SENTENZA DELLA CORTE (Sesta Sezione)
3 luglio 1997(1)
[234s«IVA Sesta direttiva Facoltà di deroga prevista dall'art. 11, lett. c), n. 1
Esclusione dei negozi di scambio dal rimborso in caso di mancato pagamento»[s
Nel procedimento C-330/95,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, a
norma dell'art. 177 del Trattato CEE, dal Value Added Tax Tribunal, Manchester
Tribunal Centre (Regno Unito), nella causa dinanzi ad esso pendente tra
Goldsmiths (Jewellers) Ltd
e
Commissioners of Customs & Excise,
domanda vertente sull'interpretazione dell'art. 11, parte C, n. 1, della sesta direttiva
del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle
legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d'affari Sistema
comune d'imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145,
pag. 1),
LA CORTE (Sesta Sezione),
composta dai signori G.F. Mancini, presidente di sezione, C.N. Kakouris (relatore),
P.J.G. Kapteyn, G. Hirsch e R. Schintgen, giudici,
avvocato generale: A. La Pergola
cancelliere: signora L. Hewlett, amministratore
viste le osservazioni scritte presentate:
- per la Goldsmiths (Jewellers) Ltd, dal signor Dario Garcia, dello studio Tax
partner of Ernst & Young, Chartered Accountants;
- per il governo del Regno Unito, dal signor Stephen Braviner, del Treasury
Solicitor's Departement, in qualità di agente, assistito dall'avv. Eleanor
Sharpston, barrister;
- per la Commissione delle Comunità europee, dai signori Enrico Traversa
e Peter Oliver, membri del servizio giuridico, in qualità di agenti,
vista la relazione d'udienza,
sentite le osservazioni orali della Goldsmiths (Jewellers) Ltd, rappresentata dal
signor Dario Garcia, del governo del Regno Unito, rappresentato dal signor John
E. Collins, Assistant Treasury Solicitor, in qualità di agente, assistito dall'avv.
Eleanor Sharpston, del governo tedesco, rappresentato dal signor Ernst Röder,
Ministerialrat presso il ministero federale dell'Economia, in qualità di agente, e
della Commissione all'udienza dell'8 gennaio 1997,
sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 27 febbraio
1997,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
- Con ordinanza 19 dicembre 1994, pervenuta alla Corte il 19 ottobre 1995, il Value
Added Tax Tribunal, Manchester Tribunal Centre, ha sottoposto alla Corte, ai sensi
dell'art. 177 del Trattato CEE, una questione pregiudiziale relativa
all'interpretazione dell'art. 11, parte C, n. 1, della sesta direttiva del Consiglio 17
maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati
membri relative alle imposte sulla cifra d'affari Sistema comune d'imposta sul
valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1; in prosieguo: la
«sesta direttiva»).
- Tali questioni sono state sollevate nell'ambito di una controversia tra la Goldsmiths
(Jewellers) Ltd (in prosieguo: la «Goldsmiths») e i Commissioners of Customs &
Excise (in prosieguo: i «Commissioners»), cui compete nel Regno Unito la
riscossione dell'imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l'«IVA»), in merito al
rimborso di somme versate dalla Goldsmiths a titolo di detta imposta.
- Dal fascicolo risulta che la Goldsmiths, produttore e commerciante di gioielli, aveva
concluso con la RRI Ltd (in prosieguo: la «RRI») società la cui attività
consisteva nello scambio di merci contro servizi da essa forniti un accordo a
termini del quale la Goldsmiths avrebbe dovuto fornire alla RRI gioielli a titolo di
corrispettivo di servizi pubblicitari.
- In esecuzione di tale accordo, il 23 ottobre 1991, la Goldsmiths cedeva, alla RRI
gioielli per una somma pari a 202 809,47 UKL, comprensiva dell'IVA pari a
30 205,67 UKL. La detta società acquisiva in tal modo il diritto a beneficiare dei
servizi pubblicitari che la RRI doveva fornirle, per un importo esattamente pari,
comprensivo dell'IVA.
- Il 28 febbraio 1992, la Goldsmiths inviava alla RRI una fattura ai fini dell'IVA
recante indicazione dell'operazione compiuta; essa riportava inoltre la cessione
nella propria dichiarazione IVA relativa al periodo intercorrente dal 1° settembre
al 30 novembre 1991 e versava al Fisco l'IVA corrispondente.
