Language of document : ECLI:EU:C:2018:876

SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

7 novembre 2018 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Competenza della Corte – Direttiva 2003/86/CE – Diritto al ricongiungimento familiare – Articolo 15 – Rifiuto di rilascio di un permesso di soggiorno autonomo – Normativa nazionale che prevede l’obbligo di superare un esame di integrazione civica»

Nella causa C‑257/17,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Raad van State (Consiglio di Stato, Paesi Bassi), con decisione del 10 maggio 2017, pervenuta in cancelleria il 15 maggio 2017, nel procedimento

C,

A

contro

Staatssecretaris van Veiligheid en Justitie,

LA CORTE (Terza Sezione),

composta da M. Vilaras, presidente della Quarta Sezione, facente funzione di presidente della Terza Sezione, J. Malenovský, L. Bay Larsen (relatore), M. Safjan e D. Šváby, giudici,

avvocato generale: P. Mengozzi

cancelliere: R. Șereș, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 19 marzo 2018,

considerate le osservazioni presentate:

–        per C e A, da C.F. Wassenaar, advocaat;

–        per il governo dei Paesi Bassi, da M.K. Bulterman, M.H.S. Gijzen e A.M. de Ree, in qualità di agenti;

–        per il governo austriaco, da G. Eberhard, in qualità di agente;

–        per la Commissione europea, da C. Cattabriga e G. Wils, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 27 giugno 2018,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2003/86/CE del Consiglio, del 22 settembre 2003, relativa al diritto al ricongiungimento familiare (2003,GU L 251, pag. 12).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di controversie insorte tra, da un lato, C e A, cittadini di paesi terzi e, dall’altro lo Staatssecretaris van Veiligheid en Justitie (segretario di Stato per la Sicurezza e la Giustizia, Paesi Bassi; in prosieguo: il «segretario di Stato»), in merito al rigetto, da parte di quest’ultimo, della loro domanda di modifica della restrizione di cui era corredato il loro permesso di soggiorno a tempo determinato e, per quanto riguarda C, alla revoca del permesso medesimo.

 Contesto normativo

 Diritto dell’Unione

 Direttiva 2003/86

3        Il considerando 15 della direttiva 2003/86 enuncia quanto segue:

«Dovrebbe essere incoraggiata l’integrazione dei familiari. A tal fine, dovrebbe essere loro attribuito, dopo un periodo di residenza nello Stato membro, uno statuto indipendente da quello del richiedente il ricongiungimento, in particolare in caso di rottura del matrimonio e della convivenza. Essi dovrebbero avere accesso all’istruzione, all’occupazione e alla formazione professionale allo stesso titolo che il richiedente il ricongiungimento alle pertinenti condizioni».

4        Ai sensi dell’articolo 2, lettera c) di tale direttiva, il «soggiornante» è definito come «il cittadino di un paese terzo legalmente soggiornante in uno Stato membro che chiede o i cui familiari chiedono il ricongiungimento familiare».

5        L’articolo 3, paragrafo 3, della detta direttiva è così formulato:

«La presente direttiva non si applica ai familiari di cittadini dell’Unione».

6        L’articolo 7, paragrafo 2, della stessa direttiva dispone quanto segue:

«Gli Stati membri possono chiedere ai cittadini di paesi terzi di soddisfare le misure di integrazione, conformemente alla legislazione nazionale.

In riferimento ai rifugiati e/o ai loro familiari di cui all’articolo 12, le misure di integrazione di cui al primo comma possono essere applicate soltanto dopo che alle persone interessate sia stato accordato il ricongiungimento familiare.».

7        L’articolo 15 della direttiva 2003/86 prevede quanto segue:

«1.      Trascorso un periodo massimo di cinque anni di soggiorno e sempre che al familiare non sia stato rilasciato un permesso di soggiorno per motivi diversi dal ricongiungimento familiare, il coniuge o il partner non coniugato e il figlio diventato maggiorenne hanno diritto, previa domanda, ove richiesta, a un permesso di soggiorno autonomo, indipendente da quello del soggiornante.

Gli Stati membri possono limitare la concessione del permesso di soggiorno di cui al primo comma al solo coniuge o al partner non sposato in caso di rottura del vincolo familiare.

(…)

4.      I requisiti relativi al rilascio e alla durata del permesso di soggiorno autonomo sono stabiliti dalla legislazione nazionale».

