Language of document : ECLI:EU:C:2023:58

SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

31 gennaio 2023 (*)

«Impugnazione – Aiuti di Stato – Articoli 107 e 108 TFUE – Aiuto alla ristrutturazione – Settore bancario – Fase di esame preliminare – Decisione che dichiara l’aiuto compatibile con il mercato interno – Piano di ristrutturazione – Impegni assunti dallo Stato membro interessato – Misure di condivisione degli oneri – Conversione di crediti subordinati in capitale proprio – Detentori di obbligazioni – Ricorso di annullamento – Ricevibilità – Articolo 263, quarto comma, TFUE – Legittimazione ad agire – Persona fisica o giuridica che l’atto riguarda direttamente e individualmente – Violazione dei diritti procedurali degli interessati – Mancato avvio del procedimento d’indagine formale – Articolo 108, paragrafo 2, TFUE – Nozione di “interessati” – Regolamento (UE) 2015/1589 – Articolo 1, lettera h) – Nozione di “interessato” – Misure nazionali prese in considerazione dalla Commissione europea – Irricevibilità del ricorso»

Nella causa C‑284/21 P,

avente ad oggetto l’impugnazione, ai sensi dell’articolo 56 dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, proposta il 3 maggio 2021,

Commissione europea, rappresentata da K. Blanck e A. Bouchagiar, in qualità di agenti,

ricorrente,

procedimento in cui le altre parti sono:

Anthony Braesch, residente in Lussemburgo (Lussemburgo),

Trinity Investments DAC, con sede in Dublino (Irlanda),

Bybrook Capital Master Fund LP, con sede in Grand Cayman (Isole Cayman),

Bybrook Capital Hazelton Master Fund LP, con sede in Grand Cayman,

Bybrook Capital Badminton Fund LP, con sede in Grand Cayman,

rappresentati da A. Champsaur, avocate, G. Faella, L. Prosperetti e M. Siragusa, avvocati,

ricorrenti in primo grado,

LA CORTE (Grande Sezione),

composta da K. Lenaerts, presidente, L. Bay Larsen, vicepresidente, A. Arabadjiev, E. Regan (relatore), M. Safjan, P.G. Xuereb, D. Gratsias e M.L. Arastey Sahún, presidenti di sezione, F. Biltgen, I. Jarukaitis, N. Jääskinen, N. Wahl, I. Ziemele, J. Passer e M. Gavalec, giudici,

avvocato generale: A. Rantos

cancelliere: M. Longar, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 4 aprile 2022,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 21 giugno 2022,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        Con la sua impugnazione, la Commissione europea chiede l’annullamento della sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 24 febbraio 2021, Braesch e a./Commissione (T‑161/18; in prosieguo: la «sentenza impugnata», EU:T:2021:102), con la quale quest’ultimo ha respinto l’eccezione di irricevibilità sollevata nell’ambito del ricorso proposto ai sensi dell’articolo 263 TFUE dal sig. Anthony Braesch, dalla Trinity Investments DAC, dalla Bybrook Capital Master Fund LP, dalla Bybrook Capital Hazelton Master Fund LP e dalla Bybrook Capital Badminton Fund LP (in prosieguo: «Braesch e a.»), volto a ottenere l’annullamento della decisione C(2017) 4690 final della Commissione, del 4 luglio 2017, relativa all’aiuto di Stato SA.47677 (2017/N) – Italia, nuovi aiuti e modifica del piano di ristrutturazione della Banca Monte dei Paschi di Siena (in prosieguo: la «decisione controversa»).

 Contesto normativo

 Regolamento (UE) 2015/1589

2        L’articolo 1 del regolamento (UE) 2015/1589 del Consiglio, del 13 luglio 2015, recante modalità di applicazione dell’articolo 108 [TFUE] (GU 2015, L 248, pag. 9), intitolato «Definizioni», è così formulato:

«Ai fini del presente regolamento, si applicano le seguenti definizioni:

(...)

b)      “aiuti esistenti”:

(...)

(ii)      gli aiuti autorizzati, ossia i regimi di aiuti e gli aiuti individuali che sono stati autorizzati dalla Commissione o dal Consiglio [dell’Unione europea];

(...)

c)      “nuovi aiuti”: tutti gli aiuti, ossia regimi di aiuti e aiuti individuali, che non siano aiuti esistenti, comprese le modifiche degli aiuti esistenti;

(...)

f)      “aiuti illegali”: i nuovi aiuti attuati in violazione dell’articolo 108, paragrafo 3, TFUE;

g)      “aiuti attuati in modo abusivo”: gli aiuti utilizzati dal beneficiario in violazione di una decisione adottata a norma dell’articolo 4, paragrafo 3, (…) del presente regolamento;

h)      “interessati”: qualsiasi Stato membro e qualsiasi persona, impresa o associazione d’imprese i cui interessi possono essere lesi dalla concessione di aiuti, in particolare il beneficiario, le imprese concorrenti e le organizzazioni professionali».

3        L’articolo 4 di tale regolamento, intitolato «Esame preliminare della notifica e decisioni della Commissione», ai suoi paragrafi 3 e 4 così prevede:

«3.      La Commissione, se dopo un esame preliminare constata che non sussistono dubbi in ordine alla compatibilità con il mercato interno della misura notificata, nei limiti in cui essa rientri nell’ambito di applicazione dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, la dichiara compatibile con il mercato interno (“decisione di non sollevare obiezioni”). La decisione specifica quale sia la deroga applicata a norma del [trattato] FUE.

4.      La Commissione, se dopo un esame preliminare constata che sussistono dubbi in ordine alla compatibilità con il mercato interno della misura notificata, decide di avviare il procedimento ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 2, TFUE (“decisione di avviare il procedimento d’indagine formale”)».

4        L’articolo 6 di detto regolamento, intitolato «Procedimento d’indagine formale», al suo paragrafo 1 enuncia quanto segue:

«La decisione di avvio del procedimento d’indagine formale espone sinteticamente i punti di fatto e di diritto pertinenti, contiene una valutazione preliminare della Commissione relativa al carattere di aiuto della misura prevista ed espone i dubbi attinenti alla sua compatibilità con il mercato interno. La decisione invita lo Stato membro e tutti gli altri interessati a formulare le loro osservazioni entro un termine stabilito, di norma non superiore a un mese. In casi debitamente giustificati la Commissione può prorogare tale termine».

5        L’articolo 9 del regolamento 2015/1589, intitolato «Decisioni della Commissione che concludono il procedimento d’indagine formale», al suo paragrafo 4 dispone quanto segue:

«La Commissione può subordinare una decisione positiva a condizioni che consentano di considerare l’aiuto compatibile con il mercato interno e ad obblighi che consentano di controllare il rispetto della decisione stessa (“decisione condizionale”)».

6        L’articolo 16 di tale regolamento, intitolato «Recupero degli aiuti», al suo paragrafo 1 così prevede:

«Nel caso di decisioni negative relative a casi di aiuti illegali la Commissione adotta una decisione con la quale impone allo Stato membro interessato di adottare tutte le misure necessarie per recuperare l’aiuto dal beneficiario (…). La Commissione non impone il recupero dell’aiuto qualora ciò sia in contrasto con un principio generale del diritto dell’Unione».

7        L’articolo 20 di detto regolamento, intitolato «Aiuti attuati in modo abusivo», enuncia quanto segue:

«Fatto salvo l’articolo 28, la Commissione può, nei casi di aiuti attuati in modo abusivo, avviare il procedimento d’indagine formale di cui all’articolo 4, paragrafo 4. Si applicano, mutatis mutandis, gli articoli da 6 a, 9, 11 e 12, l’articolo 13, paragrafo 1 e gli articoli da 14 a 17».

 Direttiva 2014/59/UE

8        L’articolo 32 della direttiva 2014/59/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 maggio 2014, che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento e che modifica la direttiva 82/891/CEE del Consiglio, e le direttive 2001/24/CE, 2002/47/CE, 2004/25/CE, 2005/56/CE, 2007/36/CE, 2011/35/UE, 2012/30/UE e 2013/36/UE e i regolamenti (UE) n. 1093/2010 e (UE) n. 648/2012, del Parlamento europeo e del Consiglio (GU 2014, L 173, pag. 190), intitolato «Condizioni per la risoluzione», al suo paragrafo 4 prevede quanto segue:

«Ai fini del paragrafo 1, lettera a), l’ente è considerato in dissesto o a rischio di dissesto in una o più delle situazioni seguenti:

(...)

d)      l’ente necessita di un sostegno finanziario pubblico straordinario, ad esclusione dei casi in cui, al fine di evitare o rimediare a una grave perturbazione dell’economia di uno Stato membro e preservare la stabilità finanziaria, il sostegno finanziario pubblico straordinario si concretizza in una delle forme seguenti:

(...)

iii)      un’iniezione di fondi propri o l’acquisto di strumenti di capitale a prezzi e condizioni che non conferiscono un vantaggio all’ente, qualora nel momento in cui viene concesso il sostegno pubblico non si verifichino né le circostanze di cui al presente paragrafo, lettera a), b) o c), né le circostanze di cui all’articolo 59, paragrafo 3.

In ciascuno dei casi di cui al primo comma, lettera d), punti i), ii) e iii), le garanzie o misure equivalenti ivi contemplate sono limitate agli enti solventi e sono subordinate all’approvazione finale nell’ambito della disciplina degli aiuti di Stato dell’Unione [europea]. Dette misure hanno carattere cautelativo e temporaneo e sono proporzionate per rimediare alle conseguenze della grave perturbazione e non vengono utilizzate per compensare le perdite che l’ente ha accusato o rischia di accusare nel prossimo futuro.

Le misure di sostegno di cui al primo comma, lettera d), punto iii), sono limitate alle iniezioni necessarie per far fronte alle carenze di capitale stabilite nelle prove di stress a livello nazionale, unionale o [del Meccanismo di vigilanza unico (SSM)], nelle verifiche della qualità delle attività o in esercizi analoghi condotti dalla Banca centrale europea [BCE], dall’[Autorità bancaria europea (ABE)] o da autorità nazionali, se del caso, confermate dall’autorità competente.

(...)».

 Regolamento (UE) n. 806/2014

9        L’articolo 18 del regolamento (UE) n. 806/2014 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 luglio 2014, che fissa norme e una procedura uniformi per la risoluzione degli enti creditizi e di talune imprese di investimento nel quadro del meccanismo di risoluzione unico e del Fondo di risoluzione unico e che modifica il regolamento (UE) n. 1093/2010 (GU 2014, L 225, pag. 1), intitolato «Procedura di risoluzione», al suo paragrafo 4 dispone quanto segue:

«Ai fini del paragrafo 1, lettera a), l’entità è considerata in dissesto o a rischio di dissesto in una o più delle situazioni seguenti:

(...)

d)      l’entità necessita di un sostegno finanziario pubblico straordinario, ad esclusione dei casi in cui, per rimediare a una grave perturbazione dell’economia di uno Stato membro e preservare la stabilità finanziaria, il sostegno finanziario pubblico straordinario si concretizza in una delle forme seguenti:

(...)

iii)      un’iniezione di fondi propri o l’acquisto di strumenti di capitale a prezzi e condizioni che non conferiscono un vantaggio all’entità, qualora nel momento in cui viene concesso il sostegno pubblico non si verifichino né le circostanze di cui al presente paragrafo, lettere a), b) e c), né le circostanze di cui all’articolo 21, paragrafo 1.

In ciascuno dei casi di cui al primo comma, lettera d), punti i), ii) e iii), le misure di garanzia o misure equivalenti ivi contemplate sono limitate alle entità solventi e sono subordinate all’approvazione finale nell’ambito della disciplina degli aiuti di Stato dell’Unione. Dette misure hanno carattere cautelativo e temporaneo e sono proporzionate per rimediare alle conseguenze della grave perturbazione e non sono utilizzate per compensare le perdite che l’entità ha accusato o rischia di accusare nel prossimo futuro.

Le misure di sostegno di cui al primo comma, lettera d), punto iii), sono limitate alle iniezioni necessarie per far fronte alle carenze di capitale stabilite nelle prove di stress a livello nazionale, dell’Unione o di SSM, nelle verifiche della qualità delle attività o in esercizi analoghi condotti dalla BCE, dall’ABE o da autorità nazionali, se del caso, confermate dall’autorità competente.

(...)».

