Language of document : ECLI:EU:C:2018:867

SENTENZA DELLA CORTE (Nona Sezione)

25 ottobre 2018 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Proprietà intellettuale e industriale – Certificato protettivo complementare per i medicinali – Regolamento (CE) n. 469/2009 – Ambito di applicazione – Dispositivo medico che incorpora, come parte integrante, una sostanza che, se utilizzata separatamente, può essere considerata un medicinale – Direttiva 93/42/CEE – Articolo 1, paragrafo 4 – Nozione di “procedura di autorizzazione amministrativa”»

Nella causa C‑527/17,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Bundespatentgericht (Corte federale dei brevetti, Germania), con decisione del 18 luglio 2017, pervenuta in cancelleria il 5 settembre 2017, nel procedimento promosso da

Boston Scientific Ltd,

con l’intervento di:

Deutsches Patent- und Markenamt,

LA CORTE (Nona Sezione),

composta da K. Jürimäe (relatore), presidente di sezione, C. Lycourgos e C. Vajda, giudici,

avvocato generale: M. Campos Sánchez-Bordona

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la Boston Scientific Ltd, da M. Coehn;

–        per il governo ellenico, da M. Tassopoulou, A. Dimitrakopoulou e D. Tsagkaraki, in qualità di agenti;

–        per il governo francese, da D. Colas, S. Horrenberger e E. de Moustier, in qualità di agenti;

–        per il governo polacco, da B. Majczyna, in qualità di agente;

–        per il governo del Regno Unito, da D. Robertson, in qualità di agente, assistito da N. Saunders, barrister;

–        per la Commissione europea, da J. Samnadda, T. Scharf e F. Thiran, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocato generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 2 del regolamento (CE) n. 469/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 maggio 2009, sul certificato protettivo complementare per i medicinali (GU 2009, L 152, pag. 1).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di un procedimento promosso dalla Boston Scientific Ltd in merito al rifiuto di rilasciare un certificato protettivo complementare (in prosieguo: il «CPC»), oppostole dal Deutsches Patent- und Markenamt (Ufficio tedesco dei brevetti e dei marchi, Germania) (in prosieguo: il «DPMA»).

 Contesto normativo

 Direttiva 2001/83/CE

3        L’articolo 1 della direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano (GU 2001, L 311, pag. 67), come modificata dalla direttiva 2004/27/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004 (GU 2004, L 136, pag. 34) (in prosieguo: la «direttiva 2001/83»), prevede quanto segue:

«Ai fini della presente direttiva, valgono le seguenti definizioni:

(…)

2)      medicinale:

a)      ogni sostanza o associazione di sostanze presentata come avente proprietà curative o profilattiche delle malattie umane; o

b)      ogni sostanza o associazione di sostanze che possa essere utilizzata sull’uomo o somministrata all’uomo allo scopo di ripristinare, correggere o modificare funzioni fisiologiche, esercitando un’azione farmacologica, immunologica o metabolica, ovvero di stabilire una diagnosi medica;

(…)».

4        Ai sensi dell’articolo 2, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2001/83:

«1.      La presente direttiva si applica ai medicinali per uso umano destinati ad essere immessi in commercio negli Stati membri, preparati industrialmente o nella cui fabbricazione interviene un processo industriale.

2.      In caso di dubbio, se un prodotto, tenuto conto dell’insieme delle sue caratteristiche, può rientrare contemporaneamente nella definizione di “medicinale” e nella definizione di un prodotto disciplinato da un’altra normativa comunitaria, si applicano le disposizioni della presente direttiva».

5        L’allegato I della citata direttiva stabilisce norme e protocolli analitici, tossico‑farmacologici e clinici in materia di prove effettuate sui medicinali.

 Direttiva 93/42/CEE

6        L’articolo 1 della direttiva 93/42/CEE del Consiglio, del 14 giugno 1993, concernente i dispositivi medici (GU 1993, L 169, pag. 1), come modificata dalla direttiva 2007/47/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 settembre 2007 (GU 2007, L 247, pag. 21) (in prosieguo: la «direttiva 93/42»), prevede quanto segue:

«1.      La presente direttiva si applica ai dispositivi medici e ai relativi accessori. Ai fini della presente direttiva gli accessori sono considerati dispositivi medici a pieno titolo. In appresso i dispositivi medici ed i loro accessori vengono indicati col termine “dispositivi”.

