Language of document : ECLI:EU:C:2018:479

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

M. CAMPOS SÁNCHEZ-BORDONA

presentate il 21 giugno 2018(1)

Causa C342/17

Memoria Srl,

Antonia Dall’Antonia

contro

Comune di Padova,

con l’intervento di:

Alessandra Calore

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale amministrativo regionale per il Veneto (Italia)]

«Questione pregiudiziale – Ricevibilità – Situazione puramente interna – Restrizioni alla libertà di stabilimento – Normativa che proibisce ogni attività lucrativa in relazione alla conservazione di urne cinerarie»






1.        Per ragioni di natura molto varia (religiose, culturali, sanitarie), tutte le civiltà hanno dovuto affrontare la questione del trattamento delle spoglie dei loro defunti. Da tempo immemore, molte di esse hanno scelto il sotterramento delle salme (sit tibi terra levis) in cimiteri o in camposanti nei quali si effettua la sepoltura, si tutela il ricordo e si onora la memoria delle stesse. Negli ultimi secoli, tali spazi sono stati solitamente gestiti da autorità pubbliche, di norma comunali.

2.        È sempre più frequente, tuttavia, la cremazione o l’incenerimento delle salme. Man mano che svanisce la riluttanza, di stampo più o meno tradizionale, a utilizzare tale tecnica (2) e si difendono, al contempo, i suoi vantaggi (economici, sociali, relativi all’occupazione di spazi e altri), la pratica della cremazione si diffonde, dando origine a nuove questioni, come quelle relative alla conservazione delle ceneri.

3.        Con riferimento alla morte è stata intessuta una complessa rete di servizi funebri. La maggior parte di essi sono prestati da imprese private, le quali forniscono ai familiari del defunto la propria collaborazione professionale, in particolare, per la traslazione delle spoglie, dai domicili o dagli obitori, e per altre attività e pratiche inerenti alle esequie, precedenti la sepoltura. In aggiunta a tali servizi funebri vi sono i servizi cimiteriali in senso stretto (3), che si svolgono all’interno del perimetro del cimitero e includono, in particolare, la cremazione o l’inumazione delle salme o delle ceneri e la conservazione delle spoglie (4). Questi ultimi servizi di norma dipendono esclusivamente dalle autorità pubbliche, solitamente comunali.

4.        In alcuni Stati membri, tuttavia, sono stati autorizzati cimiteri privati e, in altri, (tra cui l’Italia), è possibile affidare la gestione di quelli pubblici a imprese commerciali. Si sarebbe potuto parlare, da tale punto di vista, di una certa privatizzazione dei cimiteri, non esente da polemiche, in cui è stata sottolineata la «rottura culturale» causata da tali iniziative. Nella controversia, considerazioni di ordine antropologico si uniscono ad altre a sostegno del mantenimento dei cimiteri pubblici, in qualità di beni comuni che riflettono la memoria storica di una collettività.

5.        In particolare, nella presente domanda di pronuncia pregiudiziale ci si chiede se il Comune della città italiana di Padova possa affidare la conservazione delle urne contenenti le ceneri delle cremazioni (quando i familiari non decidano di conservarle nelle proprie abitazioni) ai cimiteri comunali.

6.        Per rispondere al giudice nazionale, la Corte dovrà ponderare il divieto di svolgimento di tali attività da parte delle imprese private con le libertà di stabilimento e di prestazione di servizi. Dovrà eventualmente esaminare i motivi che potrebbero giustificare la restrizione, che derivino sia da esigenze connesse alla sanità pubblica (ben note alla sua giurisprudenza) sia dal rispetto della pietas dovuta ai defunti, sulla quale, salvo mio errore, la Corte non si è ad oggi pronunciata.

I.      Contesto normativo

A.      Diritto dell’Unione

1.      TFUE

7.        L’articolo 49 TFUE disciplina la libertà di stabilimento nei seguenti termini:

«Nel quadro delle disposizioni che seguono, le restrizioni alla libertà di stabilimento dei cittadini di uno Stato membro nel territorio di un altro Stato membro vengono vietate. Tale divieto si estende altresì alle restrizioni relative all’apertura di agenzie, succursali o filiali, da parte dei cittadini di uno Stato membro stabiliti sul territorio di un altro Stato membro.

La libertà di stabilimento importa l’accesso alle attività autonome e al loro esercizio, nonché la costituzione e la gestione di imprese e in particolare di società ai sensi dell’articolo 54, secondo comma, alle condizioni definite dalla legislazione del paese di stabilimento nei confronti dei propri cittadini, fatte salve le disposizioni del capo relativo ai capitali».

8.        L’articolo 56, paragrafo 1, TFUE, disciplina la libera circolazione dei servizi nei seguenti termini:

«Nel quadro delle disposizioni seguenti, le restrizioni alla libera prestazione dei servizi all’interno dell’Unione sono vietate nei confronti dei cittadini degli Stati membri stabiliti in uno Stato membro che non sia quello del destinatario della prestazione».

2.      Direttiva 2006/123/CE (5)

9.        L’articolo 1 dispone quanto segue:

«1.      La presente direttiva stabilisce le disposizioni generali che permettono di agevolare l’esercizio della libertà di stabilimento dei prestatori nonché la libera circolazione dei servizi, assicurando nel contempo un elevato livello di qualità dei servizi stessi.

2.      La presente direttiva non riguarda la liberalizzazione dei servizi d’interesse economico generale riservati a enti pubblici o privati, né la privatizzazione di enti pubblici che forniscono servizi.

3.      La presente direttiva non riguarda né l’abolizione di monopoli che forniscono servizi né gli aiuti concessi dagli Stati membri cui si applicano le regole comunitarie di concorrenza.

(…)».

10.      L’articolo 2 dispone quanto segue:

«1.      La presente direttiva si applica ai servizi forniti da prestatori stabiliti in uno Stato membro.

2.      La presente direttiva non si applica alle attività seguenti:

a)      i servizi non economici d’interesse generale;

(…)».

B.      Diritto nazionale

1.      Legge n. 234/2012 (6)

11.      L’articolo 53 prevede che nei confronti dei cittadini italiani non trovano applicazione norme dell’ordinamento giuridico italiano o prassi interne che producano effetti discriminatori rispetto alla condizione e al trattamento garantiti nell’ordinamento italiano ai cittadini dell’Unione europea.

