Language of document : ECLI:EU:C:2018:660

SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

4 settembre 2018 (*)

«Impugnazione – Accesso ai documenti delle istituzioni dell’Unione europea – Regolamento (CE) n. 1049/2001 – Regolamento (CE) n. 1367/2006 – Relazione sulla valutazione d’impatto, progetto di relazione sulla valutazione d’impatto e parere del comitato per la valutazione d’impatto – Iniziative legislative nel settore ambientale – Diniego di accesso – Divulgazione in corso di causa dei documenti richiesti – Permanenza dell’interesse ad agire – Eccezione relativa alla tutela del processo decisionale in corso di un’istituzione dell’Unione – Presunzione generale»

Nella causa C‑57/16 P,

avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 30 gennaio 2016,

ClientEarth, con sede in Londra (Regno Unito), rappresentata da O. W. Brouwer, J. Wolfhagen e F. Heringa, advocaten,

ricorrente,

sostenuta da:

Repubblica di Finlandia, rappresentata da H. Leppo e J. Heliskoski, in qualità di agenti,

Regno di Svezia, rappresentato da A. Falk, C. Meyer‑Seitz, U. Persson e N. Otte Widgren, in qualità di agenti,

intervenienti in sede d’impugnazione,

procedimento in cui l’altra parte è:

Commissione europea, rappresentata da F. Clotuche‑Delvieusart e M. Konstantinidis, in qualità di agenti,

convenuta in primo grado,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta da K. Lenaerts, presidente, A. Tizzano (relatore), vicepresidente, R. Silva de Lapuerta, T. von Danwitz, J. L. da Cruz Vilaça, A. Rosas e J. Malenovský, presidenti di sezione, E. Juhász, A. Borg Barthet, D. Šváby, M. Berger, E. Jarašiūnas, C. Lycourgos, M. Vilaras ed E. Regan, giudici,

avvocato generale: Y. Bot

cancelliere: L. Hewlett, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 3 luglio 2017,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 28 novembre 2017,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con la sua impugnazione, ClientEarth chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 13 novembre 2015, ClientEarth/Commissione (T‑424/14 e T‑425/14, EU:T:2015:848; in prosieguo: la «sentenza impugnata»), mediante la quale tale giudice ha respinto i ricorsi dell’organizzazione suddetta intesi ad ottenere, da un lato, l’annullamento della decisione della Commissione europea del 1o aprile 2014, che nega l’accesso a una relazione sulla valutazione d’impatto riguardante un progetto di strumento vincolante che definisce il quadro strategico per le procedure di ispezione e di sorveglianza incentrate sui rischi e relative alla normativa ambientale dell’Unione europea, nonché ad un parere del comitato per la valutazione d’impatto, e, dall’altro lato, l’annullamento della decisione della Commissione del 3 aprile 2014, che nega l’accesso a un progetto di relazione sulla valutazione d’impatto riguardante l’accesso alla giustizia in materia ambientale a livello degli Stati membri nel settore della politica ambientale dell’Unione, nonché ad un parere del comitato per la valutazione d’impatto (in prosieguo, congiuntamente considerate: le «decisioni controverse»).

 Contesto normativo

2        I considerando 1, 2 e 6 del regolamento (CE) n. 1049/2001 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 maggio 2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (GU 2001, L 145, pag. 43), enunciano quanto segue:

«(1)      L’articolo 1, secondo comma del trattato sull’Unione europea sancisce il concetto di trasparenza, secondo il quale il trattato segna una nuova tappa nel processo di creazione di un’unione sempre più stretta tra i popoli dell’Europa, in cui le decisioni siano adottate nel modo più trasparente possibile e più vicino possibile ai cittadini.

(2)      Questa politica di trasparenza consente una migliore partecipazione dei cittadini al processo decisionale e garantisce una maggiore legittimità, efficienza e responsabilità dell’amministrazione nei confronti dei cittadini in un sistema democratico. La politica di trasparenza contribuisce a rafforzare i principi di democrazia e di rispetto dei diritti fondamentali sanciti dall’articolo 6 del trattato UE e dalla carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.

(…)

(6)      Si dovrebbe garantire un accesso più ampio ai documenti nei casi in cui le istituzioni agiscono in veste di legislatore, (…) preservando nel contempo l’efficacia del loro processo di formazione delle decisioni. Nella più ampia misura possibile tali documenti dovrebbero essere resi direttamente accessibili».

3        L’articolo 1 del citato regolamento recita:

«L’obiettivo del presente regolamento è di:

a)      definire i principi, le condizioni e le limitazioni, per motivi di interesse pubblico o privato, che disciplinano il diritto di accesso ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (…) in modo tale da garantire l’accesso più ampio possibile [ai documenti];

(…)».

4        L’articolo 4 del citato regolamento, intitolato «Eccezioni», dispone, al paragrafo 3, primo comma, e al paragrafo 6, quanto segue:

«3.      L’accesso a un documento elaborato per uso interno da un’istituzione o da essa ricevuto, relativo ad una questione su cui la stessa non abbia ancora adottato una decisione, viene rifiutato nel caso in cui la divulgazione del documento pregiudicherebbe gravemente il processo decisionale dell’istituzione, a meno che vi sia un interesse pubblico prevalente alla divulgazione.

(…)

6.      Se solo alcune parti del documento richiesto sono interessate da una delle eccezioni, le parti restanti del documento sono divulgate».

5        L’articolo 12 del medesimo regolamento, intitolato «Accesso diretto sotto forma elettronica o attraverso il registro», dispone, al paragrafo 2, quanto segue:

«(…) fatti salvi gli articoli 4 e 9, i documenti legislativi, vale a dire i documenti redatti o ricevuti nel corso delle procedure per l’adozione di atti giuridicamente vincolanti negli o per gli Stati membri, dovrebbero essere resi direttamente accessibili».

6        I considerando 2 e 15 del regolamento (CE) n. 1367/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 settembre 2006, sull’applicazione alle istituzioni e agli organi comunitari delle disposizioni della convenzione di Aarhus sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale (GU 2006, L 264, pag. 13), così recitano:

«(2)      Il sesto programma comunitario di azione in materia di ambiente (…) sottolinea l’importanza di fornire adeguate informazioni sull’ambiente e di offrire al pubblico effettive possibilità di partecipare al processo decisionale in materia ambientale, in modo da accrescere la responsabilità e la trasparenza del processo decisionale e contribuire a rafforzare la consapevolezza e il sostegno del pubblico nei confronti delle decisioni adottate. (…)

(…)

(15)      Le eccezioni previste dal regolamento [n. 1049/2001] dovrebbero trovare applicazione, fatte salve eventuali disposizioni più specifiche del presente regolamento in materia di richieste di informazioni ambientali. Le motivazioni di rifiuto per quanto riguarda l’accesso alle informazioni ambientali dovrebbero essere interpretate in modo restrittivo, tenendo conto dell’interesse pubblico che la rivelazione di dette informazioni persegue e valutando se le informazioni richieste riguardano le emissioni nell’ambiente. (…)».

7        L’articolo 2, paragrafo 1, lettera d), del regolamento n. 1367/2006 definisce la nozione di «informazione ambientale» come segue:

«qualsiasi informazione disponibile in forma scritta, visiva, sonora, elettronica o in qualunque altra forma materiale riguardante:

(…)

iii)      le misure (compresi i provvedimenti amministrativi) quali le politiche, le disposizioni legislative, i piani, i programmi, gli accordi ambientali e le attività che incidono o possono incidere sugli elementi e sui fattori [ambientali] di cui ai punti i) e ii), nonché le misure o le attività intese a proteggere i suddetti elementi;

(…)

v)      le analisi costi‑benefici ed altre analisi e ipotesi economiche utilizzate nell’ambito delle misure e attività di cui al punto iii);

(…)».

8        Ai sensi dell’articolo 3 di detto regolamento, intitolato «Applicazione del regolamento [n. 1049/2001]»:

«Il regolamento [n. 1049/2001] si applica a tutte le richieste di accesso alle informazioni ambientali detenute dalle istituzioni e dagli organi comunitari (…)».

9        L’articolo 6 del regolamento n. 1367/2006, intitolato «Applicazione delle eccezioni relative alla richiesta di accesso alle informazioni ambientali», stabilisce, al paragrafo 1, quanto segue:

«Per quanto concerne l’articolo 4, paragrafo 2, primo e terzo trattino, del regolamento [n. 1049/2001], eccezion fatta per le indagini, in particolare quelle relative ad una possibile violazione della normativa comunitaria, si ritiene che vi sia un interesse pubblico prevalente alla divulgazione qualora le informazioni richieste riguardino emissioni nell’ambiente. Circa le altre eccezioni di cui all’articolo 4 del regolamento [n. 1049/2001], i motivi del rifiuto di accesso vanno interpretati in modo restrittivo, tenendo conto dell’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione e del fatto che le informazioni richieste riguardino emissioni nell’ambiente».

 Fatti all’origine della controversia

10      Risulta dalla sentenza impugnata che, il 20 gennaio 2014, ClientEarth, che è un’organizzazione senza scopo di lucro con finalità di tutela dell’ambiente, ha presentato alla Commissione due domande di accesso a documenti detenuti da tale istituzione, sulla base del regolamento n. 1049/2001. La prima di queste domande verteva su un progetto di relazione sulla valutazione d’impatto riguardante l’accesso alla giustizia in materia ambientale a livello degli Stati membri nel settore della politica ambientale dell’Unione, nonché sul parere del comitato per la valutazione d’impatto emesso su tale progetto (in prosieguo: i «documenti di valutazione d’impatto sull’accesso alla giustizia in materia ambientale»). La seconda domanda concerneva una relazione sulla valutazione d’impatto riguardante un progetto di strumento vincolante che definisce il quadro strategico per le procedure di ispezione e di sorveglianza incentrate sui rischi e relative alla normativa ambientale dell’Unione, nonché il parere emesso dal comitato sopra citato in merito a tale relazione (in prosieguo: i «documenti di valutazione d’impatto sulle ispezioni e sulla sorveglianza in materia ambientale» e, presi congiuntamente con i documenti di valutazione d’impatto sull’accesso alla giustizia in materia ambientale, i «documenti controversi»).

11      Con lettere del 13 e del 17 febbraio 2014, la Commissione ha respinto le due domande suddette invocando l’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001.

12      Il 4 marzo 2014, ClientEarth ha presentato dinanzi alla Commissione, a norma dell’articolo 7, paragrafo 2, di tale regolamento, due domande confermative. Mediante le decisioni controverse, la Commissione ha confermato il diniego di accesso ai documenti controversi.

