Language of document : ECLI:EU:C:2002:625

SENTENZA DELLA CORTE

5 novembre 2002 (1)

«Inadempimento di uno Stato - Conclusione e applicazione da parte di uno Stato membro di un accordo bilaterale detto di “open sky” con gli Stati Uniti d'America - Diritto derivato che disciplina il mercato interno del trasporto aereo [regolamenti (CEE) nn. 2299/89, 2407/92, 2408/92, 2409/92 e 95/93] - Competenza esterna della Comunità - Art. 52 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 43 CE) - Art. 5 del Trattato CE (divenuto art. 10 CE)»

Nella causa C-467/98,

Commissione delle Comunità europee, rappresentata dai sigg. F. Benyon e H.P. Hartvig, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

ricorrente,

contro

Regno di Danimarca, rappresentato dal sig. J. Molde, in qualità di agente, con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuto,

sostenuto da

Regno dei Paesi Bassi, rappresentato dal sig. M.A. Fierstra e dalla sig.ra J. van Bakel, in qualità di agenti,

interveniente,

avente ad oggetto il ricorso diretto a far dichiarare:

-    in via principale, che il Regno di Danimarca, avendo negoziato, siglato e concluso, nel 1995, a livello individuale, un accordo detto di «open sky» con gli Stati Uniti d'America nell'ambito del trasporto aereo, è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza del Trattato CE, e segnatamente degli artt. 5 (divenuto art. 10 CE) e 52 (divenuto, in seguito a modifica, art. 43 CE) del medesimo, nonché del diritto derivato emanato sulla base del suddetto Trattato, e segnatamente dei regolamenti (CEE) del Consiglio 23 luglio 1992, n. 2407, sul rilascio delle licenze ai vettori aerei (GU L 240, pag. 1), 23 luglio 1992, n. 2408, sull'accesso dei vettori aerei della Comunità alle rotte intracomunitarie (GU L 240, pag. 8), 23 luglio 1992, n. 2409, sulle tariffe aeree per il trasporto di passeggeri e di merci (GU L 240, pag. 15), 24 luglio 1989, n. 2299, relativo ad un codice di comportamento in materia di sistemi telematici di prenotazione (GU L 220, pag. 1), come modificato dal regolamento (CEE) del Consiglio 29 ottobre 1993, n. 3089 (GU L 278, pag. 1), e 18 gennaio 1993, n. 95, relativo a norme comuni per l'assegnazione di bande orarie negli aeroporti della Comunità (GU L 14, pag. 1), e,

-    in subordine, per quanto riguarda le restanti disposizioni dell'accordo 1944/1954, se e in quanto si possa ritenere che l'accordo del 1995 non modifichi radicalmente e non sostituisca pertanto gli accordi conclusi in precedenza, che il Regno di Danimarca, non avendo abrogato, nei detti accordi, le disposizioni incompatibili con il Trattato, e segnatamente con l'art. 52 di quest'ultimo, nonché con il diritto derivato, o non avendo adottato a tal fine tutti i necessari provvedimenti giuridici, è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza dell'art. 234 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 307 CE),

LA CORTE,

composta dal sig. J.-P. Puissochet, presidente della Sesta Sezione, facente funzione di presidente, dal sig. R. Schintgen, presidente di sezione, dai sigg. C. Gulmann, D.A.O. Edward, A. La Pergola, P. Jann e V. Skouris (relatore), dalle sig.re F. Macken e N. Colneric, dai sigg. S. von Bahr e J.N. Cunha Rodrigues, giudici,

avvocato generale: sig. A. Tizzano


cancelliere: sig. H. von Holstein, cancelliere aggiunto, e sig.ra D. Louterman-Hubeau, capodivisione

vista la relazione d'udienza,

sentite le difese orali svolte dalle parti all'udienza dell'8 maggio 2001, nel corso della quale la Commissione è stata rappresentata dai sigg. F. Benyon e H.P. Hartvig, il Regno di Danimarca dal sig. J. Molde, e il Regno dei Paesi Bassi dalle sig.re J. van Bakel e H.G. Sevenster e dal sig. J. van Haersolte, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 31 gennaio 2002,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1.
    Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria della Corte il 18 dicembre 1998, la Commissione delle Comunità europee ha presentato, a norma dell'art. 169 del Trattato CE (divenuto art. 226 CE), un ricorso diretto a far dichiarare:

-    in via principale, che il Regno di Danimarca avendo negoziato, siglato e concluso, nel 1995, a livello individuale, accordi detti di «open sky» (cielo aperto) con gli Stati Uniti d'America nell'ambito del trasporto aereo, è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza del Trattato CE, e segnatamente degli artt. 5 (divenuto art. 10 CE) e 52 (divenuto, in seguito a modifica, art. 43 CE) nonché del diritto derivato emanato sulla base del suddetto Trattato, e segnatamente dei regolamenti (CEE) del Consiglio 23 luglio 1992, n. 2407, sul rilascio delle licenze ai vettori aerei (GU L 240, pag. 1), 23 luglio 1992, n. 2408, sull'accesso dei vettori aerei della Comunità alle rotte intracomunitarie (GU L 240, pag. 8), 23 luglio 1992, n. 2409, sulle tariffe aeree per il trasporto di passeggeri e di merci (GU L 240, pag. 15), 24 luglio 1989, n. 2299, relativo ad un codice di comportamento in materia di sistemi telematici di prenotazione (GU L 220, pag. 1), come modificato dal regolamento (CEE) del Consiglio 29 ottobre 1993, n. 3089 (GU L 278, pag. 1; in prosieguo: il «regolamento n. 2299/89»), e 18 gennaio 1993, n. 95, relativo a norme comuni per l'assegnazione di bande orarie negli aeroporti della Comunità (GU L 14, pag. 1), e,

-    in subordine, per quanto riguarda le restanti disposizioni dell'accordo 1944/1954, se e in quanto si possa ritenere che l'accordo del 1995 non modifichi radicalmente e non sostituisca pertanto gli accordi conclusi in precedenza, che il Regno di Danimarca, non avendo abrogato, nei detti accordi, le disposizioni incompatibili con il Trattato, e segnatamente con l'art. 52 di quest'ultimo, nonché con il diritto derivato, o non avendo adottato a tal fine tutti i necessari provvedimenti giuridici, è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza dell'art. 234 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 307 CE).

2.
    Con ordinanza del presidente della Corte 8 luglio 1999 è stato autorizzato l'intervento del Regno dei Paesi Bassi a sostegno delle conclusioni del Regno di Danimarca.