2.      Ai fini della presente direttiva, si intende per:

a)      “dispositivo medico”: qualunque strumento, apparecchio, impianto, software, sostanza o altro prodotto, utilizzato da solo o in combinazione, compreso il software destinato dal fabbricante ad essere impiegato specificamente con finalità diagnostiche e/o terapeutiche e necessario al corretto funzionamento del dispositivo, destinato dal fabbricante ad essere impiegato sull’uomo a fini di:

–        diagnosi, prevenzione, controllo, terapia o attenuazione di una malattia,

(…)

la cui azione principale voluta nel o sul corpo umano non sia conseguita con mezzi farmacologici né immunologici né mediante metabolismo, ma la cui funzione possa essere assistita da questi mezzi;

(…)

3.      Qualsiasi dispositivo destinato a somministrare un medicinale ai sensi dell’articolo 1 della direttiva [2001/83] è soggetto alla presente direttiva, fatte salve le disposizioni della direttiva [2001/83] relative al medicinale.

Se, tuttavia, un dispositivo di questo tipo è immesso in commercio in modo che il dispositivo ed il medicinale siano integralmente uniti in un solo prodotto destinato ad essere utilizzato esclusivamente in tale associazione e non riutilizzabile, tale prodotto viene disciplinato dalla direttiva [2001/83]. Si applicano i pertinenti requisiti essenziali dell’allegato I della presente direttiva per quanto attiene alle caratteristiche di sicurezza e di prestazione del dispositivo.

4.      I dispositivi comprendenti come parte integrante una sostanza la quale, qualora utilizzata separatamente, possa esser considerata un medicinale ai sensi dell’articolo 1 della direttiva [2001/83] e possa avere un effetto sul corpo umano con un’azione accessoria a quella del dispositivo sono valutati ed autorizzati in conformità della presente direttiva.

(…)

5.      La presente direttiva non si applica:

(…)

c)      ai medicinali soggetti alla direttiva [2001/83]. Nello stabilire se un determinato prodotto rientri nell’ambito di applicazione di tale direttiva oppure della presente direttiva si deve tener conto in particolare del principale meccanismo d’azione del prodotto stesso;

(…)».

7        Ai sensi dell’articolo 3, primo comma, della direttiva 93/42:

«I dispositivi devono soddisfare i pertinenti requisiti essenziali prescritti nell’allegato I in considerazione della loro destinazione».

8        L’articolo 16, paragrafo 1, primo comma, di tale direttiva, così recita:

«Gli Stati membri notificano alla Commissione e agli altri Stati membri gli organismi ai quali hanno affidato le competenze contemplate dalle procedure di cui all’articolo 11 e i compiti specifici per i quali gli organismi sono stati designati. La Commissione attribuisce un numero di codice a detti organismi, denominati in appresso “organismi notificati”».

9        L’articolo 17, paragrafo 1, di detta direttiva, così recita:

«I dispositivi, ad esclusione di quelli su misura e di quelli destinati ad indagini cliniche, che soddisfano i requisiti essenziali previsti all’articolo 3 devono recare al momento dell’immissione in commercio una marcatura di conformità CE».

10      Il punto 7.4 dell’allegato I della medesima direttiva prevede quanto segue:

«Quando un dispositivo incorpora come parte integrante una sostanza la quale, se utilizzata separatamente, può essere considerata un medicinale ai sensi dell’articolo 1 della direttiva [2001/83] e può avere effetti sul corpo umano con un’azione accessoria a quella del dispositivo, occorre verificare la qualità, la sicurezza e l’utilità della sostanza, applicando per analogia i metodi previsti dall’allegato I della direttiva [2001/83].