 Comunicazione sul settore bancario

10      Il punto 15 della comunicazione della Commissione relativa all’applicazione, dal 1° agosto 2013, delle norme in materia di aiuti di Stato alle misure di sostegno alle banche nel contesto della crisi finanziaria («La comunicazione sul settore bancario») (GU 2013, C 216, pag. 1; in prosieguo: la «comunicazione sul settore bancario») così recita:

«Le comunicazioni legate alla crisi specificano chiaramente che i principi generali del controllo degli aiuti di Stato restano di applicazione anche durante la crisi. In particolare, onde limitare le distorsioni della concorrenza tra banche e in tutti gli Stati membri all’interno del mercato unico e ovviare al cosiddetto rischio morale, gli aiuti dovrebbero essere limitati al minimo necessario ed il beneficiario degli aiuti dovrebbe fornire un adeguato contributo proprio ai costi di ristrutturazione. La banca ed i detentori del suo capitale dovrebbero contribuire il più possibile alla ristrutturazione mediante le proprie risorse. Il sostegno statale dovrebbe essere concesso a condizioni che rappresentano un’adeguata condivisione degli oneri da parte di coloro che hanno investito nella banca».

11      La parte 3 della comunicazione sul settore bancario riguarda le misure di ricapitalizzazione e di sostegno a fronte di attività deteriorate. Il titolo 3.1.2 della stessa, rubricato «Condivisione degli oneri da parte degli azionisti e dei creditori subordinati», contiene i punti da 40 a 46, i quali sono così formulati:

«40.      Il sostegno statale può determinare un cosiddetto “rischio morale” e minare la disciplina di mercato. Per ridurre questo rischio morale, gli aiuti dovrebbero essere concessi soltanto a condizioni tali da comportare un’adeguata condivisione degli oneri da parte degli investitori esistenti.

41.      Un’adeguata condivisione degli oneri comporterà di norma, una volta che le perdite saranno state in primo luogo assorbite dal capitale, contributi da parte di detentori di capitale ibrido e di debito subordinato. I detentori di capitale ibrido e di debito subordinato devono contribuire a ridurre la carenza di capitale nella massima misura possibile. Tali contributi possono assumere la forma di una conversione in capitale di base di classe 1 (…) o di una riduzione di valore del capitale degli strumenti. In ogni caso, i deflussi di liquidità dal beneficiario ai detentori di tali titoli devono essere evitati nella misura in cui ciò sia giuridicamente possibile.

42.      La Commissione non richiederà contributi ai detentori di titoli di debito di primo rango [in particolare da depositi assicurati e non assicurati, obbligazioni e tutti gli altri titoli di debito di primo rango (senior)] come componente obbligatoria della ripartizione degli oneri ai sensi delle norme sugli aiuti di Stato tramite conversione in capitale o riduzione di valore degli strumenti.

43.      Nel caso in cui il coefficiente patrimoniale della banca con una carenza di capitale identificata rimane al di sopra del patrimonio minimo di vigilanza dell’[Unione], la banca dovrebbe di norma essere in grado di ripristinare da sola la propria posizione patrimoniale, in particolare mediante misure di raccolta di capitale ai sensi del punto 35. Se non vi sono altre possibilità, comprese eventuali altre azioni di vigilanza quali misure di intervento precoce o altre azioni correttive per superare la carenza di capitale quale confermata dalla competente autorità di vigilanza o autorità di risoluzione delle crisi, il debito subordinato deve essere convertito in capitale proprio, in linea di principio prima della concessione degli aiuti di Stato.

44.      Nei casi in cui la banca non soddisfa più i requisiti patrimoniali minimi obbligatori, il debito subordinato deve essere convertito o ridotto, in linea di principio prima della concessione degli aiuti di Stato. Gli aiuti di Stato non devono essere concessi prima che capitale proprio, capitale ibrido e debito subordinato siano stati impiegati appieno per compensare eventuali perdite.

45.      È possibile derogare a quanto richiesto ai punti 43 e 44 se l’attuazione di tali misure metterebbe in pericolo la stabilità finanziaria o determinerebbe risultati sproporzionati. Tale eccezione può riguardare casi in cui l’importo degli aiuti da concedere sia limitato rispetto agli attivi della banca ponderati per il rischio e la carenza di capitale sia stata notevolmente ridotta, in particolare mediante misure di raccolta di capitale di cui al punto 35. È possibile ovviare a risultati sproporzionati o rischi per la stabilità finanziaria anche rivedendo la successione delle misure per affrontare la carenza di capitale.

46.      Nel contesto dell’attuazione dei punti 43 e 44 dovrebbe essere rispettato il principio secondo cui nessun creditore può essere svantaggiato (…). I creditori subordinati non dovrebbero pertanto ricevere, in termini economici, meno di quanto sarebbe valso il loro strumento in caso di mancata concessione di aiuti di Stato».

 Fatti e decisione controversa

12      I fatti all’origine della controversia sono così esposti ai punti da 1 a 14 della sentenza impugnata:

«1      Il sig. Anthony Braesch, la Trinity Investments (…), la Bybrook Capital Master Fund (…), la Bybrook Capital Hazelton Master Fund (…) e la Bybrook Capital Badminton Fund (…) sono, il primo, un rappresentante di detentori di obbligazioni denominate “Floating Rate Equity-Linked Subordinated Hybrid-FRESH” 2008 (in prosieguo: le “obbligazioni FRESH”) e, le altre, detentrici di tali obbligazioni.

2      In aprile 2008 la Banca Monte dei Paschi di Siena (in prosieguo: la “BMPS”) ha effettuato un aumento di capitale di EUR 950 milioni riservato alla J.P. Morgan Securities Ltd (in prosieguo: la “JPM”), che ha sottoscritto azioni della BMPS, le “azioni FRESH”. Allo stesso tempo, il 16 aprile 2008, la JPM ha stipulato con la BMPS un contratto di usufrutto, secondo il quale la JPM conserva la nuda proprietà delle azioni mentre la BMPS ha diritto all’usufrutto, e un accordo societario di scambio (in prosieguo: i “contratti FRESH”). La JPM ha ottenuto i fondi necessari alla sottoscrizione delle azioni FRESH della Bank of New-York Mellon (Lussemburgo), sostituita dalla Mitsubishi UFJ Investor Services & Banking [Luxembourg] SA (in prosieguo: la “MUFJ”), la quale ha emesso le obbligazioni FRESH, il 16 aprile 2008, in forza del diritto lussemburghese, per un importo di EUR 1 miliardo. La JPM ha stipulato con la MUFJ un accordo di scambio soggetto al diritto lussemburghese e la MUFJ ha stipulato con i detentori delle obbligazioni FRESH un contratto fiduciario anch’esso soggetto al diritto lussemburghese. In forza di questi diversi contratti, qualificati [da Braesch e a.] come “strumenti FRESH”, i canoni che la JPM riscuote dalla BMPS a titolo dei contratti FRESH sono trasmessi alla MUFJ e successivamente ai detentori di obbligazioni FRESH sotto forma di cedole.

3      Con decisione del 27 novembre 2013, la Commissione (…) ha approvato l’aiuto alla ristrutturazione concesso dalla Repubblica italiana alla (…) BMPS, sulla base di un piano di ristrutturazione e di determinati impegni. Nel giugno 2015 la BMPS aveva interamente rimborsato l’aiuto.

4      Il 29 luglio 2016 l’[ABE] ha pubblicato i risultati della prova di stress condotta a livello europeo nel 2016, la quale ha rivelato una carenza di capitale della BMPS nell’ambito dello scenario avverso.

5      Il 23 dicembre 2016 le autorità italiane hanno adottato il decreto-legge n. 237 – Disposizioni urgenti per la tutela del risparmio nel settore creditizio (GURI n. 299, del 23 dicembre 2016), convertito in legge con modificazioni con la legge di conversione 17 febbraio 2017 (GURI n. 43, del 21 febbraio 2017) (in prosieguo: il “decreto-legge 237/2016”), che fissa il contesto normativo del sostegno alla liquidità e delle ricapitalizzazioni precauzionali.

6      A seguito della dichiarazione della [BCE] del 23 dicembre 2016, secondo cui la BMPS era solvibile, la Commissione ha temporaneamente approvato, con decisione del 29 dicembre 2016, un sostegno alla liquidità individuale di EUR 15 miliardi a favore della BMPS, sulla base degli impegni proposti dalle autorità italiane. Le autorità italiane si sono impegnate a presentare un piano di ristrutturazione entro un termine di due mesi a decorrere dalla concessione delle garanzie, a meno che l’aiuto non fosse rimborsato entro lo stesso termine.

7      Il 30 dicembre 2016, non avendo avuto esito positivo il tentativo della BMPS di reperire nuovi capitali privati, essa ha presentato una domanda di sostegno finanziario pubblico straordinario sotto forma di ricapitalizzazione precauzionale ai sensi del decreto-legge 237/2016.

8      Il 28 giugno 2017 le autorità italiane hanno notificato alla Commissione un aiuto alla ricapitalizzazione della BMPS per un importo di EUR 5,4 miliardi, accompagnato da un nuovo piano di ristrutturazione [(in prosieguo: il “piano di ristrutturazione”)] e da nuovi impegni.

9      Lo stesso giorno, la BCE ha inviato alla Commissione una lettera in cui indicava che la BMPS era solvibile a tale data.

10      Nella decisione [controversa], adottata al termine della fase di esame preliminare, la Commissione ha valutato due misure di aiuto. La prima misura (in prosieguo: la “misura 1”) consiste in un sostegno alla liquidità di EUR 15 miliardi sotto forma di garanzie statali sui debiti di primo rango, menzionato al punto 6 [della sentenza impugnata]. La seconda misura (in prosieguo: la “misura 2”) consiste in un aiuto alla ricapitalizzazione precauzionale della BMPS per un importo di EUR 5,4 miliardi, menzionato al punto 8 [della sentenza impugnata].

11      Dopo aver considerato che le misure 1 e 2 costituivano aiuti di Stato, la Commissione ha indicato che la base giuridica per valutarne la compatibilità [con il mercato interno] era l’articolo 107, paragrafo 3, lettera b), TFUE, relativo agli aiuti destinati a porre rimedio a un grave turbamento dell’economia di uno Stato membro. Essa ha ritenuto che le misure 1 e 2 costituissero aiuti alla ristrutturazione della BMPS ed ha esaminato la loro compatibilità sulla base del piano di ristrutturazione alla luce delle sei comunicazioni sulla crisi finanziaria mondiale, in particolare (…) la comunicazione [sul settore bancario].

12      Per quanto riguarda la compatibilità delle misure di aiuto alla luce delle [sei] comunicazioni sulla crisi [finanziaria], in primo luogo, la Commissione ha ritenuto che il piano di ristrutturazione fosse idoneo a ripristinare la redditività a lungo termine della BMPS. In secondo luogo, essa ha ritenuto che la condivisione degli oneri dei detentori di azioni e di titoli subordinati fosse adeguata, limitando i costi di ristrutturazione e l’importo dell’aiuto al minimo, conformemente ai requisiti di cui alla comunicazione sul settore bancario, ed è giunta alla conclusione che il piano di ristrutturazione conteneva sufficienti misure di condivisione degli oneri. In terzo luogo, essa ha ritenuto che il piano di ristrutturazione contenesse garanzie sufficienti per limitare le distorsioni indebite della concorrenza. Essa ha altresì rilevato che era garantita una vigilanza adeguata dell’attuazione del piano di ristrutturazione. Pertanto, essa è giunta alla conclusione che le misure di aiuti erano proporzionate per porre rimedio alle conseguenze di un grave turbamento dell’economia italiana.

13      La Commissione ha poi esaminato la conformità delle misure di aiuto alle disposizioni della direttiva [2014/59]. Essa ha ritenuto che le condizioni alle quali le misure di aiuto (misure 1 e 2) erano state concesse fossero conformi all’esenzione prevista all’articolo 32, paragrafo 4, lettera d), della direttiva 2014/59.

14      Nel dispositivo della decisione [controversa], la Commissione è giunta alla conclusione, in primo luogo, che le misure 1 e 2 costituivano aiuti di Stato ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE e, in secondo luogo, che tali misure soddisfacevano i requisiti di cui all’articolo 107, paragrafo 3, lettera b), TFUE e che esse erano compatibili con il mercato interno per motivi di stabilità finanziaria».

 Procedimento dinanzi al Tribunale e sentenza impugnata

13      Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 5 marzo 2018, Braesch e a. hanno proposto un ricorso ai sensi dell’articolo 263 TFUE volto all’annullamento della decisione controversa o, in subordine, all’annullamento di tale decisione nella parte riguardante il trattamento degli strumenti FRESH.

