Language of document : ECLI:EU:C:2021:9

SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

14 gennaio 2021 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Spazio di libertà, sicurezza e giustizia – Direttiva 2008/115/CE – Norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare – Articolo 5, lettera a), articolo 6, paragrafi 1 e 4, articolo 8, paragrafo 1, e articolo 10 – Decisione di rimpatrio adottata nei confronti di un minore non accompagnato – Interesse superiore del bambino – Obbligo per lo Stato membro interessato di accertarsi, prima dell’adozione di una decisione di rimpatrio, che il minore sarà ricondotto ad un membro della sua famiglia, a un tutore designato o presso adeguate strutture di accoglienza nello Stato di rimpatrio – Distinzione in base al solo criterio dell’età del minore per il conferimento di un diritto di soggiorno – Decisione di rimpatrio non seguita da misure di allontanamento»

Nella causa C‑441/19,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Rechtbank Den Haag, zittingsplaats ’s‑Hertogenbosch (Tribunale dell’Aia, sede di ’s‑Hertogenbosch, Paesi Bassi), con decisione del 12 giugno 2019, pervenuta in cancelleria lo stesso giorno, nel procedimento

TQ

contro

Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta da J.-C. Bonichot, presidente di sezione, L. Bay Larsen, C. Toader, M. Safjan (relatore) e N. Jääskinen, giudici,

avvocato generale: P. Pikamäe

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

–        per TQ, da J.A. Pieters, advocaat;

–        per il governo dei Paesi Bassi, da M.K. Bulterman e J.M. Hoogveld, in qualità di agenti;

–        per il governo belga, da C. Van Lul e P. Cottin, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da C. Cattabriga e G. Wils, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 2 luglio 2020,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 4, 21 e 24 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), dell’articolo 5, lettera a), dell’articolo 6, paragrafi 1 e 4, dell’articolo 8, paragrafo 1, e dell’articolo 10 della direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (GU 2008, L 348, pag. 98) nonché dell’articolo 15 della direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, recante norme sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta (GU 2011, L 337, pag. 9).

2        Tale domanda è stata proposta nell’ambito di una controversia tra TQ, minore non accompagnato cittadino di un paese terzo, e lo Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid (Segretario di Stato alla Giustizia e alla Sicurezza, Paesi Bassi; in prosieguo: il «Segretario di Stato») in ordine alla legittimità di una decisione con cui veniva ordinato a tale minore di lasciare il territorio dell’Unione europea.

 Contesto normativo

 Diritto dellUnione

 Direttiva 2008/115

3        I considerando 2, 4, 22 e 24 della direttiva 2008/115 sono così formulati:

«(2)      Il Consiglio europeo di Bruxelles del 4 e 5 novembre 2004 ha sollecitato l’istituzione di un’efficace politica in materia di allontanamento e rimpatrio basata su norme comuni affinché le persone siano rimpatriate in maniera umana e nel pieno rispetto dei loro diritti fondamentali e della loro dignità.

(...)

(4)      Occorrono norme chiare, trasparenti ed eque per definire una politica di rimpatrio efficace quale elemento necessario di una politica d’immigrazione correttamente gestita.

(...)

(22)      In linea con la convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del fanciullo del 1989, l’“interesse superiore del bambino” dovrebbe costituire una considerazione preminente degli Stati membri nell’attuazione della presente direttiva. In linea con la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, [firmata a Roma il 4 novembre 1950,] il rispetto della vita familiare dovrebbe costituire una considerazione preminente degli Stati membri nell’attuazione della presente direttiva.

(...)

(24)      La presente direttiva rispetta i diritti fondamentali e osserva i principi riconosciuti in particolare nella [Carta]».

4        L’articolo 1 della suddetta direttiva, intitolato «Oggetto», così recita:

«La presente direttiva stabilisce norme e procedure comuni da applicarsi negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, nel rispetto dei diritti fondamentali in quanto principi generali del diritto comunitario e del diritto internazionale, compresi gli obblighi in materia di protezione dei rifugiati e di diritti dell’uomo».

5        L’articolo 2 di tale direttiva, intitolato «Ambito di applicazione», ai paragrafi 1 e 2, prevede quanto segue:

«1.      La presente direttiva si applica ai cittadini di paesi terzi il cui soggiorno nel territorio di uno Stato membro è irregolare.

2.      Gli Stati membri possono decidere di non applicare la presente direttiva ai cittadini di paesi terzi:

a)      sottoposti a respingimento alla frontiera conformemente all’articolo 13 del [regolamento (CE) n. 562/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, che istituisce un codice comunitario relativo al regime di attraversamento delle frontiere da parte delle persone (codice frontiere Schengen) (GU 2006, L 105, pag. 1)], ovvero fermati o scoperti dalle competenti autorità in occasione dell’attraversamento irregolare via terra, mare o aria della frontiera esterna di uno Stato membro e che non hanno successivamente ottenuto un’autorizzazione o un diritto di soggiorno in tale Stato membro;

b)      sottoposti a rimpatrio come sanzione penale o come conseguenza di una sanzione penale, in conformità della legislazione nazionale, o sottoposti a procedure di estradizione».

6        L’articolo 3 della medesima direttiva, intitolato «Definizioni», prevede quanto segue:

«Ai fini della presente direttiva, si intende per:

(...)

2)      “soggiorno irregolare” la presenza nel territorio di uno Stato membro di un cittadino di un paese terzo che non soddisfi o non soddisfi più le condizioni d’ingresso di cui all’articolo 5 del [regolamento n. 562/2006] o altre condizioni d’ingresso, di soggiorno o di residenza in tale Stato membro;

(...)

