglia:

–        dichiarare che la Repubblica italiana, avendo omesso di adottare tutte le misure necessarie all’esecuzione della sentenza del 19 luglio 2012, Commissione/Italia (C‑565/10, EU:C:2012:476, non pubblicata), è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 260, paragrafo 1, TFUE;

–        condannare la Repubblica italiana al pagamento di una penalità di EUR 346 922,40, meno un’eventuale riduzione come risultante dalla formula di degressività proposta, per ciascun giorno di ritardo nell’esecuzione della sentenza del 19 luglio 2012, Commissione/Italia (C‑565/10, EU:C:2012:476, non pubblicata), a decorrere dalla data in cui sarà pronunciata una sentenza nella presente causa e sino alla data in cui sarà stata data esecuzione alla sentenza del 19 luglio 2012, Commissione/Italia (C‑565/10, EU:C:2012:476, non pubblicata);

–        condannare la Repubblica italiana al pagamento di una somma forfettaria giornaliera di EUR 39 113,80, con un importo totale minimo di EUR 62 699 421,40, a decorrere dalla data di pronuncia della sentenza del 19 luglio 2012, Commissione/Italia (C‑565/10, EU:C:2012:476, non pubblicata), e sino alla data in cui sarà pronunciata una sentenza nella presente causa o sino alla data in cui sarà stata data esecuzione alla sentenza del 19 luglio 2012, Commissione/Italia (C‑565/10, EU:C:2012:476, non pubblicata), e

–        condannare la Repubblica italiana al pagamento delle spese processuali.

 Contesto normativo

2        Ai sensi dell’articolo 1, primo comma, della direttiva 91/271/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1991, concernente il trattamento delle acque reflue urbane (GU 1991, L 135, pag. 40), come modificata dal regolamento (CE) n. 1137/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 ottobre 2008 (GU 2008, L 311, pag. 1) (in prosieguo: la «direttiva 91/271»), tale direttiva concerne la raccolta, il trattamento e lo scarico delle acque reflue urbane, nonché il trattamento e lo scarico delle acque reflue originate da taluni settori industriali. Ai sensi del secondo comma del medesimo articolo 1, la direttiva in parola ha lo scopo di proteggere l’ambiente dalle ripercussioni negative provocate dagli scarichi di acque reflue urbane.

3        L’articolo 2 della direttiva 91/271 dispone quanto segue:

«Ai fini della presente direttiva si intende per:

1)      “Acque reflue urbane”: acque reflue domestiche o il miscuglio di acque reflue domestiche, acque reflue industriali e/o acque meteoriche di dilavamento.

(…)

4)      “Agglomerato”: area in cui la popolazione e/o le attività economiche sono sufficientemente concentrate così da rendere possibile la raccolta e il convogliamento delle acque reflue urbane verso un impianto di trattamento di acque reflue urbane o verso un punto di scarico finale.

5)      “Rete fognaria”: un sistema di condotte per la raccolta e il convogliamento delle acque reflue urbane.

6)      “1 a.e. (abitante equivalente)”: il carico organico biodegradabile, avente una richiesta biochimica di ossigeno a 5 giorni (BOD5) di 60 g di ossigeno al giorno.

(…)

8)      “Trattamento secondario”: trattamento delle acque reflue urbane mediante un processo che in genere comporta il trattamento biologico con sedimentazioni secondarie, o un altro processo in cui vengano rispettati i requisiti stabiliti nella tabella 1 dell’allegato I;

(…)».

4        L’articolo 3 della citata direttiva enuncia quanto segue:

«1. Gli Stati membri provvedono affinché tutti gli agglomerati siano provvisti di reti fognarie per le acque reflue urbane,

–        entro il 31 dicembre 2000 per quelli con un numero di abitanti equivalenti (a.e.) superiore a 15 000 e

–        entro il 31 dicembre 2005 per quelli con numero di a.e. compreso tra 2 000 e 15 000.

(…)

Laddove la realizzazione di una rete fognaria non sia giustificata o perché non presenterebbe vantaggi dal punto di vista ambientale o perché comporterebbe costi eccessivi, occorrerà avvalersi di sistemi individuali o di altri sistemi adeguati che raggiungano lo stesso livello di protezione ambientale.

2.      Le reti fognarie di cui al paragrafo 1 devono soddisfare i requisiti pertinenti dell’allegato I, sezione A. (…)».

5        L’articolo 4 della citata direttiva prevede quanto segue:

«1.      Gli Stati membri provvedono affinché le acque reflue urbane che confluiscono in reti fognarie siano sottoposte, prima dello scarico, ad un trattamento secondario o ad un trattamento equivalente, secondo le seguenti modalità:

–        al più tardi entro il 31 dicembre 2000 per tutti gli scarichi provenienti da agglomerati con oltre 15 000 a.e.;

–        entro il 31 dicembre 2005 per tutti gli scarichi provenienti da agglomerati con un numero di a.e. compreso tra 10 000 e 15 000;

–        entro il 31 dicembre 2005 per gli scarichi in acque dolci ed estuari provenienti da agglomerati con un numero di a.e. compreso tra 2 000 e 10 000.

(…)

3.      Gli scarichi provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane descritti ai paragrafi 1 e 2 devono soddisfare i requisiti pertinenti previsti all’allegato I, sezione B. (…)

4.      Il carico espresso in a.e. va calcolato sulla base del carico medio settimanale massimo in ingresso all’impianto di trattamento nel corso dell’anno escludendo situazioni inconsuete, quali quelle dovute a piogge abbondanti».

6        L’articolo 10 della medesima direttiva recita:

«Gli Stati membri provvedono affinché la progettazione, la costruzione, la gestione e la manutenzione degli impianti di trattamento delle acque reflue urbane realizzati per ottemperare ai requisiti fissati agli articoli da 4 a 7 siano condotte in modo da garantire prestazioni sufficienti nelle normali condizioni climatiche locali. La progettazione degli impianti deve tener conto delle variazioni stagionali di carico».

7        L’allegato I della direttiva 91/271, intitolato «Requisiti relativi alle acque reflue urbane», è così formulato:

«(…)

B.      Scarichi provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane ed immessi in acque recipienti (…)

1.      La progettazione o la modifica degli impianti di trattamento delle acque reflue va effettuata in modo da poter prelevare campioni rappresentativi sia delle acque reflue in arrivo sia dei liquami trattati, prima del loro scarico nelle acque recipienti.

2.      Gli scarichi provenienti dagli impianti di trattamento delle acque reflue urbane sottoposti a trattamento ai sensi degli articoli 4 e 5 devono soddisfare ai requisiti figuranti nella tabella 1.

(…)».

 Sentenza del 19 luglio 2012, Commissione/Italia (C565/10, EU:C:2012:476, non pubblicata)

8        Nella sua sentenza del 19 luglio 2012, Commissione/Italia (C‑565/10, EU:C:2012:476, non pubblicata), la Corte ha statuito che la Repubblica italiana, avendo omesso di prendere le disposizioni necessarie per garantire che 109 agglomerati situati nel territorio italiano fossero provvisti, a seconda dei casi, di reti fognarie per la raccolta delle acque reflue urbane e/o di sistemi di trattamento delle acque reflue urbane conformi alle prescrizioni dell’articolo 3, dell’articolo 4, paragrafi 1 e 3, nonché dell’articolo 10 della direttiva 91/271, è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza di tali disposizioni.