2.      Legge n. 130/2001 (7)

12.      L’articolo 3 dispone quanto segue:

«1.      Entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con regolamento adottato ai sensi dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, su proposta del Ministro della sanità, sentiti il Ministro dell’interno e il Ministro della giustizia, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari, si provvede alla modifica del [regolamento del 1990], sulla base dei seguenti principi:

a)      (…)

b)      l’autorizzazione alla cremazione è concessa nel rispetto della volontà espressa dal defunto o dai suoi familiari attraverso una delle seguenti modalità:

(…)

c)      la dispersione delle ceneri è consentita, nel rispetto della volontà del defunto, unicamente in aree a ciò appositamente destinate all’interno dei cimiteri o in natura o in aree private; la dispersione in aree private deve avvenire all’aperto e con il consenso dei proprietari, e non può comunque dare luogo ad attività aventi fini di lucro; la dispersione delle ceneri è in ogni caso vietata nei centri abitati (…); la dispersione in mare, nei laghi e nei fiumi è consentita nei tratti liberi da natanti e da manufatti;

d)      la dispersione delle ceneri è eseguita dal coniuge o da altro familiare avente diritto, dall’esecutore testamentario o dal rappresentante legale dell’associazione di cui alla lettera b), numero 2), cui il defunto risultava iscritto o, in mancanza, dal personale autorizzato dal comune;

(…);

f)      il trasporto delle urne contenenti le ceneri non è soggetto alle misure precauzionali igieniche previste per il trasporto delle salme, salvo diversa indicazione dell’autorità sanitaria;

(…)

i)      predisposizione di sale attigue ai crematori per consentire il rispetto dei riti di commemorazione del defunto e un dignitoso commiato».

3.      Regio decreto del 1934 (8)

13.      L’articolo 343 dispone quanto segue:

«La cremazione dei cadaveri è fatta in crematoi autorizzati dal prefetto, sentito il medico provinciale. I comuni debbono concedere gratuitamente l’area necessaria nei cimiteri per la costruzione dei crematoi. Le urne cinerarie contenenti i residui della completa cremazione possono essere collocate nei cimiteri o in cappelle o templi appartenenti a enti morali o in colombari privati che abbiano destinazione stabile e siano garantiti contro ogni profanazione».

4.      Regolamento di polizia mortuaria del 1990 (9)

14.      Gli articoli da 90 a 95 di tale regolamento riguardano la concessione di sepolture private nei cimiteri. L’articolo 92, comma 4, vieta la concessione di aree per sepolture private a persone o ad enti che mirino a farne oggetto di lucro e di speculazione.

5.      Legge regionale del Veneto in materia funeraria del 2010 (10)

15.      L’articolo 1, comma 1, di tale legge dispone quanto segue:

«La presente legge disciplina gli aspetti relativi alla tutela della salute pubblica nell’ambito delle funzioni e dei servizi correlati al decesso di ogni persona, nel rispetto della dignità, delle convinzioni religiose e culturali e del diritto di ognuno di poter scegliere liberamente la forma di sepoltura o la cremazione».

16.      L’articolo 49, comma 2, dispone quanto segue:

«A richiesta, l’urna sigillata può essere consegnata agli aventi titolo per la conservazione in cimitero, per la conservazione in ambito privato o per la dispersione».

6.      Regolamento comunale di Padova dei servizi cimiteriali (11)

17.      L’articolo 52 («Affidamento dell’urna per la conservazione in abitazione»), nella versione modificata dalla delibera comunale n. 2015/0084, è formulato come segue:

«1.      L’affidamento dell’urna cineraria per la conservazione in abitazione avverrà secondo quanto disposto in vita dal defunto, risultante da atto scritto. In mancanza, l’affidamento potrà essere richiesto dal coniuge o, in difetto, dal parente più prossimo individuato ai sensi degli articoli 74, 75, 76 e 77 del codice civile e, in caso di concorrenza di più parenti dello stesso grado, dalla maggioranza assoluta di essi.

(…)

3.      Non e’ in nessun caso consentito all’affidatario demandare a terzi la conservazione dell’urna cineraria. Tale divieto vale anche in caso di espressa volontà manifestata in vita dal defunto.

4.      È fatto obbligo di conservare l’urna esclusivamente presso l’abitazione dell’affidatario, in luogo protetto da possibili profanazioni o sottrazioni. Non potranno essere praticate sull’urna, per nessun motivo, aperture o fori.

5.      In qualsiasi momento il Servizio cimiteriale potrà disporre che l’urna cineraria venga esibita dall’affidatario, per verificarne l’integrità e lo stato di conservazione.

(…)

9.      È in ogni tempo possibile richiedere la collocazione in area cimiteriale dell’urna già affidata.

10.      Oltre a quanto previsto dal quarto comma, in nessun caso la conservazione di urne cinerarie può avere finalità lucrative, e pertanto non sono ammesse attività economiche che abbiano ad oggetto, anche non esclusivo, la conservazione di urne cinerarie a qualsiasi titolo e per qualsiasi durata temporale. Tale divieto vale anche in caso di espressa volontà manifestata in vita dal defunto».

II.    Procedimento nazionale e questione pregiudiziale

18.      La società Memoria Srl è stata costituita il 1o dicembre 2014 al fine di offrire al pubblico il servizio di conservazione di urne cinerarie.

19.      La Memoria Srl metteva a disposizione delle famiglie i cui defunti erano stati cremati la possibilità di conservare le urne cinerarie in luoghi diversi dai domicili o dai cimiteri, nei quali queste potevano rendere omaggio e mostrare il proprio rispetto alla memoria dei cari defunti. Detti luoghi erano descritti come spazi destinati ad accogliere unicamente tali urne in ambienti esteticamente gradevoli, riservati, protetti e particolarmente appropriati per il raccoglimento e la preghiera in memoria dei defunti. I familiari sottoscrivevano, a tale scopo, contratti di concessione d’uso delle cellette (colombari) in cui erano collocate le urne.

20.      A partire dal mese di settembre 2015 la Memoria Srl ha inaugurato i suddetti spazi cinerari, denominandoli «luoghi della memoria», ubicati in varie zone della città di Padova. L’accesso dei membri della famiglia del defunto a tali luoghi era subordinato all’accettazione di un codice di condotta interno, che imponeva l’osservanza delle norme di buona educazione, correttezza e dignità, il divieto di consumare bevande alcoliche e l’obbligo di indossare un abbigliamento corretto.

21.      La sig.ra Antonia Dall’Antonia era una potenziale cliente della Memoria Srl, in quanto intendeva cremare il corpo del proprio marito e trasferire le ceneri in uno di tali luoghi.

22.      Il 30 novembre 2015 il Consiglio Comunale di Padova ha adottato la delibera n. 2015/0084, che ha modificato il regolamento comunale dei servizi funebri e cimiteriali (12). Tale modifica ha escluso la possibilità che la persona alla quale venivano consegnate in affidamento le urne funerarie potesse ricorrere a servizi commerciali privati, gestiti al di fuori dei normali servizi cimiteriali e dei cimiteri comunali.

23.      Il 15 febbraio 2016 la Memoria Srl e la sig.ra Dall’Antonia hanno presentato ricorso dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Veneto (Italia) chiedendo l’annullamento della delibera n. 2015/0084 del Consiglio Comunale di Padova, nonché il risarcimento dei danni sofferti dalla Memoria Srl. Le ricorrenti, in sostanza, hanno dedotto l’incompatibilità della stessa con le disposizioni del diritto dell’Unione e, in particolare, con i principi di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi.

24.      Il giudice del rinvio manifesta i propri dubbi sull’applicabilità di tali principi a una misura vigente unicamente nel territorio del comune di Padova e che non riguarda tutta la popolazione italiana. Ritiene, inoltre, che non sembrano sussistere ragioni di ordine pubblico, di pubblica sicurezza o di sanità pubblica idonee a giustificare detta restrizione.