Contesto normativo

3.
    L'art. 84, n. 1, del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 80, n. 1, CE) prevede che le disposizioni del titolo IV, relativo ai trasporti, della terza parte del Trattato si applichino esclusivamente ai trasporti ferroviari, su strada e per vie navigabili. Il n. 2 di detto articolo recita:

«Il Consiglio, con deliberazione a maggioranza qualificata, potrà decidere se, in quale misura e con quale procedura potranno essere prese opportune disposizioni per la navigazione marittima e aerea.

Le disposizioni di procedura di cui all'articolo 75, paragrafi 1 e 3, sono applicabili».

4.
    Sulla base di quest'ultima disposizione e al fine di attuare gradualmente il mercato interno del trasporto aereo, il Consiglio ha adottato nel 1987, nel 1990 e nel 1992 tre «pacchetti» normativi diretti a garantire, da un lato, la libera prestazione dei servizi di trasporto aereo e, dall'altro, l'applicazione in tale settore delle norme comunitarie in materia di concorrenza.

5.
    La disciplina adottata nel 1992, detta «terzo pacchetto», include i regolamenti nn. 2407/92, 2408/92 e 2409/92.

6.
    In base al suo art. 1, il regolamento n. 2407/92 riguarda i requisiti per il rilascio e il mantenimento da parte degli Stati membri delle licenze d'esercizio dei vettori aerei stabiliti nella Comunità. A tale proposito, dall'art. 3, n. 3, del suddetto regolamento emerge che le imprese stabilite nella Comunità sono autorizzate ad effettuare a titolo oneroso trasporti aerei di passeggeri, posta e/o merci solo qualora abbiano ottenuto la licenza d'esercizio appropriata. Conformemente all'art. 4, nn. 1 e 2, del suddetto regolamento, uno Stato membro può rilasciare tale licenza esclusivamente a imprese che abbiano il principale centro di attività e, se esiste, la propria sede sociale in tale Stato membro e, fatti salvi gli accordi e le convenzioni di cui la Comunità è parte contraente, che siano di proprietà, attraverso una partecipazione di maggioranza, ed effettivamente controllate da Stati membri e/o da cittadini degli Stati membri.

7.
    Il regolamento n. 2408/92 riguarda, come indica il suo titolo, l'accesso dei vettori aerei della Comunità alle rotte intracomunitarie. In base alla definizione fornita dall'art. 2, lett. b), di tale regolamento, un vettore aereo comunitario è un vettore aereo in possesso di una licenza d'esercizio valida rilasciata in conformità al regolamento n. 2407/92. L'art. 3, n. 1, del regolamento n. 2408/92 dispone che lo (gli) Stato(i) membro(i) interessato(i) permette (permettono) permettono ai vettori aerei comunitari di esercitare diritti di traffico su rotte all'interno della Comunità. Ai sensi del n. 2 del suddetto articolo gli Stati membri peraltro, sino al 1° aprile 1997, possono prevedere un'eccezione a tale norma per quanto riguarda l'esercizio dei diritti di cabotaggio.

8.
    Gli artt. 4-7 del regolamento n. 2408/92 disciplinano in particolare la possibilità per gli Stati membri di imporre oneri di servizio pubblico su determinate rotte. L'art. 8 di tale regolamento consente agli Stati membri di disciplinare, senza discriminazioni basate sulla nazionalità o sull'identità del vettore aereo, la ripartizione del traffico tra gli aeroporti appartenenti a uno stesso sistema aeroportuale. Infine, l'art. 9 del suddetto regolamento riconosce allo Stato membro responsabile, qualora sussistano gravi problemi di congestione e/o di carattere ambientale, la possibilità di imporre condizioni, di limitare o di negare l'esercizio dei diritti di traffico, segnatamente quando altri modi di trasporto possono fornire un servizio di livello soddisfacente.

9.
    Ai sensi del suo art. 1, n. 1, il regolamento n. 2409/92 definisce i criteri e le procedure da seguire per la fissazione delle tariffe passeggeri e merci per i servizi aerei relativi a trasporti effettuati interamente all'interno della Comunità economica europea.

10.
    I nn. 2 e e 3 di tale articolo recitano come segue:

«2.    Fatto salvo il paragrafo 3, il presente regolamento non si applica:

a)    alle tariffe aeree passeggeri e merci dei vettori aerei non comunitari;

b)    alle tariffe aeree passeggeri e merci fissate nel quadro di un onere di servizio pubblico conformemente al regolamento (CEE) n. 2408/92 del Consiglio, del 23 luglio 1992, relativo all'accesso dei vettori aerei della Comunità alle rotte intracomunitarie.

3.    Solo i vettori aerei comunitari sono autorizzati a introdurre nuovi prodotti o tariffe ridotte rispetto a quelle esistenti per prodotti identici».

11.
    Oltre ai regolamenti nn. 2407/92, 2408/92 e 2409/92, emanati nel 1992, il legislatore comunitario ha adottato altri atti nell'ambito del trasporto aereo. Si tratta in particolare dei regolamenti nn. 2299/89 e 95/93.

12.
    Conformemente al suo art. 1, il regolamento n. 2299/89 si applica ai sistemi telematici di prenotazione («Computerised reservation system», in prosieguo: i «CRS»), che includono servizi di trasporto aereo, qualora siano offerti in uso e/o utilizzati sul territorio della Comunità indipendentemente dallo status o dalla nazionalità del venditore del sistema, dalla fonte delle informazioni utilizzate o dall'ubicazione della relativa unità centrale di eleborazione dati e dall'ubicazione geografica degli aeroporti tra i quali viene effettuato il trasporto aereo.

13.
    Tuttavia, l'art. 7, nn. 1 e 2, del suddetto regolamento dispone:

«1.    Gli obblighi del venditore del sistema ai sensi dell'articolo 3 e degli articoli da 4 a 6 non si applicano al vettore associato di un paese terzo qualora il suo CRS fuori del territorio della Comunità non offra ai vettori aerei comunitari un trattamento equivalente a quello previsto dal presente regolamento e dal regolamento (CEE) n. 83/91 della Commissione.

2.    Gli obblighi dei vettori associati o aderenti a norma degli articoli 3 bis, 4 e 8 non si applicano al CRS controllato da uno o più vettori aerei di uno o più paesi terzi qualora al o ai vettori associati o aderenti non sia accordato, fuori del territorio della Comunità, un trattamento equivalente a quello previsto dal presente regolamento e dal regolamento (CEE) n. 83/91 della Commissione».