Nel caso di sostanze di cui al primo comma, l’organismo notificato, previa verifica dell’utilità della sostanza come parte del dispositivo medico e tenuto conto della destinazione d’uso del dispositivo, chiede a una delle autorità competenti designate dagli Stati membri o all’Agenzia europea per i medicinali (EMEA), che opera in particolare attraverso il suo comitato in conformità del regolamento (CE) n. 726/2004 [del Parlamento europeo e del Consiglio del 31 marzo 2004 che istituisce procedure comunitarie per l’autorizzazione e la sorveglianza dei medicinali per uso umano e veterinario, e che istituisce l’agenzia europea per i medicinali (GU 2004, L 136, pag. 1)], un parere scientifico sulla qualità e sulla sicurezza della sostanza, ivi compreso il profilo clinico rischi/benefici relativo all’incorporazione della sostanza nel dispositivo. Nell’esprimere il parere, l’autorità competente o l’EMEA tengono conto del processo di fabbricazione e dei dati relativi all’utilità dell’incorporazione della sostanza nel dispositivo come stabiliti dall’organismo notificato.

(…)».

 Regolamento n. 469/2009

11      I considerando 3, 4 e da 8 a 10 del regolamento n. 469/2009 sono del seguente tenore:

«(3)      I medicinali, in particolare quelli derivanti da una ricerca lunga e costosa, potranno continuare a essere sviluppati nell[’Unione europea] e in Europa solo se potranno beneficiare di una normativa favorevole che preveda una protezione sufficiente a incentivare tale ricerca.

(4)      Attualmente, il periodo che intercorre fra il deposito di una domanda di brevetto per un nuovo medicinale e l’autorizzazione di immissione in commercio dello stesso riduce la protezione effettiva conferita dal brevetto a una durata insufficiente ad ammortizzare gli investimenti effettuati nella ricerca.

(…)

(8)      È pertanto necessario prevedere un [CPC] per i medicinali la cui immissione in commercio sia stata autorizzata, il quale possa essere ottenuto dal titolare di un brevetto nazionale o europeo alle stesse condizioni in ciascuno Stato membro. Di conseguenza, il regolamento costituisce lo strumento giuridico più appropriato.

(9)      La durata della protezione conferita dal certificato dovrebbe essere fissata in modo da permettere una protezione effettiva sufficiente. A tal fine, il titolare che disponga contemporaneamente di un brevetto e di un certificato deve poter beneficiare complessivamente di quindici anni al massimo di esclusività, a partire dalla prima autorizzazione di immissione in commercio nell[’Unione] del medicinale in questione.

(10)      Tuttavia, in un settore così complesso e sensibile come il settore farmaceutico, dovrebbero essere presi in considerazione tutti gli interessi in gioco, ivi compresi quelli della salute pubblica. A questo fine, il certificato non dovrebbe essere rilasciato per una durata superiore a cinque anni. La protezione che esso conferisce dovrebbe inoltre essere strettamente limitata al prodotto oggetto dell’autorizzazione di immissione in commercio in quanto medicinale».

12      L’articolo 1 di tale regolamento stabilisce quanto segue:

«Ai fini del presente regolamento, si intende per:

a)      “medicinale”: ogni sostanza o composizione presentata come avente proprietà curative o profilattiche delle malattie umane o animali, nonché ogni sostanza o composizione da somministrare all’uomo o all’animale allo scopo di stabilire una diagnosi medica o di ripristinare, correggere o modificare funzioni organiche dell’uomo o dell’animale;

b)      “prodotto”: il principio attivo o la composizione di principi attivi di un medicinale;

c)      “brevetto di base”: un brevetto che protegge un prodotto in quanto tale, un processo di fabbricazione di un prodotto o un impiego di prodotto e che è designato dal suo titolare ai fini della procedura di rilascio di un certificato;

(…)».

13      L’articolo 2 di detto regolamento così prevede:

«Ogni prodotto protetto da un brevetto nel territorio di uno Stato membro e soggetto, in quanto medicinale, prima dell’immissione in commercio a una procedura di autorizzazione amministrativa ai sensi della direttiva [2001/83] o della direttiva 2001/82/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali veterinari [(GU 2001, L 311, pag. 1),] può formare oggetto di un certificato alle condizioni e secondo le modalità previste dal presente regolamento».