14      A sostegno di tale ricorso, Braesch e a. hanno dedotto cinque motivi, vertenti, il primo sulla violazione degli articoli 18 e 21 del regolamento n. 806/2014 e dell’obbligo di motivazione, nei limiti in cui la Commissione ha illegittimamente approvato misure di condivisione degli oneri, il secondo sulla violazione della comunicazione sul settore bancario, dei principi di tutela del legittimo affidamento e di parità di trattamento nonché dell’obbligo di motivazione, in quanto la Commissione ha richiesto l’annullamento dei contratti FRESH, il terzo sulla violazione del principio di parità di trattamento sancito, in particolare, dagli articoli 20 e 21 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), in quanto con la decisione controversa sono state approvate misure di condivisione degli oneri discriminatorie nei confronti dei detentori delle obbligazioni FRESH, il quarto sulla violazione dei diritti di proprietà di questi ultimi, garantiti segnatamente dall’articolo 17 della Carta, in quanto la Commissione ha approvato l’applicazione di misure di condivisione degli oneri agli strumenti FRESH, e il quinto sulla violazione dell’articolo 108, paragrafi 2 e 3, TFUE, dell’articolo 4, paragrafi 3 e 4, del regolamento 2015/1589 e dei loro diritti procedurali, in quanto la Commissione non ha avviato il procedimento di indagine formale, sebbene sussistessero seri dubbi riguardo alla compatibilità con il diritto dell’Unione delle misure di condivisione degli oneri approvate con la decisione controversa.

15      Con atto separato depositato presso la cancelleria del Tribunale il 16 maggio 2018, la Commissione ha sollevato un’eccezione di irricevibilità ai sensi dell’articolo 130, paragrafi 1 e 7, del regolamento di procedura del Tribunale, con la quale essa sosteneva che il ricorso proposto da Braesch e a. era irricevibile per il motivo che essi non avevano né interesse ad agire né legittimazione ad agire ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE. Questi ultimi hanno depositato le proprie osservazioni su tale eccezione il 10 luglio 2018.

16      Le parti hanno svolto le loro difese orali e hanno risposto ai quesiti scritti e orali posti dal Tribunale all’udienza del 9 luglio 2020.

17      Con la sentenza impugnata, il Tribunale ha respinto l’eccezione di irricevibilità sollevata dalla Commissione. Dopo aver constatato, ai punti da 35 a 41 di tale sentenza, che Braesch e a. avevano la qualità di «interessati» ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 2, TFUE e dell’articolo 1, lettera h), del regolamento 2015/1589, il Tribunale ha ritenuto, da un lato, ai punti da 43 a 55 di tale sentenza, che essi avessero un interesse ad agire, avendo dimostrato, in modo giuridicamente adeguato, che l’eventuale annullamento della decisione controversa poteva procurare loro un vantaggio e, dall’altro, ai punti da 56 a 64 della stessa sentenza, che essi avevano la legittimazione ad agire, ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, in quanto l’approvazione, in tale decisione, delle misure di aiuto relative al piano di ristrutturazione li riguarda direttamente e individualmente in quanto «interessati».

 Conclusioni delle parti dinanzi alla Corte

18      Con la sua impugnazione, la Commissione chiede che la Corte voglia:

–        annullare la sentenza impugnata;

–        statuire essa stessa sul ricorso in primo grado e respingere il ricorso in quanto irricevibile, nonché

–        condannare Braesch e a. alle spese.

19      Braesch e a. chiedono che la Corte voglia:

–        respingere l’impugnazione e

–        condannare la Commissione alle spese.

 Sull’impugnazione

20      A sostegno della sua impugnazione, la Commissione deduce un motivo unico, vertente su un’interpretazione erronea da parte del Tribunale, ai punti da 35 a 41 e 58 della sentenza impugnata, dell’articolo 108, paragrafo 2, TFUE e dell’articolo 1, lettera h), del regolamento 2015/1589, in quanto Braesch e a. sono stati qualificati come «interessati» ai sensi di tali disposizioni.

 Argomenti delle parti

21      La Commissione sostiene che, sebbene la nozione di «interessati», quale definita all’articolo 1, lettera h), del regolamento 2015/1589, che corrisponde alla nozione di «interessati», ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 2, del TFUE, ricomprenda indubbiamente un insieme indeterminato di destinatari, essa non può che includere – a pena di privare di significato il requisito secondo cui una persona deve essere un’«interessata», ai sensi dell’articolo 1, lettera h), affinché si possa ritenere che una decisione adottata sulla base dell’articolo 4, paragrafo 3, di tale regolamento la riguardi direttamente e individualmente – persone che dimostrino che l’aiuto di Stato in questione possa incidere concretamente sulla loro situazione in relazione alla concorrenza.

22      Anzitutto, dalla giurisprudenza della Corte in materia risulterebbe che quest’ultima avrebbe ammesso come interessati soltanto persone che abbiano dimostrato un’incidenza di tale natura, quantunque tali persone non fossero concorrenti dirette del beneficiario dell’aiuto. Così, nelle sentenze del 9 luglio 2009, 3F/Commissione (C‑319/07 P, EU:C:2009:435, punto 33), nonché del 24 maggio 2011, Commissione/Kronoply e Kronotex (C‑83/09 P, EU:C:2011:341, punto 63), rispettivamente, un’associazione sindacale di lavoratori e taluni acquirenti della stessa materia prima acquistata dal beneficiario dell’aiuto sarebbero stati considerati interessati per via della potenziale incidenza dell’aiuto in questione sulla loro posizione concorrenziale sul mercato.

23      Inoltre, tale interpretazione sarebbe corroborata dall’articolo 1, lettera h), del regolamento 2015/1589. Gli interessati elencati a titolo indicativo in detta disposizione avrebbero infatti come comune denominatore il fatto che un aiuto possa avere, sulla loro situazione, un’incidenza favorevole o sfavorevole, a seconda del caso, in relazione alla concorrenza.

24      Infine, dall’economia generale e dalle finalità del controllo degli aiuti di Stato risulterebbe che la Commissione sia investita di tale controllo unicamente in quanto autorità garante della concorrenza e che, pertanto, nell’esercizio di tale competenza, detta istituzione non debba imporre agli Stati membri, come avrebbe sottolineato la Corte nella sentenza del 22 settembre 2020, Austria/Commissione (C‑594/18 P, EU:C:2020:742), politiche non connesse alla concorrenza. Pertanto, nella sentenza del 6 novembre 2018, Scuola Elementare Maria Montessori/Commissione, Commissione/Scuola Elementare Maria Montessori e Commissione/Ferracci (da C‑622/16 P a C‑624/16 P, EU:C:2018:873, punti 43, 46 e 47), la Corte, dopo aver rilevato che l’obiettivo delle norme dell’Unione in materia di aiuti di Stato è quello di preservare la concorrenza, avrebbe dichiarato che, affinché una decisione in materia li riguardi direttamente, i ricorrenti devono provare che tale decisione possa porli in una situazione di svantaggio concorrenziale.

25      Ne conseguirebbe che la nozione di «interessati», che del resto è definita all’articolo 1, lettera h), del regolamento 2015/1589 nel senso che riguarda qualsiasi persona «i cui interessi possono essere lesi dalla concessione di aiuti», non possa includere persone che possono sollevare censure che non siano in relazione con l’aiuto di Stato in questione, ma che vertano su altri aspetti della misura statale generale che attua tale aiuto, o addirittura su altre misure statali che accompagnano l’aiuto di Stato.

26      Infatti, numerose persone potrebbero contestare una misura statale che dà esecuzione o accompagna un aiuto, esprimendo unicamente preoccupazioni, non solo senza relazione con la concorrenza, ma anche indipendenti dall’aiuto considerato. Per contro, per i concorrenti del beneficiario di un aiuto di Stato, la concessione a quest’ultimo di un siffatto aiuto sarebbe la ragion d’essere delle loro preoccupazioni. Per essere qualificata come «interessata», una persona dovrebbe quindi esprimere preoccupazioni legate, in un certo qual modo, alla concorrenza in senso lato, anche se tale persona non è concorrente del beneficiario dell’aiuto.

27      Ne risulterebbe che, nella sentenza impugnata, il Tribunale ha erroneamente interpretato e applicato la nozione di «interessato» basandosi su una definizione aperta di tale nozione che include chiunque sia in grado di dimostrare una qualsivoglia incidenza potenziale risultante dall’aiuto, o addirittura da altre misure statali che accompagnino tale aiuto. Il Tribunale si sarebbe persino fondato su effetti indiretti e puramente economici che non hanno alcuna relazione con la concorrenza.

28      Pertanto, il Tribunale avrebbe erroneamente concluso, ai punti 37 e 41 della sentenza impugnata, che la decisione controversa rischiava di incidere concretamente sulla situazione di Braesch e a. per il motivo che il piano di ristrutturazione della BMPS prevedeva la possibilità di annullare i contratti FRESH e che, a causa dell’interdipendenza tra i diversi vincoli contrattuali sottesi agli strumenti FRESH, il danno economico che ne sarebbe derivato a lungo termine, tenuto conto delle perdite di pagamento di cedole collegate alle obbligazioni FRESH, sarebbe sostanziale.

29      L’annullamento dei contratti FRESH non sarebbe infatti la conseguenza dell’aiuto di Stato concesso alla BMPS, bensì della distinta decisione delle autorità italiane di imporre una condivisione degli oneri agli azionisti e ai creditori subordinati della BMPS, circostanza che sarebbe stata presa in considerazione nel piano di ristrutturazione di quest’ultima. Anche se le autorità italiane avessero deciso di ristrutturare la BMPS in assenza di aiuti di Stato, esse avrebbero potuto imporre le misure di condivisione degli oneri, compreso l’annullamento dei contratti FRESH, al fine di ridurre la carenza di capitale della BMPS. Tali misure sarebbero quindi indipendenti dall’aiuto di Stato che le autorità italiane hanno deciso di concedere alla BMPS. Inoltre, i contratti FRESH annullati sarebbero il contratto di usufrutto e l’accordo societario di scambio concluso tra la JPM e la BMPS, quali menzionati al punto 2 della sentenza impugnata, mentre i detentori di obbligazioni FRESH non erano parti di tali contratti.

30      Di conseguenza, qualsiasi incidenza delle misure di condivisione degli oneri sulla situazione di Braesch e a. sarebbe di natura puramente economica e indiretta, per mezzo dei diversi vincoli contrattuali sottesi agli strumenti FRESH.

31      Ne conseguirebbe che il ragionamento di cui al punto 40 della sentenza impugnata sia viziato da almeno quattro errori di diritto.

32      In primo luogo, il Tribunale affermerebbe erroneamente che è irrilevante che Braesch e a. non contestino la compatibilità con il mercato interno delle misure di aiuto in questione, quando invece una simile circostanza confermerebbe espressamente che questi ultimi non contestino gli aiuti di Stato concessi alla BMPS in quanto tali, bensì le misure di condivisione degli oneri derivanti da una decisione indipendente adottata dalle autorità italiane, il che proverebbe che detti aiuti non potevano incidere sulla loro situazione in relazione alla concorrenza.

33      In secondo luogo, sebbene il Tribunale abbia giustamente constatato che gli impegni delle autorità italiane riguardanti il piano di ristrutturazione e la condivisione degli oneri costituiscono «parte integrante» delle misure di aiuti notificate, tale constatazione sarebbe irrilevante ai fini della determinazione della legittimazione ad agire. Indubbiamente, come risulterebbe dalla sentenza del 15 ottobre 2015, Iglesias Gutiérrez e Rion Bea (C‑352/14 e C‑353/14, EU:C:2015:691, punto 28), l’autorizzazione concessa dalla Commissione sarebbe fondata sull’insieme delle ipotesi di fatto presentate dallo Stato membro interessato – che sia nella sua notifica o nei suoi impegni – cosicché, qualora tale Stato membro si discosti da tali ipotesi di fatto, esso attuerebbe una misura diversa sul piano fattuale da quella approvata dalla Commissione, che non sarebbe quindi più coperta da tale autorizzazione. Tuttavia, dal momento che la Commissione controlla gli aiuti di Stato in quanto autorità garante della concorrenza, non ne conseguirebbe che chiunque nutra una qualsivoglia preoccupazione riguardo a una di tali ipotesi di fatto debba essere considerato un «interessato», ai sensi dell’articolo 1, lettera h), del regolamento 2015/1589.

34      In terzo luogo, il Tribunale avrebbe erroneamente affermato che le misure di aiuti notificate e gli impegni presentati dalle autorità italiane che sono stati oggetto della valutazione della Commissione «sono indissociabili, in quanto questi ultimi condizionano la dichiarazione di compatibilità». Tale affermazione contraddirebbe i punti 99 e 100 della sentenza del 19 luglio 2016, Kotnik e a. (C‑526/14, EU:C:2016:570), dai quali risulterebbe che la conformità di una misura di aiuto di Stato ai punti da 40 a 46 della comunicazione sul settore bancario, pur essendo sufficiente affinché la Commissione dichiari tale misura compatibile con il mercato interno, non è necessaria a tal fine. La Repubblica italiana non sarebbe quindi stata tenuta ad impegnarsi ad adottare le misure di condivisione degli oneri previste in tale comunicazione.

