Language of document : ECLI:EU:C:2019:232

SENTENZA DELLA CORTE (Terza Sezione)

21 marzo 2019 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Direttiva 93/13/CEE – Ambito di applicazione – Articolo 2, lettere b) e c) – Nozioni di “consumatore” e di “professionista” – Finanziamento dell’acquisto di un’abitazione principale – Mutuo immobiliare concesso da un datore di lavoro al suo dipendente e al coniuge di quest’ultimo, co-mutuatario in solido»

Nella causa C‑590/17,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla Cour de cassation (Corte di cassazione, Francia), con decisione del 4 ottobre 2017, pervenuta in cancelleria il 12 ottobre 2017, nel procedimento

Henri Pouvin,

Marie Dijoux, coniugata Pouvin

contro

Electricité de France (EDF),

LA CORTE (Terza Sezione),

composta da M. Vilaras, presidente della Quarta Sezione, facente funzione di presidente della Terza Sezione, J. Malenovský, L. Bay Larsen, M. Safjan (relatore) e D. Šváby, giudici,

avvocato generale: M. Bobek

cancelliere: R. Şereş, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 12 settembre 2018,

considerate le osservazioni presentate:

–        per H. Pouvin e M. Dijoux, coniugata Pouvin, da J. Buk Lament, avocate;

–        per l’Electricité de France (EDF), da E. Piwnica, avocat;

–        per il governo francese, da D. Colas, J. Traband e A.‑L. Desjonquères, in qualità di agenti;

–        per il governo ellenico, da M. Tassopoulou, D. Tsagkaraki, C. Fatourou e K. Georgiadis, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da N. Ruiz García e C. Valero, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 15 novembre 2018,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 2, lettere b) e c), della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU 1993, L 95, pag. 29).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia che contrappone il sig. Henri Pouvain e la sig.ra Marie Dijoux coniugata Pouvin, all’Electricité de France (EDF) in merito ad una richiesta di pagamento di somme ancore dovute nell’ambito di un mutuo immobiliare che detta società aveva concesso a questi ultimi.

 Contesto normativo

 Diritto dell’Unione

3        I considerando nono, decimo e quattordicesimo della direttiva 93/13 recitano:

«considerando che (…) gli acquirenti di beni o di servizi devono essere protetti dagli abusi di potere del venditore o del prestatario, in particolare dai contratti di adesione e dall’esclusione abusiva di diritti essenziali nei contratti;

considerando che si può realizzare una più efficace protezione del consumatore adottando regole uniformi in merito alle clausole abusive; che tali regole devono applicarsi a qualsiasi contratto stipulato fra un professionista ed un consumatore; che sono segnatamente esclusi dalla presente direttiva i contratti di lavoro, i contratti relativi ai diritti di successione, i contratti relativi allo statuto familiare, i contratti relativi alla costituzione ed allo statuto delle società;

(…)

considerando (…) che la presente direttiva riguarda anche le attività professionali di carattere pubblico».

4        Ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, della direttiva in parola:

«La presente direttiva è volta a ravvicinare le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative degli Stati membri concernenti le clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e un consumatore».

5        L’articolo 2 della suddetta direttiva prevede quanto segue:

«Ai fini della presente direttiva si intende per:

(…)

b)      “consumatore”: qualsiasi persona fisica che, nei contratti oggetto della presente direttiva, agisce per fini che non rientrano nel quadro della sua attività professionale;

c)      “professionista”: qualsiasi persona fisica o giuridica che, nei contratti oggetto della presente direttiva, agisce nel quadro della sua attività professionale, sia essa pubblica o privata».

 Diritto francese

6        L’articolo L. 132‑1 del code de la consommation (codice del consumo), nella sua versione applicabile al procedimento principale, ha recepito nel diritto francese la direttiva 93/13.

7        Ai sensi del primo comma del suddetto articolo:

«Nei contratti stipulati tra professionisti e non professionisti o consumatori, sono abusive le clausole che hanno per oggetto o per effetto di determinare, a danno del non professionista o del consumatore, un significativo squilibrio tra i diritti ed obblighi delle parti contrattuali».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

8        Il 3 aprile 1995, l’EDF ha concesso al sig. Pouvin, dipendente di tale società, e alla sua coniuge (in prosieguo: i «mutuatari») un mutuo rientrante nel sistema di aiuti per l’accesso alla proprietà, destinato a finanziare l’acquisto della loro abitazione principale, di un importo pari a EUR 57 625,73, rimborsabile in 240 rate mensili suddivise in due periodi di ammortamento di dieci anni, rispettivamente al tasso del 4,75% e dell’8,75% (in prosieguo: il «contratto di mutuo»).