25.      In tali circostanze, detto organo giurisdizionale sottopone alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se gli articoli 49 e 56 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione europea devono essere interpretati nel senso che ostano all’applicazione delle seguenti disposizioni dell’articolo 52 del regolamento dei servizi cimiteriali del comune di Padova:

“Non e’ in nessun caso consentito all’affidatario demandare a terzi la conservazione dell’urna cineraria. Tale divieto vale anche in caso di espressa volontà manifestata in vita dal defunto (comma terzo).

È fatto obbligo di conservare l’urna esclusivamente presso l’abitazione dell’affidatario (comma quarto).

(…)

In nessun caso la conservazione di urne cinerarie può avere finalità lucrative e pertanto non sono ammesse attività economiche che abbiano ad oggetto, anche non esclusivo, la conservazione di urne cinerarie a qualsiasi titolo e per qualsiasi durata temporale. Tale divieto vale anche in caso di espressa volontà manifestata in vita dal defunto (comma decimo)”».

26.      La Memoria Srl, il Comune di Padova, il governo italiano e la Commissione hanno presentato osservazioni scritte. Ad eccezione del Comune di Padova, tutte le parti sono comparse all’udienza tenutasi il 16 aprile 2018, nella quale la Corte le ha invitate a presentare le proprie osservazioni sull’eventuale applicazione della direttiva 2006/123.

III. Analisi della questione pregiudiziale

27.      Il giudice del rinvio chiede alla Corte di chiarire se una norma nazionale che vieta la prestazione di servizi di conservazione di urne funerarie da parte di imprese private sia compatibile con gli articoli 49 TFUE e 56 TFUE.

28.      Conformemente a una costante giurisprudenza, la circostanza che il giudice del rinvio abbia limitato la propria questione a determinate disposizioni del diritto dell’Unione non osta a che la Corte gli fornisca tutti gli elementi interpretativi del diritto dell’Unione che possano essere utili per definire la controversia di cui è investito (13).

29.      La Corte inoltre, chiamata a fornire al giudice del rinvio una risposta utile, è competente a dare indicazioni attinenti agli atti del procedimento principale nonché alle osservazioni scritte ed orali sottopostele (14).

30.      Da tale punto di vista, sulla base delle informazioni contenute nella decisione di rinvio e della discussione in udienza, il divieto che le imprese private prestino servizi di conservazione di urne cinerarie deve essere altresì esaminato alla luce della direttiva 2006/123.

A.      Sulla ricevibilità della questione pregiudiziale

31.      Il governo italiano e il Comune di Padova negano la ricevibilità della domanda pregiudiziale fondamentalmente (15) per due motivi: a) si tratta di una mera controversia di diritto interno priva di elementi transfrontalieri e b) il giudice del rinvio non ha incluso nella sua decisione tutti gli elementi di fatto e di diritto della controversia necessari affinché la Corte possa rispondere in modo utile.

32.      La prima obiezione è che la controversia principale riguarda una situazione puramente interna, estranea all’ambito di applicazione del diritto dell’Unione: una società italiana controverte con il Comune di Padova in merito all’applicazione di un regolamento comunale, vigente unicamente nel suo territorio. Non sussisterebbe, pertanto, alcuna situazione di carattere transfrontaliero idonea a sollevare questioni relative alle libertà fondamentali del mercato interno (16).

33.      Alla luce della giurisprudenza della Corte riguardo a situazioni puramente interne, recentemente sistematizzata nella sentenza Ullens de Schooten (17), tale argomento dovrebbe essere respinto.

34.      È vero che, in linea di principio, «le disposizioni del Trattato FUE in materia di libertà di stabilimento, di libera prestazione di servizi e di libera circolazione dei capitali non sono applicabili a una fattispecie [i] cui elementi si collocano tutti all’interno di un solo Stato membro» (18).

35.      Tuttavia, la Corte ammette alcune deroghe a tale regola, ritenendosi competente, in presenza di esse, a rispondere a questioni pregiudiziali sollevate in controversie puramente interne e prive di elementi transfrontalieri.

36.      La prima di tali deroghe concerne i rinvii mediante i quali una norma interna estende ai propri cittadini gli stessi diritti che le norme dell’Unione conferiscono ai cittadini di altri Stati membri, al fine di evitare la cosiddetta discriminazione al contrario (discriminazione à rebours).

37.      Secondo la Corte, «l’interpretazione delle libertà fondamentali previste agli articoli 49, 56 o 63 TFUE può risultare rilevante in una causa in cui tutti gli elementi si collocano all’interno di un solo Stato membro nell’ipotesi in cui il diritto nazionale imponga al giudice del rinvio di riconoscere ad un cittadino dello Stato membro cui detto giudice appartiene gli stessi diritti di cui il cittadino di un altro Stato membro, nella stessa situazione, beneficerebbe in forza del diritto dell’Unione» (19).

38.      Nel caso di specie, il giudice nazionale ritiene correttamente che l’articolo 53 della legge n. 234/2012 vieti la discriminazione al contrario e comporti l’applicazione dell’articolo 49 TFUE ai cittadini italiani, anche in situazioni puramente interne, come anche la Corte ha già confermato in altre occasioni (20).

39.      Un’altra deroga espressa nella sentenza Ullens de Schooten è quella che riguarda «disposizioni applicabili non solo nei confronti dei cittadini nazionali, ma anche dei cittadini degli altri Stati membri, [allorché] la decisione che tale giudice adotterà a seguito della sua sentenza pronunciata in via pregiudiziale produrrà effetti anche nei confronti di questi ultimi cittadini, il che giustifica che essa risponda alle questioni sottopostele in relazione alle disposizioni del trattato relative alle libertà fondamentali nonostante il fatto che tutti gli elementi della controversia di cui al procedimento principale restino confinati all’interno di un solo Stato membro» (21).

40.      Come afferma il giudice del rinvio, richiamando gli argomenti delle ricorrenti nel procedimento principale, non può escludersi che un operatore economico di un altro Stato membro che consenta la conservazione di urne in spazi gestiti da società commerciali decida, in futuro, di svolgere la propria attività nel territorio italiano. Né può escludersi che un cittadino di un altro Stato membro intenda avvalersi di servizi simili nel territorio italiano.

41.      Ritengo, pertanto, che la decisione di rinvio, seppur sommariamente, dimostri un collegamento fra l’oggetto o le circostanze della controversia e gli articoli 49 TFUE e 56 TFUE (22).

42.      A ciò deve aggiungersi un argomento specifico sulla possibile (23) rilevanza della direttiva 2006/123, alcune norme della quale (quelle del capo III, relativo alla libertà di stabilimento dei prestatori) «devono essere interpretate nel senso che si applicano anche a una situazione i cui elementi rilevanti si collocano tutti all’interno di un solo Stato membro» (24).