35      In quarto luogo, il Tribunale avrebbe erroneamente dichiarato che, poiché la decisione controversa ha autorizzato l’attuazione delle misure di aiuto «rendendo al contempo tali impegni vincolanti», la situazione di Braesch e a. è stata necessariamente lesa dall’insieme di tali elementi, potendo gli stessi difendere i loro interessi solo chiedendo l’annullamento integrale di detta decisione. Infatti, tale decisione non avrebbe affatto reso vincolanti gli impegni delle autorità italiane. Essa sarebbe stata adottata in forza dell’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento 2015/1589, sulla base degli impegni assunti volontariamente da tali autorità, ivi comprese le misure di condivisione degli oneri. Poiché la decisione controversa non è una «decisione condizionale», ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 4, di tale regolamento, essa non avrebbe imposto, né del resto potuto imporre, condizioni allo Stato membro o ai terzi.

36      Braesch e a. sostengono che la Commissione non dimostra che l’interpretazione dell’articolo 1, lettera h), del regolamento 2015/1589 effettuata dal Tribunale sia viziata da un errore di diritto.

37      Anzitutto, l’affermazione secondo cui la qualificazione come «interessato» nella giurisprudenza della Corte richiede un’incidenza pregiudizievole dell’aiuto sulla persona interessata in relazione alla concorrenza sarebbe infondata. In particolare, nelle sentenze del 9 luglio 2009, 3F/Commissione (C‑319/07 P, EU:C:2009:435), e del 24 maggio 2011, Commissione/Kronoply e Kronotex (C‑83/09 P, EU:C:2011:341), la Corte avrebbe ritenuto che le ricorrenti fossero interessate alla luce dell’esistenza, per loro, di un’incidenza pregiudizievole dell’aiuto. La motivazione accolta dalla Corte non menzionerebbe affatto che tale incidenza debba riguardare la loro posizione concorrenziale sul mercato.

38      L’argomento, poi, secondo cui l’articolo 1, lettera h), del regolamento 2015/1589 restringe la nozione di «interessati» agli enti che si trovano in una situazione di concorrenza con il beneficiario dell’aiuto sarebbe anch’esso infondato. Da un lato, tale disposizione consentirebbe espressamente a un’impresa che non sia in rapporto di concorrenza con il beneficiario dell’aiuto di essere considerata un’interessata qualora i suoi interessi possano essere lesi dalla concessione dell’aiuto. Dall’altro lato, secondo una giurisprudenza costante della Corte, sancita, in particolare, dalla sentenza del 13 giugno 2019, Copebi (C‑505/18, EU:C:2019:500, punto 34), l’elenco delle categorie ivi figuranti sarebbe solo indicativo e la nozione di «interessato» andrebbe al di là del beneficiario dell’aiuto o dei concorrenti di quest’ultimo, poiché essa comprende un insieme indeterminato di destinatari che includono tutte le persone i cui interessi sono lesi dalla concessione dell’aiuto.

39      Infine, per quanto riguarda l’economia generale e le finalità del controllo degli aiuti di Stato, la sentenza del 6 novembre 2018, Scuola Elementare Maria Montessori/Commissione, Commissione/Scuola Elementare Maria Montessori e Commissione/Ferracci (da C‑622/16 P a C‑24/16 P, EU:C:2018:873 punti 43, 46 e 47), sarebbe irrilevante, dato che verte sulla condizione secondo cui un atto deve riguardare direttamente l’autore del ricorso proposto avverso il medesimo, ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, e non sulla nozione di «interessati», ai sensi dell’articolo 1, lettera h), del regolamento 2015/1589. Neppure la sentenza del 22 settembre 2020, Austria/Commissione (C‑594/18 P, EU:C:2020:742), sarebbe pertinente, dal momento che l’interpretazione della nozione di «interessati» non viene ivi affrontata. In ogni caso, tale sentenza confermerebbe che la Commissione dispone dei poteri che le consentono di esaminare non solo l’incidenza di una misura in relazione alla concorrenza, ma anche la legittimità di tale misura nel suo insieme, e che essa può prendere in considerazione diversi aspetti che non presentano alcuna relazione con la concorrenza. Nella decisione controversa, la Commissione avrebbe pertanto valutato la compatibilità delle misure in questione con la direttiva 2014/59.

40      Quanto agli argomenti secondo cui Braesch e a. siano lesi dalla decisione controversa solo da un punto di vista economico e facciano valere solo preoccupazioni prive di relazione con la concorrenza, essi sarebbero fallaci. Infatti, la loro situazione giuridica sarebbe specificamente lesa dalla concessione degli aiuti in questione, poiché tale decisione renderebbe l’annullamento dei loro strumenti FRESH vincolante per la Repubblica italiana e la BMPS. In aggiunta, Braesch e a. sarebbero l’obiettivo specifico delle misure di condivisione degli oneri, le quali farebbero parte degli impegni e costituirebbero, come risulta dai punti da 101 a 110 della decisione controversa, una condizione della compatibilità dell’aiuto con il mercato interno, conformemente alla comunicazione sul settore bancario.

41      Il Tribunale non sarebbe quindi incorso in un errore di diritto nel ritenere, per le ragioni enunciate al punto 40 della sentenza impugnata, che Braesch e a. potessero essere qualificati come «interessati», ai sensi, rispettivamente, dell’articolo 1, lettera h), del regolamento 2015/1589 e dell’articolo 108, paragrafo 2, TFUE, per il motivo che le misure di aiuto di Stato di cui trattasi, come notificate e dichiarate compatibili con il mercato interno nella decisione controversa, rischiano di incidere concretamente sulla loro situazione.

42      Infatti, l’annullamento degli strumenti FRESH non risulterebbe dall’adozione da parte delle autorità italiane del decreto-legge 237/2016. Quest’ultimo, che elenca specificamente gli strumenti di capitale della BMPS soggetti alla condivisione degli oneri, non farebbe alcun riferimento agli strumenti FRESH. Da un messaggio di posta elettronica inviato dalla BMPS a Braesch e a. il 19 settembre 2017 si evincerebbe del resto che la Commissione abbia imposto che le misure adottate dalle autorità italiane venissero applicate ai contratti FRESH, circostanza questa che dimostrerebbe che tali misure non si applicavano, in forza del diritto italiano, a detti contratti e che esse non sarebbero state applicate a questi ultimi senza l’intervento di tale istituzione, la quale a sua volta riteneva che dette misure dovessero essere applicate in forza del piano di ristrutturazione reso vincolante dalla decisione controversa.

43      Sarebbe irrilevante al riguardo il fatto che, qualora le autorità italiane avessero deciso di ristrutturare la BMPS senza aiuti di Stato, esse avrebbero comunque potuto imporre le misure di condivisione degli oneri, compreso l’annullamento dei contratti FRESH, al fine di ridurre la carenza di capitale della BMPS. Infatti, ciò non toglierebbe che, di fatto, la BMPS sia stata ristrutturata mediante aiuti di Stato e che i decreti che stabiliscono le misure di condivisione degli oneri siano stati adottati conformemente alla comunicazione sul settore bancario, il che confermerebbe il nesso indissolubile tra gli aiuti e le misure di condivisione degli oneri.

44      La Commissione non spiegherebbe la ragione per la quale la conclusione a cui è giunto il Tribunale al punto 40 della sentenza impugnata, secondo cui le misure di aiuto di cui trattasi, come notificate e dichiarate compatibili con il mercato interno nella decisione controversa, rischiavano di incidere concretamente sulla situazione di Braesch e a., sarebbe inappropriata tenuto conto della motivazione accolta dal Tribunale in tale sentenza.

45      In primo luogo, il fatto che Braesch e a. non contestino la compatibilità delle misure di aiuto in questione con il mercato interno non dimostrerebbe che tali misure non potessero incidere sulla loro situazione in relazione alla concorrenza, ma si limiterebbe a riflettere la giurisprudenza della Corte, richiamata, in particolare, nella sentenza del 24 maggio 2011, Commissione/Kronoply e Kronotex (C‑83/09 P, EU:C:2011:341, punto 59), secondo la quale talune persone hanno la qualità di interessati a motivo della violazione dei loro diritti procedurali, senza che sia richiesto loro di invocare anche questioni relative alla compatibilità dell’aiuto con il mercato interno.

46      In secondo luogo, da nessun passaggio della sentenza impugnata risulterebbe che chiunque nutra una qualsivoglia preoccupazione riguardo a una delle ipotesi di fatto presentate nella notifica o negli impegni debba essere considerato come un interessato. Il Tribunale indicherebbe, al punto 41 di tale sentenza, che era il fatto che le misure di aiuto di cui trattasi, come notificate e dichiarate compatibili con il mercato interno nella decisione controversa, rischiavano di incidere concretamente sulla situazione di Braesch e a. che giustificava la loro qualificazione come «interessati».

47      In terzo luogo, sarebbe inesatto che le autorità italiane non erano tenute a impegnarsi ad adottare le misure di condivisione degli oneri previste nella comunicazione sul settore bancario e, pertanto, il Tribunale ha erroneamente dichiarato che tali impegni condizionavano la dichiarazione di compatibilità con il mercato interno dell’aiuto concesso alla BMPS. Infatti, la stessa Commissione ammetterebbe la natura vincolante di tali misure, affermando che, qualora lo Stato membro si discosti dalle ipotesi di fatto presentate a tale istituzione, esso attuerà una misura diversa sul piano fattuale da quella approvata che non sarà coperta dall’autorizzazione di detta istituzione. La Corte non avrebbe statuito diversamente al punto 100 della sentenza del 19 luglio 2016, Kotnik e a. (C‑526/14, EU:C:2016:570), laddove ha concluso che lo Stato membro interessato, sebbene non sia obbligato ad imporre misure di condivisione degli oneri in forza della comunicazione sul settore bancario, è tuttavia tenuto a farlo affinché l’aiuto sia considerato compatibile con il mercato interno. In ogni caso, nella fattispecie, siffatte misure, che farebbero parte degli impegni assunti dalle autorità italiane, sarebbero state una condizione preliminare della compatibilità dell’aiuto con il mercato interno, come risulterebbe dai punti da 101 a 110 della stessa decisione controversa.

48      In quarto luogo, l’argomento secondo cui la Commissione non è in grado di trasformare gli impegni prestati dagli Stati membri e dai beneficiari in condizioni per l’approvazione di un aiuto sarebbe già stato respinto dalla Corte nella sentenza del 3 aprile 2014, Commissione/Paesi Bassi e ING Groep (C‑224/12 P, EU:C:2014:213, punti 80 e 81), nella quale quest’ultima ha dichiarato che gli impegni assunti dagli Stati membri possono, essenzialmente, essere imposti dalla Commissione come una condizione affinché l’aiuto possa essere considerato compatibile con il mercato interno.

 Giudizio della Corte

49      Con la presente impugnazione, la Commissione addebita, in sostanza, al Tribunale di aver commesso un errore di diritto nell’aver statuito, ai punti da 35 a 41 e 58 della sentenza impugnata, che Braesch e a. erano legittimati ad agire per chiedere, con il ricorso proposto ai sensi dell’articolo 263 TFUE, l’annullamento della decisione controversa, con la quale tale istituzione ha dichiarato che gli aiuti in questione notificati dalla Repubblica italiana ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 3, TFUE, costituiscono «aiuti di Stato», ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, compatibili con il mercato interno ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 3, lettera b), TFUE.

50      Atteso che tale decisione è stata indirizzata a detto Stato membro e non a Braesch e a., occorre ricordare che l’articolo 263, quarto comma, TFUE prevede due ipotesi in cui la legittimazione ad agire è riconosciuta a una persona fisica o giuridica per proporre un ricorso contro un atto dell’Unione di cui essa non è destinataria. Da un lato, tale ricorso può essere proposto a condizione che l’atto la riguardi direttamente e individualmente. Dall’altro lato, la suddetta persona può proporre ricorso contro un atto regolamentare che non comporti misure di esecuzione se quest’ultimo la riguarda direttamente (sentenza del 30 giugno 2022, Danske Slagtermestre/Commissione, C‑99/21 P, EU:C:2022:510, punto 41 e giurisprudenza ivi citata).