 Direttiva 2003/109/CE

8        L’articolo 5, paragrafo 2, della direttiva 2003/109/CE del Consiglio, del 25 novembre 2003, relativa allo status dei cittadini di paesi terzi che siano soggiornanti di lungo periodo (GU 2004, L 16, pag. 44), così dispone:

«Gli Stati membri possono esigere che i cittadini di paesi terzi soddisfino le condizioni di integrazione, conformemente alla legislazione nazionale».

 Diritto dei Paesi Bassi

9        L’articolo 3.51 del Vreemdelingenbesluit 2000 (decreto del 2000 sugli stranieri) così recita:

«1.      Il permesso di soggiorno a tempo determinato (…) corredato di una restrizione relativa a motivi umanitari di natura non temporanea può essere rilasciato allo straniero che:

a) risieda da cinque anni nei Paesi Bassi in qualità di titolare di un permesso di soggiorno corredato dalla restrizione di cui al punto 1 (…):

1.      soggiorno in qualità di familiare di una persona titolare di un diritto di soggiorno permanente;

(…)

5.      L’articolo 3.80a si applica agli stranieri di cui al paragrafo 1, lettera a), punto 1,(…)».

10      L’articolo 3.80a di tale decreto è così formulato:

«1.      Una domanda di modifica di un permesso di soggiorno (…) in un permesso di soggiorno corredato di una restrizione relativa a motivi umanitari di natura non temporanea deve essere respinta quando la domanda è presentata da uno straniero ai sensi dell’articolo 3.51, paragrafo 1, parte iniziale e lettera a), punto 1, che non ha superato l’esame di cui all’articolo 7, paragrafo 2, lettera a), della legge sull’integrazione civica o che non ha conseguito un diploma, certificato o altro documento, di cui all’articolo 5, paragrafo 1, lettera c), della stessa legge.

2.      Il [paragrafo 1] non si applica se lo straniero:

(…)

e)      è stato esentato dall’obbligo di integrazione civica (…)

(…)

4.      Il nostro Ministro può inoltre disapplicare il paragrafo 1 se ritiene che l’applicazione di tale disposizione conduca a situazioni manifeste di grave ingiustizia».

11      L’articolo 6, paragrafo 1 della Wet inburgering (legge sull’integrazione civica) dispone quanto segue:

«Il nostro Ministro esonera dall’obbligo di integrazione civica la persona che vi è soggetta se:

a)      quest’ultima ha dimostrato che, a causa di un handicap psichico o fisico o di una disabilità psichica, non è in grado, in maniera duratura, di superare l’esame di integrazione civica;

b)      è indotto a ritenere, sulla base degli sforzi dimostrabili della persona soggetta all’obbligo di integrazione civica, che quest’ultima non può ragionevolmente soddisfare l’obbligo di integrazione civica».

12      L’articolo 7, paragrafi 1 e 2, di tale legge così recita:

«1.      La persona soggetta all’obbligo di integrazione civica acquisisce entro tre anni conoscenze orali e scritte in lingua neerlandese corrispondenti almeno al livello A2 del quadro europeo di riferimento per le lingue straniere moderne, nonché una conoscenza della società olandese.

2.      La persona soggetta all’obbligo di integrazione civica soddisfa il requisito relativo all’obbligo di integrazione civica ove:

a)      abbia superato l’esame stabilito dal nostro Ministro, o;

b)      abbia ottenuto un diploma, certificato o altro documento, ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 1, lettera c)».

 Procedimenti principali e questioni pregiudiziali

 La situazione di C

13      Dal 5 novembre 2008 al 5 novembre 2014 C era titolare di un permesso di soggiorno al fine di soggiornare presso il coniuge, cittadino olandese. Il 20 agosto 2014 C ha presentato una domanda di modifica del permesso stesso in un permesso di prosecuzione del soggiorno.

14      Il 2 febbraio 2015, il segretario di Stato ha respinto tale domanda in quanto C non aveva dimostrato di aver superato l’esame di integrazione civica, né di essere stata esonerata o dispensata dall’obbligo di integrazione civica. Il medesimo ha inoltre revocato, con effetto retroattivo al 10 febbraio 2014, il permesso di soggiorno al fine di soggiornare presso il coniuge di cui beneficiava C, per il motivo che, a partire da tale data, C non risiedeva più allo stesso indirizzo del coniuge.

15      In seguito ad un reclamo presentato da C, il segretario di Stato, con decisione del 24 luglio 2015, ha concesso a C un permesso di soggiorno autonomo, a decorrere dal 16 febbraio 2015. Tale decisione era giustificata dalla trasmissione al segretario di Stato, da parte di C, di un parere del 15 febbraio 2015, del Dienst Uitvoering Onderwijs (servizio esecutivo in materia di istruzione, Paesi Bassi) che constatava che essa era stata esonerata dall’obbligo di integrazione civica. Tuttavia, il segretario di Stato ha mantenuto la revoca, con effetto retroattivo al 10 febbraio 2014, del permesso di soggiorno di cui C beneficiava al fine di soggiornare presso il coniuge.