13      In queste decisioni, la Commissione ha, in primo luogo, osservato che tali documenti si riferivano a valutazioni d’impatto in corso, realizzate in vista dell’adozione di iniziative legislative riguardanti, rispettivamente, da un lato, le ispezioni e la sorveglianza in materia ambientale e, dall’altro, l’accesso alla giustizia in questa stessa materia. La Commissione ha precisato, a questo riguardo, che le valutazioni d’impatto erano destinate ad aiutarla nella preparazione delle sue proposte legislative e che il contenuto di queste valutazioni serviva quale supporto alle scelte strategiche operate nell’ambito di tali proposte. Pertanto, secondo la Commissione, la divulgazione, in questa fase, dei documenti controversi avrebbe pregiudicato gravemente i suoi processi decisionali in corso. Infatti, detta divulgazione avrebbe inciso sul suo margine di manovra, avrebbe ridotto la sua capacità di trovare compromessi e avrebbe rischiato di generare pressioni esterne che avrebbero potuto ostacolare questi difficili processi, nel cui ambito doveva regnare un clima di fiducia. La Commissione ha fatto riferimento, in proposito, all’articolo 17, paragrafo 1 e paragrafo 3, terzo comma, TUE.

14      Per quanto riguarda più in particolare i documenti di valutazione d’impatto sulle ispezioni e sulla sorveglianza in materia ambientale, la Commissione ha insistito, da un lato, sulla circostanza che tali ispezioni e tale sorveglianza costituivano un elemento chiave dell’attuazione delle politiche pubbliche, settore nel quale le istituzioni dell’Unione tentano, dall’anno 2001, di attirare l’attenzione e di promuovere un’azione a livello dell’Unione, e, dall’altro lato, sulla necessità che la discussione fosse preservata da fattori di influenza esterna, in quanto una siffatta influenza avrebbe inciso sulla qualità del controllo sugli Stati membri.

15      Per quanto riguarda i documenti di valutazione d’impatto sull’accesso alla giustizia in materia ambientale, la Commissione ha messo l’accento sulla sensibilità di tale questione, sulle possibili divergenze di opinioni tra gli Stati membri e sul fatto che erano passati dieci anni dalla presentazione, avvenuta il 24 ottobre 2003, della sua proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sull’accesso alla giustizia in materia ambientale [COM(2003) 624 definitivo] (GU 2004, C 96, pag. 22).

16      Inoltre, la Commissione ha aggiunto che diversi documenti relativi alle due valutazioni d’impatto in questione erano già disponibili su Internet e che tutti gli altri documenti relativi alle suddette valutazioni d’impatto sarebbero stati pubblicati al momento dell’adozione delle proposte legislative in questione da parte del collegio dei commissari.

17      La Commissione ha da ciò concluso che l’accesso ai documenti controversi doveva essere rifiutato sulla base dell’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001, in quanto i processi decisionali ad essi correlati si trovavano in una fase iniziale e delicata.

18      In secondo luogo, la Commissione ha affermato che nessun interesse pubblico prevalente giustificava la divulgazione dei documenti controversi. A questo proposito essa ha osservato, in sostanza, da un lato, che, anche se l’obiettivo della preservazione, della protezione e del miglioramento della qualità dell’ambiente nonché, di conseguenza, della salute umana poteva essere conseguito grazie a un accesso non discriminatorio alla giustizia, essa però non riteneva di essere in grado di determinare in che modo la divulgazione, in questa fase, dei documenti richiesti avrebbe aiutato le persone abitanti nell’Unione a influenzare indirettamente l’ambiente in cui esse vivono. Infatti, l’accesso alla giustizia sarebbe stato già possibile dinanzi ai giudici nazionali e i processi decisionali in questione sarebbero stati unicamente intesi a migliorare tale accesso. Inoltre, la Commissione ha ricordato che nel 2013 era stata organizzata una consultazione pubblica, durante la quale le parti interessate, tra cui la società civile, avevano potuto contribuire alla definizione delle grandi linee delle proposte. Dall’altro lato, la comunicazione, in questa fase, dei documenti controversi avrebbe arrecato pregiudizio ai processi decisionali di detta istituzione e avrebbe inciso sulla possibilità di raggiungere il miglior compromesso possibile. L’interesse pubblico sarebbe stato meglio garantito dalla possibilità di proseguire i suddetti processi decisionali in assenza di qualsiasi pressione esterna.

19      In terzo luogo, la Commissione ha escluso la possibilità di concedere un accesso parziale ai documenti controversi a norma dell’articolo 4, paragrafo 6, del regolamento n. 1049/2001, in quanto questi erano integralmente ricompresi nell’eccezione prevista dall’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, di tale regolamento.

 Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

20      Con atti introduttivi depositati presso la cancelleria del Tribunale l’11 giugno 2014, ClientEarth ha proposto due ricorsi intesi all’annullamento, rispettivamente, della decisione della Commissione del 1o aprile 2014 (causa T‑425/14) e di quella del 3 aprile 2014 (causa T‑424/14), menzionate al punto 1 della presente sentenza. Essa ha inoltre concluso chiedendo la condanna della Commissione alla rifusione delle spese del procedimento. Con ordinanza del presidente della Seconda Sezione del Tribunale in data 27 aprile 2015, tali cause sono state riunite ai fini della fase orale del procedimento e della sentenza.

21      Nell’ambito di tali ricorsi, ClientEarth ha dedotto un motivo unico, suddiviso, in sostanza, in due parti. A sostegno della prima parte di tale motivo, relativa ad una violazione dell’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001, essa ha fatto valere tre censure, riguardanti, in primo luogo, l’inapplicabilità di tale disposizione, in secondo luogo, l’assenza di un rischio di grave pregiudizio per i processi decisionali della Commissione e, in terzo luogo, l’esistenza di un interesse pubblico prevalente alla divulgazione dei documenti controversi. ClientEarth ha espressamente rinunciato alla prima censura in occasione dell’udienza dinanzi al Tribunale, ciò di cui si è preso atto nel verbale di tale udienza. Mediante la seconda parte del suddetto motivo di ricorso, ClientEarth ha asserito che la Commissione aveva violato l’obbligo di motivazione.

22      Il Tribunale ha iniziato esaminando questa seconda parte del motivo, e l’ha rigettata.

23      Per quanto riguarda la prima parte del motivo, dopo aver constatato che la Commissione non aveva proceduto ad un esame individuale e concreto dei documenti controversi, il Tribunale ha nondimeno verificato se detta istituzione potesse rifiutare l’accesso a questi ultimi, sulla scorta dell’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001, fondandosi su una presunzione generale secondo cui la divulgazione di questo tipo di documenti pregiudicherebbe gravemente, in via di principio, i suoi processi decisionali in corso, ai sensi della disposizione summenzionata.

24      A questo scopo, il Tribunale ha rilevato, in primo luogo, ai punti da 68 a 75 della sentenza impugnata, che i documenti controversi, in quanto si inscrivevano nella realizzazione di due valutazioni d’impatto, appartenevano ad una medesima categoria di documenti.

25      In secondo luogo, il Tribunale, ai punti da 76 a 84 di detta sentenza, ha esaminato le regole disciplinanti la preparazione e l’elaborazione, da parte della Commissione, di proposte politiche, scaturenti in particolare dall’articolo 17, paragrafi da 1 a 3, TUE. Esso ha concluso da tale esame che le regole suddette imponevano alla Commissione, allorché essa prepara ed elabora simili proposte, di fare in modo di agire in modo del tutto indipendente e unicamente nell’interesse generale. Il Tribunale ne ha dedotto che occorreva, correlativamente, mettere detta istituzione in condizione di agire in questo modo.

26      Ai punti da 94 a 96 della sentenza impugnata, il Tribunale ha ritenuto che, dopo la fase pubblica di consultazione organizzata dalla Commissione nell’ambito della procedura di valutazione d’impatto al fine di raccogliere i contributi delle parti interessate, detta istituzione dovesse poter beneficiare di uno spazio di riflessione autonomo, temporaneamente al riparo da influenze e pressioni esterne di ogni tipo, in modo da poter decidere, sulla base delle informazioni raccolte nel corso di tale procedimento, in piena indipendenza e nell’interesse generale, in merito alle iniziative politiche da proporre eventualmente. In tal senso, il potere di iniziativa della Commissione avrebbe dovuto essere preservato da qualsiasi influenza proveniente da interessi pubblici o privati che tentassero, al di fuori della consultazione di cui sopra, di costringere l’istituzione summenzionata ad adottare un’iniziativa, a modificarla, o persino a rinunciarvi, e che prolungassero o addirittura complicassero la discussione in seno all’istituzione stessa. Orbene, le relazioni sulla valutazione d’impatto avrebbero contenuto un raffronto delle diverse opzioni politiche esaminate dalla Commissione. Pertanto, secondo il Tribunale, la divulgazione di dette relazioni, anche solo allo stato di progetti, nonché dei pareri espressi dal comitato per la valutazione d’impatto su tali relazioni avrebbe comportato un rischio accresciuto che soggetti terzi tentassero, al di fuori della consultazione suddetta, di esercitare in modo mirato un’influenza sulle scelte politiche operate da detta istituzione. In particolare, vi sarebbe stato il rischio che dei soggetti che avevano partecipato a questa consultazione presentassero alla Commissione nuovi rilievi in merito alle opzioni e alle ipotesi prese in considerazione da quest’ultima ovvero nuove critiche contro tali opzioni ed ipotesi, sostenendo che il loro punto di vista non era stato sufficientemente o debitamente preso in considerazione.

27      Sulla scorta di tali circostanze, il Tribunale ha affermato, al punto 97 della sentenza impugnata, che, ai fini dell’applicazione dell’eccezione prevista dall’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001, la Commissione era legittimata a presumere, senza procedere a un esame concreto ed individuale di ciascuno dei documenti formati nell’ambito della preparazione di una valutazione d’impatto, che la divulgazione di tali documenti avrebbe, in linea di principio, pregiudicato gravemente il suo processo decisionale di elaborazione di una proposta politica.

28      In terzo luogo, il Tribunale ha precisato, ai punti 98 e 99 di detta sentenza, che la presunzione di cui sopra poteva essere applicata fino a quando la Commissione non avesse adottato una decisione in merito ad un’eventuale proposta politica, vale a dire fino a che detta istituzione non avesse deciso o di adottare un’iniziativa o di abbandonare l’iniziativa prevista.

29      In quarto luogo, il Tribunale ha indicato, ai punti da 100 a 106 della sentenza impugnata, che la presunzione suddetta si applicava a prescindere dalla natura – legislativa o di altro tipo – della proposta eventualmente prevista.

30      In quinto luogo, il Tribunale, ai punti da 107 a 110 della suddetta sentenza, ha giudicato che l’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento n. 1367/2006 non ostava al riconoscimento della presunzione in questione.