14      Ai sensi dell’articolo 3 del medesimo regolamento:

«Il certificato viene rilasciato se nello Stato membro nel quale è presentata la domanda di cui all’articolo 7 e alla data di tale domanda:

a)      il prodotto è protetto da un brevetto di base in vigore;

b)      per il prodotto in quanto medicinale è stata rilasciata un’autorizzazione in corso di validità di immissione in commercio a norma, secondo il caso, della direttiva [2001/83] o della direttiva 2001/82/CE;

c)      il prodotto non è già stato oggetto di un certificato;

d)      l’autorizzazione di cui alla lettera b) è la prima autorizzazione di immissione in commercio del prodotto in quanto medicinale».

15      L’articolo 4 del regolamento n. 469/2009 dispone quanto segue:

«Nei limiti della protezione conferita dal brevetto di base, la protezione conferita dal certificato riguarda il solo prodotto oggetto dell’autorizzazione di immissione in commercio del medicinale corrispondente, per qualsiasi impiego del prodotto in quanto medicinale, che sia stato autorizzato prima della scadenza del certificato».

 Procedimento principale e questione pregiudiziale

16      La Boston Scientific è titolare del brevetto europeo (DE) EP 0681 475, la cui domanda è stata depositata il 26 gennaio 1994. Tale brevetto copre l’uso di sostanze medicinali per ridurre la restenosi dopo un intervento di angioplastica. Detto brevetto divulga in particolare che il paclitaxel, principio attivo noto per il trattamento di alcuni tipi di cancro e commercializzato con il nome di Taxol, evita o riduce la proliferazione e la migrazione delle cellule della parete vascolare e previene in tal modo il rischio di restenosi. Il contenuto della rivendicazione 8 di detto brevetto è il seguente:

«Impiego di Taxol nella produzione di un medicinale per il mantenimento di una superficie vascolare dilatata».

17      Il 21 gennaio 2003 la Boston Scientific ha ottenuto un certificato di conformità CE per il dispositivo medico TAXUS™ Express2 Paclitaxel-Eluting Coronary Stent System (in prosieguo: il «dispositivo medico TAXUS»), uno stent a rilascio di paclitaxel. Nel contesto della procedura di certificazione obbligatoria condotta dal Technischer Überwachungsverein Rheinland (in prosieguo: il «TÜV Rheinland»), il paclitaxel, quale costituente di detto dispositivo medico, veniva sottoposto a verifica preliminare, conformemente al punto 7.4, primo e secondo comma, dell’allegato I della direttiva 93/42, dal College Ter Beoordeling van Geneesmiddelen-Medicines Evaluation Board in the Netherlands (autorità olandese per il controllo dei medicinali, Paesi Bassi) (in prosieguo: il «CBG‑MEB»).

18      Il 29 marzo 2011 la Boston Scientific ha depositato presso l’Ufficio tedesco dei brevetti una domanda di rilascio di un CPC per il paclitaxel sulla base del brevetto (DE) EP 0681 475 e del certificato di conformità CE rilasciato per il dispositivo medico TAXUS nel corso del 2007. Il DPMA ha respinto tale domanda con decisione del 19 febbraio 2016, con la motivazione, in particolare, che il prodotto oggetto di tale domanda non disponeva di un’autorizzazione all’immissione in commercio (in prosieguo: un’«AIC»), ai sensi del regolamento n. 469/2009.

19      La Boston Scientific ha presentato ricorso avverso tale decisione dinanzi al Bundespatentgericht (Corte federale dei brevetti, Germania), facendo valere che il paclitaxel era stato sottoposto ad una procedura di autorizzazione amministrativa ai sensi della direttiva 2001/83. Infatti, durante la procedura di certificazione di conformità CE, il CBG-MEB, quale autorità di controllo consultata in forza del punto 7.4, secondo comma, dell’allegato I della direttiva 93/42, avrebbe effettuato un esame approfondito della sicurezza e dell’utilità del paclitaxel ai fini del suo impiego nel dispositivo medico TAXUS. Pertanto, tale procedura di certificazione obbligatoria dovrebbe essere considerata come una procedura di autorizzazione equivalente alla procedura di AIC prevista dalla direttiva 2001/83 per i medicinali.