16      C ha proposto ricorso contro la decisione del segretario di Stato del 24 luglio 2015 dinanzi al rechtbank den Haag zittingsplaats Rotterdam (Tribunale dell’Aia, sede di Rotterdam, Paesi Bassi). Con sentenza del 5 gennaio 2016, tale giudice ha respinto il ricorso.

17      Contro tale sentenza C ha interposto appello dinanzi al giudice del rinvio.

 La situazione di A

18      Dal 20 dicembre 1997 al 15 ottobre 2016 A era titolare di un permesso di soggiorno al fine di soggiornare presso il coniuge, cittadino olandese. L’11 novembre 2014 A ha presentato una domanda di modifica di tale permesso in un permesso di soggiorno prolungato.

19      Il 26 febbraio 2015 il segretario di Stato ha respinto tale domanda in quanto A non aveva dimostrato di aver superato l’esame di integrazione civica, né di essere stata esonerata o dispensata dall’obbligo di integrazione civica.

20      In seguito ad un reclamo presentato da A, il segretario di Stato, con decisione del 21 settembre 2015, ha mantenuto la sua decisione iniziale.

21      A ha proposto ricorso contro tale decisione dinanzi al rechtbank den Haag zittingsplaats Rotterdam (Tribunale dell’Aia, sede di Rotterdam). Con sentenza del 25 maggio 2016, tale giudice ha respinto il ricorso.

22      Contro tale sentenza A ha interposto appello dinanzi al giudice del rinvio.

 Considerazioni comuni alle situazioni di C e di A

23      Il giudice del rinvio ritiene che, conformemente all’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 2003/86, le situazioni di cui ai procedimenti principali non rientrano nell’ambito di applicazione di tale direttiva, poiché i coniugi rispettivi di C e di A hanno nazionalità olandese.

24      L’articolo 15 della suddetta direttiva sarebbe tuttavia applicabile, per analogia, ad A e a C nella misura in cui il diritto dei Paesi Bassi prevede che, qualora, come nel caso di specie, la legislazione e la normativa olandese non distinguano tra una situazione rientrante nel diritto dell’Unione e una situazione che esula da tale diritto, le pertinenti disposizioni di detto diritto si applicano in modo diretto e incondizionato alla situazione interna.

25      Se è pur vero che, per tale motivo, il giudice del rinvio ritiene che l’interpretazione dell’articolo 15, della direttiva 2003/86 sia decisiva per l’esito delle controversie nei procedimenti principali, esso si chiede, tuttavia, alla luce della sentenza del 18 ottobre 2012, Nolan (C‑583/10, EU:C:2012:638), se la Corte sia competente a rispondere a una questione pregiudiziale d’interpretazione di tale articolo in situazioni come quelle di cui ai procedimenti principali.

26      Nell’ipotesi di una risposta affermativa, il giudice del rinvio s’interroga sulla compatibilità con l’articolo 15 della direttiva 2003/86 di una normativa nazionale che prevede una misura di integrazione e, in caso di incompatibilità, sulla data dalla quale un permesso di soggiorno autonomo deve produrre i suoi effetti.

27      In tale contesto, il Raad van State (Consiglio di Stato, Paesi Bassi) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se, in considerazione dell’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva [2003/86] e della sentenza del 18 ottobre 2012, Nolan (C‑583/10, EU:C:2012:638), la Corte sia competente a rispondere a questioni pregiudiziali del giudice dei Paesi Bassi sull’interpretazione di disposizioni di questa direttiva in un procedimento vertente sul diritto di soggiorno di familiari dei soggiornanti che possiedono la cittadinanza dei Paesi Bassi, se nell’ordinamento dei Paesi Bassi questa direttiva è stata dichiarata applicabile direttamente e incondizionatamente ai familiari in parola.

2)      Se l’articolo 15, paragrafi 1 e 4, della direttiva [2003/86] debba essere interpretato nel senso che esso osta ad una disposizione nazionale come quella oggetto dei procedimenti principali, in forza della quale una domanda di permesso di soggiorno autonomo di uno straniero, che in virtù del ricongiungimento familiare soggiorna legalmente da più di cinque anni nel territorio di uno Stato membro, può essere respinta a causa del mancato rispetto delle misure di integrazione imposte dal diritto nazionale.