31      Per quanto riguarda più in particolare i documenti controversi, il Tribunale ha constatato, ai punti da 116 a 124 della sentenza impugnata, che tali documenti rientravano nell’ambito di applicazione della suddetta presunzione generale e che ClientEarth non aveva invocato alcun elemento idoneo a confutare tale presunzione.

32      Infine, ai punti da 133 a 163 di detta sentenza, il Tribunale ha ritenuto che nessuno degli argomenti addotti da ClientEarth fosse tale da rimettere in discussione la valutazione compiuta dalla Commissione, secondo cui nessun interesse pubblico prevalente giustificava la divulgazione dei documenti controversi.

33      Di conseguenza, il Tribunale ha respinto la prima parte del motivo unico di annullamento, e dunque i ricorsi nel loro insieme.

 Procedimento dinanzi alla Corte e conclusioni delle parti

34      ClientEarth chiede alla Corte di annullare la sentenza impugnata e di condannare la Commissione alle spese del procedimento, ivi comprese quelle sostenute dalle eventuali parti intervenienti.

35      La Commissione chiede alla Corte di respingere l’impugnazione perché infondata e di condannare ClientEarth alle spese del procedimento.

36      Con decisioni del presidente della Corte del 12 luglio 2016, la Repubblica di Finlandia e il Regno di Svezia sono stati ammessi ad intervenire a sostegno delle conclusioni di ClientEarth. Tali Stati membri chiedono alla Corte di annullare la sentenza impugnata. Il Regno di Svezia chiede altresì che la Commissione venga condannata a sopportare le spese da esso sostenute nell’ambito del procedimento di impugnazione.

 Sull’impugnazione

 Sulla permanenza dell’interesse ad agire

37      All’udienza del 3 luglio 2017, ClientEarth ha segnalato l’avvenuta pubblicazione su Internet della versione definitiva, quale documento di lavoro, della relazione sulla valutazione d’impatto in merito ad un’iniziativa della Commissione riguardante l’accesso alla giustizia in materia ambientale in data 28 giugno 2017 [SWD(2017) 255 final], circostanza questa che è stata confermata dalla Commissione. Alla luce dei chiarimenti forniti da quest’ultima nel corso di tale udienza, risulta che la pubblicazione di cui sopra ha fatto seguito all’adozione, da parte di detta istituzione, in data 28 aprile 2017, di una comunicazione relativa all’accesso alla giustizia nel settore ambientale [C(2017) 2616 final].

38      Con lettera del 2 febbraio 2018, la Commissione ha informato la Corte che essa, in data 29 gennaio 2018, aveva trasmesso a ClientEarth i documenti di valutazione d’impatto sulle ispezioni e sulla sorveglianza in materia ambientale. Secondo la Commissione, tale trasmissione ha fatto seguito all’adozione da parte sua, il 18 gennaio 2018, di una comunicazione sulle azioni destinate a migliorare il rispetto della normativa ambientale e la governance ambientale [COM(2018) 10 final], nonché di una decisione riguardante la creazione di un nuovo gruppo di esperti della Commissione (il forum sul rispetto della normativa ambientale e sulla governance ambientale) [C(2018) 10 final]. La Commissione ha fatto valere che, a seguito della trasmissione di documenti suddetta, ClientEarth aveva ottenuto l’accesso alla totalità dei documenti controversi, ciò che poteva portare la Corte a constatare, in conformità dell’articolo 149 del regolamento di procedura di quest’ultima, che non vi era più luogo a statuire sulla presente impugnazione.

39      Nell’ambito di osservazioni presentate alla Corte il 20 febbraio 2018, ClientEarth si è opposta alla pronuncia di un eventuale non luogo a statuire.

40      A questo proposito, ClientEarth ha fatto valere, in primo luogo, che, contrariamente a quanto la Commissione aveva affermato, essa aveva avuto accesso soltanto a tre dei quattro documenti controversi, e non alla totalità degli stessi. Infatti, essa non avrebbe ancora ricevuto in comunicazione il parere del comitato per la valutazione d’impatto in merito al progetto di relazione sulla valutazione d’impatto riguardante l’accesso alla giustizia in materia ambientale. In secondo luogo, ClientEarth ha sostenuto che essa aveva, in ogni caso, conservato un interesse a ottenere l’annullamento della sentenza impugnata e delle decisioni controverse, da un lato, al fine di evitare che l’illegittimità inficiante queste ultime si rinnovasse in futuro e, dall’altro, per il fatto che la Commissione non aveva formalmente ritirato tali decisioni.

41      Con lettera del 16 marzo 2018, la Commissione ha informato la Corte dell’avvenuta trasmissione a ClientEarth, mediante lettera dello stesso giorno, del parere del comitato per la valutazione d’impatto in merito al progetto di relazione sulla valutazione d’impatto riguardante l’accesso alla giustizia in materia ambientale, datato 21 maggio 2014.

42      ClientEarth ha presentato osservazioni in merito a tale lettera il 27 marzo 2018.

43      A questo proposito, occorre ricordare che, in conformità di una consolidata giurisprudenza della Corte, l’oggetto della controversia deve permanere, al pari dell’interesse ad agire, fino alla pronuncia della decisione giurisdizionale, a pena di un non luogo a statuire, il che presuppone che il ricorso o, eventualmente, l’impugnazione possa, con il suo risultato, procurare un beneficio alla parte che l’ha proposto (v., in tal senso, sentenze del 28 maggio 2013, Abdellrahim/Consiglio e Commissione, C‑239/12 P, EU:C:2013:331, punto 61 e la giurisprudenza ivi citata, nonché del 27 giugno 2013, Xeda International e Pace International/Commissione, C‑149/12 P, non pubblicata, EU:C:2013:433, punto 31).

44      Nel caso di specie, non è contestato che ClientEarth aveva un interesse ad agire allorché ha proposto i suoi ricorsi di annullamento dinanzi al Tribunale.

45      Inoltre, malgrado la pubblicazione o la comunicazione a ClientEarth, nel corso del presente procedimento di impugnazione, dei vari documenti contemplati ai punti 37, 38 e 41 della presente sentenza, occorre rilevare, in primo luogo, che le decisioni controverse non sono state ritirate dalla Commissione, sicché l’oggetto della controversia è rimasto in essere (v., in tal senso, sentenza del 7 giugno 2007, Wunenburger/Commissione, C‑362/05 P, EU:C:2007:322, punti 48 e 49).

46      In secondo luogo, come sottolineato, in sostanza, da ClientEarth, quest’ultima cercava nella fattispecie di ottenere l’accesso ai documenti controversi in modo, segnatamente, da far valere il proprio punto di vista nei processi decisionali in corso presso la Commissione e da instaurare una discussione sulle azioni progettate da tale istituzione prima che questa prendesse una decisione in merito alle iniziative previste, o presentando, eventualmente, una proposta, o abbandonando queste iniziative.

47      Orbene, alla luce delle considerazioni esposte al punto 37 della presente sentenza e dei chiarimenti forniti dalla Commissione in occasione dell’udienza dinanzi alla Corte, risulta che la divulgazione della relazione sulla valutazione d’impatto e del parere del comitato per la valutazione d’impatto in merito all’accesso alla giustizia in materia ambientale ha fatto seguito alla decisione della Commissione di non presentare proposte legislative in materia e di adottare una comunicazione. Per quanto riguarda la trasmissione a ClientEarth dei documenti di valutazione d’impatto sulle ispezioni e sulla sorveglianza in materia ambientale, risulta dal punto 38 della presente sentenza che essa fa seguito all’adozione, da parte della Commissione, di una comunicazione sul rispetto della normativa ambientale e sulla governance ambientale, nonché di una decisione relativa alla creazione di un nuovo gruppo di esperti in materia. Sembra dunque che la divulgazione di questi differenti documenti sia intervenuta soltanto dopo che la Commissione aveva preso una decisione quanto alle iniziative previste. Date tali circostanze, la divulgazione suddetta non sembra aver permesso di raggiungere interamente gli obiettivi perseguiti da ClientEarth mediante la presentazione delle sue domande di accesso.

48      In terzo luogo, risulta dalla giurisprudenza della Corte che un ricorrente può, in alcuni casi, mantenere un interesse a chiedere l’annullamento dell’atto impugnato e, se del caso, della sentenza del Tribunale che respinge il ricorso proposto contro tale atto per indurre l’autore di quest’ultimo ad apportare, in futuro, le modifiche appropriate ed evitare così il rischio di ripetizione dell’illegittimità da cui l’atto in questione è asseritamente inficiato (v., in tal senso, sentenza del 28 maggio 2013, Abdellrahim/Consiglio e Commissione, C‑239/12 P, EU:C:2013:331, punto 63 nonché la giurisprudenza ivi citata). Il permanere di tale interesse presuppone che l’illegittimità in questione possa riprodursi in futuro, indipendentemente dalle particolari circostanze del caso in esame (v., in tal senso, sentenza del 7 giugno 2007, Wunenburger/Commissione, C-362/05 P, EU:C:2007:322, punto 52).

49      Orbene, nel caso di specie, ClientEarth addebita in particolare al Tribunale di aver affermato che la Commissione era legittimata a rifiutare l’accesso ai documenti controversi fondandosi sulla presunzione generale secondo cui la divulgazione dei documenti formati nell’ambito della preparazione di una valutazione d’impatto avrebbe, in linea di principio, pregiudicato gravemente il processo decisionale di detta istituzione in corso di elaborazione di una proposta politica, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001. Pertanto, una delle illegittimità fatte valere da ClientEarth risiede, in sostanza, nell’applicazione della presunzione suddetta.

50      Come sostenuto da ClientEarth, tale illegittimità è suscettibile di ripetersi in futuro, indipendentemente dalle particolari circostanze della presente causa.

51      A questo proposito, occorre infatti ricordare che, in virtù di una consolidata giurisprudenza, qualora un’istituzione dell’Unione investita di una domanda di accesso a un documento decida di respingere tale domanda sulla base di una delle eccezioni previste dall’articolo 4 del regolamento n. 1049/2001, spetta ad essa, in linea di principio, spiegare in che modo l’accesso a tale documento potrebbe pregiudicare concretamente ed effettivamente l’interesse tutelato dall’eccezione in questione. Inoltre, il rischio di un siffatto pregiudizio dev’essere ragionevolmente prevedibile e non puramente ipotetico (v., in tal senso, sentenza del 17 ottobre 2013, Consiglio/Access Info Europe, C‑280/11 P, EU:C:2013:671, punto 31 e la giurisprudenza ivi citata). In alcuni casi, la Corte ha riconosciuto che era però lecito per l’istituzione interessata fondarsi, a questo proposito, su presunzioni generali applicabili a determinate categorie di documenti, posto che considerazioni di ordine generale simili possono applicarsi a domande di divulgazione riguardanti documenti aventi uguale natura (sentenza del 16 luglio 2015, ClientEarth/Commissione, C‑612/13 P, EU:C:2015:486, punto 69 e la giurisprudenza ivi citata).