5)      “allontanamento” l’esecuzione dell’obbligo di rimpatrio, vale a dire il trasporto fisico fuori dallo Stato membro;

(...)

9)      “persone vulnerabili”: i minori, i minori non accompagnati, i disabili, gli anziani, le donne in gravidanza, le famiglie monoparentali con figli minori e le persone che hanno subìto torture, stupri o altre forme gravi di violenza psicologica, fisica o sessuale».

7        L’articolo 5 della direttiva 2008/115, intitolato «Non-refoulement, interesse superiore del bambino, vita familiare e condizioni di salute», è così formulato:

«Nell’applicazione della presente direttiva, gli Stati membri tengono nella debita considerazione:

a)      l’interesse superiore del bambino;

b)      la vita familiare;

c)      le condizioni di salute del cittadino di un paese terzo interessato;

e rispettano il principio di non-refoulement».

8        L’articolo 6 di tale direttiva, intitolato «Decisione di rimpatrio», ai paragrafi 1 e 4, così dispone:

«1.      Gli Stati membri adottano una decisione di rimpatrio nei confronti di qualunque cittadino di un paese terzo il cui soggiorno nel loro territorio è irregolare, fatte salve le deroghe di cui ai paragrafi da 2 a 5.

(...)

4.      In qualsiasi momento gli Stati membri possono decidere di rilasciare per motivi caritatevoli, umanitari o di altra natura un permesso di soggiorno autonomo o un’altra autorizzazione che conferisca il diritto di soggiornare a un cittadino di un paese terzo il cui soggiorno nel loro territorio è irregolare. In tali casi non è emessa la decisione di rimpatrio. Qualora sia già stata emessa, la decisione di rimpatrio è revocata o sospesa per il periodo di validità del titolo di soggiorno o di un’altra autorizzazione che conferisca il diritto di soggiornare».

9        L’articolo 8 di detta direttiva, intitolato «Allontanamento», al paragrafo 1, prevede quanto segue:

«Gli Stati membri adottano tutte le misure necessarie per eseguire la decisione di rimpatrio qualora non sia stato concesso un periodo per la partenza volontaria a norma dell’articolo 7, paragrafo 4, o per mancato adempimento dell’obbligo di rimpatrio entro il periodo per la partenza volontaria concesso a norma dell’articolo 7».

10      L’articolo 10 della medesima direttiva, intitolato «Rimpatrio e allontanamento dei minori non accompagnati», così recita:

«1.      Prima di emettere una decisione di rimpatrio nei confronti di un minore non accompagnato è fornita un’assistenza da parte di organismi appropriati diversi dalle autorità che eseguono il rimpatrio tenendo nel debito conto l’interesse superiore del bambino.

2.      Prima di allontanare un minore non accompagnato dal territorio di uno Stato membro, le autorità di tale Stato membro si accertano che questi sarà ricondotto ad un membro della sua famiglia, a un tutore designato o presso adeguate strutture di accoglienza nello Stato di rimpatrio».

 Direttiva 2011/95

11      L’articolo 1 della direttiva 2011/95, intitolato «Oggetto», stabilisce quanto segue:

«La presente direttiva stabilisce norme sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di beneficiario di protezione internazionale, su uno status uniforme per i rifugiati o per le persone aventi titolo a beneficiare della protezione sussidiaria, nonché sul contenuto della protezione riconosciuta».

12      L’articolo 2 di tale direttiva, intitolato «Definizioni», è del seguente tenore:

«Ai fini della presente direttiva, si intende per:

(...)

f)      “persona avente titolo a beneficiare della protezione sussidiaria”: cittadino di un paese terzo o apolide che non possiede i requisiti per essere riconosciuto come rifugiato ma nei cui confronti sussistono fondati motivi di ritenere che, se ritornasse nel paese di origine, o, nel caso di un apolide, se ritornasse nel paese nel quale aveva precedentemente la dimora abituale, correrebbe un rischio effettivo di subire un grave danno come definito all’articolo 15, e al quale non si applica l’articolo 17, paragrafi 1 e 2, e il quale non può o, a causa di tale rischio, non vuole avvalersi della protezione di detto paese;

(...)».

13      L’articolo 15 della suddetta direttiva, relativo ai requisiti per la protezione sussidiaria e intitolato «Danno grave», così dispone:

«Sono considerati danni gravi:

a)      la pena di morte o l’essere giustiziato; o

b)      la tortura o altra forma di pena o trattamento inumano o degradante ai danni del richiedente nel suo paese di origine; o

c)      la minaccia grave e individuale alla vita o alla persona di un civile derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale».

 Direttiva 2013/33/UE

14      L’articolo 1 della direttiva 2013/33/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, recante norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale (GU 2013, L 180, pag. 96), è così formulato:

«La presente direttiva stabilisce norme relative all’accoglienza dei richiedenti protezione internazionale (...) negli Stati membri».

15      L’articolo 2 di tale direttiva prevede quanto segue:

«Ai fini della presente direttiva si intende per:

(...)

d)      “minore”: il cittadino di un paese terzo o l’apolide d’età inferiore agli anni diciotto;

(...)».