9        L’articolo 7 del suddetto contratto di mutuo prevedeva la risoluzione ipso iure del medesimo in caso di cessata appartenenza del mutuatario al personale dell’EDF per qualsivoglia ragione. Tale clausola aveva per effetto di rendere immediatamente esigibile, in caso di risoluzione del contratto di lavoro, il rimborso del capitale concesso in prestito, senza che i mutuatari fossero venuti meno ai propri obblighi.

10      Poiché il sig. Pouvin si era dimesso dall’EDF il 1o gennaio 2002, i mutuatari hanno cessato di versare le rate del mutuo.

11      Il 5 aprile 2012, dopo aver applicato la clausola di risoluzione ipso iure del contratto di mutuo in caso di cessata appartenenza del mutuatario al personale dell’EDF, quest’ultima ha proposto ricorso nei confronti dei mutuatari per il pagamento della somma di EUR 50 238,37 ancora dovuta a titolo della quota capitale e della quota interessi al 1o gennaio 2002, nonché della somma di EUR 3 517 a titolo della clausola penale.

12      Con sentenza del 29 marzo 2013, il Tribunal de grande instance de Saint-Pierre (Tribunale di primo grado di Saint-Pierre, Francia) ha dichiarato abusiva la clausola di risoluzione ipso iure del contratto di mutuo di cui trattasi in caso di cessata appartenenza al personale dell’EDF. Di conseguenza, detto giudice ha respinto la domanda dell’EDF di accertamento dell’avvenuta risoluzione ipso iure del suddetto contratto. Al contempo, detto giudice ha dichiarato la risoluzione del medesimo contratto per mancato pagamento delle rate del mutuo e ha condannato in solido i mutuatari a versare all’EDF la somma di EUR 44 551,84, maggiorata degli interessi al 6% a decorrere dal 5 aprile 2012, nonché la somma di EUR 3 118,63, maggiorata degli interessi al tasso del 6% a decorrere dalla pronuncia della sentenza, a titolo dei danni subiti dall’EDF a causa dell’inadempimento dei mutuatari.

13      Con sentenza del 12 settembre 2014, la Cour d’appel de Saint-Denis (Corte d’appello di Saint-Denis, Francia) ha annullato la sentenza del 29 marzo 2013 e ha dichiarato che la risoluzione ipso iure del contratto controverso era avvenuta il 1o gennaio 2002. Di conseguenza, essa ha condannato i mutuatari a versare all’EDF la somma di EUR 50 238,37, maggiorata degli interessi al tasso del 6% a decorrere dal 1o gennaio 2002, previa deduzione delle somme versate dopo tale data. Inoltre, detto giudice ha condannato i mutuatari a versare all’EDF la somma di EUR 3 517, maggiorata degli interessi legali a decorrere dal 1o gennaio 2002, a titolo della clausola penale contrattuale.

14      Infatti, tale organo giurisdizionale ha dichiarato che l’articolo L. 132‑1 del codice del consumo non era applicabile nel caso di specie, in quanto l’EDF aveva concluso il contratto di mutuo nella sua veste di datore di lavoro e non poteva pertanto essere considerata un «professionista» ai sensi di detto articolo.

15      I mutuatari hanno proposto ricorso per cassazione avverso tale sentenza, facendo valere di aver agito in qualità di consumatori e invocando la giurisprudenza della Cour de cassation (Corte di cassazione, Francia) secondo cui è abusiva la clausola che prevede la decadenza del mutuo per una causa esterna al contratto.

16      La Cour de cassation (Corte di cassazione) ritiene che le questioni sollevate dal motivo di ricorso, dalle quali dipende l’esito dell’impugnazione, richiedano un’interpretazione uniforme dell’articolo 2 della direttiva 93/13.

17      Ciò premesso, la Cour de cassation (Corte di cassazione) ha deciso di sospendere il giudizio e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo 2 della direttiva 93/13 (…) debba essere interpretato nel senso che una società, quale la società EDF, agisce in qualità di professionista allorché conceda a un dipendente un mutuo immobiliare rientrante nel sistema di aiuti per l’accesso all’alloggio cui siano ammessi esclusivamente i membri del personale della società.

2)      Se l’articolo 2 della direttiva [93/13] debba essere interpretato nel senso che una società, quale la società EDF, agisce in qualità di professionista allorché conceda un siffatto mutuo immobiliare al coniuge di un dipendente che non sia membro del personale della società medesima bensì co-mutuatario in solido.