20      Il giudice del rinvio rileva che, anche se il prodotto di cui trattasi nella causa principale è già stato oggetto, come medicinale, di un’AIC per il trattamento di taluni tipi di cancro, esso non è stato sottoposto, in quanto medicinale destinato all’uso rivendicato nel brevetto di base in questione, ad alcuna procedura di autorizzazione formale ai sensi di tale direttiva. Tale giudice osserva, tuttavia, che tale prodotto è stato soggetto, per tale uso, a valutazione in quanto sostanza costituente parte integrante del dispositivo medico TAXUS, conformemente alla direttiva 93/42.

21      Nonostante le differenze procedurali esistenti, tale valutazione avrebbe ad oggetto la sicurezza, la qualità e l’utilità della sostanza incorporata in tale dispositivo medico secondo metodi simili a quelli indicati nell’allegato I della direttiva 2001/83.

22      Il giudice del rinvio ne conclude che una sostanza incorporata come parte integrante in un dispositivo medico, quale il paclitaxel, va sottoposta necessariamente, nell’ambito della procedura obbligatoria di certificazione del dispositivo medico, ad una valutazione equivalente, sotto il profilo dei suoi criteri sostanziali di esame, a quella prevista dalla direttiva 2001/83 per la valutazione dei medicinali. La procedura di certificazione dei dispositivi medici che incorporano una sostanza medicinale e la procedura di AIC di un medicinale dovrebbero, pertanto, essere considerate entrambe procedure di autorizzazione amministrative, ai sensi dell’articolo 2 del regolamento n. 469/2009.

23      Una siffatta interpretazione sarebbe in linea sia con l’oggetto che con la finalità di tale regolamento, in quanto mirerebbe a concedere ai titolari di brevetti farmaceutici una compensazione per il tempo investito negli studi e nelle procedure di autorizzazione necessarie alla commercializzazione di un prodotto, tenuto conto di tutti gli interessi pertinenti, al fine di incentivare in tal modo la ricerca e lo sviluppo nel settore farmaceutico.

24      Tuttavia, data l’eterogeneità delle prassi decisionali degli Stati membri riguardo all’interpretazione dell’articolo 2 del regolamento n. 469/2009, il Bundespatentgericht (Corte federale dei brevetti, Germania) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:

«Se l’articolo 2 del regolamento [n. 469/2009] debba essere interpretato nel senso che un’autorizzazione rilasciata a norma della direttiva [93/42] per una combinazione dispositivo medico-medicinale, ai sensi del suo articolo 1, paragrafo 4, deve essere equiparata, ai fini [di tale] regolamento, a una valida [AIC] ai sensi della direttiva [2001/83] quando la qualità, la sicurezza e l’utilità del costituente medicamentoso sono state esaminate nell’ambito della procedura di autorizzazione ai sensi dell’allegato I, punto 7.4, primo comma, della direttiva [93/42] da un’autorità per i medicinali di uno Stato membro dell’Unione europea in conformità della direttiva [2001/83]».

 Sulla questione pregiudiziale

25      Con la sua questione, il giudice del rinvio chiede, sostanzialmente, se l’articolo 2 del regolamento n. 469/2009 debba essere interpretato nel senso che una procedura di previa autorizzazione, ai sensi della direttiva 93/42, di un dispositivo medico che incorpora, come parte integrante, una sostanza, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 4, di tale direttiva, dev’essere equiparata, ai fini dell’applicazione di tale regolamento, ad una procedura di AIC di tale sostanza ai sensi della direttiva 2001/83 quando tale sostanza è stata oggetto di una valutazione a norma del punto 7.4, primo e secondo comma, dell’allegato I della direttiva 93/42.

26      L’articolo 2 del regolamento n. 469/2009, che definisce l’ambito d’applicazione di quest’ultimo, prevede che ogni prodotto protetto da un brevetto nel territorio di uno Stato membro e soggetto, in quanto medicinale, prima dell’immissione in commercio, a una procedura di autorizzazione amministrativa ai sensi della direttiva 2001/83 se si tratta di un medicinale per uso umano, possa formare oggetto di un CPC alle condizioni e secondo le modalità previste da tale regolamento.

27      Risulta pertanto dalla formulazione stessa di tale articolo 2 che un prodotto può formare oggetto di un CPC solo qualora sia stato sottoposto, in quanto medicinale, ad una procedura di AIC ai sensi della direttiva 2001/83.