52      L’obiettivo di tali presunzioni risiede dunque nella possibilità, per l’istituzione dell’Unione interessata, di ritenere che la divulgazione di alcune categorie di documenti pregiudichi, in linea di principio, l’interesse tutelato dall’eccezione che essa invoca, fondandosi su simili considerazioni generali, senza essere tenuta ad esaminare concretamente e individualmente ciascuno dei documenti richiesti (v., in tal senso, sentenze del 17 ottobre 2013, Consiglio/Access Info Europe, C‑280/11 P, EU:C:2013:671, punto 73, e dell’11 maggio 2017, Svezia/Commissione, C‑562/14 P, EU:C:2017:356, punto 47 nonché la giurisprudenza ivi citata).

53      Pertanto, la presunzione generale riconosciuta dal Tribunale nella presente causa può essere nuovamente applicata in futuro dalla Commissione in occasione di nuove domande di accesso a documenti formati nel quadro della preparazione di una valutazione d’impatto in corso, ciò che del resto l’istituzione suddetta non ha contestato.

54      Per giunta, ClientEarth è particolarmente esposta a siffatte future applicazioni della presunzione suddetta. Risulta infatti dal punto 1 della sentenza impugnata che ClientEarth è un’organizzazione senza scopo di lucro avente come finalità la tutela dell’ambiente. A questo proposito, ClientEarth fa valere, in sostanza, senza che la Commissione sia in disaccordo sul punto, che una delle sue missioni è di agire allo scopo di ottenere una maggiore trasparenza e legittimità del processo legislativo dell’Unione e che è dunque probabile che essa in futuro chiederà nuovamente accesso a documenti analoghi ai documenti controversi e che la Commissione rigetterà ancora una volta tale domanda sulla base della suddetta presunzione generale. In tal caso ClientEarth dovrebbe presentare un nuovo ricorso di annullamento per contestare la fondatezza di questa medesima presunzione.

55      Pertanto, dal punto di vista di ClientEarth, la questione della legittimità della presunzione generale in questione nella presente causa risulta pertinente nell’ottica di future domande di accesso a documenti siffatti (v., per analogia, sentenza del 7 giugno 2007, Wunenburger/Commissione, C‑362/05 P, EU:C:2007:322, punto 59).

56      Date tali circostanze, occorre dichiarare che ClientEarth ha conservato un interesse ad agire. Tenuto conto del rischio di ripetizione dell’illegittimità asserita e alla luce delle particolari circostanze menzionate sopra, il riconoscimento di tale interesse ad agire corrisponde alle esigenze di una buona amministrazione della giustizia.

57      Pertanto, occorre statuire sulla presente impugnazione.

 Sul primo motivo

58      Il primo motivo di impugnazione verte sul fatto che il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto riconoscendo, ai punti da 55 a 127 della sentenza impugnata, l’esistenza di una presunzione generale secondo cui si reputa che, in linea di principio, la divulgazione dei documenti formati nell’ambito della preparazione di una valutazione d’impatto, quali i documenti controversi, pregiudichi gravemente il processo decisionale in corso della Commissione, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001, fino a quando tale istituzione non abbia adottato una decisione in merito all’eventuale presentazione di una proposta. Tale motivo di impugnazione è suddiviso in cinque parti, di cui quelle dalla prima alla quarta vengono dedotte in via principale mentre la quinta viene presentata in subordine. Occorre esaminare, in primo luogo, le parti prima, seconda, terza e quarta del motivo.

 Argomenti delle parti

59      Con la prima parte del primo motivo di impugnazione, ClientEarth, sostenuta dalla Repubblica di Finlandia e dal Regno di Svezia, fa valere che, riconoscendo l’esistenza della suddetta presunzione generale, il Tribunale ha effettuato un’erronea applicazione della giurisprudenza della Corte.

60      Infatti, se invero la Corte ha già riconosciuto l’esistenza di presunzioni generali di riservatezza a beneficio di vari tipi di documenti, risulterebbe da tale giurisprudenza, da un lato, che tali presunzioni devono essere oggetto di un’interpretazione e di un’applicazione restrittive. Dall’altro lato, le cause nelle quali la Corte ha riconosciuto le presunzioni suddette presenterebbero caratteristiche differenti, nessuna delle quali risulterebbe esistente nel caso di specie.

61      In particolare, le cause di cui sopra avrebbero riguardato tutte un insieme di documenti chiaramente circoscritti per la loro comune appartenenza ad un fascicolo afferente ad un procedimento giurisdizionale o amministrativo in corso, circostanza questa che non sussisterebbe nel caso di specie.

62      Inoltre, nella maggior parte delle cause suddette, i documenti in questione avrebbero costituito l’oggetto di una normativa specifica che limitava in un modo o nell’altro l’accesso ai documenti stessi. Orbene, nel caso di specie, esisterebbe effettivamente una normativa specifica applicabile ai documenti controversi, che conterrebbero informazioni ambientali, vale a dire la Convenzione di Aarhus sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale, conclusa ad Aarhus il 25 giugno 1998 («Convenzione di Aarhus»), ed approvata a nome della Comunità europea mediante la decisione 2005/370/CE del Consiglio, del 17 febbraio 2005 (GU 2005, L 124, pag. 1), nonché il regolamento n. 1367/2006. Tuttavia, tale normativa sarebbe finalizzata, al contrario, ad ampliare il diritto di accesso a tali informazioni.

63      La Commissione contesta tali argomenti, in quanto, a suo avviso, ClientEarth desume dalla giurisprudenza della Corte regole che quest’ultima non enuncia. Infatti, risulterebbe da tale giurisprudenza che l’istituzione di una presunzione generale di riservatezza presuppone, da un lato, che i documenti richiesti appartengano ad una medesima categoria di documenti ovvero abbiano uguale natura e, dall’altro, che l’accesso a tali documenti rischi di pregiudicare il corretto svolgimento e gli obiettivi delle procedure ai quali essi si riferiscono.

64      Con la seconda parte del suo primo motivo di impugnazione, ClientEarth, sostenuta dalla Repubblica di Finlandia e dal Regno di Svezia, fa valere che il Tribunale è incorso in un errore di diritto ritenendo, ai punti da 55 a 99 della sentenza impugnata, che l’articolo 17, paragrafi da 1 a 3, TUE permettesse di fondare il riconoscimento di una presunzione generale di riservatezza dei documenti formati nell’ambito di una valutazione d’impatto. Da un lato, il Tribunale confonderebbe riservatezza e indipendenza. Infatti, sarebbe l’opacità, e non la trasparenza, l’elemento suscettibile di pregiudicare l’indipendenza della Commissione. La trasparenza rafforzerebbe, al contrario, tale indipendenza, mettendo la Commissione in condizione di resistere meglio alle eventuali pressioni esterne. Dall’altro lato, a pena di disattendere il principio dell’interpretazione restrittiva delle eccezioni al diritto di accesso ai documenti delle istituzioni, l’articolo 17 TUE non potrebbe costituire una base generale che consente alla Commissione di rifiutare l’accesso a tali documenti.

65      La Commissione ribatte che il Tribunale ha correttamente esaminato le norme che disciplinano il processo decisionale di detta istituzione e, più in particolare, quelle dettate nell’articolo 17, paragrafi da 1 a 3, TUE, il quale dispone che la Commissione, quando prepara ed elabora proposte politiche, agisce in piena indipendenza e nell’interesse generale. Contrariamente a quanto vorrebbe ClientEarth, tali norme non prevedrebbero che la Commissione, in tale contesto, intrattenga molteplici dialoghi continui con le parti interessate. Orbene, come il Tribunale avrebbe giustamente riconosciuto ai punti da 79 a 84 e 96 della sentenza impugnata, sarebbe in pratica impossibile per la Commissione disporre di uno spazio di deliberazione autonomo ed esercitare il proprio potere di iniziativa in piena indipendenza se essa fosse costantemente impegnata in tali dialoghi. L’essenza di tale potere non potrebbe essere preservata qualora le parti interessate tentassero, al di fuori della consultazione pubblica organizzata da detta istituzione, di obbligare quest’ultima ad adottare un’iniziativa, a modificarla o a rinunciarvi. Per il resto, l’interesse del pubblico attinente alla comprensione del processo decisionale della Commissione dovrebbe essere soddisfatto in occasione della presentazione di una proposta ovvero con la rinuncia all’iniziativa prevista, in quanto, in un caso come nell’altro, la versione finale della totalità o di una parte dei documenti controversi sarà a quel punto accessibile in conformità degli Orientamenti riguardanti la valutazione d’impatto, adottati il 15 gennaio 2009 dalla Commissione (in prosieguo: gli «orientamenti del 2009»).

66      Con la terza parte del suo primo motivo di impugnazione, ClientEarth, sostenuta dal Regno di Svezia, asserisce che il Tribunale è incorso in un errore di diritto riconoscendo l’esistenza di una presunzione generale di riservatezza applicabile ai documenti controversi, senza verificare, segnatamente al punto 96 della sentenza impugnata, il rischio che la divulgazione di questo tipo di documenti comporti un pregiudizio specifico, concreto ed effettivo all’interesse tutelato dall’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001. Infatti, il riconoscimento di una presunzione siffatta presupporrebbe che venga, previamente, dimostrato il rischio di un pregiudizio siffatto.

67      La Commissione sostiene, al contrario, che il Tribunale ha spiegato, al punto 96 sopra citato, il rischio oggettivo, reale e specifico che tale divulgazione comporterebbe per i suoi processi decisionali in corso. D’altronde, ClientEarth avrebbe fornito essa stessa la prova della concreta esistenza delle pressioni esterne che la Commissione rischierebbe di subire nel caso di tale divulgazione, avendo essa dichiarato che l’obiettivo della sua domanda di accesso era di permetterle di partecipare a tali processi decisionali.

68      Con la quarta parte del primo motivo di impugnazione, ClientEarth, sostenuta dalla Repubblica di Finlandia e dal Regno di Svezia, fa valere che il Tribunale è incorso in un errore di diritto, ai punti da 100 a 106 della sentenza impugnata, non tenendo conto del fatto che i documenti controversi si inscrivono in un contesto legislativo e sono intrinsecamente connessi alla decisione di proseguire, o meno, un’iniziativa legislativa.

69      Infatti, da un lato, in occasione dell’elaborazione delle valutazioni d’impatto, la Commissione parteciperebbe al processo legislativo e i documenti formati in tale contesto costituirebbero il fondamento di eventuali atti legislativi. Tali documenti dovrebbe essere qualificati come «legislativi», ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001, cosicché essi dovrebbero essere oggetto di una trasparenza rafforzata. Dall’altro lato, la giurisprudenza della Corte non giustificherebbe il riconoscimento di una presunzione generale di riservatezza applicabile a documenti di questa natura.