14.
    Infine, è pacifico che il regolamento n. 95/93 si applica anche ai vettori aerei di paesi terzi. Tuttavia, l'art. 12 dispone:

«1.    Qualora risulti che, nell'assegnazione delle bande orarie negli aeroporti, un paese terzo:

a)    non riserva ai vettori aerei comunitari un trattamento analogo a quello concesso dagli Stati membri della Comunità ai vettori aerei di tale paese, o

b)    non concede ai vettori aerei comunitari de facto un trattamento nazionale, o

c)    concede ai vettori aerei di altri paesi terzi un trattamento più favorevole di quello riservato ai vettori aerei comunitari,

gli opportuni provvedimenti possono essere presi per porre rimedio alla situazione relativa all'aeroporto o agli aeroporti interessato(i), compresa la sospensione, totale o parziale, degli obblighi del presente regolamento nei confronti di un vettore aereo di tale paese terzo, in conformità del diritto comunitario.

2.    Gli Stati membri segnalano alla Commissione le difficoltà gravi incontrate, de jure o de facto, dai vettori aerei comunitari nell'assegnazione di bande orarie in aeroporti di paesi terzi».

Fatti della controversia

Le iniziative della Commissione ai fini della conclusione, da parte della Comunità, di accordi internazionali in materia di trasporto aereo

15.
    Verso la fine della seconda guerra mondiale, o dopo quest'ultima, diversi Stati, tra cui il Regno di Danimarca, che in seguito sono divenuti membri della Comunità, hanno concluso con gli Stati Uniti d'America accordi bilaterali nell'ambito del trasporto aereo.

16.
    Nell'intento di sostituire questo insieme di convenzioni bilaterali con un accordo unico concluso dalla Comunità con gli Stati Uniti d'America, la Commissione, dall'inizio degli anni '90, ha tentato a più riprese di ottenere dal Consiglio un'autorizzazione a negoziare con le autorità statunitensi un siffatto accordo in materia di trasporto aereo.

17.
    Pertanto, il 23 febbraio 1990 essa ha presentato al Consiglio una prima richiesta in tal senso, sotto forma di una proposta di decisione del Consiglio relativa ad una procedura di consultazione e di autorizzazione per accordi sulle relazioni commerciali nel settore della navigazione aerea tra Stati membri e paesi terzi. Il 23 ottobre 1992 ha sottoposto una seconda proposta di decisione, leggermente modificata (GU 1993, C 216, pag. 15). Tali due proposte erano fondate sull'art. 113 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 133 CE) poiché la Commissione riteneva che la conclusione di accordi internazionali in materia di trasporto aereo rientrasse nell'ambito della politica commerciale della Comunità.

18.
    Il Consiglio non ha dato alcun seguito a tali iniziative della Commissione e ha delineato la propria posizione nelle sue conclusioni del 15 marzo 1993, là dove affermava:

-    che l'art. 84, n. 2, del Trattato costituiva la base giuridica appropriata per lo sviluppo di una politica estera nel settore dell'aviazione;

-    che gli Stati membri conservavano integralmente la loro competenza con riferimento alle relazioni con i paesi terzi nel settore dell'aviazione, con riserva delle misure già adottate o che sarebbero state adottate dal Consiglio in materia. Al riguardo, esso ha anche sottolineato che nel corso dei negoziati bilaterali gli Stati membri interessati avrebbero dovuto tenere debitamente conto degli obblighi imposti dal diritto comunitario e avrebbero dovuto tenersi informati sugli interessi degli altri Stati membri;

-    che negoziati a livello comunitario con paesi terzi avrebbero potuto essere condotti solo qualora il Consiglio avesse giudicato un tale approccio conforme all'interesse comune, in quanto suscettibile di far conseguire un risultato migliore per l'insieme degli Stati membri rispetto a quello prodotto dal tradizionale sistema di accordi bilaterali.

19.
    Nell'aprile 1995 la Commissione ha sollevato nuovamente la questione, raccomandando al Consiglio l'adozione di una decisione che la autorizzasse a negoziare con gli Stati Uniti d'America un accordo in materia di trasporto aereo. In seguito a tale nuova richiesta, il Consiglio ha conferito alla Commissione, nel giugno 1996, un mandato ristretto per negoziare con gli Stati Uniti, in collaborazione con un comitato designato ad hoc dallo stesso, i seguenti elementi: norme in materia di concorrenza; proprietà e controllo dei vettori aerei; CRS; «code-sharing» (condivisione dei codici di volo); risoluzione dei conflitti; leasing; clausole sull'ambiente; misure transitorie. In caso di eventuale richiesta degli Stati Uniti in tal senso, la Commissione era autorizzata ad estendere i negoziati agli aiuti di Stato e ad altre misure volte ad evitare il fallimento dei vettori aerei; all'assegnazione delle bande orarie negli aeroporti; all'idoneità economica e tecnica dei vettori aerei; alle clausole in materia di sicurezza; alle clausole di salvaguardia; a qualsiasi altra questione relativa alla regolamentazione del settore. Veniva per contro espressamente precisato che il mandato non copriva i negoziati relativi all'accesso al mercato (ivi compresi il «code-sharing» e il leasing, in quanto riferentisi ai diritti di traffico), alla capacità, alla designazione dei vettori aerei e alle tariffe.

20.
    Alcune dichiarazioni delle due istituzioni interessate venivano allegate al processo verbale della seduta del Consiglio durante la quale era stato conferito alla Commissione il summenzionato mandato negoziale. In una di tali dichiarazioni, formulata congiuntamente dalle due istituzioni (in prosieguo: la «dichiarazione comune del 1996»), si affermava che, per assicurare la continuità delle relazioni Stati membri/Stati Uniti d'America durante i negoziati comunitari e per poter disporre di una valida alternativa in caso di fallimento di tali negoziati, il vigente sistema di convenzioni bilaterali sarebbe stato mantenuto e sarebbe restato in vigore fino alla conclusione di un nuovo accordo diretto a vincolare la Comunità. In un'autonoma dichiarazione, la Commissione affermava di ritenere acquisita la competenza comunitaria in merito ai diritti di traffico aereo.

21.
    Finora non è stato concluso alcun accordo con gli Stati Uniti d'America in seguito al conferimento del mandato negoziale del 1996 alla Commissione.