3)      Se l’articolo 15, paragrafi 1 e 4, della direttiva [2003/86] debba essere interpretato nel senso che esso osta ad una norma nazionale come quella oggetto del procedimento principale, in forza della quale un permesso di soggiorno autonomo può essere rilasciato soltanto con decorrenza dalla data della domanda».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla prima questione

28      Con la prima questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la Corte sia competente, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, ad interpretare l’articolo 15 della direttiva 2003/86 in situazioni come quelle di cui ai procedimenti principali, nelle quali tale giudice è chiamato a pronunciarsi sul rilascio di un permesso di soggiorno autonomo ad un cittadino di un paese terzo, familiare di un cittadino dell’Unione che non ha esercitato il suo diritto di libera circolazione, ove tale disposizione sia stata resa applicabile a tali situazioni, in modo diretto ed incondizionato dal diritto nazionale.

29      Si deve rilevare, da un lato, che l’articolo 2, lettera c), della direttiva 2003/86 precisa che il termine «soggiornante» riguarda necessariamente un cittadino di un paese terzo e, dall’altro, che l’articolo 3, paragrafo 3, di tale direttiva dispone che essa non si applica ai familiari di cittadini dell’Unione.

30      Il legislatore dell’Unione non ha, quindi, previsto l’applicazione di detta direttiva a un cittadino di un paese terzo familiare di un cittadino dell’Unione che non abbia esercitato il suo diritto di libera circolazione, come i ricorrenti nei procedimenti principali, ciò che trova peraltro conferma nei lavori preparatori della direttiva 2003/86 (v., in tal senso, sentenza del 15 novembre 2011, Dereci e a., C‑256/11, EU:C:2011:734, punti 48 e 49).

31      Tuttavia, risulta da una giurisprudenza costante della Corte che essa è competente a statuire su una domanda di pronuncia pregiudiziale vertente su disposizioni di diritto dell’Unione, in situazioni in cui, benché i fatti della causa principale non rientrino nella sfera di applicazione diretta del diritto dell’Unione, le disposizioni di tale diritto sono state rese applicabili dalla normativa nazionale n forza di un rinvio operato da quest’ultimo al contenuto delle medesime (v., in tal senso, sentenze del 21 dicembre 2011, Cicala, C‑482/10, EU:C:2011:868, punto 17; del 18 ottobre 2012, Nolan, C‑583/10, EU:C:2012:638, punto 45, e del 15 novembre 2016, Ullens de Schooten, C‑268/15, EU:C:2016:874, punto 53).

32      Infatti, in simili situazioni vi è un sicuro interesse dell’Unione a che, per evitare future divergenze d’interpretazione, le disposizioni o le nozioni riprese dal diritto dell’Unione ricevano un’interpretazione uniforme (v., in tal senso, sentenze del 18 ottobre 2012, Nolan, C‑583/10, EU:C:2012:638, punto 46, e del 22 marzo 2018, Jacob e Lassus, C‑327/16 e C‑421/16, EU:C:2018:210, punto 34).

33      Pertanto, un’interpretazione, da parte della Corte, di disposizioni del diritto dell’Unione in situazioni non rientranti nell’ambito di applicazione di quest’ultimo si giustifica quando tali disposizioni sono state rese applicabili a siffatte situazioni dal diritto nazionale in modo diretto e incondizionato, al fine di assicurare un trattamento identico a dette situazioni e a quelle rientranti nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione (v., in tal senso, sentenze del 21 dicembre 2011, Cicala, C‑482/10, EU:C:2011:868, punto 19; del 18 ottobre 2012, Nolan, C‑583/10, EU:C:2012:638, punto 47, e del 7 novembre 2013, Romeo, C‑313/12, EU:C:2013:718, punto 33).

34      Nella specie, il giudice del rinvio, unico competente ad interpretare il diritto nazionale nell’ambito del sistema di cooperazione giudiziaria istituito dall’articolo 267 TFUE (v., in tal senso, sentenze del 17 luglio 1997, Leur-Bloem, C‑28/95, EU:C:1997:369, punto 33, e del 14 giugno 2017, Online Games e a., C‑685/15, EU:C:2017:452, punto45), ha precisato che deriva dal diritto dei Paesi Bassi che, ove, come nel caso di specie, il legislatore nazionale assoggetti al medesimo regime una situazione che rientra nell’ambito di applicazione del diritto dell’Unione e una situazione che non rientra nell’ambito di applicazione di tale diritto, tali situazioni devono ricevere un identico trattamento. Tale giudice ne ha dedotto che esso era tenuto, in forza del diritto dei Paesi Bassi, ad applicare l’articolo 15 della direttiva 2003/86 nelle controversia di cui ai procedimenti principali.