70      La Commissione risponde, in primo luogo, che il procedimento legislativo inizia soltanto con la presentazione di una proposta legislativa. Orbene, la presunzione generale riconosciuta dal Tribunale si applicherebbe soltanto fino a quando la Commissione non prende una decisione in merito all’eventuale adozione di una proposta siffatta, ossia in un momento in cui non esisterebbe ancora alcun documento legislativo. La Commissione aggiunge che i cittadini avranno la possibilità di prendere conoscenza dei fondamenti dell’azione legislativa dell’Unione a partire dal momento in cui inizierà il procedimento legislativo, con la presentazione della proposta legislativa di detta istituzione, in quanto sarà allora che i documenti controversi verranno pubblicati.

71      In secondo luogo, come il Tribunale avrebbe constatato al punto 105 della sentenza impugnata, anche supponendo che i documenti controversi debbano essere qualificati come «legislativi», ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001, tale disposizione si applicherebbe tuttavia senza pregiudizio degli articoli 4 e 9 di questo stesso regolamento e dunque restando salva la possibilità di riconoscere una presunzione generale valevole per questi documenti.

72      In terzo luogo, la giurisprudenza della Corte non escluderebbe il riconoscimento di una presunzione siffatta in un contesto legislativo.

 Giudizio della Corte

–       Considerazioni preliminari

73      Occorre ricordare che, a mente del suo considerando 1, il regolamento n. 1049/2001 è riconducibile all’intento espresso all’articolo 1, secondo comma, TUE di segnare una nuova tappa nel processo di creazione di un’unione sempre più stretta tra i popoli dell’Europa, in cui le decisioni siano adottate nel modo più trasparente possibile e più vicino possibile ai cittadini (v., in tal senso, sentenza del 1o luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio, C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374, punto 34).

74      Tale obiettivo fondamentale dell’Unione trova riconoscimento anche, da un lato, nell’articolo 15, paragrafo 1, TFUE, ai sensi del quale, in particolare, le istituzioni, gli organi e gli organismi dell’Unione operano nel massimo rispetto possibile del principio di trasparenza, principio altresì riaffermato all’articolo 10, paragrafo 3, TUE e all’articolo 298, paragrafo 1, TFUE, nonché, dall’altro lato, in virtù della consacrazione del diritto di accesso ai documenti stabilita all’articolo 42 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (v., in tal senso, sentenza del 18 luglio 2017, Commissione/Breyer, C‑213/15 P, EU:C:2017:563, punto 52).

75      Risulta dal considerando 2 del regolamento n. 1049/2001 che la trasparenza permette di conferire alle istituzioni dell’Unione una maggiore legittimità, efficienza e responsabilità nei confronti dei cittadini dell’Unione in un sistema democratico. Inoltre, consentendo che i diversi punti di vista vengano apertamente discussi, essa contribuisce ad accrescere la fiducia di detti cittadini (v., in tal senso, sentenza del 1o luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio, C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374, punti 45 e 59).

76      A questi scopi, l’articolo 1 del citato regolamento prevede che quest’ultimo miri a conferire al pubblico un diritto di accesso ai documenti delle istituzioni che sia il più ampio possibile (v., in tal senso, sentenza del 13 luglio 2017, Saint‑Gobain Glass Deutschland/Commissione, C‑60/15 P, EU:C:2017:540, punto 61 e la giurisprudenza ivi citata).

77      Risulta altresì dall’articolo 4 del summenzionato regolamento, il quale istituisce un regime di eccezioni al riguardo, che il diritto di accesso di cui sopra è comunque sottoposto a determinate limitazioni fondate su ragioni di interesse pubblico o privato (sentenza del 16 luglio 2015, ClientEarth/Commissione, C‑612/13 P, EU:C:2015:486, punto 57). Tra tali eccezioni, l’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del medesimo regolamento stabilisce in particolare che l’accesso a un documento elaborato per uso interno da un’istituzione dell’Unione, relativo ad una questione su cui essa non abbia ancora adottato una decisione, viene rifiutato nel caso in cui la divulgazione del documento pregiudicherebbe gravemente il processo decisionale di tale istituzione, a meno che vi sia un interesse pubblico prevalente alla divulgazione.

78      Dal momento che tali eccezioni derogano al principio del più ampio accesso possibile del pubblico ai documenti, esse devono essere interpretate ed applicate in senso restrittivo (sentenza del 13 luglio 2017, Saint‑Gobain Glass Deutschland/Commissione, C‑60/15 P, EU:C:2017:540, punto 63 e la giurisprudenza ivi citata).

79      Come si è ricordato al punto 51 della presente sentenza, qualora l’istituzione dell’Unione di cui trattasi decida, sulla base di una delle suddette eccezioni, di rifiutare l’accesso ad un documento che le sia stato chiesto di comunicare, essa ha la facoltà, in alcuni casi, di fondarsi a questo scopo su presunzioni generali applicabili a talune categorie di documenti.

80      Come risulta dalla giurisprudenza menzionata al citato punto 51, il riconoscimento di una presunzione generale a beneficio di una nuova categoria di documenti presuppone però che sia previamente dimostrato che la divulgazione del tipo di documenti rientranti in tale categoria sarebbe, in modo ragionevolmente prevedibile, idonea a pregiudicare effettivamente l’interesse tutelato dall’eccezione in questione. Inoltre, posto che le presunzioni generali costituiscono un’eccezione all’obbligo di esame concreto ed individuale, da parte dell’istituzione dell’Unione interessata, di ciascun documento oggetto di una domanda di accesso, e, in via più generale, un’eccezione al principio del più ampio accesso possibile del pubblico ai documenti detenuti dalle istituzioni dell’Unione, esse devono essere oggetto di un’interpretazione e di un’applicazione in senso restrittivo (v., in tal senso, sentenza del 16 luglio 2015, ClientEarth/Commissione, C‑612/13 P, EU:C:2015:486, punto 81).

81      A tutt’oggi, la Corte ha riconosciuto l’esistenza di presunzioni generali di riservatezza a beneficio di cinque categorie di documenti, vale a dire i documenti di un fascicolo amministrativo afferente ad un procedimento di controllo degli aiuti di Stato, le memorie depositate dinanzi ai giudici dell’Unione nel corso di un procedimento giurisdizionale durante la pendenza del medesimo, i documenti scambiati tra la Commissione e le parti che hanno effettuato una notifica oppure soggetti terzi nell’ambito di un procedimento di controllo delle operazioni di concentrazione tra imprese, i documenti relativi ad un procedimento precontenzioso per inadempimento, ivi inclusi i documenti scambiati tra la Commissione e lo Stato membro interessato nell’ambito di una procedura EU Pilot, e i documenti afferenti ad un procedimento ai sensi dell’articolo 101 TFUE (v., in tal senso, sentenza del 16 luglio 2015, ClientEarth/Commissione, C‑612/13 P, EU:C:2015:486, punto 77 nonché la giurisprudenza ivi citata; per quanto riguarda le memorie depositate dinanzi ai giudici dell’Unione, v., in tal senso, sentenza del 18 luglio 2017, Commissione/Breyer, C‑213/15 P, EU:C:2017:563, punto 41 e la giurisprudenza ivi citata; per quanto riguarda i documenti scambiati nell’ambito di una procedura EU Pilot, v. sentenza dell’11 maggio 2017, Svezia/Commissione, C‑562/14 P, EU:C:2017:356, punto 51). In ciascuno di questi casi, il diniego di accesso in questione verteva su un insieme di documenti chiaramente circoscritti in virtù della loro comune appartenenza ad un fascicolo afferente ad un procedimento amministrativo o giurisdizionale in corso (sentenza del 16 luglio 2015, ClientEarth/Commissione, C‑612/13 P, EU:C:2015:486, punto 78; v. altresì sentenza dell’11 maggio 2017, Svezia/Commissione, C‑562/14 P, EU:C:2017:356).

82      È alla luce di tali considerazioni preliminari che occorre esaminare le parti prima, seconda, terza e quarta del primo motivo di impugnazione, prese congiuntamente.

83      A questo scopo, occorre stabilire se il Tribunale potesse, senza incorrere in un errore di diritto, affermare in sostanza, ai punti da 68 a 111 della sentenza impugnata, che, ai fini dell’applicazione dell’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001, la Commissione poteva legittimamente presumere che, fino a quando essa non avesse preso una decisione riguardo ad un’eventuale proposta, la divulgazione dei documenti formati nell’ambito di una valutazione d’impatto avrebbe, in linea di principio, gravemente pregiudicato il suo processo decisionale in corso di elaborazione di una proposta siffatta, e ciò indipendentemente, da un lato, dal carattere legislativo o di altro tipo della proposta prevista e, dall’altro, dalla circostanza che i documenti in questione contenessero informazioni ambientali, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera d), del regolamento n. 1367/2006.

–       Sul contesto di elaborazione e sul contenuto dei documenti controversi

84      In primo luogo, occorre ricordare che il considerando 6 del regolamento n. 1049/2001 afferma che si dovrebbe garantire un accesso più ampio ai documenti nei casi in cui le istituzioni dell’Unione agiscono in veste di legislatore. Infatti, la possibilità, per i cittadini, di controllare e di conoscere l’insieme delle informazioni che costituiscono il fondamento dell’azione legislativa dell’Unione è un presupposto per l’esercizio effettivo, da parte loro, dei loro diritti democratici, riconosciuti in particolare dall’articolo 10, paragrafo 3, TUE (v., in tal senso, sentenze del 1o luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio, C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374, punto 46, nonché del 17 ottobre 2013, Consiglio/Access Info Europe, C‑280/11 P, EU:C:2013:671, punto 33). Come sottolineato, in sostanza, da ClientEarth, tale esercizio dei diritti di cui sopra presuppone non soltanto che i cittadini in questione dispongano delle informazioni di cui trattasi al fine di comprendere le scelte operate dalle istituzioni dell’Unione nell’ambito del processo legislativo, ma anche che essi possano avere accesso a tali informazioni in tempo utile, in un momento che li metta in condizione di far valere utilmente il loro punto di vista in merito a queste scelte.

85      Inoltre, come sottolineato dall’avvocato generale ai paragrafi 64 e 65 delle sue conclusioni, risulta dall’articolo 12, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001 – il quale attua il principio risultante dal considerando 6 del medesimo regolamento – che devono essere qualificati come «documenti legislativi» ed essere di conseguenza resi direttamente accessibili, fatti salvi gli articoli 4 e 9 del citato regolamento, non già unicamente gli atti adottati dal legislatore dell’Unione, bensì, più in generale, i documenti formati o ricevuti nell’ambito di procedimenti intesi all’adozione di atti giuridicamente vincolanti negli Stati membri o nei confronti di questi ultimi.

