Language of document : ECLI:EU:C:2019:1112

SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

19 dicembre 2019 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Direttiva 2000/31/CE – Servizi della società dell’informazione – Direttiva 2006/123/CE – Servizi – Attività consistente nel mettere in contatto albergatori, professionisti o privati, che dispongono di alloggi da dare in locazione, con persone che cercano questo tipo di sistemazione – Qualificazione – Normativa nazionale che assoggetta a determinate restrizioni l’esercizio della professione di agente immobiliare – Direttiva 2000/31/CE – Articolo 3, paragrafo 4, lettera b), secondo trattino – Obbligo di notificare le misure che limitano la libera circolazione dei servizi della società dell’informazione – Omessa notifica – Opponibilità – Procedimento penale con costituzione di parte civile»

Nella causa C‑390/18,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal juge d’instruction du tribunal de grande instance de Paris (giudice istruttore del Tribunale di primo grado di Parigi, Francia), con decisione del 7 giugno 2018, pervenuta in cancelleria il 13 giugno 2018, nel procedimento penale a carico di

X,

con l’intervento di:

YA,

Airbnb Ireland UC,

Hôtelière Turenne SAS,

Association pour un hébergement et un tourisme professionnels (AHTOP),

Valhotel,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta da K. Lenaerts, presidente, R. Silva de Lapuerta, vicepresidente, A. Arabadjiev, E. Regan, P.G. Xuereb e L.S. Rossi, presidenti di sezione, E. Juhász, M. Ilešič, J. Malenovský, D. Šváby (relatore) e N. Piçarra, giudici,

avvocato generale: M. Szpunar

cancelliere: V. Giacobbo-Peyronnel, amministratrice

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 14 gennaio 2019,

considerate le osservazioni presentate:

–        per Airbnb Ireland UC, da D. Van Liedekerke, O.W. Brouwer e A.A.J. Pliego Selie, advocaten;

–        per l’Association pour un hébergement et un tourisme professionnels (AHTOP), da B. Quentin, G. Navarro e M. Robert, avocats;

–        per il governo francese, da E. de Moustier e R. Coesme, in qualità di agenti;

–        per il governo ceco, da M. Smolek, J. Vláčil e T. Müller, in qualità di agenti;

–        per il governo spagnolo, da M.J. García-Valdecasas Dorrego, in qualità di agente;

–        per il governo lussemburghese, inizialmente da D. Holderer, successivamente da T. Uri, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da L. Malferrari, É. Gippini Fournier e S.L. Kalėda, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 30 aprile 2019,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 3 della direttiva 2000/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2000, relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno («direttiva sul commercio elettronico») (GU 2000, L 178, pag. 1).

2        Questa domanda è stata presentata nel quadro di un procedimento penale a carico di X per condotte consistenti, segnatamente, nella gestione di fondi per attività di mediazione e gestione di immobili ed esercizi commerciali da parte di un soggetto sprovvisto di licenza per l’esercizio della professione.

 Contesto normativo

 Diritto dellUnione

 La direttiva 98/34

3        L’articolo 1, primo comma, punto 2, della direttiva 98/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 giugno 1998, che prevede una procedura d’informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell’informazione (GU 1998, L 204, pag. 37), come modificata dalla direttiva 98/48/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 luglio 1998 (GU 1998, L 217, pag. 18) (in prosieguo: la «direttiva 98/34»), prevede quanto segue:

«Ai sensi della presente direttiva si intende per:

(…)

2)      “servizio”: qualsiasi servizio della società dell’informazione, vale a dire qualsiasi servizio prestato normalmente dietro retribuzione, a distanza, per via elettronica e a richiesta individuale di un destinatario di servizi.

Ai fini della presente definizione si intende:

–        “a distanza”: un servizio fornito senza la presenza simultanea delle parti;

–        “per via elettronica”: un servizio inviato all’origine e ricevuto a destinazione mediante attrezzature elettroniche di trattamento (compresa la compressione digitale) e di memorizzazione di dati, e che è interamente trasmesso, inoltrato e ricevuto mediante fili, radio, mezzi ottici od altri mezzi elettromagnetici;

–        “a richiesta individuale di un destinatario di servizi”: un servizio fornito mediante trasmissione di dati su richiesta individuale.

(…)».

 La direttiva (UE) 2015/1535

4        La direttiva (UE) 2015/1535 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 settembre 2015, che prevede una procedura d’informazione nel settore delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell’informazione (GU 2015, L 241, pag. 1), ha abrogato e sostituito, a partire dal 7 ottobre 2015, la direttiva 98/34.

5        L’articolo 1, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2015/1535 enuncia quanto segue:

«Ai sensi della presente direttiva si applicano le seguenti definizioni:

(…)

b)      “servizio”: qualsiasi servizio della società dell’informazione, vale a dire qualsiasi servizio prestato normalmente dietro retribuzione, a distanza, per via elettronica e a richiesta individuale di un destinatario di servizi.

Ai fini della presente definizione si intende per:

i)      “a distanza”: un servizio fornito senza la presenza simultanea delle parti;

ii)      “per via elettronica”: un servizio inviato all’origine e ricevuto a destinazione mediante attrezzature elettroniche di trattamento (compresa la compressione digitale) e di memorizzazione di dati, e che è interamente trasmesso, inoltrato e ricevuto mediante fili, radio, mezzi ottici o altri mezzi elettromagnetici;

iii)      “a richiesta individuale di un destinatario di servizi”: un servizio fornito mediante trasmissione di dati su richiesta individuale;

nell’allegato I figura un elenco indicativo di servizi non contemplati da tale definizione».

6        L’articolo 5, paragrafo 1, della citata direttiva stabilisce quanto segue:

«Fatto salvo l’articolo 7, gli Stati membri comunicano immediatamente alla Commissione ogni progetto di regola tecnica, salvo che si tratti del semplice recepimento integrale di una norma internazionale o europea, nel qual caso è sufficiente una semplice informazione sulla norma stessa. Essi le comunicano brevemente anche i motivi che rendono necessario adottare tale regola tecnica a meno che non risultino già dal progetto.

(…)».

7        In forza dell’articolo 10, secondo comma, della direttiva 2015/1535, i riferimenti alla direttiva 98/34 s’intendono fatti d’ora in avanti alla direttiva 2015/1535.

 La direttiva 2000/31

8        Il considerando 8 della direttiva 2000/31 enuncia quanto segue:

«La presente direttiva si prefigge di creare un quadro giuridico inteso ad assicurare la libera circolazione dei servizi della società dell’informazione tra gli Stati membri, e non di armonizzare il settore del diritto penale in quanto tale».

9        Nella sua versione precedente all’entrata in vigore della direttiva 2015/1535, l’articolo 2, lettera a), della direttiva 2000/31 definitiva i «servizi della società dell’informazione» come i servizi ai sensi dell’articolo 1, primo comma, punto 2, della direttiva 98/34. Dopo la menzionata entrata in vigore, questo riferimento va inteso come fatto all’articolo 1, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2015/1535.