 Diritto dei Paesi Bassi

16      L’articolo 8, lettere a), f), h) e j), della wet tot algehele herziening van de Vreemdelingenwet (legge recante revisione generale della legge sugli stranieri), del 23 novembre 2000 (Stb. 2000, n. 495; in prosieguo: la «legge del 2000»), prevede quanto segue:

«Lo straniero si trova in situazione di soggiorno regolare nei Paesi Bassi solo:

a)      se dispone di un permesso di soggiorno a tempo determinato ai sensi dell’articolo 14 della presente legge;

(...)

f)      se, in attesa della decisione su una domanda di rilascio [di un permesso di soggiorno temporaneo (per asilo)], conformemente alle disposizioni della presente legge o adottate in forza della stessa oppure in base a una decisione giurisdizionale, l’accompagnamento alla frontiera dello straniero deve essere sospeso sino alla decisione su detta domanda;

(...)

h)      se, in attesa della decisione su un reclamo o un ricorso, conformemente alle disposizioni della presente legge o adottate in forza della stessa oppure in base a una decisione giurisdizionale, l’accompagnamento alla frontiera dello straniero deve essere sospeso sino alla decisione sul reclamo o sul ricorso;

(...)

j)      in presenza di ostacoli all’allontanamento ai sensi dell’articolo 64;

(...)».

17      L’articolo 14, paragrafo 1, della legge di cui trattasi prevede quanto segue:

«Al nostro Ministro è conferito il potere di:

a)      accogliere, respingere o non esaminare la domanda volta a ottenere un permesso di soggiorno a tempo determinato;

(...)

e)      concedere d’ufficio un permesso di soggiorno a tempo determinato o prorogarne la durata di validità».

18      L’articolo 64 di detta legge è formulato come segue:

«L’allontanamento è rinviato finché lo stato di salute dello straniero o di un suo familiare non consenta di viaggiare».

19      L’articolo 3.6a del Vreemdelingenbesluit 2000 (decreto del 2000 sugli stranieri), del 23 novembre 2000 (Stb. 2000, n. 497), così dispone:

«1.      In caso di rigetto della prima domanda di concessione di un permesso di soggiorno a titolo di asilo a tempo determinato, può tuttavia essere concesso d’ufficio un regolare permesso di soggiorno a tempo determinato:

a)      al cittadino straniero il cui allontanamento sarebbe contrario all’articolo 8 della convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali;

b)      nell’ambito di una restrizione legata a motivi umanitari temporanei, allo straniero che sia la vittima dichiarante, la vittima o il teste dichiarante di tratta di esseri umani, come previsto all’articolo 3.48, paragrafo 1, lettere a), b) o c).

(...)

4.      Il permesso di soggiorno è concesso sulla base del primo motivo applicabile di cui al paragrafo 1.

(...)».

20      Ai sensi del punto B8/6 della Vreemdelingencirculaire 2000 (circolare del 2000 sugli stranieri):

«(...)

Il permesso di soggiorno regolare a tempo determinato può essere concesso d’ufficio senza ulteriori esami se ricorrono le seguenti condizioni:

–        lo straniero abbia meno di quindici anni al momento della prima domanda di soggiorno;

–        lo straniero abbia rilasciato dichiarazioni credibili sulla sua identità, sulla sua cittadinanza, sui suoi genitori e altri familiari;

–        risulti dalle dichiarazioni dello straniero che non esiste alcun suo familiare né alcun’altra persona in grado di offrirgli un’accoglienza adeguata e presso la quale sia possibile il suo rimpatrio;

–        nel corso della procedura, lo straniero non abbia ostacolato l’indagine relativa alle possibilità di accoglienza nel paese d’origine o in un altro paese;

–        sia notorio che, in generale, un’accoglienza adeguata non è disponibile e si presuma che tale accoglienza non sarà disponibile nel prossimo futuro, nel paese d’origine o in un altro paese in cui lo straniero potrebbe ragionevolmente ritornare. In una situazione del genere, si presume che il Dienst Terugkeer en Vertrek (servizio rimpatrio e partenza, Paesi Bassi) non sarà in grado di trovare una forma di accoglienza adeguata entro il termine di tre anni.

(...)».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

21      TQ, minore non accompagnato, è entrato nei Paesi Bassi in una data indeterminata e ha depositato, il 30 giugno 2017, una domanda di permesso di soggiorno a tempo determinato ai sensi del diritto d’asilo, sulla base della legge del 2000.

22      Nell’ambito di tale domanda, TQ ha indicato di essere nato il 14 febbraio 2002, in Guinea. Fin dalla più tenera età, egli si sarebbe recato a vivere con la zia in Sierra Leone. Dopo il decesso di quest’ultima, TQ sarebbe entrato in contatto con un uomo, proveniente dalla Nigeria, che l’ha condotto in Europa. Ad Amsterdam (Paesi Bassi), egli sarebbe stato vittima di tratta di esseri umani e di sfruttamento sessuale, ragione per cui egli soffrirebbe attualmente di gravi turbe psichiche.

23      Con decisione del 23 marzo 2018, il Segretario di Stato ha deciso d’ufficio che TQ, che all’epoca aveva sedici anni e un mese, non poteva beneficiare di un permesso di soggiorno a tempo determinato. Tale decisione ha autorizzato il rinvio provvisorio dell’accompagnamento alla frontiera di TQ, sulla base dell’articolo 64 della legge del 2000, per un periodo massimo di sei mesi o, in caso di decisione d’ufficio, per una durata inferiore, in attesa dell’esame medico da parte del Bureau Medische Advisering (ufficio di consulenza sanitaria, Paesi Bassi), al fine di verificare se lo stato di salute di TQ permettesse il suo allontanamento.

24      Il 16 aprile 2018, TQ ha proposto un ricorso avverso la suddetta decisione dinanzi al Rechtbank Den Haag, zittingsplaats ’s‑Hertogenbosch (Tribunale dell’Aia, sede di ’s‑Hertogenbosch, Paesi Bassi).