86      A questo proposito, è vero che, come rilevato dal Tribunale al punto 103 della sentenza impugnata, allorché la Commissione prepara dei documenti di valutazione d’impatto, come i documenti controversi, essa non agisce in prima persona in veste di legislatore. Per giunta, la procedura di valutazione d’impatto si svolge a monte della procedura legislativa in senso stretto, la quale in effetti comincia formalmente soltanto con la presentazione, da parte della Commissione, di una proposta legislativa.

87      Ciò premesso, occorre rilevare che, a norma dell’articolo 17, paragrafo 2, TUE, un atto legislativo dell’Unione può essere adottato soltanto su proposta della Commissione, salvo che i trattati dispongano diversamente. Il potere di iniziativa riconosciuto a detta istituzione dalla disposizione sopra citata comprende, da un lato, quello di decidere se presentare o meno una proposta, tranne nei casi in cui l’istituzione sopra menzionata è tenuta a presentare una proposta siffatta. In particolare, la decisione della Commissione di abbandonare, a seguito di una valutazione d’impatto, l’iniziativa legislativa prevista pone un termine definitivo all’azione legislativa programmata, la quale può riprendere soltanto se detta istituzione ritorna sulla propria decisione. Dall’altro lato, il potere di iniziativa della Commissione include quello di determinare l’oggetto, la finalità e il contenuto di un’eventuale proposta, fermo restando che, a norma dell’articolo 293, paragrafo 1, TFUE, al di fuori dei casi contemplati da tale disposizione, il Consiglio, quando statuisce, a norma dei trattati, su proposta della Commissione, può emendare la proposta stessa soltanto deliberando all’unanimità (v., in tal senso, sentenza del 14 aprile 2015, Consiglio/Commissione, C‑409/13, EU:C:2015:217, punti 70 e 72).

88      Tenuto conto di tale potere, la Commissione è un attore essenziale del processo legislativo.

89      Orbene, nel caso di specie, come risulta dai punti 9 e 33 della sentenza impugnata, i documenti controversi si riferiscono a valutazioni d’impatto realizzate in vista dell’adozione, da parte della Commissione, di iniziative legislative.

90      In tale contesto, come illustrato dal Tribunale ai punti da 86 a 88 della sentenza impugnata, le valutazioni d’impatto realizzate da detta istituzione costituiscono, secondo gli orientamenti del 2009, degli strumenti chiave che consentono di fare in modo che le iniziative dell’istituzione medesima e la legislazione dell’Unione vengano elaborate a partire da informazioni trasparenti, complete ed equilibrate. È sulla base di queste informazioni che la Commissione potrà valutare l’opportunità, la necessità, la natura e il contenuto di tali iniziative. Le relazioni sulla valutazione d’impatto contengono più in particolare la presentazione delle diverse opzioni politiche prese in considerazione, lo studio delle incidenze, dei vantaggi e degli inconvenienti di tali opzioni, nonché un raffronto di queste ultime. Benché i suddetti orientamenti dichiarino che le valutazioni d’impatto non sostituiscono l’assunzione di decisione da parte della Commissione, risulta dal punto 9 della sentenza sopra menzionata che tale istituzione ha affermato, nelle decisioni controverse, che le scelte politiche operate nelle sue proposte legislative erano sostenute dal contenuto di tali valutazioni.

91      Ne consegue che, al pari di quanto sostengono, in sostanza, ClientEarth e la Repubblica di Finlandia, le relazioni sulla valutazione d’impatto e i pareri del comitato per la valutazione d’impatto che le accompagnano contengono, in un contesto siffatto, informazioni costituenti elementi importanti del processo legislativo dell’Unione, facenti parte del fondamento dell’azione legislativa di quest’ultima.

92      Orbene, sebbene la presentazione, da parte della Commissione, di una proposta di natura legislativa sia, nella fase della valutazione d’impatto, incerta, la divulgazione di tali documenti è idonea ad accrescere la trasparenza e l’apertura del processo legislativo nel suo insieme, e in particolare delle fasi preparatorie di tale processo, e, in questo modo, a rafforzare il carattere democratico dell’Unione permettendo ai suoi cittadini di controllare tali informazioni e di cercare di influire su detto processo. Infatti, come sostenuto da ClientEarth, in sostanza, tale divulgazione, in un momento in cui il processo decisionale della Commissione è in corso, permette, da un lato, ai cittadini di comprendere le opzioni prese in considerazione da detta istituzione e le scelte operate da quest’ultima e, in questo modo, di conoscere le considerazioni sottese all’azione legislativa dell’Unione. Dall’altro lato, tale divulgazione mette questi cittadini in condizione di far valere utilmente il loro punto di vista in merito a queste scelte prima che le stesse vengano definitivamente compiute, per quanto riguarda sia la decisione della Commissione di presentare una proposta legislativa, sia il contenuto di una proposta siffatta, da cui dipende l’azione legislativa dell’Unione.

93      Ne consegue che, come rilevato dall’avvocato generale ai paragrafi 67 e 68 delle sue conclusioni, simili documenti rientrano, in considerazione del loro oggetto, tra quelli contemplati dall’articolo 12, paragrafo 2, del regolamento n. 1049/2001.

94      Per il resto, l’importanza, per i cittadini, di poter accedere ai documenti formati nell’ambito di una valutazione d’impatto, anche quando il processo decisionale della Commissione sia tuttora in corso, non viene rimessa in discussione dal fatto, sottolineato da detta istituzione, che, nella fattispecie, ClientEarth avrebbe avuto la possibilità di partecipare alle consultazioni pubbliche organizzate dall’istituzione medesima nell’ambito delle procedure per la valutazione d’impatto in discussione nel presente caso e che un certo numero di documenti relativi a tali valutazioni erano già disponibili pubblicamente al momento dell’adozione delle decisioni controverse. Sebbene tali consultazioni mirino anche a garantire la trasparenza del processo decisionale della Commissione e la partecipazione dei cittadini a tale processo, esse non sostituiscono la possibilità per questi ultimi di accedere, su loro richiesta, alle relazioni sulla valutazione d’impatto e ai pareri del comitato per la valutazione d’impatto. Infatti, risulta dagli orientamenti del 2009 che le consultazioni organizzate dalla Commissione non sono necessariamente aperte alla totalità del pubblico. Inoltre, non è dimostrato, nella specie, che le informazioni comunicate nell’ambito di tali consultazioni e quelle contenute nei documenti già disponibili pubblicamente corrispondessero, in sostanza, a quelle contenute nei documenti controversi.

95      Risulta da quanto sopra esposto che le ragioni sottostanti al principio – enunciato al considerando 6 del regolamento n. 1049/2001 e concretizzato nell’articolo 12, paragrafo 2, di questo stesso regolamento – di un più ampio accesso ai documenti adottati dalle istituzioni dell’Unione che agiscono in veste di legislatore – ragioni ricordate al punto 84 della presente sentenza – valgono anche per i documenti formati nell’ambito di una procedura di valutazione d’impatto, quali i documenti controversi, elaborati in vista dell’eventuale adozione di iniziative legislative da parte della Commissione. Pertanto, come sostenuto da ClientEarth, tali documenti devono beneficiare anch’essi di un accesso siffatto.

96      In secondo luogo, occorre altresì rilevare che i documenti controversi contengono informazioni ambientali ai sensi del regolamento n. 1367/2006.

97      Infatti, ai termini dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera d), v), di tale regolamento, costituiscono informazioni ambientali, in particolare, le informazioni disponibili in forma scritta, visiva, sonora, elettronica o in qualunque altra forma materiale, riguardanti le analisi costi‑benefici ed altre analisi e ipotesi economiche utilizzate nell’ambito delle misure come le politiche, le disposizioni legislative, i piani, i programmi e gli accordi ambientali. A questo proposito, da un lato, risulta dal punto 90 della presente sentenza che le relazioni sulla valutazione d’impatto contengono in particolare lo studio delle incidenze nonché dei vantaggi e degli inconvenienti delle diverse opzioni politiche prese in considerazione dalla Commissione in vista dell’eventuale adozione di un’iniziativa di natura legislativa o di altro tipo. Dall’altro lato, nel caso di specie, è dimostrato che i documenti controversi si riferiscono ad iniziative legislative previste nel settore ambientale.

98      Orbene, il regolamento n. 1367/2006 persegue, a norma del suo articolo 1, l’obiettivo di garantire una messa a disposizione ed una diffusione sistematiche quanto più ampie possibile delle informazioni ambientali (sentenza del 13 luglio 2017, Saint‑Gobain Glass Deutschland/Commissione, C‑60/15 P, EU:C:2017:540, punto 64 e la giurisprudenza ivi citata). Dal considerando 2 del regolamento n. 1367/2006 risulta, in sostanza, che l’accesso a tali informazioni mira in effetti a favorire una più efficace partecipazione del pubblico al processo decisionale, in modo da accrescere la responsabilità degli organi competenti nell’ambito del processo decisionale, al fine di sensibilizzare l’opinione pubblica e di ottenerne il sostegno nei confronti delle decisioni adottate (sentenza del 23 novembre 2016, Commissione/Stichting Greenpeace Nederland e PAN Europe, C‑673/13 P, EU:C:2016:889, punto 80).

99      A questo proposito, se è pur vero che l’articolo 3 del regolamento n. 1367/2006 stabilisce che il regolamento n. 1049/2001 si applica a tutte le domande di accesso alle informazioni ambientali, l’articolo 6 del primo regolamento citato aggiunge norme più specifiche riguardanti tali domande di accesso che, in parte, favoriscono e, in parte, restringono tale accesso (sentenza del 13 luglio 2017, Saint‑Gobain Glass Deutschland/Commissione, C‑60/15 P, EU:C:2017:540, punto 65 e la giurisprudenza ivi citata).

100    In particolare, dall’articolo 6, paragrafo 1, seconda frase, del regolamento n. 1367/2006, letto alla luce del considerando 15 di quest’ultimo, risulta segnatamente che il motivo di diniego di accesso enunciato all’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001 deve essere interpretato in maniera restrittiva per quanto riguarda le informazioni ambientali, tenuto conto dell’interesse che la divulgazione delle informazioni richieste presenta per il pubblico, in modo da tendere ad una maggiore trasparenza di tali informazioni.

101    Risulta dalle considerazioni esposte ai punti da 84 a 100 della presente sentenza che, nella specie, vengono in discussione dei documenti che si inscrivono in un processo legislativo, contenenti per giunta informazioni ambientali, e che, di conseguenza, l’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001 deve essere oggetto di un’interpretazione e di un’applicazione tanto più restrittive.