10      L’articolo 2, lettera h), della direttiva 2000/31 prevede quanto segue:

«h)      “ambito regolamentato”: le prescrizioni degli ordinamenti degli Stati membri e applicabili ai prestatori di servizi della società dell’informazione o ai servizi della società dell’informazione, indipendentemente dal fatto che siano di carattere generale o loro specificamente destinati.

i)      L’ambito regolamentato riguarda le prescrizioni che il prestatore deve soddisfare per quanto concerne:

–        l’accesso all’attività di servizi della società dell’informazione, quali ad esempio le prescrizioni riguardanti le qualifiche e i regimi di autorizzazione o notifica;

–        l’esercizio dell’attività di servizi della società dell’informazione, quali ad esempio le prescrizioni riguardanti il comportamento del prestatore, la qualità o i contenuti del servizio, comprese le prescrizioni applicabili alla pubblicità e ai contratti, oppure la responsabilità del prestatore;

ii)      l’ambito regolamentato non comprende le norme su:

–        le merci in quanto tali,

–        la consegna delle merci,

–        i servizi non prestati per via elettronica».

11      L’articolo 3, paragrafi 2 e da 4 a 6, di detta direttiva, così recita:

«2.      Gli Stati membri non possono, per motivi che rientrano nell’ambito regolamentato, limitare la libera circolazione dei servizi [della] società dell’informazione provenienti da un altro Stato membro.

(…)

4.      Gli Stati membri possono adottare provvedimenti in deroga al paragrafo 2, per quanto concerne un determinato servizio della società dell’informazione, in presenza delle seguenti condizioni:

a)      i provvedimenti sono:

i)      necessari per una delle seguenti ragioni:

–        ordine pubblico, in particolare per l’opera di prevenzione, investigazione[,] individuazione e perseguimento in materie penali, quali la tutela dei minori e la lotta contro l’incitamento all’odio razziale, sessuale, religioso o etnico, nonché violazioni della dignità umana della persona;

–        tutela della sanità pubblica;

–        pubblica sicurezza, compresa la salvaguardia della sicurezza (…) e della difesa nazionale,

–        tutela dei consumatori, ivi compresi gli investitori;

ii)      relativi a un determinato servizio della società dell’informazione lesivo degli obiettivi di cui al punto i) o che costituisca un rischio serio e grave di pregiudizio a tali obiettivi;

iii)      proporzionati a tali obiettivi;

b)      prima di adottare i provvedimenti in questione e fatti salvi i procedimenti giudiziari, anche istruttori, e gli atti compiuti nell’ambito di un’indagine penale, lo Stato membro ha:

–        chiesto allo Stato membro di cui al paragrafo 1 di prendere provvedimenti e questo non li ha presi o essi non erano adeguati;

–        notificato alla Commissione e allo Stato membro di cui al paragrafo 1 la sua intenzione di prendere tali provvedimenti.

5.      In caso di urgenza, gli Stati membri possono derogare alle condizioni di cui al paragrafo 4, lettera b). I provvedimenti vanno allora notificati al più presto alla Commissione e allo Stato membro di cui al paragrafo 1, insieme ai motivi dell’urgenza.

6.      Salva la possibilità degli Stati membri di procedere con i provvedimenti in questione, la Commissione verifica con la massima rapidità la compatibilità dei provvedimenti notificati con il diritto comunitario; nel caso in cui giunga alla conclusione che i provvedimenti sono incompatibili con il diritto comunitario, la Commissione chiede allo Stato membro in questione di astenersi dall’adottarli o di revocarli con urgenza».

 La direttiva 2006/123/CE

12      L’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 2006/123/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativa ai servizi nel mercato interno (GU 2006, L 376, pag. 36), così recita:

«Se disposizioni della presente direttiva confliggono con disposizioni di altri atti comunitari che disciplinano aspetti specifici dell’accesso ad un’attività di servizi o del suo esercizio in settori specifici o per professioni specifiche, le disposizioni di questi altri atti comunitari prevalgono e si applicano a tali settori o professioni specifiche. (…)».

 Diritto francese

13      L’articolo 1 della loi nº 70-9, du 2 janvier 1970, réglementant les conditions d’exercice des activités relatives à certaines opérations portant sur les immeubles et les fonds de commerce (legge del 2 gennaio 1970, n. 9, che disciplina le condizioni per l’esercizio delle attività relative a determinate operazioni aventi ad oggetto gli immobili e gli esercizi commerciali; JORF del 4 gennaio 1970, pag. 142), nella versione applicabile ai fatti di cui al procedimento principale (in prosieguo: la «legge Hoguet»), prevede quanto segue:

«Le disposizioni della presente legge si applicano alle persone fisiche o giuridiche che esercitano o prestano la loro assistenza abitualmente, anche a titolo accessorio, nelle operazioni che hanno ad oggetto beni altrui e relative a:

1o      L’acquisto, la vendita, la ricerca, lo scambio, la locazione o la sub-locazione, stagionale o meno, di immobili costruiti o meno, vuoti o ammobiliati;

(…)».

14      L’articolo 3 di detta legge così dispone:

«Le attività di cui all’articolo 1 possono essere esercitate solo da persone fisiche o giuridiche titolari di una licenza per l’esercizio della professione rilasciata, per una durata e secondo modalità prefissate con decreto del Conseil d’État [Consiglio di Stato francese], dal presidente della camera dell’industria e del commercio territorialmente competente o dal presidente della camera dell’industria e del commercio della provincia dell’Île-de-France, precisando quali operazioni possono essere svolte. (…)

Tale licenza può essere rilasciata solo alle persone fisiche che soddisfino le seguenti condizioni:

1º      Dimostrino il possesso di competenze professionali;

2o      Producano una garanzia finanziaria che consenta il rimborso degli importi (…);

3o      Stipulino un’assicurazione contro le conseguenze economiche derivanti dalla loro responsabilità civile professionale;

4o      Non siano colpiti da incapacità o divieti di esercizio (…)

(…)».

15      L’articolo 5 di detta legge enuncia quanto segue:

«Le persone di cui all’articolo 1 che ricevono [o] detengono somme di denaro (…) devono rispettare le condizioni previste con decreto del Conseil d’État, in particolare le formalità di tenuta dei registri e di rilascio delle ricevute, così come gli altri obblighi derivanti dal mandato».

16      L’articolo 14 della stessa legge è formulato nel modo seguente:

«È punito con sei mesi di arresto e 7 500 EUR di ammenda il fatto:

a)      di esercitare o prestare la propria assistenza abitualmente, anche a titolo accessorio, alle operazioni di cui all’articolo 1 senza essere titolare della licenza istituita dall’articolo 3 o dopo averla restituita o avendo omesso di restituirla a seguito di ingiunzione dell’autorità amministrativa competente;

(…)».

17      L’articolo 16 della legge Hoguet così dispone:

«È punito con due anni di reclusione e 30 000 EUR di multa il fatto:

1o      Di ricevere o detenere, a qualsiasi titolo e in qualsiasi maniera, in occasione delle operazioni di cui all’articolo 1, somme di denaro, beni, effetti personali o valori qualsiasi:

a)      in violazione dell’articolo 3;

b)      oppure in violazione delle condizioni previste dall’articolo 5 per la tenuta dei documenti e il rilascio delle ricevute qualora tali documenti e ricevute siano imposti per legge;

(…)».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

18      La società di diritto irlandese Airbnb Ireland UC, con sede in Dublino (Irlanda), fa parte del gruppo Airbnb, composto da diverse società direttamente o indirettamente controllate dalla Airbnb Inc., la quale ha sede negli Stati Uniti. La Airbnb Ireland offre una piattaforma elettronica che ha come scopo, mediante il versamento di una commissione, quello di mettere in contatto, in particolare in Francia, da una parte, albergatori, professionisti e privati, che dispongono di alloggi da dare in locazione e, dall’altra, persone che cercano questo tipo di sistemazione. La Airbnb Payments UK Ltd, società di diritto britannico con sede in Londra (Regno Unito), fornisce, per parte sua, servizi di pagamento on line nel quadro di quest’attività di collegamento e gestisce i pagamenti del gruppo nell’Unione europea. Peraltro la Airbnb France SARL, società di diritto francese, agente della Airbnb Ireland, ha l’incarico di promuovere questa piattaforma presso utenti sul mercato francese organizzando, segnatamente, campagne pubblicitarie dirette a un pubblico mirato.