22.
    Dal fascicolo emerge che la Comunità ha per contro concluso nel 1992 un accordo con il Regno di Norvegia e con il Regno di Svezia nel settore dell'aviazione civile, approvato con la decisione del Consiglio 22 giugno 1992, 92/384/CEE (GU L 200, pag. 20), che ha raggiunto in materia un'intesa di massima con la Confederazione svizzera e che, al momento dell'introduzione del presente ricorso, stava negoziando con dodici paesi europei un accordo relativo alla creazione di uno «spazio aereo comune europeo».

L'accordo bilaterale in materia di trasporto aereo concluso tra il Regno di Danimarca e gli Stati Uniti d'America

23.
    Il 16 dicembre 1944 è stato concluso tra il Regno di Danimarca e gli Stati Uniti d'America un accordo bilaterale in materia di trasporto aereo, detto «accordo di tipo “Bermuda”», emendato nel 1954, nel 1958 e nel 1966 al fine di liberalizzare il traffico aereo internazionale (in prosieguo: l'«accordo del 1944»).

24.
    Dal fascicolo emerge che, nel 1992, gli Stati Uniti d'America hanno deciso di proporre a vari Stati europei la conclusione, con gli stessi, di un accordo bilaterale detto di «open sky». Un accordo di questo tipo doveva, da un lato, facilitare le alleanze tra i vettori statunitensi ed europei e, dall'altro, rispettare vari criteri definiti dal governo statunitense quali il libero accesso a tutte le rotte, la concessione di illimitati diritti di rotta e di traffico, la fissazione dei prezzi in base a un sistema detto di «doppia disapprovazione» per le rotte aeree tra le parti contraenti, la possibilità di «code sharing» ecc.

25.
    Nel corso del 1993 e del 1994, gli Stati Uniti d'America hanno intensificato i loro sforzi per concludere accordi bilaterali in materia di trasporto aereo, secondo la politica detta di «open sky», con il maggior numero possibile di Stati europei.

26.
    In una lettera del 17 novembre 1994, inviata agli Stati membri, la Commissione ha attirato l'attenzione di questi ultimi sugli effetti negativi che tali accordi bilaterali potevano comportare per la Comunità e ha preso posizione dichiarando che questo tipo di accordo poteva incidere sulla disciplina interna di quest'ultima. Ha aggiunto che la negoziazione di tali accordi poteva essere condotta in modo efficace e giuridicamente valido solo a livello comunitario.

27.
    Nel corso di negoziati condotti dal 24 al 26 aprile 1995 alcuni rappresentanti dei governi danese e statunitense hanno raggiunto un accordo sulla modifica dell'accordo del 1944. Tale accordo è stato confermato successivamente mediante uno scambio di note diplomatiche.

28.
    Pertanto, nel 1995, sono state apportate le seguenti modifiche all'accordo del 1944 (in prosieguo: le «modifiche apportate nel 1995»). Nel corpo del testo di tale accordo, al fine di rendere quest'ultimo conforme al modello statunitense di accordo detto di «open sky», sono stati modificati o aggiunti gli artt. 1 (attribuzione dei diritti), 2a (designazione e autorizzazione), 3 (definizioni), 4 (garanzia), 5 (applicazione delle leggi), 6 (revoca delle autorizzazioni), 7 (canoni d'uso), 8 (sicurezza), 9 (fissazione dei prezzi), 10 (concorrenza leale), 11 (possibilità commerciali), 12 (diritti e tasse), 13 (trasporto combinato), 14 (consultazioni) e 15 (risoluzione dei conflitti). Peraltro, gli allegati I e II dell'accordo del 1944, contenenti gli elenchi delle rotte e le possibilità di esercizio, sono stati modificati per essere adeguati al medesimo modello (ad esempio, per quanto riguarda le rotte, la flessibilità di esercizio, i voli charter ecc.). Infine, è stato aggiunto un allegato III, riguardante i principi relativi ai CRS.

29.
    L'art. 2 dell'accordo del 1944 dispone che «[l]'esercizio di ciascuna delle rotte aeree così descritte può iniziare non appena la parte contraente alla quale viene attribuito, in forza dell'art. 1, il diritto di designare una o più compagnie aeree per la rotta interessata abbia autorizzato una compagnia aerea a volare sulla suddetta rotta» e che «la parte contraente che accorda i diritti, fatto salvo l'art. 6 del presente accordo, è tenuta ad attribuire un'opportuna concessione alla o alle compagnie aeree interessate». L'art. 6 di tale accordo sancisce che «[c]iascuna delle parti contraenti si riserva il diritto di rifiutare il rilascio o di revocare una concessione o un'autorizzazione a una delle compagnie aeree dell'altra parte in tutti i casi in cui essa ritenga non sia sufficientemente provato che una quota rilevante della proprietà e il controllo effettivo fanno capo a cittadini di una delle parti del presente accordo» (in prosieguo: la «clausola relativa alla proprietà e al controllo delle compagnie aeree»).

Fase precontenziosa

30.
    Avendo appreso che i negoziati diretti a modificare l'accordo del 1944 avevano avuto esito positivo, il 6 giugno 1995 la Commissione ha inviato al governo danese una lettera di diffida in cui affermava essenzialmente che, poiché la normativa comunitaria in materia di trasporto aereo aveva stabilito un sistema completo di norme diretto a instaurare un mercato interno in tale settore, gli Stati membri non disponevano più della competenza per concludere accordi bilaterali come quello che il Regno di Danimarca aveva appena negoziato con gli Stati Uniti d'America. Inoltre, tale accordo, a suo parere, sarebbe contrario al diritto comunitario primario e derivato.

31.
    Dato che il governo danese, nella sua risposta del 6 luglio 1995, aveva contestato l'analisi della Commissione, quest'ultima ha inviato al Regno di Danimarca, il 16 marzo 1998, un parere motivato in cui concludeva che gli impegni bilaterali derivanti dalle modifiche apportate nel 1995 all'accordo del 1944 costituivano un'infrazione del diritto comunitario e invitava tale Stato membro a conformarsi al suddetto parere motivato entro due mesi a far data dalla sua notifica.

32.
    Poiché la risposta del governo danese, datata 16 luglio 1998, veniva ritenuta insoddisfacente dalla Commissione, quest'ultima ha proposto il ricorso di cui trattasi.