25      Inoltre, con decisione del 18 giugno 2018, il Segretario di Stato ha stabilito che a TQ non veniva concesso alcun rinvio dell’accompagnamento alla frontiera per ragioni mediche, ed ha imposto a quest’ultimo un obbligo di partenza entro un termine di quattro settimane. TQ ha proposto un reclamo avverso tale decisione, che è stato respinto dal Segretario di Stato con decisione del 27 maggio 2019.

26      Dinanzi al giudice del rinvio, TQ fa valere di non sapere dove risiedano i suoi genitori e che egli non sarebbe più in grado di riconoscerli al suo rimpatrio. Egli non conoscerebbe alcun altro suo familiare e non saprebbe neppure se ne esistano. Egli non potrebbe ritornare nel paese d’origine perché non vi è cresciuto, non vi conosce nessuno e non parla la lingua di tale paese. TQ ha dichiarato di considerare la famiglia di affidamento presso la quale risiede nei Paesi Bassi come la sua famiglia.

27      Il giudice del rinvio rileva che il servizio rimpatrio e partenza ha proceduto regolarmente a colloqui con TQ per prepararlo al rimpatrio nel suo paese d’origine, il che avrebbe comportato un aggravamento delle turbe psichiche di cui soffre l’interessato.

28      Secondo tale giudice, la legge del 2000 prevede che, nell’esame di una prima domanda di asilo, venga verificato d’ufficio, nel caso in cui lo straniero non possa beneficiare né dello status di rifugiato né della protezione sussidiaria, se debba essergli concesso un permesso di soggiorno a tempo determinato. Tale legge dispone, altresì, che la decisione con la quale una domanda di asilo viene respinta si considera come decisione di rimpatrio.

29      Il giudice del rinvio aggiunge che, per i minori non accompagnati di età inferiore ai quindici anni al momento della presentazione della domanda di asilo, la circolare del 2000 sugli stranieri prevede, prima dell’adozione di una decisione su tale domanda, l’obbligo di procedere a un’indagine relativa all’esistenza di un’accoglienza adeguata nello Stato di rimpatrio. In mancanza di una siffatta accoglienza adeguata, al minore non accompagnato di età inferiore a quindici anni verrebbe concesso un permesso di soggiorno ordinario.

30      Per contro, qualora il minore non accompagnato abbia almeno quindici anni al momento della presentazione della sua domanda di asilo, l’indagine di cui all’articolo 10, paragrafo 2, della direttiva 2008/115, al fine di accertare che egli sarà ricondotto ad un membro della sua famiglia, a un tutore designato o presso adeguate strutture di accoglienza nello Stato di rimpatrio, non sarebbe effettuata prima dell’adozione di una decisione di rimpatrio.

31      Risulterebbe che il Segretario di Stato attenda che il richiedente asilo raggiunga l’età di diciotto anni e sia così legalmente maggiorenne, con la conseguenza che tale indagine non sarebbe più richiesta. Nel periodo compreso tra la sua domanda di asilo e il raggiungimento della maggiore età, il soggiorno di un minore non accompagnato di almeno quindici anni sarebbe quindi, nei Paesi Bassi, irregolare ma tollerato.

32      Nella fattispecie, il giudice del rinvio osserva che TQ non può beneficiare né dello status di rifugiato né della protezione sussidiaria. Relativamente alla concessione di un permesso di soggiorno a tempo determinato, tale giudice precisa che TQ aveva quindici anni e quattro mesi quando ha presentato la sua domanda di asilo. Dato che non gli è stato conferito un diritto di soggiorno a tempo determinato, egli sarebbe obbligato a lasciare il territorio dei Paesi Bassi, anche se non è stata condotta alcuna indagine per accertarsi dell’esistenza, nel paese di rimpatrio, di un’accoglienza adeguata.

33      Il giudice del rinvio nutre dubbi quanto alla conformità con il diritto dell’Unione della distinzione operata dalla normativa dei Paesi Bassi tra i minori non accompagnati di età superiore ai quindici anni e quelli di età inferiore a quindici anni. A tale riguardo, detto giudice fa riferimento alla nozione di «interesse superiore del bambino», di cui all’articolo 5, lettera a), della direttiva 2008/115 e all’articolo 24 della Carta.

34      Di conseguenza, il Rechtbank Den Haag, zittingsplaats ’s‑Hertogenbosch (Tribunale dell’Aia, sede di ’s‑Hertogenbosch), ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se l’articolo 10 della direttiva [2008/115], in combinato disposto con gli articoli 4 e 24 della [Carta], il considerando 22 e l’articolo 5, lettera a), della direttiva [2008/115] e l’articolo 15 della direttiva [2011/95] debbano essere interpretati nel senso che, prima di imporre un obbligo di rimpatrio a un minore non accompagnato, uno Stato membro sia tenuto ad accertare e verificare se nel paese di origine in ogni caso sia in linea di principio presente e disponibile un’accoglienza adeguata.

2)      Se l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva [2008/115], in combinato disposto con l’articolo 21 della Carta, debba essere interpretato nel senso che a uno Stato membro, nella concessione di un soggiorno regolare sul territorio, non è consentito operare una distinzione in base all’età allorché si accerti che un minore non accompagnato non può beneficiare né dello status di rifugiato né della protezione sussidiaria.