19      Oltre al servizio consistente nel mettere in contatto locatori e locatari tramite la sua piattaforma elettronica di centralizzazione delle offerte, la Airbnb Ireland propone ai locatori un certo numero di altre prestazioni, quali uno schema che definisce il contenuto della loro offerta, in opzione, un servizio di fotografia, parimenti in opzione, un’assicurazione per la responsabilità civile nonché una garanzia per i danni fino a un importo pari a 800 000 EUR. In aggiunta, essa mette a loro disposizione un servizio opzionale di stima del prezzo della loro locazione alla luce delle medie di mercato ricavate da detta piattaforma. Peraltro, se un locatore accetta un locatario, quest’ultimo trasferisce alla Airbnb Payments UK il prezzo della locazione al quale va aggiunto un importo, che varia dal 6 % al 12 % di detto ammontare, a titolo delle spese e del servizio a carico della Airbnb Ireland. La Airbnb Payments UK custodisce i fondi per conto del locatore dopodiché, 24 ore dopo l’ingresso del locatario nell’alloggio, li trasmette al locatore mediante bonifico, consentendo così al locatario di avere la sicurezza dell’esistenza del bene e al locatore la garanzia del pagamento. Infine, la Airbnb Ireland ha istituito un sistema mediante il quale il locatore e il locatario possono formulare un giudizio mediante un voto che va da zero a cinque stelle, voto consultabile sulla piattaforma elettronica in questione.

20      In pratica, come si evince dalle spiegazioni fornite dalla Airbnb Ireland, un internauta che cerchi un alloggio in locazione si connette sulla piattaforma elettronica omonima, indica il luogo in cui desidera recarsi nonché il periodo e il numero di persone di sua scelta. Su questa base, la Airbnb Ireland gli fornisce un elenco degli alloggi in locazione disponibili corrispondenti a questi criteri affinché egli selezioni quello di sua scelta e proceda, on line, alla prenotazione del medesimo.

21      In questo quadro, gli utenti della piattaforma elettronica in questione, che siano locatori o locatari, concludono un contratto con la Airbnb Ireland per l’uso di questa piattaforma e con la Airbnb Payments UK per i pagamenti effettuati tramite detta piattaforma.

22      Il 24 gennaio 2017, l’Association pour un hébergement et un tourisme professionnels (associazione francese per l’alloggio e il turismo professionali; in prosieguo: l’«AHTOP») ha presentato una denuncia con costituzione di parte civile, segnatamente, lamentando l’esercizio di un’attività di mediazione e gestione di immobili ed esercizi commerciali senza licenza per l’esercizio della professione ai sensi della legge Hoguet, per il periodo dall’11 aprile 2012 al 24 gennaio 2017.

23      A sostegno della sua denuncia, quest’associazione afferma che la Airbnb Ireland non si limita a mettere in contatto due parti grazie all’omonima piattaforma, ma offre servizi supplementari caratteristici di un’attività di mediatore in operazioni immobiliari.

24      A seguito del deposito di detta denuncia, il procureur de la République (procuratore della Repubblica francese) presso il tribunal de grande instance de Paris (Tribunale di primo grado di Parigi, Francia) ha emesso, il 16 marzo 2017, una requisitoria preliminare, segnatamente, per gestione di fondi finalizzata ad attività di mediazione e gestione di immobili ed esercizi commerciali da parte di un soggetto sprovvisto di licenza per l’esercizio della professione, in violazione della legge Hoguet, per il periodo compreso tra l’11 aprile 2012 e il 24 gennaio 2017.

25      La Airbnb Ireland nega di esercitare l’attività di agente immobiliare e deduce l’inapplicabilità della legge Hoguet a causa della sua incompatibilità con la direttiva 2000/31.

26      In questo quadro, il juge d’instruction (giudice istruttore) del tribunal de grande instance de Paris (Tribunale di primo grado di Parigi) si chiede se il servizio fornito dalla Airbnb Ireland debba essere qualificato come «servizio della società dell’informazione», ai sensi della citata direttiva, e, in caso di risposta affermativa, se quest’ultima osti al fatto che la legge Hoguet sia applicata a tale società nel contesto del procedimento principale o se, al contrario, detta direttiva non osti all’avvio di un procedimento penale a carico della Airbnb Ireland in base a tale legge.

27      Ciò premesso, il tribunal de grande instance de Paris (Tribunale di primo grado di Parigi) ha deciso di sospendere il procedimento e di proporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se le prestazioni fornite in Francia dalla (…) Airbnb Ireland mediante una piattaforma elettronica gestita dall’Irlanda godano della libertà di prestazione di servizi prevista dall’articolo 3 della direttiva 2000/31 (…).

2)      Se le norme restrittive relative all’esercizio della professione di agente immobiliare in Francia, previste dalla [legge Hoguet], siano opponibili alla (…) Airbnb Ireland».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale

28      L’Airbnb Ireland sostiene che il giudice del rinvio avrebbe torto nel ritenere che le attività della Airbnb Ireland rientrino nell’ambito d’applicazione della legge Hoguet. Il governo francese, in udienza, ha sostenuto la medesima posizione.

29      A tal riguardo, secondo costante giurisprudenza, le questioni relative all’interpretazione del diritto dell’Unione sollevate dal giudice nazionale nel contesto di diritto e di fatto che esso definisce sotto la propria responsabilità, e del quale non spetta alla Corte verificare l’esattezza, godono di una presunzione di rilevanza. Il rifiuto della Corte di statuire su una questione pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale è possibile solo qualora risulti manifestamente che la richiesta interpretazione del diritto dell’Unione non ha alcuna relazione con la realtà o con l’oggetto del procedimento principale, quando il problema è di natura teorica oppure quando la Corte non dispone degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una soluzione utile alle questioni che le sono sottoposte (sentenza del 22 giugno 2010, Melki e Abdeli, C‑188/10 e C‑189/10, EU:C:2010:363, punto 27).

30      Nel caso di specie, come riconosce sostanzialmente il governo francese, se il giudice del rinvio solleva la questione dell’opponibilità delle disposizioni della legge Hoguet alla Airbnb Ireland, ciò presuppone che esso ritiene implicitamente che il servizio di mediazione fornito da detta società rientri nell’ambito di applicazione materiale di detta legge.

31      Ebbene, non risulta manifestamente che l’interpretazione, effettuata dal giudice del rinvio, della legge Hoguet sia palesemente esclusa alla luce del dettato delle disposizioni nazionali menzionate nella decisione di rinvio (v., per analogia, sentenza del 22 giugno 2010, Melki e Abdeli, C‑188/10 e C‑189/10, EU:C:2010:363, punto 28).