51      Per quanto riguarda la questione se la decisione controversa riguardi direttamente e individualmente Braesch e a. ai sensi di tale disposizione – la sola esaminata dal Tribunale nella sentenza impugnata – da una constante giurisprudenza della Corte risulta che i soggetti diversi dai destinatari di una decisione possono sostenere che essa li riguarda individualmente solo se detta decisione li concerne a causa di determinate loro qualità particolari o di una situazione di fatto che li caratterizza rispetto a chiunque altro e, quindi, li individualizza in un modo analogo a quanto avverrebbe con il destinatario di una tale decisione (v., segnatamente, sentenze del 15 luglio 1963, Plaumann/Commissione, 25/62, EU:C:1963:17, pag. 223, e del 15 luglio 2021, Deutsche Lufthansa/Commissione, C‑453/19 P, EU:C:2021:608, punto 33)

52      Dato che il ricorso in primo grado verteva su una decisione adottata dalla Commissione in materia di aiuti di Stato, occorre anche ricordare che, nell’ambito della procedura di controllo degli aiuti di Stato di cui all’articolo 108 TFUE, si deve distinguere, da un lato, la fase di esame preliminare degli aiuti disciplinata al paragrafo 3 di tale articolo, la quale ha soltanto lo scopo di consentire alla Commissione di formarsi una prima opinione sulla compatibilità parziale o totale dell’aiuto di cui trattasi con il mercato interno, e, dall’altro, la fase di esame prevista al paragrafo 2 del medesimo articolo. Solamente nell’ambito di quest’ultima, diretta a consentire alla Commissione di essere completamente edotta sul complesso dei dati della causa, il Trattato pone a carico di tale istituzione l’obbligo di invitare gli interessati a presentare le loro osservazioni (v., in particolare, sentenze del 17 settembre 2015, Mory e a./Commissione, C‑33/14 P, EU:C:2015:609, punto 94, e del 15 luglio 2021, Deutsche Lufthansa/Commissione, C‑453/19 P, EU:C:2021:608, punto 35).

53      Ne consegue che – come ricordato correttamente dal Tribunale al punto 59 della sentenza impugnata – qualora, senza avviare il procedimento d’indagine formale di cui al paragrafo 2 dell’articolo 108 TFUE, la Commissione rilevi, con una decisione adottata sulla base del paragrafo 3 dello stesso articolo, la compatibilità di un aiuto con il mercato interno, i beneficiari di tali garanzie procedurali possono ottenerne il rispetto solamente ove abbiano la possibilità di contestare tale decisione dinanzi al giudice dell’Unione. Per tali motivi, un ricorso diretto all’annullamento di una simile decisione, proposto da un interessato ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 2, TFUE, è ricevibile qualora l’autore di tale ricorso intenda, con la sua proposizione, far rispettare i diritti procedurali che gli derivano da quest’ultima disposizione (v., in particolare, sentenze del 19 maggio 1993, Cook/Commissione, C‑198/91, EU:C:1993:197, punti da 23 a 26; del 15 giugno 1993, Matra/Commissione, C‑225/91, EU:C:1993:239, punti da 17 a 19, nonché del 15 luglio 2021, Deutsche Lufthansa/Commissione, C‑453/19 P, EU:C:2021:608, punto 36).

54      Al contrario, se il ricorrente mette in discussione la fondatezza di una decisione di valutazione dell’aiuto adottata in base al paragrafo 3, dell’articolo 108 TFUE o in esito ad un procedimento di indagine formale, il semplice fatto che esso possa essere considerato come interessato, ai sensi del paragrafo 2 di tale articolo, non può essere sufficiente a far ammettere la ricevibilità del ricorso. Tale ricorrente deve quindi provare di avere uno status particolare, ai sensi della giurisprudenza ricordata al punto 51 della presente sentenza. Ciò si verifica in particolare qualora la posizione del ricorrente sul mercato di cui trattasi sia sostanzialmente lesa dall’aiuto oggetto della decisione in questione (v., in particolare, sentenze del 17 settembre 2015, Mory e a./Commissione, C‑33/14 P, EU:C:2015:609, punto 95, nonché del 15 luglio 2021, Deutsche Lufthansa/Commissione, C‑453/19 P, EU:C:2021:608, punto 37).

55      Nel caso di specie, è pacifico che la decisione controversa è stata adottata al termine della fase di esame preliminare prevista all’articolo 108, paragrafo 3, TFUE nonché menzionata all’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento 2015/1589, e, pertanto, senza che fosse avviato il procedimento di indagine formale previsto all’articolo 108, paragrafo 2, TFUE nonché menzionato all’articolo 4, paragrafo 4, di tale regolamento. Orbene, come rilevato dal Tribunale ai punti 32 e 60 della sentenza impugnata, non è oggetto di contestazione neppure il fatto che, con il loro quinto motivo dedotto dinanzi al Tribunale ai fini dell’annullamento di tale decisione, Braesch e a. hanno invocato la violazione dei diritti procedurali che essi trarrebbero dall’articolo 108, paragrafo 2, TFUE e dall’articolo 6, paragrafo 1, di detto regolamento.

56      In tali circostanze, il Tribunale, al fine di stabilire se la decisione controversa riguardi direttamente e individualmente Braesch e a., ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, ha correttamente esaminato la qualità di «interessati» di questi ultimi ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 2, TFUE. Come risulta infatti dalla giurisprudenza ricordata al punto 53 della presente sentenza, un ricorrente avente tale qualità soddisfa detti criteri ed è quindi legittimato a proporre un ricorso di annullamento diretto avverso una siffatta decisione al fine di far rispettare i suoi diritti procedurali.

57      Occorre tuttavia constatare che il Tribunale ha commesso un errore di diritto ai punti 37, 40, 41 e 58 della sentenza impugnata dichiarando che Braesch e a. avevano tale qualità nel caso di specie.

58      Al riguardo, occorre ricordare che la definizione della nozione di «interessato», quale derivante dalla giurisprudenza della Corte, è stata codificata dal legislatore dell’Unione all’articolo 1, lettera h), del regolamento (CE) n. 659/1999 del Consiglio, del 22 marzo 1999, recante modalità di applicazione dell’articolo [108 TFUE] (GU 1999, L 83, pag. 1), al quale è succeduto l’articolo 1, lettera h), del regolamento 2015/1589. Quest’ultima disposizione definisce la nozione analoga di «interessati» nel senso che ricomprende «qualsiasi Stato membro e qualsiasi persona, impresa o associazione d’imprese i cui interessi possono essere lesi dalla concessione di aiuti, in particolare il beneficiario, le imprese concorrenti e le organizzazioni professionali» (v., in tal senso, sentenza del 2 settembre 2021, Ja zum Nürburgring/Commissione, C‑647/19 P, EU:C:2021:666, punto 56 e giurisprudenza ivi citata).

59      Sebbene la nozione di «interessati» definita da quest’ultima disposizione includa così, in particolare, le imprese concorrenti del beneficiario dell’aiuto (v., in tal senso, segnatamente, sentenze del 3 settembre 2020, Vereniging tot Behoud van Natuurmonumenten in Nederland e a./Commissione, C‑817/18 P, EU:C:2020:637, punto 50, nonché del 15 luglio 2021, Deutsche Lufthansa/Commissione, C‑453/19 P, EU:C:2021:608, punto 36), ciò non toglie che tale nozione ricomprenda – come giustamente rilevato dal Tribunale al punto 35 della sentenza impugnata – un insieme indeterminato di destinatari (v., in tal senso, sentenze del 24 maggio 2011, Commissione/Kronoply e Kronotex, C‑83/09 P, EU:C:2011:341, punto 63, nonché del 7 aprile 2022, Solar Ileias Bompaina/Commissione, C‑429/20 P, EU:C:2022:282, punto 34).

60      Dalla giurisprudenza della Corte si evince, infatti, che un’impresa che non è diretta concorrente del beneficiario dell’aiuto possa nondimeno essere qualificata come «interessata», ai sensi dell’articolo 1, paragrafo h), del regolamento 2015/1589, ove essa affermi che i suoi interessi possono essere lesi dalla concessione di un aiuto, il che impone che tale impresa dimostri, in modo giuridicamente adeguato, che l’aiuto rischia di incidere concretamente sulla sua situazione (v., in tal senso, in particolare, sentenze del 24 maggio 2011, Commissione/Kronoply e Kronotex, C‑83/09 P, EU:C:2011:341, punti 64 e 65, nonché del 7 aprile 2022, Solar Ileias Bompaina/Commissione, C‑429/20 P, EU:C:2022:282, punto 35). Pertanto, la qualità di «interessato» non presuppone necessariamente un rapporto di concorrenza (sentenza del 2 settembre 2021, Ja zum Nürburgring/Commissione, C‑647/19 P, EU:C:2021:666, punto 58).

61      Dopo aver richiamato, al punto 36 della sentenza impugnata, in sostanza, tale giurisprudenza, il Tribunale ha dichiarato, ai punti da 37 a 41 e 58 di tale sentenza, che Braesch e a. hanno dimostrato, in modo giuridicamente adeguato, che la concessione degli aiuti in questione e, di conseguenza, l’adozione della decisione controversa «rischiano di incidere» – secondo i termini di cui ai punti 37 e 41 di tale sentenza – e addirittura «incidono» – secondo i termini di cui al punto 58 di quest’ultima – concretamente sulla loro situazione, cosicché essi devono essere qualificati come «interessati», ai sensi dell’articolo 1, lettera h), del regolamento 2015/1589.

62      Al fine di giungere a tale conclusione, il Tribunale ha rilevato, al punto 39 della sentenza impugnata, che, secondo Braesch e a., la parte della decisione controversa relativa alle misure di condivisione degli oneri lede i loro interessi in quanto il piano di ristrutturazione, quale approvato dalla Commissione, prevede la possibilità di annullare i contratti FRESH, il che è avvenuto successivamente a loro discapito, e che, a causa dell’interdipendenza tra i diversi vincoli contrattuali sottesi agli strumenti FRESH, il danno economico che ne deriva a lungo termine, tenuto conto delle perdite di pagamento di cedole collegate alle obbligazioni FRESH da essi detenute, è sostanziale.

63      Al riguardo, il Tribunale ha precisato, al punto 40 della sentenza impugnata, che era irrilevante il fatto che Braesch e a. non contestassero la compatibilità in quanto tale degli aiuti di Stato in questione con il mercato interno, ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 3, lettera b), TFUE, dal momento che gli impegni delle autorità italiane riguardanti il piano di ristrutturazione e le misure di condivisione degli oneri costituiscono parte integrante degli aiuti notificati, cosicché la decisione controversa verte su tali aiuti e su detti impegni considerati nel loro insieme. Secondo il Tribunale, poiché detti aiuti e gli impegni che sono stati oggetto della valutazione della Commissione sono indissociabili, in quanto, da un lato, detti impegni condizionano la dichiarazione di compatibilità degli aiuti di cui trattasi e, dall’altro, la decisione controversa ha autorizzato l’attuazione di questi ultimi rendendo al contempo detti impegni vincolanti, tutti questi elementi incidono necessariamente sulla situazione di Braesch e a., i quali possono difendere i propri interessi solo chiedendo l’annullamento integrale di tale decisione.

64      Occorre ricordare che, conformemente all’articolo 4, paragrafo 3, del suddetto regolamento, la Commissione, se al termine della fase di esame preliminare di cui dall’articolo 108, paragrafo 3, TFUE, constata che la misura notificata costituisce un «aiuto di Stato», ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, e che non sussistono dubbi in ordine alla sua compatibilità con il mercato interno, essa adotta una decisione di non sollevare obiezioni, con la quale dichiara che tale misura è compatibile con il mercato interno, in forza delle disposizioni dell’articolo 107, paragrafo 3, TFUE.

65      Nel caso di specie, come risulta dalla sentenza impugnata, in particolare dai punti da 8 a 12 e 14, la Commissione, avendo considerato nella decisione controversa, al termine della fase di esame preliminare, che il piano di ristrutturazione e gli impegni presentati dalla Repubblica italiana erano idonei a ripristinare la redditività a lungo termine della BMPS e che le misure di condivisione degli oneri dei detentori di azioni e di titoli subordinati da essi previste limitavano al minimo, conformemente alla comunicazione sul settore bancario, l’importo degli aiuti in questione notificati da tale Stato membro, ha ritenuto che tali aiuti costituissero «aiuti di Stato», ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, che potevano essere considerati compatibili con il mercato interno per motivi di stabilità finanziaria, ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 3, lettera b), TFUE.

66      Occorre anzitutto rilevare che, con il loro ricorso in primo grado, Braesch e a. – come da essi ripetutamente confermato nell’udienza dinanzi alla Corte e come risulta già dal punto 63 della presente sentenza – non contestano né la natura di «aiuto di Stato» degli aiuti in questione né la loro compatibilità con il mercato interno, ma si limitano a mettere in discussione, come risulta dai punti da 28 a 32 della sentenza impugnata, la conformità con il diritto dell’Unione, in particolare, con la direttiva 2014/59, con il regolamento n. 806/2014, con il diritto di proprietà sancito dall’articolo 17 della Carta e con diversi principi generali del diritto dell’Unione, di una parte delle misure di condivisione degli oneri notificate dalla Repubblica italiana, le quali sono contenute nel piano di ristrutturazione descritto in tale decisione e si riflettono negli impegni ad essa allegati.