43.      A tale riguardo la Corte ha stabilito quanto segue:

‑      «il tenore letterale di dette disposizioni [del capo III della direttiva 2006/123] non enuncia alcuna condizione relativa alla sussistenza di un elemento di carattere estero»;

‑      «l’articolo 2, paragrafo 1, [della direttiva 2006/123] dispone, in termini generali, senza operare distinzioni tra le attività di servizio comprendenti un elemento di carattere estero e le attività di servizio prive di qualsiasi elemento di tal genere, che la direttiva in esame si applica ai “servizi forniti da prestatori stabiliti in uno Stato membro”»;

‑      «l’articolo 4, punto 2, e l’articolo 4, punto 5, della direttiva 2006/123, che definiscono le nozioni, rispettivamente, di “prestatore” e di “stabilimento”, non fanno riferimento ad alcun elemento transfrontaliero»;

‑      «l’interpretazione in base alla quale le disposizioni del capo III della direttiva 2006/123 si applicano non solo al prestatore che intende stabilirsi in un altro Stato membro, ma anche a quello che intende stabilirsi nel proprio Stato membro è conforme agli scopi perseguiti dalla suddetta direttiva»;

‑      «[l]a constatazione secondo la quale le disposizioni del capo III della direttiva 2006/123 si applicano anche in situazioni puramente interne è inoltre confermata dall’esame dei lavori preparatori di tale direttiva» (25).

44.      Di conseguenza, la prima eccezione di irricevibilità non può essere accolta.

45.      Deve essere altresì respinta la seconda, mediante la quale si fa valere che la decisione di rinvio non contiene gli elementi di diritto e di fatto indispensabili per consentire la pronuncia della Corte. In particolare, il governo italiano e il Comune di Padova affermano che l’esposizione della normativa italiana applicabile si limita al regolamento comunale dei servizi cimiteriali, ma non descrive il contesto normativo interno, nazionale e regionale, di rango superiore, nel quale esso si inserisce.

46.      Ritengo, invece, che il giudice del rinvio abbia sufficientemente chiarito gli elementi essenziali di diritto interno che stabiliscono il divieto di prestare servizi privati di conservazione di urne cinerarie, al fine di confrontarli con le norme del diritto dell’Unione di cui richiede l’interpretazione. I requisiti di cui all’articolo 94 del regolamento di procedura della Corte sono soddisfatti e la domanda di pronuncia pregiudiziale soddisfa i requisiti derivanti dalla giurisprudenza in tale materia (26).

47.      La circostanza per cui il giudice nazionale ha fatto riferimento soltanto agli argomenti delle ricorrenti nel procedimento principale e non a quelli del Comune di Padova non modifica tale conclusione, dal momento che la possibilità di includere alcuni argomenti o altri rientra nel margine di discrezionalità del giudice nazionale nell’articolazione della sua questione pregiudiziale.

48.      Ritengo, pertanto, che la questione pregiudiziale sia ricevibile.

B.      Nel merito

49.      In primo luogo, è necessario stabilire se, nel caso di specie, possano essere pregiudicate le norme relative alla libertà di stabilimento o quelle relative alla libera circolazione dei servizi. In caso affermativo, si dovrebbe, poi, analizzare l’applicazione della direttiva 2006/123 o delle norme di diritto primario che disciplinano tali libertà (articoli 49 TFUE e 56 TFUE).

50.      Secondo la consolidata giurisprudenza della Corte, l’obiettivo della libertà di stabilimento, garantita dall’articolo 49 TFUE, è di permettere a un cittadino di uno Stato membro di creare uno stabilimento in un altro Stato membro per esercitarvi le sue attività e favorire così l’interpenetrazione economica e sociale nel territorio dell’Unione nel settore delle attività autonome.

51.      Tale libertà comporta, dunque, la possibilità per una persona fisica o giuridica di partecipare, in modo stabile e continuativo, alla vita economica di uno Stato membro diverso dallo Stato membro di origine, e di trarne profitto esercitando in modo effettivo nello Stato membro ospitante un’attività economica mediante un’organizzazione stabile e per una durata indeterminata (27).

52.      Quanto alla libera prestazione di servizi, sancita dall’articolo 56 TFUE, essa copre tutte le prestazioni che non sono offerte in modo stabile e continuativo, da un domicilio professionale nello Stato membro di destinazione (28).

53.      Nel procedimento principale, la Memoria Srl intende fornire il servizio di conservazione di urne cinerarie, mediante un’organizzazione stabile e per una durata indeterminata, nel comune di Padova. La sua pretesa rientra, dunque, nell’ambito della libertà di stabilimento (29).

54.      Un’eventuale restrizione a tale libertà può essere verificata confrontando la stessa con una norma di diritto derivato (direttiva 2006/123) o con il diritto primario (articolo 49 TFUE).

55.      Qualora tale restrizione rientrasse nell’ambito di applicazione della direttiva 2006/123, non sarebbe necessario sottoporla altresì al filtro di cui all’articolo 49 TFUE. L’esame simultaneo di una misura nazionale alla luce delle disposizioni della direttiva 2006/123 e di quelle del TFUE equivarrebbe a introdurre un esame caso per caso, ai sensi del diritto primario, e inficerebbe pertanto l’armonizzazione selettiva realizzata da detta direttiva (30).

1.      Inquadramento dell’attività in questione nell’ambito di applicazione della direttiva 2006/123

56.      La questione successiva è se il servizio di conservazione di urne cinerarie rientri nell’ambito di applicazione della direttiva 2006/123, il cui obiettivo è agevolare l’esercizio della libertà di stabilimento dei prestatori nonché la libera circolazione dei servizi.

57.      A favore della sua applicabilità verterebbe una prima lettura dell’articolo 2 della direttiva 2006/123. Ai sensi del paragrafo 1 dello stesso, quest’ultima «si applica ai servizi forniti da prestatori stabiliti in uno Stato membro». Le deroghe a tale norma sono descritte ai paragrafi 2 e 3 e nessuna comprende, quantomeno esplicitamente, i servizi cimiteriali, in generale, né quello di conservazione di urne cinerarie, in particolare (31).

58.      Poiché il servizio di conservazione di urne funerarie da parte della Memoria Srl potrebbe essere qualificato come attività economica non salariata, fornita dietro retribuzione (32), il fatto che tale servizio sia ricompreso nella clausola generale (articolo 2, paragrafo 1) e non nelle clausole che prevedono una deroga (paragrafi 2 e 3) suggerirebbe di applicare allo stesso le disposizioni della direttiva 2006/123.

59.      Tuttavia, la direttiva 2006/123, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 3, della stessa, «non riguarda (…) l’abolizione di monopoli che forniscono servizi». Il considerando 8 della direttiva fornisce alcune indicazioni al riguardo: «è opportuno che le disposizioni d[ella stessa] relative alla libertà di stabilimento e alla libera circolazione dei servizi si applichino soltanto nella misura in cui le attività in questione sono aperte alla concorrenza e non obblighino pertanto gli Stati membri (…) ad abolire i monopoli esistenti» (33).

60.      L’ordinanza del comune di Padova sottrae alla concorrenza tra operatori privati la prestazione del servizio di conservazione di urne cinerarie, rendendola oggetto di un monopolio. Il monopolio è attribuito all’impresa comunale incaricata della gestione dei servizi funebri. Allo stesso modo, essa impedisce l’accesso a detta attività ad altre imprese, come la Memoria Srl.