32      L’Airbnb Ireland sostiene inoltre che la decisione di rinvio contiene una descrizione stringata della normativa nazionale francese e che essa avrebbe dovuto prendere in considerazione altre disposizioni di detta normativa. La Commissione, per parte sua, reputa che detta decisione sia viziata per mancanza di precisazioni in fatto.

33      Nel caso di specie, la decisione di rinvio espone, in modo sintetico ma preciso, il quadro normativo nazionale rilevante, nonché l’origine e la natura della controversia. Da ciò discende che il giudice del rinvio ha definito in modo sufficiente il quadro sia in fatto che in diritto nel quale esso formula la sua domanda di interpretazione del diritto dell’Unione, e che esso ha fornito alla Corte tutte le informazioni necessarie per porre quest’ultima in condizioni di rispondere utilmente a detta domanda (sentenza del 23 marzo 2006, Enirisorse, C‑237/04, EU:C:2006:197, punto 19).

34      Alla luce di ciò, la presente domanda di pronuncia pregiudiziale non può essere considerata irricevibile nel suo insieme.

 Osservazioni preliminari

35      Nell’ambito delle loro osservazioni, l’AHTOP e la Commissione sostengono rispettivamente che la normativa in questione nel procedimento principale dev’essere valutata alla luce non solo della direttiva 2000/31, ma anche della direttiva 2005/36/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005, relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali (GU 2005, L 255, pag. 22), e della direttiva 2007/64/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 novembre 2007, relativa ai servizi di pagamento nel mercato interno, recante modifica delle direttive 97/7/CE, 2002/65/CE, 2005/60/CE e 2006/48/CE, che abroga la direttiva 97/5/CE (GU 2007, L 319, pag. 1).

36      In proposito, occorre precisare che, nell’ambito della procedura di cooperazione tra i giudici nazionali e la Corte istituita dall’articolo 267 TFUE, spetta a quest’ultima fornire al giudice nazionale una risposta utile che gli consenta di dirimere la controversia sottopostagli. In quest’ottica, la Corte può ricavare dal complesso degli elementi forniti dal giudice nazionale, e segnatamente dalla motivazione della decisione di rinvio, le norme e i principi di diritto dell’Unione che richiedono un’interpretazione tenuto conto dell’oggetto della controversia di cui al procedimento principale, al fine di riformulare le questioni che le sono proposte e di interpretare tutte le disposizioni del diritto dell’Unione di cui il giudice nazionale ha bisogno al fine di statuire sulle controversie ad esso sottoposte, persino qualora queste disposizioni non siano espressamente menzionate in dette questioni (v., in tal senso, sentenza del 16 luglio 2015, Abcur, C‑544/13 e C‑545/13, EU:C:2015:481, punti 33 e 34 nonché giurisprudenza ivi citata).

37      Tuttavia, spetta al solo giudice nazionale definire l’oggetto delle questioni che esso intende proporre alla Corte. Pertanto, una volta che la domanda non fa essa stessa risultare necessaria una siffatta riformulazione, la Corte non può, a domanda di uno degli interessati menzionati dall’articolo 23 dello statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, esaminare questioni che non le siano state sottoposte dal giudice nazionale. Se quest’ultimo, alla luce dell’evoluzione della controversia, dovesse ritenere necessario ottenere ulteriori spunti interpretativi del diritto dell’Unione, gli spetterebbe rivolgersi nuovamente alla Corte (v., in tal senso, sentenza dell’11 giugno 2015, Berlington Hungary e a., C‑98/14, EU:C:2015:386, punto 48 nonché giurisprudenza ivi citata).

38      Nel caso di specie, e in mancanza di una qualsivoglia menzione delle direttive 2005/36 e 2007/64 nelle questioni pregiudiziali nonché di qualsiasi altra spiegazione, nella decisione di rinvio, tale da imporre alla Corte di riflettere sull’interpretazione di dette direttive al fine di dare una risposta utile al giudice del rinvio, quest’ultima non è tenuta ad esaminare gli argomenti relativi a tali direttive, posto che ciò la porterebbe infatti a modificare la sostanza delle questioni che le sono state sottoposte.

 Sulla prima questione

39      Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 2, lettera a), della direttiva 2000/31 debba essere interpretato nel senso che un servizio di mediazione, che ha lo scopo, tramite una piattaforma elettronica, di mettere in contatto, dietro retribuzione, potenziali locatari con locatori, professionisti o meno, che offrono servizi di alloggio di breve durata, e che fornisce, nel contempo, anche un certo numero di altre prestazioni, quali uno schema che definisce il contenuto della loro offerta, un servizio di fotografia, un’assicurazione per la responsabilità civile e una garanzia sui danni, uno strumento per valutare il prezzo della locazione o ancora servizi di pagamento relativi a dette prestazioni di alloggio, debba essere qualificato come «servizio della società dell’informazione», disciplinato dalla direttiva 2000/31.

40      In via preliminare occorre, da un lato, rilevare, circostanza non contestata da nessuna delle parti né dagli altri interessati che hanno partecipato al presente procedimento, che l’attività di mediazione oggetto del procedimento principale rientra nella nozione di «servizio», ai sensi dell’articolo 56 TFUE e della direttiva 2006/123.

41      Dall’altro, si deve nondimeno ricordare che, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, di detta direttiva, quest’ultima non è applicabile se le sue disposizioni confliggono con disposizioni di altri atti dell’Unione che disciplinano aspetti specifici dell’accesso ad un’attività di servizi o del suo esercizio in settori specifici o per professioni specifiche.

42      Pertanto, al fine di determinare se un servizio quale quello di cui al procedimento principale sia disciplinato dalla direttiva 2006/123, come sostengono l’AHTOP e il governo francese, oppure, al contrario, dalla direttiva 2000/31, come sostengono la Airbnb Ireland, i governi ceco e lussemburghese nonché la Commissione, occorre determinare se un servizio siffatto debba essere qualificato come «servizio della società dell’informazione», ai sensi dell’articolo 2, lettera a), della direttiva 2000/31.

43      A questo proposito e tenuto conto del periodo in cui si collocano i fatti oggetto della denuncia depositata dall’AHTOP e il procedimento penale con costituzione di parte civile pendente dinanzi al giudice del rinvio, la definizione della nozione di «servizio della società dell’informazione», di cui all’articolo 2, lettera a), della direttiva 2000/31, ha fatto riferimento, in ordine successivo, all’articolo 1, primo comma, punto 2, della direttiva 98/34, e poi, a decorrere dal 7 ottobre 2015, all’articolo 1, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2015/1535. Tuttavia, questa definizione non è stata oggetto di nessuna modifica in occasione dell’entrata in vigore, il 7 ottobre 2015, della direttiva 2015/1535, alla quale, per tale motivo, si farà unicamente riferimento nella presente sentenza.

44      Ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2015/1535, la nozione di «servizio della società dell’informazione» comprende «qualsiasi servizio prestato normalmente dietro retribuzione, a distanza, per via elettronica e a richiesta individuale di un destinatario di servizi».

45      Nel caso di specie, il giudice del rinvio spiega che, come si evince dal punto 18 della presente sentenza, il servizio in questione nel procedimento principale ha lo scopo, mediante una piattaforma elettronica, di mettere in contatto, dietro retribuzione, potenziali locatari con locatori, professionisti o meno, che propongono servizi di alloggio di breve durata, al fine di consentire ai primi di prenotare un alloggio.