 Procedimento precontenzioso e procedimento dinanzi alla Corte

9        Nell’ambito del controllo dell’esecuzione della sentenza del 19 luglio 2012, Commissione/Italia (C‑565/10, EU:C:2012:476, non pubblicata), la Commissione ha chiesto alla Repubblica italiana, con lettera del 28 agosto 2012, informazioni in merito alle misure adottate ai fini dell’esecuzione di tale sentenza.

10      Con lettera del 29 ottobre 2012, detto Stato membro ha fornito alla Commissione una relazione dettagliata comprendente informazioni riguardanti gli agglomerati che avevano costituito l’oggetto della sentenza del 19 luglio 2012, Commissione/Italia (C‑565/10, EU:C:2012:476, non pubblicata).

11      In tale relazione, le autorità italiane hanno indicato, da un lato, che l’attuazione di numerosi interventi nel settore dei sistemi di raccolta e di trattamento delle acque reflue urbane aveva permesso di rendere vari agglomerati conformi alla direttiva 91/271 e, dall’altro lato, che la situazione di non conformità alla sentenza del 19 luglio 2012, Commissione/Italia (C‑565/10, EU:C:2012:476, non pubblicata), persisteva in un gran numero di agglomerati a motivo segnatamente di difficoltà nell’attuazione di riforme strutturali necessarie nel settore idrico.

12      Dopo aver esaminato tutte le informazioni fornite dalla Repubblica italiana, la Commissione ha chiesto a tale Stato membro chiarimenti ai quali quest’ultimo ha risposto mediante varie lettere e supplementi di informazione.

13      Ritenendo che la Repubblica italiana non avesse ancora adottato tutte le misure necessarie per conformarsi alla sentenza del 19 luglio 2012, Commissione/Italia (C‑565/10, EU:C:2012:476, non pubblicata), la Commissione ha inviato, l’11 dicembre 2015, una lettera di diffida al suddetto Stato membro, invitandolo a presentare le proprie osservazioni entro un termine di due mesi a partire dal ricevimento di tale lettera. In quest’ultima, la Commissione precisava che i sistemi di raccolta e di trattamento delle acque reflue urbane di 81 agglomerati costituenti l’oggetto della sentenza del 19 luglio 2012, Commissione/Italia (C‑565/10, EU:C:2012:476, non pubblicata), continuavano ad essere non conformi alle prescrizioni della direttiva 91/271.

14      Con lettera dell’11 febbraio 2016, la Repubblica italiana ha risposto alla suddetta lettera di diffida. In seguito, tale Stato membro ha altresì fatto pervenire alla Commissione varie comunicazioni contenenti un aggiornamento sullo stato di avanzamento dell’esecuzione della sentenza del 19 luglio 2012, Commissione/Italia (C‑565/10, EU:C:2012:476, non pubblicata).

15      Ritenendo che la messa in conformità con la sentenza del 19 luglio 2012, Commissione/Italia (C‑565/10, EU:C:2012:476, non pubblicata), fosse ancora insussistente per 80 agglomerati, la Commissione ha presentato l’odierno ricorso.

 Sulla ricevibilità del ricorso

 Argomenti delle parti

16      Nel suo controricorso, la Repubblica italiana ha eccepito l’irricevibilità del ricorso per quanto riguarda gli agglomerati situati nella regione Calabria, vale a dire Bagnara Calabra, Mesoraca, Montebello Ionico e Motta San Giovanni, nella regione Sicilia, ossia Gioiosa Marea, Machitella, Pace del Mela, Roccalumera e Rometta, nonché nella regione Friuli Venezia Giulia, più precisamente Cervignano del Friuli.

17      Infatti, secondo detto Stato membro, gli agglomerati in questione dovrebbero essere esclusi dal presente procedimento in quanto l’inadempimento constatato dalla sentenza del 19 luglio 2012, Commissione/Italia (C‑565/10, EU:C:2012:476, non pubblicata), riguardava soltanto agglomerati con un numero di abitanti equivalenti (a.e.) superiore a 15 000. Orbene, a seguito di cambiamenti intervenuti in una data successiva alla pronuncia della sentenza da eseguire, il carico generato da tali agglomerati sarebbe inferiore al valore di cui sopra.

18      In considerazione di tali circostanze, l’inclusione degli agglomerati in questione nel presente procedimento avrebbe come conseguenza di ampliare l’oggetto della controversia.

19      All’udienza, la Commissione ha concluso per il rigetto dell’eccezione di irricevibilità sollevata dalla Repubblica italiana.

 Giudizio della Corte

20      A questo proposito, occorre ricordare che il procedimento di cui all’articolo 260, paragrafo 2, TFUE dev’essere considerato come uno speciale procedimento giudiziario di esecuzione delle sentenze della Corte, in altri termini come un mezzo di esecuzione. Di conseguenza, nell’ambito di un procedimento siffatto possono essere trattati solo gli inadempimenti agli obblighi incombenti allo Stato membro in forza dei Trattati che la Corte, sulla base dell’articolo 258 TFUE, abbia giudicato fondati (sentenza del 2 dicembre 2014, Commissione/Italia, C‑196/13, EU:C:2014:2407, punto 32).

21      Nella sua sentenza del 19 luglio 2012, Commissione/Italia (C‑565/10, EU:C:2012:476, non pubblicata), la Corte ha constatato che la Repubblica italiana, avendo omesso di adottare le disposizioni necessarie per garantire che un gran numero di agglomerati, tra cui quelli indicati al punto 16 della presente sentenza, fossero provvisti di sistemi di raccolta e di trattamento delle acque reflue urbane, aveva violato gli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 3, dell’articolo 4, paragrafi 1 e 3, e dell’articolo 10 della direttiva 91/271.

22      Orbene, da un lato, l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 91/271 impone agli Stati membri di provvedere affinché tutti gli agglomerati siano provvisti di reti fognarie per la raccolta delle acque reflue urbane entro il 31 dicembre 2000, nel caso degli agglomerati con oltre 15 000 a.e., ed entro il 31 dicembre 2005, nel caso degli agglomerati con un numero di a.e. compreso tra 2 000 e 15 000.

23      Dall’altro lato, a norma dell’articolo 4, paragrafo 1, della citata direttiva, gli Stati membri devono provvedere affinché le acque reflue urbane che confluiscono nelle reti fognarie siano sottoposte, prima dello scarico, ad un trattamento secondario o ad un trattamento equivalente. Quest’ultimo obbligo avrebbe dovuto essere soddisfatto entro il 31 dicembre 2000 per tutti gli scarichi provenienti da agglomerati con più di 15 000 a.e., ed entro il 31 dicembre 2005 per gli scarichi provenienti da agglomerati con un numero di a.e. compreso tra 10 000 e 15 000, nonché per gli scarichi in acque dolci ed estuari provenienti da agglomerati con un numero di a.e. compreso tra 2 000 e 10 000.