67      A tal riguardo, è pacifico che le misure di condivisione degli oneri considerate nella decisione controversa prevedono, come risulta dai punti 39 e 58 della sentenza impugnata – senza che ciò sia stato contestato dalla Commissione – la possibilità di annullare i contratti FRESH conclusi tra la BMPS e la JPM a titolo della conversione in capitale dei titoli subordinati della BMPS.

68      Tuttavia, dichiarando, ai punti 37, 40, 41 e 58 della sentenza impugnata, che tale incidenza sugli interessi dei creditori subordinati della BMPS risulta dagli aiuti di Stato di cui trattasi e, pertanto, dalla decisione controversa, per la ragione che le misure di condivisione degli oneri considerate in quest’ultima costituiscono parte integrante, allo stesso titolo del piano di ristrutturazione e degli impegni presentati dalle autorità italiane, degli aiuti notificati, cosicché, con tale decisione, la Commissione ha reso vincolanti dette misure, il Tribunale ha violato le norme del diritto dell’Unione che disciplinano la portata di tale decisione e, di conseguenza, ha commesso un errore di dritto che rende tale sentenza illegittima.

69      È vero che la Corte ha già dichiarato, in sostanza, che, nel caso in cui una misura di aiuto notificata recepisca, su proposta dello Stato membro interessato, impegni assunti da quest’ultimo, al fine di verificare se l’autorizzazione di attuazione di una siffatta misura di aiuto concessa dalla Commissione in esito alla fase di esame preliminare sia ancora applicabile in circostanze in cui si afferma che tale Stato membro non ha rispettato detti impegni, si deve ritenere che questi ultimi costituiscano parte integrante della misura autorizzata, qualora essi siano stati presi in considerazione da tale istituzione nell’ambito della valutazione della compatibilità con il mercato interno degli aiuti di Stato in questione, di modo che tale autorizzazione vale soltanto a condizione che detti impegni siano rispettati (v., in tal senso, sentenza del 15 ottobre 2015, Iglesias Gutiérrez e Rion Bea, C‑352/14 e C‑353/14, EU:C:2015:691, punto 28).

70      Tuttavia, da ciò non deriva che siffatti impegni debbano essere considerati imposti in quanto tali dalla Commissione e che i loro eventuali effetti nocivi sui terzi siano quindi attribuibili alla decisione adottata da tale istituzione.

71      Infatti, con la decisione controversa, adottata al termine della fase di esame preliminare in forza dell’articolo 108, paragrafo 3, TFUE e dell’articolo 4, paragrafo 3, del regolamento 2015/1589, la Commissione, al fine di valutare se gli aiuti di Stato in questione sollevassero dubbi quanto alla loro compatibilità con il mercato interno, non ha imposto alla Repubblica italiana gli elementi contenuti nel piano di ristrutturazione e gli impegni presentati da tale Stato membro, i quali includevano, in particolare, le misure di condivisione degli oneri dei detentori di azioni e di titoli subordinati.

72      A tal riguardo, occorre sottolineare, come risulta già dai punti da 52 a 54 e 64 della presente sentenza, che, con una decisione come la decisione controversa, la Commissione non può imporre o vietare nulla allo Stato membro interessato, ma è unicamente legittimata ad approvare, con una decisione di non sollevare obiezioni, il progetto di aiuto quale notificato da tale Stato membro, dichiarando detto aiuto compatibile con il mercato interno. Per contro, quando la Commissione nutre dubbi quanto alla compatibilità dell’aiuto notificato con il mercato interno, essa è tenuta ad avviare il procedimento d’indagine formale previsto all’articolo 108, paragrafo 2, TFUE e menzionato all’articolo 4, paragrafo 4, del regolamento 2015/1589.

73      Pertanto, nel caso di specie, occorre constatare che, con la decisione controversa, la Commissione si è limitata ad autorizzare la Repubblica italiana a dare esecuzione agli aiuti di Stato di cui trattasi prendendo atto del contesto fattuale previamente definito da tale Stato membro nel piano di ristrutturazione e negli impegni che quest’ultimo ha notificato ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 3, TFUE, al fine di dissipare ogni dubbio quanto alla compatibilità di tali aiuti con il mercato interno, ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 3, lettera b), TFUE.

74      Spetta quindi alla Repubblica italiana verificare che essa sia in grado di rispettare gli impegni inclusi nell’autorizzazione concessa con tale decisione. A tal fine essa sarebbe tenuta, in particolare, ad assicurarsi che tali impegni siano conformi alla sua legislazione nazionale e al diritto dell’Unione pertinenti (v., in tal senso, sentenza del 15 ottobre 2015, Iglesias Gutiérrez e Rion Bea, C‑352/14 e C‑353/14, EU:C:2015:691, punto 29).

75      Ne consegue che la decisione controversa deve essere qualificata come decisione che tiene conto degli impegni assunti volontariamente dallo Stato membro interessato in occasione della fase di notificazione dell’aiuto di Stato di cui trattasi (v., in tal senso, sentenza del 13 giugno 2013, Ryanair/Commissione, C‑287/12 P, non pubblicata, EU:C:2013:395, punto 67). Anche supponendo che, come sostenuto da Braesch e a., la Commissione abbia indotto le autorità italiane a includere i contratti FRESH nelle misure proposte, resta il fatto che una simile inclusione si ricollega, in ogni caso, ad impegni assunti dalla Repubblica italiana, e non imposti dalla Commissione nella decisione controversa.

76      È quindi a giusto titolo che la Commissione ha evidenziato, nella sua impugnazione e all’udienza dinanzi alla Corte, che una decisione che approva un aiuto di Stato in quanto compatibile con il mercato interno in esito alla fase di esame preliminare, quale la decisione controversa, mediante cui la Commissione non solleva obiezioni nei confronti di un siffatto aiuto, deve essere distinta da una «decisione condizionale», ai sensi dell’articolo 9, paragrafo 4, del regolamento 2015/1589, adottata in esito al procedimento di indagine formale, con la quale la Commissione stessa subordina la sua decisione che approva un aiuto di Stato a condizioni che consentano di considerare l’aiuto compatibile con il mercato interno nonché ad obblighi che consentano di controllare il rispetto dei tale decisione (v., in tal senso, sentenza del 13 giugno 2013, Ryanair/Commissione, C‑287/12 P, non pubblicata, EU:C:2013:395, punto 67).

77      Pertanto, non si può ritenere che le misure di condivisione degli oneri notificate nel caso di specie dalla Repubblica italiana nell’ambito del procedimento di esame preliminare siano state imposte dalla stessa decisione controversa, in quanto tali misure risultano unicamente da atti adottati da tale Stato membro.

78      Pertanto, da un lato, nulla impediva a quest’ultimo di notificare un piano di ristrutturazione e impegni contenenti misure diverse, anche a rischio che la Commissione fosse tenuta, in tal caso, ad avviare il procedimento di indagine formale previsto all’articolo 108, paragrafo 2, TFUE e menzionato all’articolo 4, paragrafo 4, del regolamento 2015/1589 (v., in tal senso, sentenza del 19 luglio 2016, Kotnik e a., C‑526/14, EU:C:2016:570, punti 43 e 44).

79      Dall’altro lato, la decisione controversa, sebbene autorizzi la Repubblica italiana a versare gli aiuti notificati, senza tuttavia obbligarla a farlo (v., in particolare, sentenza del 20 maggio 2010, Todaro Nunziatina & C., C‑138/09, EU:C:2010:291, punti 52 e 53, nonché ordinanza del 30 maggio 2018, Yanchev, C‑481/17, non pubblicata, EU:C:2018:352, punti 22 et 23) non costituisce un titolo giuridico sulla base del quale potrebbe vietarsi alla BMPS di pagare cedole ai detentori di obbligazioni FRESH, poiché un siffatto divieto trova la sua origine non già in tale decisione, bensì nel diritto italiano.

80      Ne consegue che, contrariamente a quanto dichiarato dal Tribunale, le misure di condivisione degli oneri considerate nella decisione controversa non sono state imposte o rese vincolanti dalla Commissione in tale decisione, ma costituiscono misure puramente nazionali notificate dalla Repubblica italiana, in forza dell’articolo 108, paragrafo 3, TFUE, sotto la propria responsabilità, che sono state prese in considerazione dalla Commissione quale elemento di fatto al fine di valutare se gli aiuti di Stato di cui trattasi potessero, in assenza di ogni dubbio al riguardo, essere dichiarati compatibili con il mercato interno in esito della fase di esame preliminare.

81      Pertanto, l’annullamento dei contratti FRESH, che Braesch e a. affermano possa comportare, nei loro confronti, quali detentori delle obbligazioni FRESH, un danno economico sostanziale, non può essere considerato come un effetto obbligatorio della decisione controversa, poiché non risulta dall’attuazione degli aiuti in questione in quanto tali. Esso deriva, per contro, dalle misure, certamente connesse nei fatti, ma giuridicamente distinte, adottate dallo Stato membro che ha notificato tali aiuti alla Commissione. La circostanza che dette misure siano state adottate, in particolare, da tale Stato membro allo scopo di ottenere dalla Commissione una decisione che autorizzi detti aiuti e che esse siano oggetto di impegni presi in considerazione in una siffatta decisione di tale istituzione è irrilevante al riguardo.

82      Tale conclusione non può essere rimessa in discussione dagli argomenti addotti da Braesch e a. a sostegno del loro ricorso.

83      In primo luogo, per quanto riguarda la loro argomentazione vertente sulle conseguenze derivanti da una violazione delle misure di condivisione degli oneri considerate nella decisione controversa, è vero che, come risulta dal punto 69 della presente sentenza, l’autorizzazione di attuazione degli aiuti di Stato di cui trattasi, concessa dalla Commissione in tale decisione, vale solo a condizione che tutti gli elementi presi in considerazione da tale istituzione in detta decisione ai fini della valutazione della compatibilità di tali aiuti con il mercato interno siano rispettati.

84      Pertanto, qualsiasi violazione da parte della BMPS degli impegni assunti dalla Repubblica italiana in materia di condivisione degli oneri, come il pagamento di cedole a detentori di strumenti finanziari rientranti in tali impegni, darebbe luogo a un’attuazione abusiva degli aiuti in questione, ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 2, TFUE, in combinato disposto con l’articolo 1, lettera g), del regolamento 2015/1589. Tali aiuti sarebbero infatti, in un caso del genere, utilizzati dal beneficiario in violazione di una decisione adottata a norma dell’articolo 4, paragrafo 3, di tale regolamento, ai sensi di detto articolo 1, lettera g), in quanto il medesimo attuerebbe in tal modo aiuti differenti da quelli approvati dalla Commissione nella decisione controversa (v., in tal senso, sentenza del 7 aprile 2022, Autonome Provinz Bozen, C‑102/21 e C‑103/21, EU:C:2022:272, punto 38).

85      Di conseguenza, la Commissione potrebbe, conformemente all’articolo 20 del regolamento 2015/1589, avviare nei confronti di tali aiuti il procedimento di indagine formale previsto all’articolo 108, paragrafo 2, TFUE e menzionato all’articolo 4, paragrafo 4, di tale regolamento, al fine di imporre alla Repubblica italiana la soppressione o la modifica degli aiuti attuati in modo abusivo nonché, se del caso, di ordinare, in forza dell’articolo 16, paragrafo 1, di detto regolamento, applicabile mutatis mutandis a tale procedimento ai sensi dell’articolo 20 di quest’ultimo, il recupero degli importi degli aiuti versati illegalmente.

86      Per altro verso, aiuti che sarebbero attuati senza corrispondere a quelli notificati e autorizzati dalla Commissione nella decisione controversa potrebbero anche essere considerati «nuovi aiuti», ai sensi dell’articolo 1, lettera c), del regolamento 2015/1589, in combinato disposto con l’articolo 1, lettera b), di quest’ultimo, i quali, essendo stati concessi in violazione dell’articolo 108, paragrafo 3, ultima frase, TFUE, costituirebbero «aiuti illegali», ai sensi dell’articolo 1, lettera f), di tale regolamento, cosicché i giudici nazionali potrebbero altresì ordinarne il recupero (v., per analogia, sentenza del 5 marzo 2019, Eesti Pagar, C‑349/17, EU:C:2019:172, punti da 87 a 89).

87      Tuttavia, sebbene la Repubblica italiana potrebbe essere tenuta a recuperare gli aiuti in questione, ciò non è a causa del fatto che le misure di condivisione degli oneri allegate alla decisione controversa sarebbero state imposte da quest’ultima, non disponendo la Commissione – come rilevato al punto 72 della presente sentenza – di un tale potere nell’ambito della fase di esame preliminare, bensì, come risulta dai punti 84 e 86 di tale sentenza, per la ragione che detti aiuti non corrisponderebbero più alle misure notificate da tale Stato membro ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 3, TFUE, le quali non sarebbero quindi più coperte dall’autorizzazione di attuazione concessa dalla Commissione in tale decisione, ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 3, lettera b), TFUE.