46      Da ciò discende, anzitutto, che questo servizio è fornito dietro retribuzione e ciò malgrado il fatto che la commissione riscossa dalla Airbnb Payments UK provenga unicamente dal locatario e non anche dal locatore.

47      Inoltre, posto che il contatto tra il locatore e il locatario è realizzato tramite una piattaforma elettronica senza presenza simultanea, da un lato, del soggetto che presta il servizio di mediazione e, dall’altro, del locatore o del locatario, detto servizio costituisce un servizio fornito a distanza e per via elettronica. Infatti, in nessun momento del processo di conclusione dei contratti stipulati tra, da un lato, la Airbnb Ireland o la Airbnb Payments UK e, dall’altro, il locatore o il locatario, le parti entrano in contatto se non per il tramite della piattaforma elettronica omonima.

48      Infine, il servizio di cui trattasi è fornito su richiesta individuale dei destinatari del medesimo, posto che esso presuppone, nel contempo, la pubblicazione on line di un annuncio da parte del locatore e una richiesta individuale del locatario interessato da detto annuncio.

49      Pertanto, un servizio siffatto soddisfa le quattro condizioni cumulative di cui all’articolo 1, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2015/1535 e, pertanto, costituisce in linea di principio un «servizio della società dell’informazione» ai sensi della direttiva 2000/31.

50      Tuttavia, come sostengono le parti e gli altri interessati che hanno partecipato al presente procedimento, la Corte ha dichiarato che, benché un servizio di mediazione che soddisfa l’insieme di tali condizioni costituisca, in linea di principio, un servizio distinto dal servizio susseguente al quale si ricollega e, pertanto, debba essere qualificato come «servizio della società dell’informazione», la conclusione dev’essere diversa qualora risulti che detto servizio di mediazione costituisce parte integrante di un servizio globale il cui elemento principale è un servizio al quale va riconosciuta una diversa qualificazione giuridica (v., in tal senso, sentenza del 20 dicembre 2017, Asociación Profesional Elite Taxi, C‑434/15, EU:C:2017:981, punto 40).

51      Nel caso di specie, l’AHTOP asserisce essenzialmente che il servizio fornito dalla Airbnb Ireland costituisce parte integrante di un servizio globale, il cui elemento principale consiste in una prestazione di alloggio. In tal senso, essa ritiene che la Airbnb Ireland non si limiti a mettere in contatto due parti grazie alla piattaforma elettronica omonima, bensì offra servizi complementari che caratterizzerebbero un’attività di mediazione in operazioni immobiliari.

52      Tuttavia, benché indubbiamente il servizio di mediazione fornito dalla Airbnb Ireland miri a consentire la locazione di un alloggio di cui è pacifico che sia soggetta alla direttiva 2006/123, la natura dei collegamenti tra questi servizi non giustifica il fatto di negare la qualifica di «servizio della società dell’informazione» per detto servizio di mediazione e, pertanto, l’applicazione al medesimo della direttiva 2000/31.

53      Infatti, un servizio di mediazione di tal genere presenta un carattere distinto dall’operazione immobiliare propriamente detta, in quanto esso non mira unicamente alla realizzazione immediata di una prestazione di alloggio bensì piuttosto, in base all’elenco strutturato degli alloggi disponibili sulla piattaforma elettronica omonima, corrispondente ai criteri selezionati dalle persone che cercano una sistemazione di breve durata, a fornire uno strumento che agevoli la conclusione di contratti vertenti su operazioni future. È la creazione di un elenco siffatto a vantaggio sia degli albergatori che dispongono di alloggi, sia delle persone che cercano questo tipo di sistemazione che costituisce la caratteristica essenziale della piattaforma elettronica gestita dall’Airbnb Ireland.

54      Sotto questo profilo, la raccolta delle offerte presentate in modo coordinato con l’aggiunta di strumenti per la ricerca, la localizzazione e il confronto di tali offerte costituisce, per la sua importanza, un servizio che non può essere considerato come un semplice accessorio di un servizio globale al quale vada applicata una qualifica giuridica diversa, ossia una prestazione di alloggio.

55      Inoltre, un servizio come quello fornito dalla Airbnb Ireland non risulta per nulla indispensabile alla realizzazione di prestazioni di alloggio sia dal punto di vista dei locatari che dei locatori che vi fanno ricorso, posto che entrambi dispongono di numerosi altri canali, alcuni disponibili da lungo tempo, come le agenzie immobiliari, gli annunci in formato cartaceo o elettronico o ancora i siti Internet di locazioni immobiliari. A questo riguardo, la mera circostanza che la Airbnb Ireland entri in concorrenza diretta con questi ultimi canali, fornendo ai suoi utenti, ossia tanto ai locatori come ai locatari, un servizio innovativo basato sulle particolarità di un’attività commerciale della società dell’informazione non consente di ricavare da ciò il carattere indispensabile ai fini della prestazione di un servizio di alloggio.

56      Infine, né dalla decisione di rinvio né dagli elementi contenuti nel fascicolo a disposizione della Corte risulta che la Airbnb Ireland stabilisca o fissi un limite all’importo delle locazioni pretese dai locatori che fanno ricorso alla piattaforma. Al massimo, essa mette a loro disposizione uno strumento opzionale di stima del prezzo della loro locazione alla luce delle medie di mercato ricavate da detta piattaforma, lasciando unicamente al locatore la responsabilità di determinare l’importo della locazione.

57      Da ciò discende che un servizio di mediazione come quello fornito dalla Airbnb Ireland, come tale, non può essere considerato parte integrante di un servizio globale il cui elemento principale sarebbe una prestazione di alloggio.

58      Nessuna delle altre prestazioni menzionate nel punto 19 della presente sentenza, considerate nel loro complesso o isolatamente, consente di rimettere in discussione tale constatazione. Al contrario, prestazioni di tal genere presentano carattere accessorio posto che non costituiscono per il locatore un fine in sé, bensì il mezzo per beneficiare del servizio di mediazione fornito dalla Airbnb Ireland o per offrire prestazioni di alloggio alle migliori condizioni (v., per analogia, sentenze del 21 febbraio 2008, Part Service, C‑425/06, EU:C:2008:108, punto 52; del 10 novembre 2016, Baštová, C‑432/15, EU:C:2016:855, punto 71, e del 4 settembre 2019, KPC Herning, C‑71/18, EU:C:2019:660, punto 38).

59      Ciò vale anzitutto quanto alla circostanza che, oltre alla sua attività consistente nel mettere in contatto locatori e i locatari tramite la piattaforma elettronica omonima, la Airbnb Ireland fornisce ai locatori uno schema che definisce il contenuto della loro offerta, un servizio opzionale di fotografia del bene posto in locazione nonché un sistema di valutazione dei locatori e dei locatari consultabile dai futuri locatori e locatari.

60      Strumenti di tal genere rientrano nello spirito di collaborazione inerente alle piattaforme di mediazione che consente, da un lato, ai richiedenti alloggio di procedere a una scelta pienamente consapevole tra le offerte di alloggio proposte dai locatori sulla piattaforma e, dall’altro, ai locatori di essere compiutamente informati in merito alla serietà dei locatari nei confronti dei quali potrebbero vincolarsi.