24      Pertanto, poiché gli agglomerati con un numero di a.e. inferiore a 15 000 avrebbero dovuto essere provvisti di sistemi di raccolta e di trattamento delle acque reflue urbane entro il 31 dicembre 2005, la circostanza secondo cui, a seguito di cambiamenti intervenuti in una data successiva alla pronuncia della sentenza da eseguire, gli agglomerati indicati al punto 16 della presente sentenza avrebbero un numero di a.e. inferiore al valore suddetto non è tale – anche a supporla dimostrata – da liberare la Repubblica italiana dagli obblighi che le incombono in forza della direttiva 91/271, quali constatati dalla sentenza del 19 luglio 2012, Commissione/Italia (C‑565/10, EU:C:2012:476, non pubblicata).

25      Date tali circostanze, il ricorso proposto dalla Commissione deve essere considerato ricevibile nella sua interezza.

 Sull’inadempimento

 Argomenti delle parti

26      Nel suo ricorso, la Commissione sostiene che la Repubblica italiana non ha preso tutte le misure necessarie per ottemperare alla sentenza del 19 luglio 2012, Commissione/Italia (C‑565/10, EU:C:2012:476, non pubblicata), in quanto, alla scadenza del termine fissato nella lettera di diffida, ossia all’11 febbraio 2016, gli obblighi imposti dalla direttiva 91/271 risultavano ancora non rispettati negli 80 agglomerati seguenti: Lanciano‑Castel Frentano (regione Abruzzo), Acri, Siderno, Bagnara Calabra, Castrovillari, Crotone, Mesoraca, Montebello Ionico, Motta San Giovanni, Reggio Calabria, Rende, Sellia Marina, Soverato, Rossano (regione Calabria), Battipaglia, Benevento, Ischia, Casamicciola Terme, Forio, Napoli Est, Vico Equense (regione Campania), Cervignano del Friuli, Trieste‑Muggia‑San Dorligo (regione Friuli Venezia Giulia), Albenga, Rapallo, Recco (regione Liguria), Casamassima, Porto Cesareo, Taviano (regione Puglia), Avola, Palma di Montechiaro, Termini Imerese, Roccalumera, Adrano, Catania e altri, Palermo e zone limitrofe, Misterbianco e altri, Aci Catena, Giarre‑Mascali‑Riposto e altri, Caltagirone, Aci Castello, Acireale e altri, Belpasso, Gravina di Catania, San Giovanni La Punta, Agrigento, Porto Empedocle, Sciacca, Cefalù, Carini e Asi Palermo, Santa Flavia, Augusta, Carlentini, Scoglitti, Marsala, Messina 6, Pace del Mela, Ribera, Trabia, Scicli, Milazzo, Rometta, Ragusa, Palagonia, Consortile Sant’Agata Militello, Capo d’Orlando, Consortile Torregrotta, Gioiosa Marea, Macchitella, Patti, Castelvetrano, Mazara del Vallo, Furnari, Misilmeri, Campobello di Mazara, Triscina Marinella, Favara, Scordia‑Militello Val di Catania, Tremestieri Etneo e Niscemi (regione Sicilia).

27      Nel suo controricorso, la Repubblica italiana sottolinea, in primo luogo, che gli obblighi ad essa incombenti in forza delle disposizioni della direttiva 91/271 sono ormai rispettati negli agglomerati di Recco (regione Liguria), Taviano (regione Puglia), Avola, Palma di Montechiaro, nonché Termini Imerese (regione Sicilia).

28      In secondo luogo, il suddetto Stato membro aggiunge che gli interventi necessari per provvedere di reti fognarie e di sistemi di trattamento delle acque reflue urbane gli agglomerati di Lanciano Castel Frentano (regione Abruzzo), Vico Equense (regione Campania), Carlentini e Roccalumera (regione Sicilia) sono stati ultimati.

29      In terzo luogo, per quanto riguarda l’agglomerato di Cervignano del Friuli (regione Friuli Venezia Giulia), la Repubblica italiana espone, nel suo controricorso, che tale agglomerato ha costituito l’oggetto di una ridefinizione territoriale, dalla quale sono scaturiti tre agglomerati che devono essere presi in considerazione nell’ambito della presente causa, vale a dire Cervignano San Giorgio di Nogaro, Cervignano Carlino e Cervignano Cervignano. Secondo il suddetto Stato membro, i lavori destinati ad assicurare la messa in conformità di tale agglomerati con la direttiva 91/271 sono in corso per quanto riguarda l’agglomerato di Cervignano Cervignano e sono stati ultimati quanto agli agglomerati di Cervignano San Giorgio di Nogaro e di Cervignano Carlino.

30      Infine, per quanto riguarda gli altri agglomerati costituenti l’oggetto del presente ricorso, la Repubblica italiana non contesta l’esistenza dell’inadempimento addebitato e indica le misure e gli interventi in corso o previsti per conformarsi agli obblighi che le incombono in forza della direttiva 91/271.

 Giudizio della Corte

31      Al fine di stabilire se la Repubblica italiana abbia adottato tutte le misure necessarie per conformarsi alla sentenza del 19 luglio 2012, Commissione/Italia (C‑565/10, EU:C:2012:476, non pubblicata), occorre verificare se tale Stato membro abbia rispettato pienamente l’articolo 3, l’articolo 4, paragrafi 1 e 3, nonché l’articolo 10 della direttiva 91/271, più in particolare provvedendo gli agglomerati in questione di reti fognarie e di sistemi di trattamento delle acque reflue urbane conformi alle disposizioni sopra citate.

32      Per quanto riguarda la procedura di inadempimento ai sensi dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE, occorre assumere come data di riferimento per valutare l’esistenza di un inadempimento siffatto quella della scadenza del termine fissato nella lettera di diffida emessa a norma della disposizione di cui sopra (sentenza del 22 febbraio 2018, Commissione/Grecia, C‑328/16, EU:C:2018:98, punto 49).

33      Nel caso di specie, avendo la Commissione emesso la lettera di diffida in data 11 dicembre 2015, la data di riferimento per valutare l’esistenza dell’inadempimento è quella della scadenza del termine fissato in tale lettera, ossia l’11 febbraio 2016.

34      Orbene, è pacifico che, a quest’ultima data, la Repubblica italiana non aveva preso le misure necessarie per rispettare gli obblighi ad essa incombenti in forza dell’articolo 3, dell’articolo 4, paragrafi 1 e 3, nonché dell’articolo 10 della direttiva 91/271.

35      Infatti, risulta dal fascicolo sottoposto alla Corte che, alla scadenza del termine fissato nella lettera di diffida della Commissione, i sistemi di trattamento delle acque reflue urbane degli agglomerati di Avola, di Palma di Montechiaro e di Termini Imerese (regione Sicilia) non erano conformi all’articolo 4, paragrafo 3, della direttiva 91/271, letto in combinato disposto con l’allegato I, sezione B, di tale direttiva.

36      Per quanto riguarda le reti fognarie e i sistemi di trattamento delle acque reflue urbane degli agglomerati di Recco (regione Liguria), Lanciano Castel Frentano (regione Abruzzo), Vico Equense (regione Campania), Carlentini (regione Sicilia), Cervignano San Giorgio di Nogaro, Cervignano Cervignano e Cervignano Carlino (regione Friuli Venezia Giulia), è sufficiente constatare che, come risulta dalle indicazioni fornite dalla Repubblica italiana, alla scadenza del termine fissato nella suddetta lettera di diffida, i lavori destinati a realizzare una messa in conformità dei sistemi di tali agglomerati con la direttiva 91/271 non erano ultimati.