- Successivamente, in esecuzione del detto accordo, la RRI forniva alla Goldsmiths
servizi pubblicitari per un importo pari a 68 678,03 UKL, comprensivo di
9 335 UKL a titolo d'IVA.
- Tuttavia, dopo aver ancora fornito ulteriori servizi pubblicitari, la RRI cadeva in
stato d'insolvenza e veniva posta in liquidazione prima di aver potuto adempiere
a tutti gli obblighi risultanti dal contratto di scambio concluso con la Goldsmiths.
Il valore dei servizi pubblicitari che non hanno potuto essere forniti alla Goldsmiths
ammonta a 135 162,12 UKL comprensive di 20 130,53 UKL a titolo d'IVA.
- La Goldsmiths, a fronte dell'evidenza che i servizi pubblicitari dovutile non
sarebbero stati più prestati, procedeva alla rettifica della propria dichiarazione IVA
per il periodo d'imposta sino al 28 febbraio 1993, riducendo l'importo netto
dell'IVA esigibile in ragione di 20 130 UKL, vale a dire in ragione dell'importo
dell'IVA corrispondente ai servizi pubblicitari non forniti dalla RRI.
- Con provvedimento 1° giugno 1993 i Commissioners contestavano tale rettifica ed
emanavano nei confronti della Goldsmiths un avviso d'accertamento dell'IVA per
l'importo di 20 130 UKL oltre agli interessi. Tale provvedimento si basava sull'art.
11 del Finance Act 1990, vigente all'epoca dei fatti del processo a quo, che
subordinava il diritto al rimborso dell'IVA in caso di crediti irrecuperabili alla
condizione, segnatamente, che il corrispettivo della cessione dei beni o servizi
consistesse in denaro. Secondo i Commissioners, considerato che l'accordo concluso
tra la Goldsmiths e la RRI non prevedeva un corrispettivo in denaro, il rimborso
dell'IVA alla Goldsmiths doveva essere escluso.
- Insistendo sulle proprie ragioni, la Goldsmiths impugnava quindi il provvedimento
dei Commissioners dinanzi al Value Added Tax Tribunal, Manchester Tribunal
Centre, invocando l'art. 11, parte C, della sesta direttiva, il cui n. 1 così recita:
«In caso di annullamento, recesso, risoluzione, non pagamento totale o parziale o
di riduzione di prezzo dopo che l'operazione è stata effettuata, la base imponibile
viene debitamente ridotta alle condizioni stabilite dagli Stati membri.
Tuttavia, in caso di non pagamento totale o parziale, gli Stati membri possono
derogare a questa norma».
- A sostegno della domanda la Goldsmiths assumeva che l'art. 11 del Finance Act
1990, che costituiva attuazione della detta disposizione nel Regno Unito, non
potesse limitare lo sgravio fiscale all'ipotesi in cui il corrispettivo non versato fosse
in denaro, dovendo essere invece esteso anche all'ipotesi in cui il corrispettivo fosse
pagato in natura. La Goldsmiths ne deduceva che l'art. 11 del Finance Act 1990 si
ponesse in contrasto con l'art. 11, parte C, n. 1, della sesta direttiva. Essa
aggiungeva che quest'ultima disposizione, benché conceda la facoltà agli Stati
membri di escludere totalmente le rettifiche in caso di crediti irrecuperabili, non
consentirebbe loro peraltro di operare un'esclusione parziale, vale a dire
limitatamente a taluni tipi di operazioni, atteso che la facoltà di deroga
consisterebbe in una facoltà del genere «tutto o niente».
- I Commissioners affermavano invece, sostanzialmente, che la sesta direttiva sarebbe
stata correttamente attuata da parte del Regno Unito, atteso che il potere di
deroga di cui all'art. 11, parte C, n. 1, della sesta direttiva non sarebbe subordinato
ad alcuna condizione. Il concetto di non applicazione non significherebbe che gli
Stati membri sono obbligati ad attenersi all'alternativa del «tutto o niente», bensì
che essi dispongono della facoltà di non dare applicazione alla regola nei termini
in cui essa è stabilita. A parere dei Commissioners, tale impostazione sarebbe più
conforme alla ratio della sesta direttiva.