61      Ciò vale poi quanto alla circostanza che la Airbnb Payments UK, società del gruppo Airbnb, si incarica della riscossione dell’importo delle locazioni presso i locatari per poi trasferirlo ai locatori, secondo le modalità ricordate nel punto 19 della presente sentenza.

62      Siffatte modalità di pagamento, comuni a un gran numero di piattaforme elettroniche, costituiscono uno strumento per dare certezza alle operazioni negoziali tra locatori e i locatari, la cui semplice presenza non può modificare la natura stessa del servizio di mediazione, in modo particolare quando modalità di pagamento di tal genere non sono associate, né direttamente né indirettamente, a un controllo dei prezzi delle prestazioni di alloggio, come accertato nel punto 56 della presente sentenza.

63      Infine, nemmeno la circostanza che la Airbnb Ireland offre ai locatori una garanzia contro i danni nonché, in opzione, un’assicurazione per la responsabilità civile è tale da modificare la qualificazione giuridica del servizio di mediazione fornito da detta piattaforma.

64      Persino considerate nel loro insieme, le prestazioni, opzionali o meno, fornite dalla Airbnb Ireland e ricordate nei punti da 59 a 63 della presente sentenza, non consentono di rimettere in discussione la natura distinta del servizio di mediazione fornito da questa società e pertanto la sua qualificazione come «servizio della società dell’informazione», a meno di non voler modificare sostanzialmente le specifiche caratteristiche di questo servizio. A tal riguardo, sarebbe del resto paradossale che siffatte prestazioni accessorie a valore aggiunto, fornite da una piattaforma elettronica ai propri clienti al fine, segnatamente, di distinguersi dai propri concorrenti, possano condurre, in mancanza di elementi aggiuntivi, a modificare la natura e pertanto la qualificazione giuridica dell’attività di quest’ultima, come rilevato dall’avvocato generale nel paragrafo 46 delle sue conclusioni.

65      Per di più, e contrariamente a quanto sostengono l’AHTOP e il governo francese, le modalità di funzionamento di un servizio di mediazione come quello fornito dalla Airbnb Ireland non possono essere assimilate a quelle del servizio di mediazione che ha condotto alle sentenze del 20 dicembre 2017, Asociación Profesional Elite Taxi (C‑434/15, EU:C:2017:981, punto 39), e del 10 aprile 2018, Uber France (C‑320/16, EU:C:2018:221, punto 21).

66      A parte il fatto che dette sentenze si iscrivevano nel contesto specifico del trasporto urbano di persone, al quale si applica l’articolo 58, paragrafo 1, TFUE e che i servizi forniti dalla Airbnb Ireland non sono paragonabili a quelli oggetto delle cause che hanno condotto alle sentenze ricordate nel punto precedente, le prestazioni accessorie ricordate nei punti da 59 a 63 della presente sentenza non consentono di porre in evidenza il livello di controllo constatato dalla Corte in dette sentenze.

67      Difatti, in queste ultime la Corte ha rilevato che la Uber esercitava un’influenza decisiva sulle condizioni della prestazione di trasporto degli autisti non professionisti che fanno uso dell’applicazione messa a loro disposizione da detta società (sentenze del 20 dicembre 2017, Asociación Profesional Elite Taxi, C‑434/15, EU:C:2017:981, punto 39, e del 10 aprile 2018, Uber France, C‑320/16, EU:C:2018:221, punto 21).

68      Ebbene, gli elementi evidenziati dal giudice del rinvio, e ricordati nel punto 19 della presente sentenza, non consentono di dimostrare che la Airbnb Ireland eserciti un’influenza decisiva di tal genere sulle condizioni di prestazione dei servizi di alloggio ai quali si collega il suo servizio di mediazione posto che, segnatamente, la Airbnb Ireland non determina né direttamente né indirettamente i prezzi delle locazioni richiesti, come constatato nei punti 56 e 62 della presente sentenza, e che essa non effettua nemmeno la selezione dei locatori o degli alloggi proposti in locazione sulla sua piattaforma.

69      Alla luce delle considerazioni sin qui sviluppate, occorre risolvere la prima questione dichiarando che l’articolo 2, lettera a), della direttiva 2000/31, che fa rinvio all’articolo 1, paragrafo 1, lettera b), della direttiva 2015/1535, dev’essere interpretato nel senso che un servizio di mediazione, che ha lo scopo, tramite una piattaforma elettronica, di mettere in contatto, dietro retribuzione, potenziali locatari con locatori, professionisti o meno, che offrono servizi di alloggio di breve durata, e che fornisce, nel contempo, anche un certo numero di prestazioni accessorie a detto servizio di mediazione, dev’essere qualificato come «servizio della società dell’informazione», disciplinato dalla direttiva 2000/31.

 Sulla seconda questione

 Sulla competenza

70      Il governo francese sostiene che la Corte sarebbe manifestamente incompetente a rispondere alla seconda questione in quanto il giudice del rinvio chiederebbe alla Corte di decidere se le attività della Airbnb Ireland rientrino nella sfera di applicazione materiale della legge Hoguet e, quindi, di interpretare il diritto francese.

71      Tuttavia, dalla formulazione della seconda questione si ricava che, con quest’ultima, il giudice del rinvio chiede alla Corte non se la legge Hoguet sia applicabile alle attività della Airbnb Ireland bensì se detta legge, di cui esso constata la natura restrittiva della libera prestazione dei servizi della società dell’informazione, sia ad essa opponibile.

72      Una questione del genere, strettamente collegata alla facoltà concessa dall’articolo 3, paragrafo 4, lettera a), della direttiva 2000/31 agli Stati membri di derogare al principio della libera circolazione dei servizi della società dell’informazione nonché all’obbligo di detti Stati di notificare alla Commissione e allo Stato membro interessato le misure che limitano detto principio, previsto dall’articolo 3, paragrafo 4, lettera b), di detta direttiva, costituisce una questione vertente sull’interpretazione del diritto dell’Unione.

73      Pertanto, la Corte è competente a rispondere a detta questione.

 Sulla ricevibilità

74      In subordine, il governo francese sostiene che, non avendo il giudice del rinvio dimostrato che le attività della Airbnb Ireland rientrano nella sfera d’applicazione materiale della legge Hoguet, la seconda questione non conterrebbe l’illustrazione dei motivi che l’hanno indotto a interrogarsi sull’interpretazione della direttiva 2000/31 e non illustrerebbe il nesso che esso stabilisce tra tale direttiva e la legge Hoguet. Pertanto, essa non soddisferebbe gli obblighi imposti dall’articolo 94 del regolamento di procedura della Corte e, di conseguenza, sarebbe irricevibile.

75      A tale riguardo, come illustrato nel punto 30 della presente sentenza, dalla seconda questione pregiudiziale si evince che, secondo il giudice del rinvio, il servizio di mediazione fornito dalla Airbnb Ireland tramite la piattaforma elettronica omonima rientra nella sfera d’applicazione materiale di questa legge.

76      Per di più, avendo rilevato la natura restrittiva di detta legge nei confronti di servizi come quello di mediazione in esame nel procedimento principale e del principio della libera circolazione dei servizi della società dell’informazione, riconosciuto dagli articoli 1 e 3 della direttiva 2000/31, evidenziando nel contempo le difficoltà di interpretazione di quest’ultima in merito alla questione riguardante l’opponibilità di una normativa nazionale come la legge Hoguet nei confronti della Airbnb Ireland, il giudice del rinvio ha soddisfatto gli obblighi minimi imposti dall’articolo 94 del regolamento di procedura.