Sulla necessità di pronunciarsi sull'esistenza di un nuovo accordo in seguito alle modifiche apportate nel 1995

33.
    La formulazione della domanda principale e della domanda in subordine della Commissione evidenzia che, a detta di quest'ultima, l'esame del merito di una delle due domande presuppone necessariamente una pronuncia della Corte su una questione preliminare, cioè se le modifiche apportate nel 1995 abbiano avuto l'effetto di trasformare l'accordo preesistente del 1944 in un nuovo accordo detto di «open sky», nel quale si inserirebbero le disposizioni dell'accordo del 1944 come successivamente modificate. Se si è realmente prodotto un tale effetto, la Corte, secondo la Commissione, dovrebbe soltanto statuire sulla domanda principale e valutare la compatibilità del nuovo accordo con le disposizioni comunitarie pertinenti in vigore nel 1995. In caso contrario, non ci sarebbe motivo di deliberare sulla domanda principale e la Corte dovrebbe allora statuire sulla domanda in subordine e valutare la compatibilità delle disposizioni figuranti nell'accordo del 1944 alla luce, in particolare, dell'art. 234 del Trattato.

34.
    Il governo danese, nell'analizzare punto per punto le modifiche apportate nel 1995 all'accordo del 1944, contesta il fatto ch'esse avrebbero avuto l'effetto di trasformare quest'ultimo in un nuovo accordo. Esso rileva in merito che, tenuto conto delle modifiche apportate all'accordo del 1944 sino al 1966, quest'ultimo presentava, già prima del 1995, tutti gli elementi essenziali di un accordo detto di «open sky». Le modifiche apportate nel 1995 non modificherebbero, o comunque non in modo sostanziale, le disposizioni dell'accordo del 1944. In linea di principio esse non accorderebbero nuovi diritti alle compagnie aeree statunitensi e, pertanto, non istituirebbero un nuovo legame tra il Regno di Danimarca e gli Stati Uniti d'America.

35.
    La Commissione sostiene, per contro, che, alla luce della portata e della profondità delle modifiche apportate nel 1995, le disposizioni dell'accordo del 1944 rimaste invariate nel 1995 non possono essere ritenute un accordo indipendente. Di conseguenza, le suddette modifiche avrebbero determinato la trasformazione dell'accordo del 1944 in un nuovo accordo di tipo «open sky».

36.
    Si deve osservare, a tale proposito, che l'esame relativo al merito della domanda principale della Commissione non presuppone necessariamente una pronuncia della Corte sulla questione se le modifiche apportate nel 1995 abbiano avuto l'effetto di trasformare il preesistente accordo del 1944 in un nuovo accordo.

37.
    Dal fascicolo e dal dibattimento svoltosi dinanzi alla Corte emerge che le modifiche apportate all'accordo del 1995, descritte al punto 28 della presente sentenza, hanno avuto l'effetto di liberalizzare totalmente il trasporto aereo tra gli Stati Uniti d'America e il Regno di Danimarca, garantendo il libero accesso a tutte le rotte esistenti tra tutti i punti siti in tali due Stati, senza limiti di capacità e frequenza, senza restrizioni quanto ai punti intermedi e ai punti situati al di qua o al di là («behind, between and beyond rights»), e con tutti i cambi desiderati di aeromobile («change of gauge»). Questa libertà totale è stata completata dalle disposizioni relative alle possibilità per le compagnie aeree interessate di concludere accordi di «code sharing» e da disposizioni atte a stimolare la concorrenza o la parità di trattamento, ad esempio per i CRS.

38.
    Ne consegue che le modifiche apportate nel 1995 all'accordo del 1944 hanno stabilito il contesto di una cooperazione più stretta tra gli Stati Uniti d'America e il Regno di Danimarca, da cui derivano nuovi e importanti obblighi internazionali per quest'ultimo.

39.
    Occorre inoltre sottolineare che le modifiche apportate nel 1995 attestano una rinegoziazione dell'accordo del 1944 nella sua interezza. Ne consegue che, se è vero che talune disposizioni dell'accordo di cui trattasi non sono state formalmente emendate dalle modifiche apportate nel 1995 o hanno subíto solo marginali modifiche redazionali, gli impegni derivanti da tali disposizioni sono stati pur tuttavia confermati nel corso di tale rinegoziazione. Orbene, in una situazione di questo genere, viene interdetto agli Stati membri non solo di assumere nuovi impegni internazionali, ma anche di mantenere in vigore siffatti impegni se violano il diritto comunitario (v., in tal senso, sentenze 4 luglio 2000, causa C-62/98, Commissione/Portogallo, Racc. pag. I-5171, e causa C-84/98, Commissione/Portogallo, Racc. pag. I-5215).

40.
    L'osservazione contenuta nel punto precedente è valida, in particolare, per l'accesso alle rotte intracomunitarie riconosciuto alle compagnie aeree designate dagli Stati Uniti d'America. Anche se, come sostiene il governo danese, il suddetto accesso trova origine in obblighi contratti nel 1966, dalla sezione 1 dell'allegato I all'accordo del 1944, relativa all'elenco delle rotte, come modificato nel 1995, emerge che l'accesso dei vettori designati dagli Stati Uniti d'America alle rotte intracomunitarie è stato, quantomeno, confermato nuovamente nel 1995 nell'ambito dello scambio di diritti di traffico convenuto dai due Stati.

41.
    Lo stesso vale per la clausola relativa alla proprietà e al controllo delle compagnie aeree, la cui formulazione, come riportata al punto 29 della presente sentenza, già figurava nell'accordo del 1944. Peraltro deve essere ritenuto pacifico, secondo quanto giustamente osservato dall'avvocato generale ai paragrafi 136-138 delle sue conclusioni, che le modifiche apportate nel 1995 all'accordo del 1944 complessivamente considerato incidono sulla portata delle disposizioni, come la suddetta clausola, che non sono state formalmente emendate dalle suddette modifiche o lo sono state solo in misura limitata.

42.
    Ne deriva che l'insieme degli impegni internazionali posti in discussione nella domanda principale deve essere valutato alla luce delle disposizioni del diritto comunitario invocate dalla Commissione a sostegno di tale domanda che erano in vigore al momento dell'assunzione o della conferma di tali impegni, ossia, comunque, nel 1995.

43.
    Poiché la Corte è in grado di statuire in merito alla domanda principale, non è necessario deliberare sulla domanda in subordine. Infatti, come indica la sua formulazione, l'esame di quest'ultima non dipende dalla misura in cui venga accolta la domanda principale ma dal se la Corte si ritenga in condizione di pronunciarsi su tale domanda.