3)      Se l’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva [2008/115] debba essere interpretato nel senso che, ove un minore non accompagnato non adempia al suo obbligo di rimpatrio e lo Stato membro non effettua né effettuerà atti concreti per procedere all’allontanamento, l’obbligo di rimpatrio debba essere sospeso e un soggiorno regolare debba dunque essere concesso. Se l’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva [2008/115] debba essere interpretato nel senso che l’adozione di una decisione di rimpatrio nei confronti di un minore non accompagnato senza effettuare successivamente atti di allontanamento fino a quando il minore non accompagnato abbia raggiunto l’età di diciotto anni debba essere considerata contraria al principio di lealtà [...]».

 Procedimento dinanzi alla Corte

35      Il giudice del rinvio ha chiesto che la causa fosse sottoposta al procedimento pregiudiziale d’urgenza previsto all’articolo 23 bis dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea.

36      Il 27 giugno 2019, la prima sezione, sentito l’avvocato generale, ha deciso di non accogliere tale richiesta.

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla prima questione

37      Con la prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2008/115, in combinato disposto con l’articolo 5, lettera a), e con l’articolo 10 della medesima direttiva nonché con l’articolo 24, paragrafo 2, della Carta, debba essere interpretato nel senso che, prima di adottare una decisione di rimpatrio nei confronti di un minore non accompagnato, lo Stato membro interessato deve accertarsi che nello Stato di rimpatrio sia disponibile un’accoglienza adeguata per tale minore.

38      In via preliminare, occorre rilevare che la direttiva 2008/115 non definisce la nozione di «minore». Tuttavia, l’articolo 2, lettera d), della direttiva 2013/33, definisce come minore «il cittadino di un paese terzo o l’apolide d’età inferiore agli anni diciotto». Ai fini di un’applicazione coerente e uniforme del diritto dell’Unione in materia di asilo e di immigrazione, occorre adottare la medesima definizione nell’ambito della direttiva 2008/115.

39      Nel caso di specie, il procedimento principale riguarda un minore non accompagnato che lo Stato membro interessato ha ritenuto non potesse beneficiare né dello status di rifugiato né della protezione sussidiaria, e per il quale ha deciso di non conferire un diritto di soggiorno a tempo determinato.

40      Il cittadino di un paese terzo che si trovi in tale situazione rientra, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2008/115, e fatto salvo il paragrafo 2 di tale articolo, nell’ambito di applicazione di detta direttiva. Egli è dunque, in linea di principio, assoggettato alle norme e alle procedure comuni previste da quest’ultima al fine del suo allontanamento, e ciò fintantoché il soggiorno non sia stato, eventualmente, regolarizzato (v., in tal senso, sentenza del 19 marzo 2019, Arib e a., C‑444/17, EU:C:2019:220, punto 39).

41      A tale riguardo, occorre ricordare che, ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2008/115, gli Stati membri adottano una decisione di rimpatrio nei confronti di qualunque cittadino di un paese terzo il cui soggiorno nel loro territorio sia irregolare, fatte salve le deroghe di cui ai paragrafi da 2 a 5 di tale articolo.

42      Peraltro, tale direttiva contiene norme specifiche applicabili a talune categorie di persone, tra le quali i minori non accompagnati, che, come risulta dall’articolo 3, punto 9, della direttiva 2008/115, rientrano nella categoria delle «persone vulnerabili».

43      In tal senso, l’articolo 5, lettera a), della direttiva 2008/115, in combinato disposto con il considerando 22 di tale direttiva, enuncia che, nell’applicazione di detta direttiva, gli Stati membri tengono nella debita considerazione l’«interesse superiore del bambino». Un minore non accompagnato non può quindi essere sistematicamente trattato come un adulto.

44      Il suddetto articolo 5, lettera a), comporta che, quando uno Stato membro intende adottare una decisione di rimpatrio nei confronti di un minore non accompagnato, ai sensi della direttiva 2008/115, esso deve, in ogni fase della procedura, prendere necessariamente in considerazione l’interesse superiore del bambino.

45      Inoltre, l’articolo 24, paragrafo 2, della Carta stabilisce che, in tutti gli atti relativi ai minori, siano essi compiuti da autorità pubbliche o da istituzioni private, l’interesse superiore del bambino deve essere considerato preminente. Tale disposizione, in combinato disposto con l’articolo 51, paragrafo 1, della Carta, afferma il carattere fondamentale dei diritti del bambino, anche nell’ambito del rimpatrio dei cittadini di paesi terzi il cui soggiorno in uno Stato membro sia irregolare.

46      Come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 69 delle sue conclusioni, solo una valutazione generale ed approfondita della situazione del minore non accompagnato di cui trattasi consente di identificare l’«interesse superiore del bambino» e di adottare una decisione conforme alle prescrizioni della direttiva 2008/115.

47      Di conseguenza, lo Stato membro interessato deve tenere nella debita considerazione diversi elementi al fine di decidere se adottare o meno una decisione di rimpatrio nei confronti di un minore non accompagnato, in particolare, l’età, il sesso, la particolare vulnerabilità, lo stato di salute fisico e mentale, il collocamento in una famiglia di affidamento, il livello di scolarizzazione e l’ambiente sociale di tale minore.

48      In quest’ottica, l’articolo 10, paragrafo 1, della direttiva 2008/115 prevede che, prima di emettere una decisione di rimpatrio nei confronti di un minore non accompagnato è fornita un’assistenza da parte di organismi appropriati diversi dalle autorità che eseguono il rimpatrio tenendo nel debito conto l’interesse superiore del bambino. L’articolo 10, paragrafo 2, di tale direttiva prevede che, prima di allontanare un minore non accompagnato dal territorio di uno Stato membro, le autorità di tale Stato membro si accertano che questi sarà ricondotto ad un membro della sua famiglia, a un tutore designato o presso adeguate strutture di accoglienza nello Stato di rimpatrio.