–       Sulla presunzione generale riconosciuta nella sentenza impugnata

102    Al fine di riconoscere l’esistenza di una presunzione generale di riservatezza dei documenti formati nell’ambito di una valutazione d’impatto fino a che la Commissione non abbia preso una decisione in merito ad un’eventuale proposta, il Tribunale – come ricordato al punto 26 della presente sentenza – si è fondato, ai punti da 94 a 96 della sentenza impugnata, su considerazioni generali attinenti in sostanza, da un lato, alla necessità di preservare lo spazio di riflessione della Commissione e la capacità di quest’ultima di esercitare il suo potere di iniziativa in piena indipendenza e unicamente nell’interesse generale in conformità dell’articolo 17, paragrafi da 1 a 3, TUE, e, dall’altro, al rischio che la divulgazione dei documenti formati nell’ambito di una valutazione d’impatto afferente ad un processo decisionale in corso determini pressioni o influenze esterne suscettibili di pregiudicare lo svolgimento del processo decisionale di tale istituzione.

103    Orbene, in primo luogo, se certo la Commissione deve, in virtù dell’articolo 17, paragrafi da 1 a 3, TUE, agire in maniera pienamente indipendente e unicamente nell’interesse generale allorché essa effettua valutazioni d’impatto, occorre rilevare che la procedura di valutazione d’impatto non costituisce un tipo di procedura che, in quanto tale, presenti delle caratteristiche costituenti, per principio, un ostacolo alla concessione di una trasparenza piena. Al contrario, come precisato dal Tribunale al punto 93 della sentenza impugnata, tale procedura si svolge nell’ambito di un obiettivo di trasparenza e di apertura del processo decisionale della Commissione. Risulta dai punti da 84 a 101 della presente sentenza che lo stesso deve valere a maggior ragione qualora la suddetta procedura si inscriva, come nel caso di specie, in un processo legislativo nel settore ambientale.

104    Inoltre, come sostiene, in sostanza, ClientEarth, rafforzando la legittimità del processo decisionale della Commissione, la trasparenza garantisce la credibilità dell’azione di quest’ultima agli occhi dei cittadini e delle organizzazioni interessate e contribuisce così per l’appunto ad assicurare che tale istituzione agisca in piena indipendenza ed unicamente nell’interesse generale. È piuttosto la mancanza di informazione del pubblico e di dibattito che può far nascere dei dubbi in merito all’adempimento, da parte della suddetta istituzione, delle sue missioni in piena indipendenza e unicamente nell’interesse generale (v., in tal senso, sentenza del 1o luglio 2008, Svezia e Turco/Consiglio, C‑39/05 P e C‑52/05 P, EU:C:2008:374, punto 59).

105    In secondo luogo, come ribadito da ClientEarth e dagli Stati membri intervenuti a suo sostegno, nessuna delle ragioni addotte dal Tribunale ai punti da 94 a 96 della sentenza impugnata permette di delineare il rischio di un grave pregiudizio al processo decisionale in corso della Commissione, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001. Riconoscendo, sulla base di tali ragioni, una presunzione generale di riservatezza dei documenti formati nell’ambito di una valutazione d’impatto fino a quando la Commissione non abbia adottato una decisione in merito ad un’eventuale proposta, il Tribunale ha violato la disposizione suddetta, nonché il principio dell’interpretazione e dell’applicazione restrittive della stessa, il quale, come si è ricordato al punto 101 della presente sentenza, ha una rilevanza tutta particolare per quanto riguarda i documenti formati nel corso di un processo legislativo e contenenti informazioni ambientali.

106    A questo proposito, non si può certo escludere che, come indicato dal Tribunale al punto 96 della sentenza impugnata, in caso di divulgazione delle relazioni sulla valutazione d’impatto, nonché dei pareri del comitato per la valutazione d’impatto emessi in ordine alle suddette relazioni, prima che la Commissione abbia preso una decisione in merito ad un’eventuale proposta, soggetti terzi tentino di esercitare un’influenza, o addirittura delle pressioni, sulle scelte politiche che tale istituzione è chiamata ad operare, ovvero che talune parti interessate che abbiano presentato osservazioni nel corso della consultazione pubblica organizzata da questa stessa istituzione nell’ambito della procedura di valutazione d’impatto presentino nuovi rilievi in merito alle opzioni o alle ipotesi prese in considerazione dall’istituzione medesima o nuove critiche contro tali opzioni o ipotesi.

107    Tuttavia, da un lato, nella misura in cui la Commissione ha, in sostanza, asserito che, nel caso di una divulgazione siffatta, essa si troverebbe impegnata in molteplici dialoghi continui con le parti interessate, di modo che sarebbe per essa praticamente impossibile disporre di uno spazio di riflessione autonomo e prendere in piena indipendenza una decisione in merito alle proposte eventualmente da adottare, occorre rilevare che il diritto dell’Unione non impone, in linea di principio, a detta istituzione, di intrattenere simili dialoghi in casi individuali, circostanza questa che la Commissione ha espressamente riconosciuto all’udienza dinanzi alla Corte. A questo proposito, se invero l’articolo 11, paragrafo 2, TUE stabilisce che le istituzioni dell’Unione mantengono un dialogo aperto, trasparente e regolare con le associazioni rappresentative e con la società civile, non per questo tale disposizione implica che la Commissione sia tenuta a rispondere, nel merito e in ciascun singolo caso, agli eventuali rilievi ricevuti a seguito della divulgazione di un documento sulla base del regolamento n. 1049/2001.

108    Dall’altro lato, e in ogni caso, il Tribunale non ha dimostrato che l’influenza o le pressioni esterne che la Commissione potrebbe eventualmente subire, in caso di divulgazione dei documenti elaborati nell’ambito di una valutazione d’impatto afferente ad un processo decisionale in corso, sarebbero tali che esse rischierebbero, in maniera generale e indipendentemente dal contesto specifico che accompagna la valutazione d’impatto e il processo decisionale in questione, nonché dal contenuto concreto di ciascuno dei documenti richiesti, di minare la capacità di detta istituzione di agire in piena indipendenza e unicamente nell’interesse generale, od anche di pregiudicare, prolungare o complicare gravemente il buon svolgimento delle discussioni interne e del processo decisionale dell’istituzione stessa. Come sostenuto in sostanza da ClientEarth, le considerazioni generali esposte a tale titolo dal Tribunale ai punti da 94 a 96 della sentenza impugnata non valgono a delineare un rischio siffatto. A questo proposito, come risulta dai punti 92 e 98 della presente sentenza, il pronunciamento del pubblico o delle parti interessate in merito alle scelte operate e alle opzioni politiche prese in considerazione dalla Commissione nell’ambito delle sue iniziative, e segnatamente delle sue iniziative legislative nel settore ambientale, prima che essa abbia preso una decisione in merito all’iniziativa progettata, costituisce parte integrante dell’esercizio dei diritti democratici dei cittadini dell’Unione.

109    Ne consegue che, se certo la Commissione deve poter beneficiare di uno spazio di riflessione al fine di poter decidere sulle scelte politiche da operare e sulle proposte eventualmente da presentare, erroneamente il Tribunale ha affermato, in sostanza, che la tutela del potere di iniziativa della Commissione e la preservazione della capacità di tale istituzione di esercitare questo potere in piena indipendenza e unicamente nell’interesse generale esigono, in linea di principio, che i documenti formati nell’ambito di una valutazione d’impatto possano, in maniera generale, rimanere riservati fino a che l’istituzione suddetta non abbia adottato una decisione siffatta.

110    Per il resto, nella misura in cui la Commissione, all’udienza dinanzi alla Corte, ha fatto valere la circostanza che i documenti controversi sarebbero soltanto progetti interni non finalizzati, occorre sottolineare – come la stessa istituzione ha ricordato nella propria comparsa di risposta – che, al fine di riconoscere la presunzione generale controversa, il Tribunale non si è fondato specificamente sulla suddetta circostanza né sulla necessità di preservare il processo correlato alla redazione di tali documenti. Infatti, risulta dai punti da 94 a 97 della sentenza impugnata che il Tribunale ha, a questo scopo, ritenuto più in generale sussistente il rischio che la divulgazione delle relazioni sulla valutazione d’impatto, siano esse o no allo stato di progetto, e dei pareri del comitato per la valutazione d’impatto pregiudichi gravemente il processo decisionale in corso della Commissione correlato all’elaborazione e all’adozione delle sue proposte.

111    In ogni caso, occorre precisare, da un lato, che l’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001 prevede l’accesso a documenti per uso interno relativi ad una questione sulla quale l’istituzione dell’Unione interessata non abbia ancora adottato una decisione. Orbene, né per il suo tenore letterale né per l’interesse che essa protegge, tale disposizione esclude la possibilità di domandare l’accesso ai documenti aventi carattere provvisorio. Dall’altro lato, tale carattere non è, di per sé, idoneo a dimostrare, in modo generale e indipendentemente da un’analisi individuale e concreta di ciascun documento richiesto, il rischio di un grave pregiudizio al processo decisionale della Commissione. Infatti, tale pregiudizio dipende da fattori quali lo stato di ultimazione del documento in questione e la fase precisa nella quale si trova il processo decisionale di cui trattasi nel momento in cui l’accesso a detto documento viene rifiutato, il contesto specifico che accompagna tale processo, nonché le questioni che devono ancora essere oggetto di discussioni interne all’istituzione interessata.

112    Dall’insieme delle considerazioni sopra esposte risulta che il Tribunale è incorso in errori di diritto affermando, ai punti da 94 a 111 della sentenza impugnata, che, ai fini dell’applicazione dell’eccezione prevista dall’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001, la Commissione poteva legittimamente presumere che, fino a quando essa non avesse adottato una decisione in merito ad un’eventuale proposta, la divulgazione dei documenti formati nell’ambito di una valutazione d’impatto avrebbe, in linea di principio, pregiudicato gravemente il suo processo decisionale in corso di elaborazione di tale proposta, e ciò indipendentemente, da un lato, dal carattere legislativo o di altro tipo della proposta prevista e, dall’altro lato, dalla circostanza che i documenti in questione contenessero informazioni ambientali, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera d), del regolamento n. 1367/2006.

113    Pertanto, senza che occorra esaminare gli altri argomenti sollevati da ClientEarth e dagli altri Stati membri intervenuti a suo sostegno, occorre dichiarare che le parti prima, seconda, terza e quarta del primo motivo di impugnazione sono fondate.