Sull'inadempimento risultante dalla violazione della competenza esterna della Comunità

44.
    La Commissione addebita al Regno di Danimarca una violazione della competenza esterna della Comunità derivante dall'assunzione degli impegni controversi. Essa sostiene al riguardo che tale competenza deriva, da un lato, dalla necessità, ai sensi del parere 1/76, del 26 aprile 1977 (Racc. pag. 741), di concludere a livello comunitario un accordo contenente siffatti obblighi e, dall'altro, dal fatto che gli accordi controversi incidono, ai sensi della sentenza 31 marzo 1971, causa 22/70, Commissione/Consiglio, detta «AETS» (Racc. pag. 263), sulle regole adottate dalla Comunità in materia di trasporto aereo.

Sull'asserita esistenza di una competenza esterna della Comunità ai sensi del parere 1/76

Argomenti delle parti

45.
    La Commissione osserva che, secondo il citato parere 1/76, chiarito dai pareri 1/94, del 15 novembre 1994 (Racc. pag. I-5267), e 2/92, del 24 marzo 1995 (Racc. pag. I-521), esiste una competenza esclusiva della Comunità a concludere un accordo internazionale anche in mancanza di disposizioni comunitarie nel settore interessato, qualora la conclusione di tale accordo sia necessaria al fine di realizzare gli obiettivi del Trattato in detto settore e questi ultimi non possano essere raggiunti mediante la semplice attuazione di regole comuni autonome.

46.
    Secondo la Commissione, come indicato nel citato parere 2/92, il ragionamento seguito nel parere 1/94, citato, emesso precedentemente, non inficia in alcun modo la conclusione del summenzionato parere 1/76. Il riferimento, di cui al punto 86 del citato parere 1/94, alla mancanza di un nesso indissolubile tra la realizzazione della libera prestazione dei servizi a favore dei cittadini degli Stati membri e il trattamento da riservare nella Comunità ai cittadini di paesi terzi riguarderebbe l'ambito dei servizi generalmente inteso. Orbene, nel settore del trasporto aereo misure puramente nazionali sarebbero poco incisive tenuto conto del carattere internazionale delle attività esercitate e dell'impossibilità di separare i mercati interno ed esterno. D'altronde per questa ragione, in svariati casi, sarebbe risultato necessario che misure comunitarie relative ai trasporti aereo e marittimo prevedessero il trattamento da riservare ai vettori di paesi terzi e che venissero conclusi gli accordi relativi.

47.
    Le discriminazioni, le distorsioni della concorrenza e la destabilizzazione del mercato comunitario che deriverebbero dagli accordi bilaterali detti di «open sky» conclusi da taluni Stati membri dimostrerebbero che gli obiettivi perseguiti dalla politica comunitaria in materia di trasporto aereo non possono essere raggiunti prescindendo dalla conclusione di un accordo tra la Comunità e gli Stati Uniti d'America.

48.
    In particolare, gli accordi controversi, siano essi considerati individualmente o nella prospettiva dell'effetto combinato determinato dagli impegni corrispondenti assunti da altri Stati membri, provocherebbero alcuni mutamenti nella struttura dei flussi di traffico verso gli Stati Uniti d'America e consentirebbero ai vettori statunitensi di operare sul mercato intracomunitario senza essere assoggettati a tutti gli obblighi del regime stabilito dalle norme comuni, ponendosi in tal modo in concorrenza con i loro colleghi comunitari.

49.
    Sarebbe facile stabilire la necessità di un'azione comunitaria nei riguardi dei paesi terzi, alla luce delle disposizioni del Trattato in materia di trasporti. Per quanto l'art. 84, n. 2, del Trattato non definisca anticipatamente il contenuto specifico delle disposizioni da adottare con riferimento al trasporto aereo, esso dichiarerebbe tuttavia espressamente applicabili le disposizioni procedurali di cui all'art. 75, n. 3, del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 71, n. 2, CE). Il fatto che l'art. 84, n. 2, del Trattato conceda chiaramente alla Comunità il potere di concludere accordi di trasporto aereo con paesi terzi sarebbe stato, del resto, dimostrato dal suo impiego come base giuridica per concludere un tale accordo con il Regno di Norvegia e il Regno di Svezia nel 1992.

50.
    Il governo danese osserva che il citato parere 1/76 è innovativo in quanto mediante lo stesso viene riconosciuta alla Comunità una competenza esterna nei settori in cui essa non ha preliminarmente adottato regole interne, a condizione tuttavia che la partecipazione della Comunità a un accordo internazionale sia necessaria per realizzare una finalità del Trattato. Orbene, secondo tale governo, non è necessario in base al citato parere 1/76 che la Comunità concluda un accordo di trasporto aereo con gli Stati Uniti d'America.

51.
    Il governo danese sostiene altresì che la competenza esterna di cui la Comunità può disporre in applicazione del citato parere 1/76 diviene esclusiva solo nel momento in cui la stessa esercita effettivamente tale competenza al fine di concludere un accordo internazionale. La suddetta interpretazione sarebbe confermata dai citati pareri 1/94 e 2/92. Nella fattispecie, atteso che la Comunità non ha concluso alcun accordo con gli Stati Uniti d'America in materia di trasporto aereo, non si può impedire agli Stati membri, in base al parere 1/76, di concludere un siffatto accordo con tale paese.

52.
    Il governo danese aggiunge, riferendosi all'art. 84, n. 2, del Trattato, che nel settore del trasporto aereo non esistono disposizioni mediante le quali venga conferita alle istituzioni comunitarie una competenza a negoziare con paesi terzi e, ancor meno, una competenza esclusiva. Esso rammenta che il Consiglio, nelle sue conclusioni del 15 marzo 1993, si è invece espressamente pronunciato a favore della possibilità che gli Stati membri continuino ad aver diritto di negoziare accordi in materia di trasporto aereo con paesi terzi. A tale riguardo, e contrariamente all'analisi della Commissione, gli esempi menzionati al punto 22 della presente sentenza non proverebbero affatto che il Consiglio abbia ammesso la necessità di una competenza esterna esclusiva della Comunità in materia di trasporto aereo.

53.
    Per quanto riguarda le ripercussioni di natura economica sulla concorrenza menzionate dalla Commissione, il governo danese ritiene che esse non giustifichino una competenza esterna esclusiva della Comunità.

Giudizio della Corte

54.
    Occorre osservare che, per quanto riguarda il trasporto aereo, l'art. 84, n. 2, del Trattato si limita a prevedere un potere di azione della Comunità, che tuttavia subordina a una decisione preliminare del Consiglio.