49      Tale articolo stabilisce così una distinzione tra gli obblighi che incombono allo Stato membro «prima di adottare una decisione di rimpatrio nei confronti di un minore non accompagnato» o «prima di allontanare (...) dal territorio di uno Stato membro» il suddetto minore.

50      Il governo dei Paesi Bassi ne deduce che lo Stato membro interessato ha il diritto di adottare una decisione di rimpatrio nei confronti di un minore non accompagnato senza doversi previamente accertare che quest’ultimo sarà ricondotto ad un membro della sua famiglia, a un tutore designato o presso adeguate strutture di accoglienza nello Stato di rimpatrio. L’obbligo di procedere a tale indagine interverrebbe soltanto al momento dell’allontanamento dal territorio dello Stato membro interessato.

51      Tuttavia, l’esistenza di un siffatto obbligo non dispensa lo Stato membro interessato da altri obblighi di verifica imposti dalla direttiva 2008/115. In particolare, come esposto al punto 44 della presente sentenza, l’articolo 5, lettera a), della direttiva 2008/115 impone che l’interesse superiore del bambino sia tenuto in considerazione in ogni fase della procedura.

52      Orbene, il fatto che lo Stato membro interessato adotti una decisione di rimpatrio senza essersi previamente accertato dell’esistenza di un’accoglienza adeguata per il minore non accompagnato di cui trattasi nello Stato di rimpatrio avrebbe come conseguenza che tale minore, pur essendo stato oggetto di una decisione di rimpatrio, non potrebbe essere allontanato in mancanza di un’accoglienza adeguata nello Stato di rimpatrio, in applicazione dell’articolo 10, paragrafo 2, della direttiva 2008/115.

53      Il minore non accompagnato in questione si troverebbe così in una situazione di grande incertezza quanto al suo status giuridico e al suo futuro, in particolare quanto alla sua frequenza scolastica, al suo legame con una famiglia di affidamento e alla possibilità di rimanere nello Stato membro interessato.

54      Una situazione del genere sarebbe contraria all’esigenza di tutelare l’interesse superiore del bambino in ogni fase della procedura, quale espressa nell’articolo 5, lettera a), della direttiva 2008/115 e nell’articolo 24, paragrafo 2, della Carta.

55      Da tali disposizioni discende che, prima di adottare una decisione di rimpatrio, lo Stato membro interessato deve condurre un’indagine al fine di verificare, concretamente, che nello Stato di rimpatrio sia disponibile un’accoglienza adeguata per il minore non accompagnato di cui trattasi.

56      Ove una siffatta accoglienza non sia disponibile, detto minore non può essere oggetto di una decisione di rimpatrio ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, di tale direttiva.

57      L’interpretazione secondo cui lo Stato membro interessato deve accertarsi, prima di adottare una decisione di rimpatrio nei confronti di un minore non accompagnato, dell’esistenza di un’accoglienza adeguata nello Stato di rimpatrio è corroborata dalla giurisprudenza della Corte.

58      Infatti, come dichiarato dalla Corte, in applicazione dell’articolo 5 della direttiva 2008/115, rubricato «Non-refoulement, interesse superiore del bambino, vita familiare e condizioni di salute», quando gli Stati membri attuano la suddetta direttiva, essi devono, da una parte, tenere nella debita considerazione l’interesse superiore del bambino, la vita familiare e le condizioni di salute del cittadino del paese terzo interessato e, dall’altra, rispettare il principio di non-refoulement (non respingimento) [sentenze dell’11 dicembre 2014, Boudjlida, C‑249/13, EU:C:2014:2431, punto 48, e dell’8 maggio 2018, K.A. e a. (Ricongiungimento familiare in Belgio), C‑82/16, EU:C:2018:308, punto 102].

59      Ne consegue che, qualora l’autorità nazionale competente intenda adottare una decisione di rimpatrio, essa deve necessariamente rispettare gli obblighi imposti dall’articolo 5 della direttiva 2008/115 e sentire l’interessato in proposito. Risulta inoltre da tale giurisprudenza che, qualora lo Stato membro interessato intenda adottare una decisione di rimpatrio nei confronti di un minore non accompagnato, deve necessariamente sentirlo in merito alle condizioni in cui potrebbe essere accolto nello Stato di rimpatrio.

60      Alla luce delle considerazioni che precedono, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2008/115, in combinato disposto con l’articolo 5, lettera a), di tale direttiva, e con l’articolo 24, paragrafo 2, della Carta, deve essere interpretato nel senso che, prima di adottare una decisione di rimpatrio nei confronti di un minore non accompagnato, lo Stato membro interessato deve effettuare una valutazione generale ed approfondita della situazione di tale minore, tenendo nella debita considerazione l’interesse superiore del bambino. In tale contesto, detto Stato membro deve accertarsi che nello Stato di rimpatrio sia disponibile un’accoglienza adeguata per il minore non accompagnato di cui trattasi.

 Sulla seconda questione

61      Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2008/115, in combinato disposto con l’articolo 5, lettera a), di tale direttiva e alla luce dell’articolo 24, paragrafo 2, della Carta, debba essere interpretato nel senso che uno Stato membro può operare una distinzione tra i minori non accompagnati in base al solo criterio della loro età, al fine di verificare l’esistenza di un’accoglienza adeguata nello Stato di rimpatrio.