35      In tali circostanze, si deve considerare che, come rileva altresì il governo dei Paesi Bassi, tale disposizione è stata resa applicabile, in modo diretto e incondizionato, dal diritto dei Paesi Bassi, a situazioni come quelle di cui ai procedimenti principali e che sussiste, quindi, un interesse certo dell’Unione a che la Corte si pronunci sulla domanda pregiudiziale.

36      Tale conclusione non può essere rimessa in discussione dalla circostanza che l’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 2003/86 esclude espressamente le situazioni come quelle di cui ai procedimenti principali dall’ambio di applicazione di tale direttiva.

37      Si deve sottolineare, a tale proposito, che la Corte ha già dichiarato che, ove il requisito di cui al punto 33 della presente sentenza sia soddisfatto, la sua competenza può anche essere dimostrata in situazioni che rientrano in un caso di esclusione dall’ambito di applicazione di un atto dell’Unione (v., in tal senso, sentenze del 19 ottobre 2017, Solar Electric Martinique, C‑303/16, EU:C:2017:773, punti 29 e 30, nonché del 27 giugno 2018, SGI e Valériane, C‑459/17 e C‑460/17, EU:C:2018:501, punto 28).

38      Tale soluzione è pienamente coerente con la costante giurisprudenza della Corte ricordata ai punti da 31 a 33 della presente sentenza, che intende segnatamente consentire alla Corte di pronunciarsi sull’interpretazione di disposizioni di diritto dell’Unione, a prescindere dalle condizioni in cui verranno applicate, in situazioni nelle quali gli autori dei trattati o il legislatore dell’Unione non ha ritenuto utile includerle nell’ambito di applicazione di tali disposizioni (v., in tal senso, sentenza del 18 ottobre 190 Dzodzi, C.297/88 e C‑197/89, EU:C:1990:360, punto 37).

39      In tale contesto, la competenza della Corte non può ragionevolmente variare a seconda che l’ambito di applicazione della disposizione pertinente sia stato delimitato per mezzo di una definizione positiva o mediate la definizione di taluni casi di esclusione, potendo tali due tecniche legislative essere usate indifferentemente.

40      Si deve quindi constatare che, nella specie, l’esclusione dei familiari dei cittadini dell’Unione dall’ambio di applicazione della direttiva 2003/86 risulta sia dalla definizione del termine «soggiornante» di cui all’articolo 2, lettera c), di tale direttiva, sia dal caso di esclusione enunciato all’articolo 3, paragrafo 3, della stessa.

41      Inoltre, se il giudice del rinvio espone che i suoi dubbi sulla competenza della Corte risultano dalla sentenza del 18 ottobre 2012, Nolan (C‑583/10, EU:C:2012:638), si deve rilevare che la causa che ha dato luogo a tale sentenza era caratterizzata da specificità che non si ritrovano nei procedimenti principali.

42      Infatti, da un lato, nella causa che ha dato luogo a tale sentenza riconoscere la competenza della Corte avrebbe implicato una rottura con la logica stessa dell’atto dell’Unione in questione, che partecipava allo stabilimento e al funzionamento del mercato interno (v., in tal senso, sentenza del 18 ottobre 2012, Nolan, C‑583/10, EU:C:2012:638, punti da 36 a 41).

43      Dall’altro lato, in detta causa, un rinvio diretto ed incondizionato del diritto nazionale al diritto dell’Unione, come quello constatato al punto 35 della presente sentenza, non poteva essere dimostrato sulla base delle indicazioni contenute nel fascicolo trasmesso alla Corte (v., in tal senso, sentenza del 18 ottobre 2012, Nolan, C‑583/10, EU:C:2012:638, punti 51 e 52).

44      Alla luce di quanto precede si deve rispondere alla prima questione dichiarando che la Corte è competente, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, ad interpretare l’articolo 15 della direttiva 2003/86 in situazioni come quelle di cui ai procedimenti principali, nelle quali il giudice del rinvio è chiamato a pronunciarsi sul rilascio di un permesso di soggiorno autonomo ad un cittadino di un paese terzo, familiare di un cittadino dell’Unione che non ha esercitato il suo diritto di libera circolazione, ove tale disposizione sia stata resa applicabile a dette situazioni, in modo diretto ed incondizionato, dal diritto nazionale.