3)      Se l’articolo 2 della direttiva [93/13] debba essere interpretato nel senso che agisce in qualità di consumatore il dipendente di una società, quale la società EDF, che contragga presso la stessa un siffatto mutuo immobiliare.

4)      Se l’articolo 2 della direttiva [93/13] debba essere interpretato nel senso che agisce in qualità di consumatore il coniuge di tale dipendente che sottoscriva il medesimo mutuo, non in qualità di dipendente della società, bensì di co-mutuatario in solido».

 Sulle questioni pregiudiziali

18      Con le sue questioni, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 2, lettere b) e c), della direttiva 93/13 debba essere interpretato nel senso che, da un lato, il dipendente di un’impresa e il suo coniuge, che concludono con tale impresa un contratto di mutuo, riservato, in via principale, ai membri del personale di tale impresa, destinato a finanziare l’acquisto di un bene immobile per fini privati, debbano essere considerati «consumatori», ai sensi del summenzionato articolo 2, lettera b), e, dall’altro, se, per quanto riguarda la concessione di tale mutuo, l’impresa in questione debba essere considerata un «professionista», ai sensi dell’articolo 2, lettera c).

19      In via preliminare, va ricordato che, come enunciato dal decimo considerando della direttiva 93/13, le regole uniformi in merito alle clausole abusive devono applicarsi a «qualsiasi contratto» stipulato fra un «professionista» ed un «consumatore», quali definiti all’articolo 2, lettere b) e c), della direttiva in parola (sentenza del 17 maggio 2018, Karel de Grote – Hogeschool Katholieke Hogeschool Antwerpen, C‑147/16, EU:C:2018:320, punto 46).

20      Al tempo stesso, il decimo considerando della direttiva 93/13 precisa che «sono segnatamente esclusi dalla [medesima] i contratti di lavoro».

21      Ciò premesso, occorre verificare se la circostanza che le parti di un contratto di mutuo, come quello in esame nel procedimento principale, siano vincolate anche a un contratto di lavoro, incida sulle loro rispettive qualità di «consumatore» e di «professionista», ai sensi dell’articolo 2, lettere b) e c), della direttiva 93/13 per quanto riguarda tale contratto di mutuo.

22      In proposito, conformemente a detta disposizione, un «consumatore» è qualsiasi persona fisica che, nei contratti oggetto della suddetta direttiva, agisce per fini che non rientrano nell’ambito della sua attività professionale. Inoltre, un «professionista» è qualsiasi persona fisica o giuridica che, nei contratti oggetto della direttiva 93/13, agisce nell’ambito della sua attività professionale, sia essa pubblica o privata.

23      Come emerge da una giurisprudenza costante della Corte, è in riferimento alla qualità dei contraenti, a seconda che essi agiscano o meno nell’ambito della loro attività professionale, che la direttiva 93/13 definisce i contratti ai quali essa si applica (sentenza del 17 maggio 2018, Karel de Grote – Hogeschool Katholieke Hogeschool Antwerpen, C‑147/16, EU:C:2018:320, punto 53 e giurisprudenza ivi citata).

24      Per quanto riguarda, in primo luogo, la nozione di «consumatore», ai sensi dell’articolo 2, lettera b), della direttiva 93/13, essa ha carattere oggettivo e prescinde dalle conoscenze concrete che l’interessato può avere o dalle informazioni di cui egli realmente dispone (sentenza del 3 settembre 2015, Costea, C‑110/14, EU:C:2015:538, punto 21).

25      A tal riguardo, va ricordato che il consumatore si trova in una situazione di inferiorità rispetto al professionista per quanto concerne sia il potere nelle trattative che il grado di informazione, situazione che lo induce ad aderire alle condizioni predisposte preventivamente dal professionista, senza poter incidere sul contenuto delle stesse (sentenza del 3 settembre 2015, Costea, C‑110/14, EU:C:2015:538, punto 18 e giurisprudenza ivi citata).

26      Il giudice nazionale, investito di una controversia vertente su un contratto che può rientrare nell’ambito di applicazione di tale direttiva, è tenuto a verificare, tenendo conto di tutti gli elementi di prova e segnatamente dei termini di tale contratto, se l’interessato quale parte del summenzionato contratto possa essere qualificato come «consumatore» ai sensi della direttiva 93/13. A tal fine, il giudice nazionale deve tener conto di tutte le circostanze del caso di specie e, in particolare, della natura del bene o del servizio oggetto del contratto considerato, idonee a dimostrare il fine per il quale tale bene o servizio è acquisito (sentenza del 3 settembre 2015, Costea, C‑110/14, EU:C:2015:538, punti 22 e 23).