62      Nella fattispecie, il giudice del rinvio precisa che la normativa nazionale opera una distinzione tra i minori non accompagnati di età inferiore a quindici anni e quelli di età superiore a quindici anni. Nel caso di un minore di età inferiore a quindici anni, le autorità nazionali dovrebbero svolgere un’indagine relativa all’esistenza di un’accoglienza adeguata nello Stato di rimpatrio prima di adottare una decisione di rimpatrio. Per quanto riguarda un minore di età superiore a quindici anni, non si procederebbe a un’indagine relativa all’esistenza di un’accoglienza adeguata nello Stato di rimpatrio prima di adottare una decisione di rimpatrio. Un obbligo di rimpatrio sarebbe quindi imposto a detto minore, anche laddove, in pratica, non possa essere eseguito alcun accompagnamento alla frontiera in assenza di indagini relative all’esistenza di una siffatta accoglienza adeguata.

63      Nelle sue osservazioni scritte, il governo dei Paesi Bassi fa valere che la scelta del limite di età di quindici anni si spiega con il fatto che un periodo di tre anni è stato considerato come un tempo massimo ragionevole per l’insieme delle procedure relative a un minore non accompagnato, vale a dire la domanda di soggiorno e la procedura di rimpatrio. Un permesso di soggiorno sarebbe concesso ai minori non accompagnati che, al termine dello svolgimento di tutte le procedure, sono ancora minorenni, a differenza di coloro che sono maggiorenni al termine di tali procedure.

64      A tale riguardo, occorre constatare che, certamente, come indicato al punto 47 della presente sentenza, l’età del minore non accompagnato di cui trattasi costituisce un elemento che lo Stato membro interessato deve prendere in considerazione al fine di determinare se l’interesse superiore del bambino debba condurre a non adottare una decisione di rimpatrio nei confronti di tale minore.

65      Tuttavia, come enuncia l’articolo 24, paragrafo 2, della Carta e come ribadisce l’articolo 5, lettera a), della direttiva 2008/115, gli Stati membri, nell’applicazione dell’articolo 6 di tale direttiva, devono tenere nella debita considerazione l’interesse superiore del bambino, compresi i minori di età superiore a quindici anni.

66      Pertanto, il criterio dell’età non può essere l’unico elemento di cui tener conto al fine di verificare l’esistenza di un’accoglienza adeguata nello Stato di rimpatrio. È opportuno che lo Stato membro interessato valuti caso per caso la situazione di un minore non accompagnato, nell’ambito di una valutazione generale ed approfondita, anziché effettuare una valutazione automatica in base al solo criterio dell’età.

67      In tal senso risulta arbitraria, come rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 81 delle sue conclusioni, una prassi amministrativa nazionale che si basa su una mera presunzione legata alla presunta durata massima di una procedura di asilo al fine di operare una distinzione fondata sull’età tra i componenti di un gruppo di persone, sebbene questi ultimi si trovino tutti in una situazione di vulnerabilità comparabile rispetto all’allontanamento.

68      Alla luce di quanto precede, occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2008/115, in combinato disposto con l’articolo 5, lettera a), di tale direttiva e alla luce dell’articolo 24, paragrafo 2, della Carta, deve essere interpretato nel senso che uno Stato membro non può operare una distinzione tra i minori non accompagnati in base al solo criterio della loro età, al fine di verificare l’esistenza di un’accoglienza adeguata nello Stato di rimpatrio.

 Sulla terza questione

69      Con la sua terza questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 2008/115 debba essere interpretato nel senso che esso osta a che uno Stato membro, dopo aver adottato una decisione di rimpatrio nei confronti di un minore non accompagnato, si astenga dal procedere successivamente al suo allontanamento fino a quando egli abbia raggiunto l’età di diciotto anni.

70      Occorre ricordare che l’obiettivo perseguito dalla direttiva 2008/115 consiste nel porre in essere un’efficace politica di allontanamento e di rimpatrio nel pieno rispetto dei diritti fondamentali e della dignità delle persone interessate (sentenza del 14 maggio 2020, Országos Idegenrendészeti Főigazgatóság Dél-alföldi Regionális Igazgatóság, C‑924/19 PPU e C‑925/19 PPU, EU:C:2020:367, punto 121 e giurisprudenza ivi citata).

71      Nell’ipotesi in cui lo Stato membro interessato ritenga che non si debba rilasciare un permesso di soggiorno a un minore non accompagnato sulla base dell’articolo 6, paragrafo 4, della direttiva 2008/115, quest’ultimo si trova in situazione di soggiorno irregolare in tale Stato membro.

72      In una situazione siffatta, l’articolo 6, paragrafo 1, di tale direttiva prevede l’obbligo per gli Stati membri di adottare una decisione di rimpatrio nei confronti di qualunque cittadino di un paese terzo il cui soggiorno nel loro territorio sia irregolare (sentenza del 23 aprile 2015, Zaizoune, C‑38/14, EU:C:2015:260, punto 31).

73      Infatti, come esposto al punto 41 della presente sentenza, una volta constatata l’irregolarità del soggiorno, le autorità nazionali competenti devono, ai sensi di tale articolo e fatte salve le eccezioni previste ai paragrafi da 2 a 5 del medesimo articolo, emanare una decisione di rimpatrio (sentenza del 23 aprile 2015, Zaizoune, C‑38/14, EU:C:2015:260, punto 32).

74      Come è stato esposto al punto 60 della presente sentenza, nel caso di un minore non accompagnato, l’adozione di una siffatta decisione presuppone che lo Stato membro interessato si sia accertato che nello Stato di rimpatrio sia disponibile un’accoglienza adeguata per tale minore non accompagnato.