55.
     Pertanto, se tale disposizione può essere utilizzata come fondamento giuridico da parte del Consiglio per riconoscere alla Comunità il potere di concludere un accordo internazionale in materia di trasporto aereo in un caso determinato, per contro non si può ritenere che essa fondi di per sé una competenza comunitaria esterna in materia di trasporto aereo.

56.
    E' indubbiamente vero che la Corte ha già statuito che la competenza della Comunità ad assumere impegni internazionali può non soltanto essere attribuita espressamente dal Trattato, ma altresì derivare implicitamente dalle sue disposizioni. Tale competenza esterna implicita esiste non solo in tutti i casi in cui i poteri inerenti alla competenza interna siano stati già esercitati al fine di adottare provvedimenti destinati all'attuazione delle politiche comuni, ma anche qualora i provvedimenti comunitari di carattere interno vengano emanati solo in occasione della stipulazione e dell'attuazione dell'accordo internazionale. Pertanto, la competenza ad impegnare la Comunità nei confronti dei paesi terzi può derivare, implicitamente, dalle disposizioni del Trattato relative alla competenza interna, se e in quanto la partecipazione della Comunità all'accordo internazionale sia necessaria alla realizzazione di uno degli obiettivi di quest'ultima (v. parere 1/76, cit., punti 3 e 4).

57.
    Nella sua giurisprudenza successiva, la Corte ha precisato che l'ipotesi contemplata nel citato parere 1/76 è quella in cui la competenza interna può essere esercitata utilmente soltanto contemporaneamente alla competenza esterna (parere 1/94, cit., punto 89), quando cioè è necessaria la conclusione di un accordo internazionale per realizzare determinati obiettivi del Trattato che non possono essere raggiunti mediante l'instaurazione di norme autonome.

58.
    Ciò non si verifica nel caso di specie.

59.
    Infatti, nessuna disposizione del Trattato impedisce alle istituzioni di organizzare, mediante le norme comuni da esse adottate, azioni concertate nei confronti degli Stati Uniti d'America o di prescrivere i comportamenti che gli Stati membri devono adottare verso l'esterno, al fine di ovviare alle discriminazioni o alle distorsioni di concorrenza che potrebbero risultare dall'applicazione degli impegni assunti con gli Stati Uniti d'America da taluni Stati membri nell'ambito degli accordi detti di «open sky» (v. in tal senso, parere 1/94, cit., punto 79). Non è quindi provato che, date siffatte discriminazioni o distorsioni di concorrenza, gli obiettivi del Trattato nel settore del trasporto aereo non possano essere conseguiti mediante l'instaurazione di norme autonome.

60.
    D'altronde, il Consiglio nel 1992 ha potuto adottare il «terzo pacchetto» che, secondo la Commissione, ha realizzato il mercato interno del trasporto aereo fondato sulla libera prestazione dei servizi, senza che all'epoca sia apparso necessario ricorrere, a tale scopo, alla conclusione, da parte della Comunità, di un accordo con gli Stati Uniti d'America in materia di trasporto aereo. Al contrario, dal fascicolo emerge che il Consiglio, che in base al Trattato ha facoltà di operare in materia di trasporto aereo e di definire la portata dell'intervento della Comunità in tale contesto, non ha ritenuto necessario condurre negoziati con gli Stati Uniti d'America a livello comunitario (v. punto 18 della presente sentenza). Solo nel giugno 1996, quindi successivamente all'esercizio della competenza interna, il Consiglio ha autorizzato la Commissione a negoziare con gli Stati Uniti d'America un accordo in materia di trasporto aereo, accordandole a tale scopo un mandato ristretto, pur avendo peraltro cura di precisare, nella dichiarazione comune del 1996 formulata dallo stesso e dalla Commissione, che il sistema delle convenzioni bilaterali con detto paese sarebbe stato mantenuto fino alla conclusione di un nuovo accordo diretto a vincolare la Comunità (v. punti 19 e 20 della presente sentenza).

61.
    La constatazione esposta ai punti precedenti non può essere rimessa in questione dal fatto che, negli atti adottati dal Consiglio con riferimento al mercato interno del trasporto aereo, esistano talune disposizioni relative ai cittadini di paesi terzi (v., ad esempio, punti 12-14 della presente sentenza). A causa del carattere relativamente limitato di tali disposizioni, non si può dedurre dalle stesse, a differenza di quanto sostenuto dalla Commissione, che la realizzazione della libera prestazione dei servizi in materia di trasporto aereo a favore dei cittadini degli Stati membri sia indissolubilmente legata alla disciplina da riservare nella Comunità ai cittadini di paesi terzi o nei paesi terzi ai cittadini degli Stati membri.

62.
    Ne consegue che, nella fattispecie, non si è in presenza di una situazione in cui la competenza interna poteva essere esercitata utilmente soltanto in via contestuale rispetto alla competenza esterna.

63.
    Tenuto conto di quanto sopra illustrato, si deve constatare che, all'epoca in cui il Regno di Danimarca ha concordato con gli Stati Uniti d'America alcune modifiche apportate nel 1995, la Comunità non poteva sostenere l'esistenza di una competenza esterna esclusiva ai sensi del citato parere 1/76 per concludere un accordo di trasporto aereo con tale paese.

64.
    Pertanto, l'inadempimento relativo alla violazione di tale competenza da parte del Regno di Danimarca è infondato.

Sull'asserita esistenza di una competenza esterna della Comunità ai sensi della giurisprudenza AETS

Argomenti delle parti

65.
    La Commissione sostiene che, grazie al contesto normativo introdotto dal «terzo pacchetto» di misure di liberalizzazione del trasporto aereo, il legislatore comunitario ha instaurato un insieme compiuto di norme comuni, le quali hanno consentito di creare il mercato interno del trasporto aereo fondato sulla libera prestazione dei servizi. Nell'ambito delle suddette norme comuni, la Comunità avrebbe determinato le condizioni per il funzionamento del mercato interno, in particolare per quanto riguarda le regole di accesso a tale mercato, sotto forma di diritti di traffico sulle tratte tra gli Stati membri e all'interno degli stessi. Inoltre, un gran numero dei suddetti provvedimenti prevederebbe disposizioni relative ai vettori dei paesi terzi o ai paesi in cui e partendo dai quali detti vettori operano. A tale insieme di norme sarebbero inoltre da cumulare i regolamenti nn. 2299/89 e 95/93, come esempi di misure che prescrivono agli Stati membri i comportamenti da adottare nei riguardi dei paesi terzi.