61.      Che tali monopoli che forniscono servizi non rientrano nell’ambito di applicazione della direttiva 2006/123 lo dichiara il summenzionato articolo 1, paragrafo 3, letto alla luce del considerando 8 della stessa direttiva. Ne consegue che nel capo III della direttiva 2006/123, che contiene le disposizioni specificamente applicabili alla libertà di stabilimento, non sussiste alcuna disposizione applicabile a detti monopoli, creati da una normativa nazionale. Infatti:

‑      gli articoli da 9 a 13 si riferiscono ai regimi di autorizzazione per l’accesso all’esercizio di un’attività di servizi, che differiscono chiaramente dai casi in cui l’accesso a tale attività è vietata a tutti gli operatori, salvo al beneficiario del monopolio;

‑      gli articoli 14 e 15 distinguono i requisiti vietati da quelli soggetti a valutazione. Quelli vietati (articolo 14, paragrafi da 1 a 8) non possono essere oggetto di giustificazione e gli Stati membri devono rimuoverli in via prioritaria e in modo sistematico. Tra nessuno di essi si rinviene un divieto come quello del Comune di Padova;

‑      per quanto riguarda i requisiti soggetti a valutazione (articolo 15, paragrafo 1), spetta agli Stati membri verificare se il loro ordinamento giuridico preveda i requisiti di cui al paragrafo 2 di tale articolo e provvedere affinché risultino conformi alle condizioni di non discriminazione, necessità e proporzionalità di cui al paragrafo 3 dello stesso articolo. Il divieto dell’esercizio lucrativo dell’attività di conservazione di urne cinerarie, imposto agli operatori diversi da quello designato dal Comune di Padova, non rientra nemmeno in alcuno di tali requisiti soggetti a valutazione.

62.      In definitiva, ritengo che un monopolio di prestazione di servizi di conservazione di urne cinerarie come quello in esame nel procedimento principale non rientri nell’ambito di applicazione della direttiva 2006/123.

2.      Applicazione diretta delle norme del Trattato FUE

63.      Se la restrizione alla libertà di stabilimento non è disciplinata dalla norma di armonizzazione di diritto derivato, essa deve essere valutata ai sensi del diritto primario (34). In particolare, ai sensi dell’articolo 49 TFUE e della giurisprudenza della Corte che lo ha interpretato in numerose occasioni.

64.      Una normativa nazionale che consente di esercitare l’attività di conservazione di urne funerarie soltanto a un unico operatore autorizzato comporta, di per sé, un ostacolo insormontabile per la prestazione di tale servizio da parte di qualsiasi altra impresa. L’affidatario di un’urna cineraria può ricorrere unicamente al titolare del servizio comunale dei cimiteri per conservarla al di fuori della propria dimora, senza avere tuttavia la possibilità di avvalersi di nessun altro fornitore di detto servizio.

65.      In tali circostanze, sottoponendo l’esercizio dell’attività a un sistema di esclusiva a favore di un solo operatore, il Comune di Padova restringe la libertà di stabilimento e la libera prestazione dei servizi (35). Ai monopoli di prestazioni di servizi non è applicabile l’articolo 37 TFUE (36).

66.      Ai sensi degli articoli 14 TFUE e 106, paragrafo 2, TFUE, la prestazione dell’attività di conservazione di urne, come disciplinata dalle norme nazionali (37), potrebbe rientrare nella categoria dei servizi di interesse economico generale o in quella dei servizi d’interesse generale senza connotazione economica (38).

67.      Nella prima di tali ipotesi deve tenersi in considerazione «l’ampio potere discrezionale delle autorità nazionali, regionali e locali di fornire, commissionare e organizzare» tali servizi, in funzione delle «differenze delle esigenze e preferenze degli utenti che possono discendere da situazioni geografiche, sociali e culturali diverse» (39).

68.      Qualora, invece, si tratti di un servizio di interesse generale privo di carattere economico, l’articolo 2 del Protocollo (n. 26) sui servizi di interesse generale allegato al Trattato di Lisbona, afferma, in termini particolarmente incisivi, che «le disposizioni dei trattati lasciano impregiudicata la competenza degli Stati membri a fornire, a commissionare e ad organizzare» detti servizi (40).

69.      Tuttavia, dal fascicolo non emergono informazioni sufficienti per giungere a una conclusione certa, specialmente se si tiene presente che le autorità nazionali devono definire rigorosamente gli obiettivi assegnati ai fornitori di tali servizi. Spetta al giudice del rinvio chiarire, quindi, tale aspetto (41).

70.      Qualora si decidesse di applicare l’articolo 106 TFUE, resterebbe ancora da verificare se l’attività in questione sia soggetta alle altre norme dei trattati (ivi comprese quelle relative alla libertà di stabilimento e alle sue limitazioni), il che avverrebbe, come regola generale, salvo che «l’applicazione di tali norme non osti all’adempimento, in linea di diritto e di fatto, della specifica missione» affidata all’impresa incaricata della gestione del servizio.

71.      In un modo o nell’altro, è necessario accertare se tale restrizione al diritto di stabilimento possa essere giustificata da ragioni «di ordine pubblico, di pubblica sicurezza e sanità pubblica» o da (altre) ragioni imperative di interesse generale, conformemente alla giurisprudenza della Corte. Farò riferimento esclusivamente a quelle che sono state addotte nel procedimento.

a)      Sanità pubblica

72.      Le autorità nazionali che ricorrono a tale giustificazione devono dimostrare che la propria normativa è conforme al principio di proporzionalità, ossia che la restrizione basata su tale motivo è necessaria per il raggiungimento dell’obiettivo perseguito, e che quest’ultimo non potrebbe essere raggiunto attraverso divieti o limitazioni di minore portata o che colpiscano in minor misura il commercio nell’ambito dell’Unione. Lo Stato membro che invoca la deroga per motivi di sanità pubblica deve fornire prove adeguate o un’analisi dell’idoneità e della proporzionalità della misura restrittiva adottata, nonché elementi circostanziati che consentano di suffragare la sua argomentazione (42).

73.      A mio avviso, nella presente fattispecie non è stata fornita tale prova e non è soddisfatto il criterio di proporzionalità. Come sottolinea la Commissione, a differenza delle spoglie mortali, le ceneri sono materiale inerte dal punto di vista biologico e non comportano un pericolo per la sanità pubblica. Il processo di cremazione, che termina con la consegna delle ceneri del defunto ai familiari, elimina tale pericolo.

74.      È vero che la dispersione incontrollata delle ceneri contenute nelle urne cinerarie potrebbe comportare inconvenienti, di minore importanza, per la sanità pubblica. Per scongiurarli, sarebbe sufficiente richiedere alle imprese private che forniscono il servizio di conservazione delle urne di rispettare condizioni analoghe a quelle dei cimiteri pubblici. Sarebbe un’alternativa meno restrittiva per la libertà di stabilimento rispetto al divieto totale dell’esercizio di tale attività da parte di imprese private (43).

b)      Rispetto per la memoria dei defunti

75.      Il Comune di Padova adduce la «tutela del sentimento di pietas per i defunti, la garanzia della tranquillità e del decoro urbano dei luoghi di sepoltura» come ragione per giustificare la propria normativa.