88      In secondo luogo, per quanto riguarda l’argomentazione di Braesch e a. vertente sulla comunicazione sul settore bancario, secondo la quale, in sostanza, quest’ultima subordinerebbe la compatibilità con il mercato interno di qualsiasi aiuto concesso alle banche nel contesto della crisi finanziaria all’adozione di misure di condivisione degli oneri, occorre rilevare che, certamente, come correttamente osservato da Braesch e a., e come risulta dal punto 12 della sentenza impugnata, la Commissione ha esaminato, ai punti da 101 a 110 della decisione controversa, la conformità degli aiuti in questione con le disposizioni di detta comunicazione, e ciò al fine di garantire che l’importo di tali aiuti fosse limitato al minimo necessario, di ridurre le distorsioni della concorrenza nel mercato interno e di ovviare al rischio morale garantendo che gli azionisti e i creditori subordinati della BMPS contribuiscano adeguatamente ai costi della ristrutturazione, conformemente ai punti da 40 a 46 di tale comunicazione, mediante un’adeguata condivisione degli oneri.

89      Poiché la Repubblica italiana, nel caso di specie, aveva notificato misure di condivisione degli oneri al fine di essere autorizzata dalla Commissione a concedere gli aiuti in questione, quest’ultima era per altro verso tenuta a procedere a un simile esame.

90      Infatti, adottando norme di comportamento, come quelle contenute nella comunicazione sul settore bancario, al fine di stabilire i criteri in base ai quali essa intende valutare la compatibilità con il mercato interno degli aiuti previsti dagli Stati membri e annunciando, con la loro pubblicazione, che esse verranno da quel momento in avanti applicate ai casi a cui si riferiscono, tale istituzione si autolimita nell’esercizio del potere discrezionale che l’articolo 107, paragrafo 3, lettera b), TFUE le conferisce a tale riguardo, e non può, in linea di principio, discostarsi da tali norme, pena una sanzione, eventualmente, a titolo di violazione di principi generali del diritto, quali la parità di trattamento o la tutela del legittimo affidamento (v., in tal senso, sentenza del 19 luglio 2016, Kotnik e a., C‑526/14, EU:C:2016:570, punti 39 e 40 nonché giurisprudenza ivi citata).

91      Tuttavia, resta il fatto che – come già dichiarato dalla Corte – la circostanza che un aiuto di Stato preveda una misura di condivisione degli oneri che soddisfi i criteri enunciati in tale comunicazione, in particolare al suo punto 44, sebbene costituisca una condizione, in linea di principio, sufficiente affinché la Commissione dichiari tale aiuto compatibile con il mercato interno, non è strettamente necessaria a tal fine (v., in tal senso, sentenza del 19 luglio 2016, Kotnik e a., C‑526/14, EU:C:2016:570, punto 99).

92      Infatti, con l’adozione delle norme di comportamento contenute nella comunicazione sul settore bancario, la Commissione si è unicamente autolimitata nell’esercizio del suo potere discrezionale, nel senso che, se uno Stato membro le notifica un progetto di aiuto di Stato che è conforme a tali norme, tale istituzione deve, in linea di principio, autorizzare detto progetto. Tuttavia, gli Stati membri conservano la facoltà di notificare alla Commissione progetti di aiuto di Stato che non soddisfano i criteri previsti da detta comunicazione e, come risulta dal punto 45 di quest’ultima, tale istituzione può autorizzare progetti siffatti in circostante eccezionali (v., in tal senso, sentenza del 19 luglio 2016, Kotnik e a., C‑526/14, EU:C:2016:570, punto 43).

93      La Commissione non può, infatti, rinunciare, mediante l’adozione di norme di comportamento, all’esercizio del potere discrezionale che le conferisce l’articolo 107, paragrafo 3, lettera b), TFUE. L’adozione di una comunicazione come quella sul settore bancario non dispensa quindi la Commissione dal suo obbligo di esaminare le specifiche circostanze eccezionali che uno Stato membro invoca, in un caso particolare, al fine di chiedere l’applicazione diretta di tale disposizione e di motivare il proprio rifiuto di accogliere una richiesta del genere (sentenza del 19 luglio 2016, Kotnik e a., C‑526/14, EU:C:2016:570, punto 41 nonché giurisprudenza ivi citata).

94      Ne consegue che la comunicazione sul settore bancario non è idonea a creare obblighi autonomi in capo agli Stati membri, ma si limita a stabilire condizioni che mirano a garantire la compatibilità con il mercato interno degli aiuti di Stato accordati alle banche nel contesto della crisi finanziaria, di cui la Commissione deve tener conto nell’esercizio dell’ampio margine di discrezionalità di cui essa dispone ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 3, lettera b), TFUE. Tale comunicazione non ha quindi effetti vincolanti nei confronti degli Stati membri e, in particolare, non può loro imporre di procedere a misure di condivisione degli oneri (v., in tal senso, sentenza del 19 luglio 2016, Kotnik e a., C‑526/14, EU:C:2016:570, punti 44, 45 e 70).

95      Uno Stato membro non è pertanto tenuto a imporre alle banche in difficoltà, prima della concessione di qualsivoglia aiuto di Stato, di convertire in capitale i titoli subordinati o svalutarli, né di impiegare integralmente tali titoli per assorbire le perdite. In siffatti casi, non si potrà tuttavia ritenere che l’aiuto di Stato previsto sia stato limitato al minimo necessario, ai sensi del punto 15 della comunicazione sul settore bancario, e lo Stato membro, come le banche beneficiarie degli aiuti di Stato di cui trattasi, si assumono allora il rischio di vedersi opporre una decisione della Commissione che dichiara l’incompatibilità di tali aiuti con il mercato interno (v., in tal senso, sentenza del 19 luglio 2016, Kotnik e a., C‑526/14, EU:C:2016:570, punto 100).

96      In terzo luogo, per quanto riguarda l’argomentazione di Braesch e a. vertente sull’obbligo incombente alla Commissione di verificare la conformità di tutte le misure notificate dalla Repubblica italiana con il diritto dell’Unione, occorre ricordare che, secondo una giurisprudenza consolidata, il procedimento di cui dall’articolo 108 TFUE non deve mai condurre a un risultato contrario alle disposizioni specifiche del Trattato (sentenze del 15 giugno 1993, Matra/Commissione, C‑225/91, EU:C:1993:239, punto 41; del 19 settembre 2000, Germania/Commissione, C‑156/98, EU:C:2000:467, punto 78, e del 15 aprile 2008, Nuova Agricast, C‑390/06, EU:C:2008:224, punto 50). Pertanto, un aiuto che, in quanto tale o per talune sue modalità, violi disposizioni o principi generali del diritto dell’Unione non può essere dichiarato compatibile con il mercato interno (sentenze del 15 aprile 2008, Nuova Agricast, C‑390/06, EU:C:2008:224, punto 50, e del 22 settembre 2020, Austria/Commissione, C‑594/18 P, EU:C:2020:742, punto 44).

97      Infatti, quando le modalità di un aiuto sono a tal punto indissolubilmente legate all’oggetto dell’aiuto che non sarebbe possibile valutarle isolatamente, il loro effetto sulla compatibilità o sulla incompatibilità dell’aiuto nel suo insieme deve necessariamente essere valutato attraverso il procedimento di cui all’articolo 108 TFUE (v., in tal senso, sentenze del 22 marzo 1977, Iannelli & Volpi, 74/76, EU:C:1977:51, punto 14, nonché del 15 giugno 1993, Matra/Commissione, C‑225/91, EU:C:1993:239, punto 41).

98      È così che la Corte ha dichiarato che un aiuto di Stato a favore di un’attività economica appartenente al settore dell’energia nucleare, il cui esame riveli una violazione delle norme del diritto dell’Unione in materia ambientale, non può essere dichiarato compatibile con il mercato interno in applicazione dell’articolo 107, paragrafo 3, lettera c), TFUE (sentenza del 22 settembre 2020, Austria/Commissione, C‑594/18 P, EU:C:2020:742, punto 45). Infatti, l’attività economica al centro del progetto finanziato da un aiuto è inscindibile dall’oggetto di quest’ultimo, cosicché la Commissione era tenuta ad assicurarsi, nella causa che ha dato luogo a tale sentenza, che il progetto di finanziamento della centrale nucleare in questione non violasse le suddette norme del diritto dell’Unione.

99      Del pari, la Corte ha respinto, in circostanze in cui, in sostanza, uno Stato membro aveva modificato le condizioni che determinavano l’identità delle persone che potevano beneficiare di un regime di aiuti preesistente, il che avrebbe asseritamente avuto l’effetto di violare il principio della parità di trattamento nei confronti di alcuni operatori economici, un argomento secondo cui tale violazione del principio di parità di trattamento, derivante da detta modifica del regime, non può in ogni caso rendere illegittima la decisione della Commissione che approva tale regime, così come modificato (sentenza del 15 aprile 2008, Nuova Agricast, C‑390/06, EU:C:2008:224, punti da 49 a 52). Infatti, siffatte modalità, che determinano le condizioni di ammissibilità a un regime di aiuti, sono anch’esse indissociabili dall’aiuto in quanto tale e rientrano quindi tra gli elementi che la Commissione è chiamata a esaminare nonché, se del caso, ad approvare, di modo che, se siffatte modalità sfociano in una violazione di principi generali del diritto dell’Unione, una decisione adottata dalla Commissione che autorizza un siffatto regime è necessariamente viziata a sua volta da illegittimità.

100    Ne consegue che, nel caso di specie, la Commissione non poteva dichiarare gli aiuti di Stato notificati dalla Repubblica italiana compatibili con il mercato interno, in forza dell’articolo 107, paragrafo 3, lettera b), TFUE, senza essersi previamente assicurata che tali aiuti, così come la ricapitalizzazione della BMPS che essi miravano a finanziare, non violassero, peraltro, altre disposizioni o principi generali pertinenti del diritto dell’Unione.

101    Pertanto, è pacifico che, nella decisione controversa, come risulta dai suoi punti da 120 a 136, la Commissione ha verificato che gli aiuti di Stato di cui trattasi fossero conformi alla direttiva 2014/59 ed è giunta alla conclusione, al punto 137 di tale decisione, che detti aiuti soddisfacevano le condizioni di cui all’articolo 32, paragrafo 4, lettera d), di tale direttiva, tra le quali figura la loro approvazione ai sensi degli articoli 107 e 108 TFUE, affinché le forme di sostegno finanziario pubblico straordinario a un ente creditizio o a un’impresa di investimento, quali quelle di cui a tale articolo 32, paragrafo 4, lettera d), che sono destinate a evitare o a rimediare a una grave perturbazione dell’economia di uno Stato membro e a preservare la stabilità finanziaria, non diano luogo a una procedura di risoluzione.

102    Nell’ambito di tale analisi, la Commissione ha verificato, in particolare, al punto 132 della decisione controversa, ma anche ai punti da 101 a 110 della stessa, che le misure di condivisione degli oneri previste dal piano di ristrutturazione fossero adeguate al fine di limitare l’importo dell’aiuto concesso al minimo necessario per realizzare l’obiettivo consistente nel ricapitalizzare la BMPS.

103    Per contro, la Commissione non era tenuta a verificare se tale condivisione degli oneri decisa dalla Repubblica italiana violasse essa stessa i diritti che Braesch e a. affermano di trarre dal diritto dell’Unione o dal diritto nazionale. Infatti, una siffatta violazione, anche a supporla dimostrata, deriverebbe non già dall’aiuto in quanto tale, dal suo oggetto o dalle sue modalità indissociabili, bensì, come risulta dal punto 81 della presente sentenza, dalle misure adottate da tale Stato membro al fine di ottenere dalla Commissione una decisione che autorizzi detto aiuto al termine della fase di esame preliminare.

104    In tali circostanze, se un terzo si ritiene leso da misure adottate dalle autorità di uno Stato membro nell’ambito della ristrutturazione di un’impresa, il fatto che tali misure si inseriscono nell’ambito di un piano di ristrutturazione che richiede il versamento di aiuti statali e che, di conseguenza, tale Stato membro notifica quindi detti aiuti alla Commissione per chiedere l’approvazione degli stessi al termine della fase di esame preliminare non conferisce a tale terzo la qualità di «interessato», ai sensi dell’articolo 1, lettera h), del regolamento 2015/1589, nell’ambito del procedimento condotto da tale istituzione ai sensi dell’articolo 108 TFUE. In un caso del genere, se detto terzo ritiene che, a causa dell’adozione di siffatte misure, lo Stato membro interessato abbia violato il diritto dell’Unione, è dinanzi al giudice nazionale, il quale è il solo competente al riguardo, che deve contestare la legittimità di tali misure, fermo restando che detto giudice ha la facoltà, o rispettivamente l’obbligo se si pronuncia in ultima istanza, di sottoporre alla Corte una domanda di pronuncia pregiudiziale ai sensi dell’articolo 267 TFUE, se necessario, per interrogarla in merito all’interpretazione o alla validità delle disposizioni pertinenti del diritto dell’Unione.