114    Poiché il primo motivo di impugnazione deve essere accolto su tale base, occorre annullare la sentenza impugnata, senza che sia necessario esaminare la quinta parte di tale motivo, sollevata, in via subordinata, in ordine al fatto che il Tribunale avrebbe reso inconfutabile la presunzione generale stabilita, e senza che sia necessario esaminare il secondo motivo di impugnazione, parimenti sollevato in via subordinata, secondo cui il Tribunale avrebbe commesso un errore di diritto non riconoscendo l’esistenza di un interesse pubblico prevalente alla divulgazione dei documenti controversi.

 Sui ricorsi dinanzi al Tribunale

115    In conformità dell’articolo 61, primo comma, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, la Corte può, in caso di annullamento della decisione del Tribunale, rinviare la causa dinanzi a quest’ultimo affinché statuisca sulla controversia, oppure statuire essa stessa definitivamente sulla controversia qualora lo stato degli atti lo consenta.

116    Nel caso di specie, vi è luogo perché la Corte statuisca definitivamente sulla controversia, la quale è matura per la decisione.

117    Come si è indicato al punto 21 della presente sentenza, in primo grado ClientEarth ha sostenuto, in particolare, che le decisioni controverse violavano l’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001, in quanto la Commissione aveva erroneamente ritenuto che la divulgazione dei documenti controversi avrebbe rischiato di pregiudicare gravemente i suoi processi decisionali in corso, ai sensi della disposizione sopra citata.

118    A questo proposito, risulta dalle decisioni controverse, il cui contenuto è stato ricordato ai punti da 13 a 17 della presente sentenza, che, al fine di dimostrare l’esistenza di un rischio siffatto, la Commissione si è fondata, da un lato, su considerazioni di ordine generale, attinenti, anzitutto, alla circostanza che le valutazioni d’impatto sarebbero servite quale supporto per le scelte strategiche operate da detta istituzione nelle sue proposte legislative, poi, alla necessità di preservare il proprio margine di manovra, la propria indipendenza, la propria capacità di trovare compromessi e di agire unicamente nell’interesse generale, nonché il clima di fiducia che deve regnare nelle discussioni in seno ad essa, e, infine, al rischio di pressioni esterne idonee a pregiudicare gravemente lo svolgimento di tali discussioni.

119    Dall’altro lato, la Commissione altresì fatto valere considerazioni più specifiche attinenti ai due processi decisionali in corso, riferite, in particolare, al fatto che questi ultimi si trovavano in una fase iniziale e delicata, al fatto che le questioni discusse costituivano l’oggetto di riflessioni da molto tempo, nonché all’importanza di tali questioni. Per quanto riguarda i documenti di valutazione d’impatto sull’accesso alla giustizia in materia ambientale, essa ha altresì sottolineato la sensibilità della problematica connessa a tale questione e l’esistenza di possibili divergenze di opinioni tra gli Stati membri. Per quanto riguarda i documenti di valutazione d’impatto sulle ispezioni e sulla sorveglianza in materia ambientale, la Commissione ha inoltre posto l’accento sulla necessità che la discussione sia salvaguardata di fronte a fattori di influenza esterna nel caso in cui tale influenza incida sulla qualità del controllo sugli Stati membri.

120    Per quanto riguarda, da un lato, le ragioni di ordine generale menzionate al punto 118 della presente sentenza, esse corrispondono, in sostanza, a quelle addotte dal Tribunale ai punti da 78 a 97 della sentenza impugnata. Orbene, risulta dalle considerazioni esposte ai punti da 84 a 112 della presente sentenza che la Commissione non poteva fondarsi su ragioni siffatte per presumere che l’accesso ai documenti formati nell’ambito di una valutazione d’impatto pregiudicasse gravemente, in linea di principio, i suoi processi decisionali in corso, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001, senza procedere ad una valutazione concreta e individuale dei documenti controversi.

121    Per quanto riguarda, dall’altro lato, le ragioni specifiche relative ai due processi decisionali in corso, che sono riassunte al punto 119 della presente sentenza, neanch’esse permettono – così come sostenuto da ClientEarth in primo grado – di delineare il rischio concreto, effettivo e ragionevolmente prevedibile che l’accesso ai documenti controversi pregiudichi gravemente i suddetti processi decisionali.

122    In primo luogo, la circostanza – anche a supporla provata – che i documenti controversi siano stati richiesti in una fase iniziale del processo decisionale non è, di per sé stessa, sufficiente per dimostrare l’esistenza di un rischio siffatto (v., per analogia, sentenza del 17 ottobre 2013, Consiglio/Access Info Europe, C‑280/11 P, EU:C:2013:671, punto 60).

123    Sebbene, nelle sue memorie difensive in primo grado, la Commissione abbia fatto valere che essa non può essere tenuta a comunicare al pubblico le relazioni sulla valutazione d’impatto quando si trovano allo stato di progetti preliminari, nonché le eventuali successive modificazioni di tali relazioni, risulta dalle considerazioni esposte al punto 111 della presente sentenza che neanche il carattere provvisorio di un documento è idoneo, di per sé, a dimostrare l’esistenza del rischio summenzionato. Orbene, la Commissione non ha dimostrato, in modo circostanziato, le ragioni per le quali, tenuto conto in particolare della precisa fase in cui si trovavano le procedure di valutazione d’impatto in questione nel caso di specie, e alla luce delle specifiche questioni che dovevano ancora essere oggetto di discussioni interne alla data di adozione delle decisioni controverse, la divulgazione di ciascuno dei documenti controversi, singolarmente preso, avrebbe pregiudicato gravemente i suoi processi decisionali in corso.

124    A questo proposito, non può trovare accoglimento l’argomento addotto dalla Commissione, relativo al fatto che la comunicazione, prima della fine della procedura di valutazione d’impatto, di detti documenti ad alcune parti interessate, che avrebbero cercato di influire sui lavori di detta istituzione, avrebbe rischiato di determinare una rappresentanza eccessiva nonché un’influenza sproporzionata degli interessi delle parti di cui sopra e di falsare così il processo decisionale di detta istituzione. Infatti, spetta alla Commissione fare in modo di prevenire una situazione del genere, non già rifiutando l’accesso ai documenti di cui sopra, bensì prendendo in considerazione l’insieme degli interessi in gioco, ivi compresi quelli delle persone o dei gruppi di interesse che non hanno richiesto tale accesso. Deve del pari essere respinto l’argomento di detta istituzione, secondo cui non sarebbe nell’interesse del pubblico avere accesso alle diverse versioni dei progetti di relazione sulla valutazione d’impatto ed alle loro successive modificazioni per il fatto che tale accesso seminerebbe confusione tra i destinatari di questi documenti. Infatti, se anche non si può escludere che una siffatta circostanza, anche a supporla realizzata, possa essere presa in considerazione al fine di escludere l’esistenza di un interesse pubblico prevalente alla divulgazione del documento considerato, detta circostanza non è però idonea a dimostrare il rischio di un grave pregiudizio al processo decisionale della Commissione. Orbene, la questione se un siffatto interesse esista non si pone qualora manchi la prova dell’esistenza di tale rischio.

125    In secondo luogo, la Commissione non ha dimostrato, nelle decisioni controverse, in che modo l’importanza delle questioni trattate nei documenti controversi e il fatto che tali questioni siano da molto tempo oggetto di riflessioni implichino che la divulgazione di questi documenti pregiudicherebbe gravemente i suoi processi decisionali in corso.

126    Per quanto riguarda, in terzo luogo, gli argomenti della Commissione relativi al carattere sensibile delle suddette questioni e dei negoziati in corso, nonché all’esistenza di possibili divergenze di opinioni tra gli Stati membri, tali argomenti non sono suffragati da alcun elemento e restano troppo astratti per dimostrare il rischio di un pregiudizio siffatto, sicché essi non meritano accoglimento.

127    In quarto luogo, per quanto riguarda le ragioni relative alla necessità di preservare la discussione da fattori di influenza esterna, esse devono, alla luce delle considerazioni esposte ai punti da 106 a 109 della presente sentenza, essere respinte. Inoltre, la Commissione non ha chiarito in che modo un’influenza siffatta potrebbe, come essa sostiene, inficiare la qualità del controllo sugli Stati membri.

128    Risulta da quanto sopra esposto che la Commissione ha violato l’articolo 4, paragrafo 3, primo comma, del regolamento n. 1049/2001 rifiutando di divulgare i documenti controversi sulla base della disposizione suddetta. Pertanto, occorre annullare le decisioni controverse, senza che sia necessario esaminare gli altri argomenti addotti da ClientEarth a sostegno dei propri ricorsi di annullamento.

 Sulle spese

129    A norma dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura della Corte, quando l’impugnazione è accolta e la Corte statuisce essa stessa definitivamente sulla controversia, essa decide sulle spese. In conformità dell’articolo 138, paragrafo 1, di detto regolamento, applicabile al procedimento di impugnazione ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 1, del medesimo regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Ai termini dell’articolo 140, paragrafo 1, del citato regolamento, parimenti applicabile al procedimento di impugnazione a norma del summenzionato articolo 184, paragrafo 1, gli Stati membri intervenuti nella controversia sopportano le proprie spese.

130    Dato che la Commissione è rimasta soccombente nei motivi proposti nell’ambito della presente impugnazione, che ClientEarth ha chiesto la sua condanna al pagamento delle spese e che la Corte ha accolto i ricorsi proposti da ClientEarth dinanzi al Tribunale, occorre condannare la Commissione a sopportare, oltre alle proprie spese, anche quelle sostenute da ClientEarth sia in primo grado che nel presente procedimento di impugnazione.

131    La Repubblica di Finlandia e il Regno di Svezia sopportano ciascuno le proprie spese relative al presente procedimento di impugnazione.

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara e statuisce:

1)      La sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 13 novembre 2015, ClientEarth/Commissione (T424/14 e T425/14, EU:T:2015:848), è annullata.

2)      La decisione della Commissione europea del 1o aprile 2014, che nega l’accesso a una relazione sulla valutazione d’impatto riguardante un progetto di strumento vincolante che definisce il quadro strategico per le procedure di ispezione e di sorveglianza incentrate sui rischi e relative alla normativa ambientale dell’Unione europea, nonché ad un parere del comitato per la valutazione d’impatto, è annullata.

3)      La decisione della Commissione europea del 3 aprile 2014, che nega l’accesso a un progetto di relazione sulla valutazione d’impatto riguardante l’accesso alla giustizia in materia ambientale a livello degli Stati membri nel settore della politica ambientale dell’Unione europea, nonché ad un parere del comitato per la valutazione d’impatto, è annullata.

4)      La Commissione europea è condannata a sopportare, oltre alle proprie spese, anche quelle sostenute da ClientEarth in primo grado nonché nel procedimento di impugnazione.

5)      La Repubblica di Finlandia e il Regno di Svezia sopportano ciascuno le proprie spese relative al procedimento di impugnazione.

Firme


*      Lingua processuale: l’inglese.