 Sulla seconda questione

45      Con la seconda questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 15, paragrafi 1 e 4, della direttiva 2003/86 osta ad una normativa nazionale che consente di respingere una domanda di permesso di soggiorno autonomo, presentata da un cittadino di un paese terzo che ha soggiornato più di cinque anni nel territorio di uno Stato membro ai fini del ricongiungimento familiare, per il motivo che esso non ha dimostrato di aver superato un esame di integrazione civica vertente sulla lingua e sulla società di tale Stato membro.

46      L’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2003/86 prevede che, trascorso un periodo massimo di cinque anni di soggiorno e sempre che al familiare non sia stato rilasciato un permesso di soggiorno per motivi diversi dal ricongiungimento familiare, il coniuge o il partner non coniugato e il figlio diventato maggiorenne hanno diritto, previa domanda, ove richiesta, a un permesso di soggiorno autonomo, indipendente da quello del soggiornante.

47      L’articolo 15, paragrafo 4, di tale direttiva precisa, dal canto suo, che i requisiti relativi al rilascio e alla durata del permesso di soggiorno in parola sono stabiliti dalla legislazione nazionale.

48      Dal combinato disposto di tali due disposizioni consegue che, benché il rilascio di un permesso di soggiorno autonomo rappresenti, in linea di principio, un diritto al termine di un soggiorno di cinque anni nel territorio di uno Stato membro ai fini del ricongiungimento familiare, il legislatore dell’Unione ha tuttavia autorizzato gli Stati membri a subordinare la concessione di tale permesso a taluni requisiti che spetta loro definire.

49      Con l’introduzione, all’articolo 15, paragrafo 4, della direttiva 2003/86, di un rinvio al diritto nazionale, il legislatore dell’Unione ha quindi indicato che intendeva lasciare alla discrezione di ogni Stato membro la cura di determinare a quali requisiti un permesso di soggiorno autonomo doveva essere rilasciato ad un cittadino di un paese terzo che ha soggiornato cinque anni nel suo territorio ai fini del ricongiungimento familiare (v., per analogia, sentenza del 12 aprile 2018, A e S, C‑550/16, EU:C:2018:248, punto 42).

50      A tale proposito, le norme che disciplinano il rilascio di un permesso di soggiorno autonomo differiscono quindi dalle norme relative all’autorizzazione al ricongiungimento familiare che comportano obblighi positivi precisi e che impongono agli Stati membri, nelle ipotesi contemplate dalla direttiva 2003/86, di autorizzare il ricongiungimento familiare senza potersi avvalere di discrezionalità (v., in tal senso, sentenza del 9 luglio 2015, K e A, C‑153/14, EU:C:2015:453, punto 46).

51      Di conseguenza, poiché il rilascio di un permesso autonomo al termine del periodo menzionato all’articolo 15, paragrafo 1, di tale direttiva è la norma, il margine di manovra riconosciuto agli Stati membri dall’articolo 15, paragrafo 4 di detta direttiva non deve essere utilizzato dagli stessi in un modo che pregiudichi l’obiettivo di tale articolo che è, come sottolinea il considerando 15 della medesima direttiva, quello di consentire ai familiari del soggiornante l’attribuzione di uno statuto indipendente da quello del richiedente il ricongiungimento, nonché all’effetto utile di detto articolo (v., per analogia, sentenza del 9 luglio 2015, K e A, C‑153/14, EU:C:2015:453, punto 50).

52      Di conseguenza, i requisiti ulteriori ai quali uno Stato membro subordina il rilascio di un permesso di soggiorno autonomo non possono essere tanto rigorosi da costituire un ostacolo difficilmente superabile che impedisce, in pratica, ai cittadini di paesi terzi menzionati all’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2003/86 di ottenere normalmente un tale permesso al termine del periodo di cui a tale disposizione (v., per analogia, sentenza del 9 luglio 2015, K e A, C‑153/14, EU:C:2015:453, punto 59).

53      In assenza di indicazioni in tal senso all’articolo 15, paragrafo 4, di tale direttiva, tale limitazione della facoltà riconosciuta agli Stati membri in tale disposizione non può ostare, in linea generale, all’instaurazione, da parte degli Stati membri, di requisiti sostanziali.

54      In tale contesto, non si può escludere che uno Stato membro possa subordinare la concessione di un permesso di soggiorno autonomo al superamento di un esame di integrazione civica vertente sulla lingua e la società di tale Stato membro.