76.      Il rispetto per i defunti è un valore comune ampiamente condiviso dalle società di tutti gli Stati membri (44). Non si può escludere, a priori, che possa giustificare una restrizione alla libertà di stabilimento (45), come quella determinata dal divieto di attività commerciali di conservazione di urne cinerarie.

77.      Tuttavia, applicando il criterio di proporzionalità a detta ipotetica giustificazione, emergono almeno due difficoltà. La prima è che il rispetto per le spoglie mortali potrebbe essere garantito adeguatamente anche da un’impresa privata, esigendo da questa che presti il servizio in condizioni analoghe a quelle dei cimiteri comunali (46). Esistono, quindi, misure alternative meno restrittive rispetto al divieto di svolgere tale attività imposto alle imprese commerciali.

78.      In secondo luogo, il rispetto dovuto ai defunti non avrebbe ragione di essere sminuito qualora le imprese private che prestano il servizio di conservazione delle urne cinerarie fossero soggette a fallimento o ad altre forme di liquidazione, o cessassero la loro attività. La possibilità che, in tali situazioni, le urne funerarie restino prive di protezione e controllo è un rischio che le autorità italiane potrebbero neutralizzare obbligando dette imprese a trasferire le urne presso cimiteri pubblici o a restituirle ai rispettivi titolari.

79.      Occorre ricordare che l’articolo 52, commi 5 e 9, del regolamento comunale di Padova relativo ai servizi cimiteriali autorizza la conservazione delle urne cinerarie da parte dei familiari del defunto nelle proprie case, sebbene i servizi cimiteriali comunali possano in qualsiasi momento esigere dal custode l’esibizione delle stesse, per verificarne l’integrità e lo stato di conservazione. Inoltre, è sempre possibile chiedere che l’urna già affidata in custodia venga collocata in un cimitero.

80.      Tali medesimi obblighi, unitamente all’obbligo di restituire le urne ai cimiteri comunali o ai familiari, potrebbero essere imposti alle imprese al fine di scongiurare il rischio che le stesse rimangano prive di tutela in caso di chiusura o di liquidazione dell’impresa. Ancora una volta, sussiste una misura alternativa meno restrittiva rispetto al divieto assoluto di svolgere tale attività imposto a dette imprese.

c)      Ordine pubblico italiano

81.      Il governo italiano ha affermato in udienza che i valori morali e culturali prevalenti in tale paese, che si rispecchiano nelle sue tradizioni, ostano a che le attività connesse alla conservazione delle spoglie mortali possano essere oggetto di lucro. La legittimità della misura adottata dal Comune di Padova, coerente con il divieto a livello nazionale (47), poggerebbe pertanto sulla circostanza che, secondo la scala di valori della società italiana, le urne che contengono le ceneri dopo la cremazione sono, in realtà, beni extra comercium e il loro trattamento è incompatibile con il perseguimento di uno scopo di lucro tipico degli scambi commerciali.

82.      Se fosse davvero così, potrebbe parlarsi di una riserva assiologica propria della Repubblica italiana, che non deve essere necessariamente assunta da altri Stati membri (48). Sebbene non sia paragonabile al divieto esaminato nella presente fattispecie, la Corte ha giustificato il divieto assoluto dei servizi di lotterie e altri giochi, in vigore nel Regno Unito, a causa di «considerazioni di ordine morale, religioso o culturale», tra le altre (49).

83.      Richiamo tale precedente perché la nozione di «ordine pubblico», accolta dalla Corte in detta causa e in altre precedenti e successive, consente che si lasci «alle competenti autorità nazionali un certo potere discrezionale entro i limiti imposti dal Trattato» (50). Se uno Stato membro ritiene indispensabile vietare la commercializzazione di determinati servizi, come quelli in esame, in quanto la reputa incompatibile con valori o interessi fondamentali della propria società, l’analisi della sua conformità con il diritto dell’Unione non può prescindere dai requisiti di «ordine pubblico» nazionale.

84.      Ancora una volta, in assenza di altri elementi di valutazione risultanti dalla decisione di rinvio, il giudice nazionale dovrà valutare se, nel proprio ordinamento giuridico nazionale, il divieto di cui trattasi rientri, effettivamente, tra quelli che derivano dall’«ordine pubblico» italiano, nel senso precedentemente esposto, e se esso costituisca l’unico rimedio adeguato per conformarsi in modo proporzionato, in tale materia, ai valori a esso sottesi.

IV.    Conclusione

85.      Alla luce delle suesposte considerazioni, suggerisco alla Corte di rispondere alla questione pregiudiziale sottoposta dal Tribunale amministrativo regionale per il Veneto (Italia) come segue:

«L’articolo 49 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea osta, in linea di principio, a una normativa nazionale, come quella in esame nel procedimento principale, ai sensi della quale, per ragioni di sanità pubblica o a causa della pietas dovuta ai defunti, si vieti a imprese aventi scopo di lucro l’esercizio dell’attività di conservazione di urne cinerarie, laddove sia possibile ricorrere a modalità meno restrittive per la prestazione di detto servizio che garantiscano allo stesso modo tali obiettivi.

Tale divieto potrebbe, tuttavia, essere giustificato da ragioni di ordine pubblico nazionale, corrispondenti alla tutela di interessi o valori culturali o morali essenziali e ampiamente condivisi nello Stato membro in questione, qualora fosse imprescindibile per rispettarli e non sussistesse alcuna possibilità di ricorrere ad altre misure meno restrittive aventi la medesima finalità, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare».


1      Lingua originale: lo spagnolo.


2      Anche la Chiesa cattolica romana, pur mantenendo la sua «preferenza per la sepoltura dei corpi», non rinviene ragioni dottrinali che ostino alla pratica della cremazione. V. Congregazione per la dottrina della Fede, Istruzione Ad resurgendum cum Christo circa la sepoltura dei defunti e la conservazione delle ceneri in caso di cremazione, del 15 agosto 2016.


3      Nelle conclusioni della causa Adolf Truley (C‑373/00, EU:C:2002:207), paragrafo 52, che verteva sull’aggiudicazione, da parte di un’impresa comunale, di un appalto avente ad oggetto la fornitura di equipaggiamenti per bare, l’avvocato generale Alber ha richiamato le osservazioni del governo austriaco, il quale proponeva altresì «di distinguere fra [le prestazioni di pompe funebri] in senso stretto (amministrazione del cimitero, apertura e chiusura delle tombe, sotterramento dei cadaveri o delle ceneri, riesumazioni), che sono svolte dalla città di Vienna, e quelle in senso lato (esposizione del defunto nella bara, celebrazione dei riti funebri, traslazione della salma, lavaggio, vestizione e collocazione nella bara, manutenzione delle tombe, rilascio di certificati, servizio di pubblicazione di annunci), che svolge la Bestattung Wien. Soltanto quelle in senso stretto costituirebbero bisogni di interesse generale».


4      Nella sentenza del 27 febbraio 2003, Adolf Truley (C‑373/00, EU:C:2003:110), punti da 51 a 56, la Corte ha ammesso la sussistenza di differenze tra gli uni e gli altri servizi, sebbene, in tale causa, detta distinzione fosse irrilevante ai fini della decisione.