37      Per quanto riguarda l’agglomerato di Taviano (regione Puglia), relativamente al quale la Repubblica italiana sostiene che il 36% degli scarichi non raccolti viene trattato mediante sistemi individuali o altri sistemi adeguati che garantiscono un identico livello di protezione dell’ambiente, in conformità dell’articolo 3 della direttiva 91/271, occorre constatare che detto Stato membro non ha dimostrato né le ragioni per le quali la realizzazione di una rete fognaria non sarebbe giustificata nel caso di specie, né che i suddetti sistemi utilizzati assicurino effettivamente il livello di protezione ambientale richiesto dalla norma sopra citata. Ne consegue che, alla scadenza del termine impartito nella lettera di diffida, la raccolta della totalità delle acque reflue urbane dell’agglomerato summenzionato non veniva assicurata in conformità delle prescrizioni della direttiva 91/271.

38      Inoltre, è giocoforza constatare che l’impianto di depurazione dell’agglomerato di Roccalumera mirante ad assicurare il trattamento delle acque reflue urbane, in conformità dell’articolo 4 della direttiva 91/271, non era operativo alla scadenza del termine suddetto.

39      Per quanto riguarda, infine, gli altri agglomerati costituenti l’oggetto del presente ricorso, è pacifico che, come riconosciuto dalla Repubblica italiana nel suo controricorso, i sistemi di raccolta e di trattamento delle acque reflue urbane di tali agglomerati non erano conformi agli obblighi risultanti dalla direttiva 91/271.

40      Alla luce di tali circostanze, occorre constatare che la Repubblica italiana, non avendo adottato tutte le misure necessarie per l’esecuzione della sentenza del 19 luglio 2012, Commissione/Italia (C‑565/10, EU:C:2012:476, non pubblicata), è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza dell’articolo 260, paragrafo 1, TFUE.

 Sulle sanzioni pecuniarie

 Sulla penalità

 Argomenti delle parti

41      La Commissione propone alla Corte, in conformità dell’articolo 260, paragrafo 2, TFUE, e sulla base della propria comunicazione del 13 dicembre 2005, intitolata «Applicazione dell’articolo [260 TFUE]»[SEC(2005) 1658], come aggiornata dalla comunicazione della Commissione del 9 agosto 2016, intitolata «Aggiornamento dei dati utilizzati per il calcolo delle somme forfettarie e delle penalità che la Commissione propone alla Corte di giustizia nell’ambito dei procedimenti d’infrazione» [C(2016) 5091 final] (in prosieguo: la «comunicazione del 13 dicembre 2005»), di condannare la Repubblica italiana al pagamento di una penalità.

42      In tale contesto, la Commissione afferma che la fissazione dell’importo della penalità deve fondarsi su tre criteri, vale a dire la gravità dell’inadempimento, la durata di quest’ultimo e la necessità di assicurare un effetto dissuasivo della sanzione stessa.

43      Per quanto riguarda, anzitutto, la gravità dell’inadempimento, la Commissione ricorda l’importanza della direttiva 91/271 dal punto di vista della protezione ambientale, nonché la particolare gravità delle violazioni di tale normativa. Detta istituzione rileva anche che l’esecuzione incompleta della sentenza del 19 luglio 2012, Commissione/Italia (C‑565/10, EU:C:2012:476, non pubblicata), comporta gravi rischi di inquinamento ambientale, che possono avere gravi conseguenze per la salute umana.

44      Inoltre, la Commissione sottolinea, nel suo ricorso, che 80 dei 109 agglomerati che hanno costituito l’oggetto della sentenza del 19 luglio 2012, Commissione/Italia (C‑565/10, EU:C:2012:476, non pubblicata), non risultano ancora conformi agli articoli 3, 4 e 10 della direttiva 91/271.

45      Tuttavia, all’udienza, la Commissione ha riconosciuto, alla luce delle informazioni fornite dalle autorità italiane, che altri otto agglomerati si erano conformati alle prescrizioni della direttiva 91/271 in una data successiva a quella della scadenza del termine fissato nella lettera di diffida, vale a dire gli agglomerati di Avola, Palma di Montechiaro, Termini Imerese (regione Sicilia), Recco (regione Liguria), Cervignano San Giorgio di Nogaro, Cervignano Carlino (regione Friuli Venezia Giulia), Lanciano Castel Frentano (regione Abruzzo) e Vico Equense (regione Campania).

46      La Commissione sostiene, inoltre, che i notevoli sforzi profusi dalle autorità italiane al fine di ridurre il numero di agglomerati in situazione di non conformità, nonché l’adozione di numerose misure, tra cui considerevoli investimenti finanziari e l’esercizio di un potere sostitutivo da parte del governo in alcuni casi di inerzia delle autorità competenti o di ritardi a livello locale, costituiscono circostanze attenuanti nell’ambito della presente causa.

47      Per contro, l’istituzione suddetta menziona circostanze aggravanti quali l’incertezza in merito alla data effettiva dell’esecuzione integrale della sentenza del 19 luglio 2012, Commissione/Italia (C‑565/10, EU:C:2012:476, non pubblicata), la chiarezza delle disposizioni violate, il mancato rispetto dei calendari presentati dalle autorità italiane nella corrispondenza indirizzata alla Commissione, il gran numero di agglomerati i cui sistemi di raccolta e di trattamento delle acque reflue urbane sono ancora non conformi e, infine, il ripetersi delle violazioni da parte di tale Stato membro in materia di rispetto della normativa dell’Unione nel settore delle acque reflue urbane.

48      Alla luce di tali considerazioni, la Commissione propone di applicare sanzioni calcolate sulla base di un coefficiente di gravità di 11, su una scala da 1 a 20.

49      Per quanto riguarda poi la durata dell’inadempimento, la Commissione sottolinea che la Corte ha emesso la sentenza Commissione/Italia (C‑565/10, EU:C:2012:476, non pubblicata) il 19 luglio 2012, mentre la Commissione ha deciso di proporre un ricorso ex articolo 260, paragrafo 2, TFUE in data 8 dicembre 2016. Stante che il periodo trascorso tra la data della pronuncia di detta sentenza e quella della presentazione dell’odierno ricorso è di 52 mesi, la Commissione chiede che il coefficiente relativo alla durata dell’infrazione venga fissato a 3, su una scala da 1 a 3.

50      Infine, per quanto riguarda la capacità di pagamento dello Stato membro perseguito, presa in considerazione tramite il fattore «n», la Commissione indica che tale fattore relativo alla Repubblica italiana è fissato a 15,46.

51      Al fine di calcolare l’importo della penalità sulla base della comunicazione del 13 dicembre 2005, la Commissione ha moltiplicato l’importo forfettario di base, ammontante a EUR 680, per il coefficiente di gravità, il coefficiente di durata e il fattore «n». Quindi, nel caso di specie, la Commissione propone, nel suo ricorso, una penalità giornaliera dell’ammontare di EUR 346 922,40, che è stata ridotta ad un importo di EUR 318 952,29 all’udienza, in considerazione della messa in conformità di otto agglomerati dopo la scadenza del termine fissato nella lettera di diffida.