77      Alla luce di ciò, la seconda questione è ricevibile.

 Nel merito

78      Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede alla Corte se la normativa in esame nel procedimento principale sia opponibile all’Airbnb Ireland.

79      Tale questione fa seguito all’argomento sviluppato dalla Airbnb Ireland, riguardante l’incompatibilità delle disposizioni della legge Hoguet, in esame nel procedimento principale, con la direttiva 2000/31 e, in particolare, all’omessa osservanza, da parte della Repubblica francese, delle condizioni stabilite dall’articolo 3, paragrafo 4, di tale direttiva, il quale consente agli Stati membri di adottare misure restrittive della libera circolazione dei servizi della società dell’informazione.

80      Pertanto, occorre interpretare la seconda questione come diretta ad accertare se l’articolo 3, paragrafo 4, della direttiva 2000/31 debba essere interpretato nel senso che un privato può opporsi al fatto che siano applicate nei suoi confronti, nell’ambito di un procedimento penale con costituzione di parte civile, determinate misure di uno Stato membro che limitano la libera circolazione di un servizio della società dell’informazione, che esso fornisce a partire da un altro Stato membro, quando dette misure non soddisfano tutte le condizioni stabilite dalla citata disposizione.

81      In via preliminare, occorre constatare che la normativa in esame nel procedimento principale presenta, come rileva il giudice del rinvio, un carattere restrittivo della libera circolazione dei servizi della società dell’informazione.

82      Infatti, da un lato, gli obblighi contenuti nella legge Hoguet e rilevati dal giudice del rinvio, ossia essenzialmente quello di essere titolare di una licenza per l’esercizio della professione, riguardano l’accesso all’attività del servizio consistente nel mettere in contatto albergatori che dispongono di alloggi e persone che cercano questo tipo di sistemazione, ai sensi dell’articolo 2, lettera h), i), della direttiva 2000/31, e non rientrano in nessuna delle categorie esenti di cui all’articolo 2, lettera h), ii), della medesima direttiva. Dall’altro, essi si applicano segnatamente ai fornitori di servizi stabiliti in Stati membri diversi dalla Repubblica francese, rendendo in tal modo più difficile la prestazione dei loro servizi in Francia.

83      In forza dell’articolo 3, paragrafo 4, della direttiva 2000/31, gli Stati membri possono adottare, per quanto concerne un determinato servizio della società dell’informazione rientrante nell’ambito regolamentato, provvedimenti in deroga al principio della libera circolazione dei servizi della società dell’informazione, rispettando due condizioni cumulative.

84      Da un lato, in applicazione dell’articolo 3, paragrafo 4, lettera a), della direttiva 2000/31, il provvedimento restrittivo in questione dev’essere necessario al fine di garantire l’ordine pubblico, la tutela della sanità pubblica, la pubblica sicurezza o la tutela dei consumatori, dev’essere adottato nei confronti di un servizio della società dell’informazione che sia effettivamente lesivo di detti obiettivi e costituisca un rischio serio e grave di pregiudizio per questi ultimi e, infine, dev’essere proporzionato a tali obiettivi.

85      Dall’altro, in applicazione dell’articolo 3, paragrafo 4, lettera b), secondo trattino, di detta direttiva, lo Stato membro interessato, in via preliminare e fatti salvi i procedimenti giudiziari, anche istruttori, e gli atti compiuti nell’ambito di un’indagine penale, deve aver notificato, alla Commissione e allo Stato membro sul cui territorio il fornitore del servizio in oggetto è stabilito, la sua intenzione di prendere i provvedimenti restrittivi in questione.

86      Per quanto riguarda questa seconda condizione, il governo francese non nega che la legge Hoguet non abbia dato luogo a nessuna notifica da parte della Repubblica francese né nei confronti della Commissione né dello Stato membro di stabilimento della Airbnb Ireland, ossia l’Irlanda.

87      A questo riguardo, occorre anzitutto rilevare che la circostanza che detta legge sia precedente all’entrata in vigore della direttiva 2000/31 non può aver prodotto la conseguenza di esonerare la Repubblica francese dall’obbligo di notifica ad essa incombente. Come rilevato dall’avvocato generale nel paragrafo 118 delle sue conclusioni, il legislatore dell’Unione non ha previsto deroghe che autorizzino gli Stati membri a mantenere provvedimenti anteriori a detta direttiva che possano limitare la libera prestazione dei servizi della società dell’informazione, senza osservare le condizioni previste a tal fine da detta direttiva.

88      Pertanto, occorre determinare se l’inosservanza, da parte di uno Stato membro, dell’obbligo ad esso incombente di notificare preliminarmente misure restrittive della libera prestazione dei servizi della società dell’informazione provenienti da un altro Stato membro, di cui all’articolo 3, paragrafo 4, lettera b), secondo trattino, della direttiva 2000/31 comporti l’inopponibilità ai privati della normativa in questione, analogamente alle conseguenze derivanti dall’inosservanza, da parte di uno Stato membro, dell’obbligo ad esso incombente di notificare preliminarmente le regole tecniche di cui all’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2015/1535 (v., in tal senso, sentenza del 30 aprile 1996, CIA Security International, C‑194/94, EU:C:1996:172, punto 54).

89      A questo proposito occorre rilevare, in primo luogo, che l’articolo 3, paragrafo 4, lettera b), secondo trattino, della direttiva 2000/31 prescrive un obbligo preciso per gli Stati membri di notificare preliminarmente alla Commissione, nonché allo Stato membro nel cui territorio il fornitore del servizio in oggetto è stabilito, la loro intenzione di prendere un provvedimento restrittivo della libera circolazione di tale servizio della società dell’informazione.

90      Dal punto di vista del suo contenuto, l’obbligo previsto in questa disposizione presenta un carattere tanto chiaro, preciso e categorico da poter essere riconosciuto direttamente efficace e, pertanto, da poter essere invocato dai privati dinanzi ai giudici nazionali (v., per analogia, sentenza del 30 aprile 1996, CIA Security International, C‑194/94, EU:C:1996:172, punto 44).

91      In secondo luogo, è pacifico, come si ricava dall’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 2000/31, in combinato disposto con il considerando 8 di quest’ultima, che lo scopo di questa direttiva è di garantire la libera circolazione dei servizi della società dell’informazione tra gli Stati membri. Quest’obiettivo è perseguito mediante un meccanismo di controllo delle misure che possono comprometterlo, consentendo nel contempo alla Commissione e allo Stato membro, sul cui territorio il fornitore del servizio della società dell’informazione in questione è stabilito, di assicurarsi che queste misure siano necessarie al fine di soddisfare motivi imperativi di interesse generale.

92      Inoltre, e come si evince dall’articolo 3, paragrafo 6, di detta direttiva, la Commissione, alla quale spetta il compito di esaminare tempestivamente la compatibilità dei provvedimenti notificati con il diritto dell’Unione, ha l’obbligo, quando giunge alla conclusione che i provvedimenti previsti sono incompatibili con il diritto dell’Unione, di chiedere allo Stato membro interessato di astenersi dall’adottare i provvedimenti o di revocarli urgentemente. Questa procedura consente pertanto alla Commissione di evitare l’adozione o, quantomeno, il mantenimento di ostacoli agli scambi contrari al trattato FUE, segnatamente proponendo modifiche da apportare ai provvedimenti nazionali in questione (v., per analogia, sentenza del 30 aprile 1996, CIA Security International, C‑194/94, EU:C:1996:172, punto 41).