105    Orbene, nel caso di specie, come è già stato constatato al punto 66 della presente sentenza, Braesch e a. non sostengono di essere lesi dagli aiuti in questione, di cui, del resto, non contestano né la natura di «aiuti di Stato», ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 1, TFUE, né la compatibilità con il mercato interno, ai sensi dell’articolo 107, paragrafo 3, lettera b), TFUE, ma affermano di subire l’incidenza delle misure di condivisione degli oneri considerate nella decisione controversa, la cui conformità al diritto dell’Unione, oggetto dei motivi invocati a sostegno del loro ricorso in primo grado, solleva, secondo essi, dubbi seri che avrebbero dovuto portare la Commissione ad avviare il procedimento di indagine formale.

106    Tuttavia, come risulta dai punti da 69 a 80 della presente sentenza, tali misure di condivisione degli oneri sono misure puramente nazionali che sono state notificate dalla Repubblica italiana, sotto la propria responsabilità, e che non sono state pertanto imposte dalla Commissione e sono quindi giuridicamente distinte dagli aiuti in questione, avendole tale istituzione prese in considerazione unicamente come elemento di fatto ai fini dell’adozione della decisione controversa. Pertanto, come risulta dal punto 104 della presente sentenza, spetta esclusivamente ai giudici nazionali competenti controllare la legittimità di dette misure alla luce del diritto nazionale e del diritto dell’Unione pertinenti.

107    A tal riguardo, occorre evidenziare che un giudice nazionale che, investito della legittimità delle misure di condivisione degli oneri di cui trattasi, annulli queste ultime in tutto o in parte per il motivo che sono viziate da illegittimità, non si porrebbe in contrasto con la decisione controversa, dal momento che quest’ultima non impone tali misure e non ne ha valutato la conformità con il diritto dell’Unione.

108    Qualora tale giudice dovesse concludere, alla luce dell’interpretazione del diritto dell’Unione che verrebbe fornita dalla Corte a seguito di un eventuale rinvio pregiudiziale ai sensi dell’articolo 267 TFUE, che le misure di condivisione degli oneri in questione sono illegittime, in tutto o in parte, spetterebbe alla Repubblica italiana, qualora tale illegittimità non le consentisse più di rispettare tutti gli impegni assunti nei confronti della Commissione attuando gli aiuti notificati conformemente all’autorizzazione concessa con la decisione controversa, di notificare nuove misure ai sensi dell’articolo 108, paragrafo 3, TFUE, pena l’obbligo, come risulta dai punti da 84 a 86 della presente sentenza, di recuperare gli aiuti già versati in forza di tale decisione.

109    Ne risulta che, da un lato, contrariamente a quanto sostenuto da Braesch e a. all’udienza dinanzi alla Corte, questi ultimi non sono affatto privati del diritto a un ricorso giurisdizionale effettivo garantito dall’articolo 47, primo comma, della Carta e, dall’altro, erroneamente il Tribunale ha dichiarato, al punto 40 della sentenza impugnata, che Braesch e a. potevano difendere i loro interessi solo chiedendo l’annullamento della decisione controversa al giudice dell’Unione.

110    Dall’insieme delle considerazioni che precedono risulta che la sentenza impugnata è viziata da un errore di diritto nella parte in cui il Tribunale ha ritenuto, ai punti 37, 40, 41 e 58 di tale sentenza, che Braesch e a. devono essere qualificati come «interessati», ai sensi dell’articolo 1, lettera h), del regolamento 2015/1589.

111    Pertanto, occorre accogliere il motivo unico dedotto dalla Commissione nella sua impugnazione.

112    Di conseguenza, occorre annullare la sentenza impugnata.

 Sul ricorso dinanzi al Tribunale

113    Ai sensi dell’articolo 61, primo comma, seconda frase, dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea, la Corte, in caso di annullamento della decisione del Tribunale, può statuire definitivamente sulla controversia qualora lo stato degli atti lo consenta.

114    Ciò avviene, nel caso di specie, per quanto riguarda l’eccezione di irricevibilità sollevata dalla Commissione nel corso del procedimento dinanzi al Tribunale, nella parte in cui quest’ultima contesta a Braesch e a. un difetto di legittimazione ad agire, ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, per chiedere l’annullamento della decisione controversa.

115    In via preliminare, occorre constatare che, come correttamente sostenuto dalla Commissione in tale eccezione, la decisione controversa, che è indirizzata alla Repubblica italiana, non costituisce un atto regolamentare ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, seconda parte di frase, TFUE, in quanto non è un atto di portata generale (sentenza del 17 settembre 2015, Mory e a./Commissione, C‑33/14 P, EU:C:2015:609, punto 92 nonché giurisprudenza ivi citata).

116    In tali circostanze, occorre unicamente esaminare, conformemente alla giurisprudenza ricordata al punto 50 della presente sentenza, se, come sostiene la Commissione nella sua eccezione di irricevibilità, non si possa ritenere che tale decisione riguardi Braesch e a. direttamente e individualmente, ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, prima parte di frase, TFUE.

117    In primo luogo, nella parte in cui Braesch e a. mirano, con il loro quinto motivo, a salvaguardare i diritti procedurali che essi trarrebbero dall’articolo 108, paragrafo 2, TFUE e dall’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento 2015/1589, occorre rilevare che, per i motivi esposti ai punti da 64 a 110 della presente sentenza, essi non hanno la qualità di «interessati», ai sensi, rispettivamente, dell’articolo 108, paragrafo 2, TFUE e dell’articolo 1, lettera h), di tale regolamento, cosicché non si può ritenere, a tal fine, che tale decisione li riguardi direttamente e individualmente, ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, prima parte di frase, TFUE.

118    Ne consegue che Braesch e a. non sono legittimati ad agire, ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, al fine di salvaguardare diritti procedurali che essi trarrebbero dall’articolo 108, paragrafo 2, TFUE e dall’articolo 6, paragrafo 1, del regolamento 2015/1589.

119    In secondo luogo, nella misura in cui Braesch e a. mirano, con i loro primi quattro motivi, a mettere in discussione la fondatezza della decisione controversa, occorre ricordare che, conformemente alla giurisprudenza derivante dalla sentenza del 15 luglio 1963, Plaumann/Commissione (25/62, EU:C:1963:17), alla quale si fa riferimento ai punti 51 e 54 della presente sentenza, tali parti potrebbero, in un caso del genere, sostenere che tale decisione le riguarda individualmente, ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, prima parte di frase, TFUE, soltanto se tale decisione le concernesse a causa di determinate loro qualità particolari o di una situazione di fatto che le caratterizza rispetto a chiunque altro e, quindi, le individualizza in un modo analogo a quanto avverrebbe con il destinatario di una tale decisione, circostanza questa che si verificherebbe, segnatamente, se la loro posizione sul mercato fosse sostanzialmente lesa dall’aiuto oggetto della decisione controversa.

120    Nel caso di specie, è tuttavia pacifico che Braesch e a. non sostengono che la decisione controversa abbia una qualche incidenza sulla loro posizione concorrenziale sul mercato, ma si limitano, in sostanza, a far valere, da un lato, che essi hanno inviato una lettera alla Commissione esprimendo le loro preoccupazioni circa l’incidenza negativa di tale decisione sulla loro situazione e, dall’altro, che detta decisione fa riferimento, quando descrive, al suo punto 32 e alla nota à piè di pagina 35 contenuta in tale punto, le misure di condivisione degli oneri previste nel piano di ristrutturazione riguardanti i creditori subordinati della BMPS, al contratto di usufrutto relativo agli strumenti FRESH, quale menzionato al punto 2 della sentenza impugnata.

121    Orbene, siffatte circostanze non dimostrano affatto che Braesch e a. si trovino in una situazione di fatto che li individualizza in un modo analogo al destinatario, dal momento che questi ultimi sono lesi dalle misure di condivisione degli oneri di cui alla decisione controversa nella loro qualità di detentori di strumenti finanziari allo stesso modo di tutti gli altri detentori di strumenti lesi da queste stesse misure. È irrilevante al riguardo – contrariamente a quanto sostenuto da Braesch e a. in particolare all’udienza dinanzi alla Corte – che, a differenza di tali altri strumenti finanziari, gli strumenti FRESH, dal canto loro, non sarebbero espressamente contemplati dal decreto-legge 237/2016.

122    Per altro verso, occorre sottolineare che, conformemente alla giurisprudenza della Corte, il solo fatto, anche supponendolo accertato, che Braesch e a. abbiano svolto un ruolo attivo nell’ambito della fase di esame preliminare condotta dalla Commissione non può essere sufficiente per riconoscere che la decisione controversa li riguardi individualmente in assenza di dimostrazione che la loro posizione sul mercato sia stata sostanzialmente lesa dall’aiuto oggetto di tale decisione (v., in tal senso, sentenza del 15 luglio 2021, Deutsche Lufthansa/Commissione, C‑453/19 P, EU:C:2021:608, punto 38 e giurisprudenza ivi citata).

123    Ne consegue che la decisione controversa non riguarda individualmente Braesch e a., ai sensi della giurisprudenza richiamata ai punti 51 e 54 della presente sentenza.

124    Alla luce del carattere cumulativo delle condizioni di cui all’articolo 263, quarto comma, prima parte di frase, TFUE, secondo le quali l’atto di cui si chiede l’annullamento deve riguardare una persona sia direttamente che individualmente, il fatto che in capo a un ricorrente manchi una di esse comporta che il ricorso di annullamento da esso proposto contro tale atto debba ritenersi irricevibile (v., in tal senso, sentenze del 3 ottobre 2013, Inuit Tapiriit Kanatami e a./Parlamento e Consiglio, C‑583/11 P, EU:C:2013:625, punto 76, nonché del 4 dicembre 2019, Polskie Górnictwo Naftowe i Gazownictwo/Commissione, C‑342/18 P, non pubblicata, EU:C:2019:1043, punto 37).

125    Ne consegue che Braesch e a. non sono neppure legittimati ad agire al fine di contestare la fondatezza della decisione controversa.

126    Di conseguenza, occorre accogliere l’eccezione di irricevibilità sollevata dalla Commissione in primo grado nei limiti in cui quest’ultima addebita a Braesch e a. un difetto di legittimazione ad agire, ai sensi dell’articolo 263, quarto comma, TFUE, per chiedere l’annullamento della decisione controversa.

127    Occorre, pertanto, respingere il ricorso in primo grado in quanto irricevibile.

 Sulle spese

128    Ai sensi dell’articolo 184, paragrafo 2, del regolamento di procedura, quando l’impugnazione è accolta e la Corte statuisce definitivamente sulla controversia, la Corte statuisce sulle spese.

129    Ai sensi dell’articolo 138, paragrafo 1, di tale regolamento, applicabile al procedimento di impugnazione in forza dell’articolo 184, paragrafo 1, del detto regolamento, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda.

130    Nel caso di specie, poiché Braesch e a. sono rimasti soccombenti e la Commissione ne ha chiesto la condanna alle spese, occorre condannarli alle spese relative al procedimento dinanzi al Tribunale e alla presente impugnazione.

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara e statuisce:

1)      La sentenza del Tribunale dell’Unione europea del 24 febbraio 2021, Braesch e a./Commissione (T161/18, EU:T:2021:102), è annullata.

2)      Il ricorso proposto in primo grado da Anthony Braesch, dalla Trinity Investments DAC, dalla Bybrook Capital Master Fund LP, dalla Bybrook Capital Hazelton Master Fund LP e dalla Bybrook Capital Badminton Fund LP, volto all’annullamento della decisione C(2017) 4690 final della Commissione, del 4 luglio 2017, relativa all’aiuto di Stato SA.47677 (2017/N) – Italia, nuovi aiuti e modifica del piano di ristrutturazione della Banca Monte dei Paschi di Siena, è respinto in quanto irricevibile.

3)      Anthony Braesch, la Trinity Investments DAC, la Bybrook Capital Master Fund LP, la Bybrook Capital Hazelton Master Fund LP e la Bybrook Capital Badminton Fund LP sono condannati a sopportare, oltre alle proprie spese, quelle sostenute dalla Commissione relative sia al procedimento di primo grado sia a quello di impugnazione.

Firme


*      Lingua processuale: l’inglese.