55      Infatti, in primo luogo, l’istituzione di condizioni relative all’integrazione risulta coerente con la dichiarazione, da parte del legislatore dell’Unione, dell’obiettivo generale di facilitare l’integrazione dei cittadini di paesi terzi negli Stati membri, di cui al considerando 15 della direttiva 2003/86 (v., in tal senso, sentenze del 27 giugno 2006, Parlamento/Consiglio, C‑540/03, EU:C:2006:429, punto 69, e del 9 luglio 2015, K e A, C‑153/14, EU:C:2015:453, punto 53).

56      In secondo luogo, si deve ricordare che l’articolo 27, paragrafo 2, della direttiva 2003/86 consente agli Stati membri di esigere che i cittadini di paesi terzi soddisfino misure di integrazione, senza limitarle al periodo precedente la loro ammissione nel loro territorio.

57      In tali circostanze, l’efficacia di misure eventualmente adottate da uno Stato membro nel quadro dell’articolo 27, paragrafo 2, della direttiva 2003/86, risulterebbe indebolita qualora l’assenza di integrazione di un cittadino di un paese terzo al termine di un periodo di cinque anni non possa in nessun caso ostare al consolidamento del suo diritto di soggiorno in applicazione dell’articolo 15 di tale direttiva.

58      Si deve constatare, quindi, che, nell’ambito dell’armonizzazione più precisa effettuata dalla direttiva 2003/109, il legislatore dell’Unione ha specificamente consentito agli Stati membri, all’articolo 5, paragrafo 2, di tale direttiva, di subordinare l’acquisizione dello status di soggiornante di lungo periodo a condizioni di integrazione.

59      In terzo luogo, nella misura in cui il diritto al rilascio di un permesso di soggiorno autonomo è riconosciuto dopo un periodo di cinque anni di soggiorno nel territorio di uno Stato membro, i cittadini di un paese terzo interessati dovrebbero aver avuto l’occasione di acquisire una determinata conoscenza della lingua e della società di tale Stato membro che consenta loro, in linea di principio, di superare un esame vertente su tali elementi. L’imposizione di una condizione a tale proposito non può quindi, essere considerata, in modo generale, idonea a privare l’articolo 5, paragrafo 1, del suo effetto utile.

60      Ciò posto, al fine di preservare l’obiettivo di tale disposizione e conformemente al principio di proporzionalità, che fa parte dei principi generali del diritto dell’Unione, le modalità concrete di una tale esigenza devono essere idonee a realizzare gli obiettivi perseguiti da tale normativa e non devono eccedere quanto è necessario per conseguirli (v., per analogia, sentenza del 9 luglio 2015, K e A, C‑153/14, EU:C:2015:453, punto 51).

61      L’obbligo di superare un esame di integrazione civica deve consentire di accertare l’acquisizione, da parte dei cittadini dei paesi terzi interessati, della conoscenza tanto della lingua quanto della società dello Stato membro di accoglienza, che risultano incontestabilmente utili per garantire la loro integrazione all’interno di tale Stato membro (v., in tal senso, sentenze del 4 giugno 2015, P e S, C‑579/13, EU:C:2015:369, punto 48, e del 9 luglio 2015, K e A, C‑153/14, EU:C:2015:453, punti 53 e 54).

62      Tuttavia, tale obbligo non può validamente eccedere quanto necessario per conseguire l’obiettivo di facilitare l’integrazione di detti cittadini di paesi terzi.

63      Ciò suppone, in particolare, che le conoscenze richieste per superare l’esame di integrazione civica corrispondano ad un livello elementare, che la condizione imposta dalla normativa nazionale non porti ad impedire il rilascio di un titolo di soggiorno autonomo ai cittadini di paesi terzi che hanno fornito la prova della loro volontà di superare tale esame e degli sforzi compiuti a tale scopo, che le circostanze individuali particolari siano debitamente prese in considerazione e che le spese relative a detto esame non siano eccessive (v., in tal senso, sentenza del 9 luglio 2015, K e A, C‑153/14, EU:C:2015:453, punti da 54 a 70).

64      A tale proposito, si deve segnatamente sottolineare che circostanze quali l’età, il livello di istruzione, la situazione economica o le condizioni di salute dei familiari interessati del soggiornante, devono poter condurre le autorità competenti a non subordinare il rilascio del permesso di soggiorno autonomo al superamento di un esame di integrazione civica, quando, a motivo di dette circostanze, risulta che questi ultimi non sono in grado di presentarsi all’esame in questione o di superarlo (v., in tal senso, sentenza del 9 luglio 2015, K e A, C‑153/14, EU:C:2015:453, punto 58).