93      Indubbiamente, come rileva in particolare il governo spagnolo e come si evince dall’articolo 3, paragrafo 6, della direttiva 2000/31, l’articolo 3, paragrafo 4, lettera b), secondo trattino, di questa direttiva non prevede formalmente, contrariamente all’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2015/1535, un obbligo di sospensione a carico dello Stato membro che abbia l’intenzione di adottare un provvedimento che limiti la libera prestazione di un servizio della società dell’informazione. Tuttavia, come rilevato nel punto 89 della presente sentenza, salvo in casi di urgenza debitamente giustificata, lo Stato membro interessato deve notificare preliminarmente alla Commissione, così come allo Stato membro sul cui territorio il fornitore del servizio in questione è stabilito, la sua intenzione di adottare un provvedimento del genere.

94      In considerazione degli elementi rilevati nei punti da 89 a 92 della presente sentenza, l’obbligo di previa notifica istituito dall’articolo 3, paragrafo 4, lettera b), secondo trattino, della direttiva 2000/31 costituisce non un semplice obbligo di informazione paragonabile a quello in questione nella causa che ha portato alla sentenza del 13 luglio 1989, Enichem Base e a. (380/87, EU:C:1989:318, punti da 19 a 24), bensì un obbligo procedurale sostanziale che giustifica l’inopponibilità ai privati dei provvedimenti non notificati che limitino la libera circolazione dei servizi della società dell’informazione (v., per analogia, sentenza del 30 aprile 1996, CIA Security International, C‑194/94, EU:C:1996:172, punti 49 e 50).

95      In terzo luogo, il recepimento, nella direttiva 2000/31, della soluzione accolta dalla Corte nella sentenza del 30 aprile 1996, CIA Security International (C‑194/94, EU:C:1996:172) a proposito della direttiva 2015/1535 è tanto più giustificato in quanto, come giustamente ricordato dalla Commissione in udienza, l’obbligo di notifica previsto dall’articolo 3, paragrafo 4, lettera b), secondo trattino, della direttiva 2000/31 tende non, come la misura in questione nella causa conclusasi con detta sentenza, ad evitare l’adozione, da parte di uno Stato membro, di misure che rientrano nella sfera delle competenze di quest’ultimo e tali da incidere sulla libera prestazione dei servizi, bensì ad evitare lo sconfinamento, da parte di uno Stato membro, nelle competenze di principio dello Stato membro in cui è stabilito il fornitore del servizio della società dell’informazione interessato.

96      Dalle considerazioni sin qui svolte discende che l’inosservanza, da parte di uno Stato membro, dell’obbligo ad esso incombente di notificare un provvedimento che limiti la libera circolazione dei servizi della società dell’informazione fornito da un operatore stabilito nel territorio di un altro Stato membro, previsto dall’articolo 3, paragrafo 4, lettera b), secondo trattino, della direttiva 2000/31 implica l’inopponibilità ai privati di detto provvedimento (v., per analogia, sentenza del 30 aprile 1996, CIA Security International, C‑194/94, EU:C:1996:172, punto 54).

97      A questo proposito, è importante inoltre sottolineare che, analogamente a quanto avviene di solito nel caso delle regole tecniche non notificate dallo Stato membro conformemente all’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2015/1535, l’inopponibilità di un provvedimento non notificato che limiti la libera prestazione dei servizi della società dell’informazione può essere invocata in occasione non solo di un procedimento penale (v., per analogia, sentenza del 4 febbraio 2016, Ince, C‑336/14, EU:C:2016:72, punto 84), ma anche in una controversia tra privati (v., per analogia, sentenza del 27 ottobre 2016, James Elliott Construction, C‑613/14, EU:C:2016:821, punto 64 e giurisprudenza ivi citata).

98      Di conseguenza, in un procedimento come quello principale in cui, in una causa pendente dinanzi a un giudice penale, un privato chiede a un altro privato di essere risarcito per un danno che trae origine dalla violazione imputata, l’inosservanza, da parte dello Stato membro, dell’obbligo ad esso incombente di notifica di detta infrazione ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 4, lettera b), secondo trattino, della direttiva 2000/31 rende il provvedimento nazionale, che prevede detta infrazione, inopponibile al privato imputato e consente a quest’ultimo di avvalersi di tale inosservanza nell’ambito non solo del procedimento penale promosso a suo carico, ma anche della domanda di risarcimento formulata dal privato che si è costituito parte civile.

99      In considerazione dell’omessa notifica, da parte della Repubblica francese, della legge Hoguet nonché del carattere cumulativo delle condizioni previste dall’articolo 3, paragrafo 4, della direttiva 2000/31 e ricordate nei punti 84 e 85 della presente sentenza, occorre giudicare che questa legge non può comunque essere applicata a un privato che si trovi in una situazione quale quella della Airbnb Ireland nel procedimento principale, indipendentemente dal fatto che questa legge soddisfi le altre condizioni previste da tale disposizione.

100    In considerazione di quanto sin qui esposto, occorre risolvere la seconda questione dichiarando che l’articolo 3, paragrafo 4, lettera b), secondo trattino, della direttiva 2000/31 dev’essere interpretato nel senso che un privato può opporsi al fatto che siano applicate nei suoi confronti, nell’ambito di un procedimento penale con costituzione di parte civile, determinate misure di uno Stato membro che limitano la libera circolazione di un servizio della società dell’informazione, che esso fornisce a partire da un altro Stato membro, quando queste misure non sono state notificate conformemente a detta disposizione.

 Sulle spese

101    Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:

1)      L’articolo 2, lettera a), della direttiva 2000/31/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’8 giugno 2000, relativa a taluni aspetti giuridici dei servizi della società dell’informazione, in particolare il commercio elettronico, nel mercato interno («direttiva sul commercio elettronico»), che fa rinvio all’articolo 1, paragrafo 1, lettera b), della direttiva (UE) 2015/1535 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 9 settembre 2015, che prevede una procedura d’informazione nel settore delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell’informazione, dev’essere interpretato nel senso che un servizio di mediazione, che ha lo scopo, tramite una piattaforma elettronica, di mettere in contatto, dietro retribuzione, potenziali locatari con locatori, professionisti o meno, che offrono servizi di alloggio di breve durata, e che fornisce, nel contempo, anche un certo numero di prestazioni accessorie a detto servizio di mediazione, dev’essere qualificato come «servizio della società dell’informazione», disciplinato dalla direttiva 2000/31.

2)      L’articolo 3, paragrafo 4, lettera b), secondo trattino, della direttiva 2000/31 dev’essere interpretato nel senso che un privato può opporsi al fatto che siano applicate nei suoi confronti, nell’ambito di un procedimento penale con costituzione di parte civile, determinate misure di uno Stato membro che limitano la libera circolazione di un servizio della società dell’informazione, che esso fornisce a partire da un altro Stato membro, quando queste misure non sono state notificate conformemente a detta disposizione.

Firme


*      Lingua processuale: il francese.