- A fronte di un dubbio interpretativo della sesta direttiva, il Value Added Tax
Tribunal, Manchester Tribunal Centre, decideva di sospendere il procedimento e
di sottoporre alla Corte la seguente questione pregiudiziale:
«Se la deroga di cui all'art. 11, parte C, n. 1, della sesta direttiva (CE) del Consiglio
17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli
Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari - Sistema comune di imposta
sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (in prosieguo: la Sesta direttiva"),
vada interpretata nel senso che consente ad uno Stato membro, all'atto di
prevedere la restituzione dell'imposta in caso di crediti irrecuperabili, di escludere
lo sgravio quando la controprestazione perduta non consista in una somma di
denaro».
- Ai fini della soluzione della questione, si deve ricordare che l'art. 11, parte A, n. 1,
lett. a), della sesta direttiva prevede, ai fini dell'armonizzazione della base
imponibile, che, all'interno del paese, tale base sia costituita per le forniture di beni
da tutto ciò che costituisce il corrispettivo versato o da versare al fornitore da parte
dell'acquirente, del destinatario o di un terzo.
- Tale disposizione costituisce l'espressione di un principio fondamentale della sesta
direttiva secondo cui la base imponibile è data dal corrispettivo realmente ricevuto
(v. sentenza 23 novembre 1988, causa 230/87, Naturally Yours Cosmetics, Racc.
pag. 6365, punto 16) ed il cui corollario è che l'Amministrazione Finanziaria non
può riscuotere a titolo dell'IVA un importo superiore a quello percepito dal
soggetto passivo (v. sentenza 24 ottobre 1996, causa C-317/94, Elida Gibbs, Racc.
pag. I-5339, punto 24).
- Conformemente a tale principio, l'art. 11, parte C, n. 1, primo comma, della sesta
direttiva stabilisce i casi in cui gli Stati membri sono tenuti a procedere alla debita
riduzione della base imponibile, alle condizioni dagli stessi fissate. In tal modo, tale
disposizione obbliga gli Stati membri a procedere alla riduzione della base
imponibile e, quindi, dell'importo dell'IVA dovuta dal soggetto passivo
ogniqualvolta che, successivamente alla conclusione di un'operazione, il
corrispettivo non venga totalmente o parzialmente percepito dal soggetto passivo.
- Tuttavia, il secondo comma dell'art. 11, parte C, n. 1, della sesta direttiva consente
agli Stati membri di derogare alla detta norma in caso di mancato pagamento,
totale o parziale.
- Tale facoltà di deroga, strettamente limitata a quest'ultima ipotesi, si fonda
sull'assunto che, in presenza di talune circostanze ed in ragione della situazione
giuridica esistente nello Stato membro interessato, il mancato pagamento del
corrispettivo può essere difficile da accertare o essere solamente provvisorio. Ne
consegue che l'esercizio di tale facoltà di deroga dev'essere giustificato, affinché i
provvedimenti adottati dagli Stati membri ai fini della sua attuazione non
compromettano l'obiettivo dell'armonizzazione fiscale perseguito dalla sesta
direttiva.
- Per quanto attiene all'art. 11 del Finance Act 1990, il Regno Unito giustifica
l'esclusione del rimborso dell'imposta sostenendo che, quando il corrispettivo non
pagato non consista in denaro, i rischi di frode sarebbero maggiori.
- Tale giustificazione non può trovare accoglimento per un duplice ordine di motivi.
- In primo luogo, risulta dalla sentenza 10 aprile 1984, causa 324/82,
Commissione/Belgio (Racc. pag. 1861, punto 29), che i provvedimenti diretti alla
prevenzioni di frodi o evasioni fiscali non possono derogare, in linea di principio,
al rispetto della base imponibile dell'IVA di cui all'art. 11 della sesta direttiva se
non nei limiti strettamente necessari per raggiungere tale specifico obiettivo.
- Orbene, una normativa come quella oggetto del processo a quo, escludendo, in
modo generale e sistematico, dal rimborso dell'IVA tutte le operazioni il cui il
corrispettivo non sia in denaro, senza alcuna distinzione, modifica, con riguardo a
tale categoria di operazioni, la base imponibile in misura eccedente quanto
strettamente necessario ai fini della prevenzione dei rischi di frode fiscale. Ciò è
ancor più evidente in quanto, nella specie su cui verte il processo a quo, come
riconosciuto dal governo del Regno Unito nelle proprie osservazioni scritte, non
sussisteva alcun rischio di frode.
- Si deve rilevare, in secondo luogo, che né l'art. 11, parte A, n. 1, lett. a), né l'art.