28      Orbene, si deve rilevare, in primo luogo, che una sostanza, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che costituisce parte integrante di un dispositivo medico e possa avere un effetto sul corpo umano con un’azione accessoria a quella di tale dispositivo, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 4, della direttiva 93/42, non può essere considerata un medicinale soggetto a procedura di AIC ai sensi della direttiva 2001/83.

29      Infatti, l’articolo 1, punto 2, lettera b), della direttiva 2001/83 definisce la nozione di «medicinale» come comprendente ogni sostanza o associazione di sostanze che possa essere utilizzata sull’uomo o somministrata all’uomo allo scopo di ripristinare, correggere o modificare funzioni fisiologiche, esercitando un’azione farmacologica, immunologica o metabolica, ovvero di stabilire una diagnosi medica.

30      La nozione di «medicinale» dovrebbe essere distinta da quella di «dispositivo medico». Quest’ultima nozione è definita nell’articolo 1, paragrafo 2, lettera a), della direttiva 93/42, come relativa a qualunque strumento, apparecchio, impianto, software, sostanza o altro prodotto, utilizzato da solo o in combinazione, destinato dal fabbricante ad essere impiegato sull’uomo ai fini, segnatamente,di diagnosi, prevenzione, controllo, terapia o attenuazione di una malattia, di una ferita o di un handicap, e la cui azione principale voluta nel o sul corpo umano non sia conseguita con mezzi farmacologici né immunologici né mediante metabolismo, ma la cui funzione possa essere assistita da questi mezzi.

31      Pertanto, le nozioni di «medicinale» e di «dispositivo medico» si escludono a vicenda, in modo tale che un prodotto che corrisponda alla definizione della nozione di «medicinale», ai sensi della direttiva 2001/83, non può essere qualificato come dispositivo medico, ai sensi della direttiva 93/42 (v., in tal senso, sentenza del 3 ottobre 2013, Laboratoires Lyocentre, C‑109/12, EU:C:2013:626, punto 41).

32      A tal riguardo, va precisato che, per stabilire se un prodotto rientri nell’una o nell’altra di tali nozioni, l’articolo 1, paragrafo 5, lettera c), della direttiva 93/42 impone alle autorità competenti di prestare particolare attenzione al principale meccanismo d’azione del prodotto.

33      Rientra dunque nella definizione di «dispositivo medico» un prodotto la cui principale modalità di azione non è ottenuta con mezzi farmacologici, immunologici o mediante metabolismo. Al contrario, un prodotto la cui azione principale voluta nel corpo umano è ottenuta in tal modo può essere qualificato come medicinale, ai sensi della direttiva 2001/83 (v., in tal senso, sentenza del 3 ottobre 2013, Laboratoires Lyocentre, C‑109/12, EU:C:2013:626, punto 44).

34      A tale proposito occorre rilevare che una sostanza, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, ha un effetto sul corpo umano con un’azione accessoria a quella del dispositivo che integra e la sua modalità di azione principale non corrisponde a quella di un medicinale, ai sensi dell’articolo 1, punto 2, della direttiva 2001/83. Orbene, poiché essa svolge unicamente un’azione accessoria a quella del dispositivo medico nel quale è integrata, non può essere qualificata in modo indipendente da tale dispositivo.

35      Ne consegue che una sostanza che, come nel caso di specie, costituisce parte integrante di un dispositivo medico, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 4, della direttiva 93/42, e ha un effetto sul corpo umano con un’azione accessoria a quella del dispositivo in cui è incorporata non può essere qualificata, per tale uso, come medicinale, ai sensi della direttiva 2001/83, nonostante si possa qualificare come tale se utilizzata separatamente. Una siffatta sostanza non può pertanto rientrare nell’ambito di applicazione del regolamento n. 469/2009.

36      In secondo luogo, e contrariamente a quanto sostenuto dal giudice del rinvio, non si può ritenere che una sostanza, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che costituisce parte integrante di un dispositivo medico, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 4, della direttiva 93/42, sia subordinata, nell’ambito della procedura di autorizzazione preliminare del dispositivo che la incorpora, ad una procedura amministrativa equivalente o equiparabile a quella prevista dalla direttiva 2001/83.