27      La Corte ha già statuito che persino un avvocato, quand’anche si ritenesse che egli disponga di un elevato livello di competenze tecniche, può essere considerato un «consumatore», ai sensi dell’articolo 2, lettera b), della direttiva 93/13, qualora concluda un contratto non correlato alla sua attività professionale (v., in tal senso, sentenza del 3 settembre 2015, Costea, C‑110/14, EU:C:2015:538, punti 26 e 27).

28      Tale concezione ampia della nozione di «consumatore», ai sensi dell’articolo 2, lettera b), della direttiva 93/13 consente di garantire la tutela accordata dalla direttiva in parola a tutte le persone fisiche che si trovino nella situazione di inferiorità descritta al punto 25 della presente sentenza.

29      Dalle considerazioni che precedono si evince che il fatto che una persona fisica concluda un contratto, diverso da un contratto di lavoro, con il suo datore di lavoro, non osta, di per sé, a che essa sia qualificata come «consumatore», ai sensi dell’articolo 2, lettera b), della direttiva 93/13.

30      Inoltre, come osservato dall’avvocato generale al paragrafo 60 delle sue conclusioni, la circostanza che alcuni tipi di contratti conclusi con i consumatori siano riservati a determinati gruppi di consumatori, non priva questi ultimi del loro status di «consumatore» ai sensi dell’articolo 2, lettera b), della direttiva 93/13.

31      Orbene, l’esclusione dall’ambito di applicazione della direttiva citata dei numerosi contratti stipulati dai consumatori con i loro datori di lavori priverebbe l’insieme dei suddetti consumatori della tutela accordata dalla direttiva in parola (v., per analogia, sentenza del 15 gennaio 2015, Šiba, C‑537/13, EU:C:2015:14, punto 29).

32      Per quanto riguarda l’esclusione dei contratti di lavoro dall’ambito di applicazione della direttiva 93/13, si deve rilevare che, come osservato dall’avvocato generale al paragrafo 58 delle sue conclusioni, un contratto di mutuo, come quello in esame nel procedimento principale, non disciplina un rapporto di lavoro né le condizioni di lavoro e, di conseguenza, non può essere qualificato come «contratto di lavoro».

33      Per quanto concerne, in secondo luogo, la nozione di «professionista», ai sensi dell’articolo 2, lettera c), della direttiva 93/13, va ricordato che il legislatore dell’Unione ha inteso sancire un’ampia concezione di tale nozione (sentenza del 17 maggio 2018, Karel de Grote – Hogeschool Katholieke Hogeschool Antwerpen, C‑147/16, EU:C:2018:320, punto 48 e giurisprudenza ivi citata).

34      Infatti, da un lato, l’impiego del termine «qualsiasi» in detta disposizione pone in evidenza che ogni persona fisica o giuridica dev’essere considerata un «professionista», ai sensi della direttiva 93/13, qualora eserciti un’attività professionale (sentenza del 17 maggio 2018, Karel de Grote – Hogeschool Katholieke Hogeschool Antwerpen, C‑147/16, EU:C:2018:320, punto 49).

35      D’altro lato, la stessa nozione riguarda qualsiasi attività professionale, «sia essa pubblica o privata». Pertanto, l’articolo 2, lettera c) della direttiva 93/13 può essere applicato agli organismi aventi o meno uno scopo di lucro, senza escludere gli enti incaricati di una missione di interesse generale (v., in tal senso, sentenza del 17 maggio 2018, Karel de Grote – Hogeschool Katholieke Hogeschool Antwerpen, C‑147/16, EU:C:2018:320, punti 50 e 51).

36      La nozione di «professionista», ai sensi dell’articolo 2, lettera c), della direttiva 93/13 è una nozione funzionale che comporta la valutazione se il rapporto contrattuale concreto si inserisca nell’ambito delle attività che una persona svolge a titolo professionale (v., in tal senso, sentenza del 17 maggio 2018, Karel de Grote – Hogeschool Katholieke Hogeschool Antwerpen, C‑147/16, EU:C:2018:320, punto 55).

37      La Corte ha già statuito che un istituto di insegnamento che fornisce ad uno studente, in via complementare ed accessoria rispetto alla sua attività principale, una prestazione che costituisce fondamentalmente un contratto di mutuo, può essere considerata, in ordine a siffatta prestazione, un «professionista», ai sensi dell’articolo 2, lettera c), della direttiva 93/13 (v., in tal senso, sentenza del 17 maggio 2018, Karel de Grote – Hogeschool Katholieke Hogeschool Antwerpen, C‑147/16, EU:C:2018:320, punti 57 e 58).