11, parte C, n. 1, distinguono tra corrispettivo in denaro e corrispettivo in natura.
Infatti, come emerge dalla menzionata sentenza Naturally Yours Cosmetics, punto
16, ai fini dell'applicazione di tali disposizioni è sufficiente che il corrispettivo possa
essere espresso in denaro (v. anche sentenza 2 giugno 1994, causa C-33/93, Empire
Stores, Racc. pag. I-2329, punto 12). Atteso che le due fattispecie appaiono, dal
punto di vista economico e commerciale, identiche, la sesta direttiva riserva alle
due categorie di corrispettivi un trattamento equivalente.
- Ne consegue che l'esclusione del rimborso dell'IVA nel caso di operazioni in cui
il corrispettivo debba essere pagato in natura, quando il corrispettivo stesso non sia
pagato totalmente o parzialmente, fa sì che tale categoria di operazioni venga
discriminata rispetto alle operazioni il cui il corrispettivo sia in denaro.
- Infatti, una distinzione come quella operata dalla normativa contestata dissuade gli
operatori economici dal concludere contratti di scambio, senza che questi ultimi
presentino, dal punto di vista economico e commerciale, alcuna differenza rispetto
alle operazioni in cui il corrispettivo sia in denaro, e limita in tal modo la libertà
degli operatori di scegliere il contratto che essi ritengano più idoneo per il
raggiungimento dei propri interessi economici.
- Alla luce del complesso delle considerazioni che precedono, la questione
pregiudiziale va risolta dichiarando che la deroga di cui all'art. 11, parte C, n. 1,
secondo comma, della sesta direttiva dev'essere interpretata nel senso che essa non
autorizza uno Stato membro, che emani disposizioni dirette a consentire il rimborso
dell'IVA in caso di mancato pagamento totale o parziale del corrispettivo, ad
escludere il rimborso stesso quando il corrispettivo non pagato sia in natura,
laddove il rimborso è invece concesso quando il corrispettivo sia in denaro.
- All'udienza il governo del Regno Unito ha chiesto alla Corte di limitare nel tempo
gli effetti della sentenza nell'ipotesi in cui la Corte stessa interpretasse la deroga
di cui trattasi nel senso che essa non autorizza uno Stato membro ad escludere il
rimborso dell'IVA quando il corrispettivo non pagato sia in natura. Il detto governo
ha sostanzialmente dedotto al riguardo che tale interpretazione solleverebbeproblemi di rilevante gravità per il Regno Unito ed altri Stati membri che abbiano
interpretato la deroga in buona fede.
- Si deve rilevare al riguardo che il governo del Regno Unito non ha fornito alcun
elemento concreto quanto ai rilevanti problemi che risulterebbero, a suo parere,
dall'interpretazione data alla deroga di cui trattasi. Ne consegue che, nella specie,
non sussiste alcun elemento che consenta di giustificare una deroga al principio
secondo cui gli effetti di una sentenza interpretativa retroagiscono alla data
dell'entrata in vigore della norma interpretata.
Sulle spese
- Le spese sostenute dal governo tedesco e da quello del Regno Unito nonché dalla
Commissione delle Comunità europee, che hanno presentato osservazioni alla
Corte, non possono dar luogo a rifusione. Nei confronti delle parti nella causa
principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al
giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese.
Per questi motivi,LA CORTE (Sesta Sezione)
pronunciandosi sulla questione sottopostale dal Value Added Tax Tribunal,
Manchester Tribunal Centre, con ordinanza 19 dicembre 1994, dichiara:
La deroga prevista dall'art. 11, parte C, n. 1, secondo comma, della sesta direttiva
del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE, in materia di armonizzazione delle
legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra d'affari Sistema
comune d'imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, dev'essere
interpretata nel senso che essa non autorizza uno Stato membro, che emani
disposizioni dirette a consentire il rimborso dell'IVA in caso di mancato
pagamento totale o parziale del corrispettivo, ad escludere il rimborso stesso
quando il corrispettivo non pagato sia in natura, laddove il rimborso è invece
concesso quando il corrispettivo sia in denaro.
Mancini Kakouris Kapteyn Hirsch Schintgen
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Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 3 luglio 1997.
Il cancelliere
Il presidente della Sesta Sezione
R. Grass
G.F. Mancini
1: Lingua processuale: l'inglese.