37      A tale riguardo, occorre rilevare che un dispositivo medico, come quello di cui trattasi nel procedimento principale, che incorpora, come parte integrante, una sostanza che, se utilizzata separatamente, può essere considerata un medicinale ai sensi dell’articolo 1 della direttiva 2001/83, e che può avere un effetto sul corpo umano con un’azione accessoria a quella del dispositivo, dev’essere valutato ed autorizzato, conformemente all’articolo 1, paragrafo 4, della direttiva 93/42, in conformità a quest’ultima direttiva.

38      Il punto 7.4, primo e il secondo comma, dell’allegato I della direttiva 93/42 precisa, a tal riguardo, che, se un dispositivo medico incorpora come parte integrante una siffatta sostanza, la qualità, la sicurezza e l’utilità della stessa devono essere verificate per analogia con i metodi di cui all’allegato I della direttiva 2001/83, e che tali controlli devono essere effettuati non per un uso della sostanza indipendente dal dispositivo, bensì tenendo conto della destinazione del dispositivo medico e dell’incorporazione della sostanza in quest’ultimo.

39      Pertanto, anche se tale sostanza è valutata utilizzando metodi simili a quelli previsti all’allegato I di tale ultima direttiva, l’utilità, la qualità e la sicurezza di una siffatta sostanza vanno valutate, in conformità del punto 7.4 dell’allegato I della direttiva 93/42, non per l’uso di tale sostanza come medicinale, come sarebbe stato il caso nell’ambito della procedura amministrativa prevista dalla direttiva 2001/83, bensì tenendo conto della destinazione del dispositivo medico e dell’incorporazione della sostanza in quest’ultimo.

40      Da quanto precede risulta che una siffatta sostanza non soddisfa nessuna delle condizioni di cui all’articolo 2 del regolamento n. 469/2009 per ottenere un CPC, anche qualora la qualità, la sicurezza e l’utilità di tale sostanza siano verificate per analogia con i metodi di cui all’allegato I della direttiva 2001/83.

41      Siffatta interpretazione dell’articolo 2 di tale regolamento è confermata sia dal contesto di tale disposizione sia dall’obiettivo perseguito da detto regolamento.

42      Con riferimento al contesto in cui s’inserisce detto articolo, occorre rilevare che l’articolo 3, lettera b), del regolamento n. 469/2009 prevede che un CPC possa essere rilasciato solo a condizione, in particolare, che il prodotto considerato abbia ottenuto, in quanto medicinale, un’AIC in corso di validità a norma della direttiva 2001/83. Non può quindi essere rilasciato un CPC per un prodotto che è stato sottoposto ad autorizzazione preliminare non in quanto medicinale, bensì quale sostanza integrata in un dispositivo medico.

43      Allo stesso modo, risulta dall’articolo 4 del regolamento n. 469/2009 che un CPC può proteggere solo un prodotto utilizzato come medicinale. Un CPC rilasciato a norma di tale regolamento non può, di conseguenza, proteggere una sostanza, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che è utilizzata come coadiuvante di un dispositivo medico e che ha un’azione accessoria a quella esercitata da tale dispositivo.

44      Per quanto riguarda gli obiettivi perseguiti dal regolamento n. 469/2009, si evince, da un lato, dal titolo stesso di tale regolamento, nonché dai suoi considerando 3, 4 e da 8 a 10, che il legislatore dell’Unione ha inteso limitare il rilascio dei CPC ai soli medicinali, ad esclusione sia dei dispositivi medici che delle sostanze utilizzate come coadiuvanti di un dispositivo medico.

45      A tale riguardo, si deve rilevare che l’estensione dell’ambito di applicazione di tale regolamento a siffatte sostanze comporterebbe, in pratica, l’acquisizione del CPC sui dispositivi medici che li incorporano. Orbene, una conseguenza simile sarebbe in contrasto con l’obiettivo, ricordato al considerando 10 del regolamento n. 469/2009, secondo cui la protezione conferita da un CPC dovrebbe essere strettamente limitata al prodotto oggetto dell’AIC in quanto medicinale.