38      Infatti, in un caso del genere, esiste, in linea di principio, una disuguaglianza tra l’istituto di insegnamento e lo studente, dovuta all’asimmetria dell’informazione e delle competenze tecniche tra dette parti, poiché un siffatto istituto possiede un’organizzazione permanente e competenze tecniche di cui lo studente, che agisce per fini privati, non necessariamente dispone quando sia incidentalmente confrontato a tale contratto (sentenza del 17 maggio 2018, Karel de Grote – Hogeschool Katholieke Hogeschool Antwerpen, C‑147/16, EU:C:2018:320, punto 59).

39      Tali considerazioni sono applicabili in una causa come quella in esame nel procedimento principale, in cui un datore di lavoro, persona giuridica, conclude con uno dei suoi dipendenti, persona fisica, ed eventualmente con il coniuge di tale dipendente, un contratto di mutuo destinato a finanziare l’acquisto di un bene immobile per fini privati.

40      Infatti, anche se l’attività principale di un datore di lavoro come l’EDF non consiste nell’offrire strumenti finanziari bensì nel fornire energia, tale datore di lavoro dispone delle informazioni e delle competenze tecniche, delle risorse umane e materiali di cui una persona fisica, vale a dire la controparte contrattuale, presumibilmente non dispone.

41      Al pari della nozione di «consumatore», ai sensi dell’articolo 2, lettera b), della direttiva 93/13, quella di «professionista» ai sensi dell’articolo 2, lettera c), di tale direttiva ha carattere oggettivo e non dipende da ciò che il professionista decide di trattare come sua attività principale o secondaria ed accessoria.

42      Inoltre, come rilevato sostanzialmente dall’avvocato generale ai paragrafi da 43 a 46 delle sue conclusioni, da un lato, il fatto di proporre un siffatto contratto di mutuo ai propri dipendenti, offrendo quindi loro il vantaggio di poter accedere alla proprietà, serve ad attrarre e trattenere una manodopera qualificata e competente favorendo l’esercizio dell’attività professionale del datore di lavoro. In detto contesto, la sussistenza o insussistenza di un eventuale reddito diretto, per tale datore di lavoro, previsto nel summenzionato contratto, non incide sul riconoscimento del suddetto datore di lavoro come «professionista», ai sensi dell’articolo 2, lettera c), della direttiva 93/13. D’altro lato, l’interpretazione estensiva della nozione di «professionista», ai sensi della disposizione citata, serve a dare attuazione all’obiettivo di tale direttiva consistente nel tutelare il consumatore quale parte debole del contratto concluso con un professionista e nel ristabilire l’equilibrio tra le parti (v., in tal senso, sentenza del 31 maggio 2018, Sziber, C‑483/16, EU:C:2018:367, punto 32).

43      Alla luce di tutte le considerazioni che precedono occorre rispondere alle questioni poste dichiarando che:

–        l’articolo 2, lettera b), della direttiva 93/13 va interpretato nel senso che il dipendente di un’impresa e il suo coniuge, che concludono con detta impresa un contratto di mutuo, riservato in via principale ai membri del personale di tale impresa, destinato a finanziare l’acquisto di un bene immobile per fini privati, devono essere considerati «consumatori», ai sensi di tale disposizione;

–        l’articolo 2, lettera c), della direttiva 93/13 va interpretato nel senso che detta impresa deve essere considerata un «professionista» ai sensi della disposizione in parola, qualora concluda un siffatto contratto di mutuo nell’ambito della propria attività professionale, anche se concedere finanziamenti non costituisce la sua attività principale.

 Sulle spese

44      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Terza Sezione) dichiara:

L’articolo 2, lettera b), della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, va interpretato nel senso che il dipendente di un’impresa e il suo coniuge, che concludono con detta impresa un contratto di mutuo, riservato in via principale ai membri del personale di tale impresa, destinato a finanziare l’acquisto di un bene immobile per fini privati, devono essere considerati «consumatori», ai sensi di tale disposizione.

L’articolo 2, lettera c), della direttiva 93/13 va interpretato nel senso che detta impresa deve essere considerata un «professionista», ai sensi della disposizione in parola, qualora concluda un siffatto contratto di mutuo nell’ambito della propria attività professionale, anche se concedere finanziamenti non costituisce la sua attività principale.

Firme


*      Lingua processuale: il francese.