52      Tuttavia, la Commissione reputa che occorra ridurre progressivamente la penalità in funzione dei progressi realizzati nell’esecuzione della sentenza del 19 luglio 2012, Commissione/Italia (C‑565/10, EU:C:2012:476, non pubblicata). Detta istituzione propone dunque di applicare una penalità giornaliera decrescente, il cui importo effettivo verrebbe calcolato ogni sei mesi, riducendo l’importo complessivo relativo a ciascuno di questi periodi di una quota percentuale corrispondente alla percentuale che rappresenta il numero di a.e. degli agglomerati i cui sistemi di raccolta e di trattamento delle acque reflue urbane sono stati messi in conformità con quanto statuito dalla sentenza del 19 luglio 2012, Commissione/Italia (C‑565/10, EU:C:2012:476, non pubblicata), in rapporto al numero di a.e. complessivi degli agglomerati non conformi a tale pronuncia.

53      A quest’ultimo proposito, la Commissione indica, nel suo ricorso, che il numero totale di a.e. degli agglomerati non conformi era di 6 523 109. All’udienza, detta istituzione ha precisato che, tenuto conto dei progressi compiuti dalla Repubblica italiana nel corso del presente procedimento, il numero di a.e. degli agglomerati non conformi ammonta a 5 995 371.

54      La Commissione sottolinea, nondimeno, che l’applicazione di tale riduzione dovrebbe aver luogo soltanto qualora la Repubblica italiana le trasmetta degli elementi che dimostrino il raggiungimento della conformità negli agglomerati interessati.

55      La Repubblica italiana sostiene, in via principale, che la domanda della Commissione intesa ad ottenere la condanna al pagamento cumulativo di una penalità e di una somma forfettaria è sproporzionata.

56      In ogni caso, detto Stato membro contesta il metodo di calcolo dell’importo della penalità proposto dalla Commissione, e in particolare le valutazioni della Commissione in merito alla gravità e alla durata dell’infrazione.

57      A questo proposito, riguardo alla gravità dell’infrazione, lo Stato membro interessato fa valere che il coefficiente di 11 (su una scala da 1 a 20) proposto dalla Commissione nella presente causa è sproporzionato. La Commissione non avrebbe tenuto conto, in primo luogo, della complessità delle operazioni materiali da effettuare, in secondo luogo, del rispetto del principio di leale cooperazione, in terzo luogo, dello sforzo finanziario considerevole profuso dalle autorità italiane e, in ultimo luogo, dei notevoli progressi verificati in questi ultimi anni nell’esecuzione della sentenza del 19 luglio 2012, Commissione/Italia (C‑565/10, EU:C:2012:476, non pubblicata), che hanno permesso la significativa riduzione del numero di agglomerati non conformi.

58      Inoltre, la Repubblica italiana fa valere, da un lato, che la violazione addebitata dalla Commissione non rientra tra quelle considerate come «molto gravi» dalla comunicazione del 13 dicembre 2005 e che non consta la sussistenza di un danno ambientale derivante dall’inadempimento. Dall’altro lato, detto Stato membro fa valere difficoltà interne nell’esecuzione delle riforme strutturali nel settore idrico su tutto il territorio nazionale.

59      Quanto alla durata dell’infrazione, secondo la Repubblica italiana, il tempo trascorso dalla pronuncia della sentenza del 19 luglio 2012, Commissione/Italia (C‑565/10, EU:C:2012:476, non pubblicata), fino al presente procedimento non deve essere considerato eccessivo. Nel caso di specie, non si tratterebbe di eliminare semplicemente una disposizione contraria al diritto dell’Unione, bensì di attuare riforme nell’ambito di una situazione di fatto complessa.

60      La Repubblica italiana contesta altresì la base temporale di calcolo proposta dalla Commissione. A questo proposito, detto Stato membro ritiene irragionevole quantificare la penalità su una base giornaliera, dato che la messa in conformità nel caso di specie dipende da riforme strutturali nel settore idrico, la cui realizzazione richiede vari mesi. Secondo la Repubblica italiana, l’importo della penalità dovrebbe essere calcolato su base semestrale.

61      Quanto al carattere degressivo della penalità, la Repubblica italiana sostiene di condividere la proposta della Commissione consistente nel prevedere un coefficiente di riduzione in ragione dello stato di avanzamento dell’ottemperanza alla sentenza del 19 luglio 2012, Commissione/Italia (C‑565/10, EU:C:2012:476, non pubblicata), ma ritiene che tale coefficiente debba essere fondato unicamente sul numero di a.e. progressivamente serviti da impianti messi in conformità, indipendentemente dalla conformità piena dell’intero agglomerato di riferimento.

62      In ogni caso, la Repubblica italiana sostiene che, poiché la sentenza del 19 luglio 2012, Commissione/Italia (C‑565/10, EU:C:2012:476, non pubblicata), non potrà essere eseguita prima del mese di dicembre 2021, la penalità eventualmente imposta dovrebbe decorrere soltanto a partire da quest’ultima data.

 Giudizio della Corte

63      In via preliminare, occorre ricordare che spetta alla Corte, in ciascuna causa e in funzione delle circostanze del caso di specie sottoposto al suo esame, nonché del livello di persuasione e di dissuasione che le appare necessario, stabilire le sanzioni pecuniarie appropriate, in particolare per prevenire il ripetersi di analoghe infrazioni al diritto dell’Unione (sentenza del 2 dicembre 2014, Commissione/Italia, C‑196/13, EU:C:2014:2407, punto 86).

64      Secondo una costante giurisprudenza della Corte, l’inflizione di una penalità è giustificata, in linea di principio, soltanto se l’inadempimento relativo alla mancata esecuzione di una precedente sentenza perdura fino all’esame dei fatti da parte della Corte (v., in particolare, sentenza del 22 febbraio 2018, Commissione/Grecia, C‑328/16, EU:C:2018:98, punto 82).

65      Nel caso di specie, occorre constatare che, alla data dell’udienza dinanzi alla Corte, le misure necessarie per l’esecuzione della sentenza del 19 luglio 2012, Commissione/Italia (C‑565/10, EU:C:2012:476, non pubblicata), non erano ancora state integralmente adottate.

66      Infatti, se certo, come la Commissione ha ammesso in udienza, risulta dalle informazioni fornite dalla Repubblica italiana che i sistemi di raccolta e di trattamento delle acque reflue urbane degli agglomerati di Avola, Palma di Montechiaro, Termini Imerese (regione Sicilia), Recco (regione Liguria), Cervignano San Giorgio di Nogaro, Cervignano Carlino (regione Friuli Venezia Giulia), Lanciano Castel Frentano (regione Abruzzo) e Vico Equense (regione Campania) sono ormai conformi agli obblighi imposti dalla direttiva 91/271, per contro, i sistemi degli altri 74 agglomerati contemplati dal presente ricorso continuano a non soddisfare tali obblighi.

67      Date tali circostanze, la Corte considera che la condanna della Repubblica italiana al pagamento di una penalità costituisce uno strumento finanziario appropriato al fine di sollecitare tale Stato membro ad adottare le misure necessarie per porre fine all’inadempimento constatato e per garantire l’integrale esecuzione della sentenza del 19 luglio 2012, Commissione/Italia (C‑565/10, EU:C:2012:476, non pubblicata).