65      Alla luce delle considerazioni che precedono, si deve rispondere alla seconda questione dichiarando che l’articolo 15, paragrafi 1 e 4, della direttiva 2003/86 non osta ad una normativa nazionale che consente di respingere una domanda di permesso di soggiorno autonomo, presentata da un cittadino di un paese terzo che ha soggiornato più di cinque anni nel territorio di uno Stato membro ai fini del ricongiungimento familiare, per il motivo che esso non ha dimostrato di aver superato un esame di integrazione civica vertente sulla lingua e sulla società di tale Stato membro, a condizione che le modalità concrete dell’obbligo di superare tale esame non vadano oltre quanto necessario per conseguire l’obiettivo di facilitare l’integrazione dei cittadini di paesi terzi.

 Sulla terza questione

66      Con la terza questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 15, paragrafi 1 e 4, della direttiva 2003/86 osta ad una normativa nazionale che prevede che il permesso di soggiorno autonomo può essere rilasciato solo a decorrere dalla data di presentazione della domanda ad esso relativa.

67      Si deve rilevare, innanzitutto, che l’articolo 15 della direttiva 2003/86 non prevede una regola specifica relativa allo svolgimento della procedura di rilascio del permesso di soggiorno autonomo o, a fortiori, alla data alla quale il rilascio di tale permesso deve produrre i suoi effetti.

68      Inoltre, nessun elemento di tale disposizione indica che il rilascio di detto permesso costituisca un mero atto dichiarativo, dal momento che, peraltro, l’articolo 15, paragrafo 1, di tale direttiva prevede, in maniera esplicita, che gli Stati membri possono subordinare il diritto a un tale permesso alla presentazione di una domanda.

69      Infine, risulta dall’articolo 15, paragrafo 4, di detta direttiva, che spetta in particolare agli Stati membri stabilire le condizioni applicabili al rilascio di un permesso di soggiorno autonomo, tra le quali possono, segnatamente, figurare le condizioni procedurali che disciplinano il rilascio di tale permesso.

70      Se dalle considerazioni di cui al punto 52 della presente sentenza risulta che tale facoltà non può essere utilizzata per instaurare una norma che costituisce un ostacolo difficilmente superabile, che impedisce, in pratica, ai cittadini di paesi terzi menzionati all’articolo 15, paragrafo 1, della direttiva 2003/86 di ottenere normalmente un tale permesso al termine del periodo di cui a tale disposizione, si deve considerare che una normativa che preveda che il permesso di soggiorno autonomo può essere rilasciato solo a decorrere dalla data di presentazione della domanda ad esso relativa non può manifestamente produrre un tale effetto.

71      Di conseguenza, si deve rispondere alla terza questione dichiarando che, l’articolo 15, paragrafi 1 e 4, della direttiva 2003/86 non osta ad una normativa nazionale che prevede che il permesso di soggiorno autonomo può essere rilasciato solo a decorrere dalla data di presentazione della domanda ad esso relativa.

 Sulle spese

72      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:

1)      La Corte è competente, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, ad interpretare l’articolo 15 della direttiva 2003/86/CE del Consiglio, del 22 settembre 2003, relativa al diritto al ricongiungimento familiare, in situazioni come quelle di cui ai procedimenti principali, nelle quali il giudice del rinvio è chiamato a pronunciarsi sul rilascio di un permesso di soggiorno autonomo ad un cittadino di un paese terzo, familiare di un cittadino dell’Unione europea che non ha esercitato il suo diritto di libera circolazione, ove tale disposizione sia stata resa applicabile a dette situazioni, in modo diretto ed incondizionato, dal diritto nazionale.

2)      L’articolo 15, paragrafi 1 e 4, della direttiva 2003/86 non osta ad una normativa nazionale che consente di respingere una domanda di permesso di soggiorno autonomo, presentata da un cittadino di un paese terzo che ha soggiornato più di cinque anni nel territorio di uno Stato membro ai fini del ricongiungimento familiare, per il motivo che esso non ha dimostrato di aver superato un esame di integrazione civica vertente sulla lingua e sulla società di tale Stato membro, a condizione che le modalità concrete dell’obbligo di superare tale esame non vadano oltre quanto necessario per conseguire l’obiettivo di facilitare l’integrazione dei cittadini di paesi terzi.

3)      L’articolo 15, paragrafi 1 e 4, della direttiva 2003/86 non osta ad una normativa nazionale che prevede che il permesso di soggiorno autonomo può essere rilasciato solo a decorrere dalla data di presentazione della domanda ad esso relativa.

Firme


*      Lingua processuale: il neerlandese.