46      In ogni caso, non è possibile fondarsi sulle sentenze dell’11 novembre 2010, Hogan Lovells International (C‑229/09, EU:C:2010:673), e del 17 ottobre 2013, Sumitomo Chemical (C‑210/12, EU:C:2013:665), alle quali fa riferimento il giudice del rinvio, per dedurre da un eventuale nesso di equivalenza funzionale tra, da una parte, i criteri di valutazione di una sostanza di cui al paragrafo 7.4, primo comma, dell’allegato I della direttiva 93/42 e, dall’altra, quelli previsti dalla direttiva 2001/83 per la valutazione dei medicinali, la necessità di includere nell’ambito di applicazione del regolamento n. 469/2009 le sostanze che non sono state autorizzate ad essere immesse in commercio come medicinali.

47      Infatti, nelle due cause che hanno dato origine a tali sentenze, le questioni pregiudiziali vertevano sull’interpretazione del regolamento (CE) n. 1610/96 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 luglio 1996, sull’istituzione di un certificato protettivo complementare per i prodotti fitosanitari (GU 1996, L 198, pag. 30), e riguardavano prodotti che avevano ottenuto, come prodotti fitosanitari, talune AIC sia provvisorie, sia d’emergenza.

48      Pertanto, in queste due cause, la valutazione del nesso di equivalenza funzionale esistente tra i diversi criteri di valutazione dei prodotti ai fini della loro immissione sul mercato, presupponeva, preliminarmente, che i prodotti in questione fossero stati valutati come prodotti fitosanitari per i quali il regolamento n. 1610/96 prevedeva la possibilità di ottenere un CPC.

49      Orbene, risulta chiaramente dalle indicazioni fornite dal giudice del rinvio che la sostanza di cui trattasi nella causa principale non è stata oggetto di valutazione in quanto medicinale, bensì è stata valutata per l’uso previsto di accessorio al dispositivo medico TAXUS, nell’ambito della procedura di certificazione di tale dispositivo, per il quale nessuna disposizione specifica del diritto dell’Unione prevede la possibilità di ottenere un CPC.

50      Pertanto, la giurisprudenza derivante dalle sentenze citate al punto 46 della presente sentenza relativa alla valutazione del nesso di equivalenza funzionale dei diversi criteri di valutazione utilizzati durante la procedura di autorizzazione non può essere trasposta a circostanze come quelle di cui alla causa principale in cui la sostanza considerata non rientra nel campo di applicazione del regolamento n. 469/2009.

51      Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, si deve rispondere alla questione sollevata dichiarando che l’articolo 2 del regolamento n. 469/2009 dev’essere interpretato nel senso che una procedura di autorizzazione preliminare, ai sensi della direttiva 93/42, di un dispositivo che incorpora, come parte integrante, una sostanza, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 4, di tale direttiva, non può essere equiparata, ai fini dell’applicazione di tale regolamento, ad una procedura di AIC di tale sostanza ai sensi della direttiva 2001/83, anche qualora detta sostanza sia stata oggetto di una valutazione a norma del punto 7.4, primo e secondo comma, dell’allegato I della direttiva 93/42.

 Sulle spese

52      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Nona Sezione) dichiara:

L’articolo 2 del regolamento (CE) n. 469/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 maggio 2009, sul certificato protettivo complementare per i medicinali, dev’essere interpretato nel senso che una procedura di autorizzazione preliminare, ai sensi della direttiva 93/42/CEE del Consiglio, del 14 giugno 1993, concernente i dispositivi medici, come modificata dalla direttiva 2007/47/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 settembre 2007, di un dispositivo che incorpora, come parte integrante, una sostanza, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 4, di tale direttiva, come modificata, non può essere equiparata, ai fini dell’applicazione di tale regolamento, ad una procedura di autorizzazione di immissione in commercio di tale sostanza ai sensi della direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano, come modificata dalla direttiva 2004/27/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, anche qualora detta sostanza sia stata oggetto di una valutazione a norma del punto 7.4, primo e secondo comma, dell’allegato I della direttiva 93/42, come modificata dalla direttiva 2007/47.

Firme


*      Lingua processuale: il tedesco.