68      Risulta da una costante giurisprudenza della Corte che la penalità deve essere stabilita in funzione del grado di persuasione necessario affinché lo Stato membro che ha mancato di eseguire una sentenza di constatazione di un inadempimento modifichi il proprio comportamento e ponga fine all’infrazione addebitata (sentenza del 22 febbraio 2018, Commissione/Grecia, C‑328/16, EU:C:2018:98, punto 89 e la giurisprudenza ivi citata).

69      Nell’esercizio del suo potere discrezionale in materia, incombe alla Corte fissare la penalità in modo tale che essa sia, da una parte, adeguata alle circostanze e, dall’altra, proporzionata all’inadempimento constatato nonché alla capacità di pagamento dello Stato membro interessato (sentenza del 22 febbraio 2018, Commissione/Grecia, C‑328/16, EU:C:2018:98, punto 90).

70      Le proposte della Commissione in merito alla penalità non possono vincolare la Corte e costituiscono soltanto un’utile base di riferimento. Allo stesso modo, orientamenti come quelli contenuti nelle comunicazioni della Commissione non vincolano la Corte, ma contribuiscono a garantire la trasparenza, la prevedibilità e la certezza giuridica dell’azione condotta dalla Commissione stessa quando questa formula proposte alla Corte. Infatti, nell’ambito di un procedimento ex articolo 260, paragrafo 2, TFUE, relativo a un inadempimento che persista da parte di uno Stato membro malgrado che tale inadempimento sia già stato constatato in occasione di una prima sentenza pronunciata ai sensi dell’articolo 258 TFUE, la Corte deve restare libera di fissare la penalità nell’ammontare e nella forma che considera adeguati per sollecitare detto Stato membro a porre termine alla mancata esecuzione degli obblighi derivanti dalla summenzionata prima sentenza della Corte (sentenza del 22 febbraio 2018, Commissione/Grecia, C‑328/16, EU:C:2018:98, punto 91).

71      Ai fini della fissazione dell’importo della penalità, i criteri di base da prendere in considerazione per garantire la natura coercitiva di quest’ultima, in vista di un’applicazione uniforme ed effettiva del diritto dell’Unione, sono, in linea di principio, la gravità dell’infrazione, la durata della stessa e la capacità di pagamento dello Stato membro in questione. Per l’applicazione di tali criteri, occorre tener conto, in particolare, delle conseguenze della mancata esecuzione sugli interessi privati e pubblici in gioco, nonché dell’urgenza sentita quanto al fatto che lo Stato membro interessato ottemperi ai propri obblighi (sentenza del 22 febbraio 2018, Commissione/Grecia, C‑328/16, EU:C:2018:98, punto 92).

72      In primo luogo, per quanto riguarda la gravità dell’infrazione, occorre ricordare, da un lato, che, come risulta dall’articolo 1, secondo comma, della direttiva 91/271, quest’ultima ha lo scopo di proteggere l’ambiente dalle ripercussioni negative provocate dagli scarichi di acque reflue urbane. L’assenza o l’insufficienza di sistemi di raccolta o di trattamento delle acque reflue urbane rischia di arrecare danni all’ambiente e deve essere considerata come particolarmente grave (v., in tal senso, sentenze del 15 ottobre 2015, Commissione/Grecia, C‑167/14, EU:C:2015:684, non pubblicata, punto 55, e del 22 giugno 2016, Commissione/Portogallo, C‑557/14, EU:C:2016:471, punto 71).

73      Dall’altro lato, l’entità del danno all’ambiente dipende, in larga misura, dal numero di agglomerati interessati dall’inadempimento addebitato (sentenza del 22 febbraio 2018, Commissione/Grecia, C‑328/16, EU:C:2018:98, punto 97).

74      Nel caso di specie, il numero di agglomerati per i quali la Repubblica italiana non ha fornito, alla data dell’udienza, la prova dell’esistenza di sistemi di raccolta e di trattamento delle acque reflue urbane conformi alla direttiva 91/271 – numero pari a 74 – è significativo. Tuttavia, tale numero è stato leggermente ridotto rispetto a quello degli agglomerati che non disponevano di tali sistemi di raccolta e di trattamento conformi alla direttiva 91/271, menzionati nella sentenza del 19 luglio 2012, Commissione/Italia (C‑565/10, EU:C:2012:476, non pubblicata), che era di 109.

75      Pertanto, se certo il danno all’ambiente è diminuito rispetto a quello risultante dall’inadempimento iniziale constatato nella sentenza del 19 luglio 2012, Commissione/Italia (C‑565/10, EU:C:2012:476, non pubblicata), è però giocoforza constatare che tale danno rimane rilevante.

76      Inoltre, risulta dal fascicolo sottoposto alla Corte che la Repubblica italiana ha dato corso a sforzi di investimento rilevanti al fine di eseguire la sentenza del 19 luglio 2012, Commissione/Italia (C‑565/10, EU:C:2012:476, non pubblicata).

77      Tuttavia, occorre considerare come aggravante la circostanza che l’esecuzione integrale della sentenza del 19 luglio 2012, Commissione/Italia (C‑565/10, EU:C:2012:476, non pubblicata), avverrà, secondo le indicazioni contenute nel controricorso della Repubblica italiana, soltanto nel corso dell’anno 2023, il che equivale ad un ritardo di 23 anni, dato che, in alcuni agglomerati oggetto del presente ricorso, la messa in conformità dei sistemi di raccolta e di trattamento secondario delle acque reflue urbane con le disposizioni della direttiva 91/271 avrebbe dovuto essere realizzata al più tardi entro il 31 dicembre 2000.

78      In secondo luogo, per quanto riguarda la durata dell’infrazione che ha giustificato l’adizione della Corte, essa deve essere valutata prendendo in considerazione il momento in cui la Corte valuta i fatti, e non quello in cui quest’ultima viene adita dalla Commissione (sentenza del 22 febbraio 2018, Commissione/Grecia, C‑328/16, EU:C:2018:98, punto 99). Orbene, nel caso di specie, la durata dell’infrazione, che è di quasi sei anni a partire dalla data della pronuncia della sentenza del 19 luglio 2012, Commissione/Italia (C‑565/10, EU:C:2012:476, non pubblicata), è considerevole.

79      Infatti, benché l’articolo 260, paragrafo 1, TFUE non precisi il termine entro il quale l’esecuzione di una sentenza deve avvenire, l’interesse collegato a un’applicazione immediata e uniforme del diritto dell’Unione esige, secondo una giurisprudenza consolidata della Corte, che tale esecuzione venga avviata immediatamente e sia completata nel più breve termine possibile (sentenza del 22 febbraio 2018, Commissione/Grecia, C‑328/16, EU:C:2018:98, punto 100 e la giurisprudenza ivi citata).

80      Le giustificazioni invocate in proposito dalla Repubblica italiana, e in particolare il fatto che il ritardo nell’esecuzione di detta sentenza sarebbe dovuto alla necessità di mettere in campo riforme strutturali nel settore idrico, non possono trovare accoglimento, in quanto, in conformità di una consolidata giurisprudenza della Corte, uno Stato membro non può eccepire difficoltà di ordine interno per giustificare la mancata osservanza degli obblighi derivanti dal diritto dell’Unione (v., in particolare, sentenza del 22 febbraio 2018, Commissione/Grecia, C‑328/16, EU:C:2018:98, punto 53 e la giurisprudenza ivi citata).