75      Se la suddetta condizione è soddisfatta, il minore non accompagnato di cui trattasi deve essere allontanato dal territorio dello Stato membro interessato, fatta salva l’evoluzione della sua situazione.

76      Infatti, dall’articolo 10, paragrafo 2, della direttiva 2008/115 risulta che, prima di allontanare un minore non accompagnato dal territorio di uno Stato membro, le autorità di tale Stato membro si accertano che questi sarà ricondotto ad un membro della sua famiglia, a un tutore designato o presso adeguate strutture di accoglienza nello Stato di rimpatrio.

77      Di conseguenza, l’obbligo derivante dall’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2008/115, in combinato disposto con l’articolo 5, lettera a), di tale direttiva e con l’articolo 24, paragrafo 2, della Carta, per lo Stato membro interessato, di accertarsi dell’esistenza di un’accoglienza adeguata prima di adottare una decisione di rimpatrio nei confronti di un minore non accompagnato non dispensa tale Stato membro dall’obbligo di accertarsi, conformemente all’articolo 10, paragrafo 2, di detta direttiva, prima di procedere all’allontanamento di detto minore, che egli sarà ricondotto ad un membro della sua famiglia, a un tutore designato o presso adeguate strutture di accoglienza nello Stato di rimpatrio. In tale contesto, lo Stato membro interessato deve prendere in considerazione ogni evoluzione della situazione che sopraggiunga successivamente all’adozione di una siffatta decisione di rimpatrio.

78      Nell’ipotesi in cui un’accoglienza adeguata nello Stato di rimpatrio non fosse più garantita per il minore non accompagnato di cui trattasi nella fase dell’allontanamento di quest’ultimo, lo Stato membro interessato non potrà eseguire la decisione di rimpatrio.

79      Secondo la giurisprudenza della Corte, quando una decisione di rimpatrio è stata adottata nei confronti di un cittadino di un paese terzo, ma l’obbligo di rimpatrio non è stato rispettato da quest’ultimo, entro il termine concesso per la partenza volontaria o quando nessun termine è stato concesso a tale scopo, l’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 2008/115 impone agli Stati membri, al fine di garantire l’efficacia delle procedure di rimpatrio, di adottare tutte le misure necessarie per allontanare l’interessato, vale a dire, ai sensi dell’articolo 3, punto 5, di tale direttiva, il trasporto fisico di quest’ultimo fuori da detto Stato membro (sentenza del 23 aprile 2015, Zaizoune, C‑38/14, EU:C:2015:260, punto 33).

80      Peraltro, occorre ricordare che, come discende tanto dal dovere di lealtà degli Stati membri quanto dalle esigenze di efficacia ricordate, in particolare, al considerando 4 della direttiva 2008/115, l’obbligo che l’articolo 8 di tale direttiva impone agli Stati membri di procedere, nelle ipotesi enunciate al paragrafo 1 di tale articolo, all’allontanamento di detto cittadino deve essere adempiuto con la massima celerità (sentenza del 23 aprile 2015, Zaizoune, C‑38/14, EU:C:2015:260, punto 34).

81      Pertanto, sulla base della direttiva in parola, uno Stato membro non può adottare una decisione di rimpatrio nei confronti di un minore non accompagnato senza procedere successivamente al suo allontanamento fino a quando egli abbia raggiunto l’età di diciotto anni.

82      Occorre quindi rispondere alla terza questione dichiarando che l’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 2008/115 deve essere interpretato nel senso che esso osta a che uno Stato membro, dopo aver adottato una decisione di rimpatrio nei confronti di un minore non accompagnato ed essersi accertato, conformemente all’articolo 10, paragrafo 2, di tale direttiva, che questi sarà ricondotto ad un membro della sua famiglia, a un tutore designato o presso adeguate strutture di accoglienza nello Stato di rimpatrio, si astenga dal procedere successivamente al suo allontanamento fino a quando egli abbia raggiunto l’età di diciotto anni.

 Sulle spese

83      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

1)      L’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 dicembre 2008, recante norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare, in combinato disposto con l’articolo 5, lettera a), di tale direttiva, e con l’articolo 24, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, deve essere interpretato nel senso che, prima di adottare una decisione di rimpatrio nei confronti di un minore non accompagnato, lo Stato membro interessato deve effettuare una valutazione generale ed approfondita della situazione di tale minore, tenendo nella debita considerazione l’interesse superiore del bambino. In tale contesto, detto Stato membro deve accertarsi che nello Stato di rimpatrio sia disponibile un’accoglienza adeguata per il minore non accompagnato di cui trattasi.

2)      L’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2008/115, in combinato disposto con l’articolo 5, lettera a), di tale direttiva e alla luce dell’articolo 24, paragrafo 2, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, deve essere interpretato nel senso che uno Stato membro non può operare una distinzione tra i minori non accompagnati in base al solo criterio della loro età, al fine di verificare l’esistenza di un’accoglienza adeguata nello Stato di rimpatrio.

3)      L’articolo 8, paragrafo 1, della direttiva 2008/115 deve essere interpretato nel senso che esso osta a che uno Stato membro, dopo aver adottato una decisione di rimpatrio nei confronti di un minore non accompagnato ed essersi accertato, conformemente all’articolo 10, paragrafo 2, di tale direttiva, che questi sarà ricondotto ad un membro della sua famiglia, a un tutore designato o presso adeguate strutture di accoglienza nello Stato di rimpatrio, si astenga dal procedere successivamente al suo allontanamento fino a quando egli abbia raggiunto l’età di diciotto anni.

Firme


*      Lingua processuale: il neerlandese.