5      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno (GU 2006, L 376, pag. 36).


6      Legge del 24 dicembre 2012, n. 234, Norme generali sulla partecipazione dell’Italia alla formazione e all’attuazione della normativa e delle politiche dell’Unione europea (GURI n. 3 del 4 gennaio 2013; in prosieguo: la «legge n. 234/2012»).


7      Legge del 30 marzo 2001, n. 130, Disposizioni in materia di cremazione e dispersione delle ceneri (GURI n. 91 del 19 aprile 2001; in prosieguo: la «legge n. 130/2001»).


8      Regio Decreto del 27 luglio 1934, n. 1265, Approvazione del testo unico delle leggi sanitarie (GURI n. 186 del 9 agosto 1934; in prosieguo: il «regio decreto del 1934»).


9      Decreto del Presidente della Repubblica del 10 settembre 1990, n. 285, Approvazione del regolamento di polizia mortuaria (GURI n. 239 del 12 ottobre 1990).


10      Legge Regionale del 4 marzo 2010, n. 18, Norme in materia funeraria, della Regione Veneto (BUR n. 21 del 9 marzo 2010).


11      Delibera del Consiglio Comunale di Padova n. 2015/0084 del 30/11/2015 (Albo pretorio dal 4/12/2015 al 18/12/2015).


12      V. il contenuto dello stesso al paragrafo 17 delle presenti conclusioni.


13      Sentenze del 30 gennaio 2018, X e Visser (C‑360/15 e C‑31/16, EU:C:2018:44), punto 55, e del 14 novembre 2017, Lounes (C‑165/16, EU:C:2017:862), punto 28 e la giurisprudenza ivi citata.


14      Sentenze del 30 gennaio 2018, X e Visser (C‑360/15 e C‑31/16, EU:C:2018:44), punto 56, e del 1o ottobre 2015, Trijber e Harmsen (C‑340/14 e C‑341/14, EU:C:2015:641), punto 55 e la giurisprudenza ivi citata.


15      Il governo italiano sembra suggerire, inoltre, che la domanda di pronuncia pregiudiziale potrebbe essere irricevibile in quanto prematura. È sufficiente rilevare che, secondo una giurisprudenza costante della Corte, spetta al giudice nazionale decidere in quale fase del procedimento sottoporre la questione pregiudiziale (sentenze del 21 settembre 2017, Malta Dental Technologists Association e Reynaud, C‑125/16, EU:C:2017:707, punto 29, e del 17 aprile 2007, AG-COS.MET, C‑470/03, EU:C:2007:213, punto 45).


      Secondo il comune di Padova la domanda di pronuncia pregiudiziale è irricevibile in quanto la risposta della Corte sarebbe inconferente, dal momento che i principi di certezza del diritto e di legittimo affidamento osterebbero alla messa in discussione di un diritto personalissimo dell’individuo, quale quello della conservazione delle proprie ceneri. Tuttavia, le disposizioni del TFUE che disciplinano la libertà di stabilimento e la libera circolazione dei servizi producono un effetto diretto verticale, e i principi di certezza del diritto e di legittimo affidamento non possono servire da pretesto per un giudice nazionale per applicare una normativa nazionale contraria a tali disposizioni (sentenza del 19 aprile 2016, DI, C‑441/14, EU:C:2016:278, punto 42).


16      Il governo italiano invoca a sostegno della propria tesi la sentenza del 13 febbraio 2014, Airport Shuttle Express e a. (C‑162/12 e C‑163/12, EU:C:2014:74), punti 42 e 43.


17      Sentenza del 15 novembre 2016 (C‑268/15, EU:C:2016:874; in prosieguo: la «sentenza Ullens de Schooten»).


18      V., in tal senso, le sentenze Ullens de Schooten, punto 47; del 30 giugno 2016, Admiral Casinos & Entertainment (C‑464/15, EU:C:2016:500), punto 21, e del 20 marzo 2014, Caixa d’Estalvis i Pensions de Barcelona, (C‑139/12, EU:C:2014:174), punto 42.


19      V., in tal senso, le sentenze Ullens de Schooten, punto 52; del 5 dicembre 2000, Guimont (C‑448/98, EU:C:2000:663), punto 23, e del 21 giugno 2012, Susisalo e a. (C‑84/11, EU:C:2012:374), punto 20.


20      Sentenza del 21 febbraio 2013, Ordine degli Ingegneri di Verona e Provincia e a. (C‑111/12, EU:C:2013:100), punto 35.


21      Sentenza Ullens de Schooten, paragrafo 51; e dell’8 maggio 2013, Libert e a. (C‑197/11 e C‑203/11, EU:C:2013:288), punto 35.


22      Sentenza Ullens de Schooten, punto 54.


23      Ai fini della ricevibilità del rinvio pregiudiziale, è sufficiente che sussistano dubbi sull’applicabilità della direttiva 2006/123, sebbene ciò sia infine escluso da un’analisi sostanziale.


24      Sentenza del 30 gennaio 2018, X e Visser (C‑360/15 e C‑31/16, EU:C:2018:44), punto 110.


25      Sentenza del 30 gennaio 2018, X e Visser (C 360/15 e C 31/16, EU:C:2018:44), punti da 99 a 108.


26      La Corte ha ritenuto, in numerose occasioni, che nelle questioni relative all’interpretazione del diritto dell’Unione, che godono di una presunzione di rilevanza, il giudice nazionale definisce sotto la propria responsabilità il contesto di diritto e di fatto, di cui non spetta alla Corte verificare l’esattezza. Il rigetto, da parte della Corte, di una domanda proposta da un giudice nazionale è possibile soltanto qualora, tra gli altri motivi, non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere in modo utile alle questioni che le sono sottoposte. V., in particolare, le sentenze del 21 settembre 2017, Malta Dental Technologists Association e Reynaud (C125/16, EU:C:2017:707), punto 28, e del 6 settembre 2016, Petruhhin (C‑182/15, EU:C:2016:630), punto 20 e la giurisprudenza ivi citata.


27      Sentenze del 23 febbraio 2016, Commissione/Ungheria (C‑179/14, EU:C:2016:108), punto 148; e del 12 settembre 2006, Cadbury Schweppes e Cadbury Schweppes Overseas (C‑196/04, EU:C:2006:544), punti 53 e 54 e la giurisprudenza ivi citata.


28      Sentenze del 23 febbraio 2016, Commissione/Ungheria (C‑179/14, EU:C:2016:108), punto 150; del 30 novembre 1995, Gebhard (C‑55/94, EU:C:1995:411), punto 22, e del 29 aprile 2004, Commissione/Portogallo (C‑171/02, EU:C:2004:270), punto 25.


29      Tale attività è una sottocategoria dei servizi cimiteriali e di pompe funebri, dei quali la Corte si è più volte occupata, alla luce delle norme sugli appalti pubblici o sull’IVA. V. le sentenze del 27 febbraio 2003, Adolf Truley (C‑373/00, EU:C:2003:110), e del 6 maggio 2010, Commissione/Francia (C‑94/09, EU:C:2010:253).