81      In terzo luogo, per quanto riguarda la capacità di pagamento dello Stato membro di cui trattasi, risulta dalla giurisprudenza della Corte che occorre tenere conto dell’evoluzione recente del prodotto interno lordo di tale Stato, quale essa si presenta alla data dell’esame dei fatti da parte della Corte (sentenze del 22 giugno 2016, Commissione/Portogallo, C‑557/14, EU:C:2016:471, punto 78, e del 22 febbraio 2018, Commissione/Grecia, C‑328/16, EU:C:2018:98, punto 101).

82      Inoltre, la Commissione ha proposto alla Corte di ridurre progressivamente la penalità in funzione dei progressi realizzati nell’esecuzione della sentenza del 19 luglio 2012, Commissione/Italia (C‑565/10, EU:C:2012:476, non pubblicata).

83      A questo proposito, occorre ricordare che, anche se, per garantire la piena esecuzione della sentenza della Corte, la penalità deve essere richiesta nella sua interezza fintantoché lo Stato membro non abbia adottato tutte le misure necessarie per porre termine all’inadempimento constatato, in taluni casi specifici può nondimeno ipotizzarsi una sanzione che tenga conto dei progressi eventualmente realizzati dallo Stato membro nell’esecuzione dei propri obblighi (v., in particolare, sentenza del 22 febbraio 2018, Commissione/Grecia, C‑328/16, EU:C:2018:98, punto 103).

84      Nel caso di specie, la Commissione propone di prendere in considerazione, per il calcolo dell’importo della penalità, la progressiva riduzione del numero di a.e. degli agglomerati non conformi alla direttiva 91/271, il che permetterebbe di tener conto dei progressi realizzati dalla Repubblica italiana nell’esecuzione della sentenza del 19 luglio 2012, Commissione/Italia (C‑565/10, EU:C:2012:476, non pubblicata), nonché del principio di proporzionalità.

85      Risulta dal fascicolo sottoposto alla Corte che, alla data dell’udienza, ossia al 28 febbraio 2018, il numero di a.e. degli agglomerati non provvisti di sistemi di raccolta e di trattamento delle acque reflue urbane conformi alle pertinenti disposizioni della direttiva 91/271 era di 5 995 371.

86      Tenuto conto di tutte le circostanze della presente causa, la Corte reputa appropriata l’inflizione di una penalità a carattere degressivo dell’ammontare di EUR 165 000 al giorno.

87      Per quanto riguarda la periodicità della penalità, la componente degressiva di quest’ultima viene fissata, in conformità della proposta della Commissione, su una base semestrale, per il fatto che la produzione della prova della conformità alla direttiva 91/271 può esigere un certo lasso di tempo, nonché per tener conto dei progressi eventualmente realizzati dallo Stato membro convenuto. Pertanto, occorrerà ridurre l’importo complessivo relativo a ciascuno di questi periodi di una quota percentuale corrispondente alla percentuale che rappresenta il numero di a.e. degli agglomerati i cui sistemi di raccolta e di trattamento delle acque reflue urbane sono stati messi in conformità con quanto statuito dalla sentenza del 19 luglio 2012, Commissione/Italia (C‑565/10, EU:C:2012:476, non pubblicata) (v., in tal senso, sentenza del 15 ottobre 2015, Commissione/Grecia, C‑167/14, EU:C:2015:684, non pubblicata, punto 66).

88      Occorre dunque condannare la Repubblica italiana a pagare alla Commissione una penalità di EUR 30 112 500 per ciascun semestre di ritardo nell’attuazione delle misure necessarie per ottemperare alla sentenza del 19 luglio 2012, Commissione/Italia (C‑565/10, EU:C:2012:476, non pubblicata), a partire dalla data della pronuncia della presente sentenza e fino all’esecuzione integrale della sentenza del 19 luglio 2012, Commissione/Italia (C‑565/10, EU:C:2012:476, non pubblicata), penalità il cui importo effettivo deve essere calcolato alla fine di ciascun periodo di sei mesi riducendo l’importo complessivo relativo a ciascuno di questi periodi di una quota percentuale corrispondente alla percentuale che rappresenta il numero di a.e. degli agglomerati i cui sistemi di raccolta e di trattamento delle acque reflue urbane sono stati messi in conformità con quanto statuito dalla sentenza del 19 luglio 2012, Commissione/Italia (C‑565/10, EU:C:2012:476, non pubblicata), alla fine del periodo considerato, in rapporto al numero di a.e. degli agglomerati che non dispongono di tali sistemi al giorno della pronuncia della presente sentenza.

 Sulla somma forfettaria

 Argomenti delle parti

89      Per quanto riguarda la somma forfettaria, la Commissione reputa che l’importo adeguato da infliggere alla Repubblica italiana per ciascun giorno trascorso dal giorno della pronuncia della sentenza del 19 luglio 2012, Commissione/Italia (C‑565/10, EU:C:2012:476, non pubblicata), fino alla data della pronuncia della sentenza nella presente causa ovvero fino alla data in cui il suddetto Stato membro eseguirà integralmente la citata sentenza del 19 luglio 2012, Commissione/Italia (C‑565/10, EU:C:2012:476, non pubblicata), ammonti a EUR 39 113,80. Tale cifra verrebbe ottenuta moltiplicando l’importo forfettario di base uniforme di EUR 230 per il coefficiente di gravità e per il fattore «n».

90      Conformemente alla prassi seguita dalla Commissione, quest’ultima ha altresì verificato se la somma forfettaria fondata sull’importo giornaliero superasse la somma forfettaria minima fissata per la Repubblica italiana nella comunicazione del 13 dicembre 2005. Detta istituzione ha così calcolato la somma forfettaria a partire dalla pronuncia della sentenza del 19 luglio 2012, Commissione/Italia (C‑565/10, EU:C:2012:476, non pubblicata), fino alla data della decisione della Commissione di presentare l’odierno ricorso, ossia fino all’8 dicembre 2016.

91      A tal fine, la Commissione fa presente che, essendo trascorsi 1 603 giorni tra le due date suddette, la somma forfettaria complessiva calcolata alla data della decisione di presentare l’odierno ricorso ammonta a EUR 62 699 421,40. Poiché tale importo è più elevato della somma forfettaria minima fissata per la Repubblica italiana nella comunicazione del 13 dicembre 2005, pari a EUR 8 716 000, la Commissione ritiene che occorra fissare la somma forfettaria giornaliera nella misura di EUR 39 113,80 al giorno, con un importo complessivo minimo di EUR 62 699 421,40.

92      Tuttavia, al fine di tener conto degli sviluppi intervenuti nel corso del presente procedimento, la Commissione ha proposto, all’udienza, di mantenere un importo giornaliero della somma forfettaria nella misura di EUR 39 113,80 per il periodo compreso tra la pronuncia della sentenza del 19 luglio 2012, Commissione/Italia (C‑565/10, EU:C:2012:476, non pubblicata), e la data di ricevimento del controricorso, nella misura di EUR 36 975,86 per il periodo compreso tra la data di ricevimento del controricorso e la data dell’udienza, e, infine, nella misura di EUR 35 947,37 per il periodo compreso tra la data dell’udienza e la data della pronuncia della sentenza nella presente causa.

93      La Repubblica italiana sostiene che l’inflizione di una somma forfettaria non è giustificata nel caso di specie. Infatti, tenuto conto dell’impossibilità oggettiva di detto Stato membro di eseguire gli obblighi imposti dalla direttiva 91/271 nel corso del presente procedimento, l’imposizione di una sanzione siffatta non avrebbe alcun effetto dissuasivo.

94      Tuttavia, per il caso in cui la Corte decidesse di condannare la Repubblica italiana al pagamento di una somma forfettaria, detto Stato membro osserva, da un lato, che tale somma non deve essere cumulata con una penalità e, dall’altro, che il giorno da prendere in considerazione come dies a quo per il calcolo della somma forfettaria non può essere quello della pronuncia della sentenza del 19 luglio 2012, Commissione/Italia (C‑565/10, EU:C:2012:476, non pubblicata), in quanto l’esecuzione di tale sentenza poteva intervenire soltanto successivamente a tale data, dopo la scadenza di un termine ragionevole.

95      Ad ogni modo, fondandosi su argomenti identici a quelli fatti valere in riferimento alla penalità, ai punti da 56 a 60 della presente sentenza, in merito alla gravità e alla durata dell’infrazione, la Repubblica italiana contesta l’importo della somma forfettaria determinato dalla Commissione.

 Giudizio della Corte

96      Occorre ricordare, in via preliminare, che la Corte è legittimata, nell’esercizio del potere discrezionale che le è attribuito nella materia in esame, ad imporre, cumulativamente, una penalità ed una somma forfettaria (v., in particolare, sentenza del 22 febbraio 2018, Commissione/Grecia, C‑328/16, EU:C:2018:98, punto 116).

97      La condanna al pagamento di una somma forfettaria e la fissazione dell’eventuale importo di quest’ultima devono, in ciascun caso di specie, essere correlati all’insieme degli elementi pertinenti relativi sia alle caratteristiche dell’inadempimento constatato sia al comportamento specifico dello Stato membro interessato dal procedimento avviato in base all’articolo 260 TFUE. A questo proposito, tale articolo attribuisce alla Corte un ampio potere discrezionale per quanto riguarda la decisione di infliggere o no una siffatta sanzione e la determinazione, eventualmente, dell’importo della stessa (sentenza del 22 febbraio 2018, Commissione/Grecia, C‑328/16, EU:C:2018:98, punto 117).

98      Nella presente causa, l’insieme degli elementi di diritto e di fatto che hanno portato alla constatazione dell’inadempimento esaminato, e segnatamente il numero significativo di agglomerati i cui sistemi di raccolta e di trattamento delle acque reflue urbane sono ancora non conformi alle prescrizioni della direttiva 91/271, nonché la circostanza che la Corte, nelle sentenze del 25 aprile 2002, Commissione/Italia (C‑396/00, EU:C:2002:261), del 30 novembre 2006, Commissione/Italia (C‑293/05, EU:C:2006:750, non pubblicata), e del 10 aprile 2014, Commissione/Italia (C‑85/13, EU:C:2014:251, non pubblicata), ha già constatato l’inadempimento della Repubblica italiana agli obblighi ad essa incombenti in materia di raccolta e di trattamento delle acque reflue urbane, costituiscono indicatori del fatto che la prevenzione effettiva del futuro ripetersi di analoghe infrazioni al diritto dell’Unione è suscettibile di richiedere l’adozione di una misura dissuasiva, come la condanna al pagamento di una somma forfettaria (v., per analogia, sentenza del 22 febbraio 2018, Commissione/Grecia, C‑328/16, EU:C:2018:98, punto 118).

99      Date tali circostanze, spetta alla Corte, nell’esercizio del suo potere discrezionale, stabilire l’importo di tale somma forfettaria in modo che questa sia, da un lato, adeguata alle circostanze e, dall’altro, proporzionata all’infrazione commessa (sentenza del 22 febbraio 2018, Commissione/Grecia, C‑328/16, EU:C:2018:98, punto 119).

100    Tra i fattori pertinenti al riguardo figurano, in particolare, elementi quali la gravità dell’infrazione constatata ed il periodo durante il quale la stessa si è protratta a partire dalla pronuncia della sentenza che l’ha constatata (sentenza del 22 febbraio 2018, Commissione/Grecia, C‑328/16, EU:C:2018:98, punto 120).

101    Le circostanze del caso di specie da prendere in conto risultano in particolare dalle considerazioni esposte ai punti da 72 a 81 della presente sentenza, relative alla gravità e alla durata dell’infrazione nonché alla capacità di pagamento dello Stato membro interessato.

102    Alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono, costituisce un’equa valutazione delle circostanze del caso di specie la fissazione ad EUR 25 milioni dell’importo della somma forfettaria che la Repubblica italiana dovrà pagare.

103    Di conseguenza, occorre condannare la Repubblica italiana a pagare alla Commissione la somma forfettaria di EUR 25 milioni.

 Sulle spese

104    Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ha concluso per la condanna della Repubblica italiana al pagamento delle spese e l’inadempimento è stato constatato, occorre condannare tale Stato membro alle spese.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara e statuisce:

1)      La Repubblica italiana, non avendo adottato tutte le misure necessarie per l’esecuzione della sentenza del 19 luglio 2012, Commissione/Italia (C565/10, EU:C:2012:476, non pubblicata), è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza dell’articolo 260, paragrafo 1, TFUE.

2)      Nel caso in cui l’inadempimento constatato al punto 1 persista al giorno della pronuncia della presente sentenza, la Repubblica italiana è condannata a pagare alla Commissione europea una penalità di EUR 30 112 500 per ciascun semestre di ritardo nell’attuazione delle misure necessarie per ottemperare alla sentenza del 19 luglio 2012, Commissione/Italia (C565/10, EU:C:2012:476, non pubblicata), a partire dalla data della pronuncia della presente sentenza e fino all’esecuzione integrale della sentenza del 19 luglio 2012, Commissione/Italia (C565/10, EU:C:2012:476, non pubblicata), penalità il cui importo effettivo deve essere calcolato alla fine di ciascun periodo di sei mesi riducendo l’importo complessivo relativo a ciascuno di questi periodi di una quota percentuale corrispondente alla percentuale che rappresenta il numero di abitanti equivalenti degli agglomerati i cui sistemi di raccolta e di trattamento delle acque reflue urbane sono stati messi in conformità con quanto statuito dalla sentenza del 19 luglio 2012, Commissione/Italia (C565/10, EU:C:2012:476, non pubblicata), alla fine del periodo considerato, in rapporto al numero di abitanti equivalenti degli agglomerati che non dispongono di tali sistemi al giorno della pronuncia della presente sentenza.

3)      La Repubblica italiana è condannata a pagare alla Commissione europea una somma forfettaria di EUR 25 milioni.


4)      La Repubblica italiana è condannata alle spese.

Silva de Lapuerta

Fernlund

Bonichot

Rodin

 

Regan

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 31 maggio 2018.

Il cancelliere

 

Il presidente della Prima Sezione

A. Calot Escobar

 

R. Silva de Lapuerta


*      Lingua processuale: l’italiano.