30      Sentenza del 16 giugno 2015, Rina Services e a. (C‑593/13, EU:C:2015:399), punto 38: «una simile interpretazione contrasterebbe con quanto affermato dal legislatore dell’Unione al considerando 6 della direttiva 2006/123, secondo cui non è possibile eliminare tali ostacoli alla libertà di stabilimento soltanto grazie all’applicazione diretta dell’articolo 49 TFUE, in particolare a motivo dell’estrema complessità del trattamento caso per caso degli ostacoli a tale libertà. Se si ammettesse che i requisiti “vietati” di cui all’articolo 14 di tale direttiva possano comunque essere giustificati in forza del diritto primario, ciò equivarrebbe a reintrodurre proprio un siffatto esame caso per caso, ai sensi del Trattato FUE, per tutte le restrizioni alla libertà di stabilimento». V., altresì la sentenza del 30 gennaio 2018, X e Visser (C‑360/15 e C‑31/16, EU:C:2018:44), punto 96.


31      Tale conclusione è corroborata dal considerando 33 della direttiva 2006/123, ai sensi del quale tra i servizi oggetto della direttiva rientrano numerose attività in costante evoluzione. Esso indica espressamente che tra tali attività sono compresi i servizi prestati sia alle imprese sia ai consumatori.


32      L’articolo 4, punto 1, della direttiva 2006/123 precisa che, ai fini di quest’ultima, si intenderà per «servizio» «qualsiasi attività economica non salariata di cui all’articolo 57 TFUE fornita normalmente dietro retribuzione».


33      V. le conclusioni dell’avvocato generale Bot nella causa Commissione/Ungheria (C‑179/14, EU:C:2015:619), paragrafi da 184 a 190. Al paragrafo 188 egli afferma: «un’attività che non sia aperta alla concorrenza, in particolare perché viene esercitata da un monopolio pubblico esistente, esula dall’ambito di applicazione della direttiva 2006/123». Lo stesso accade, a mio avviso, anche se un monopolio di prestazioni di servizi si instaura dopo l’entrata in vigore della direttiva 2006/123.


34      Michel, V.: «Le champ d’application de la directive “services”: entre cohérence et régression?», La directive «services» en principe(s) et en pratique, Bruylant, 2011, pag. 49.


35      Sentenze del 23 febbraio 2016, Commissione/Ungheria (C‑179/14, EU:C:2016:108), punto 164; e del 21 settembre 1999, Läärä e a. (C‑124/97, EU:C:1999:435), punto 29.


36      Secondo la giurisprudenza della Corte, tanto dalla collocazione dell’articolo 37 nel capitolo del trattato riguardante la soppressione delle restrizioni quantitative, quanto dalla terminologia usata si desume che esso si riferisce agli scambi di merci e non riguarda il monopolio di prestazioni di servizi (sentenza del 4 maggio 1988, Bodson, 30/87, EU:C:1988:225, punto 10).


37      In udienza, il governo italiano ha riconosciuto che l’ordinanza del Comune di Padova era in linea con la normativa nazionale, in quanto entrambe vietano la consegna delle urne cinerarie nell’ambito di un’attività avente scopo di lucro. La Memoria Srl ritiene, invece, che il divieto imposto da tale Comune non sia giustificato da norme di applicazione nazionale.


38      Nella sentenza del 27 febbraio 2003, Adolf Truley (C‑373/00, EU:C:2003:110), la Corte ha riconosciuto che i servizi mortuari e di pompe funebri possono «rispondere effettivamente» a un bisogno di interesse generale. Essa ha aggiunto che «l’esistenza di una concorrenza articolata non consente, di per sé, di concludere per la mancanza di un bisogno di interesse generale avente carattere non industriale o commerciale» (punto 66, il corsivo è mio).


39      Articolo 1 del Protocollo (n. 26) sui servizi di interesse generale, allegato al Trattato di Lisbona.


40      Il corsivo è mio.


41      Nello stesso senso, la sentenza del 27 febbraio 2003, Adolf Truley (C‑373/00, EU:C:2003:110) ha dichiarato nel suo dispositivo che «spetta al giudice a quo valutare l’esistenza o meno di tale bisogno [di interesse generale] tenendo conto di tutti gli elementi di diritto e di fatto pertinenti, quali i fatti che hanno presieduto alla creazione dell’organismo interessato e le condizioni in cui quest’ultimo esercita la sua attività».


42      V. la sentenza del 23 dicembre 2015, Scotch Whisky Association e a. (C‑333/14, EU:C:2015:845), punti 53 e 54 e la giurisprudenza ivi citata sulla deroga per motivi di salute pubblica nell’ambito della libera circolazione delle merci, la cui applicazione può essere invocata nel contesto dell’articolo 52 TFUE. Nello stesso senso, la sentenza del 13 novembre 2003, Lindman (C‑42/02, EU:C:2003:613), punto 25.


43      Infatti, secondo notizie di stampa, in alcuni Stati membri l’attività privata di conservazione delle urne è realizzata persino da club sportivi, che hanno adibito o intendono adibire colombari presso i propri impianti, per ospitare le spoglie mortali, cremate, dei loro sostenitori. Ciò avverrebbe in Spagna, (Atlético de Madrid, Real Club Betis Balompié, Espanyol de Barcelona e Barcelona Fútbol Club), in Germania (Hamburger SV) e nel Regno Unito (Everton Football Club).


44      In udienza si è discusso se la protezione della dignità umana (articolo 2 TUE e articolo 1 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea) sia estendibile ai defunti. Non ritengo indispensabile, ai fini della definizione della presente controversia, fornire una risposta definitiva a tale questione, che eccede i limiti della stessa. Il fatto che i defunti non siano più titolari di diritti non significa, a mio avviso, che la loro dignità, mentre erano in vita, non possa godere di una proiezione adeguata, giuridicamente tutelabile, anche dopo il loro decesso. Infatti, questo è il fondamento ultimo della risposta giuridica, civile o penale, a taluni comportamenti (ad esempio, la negazione di crimini atroci) che comportano un disprezzo per le vittime mortali.


45      La Commissione ha riconosciuto in udienza che potrebbe trattarsi di una giustificazione valida, sebbene abbia ritenuto il divieto sproporzionato.


46      V. nel paragrafo 20 delle presenti conclusioni le misure che la Memoria Srl aveva adottato per salvaguardare il decorum e la dignità nei propri locali.


47      V. la nota 37 delle presenti conclusioni.


48      Sentenza del 14 ottobre 2004, Omega (C‑36/02, EU:C:2004:614): «non è indispensabile (…) che una misura restrittiva emanata dalle autorità di uno Stato membro corrisponda ad una concezione condivisa da tutti gli Stati membri relativamente alle modalità di tutela del diritto fondamentale o dell’interesse legittimo in causa» (punto 37, il corsivo è mio).


49      Sentenza del 24 marzo 1994, Schindler (C‑275/92, EU:C:1994:119), punto 60.


50      Sentenza del 14 ottobre 2004, Omega, (C‑36/02, EU:C:2004:614), punto 31.