66.
    Alla luce del sistema compiuto di norme comuni, gli Stati membri non sarebbero più competenti, a prescindere dal fatto che agiscano individualmente o collettivamente, per concludere accordi atti a incidere su dette norme mediante lo scambio di diritti di traffico e l'apertura dell'accesso al mercato intracomunitario a favore dei vettori dei paesi terzi. La negoziazione e la conclusione di siffatti accordi internazionali rientrebbero pertanto nella competenza esclusiva della Comunità. A sostegno della propria tesi, la Commissione invoca in particolare la citata sentenza AETS nonché i citati pareri 1/94 e 2/92.

67.
    Secondo la Commissione, siffatti accordi internazionali, qualora non vengano adottati dalla Comunità, sono contrari al diritto comunitario e - dato il loro effetto discriminatorio - privano quest'ultimo della sua efficacia, provocano distorsioni di concorrenza e destabilizzano il mercato comunitario attraverso la partecipazione a quest'ultimo di vettori aerei dei paesi terzi. I vettori statunitensi potrebbero quindi operare nella Comunità senza essere soggetti a tutti gli obblighi comunitari, il traffico sarebbe convogliato verso uno Stato membro a scapito degli altri Stati membri e verrebbe infranto l'equilibrio perseguito mediante l'introduzione di norme comuni.

68.
    Dai punti 25 e 26 del parere 2/91, del 19 marzo 1993 (Racc. pag. I-1061), risulterebbe che gli Stati membri non possono assumere impegni internazionali neppure per applicare la normativa comunitaria vigente, perché questo rischia di rendere quest'ultima eccessivamente rigida, ostacolandone l'adattamento e la modifica, circostanza che «incide» sulla stessa.

69.
    In subordine, la Commissione sostiene che, anche se non fosse stato stabilito un insieme compiuto di norme comuni, questo sarebbe irrilevante per l'esito del ricorso, poiché, come ha confermato la Corte ai punti 25 e 26 del suo citato parere 2/91, la competenza comunitaria si ritiene sussistente qualora la convenzione interessata si occupi di un settore già in gran parte disciplinato da norme comunitarie, gradualmente emanate, come avviene nel caso di specie.

70.
    Anche nell'ipotesi in cui la mancanza di alcune regole comuni riguardanti talune materie disciplinate dagli accordi controversi inducesse la Corte a dichiarare l'insussistenza di una competenza comunitaria esclusiva con riferimento a tali materie, il Regno di Danimarca non potrebbe adottare da solo, ossia senza la partecipazione della Comunità, gli accordi controversi.

71.
    Secondo il governo danese, dal «terzo pacchetto» di misure di liberalizzazione del trasporto aereo, vale a dire dai regolamenti nn. 2407/92, 2408/92 e 2409/92 emerge che tali misure riguardano il mercato interno. Tuttavia dal suddetto «terzo pacchetto» non risulterebbe che il mercato interno non possa essere distinto da quello esterno. Questo si verificherebbe, segnatamente, perché la parte essenziale del traffico imputabile alle compagnie aeree comunitarie si situa all'interno del mercato comune e la maggior parte delle compagnie aeree aventi sede nella Comunità europea garantiscono collegamenti solo all'interno del mercato comune. Il governo danese afferma inoltre che i numerosi accordi bilaterali di trasporto aereo conclusi tra gli Stati membri e i paesi terzi fino ad ora non hanno rappresentato un ostacolo per l'instaurazione di un mercato interno del trasporto aereo che funzioni adeguatamente.

72.
    Una competenza esterna esclusiva della Comunità potrebbe derivare solo da tre possibili fonti, ovvero, in primo luogo, una compiuta armonizzazione comunitaria nell'ambito interessato, in secondo luogo, l'adozione di norme comunitarie per quanto riguarda la situazione delle persone e delle società originarie di paesi terzi e, in terzo luogo, l'adozione di norme comunitarie con cui venga attribuita alle istituzioni della Comunità la competenza a concludere trattati con i paesi terzi.

73.
    Il governo danese contesta il fatto che gli impegni bilaterali derivanti dalle modifiche apportate nel 1995 incidano sulla normativa comunitaria ai sensi della citata sentenza AETS. Ritiene, anzitutto, che nel settore del trasporto aereo non sia stato istituito un insieme compiuto di regole comuni. Esso sostiene, inoltre, che i suddetti impegni non sono contrari alle disposizioni comunitarie adottate in questo settore. Infine, asserisce che tali disposizioni non conferiscono alla Comunità competenza a concludere accordi con i paesi terzi.

74.
    In particolare, i regolamenti nn. 2407/92, 2408/92 e 2409/92, che costituiscono il «terzo pacchetto», non riguarderebbero né i servizi di trasporto aereo tra la Comunità e paesi terzi né i diritti di traffico delle compagnie dei paesi terzi. Pertanto, gli accordi controversi non inciderebbero sul regime instaurato dal «terzo pacchetto». Quanto alle disposizioni relative ai paesi terzi figuranti in taluni regolamenti invocati dalla Commissione, il governo danese ritiene che gli accordi controversi non incidano su di esse. Lo stesso sarebbe a dirsi con riferimento alle disposizioni di tali regolamenti relative alle bande orarie e ai CRS.

Giudizio della Corte

75.
    Si deve rammentare che, come veniva già affermato ai punti 54 e 55 della presente sentenza, se è vero che l'art. 84, n. 2, del Trattato non fonda una competenza comunitaria esterna in materia di trasporto aereo, ciò non toglie che esso preveda un potere di azione della Comunità in tale settore, pur subordinandolo a una decisione preliminare del Consiglio.

76.
    D'altronde, il Consiglio si è avvalso di tale disposizione quale fondamento normativo per l'adozione del «terzo pacchetto» normativo in materia di trasporto aereo.

77.
    Orbene, la Corte ha già statuito, ai punti 16-18 e 22 della citata sentenza AETS, che la competenza della Comunità a concludere accordi internazionali deriva non solo da un'espressa previsione del Trattato, ma può desumersi anche da altre disposizioni dello stesso e da atti adottati, in forza di queste disposizioni, dalle istituzioni della Comunità; che, in particolare, tutte le volte che, per la realizzazione di una politica comune prevista dal Trattato, la Comunità ha adottato disposizioni contenenti, sotto qualsivoglia forma, norme comuni, gli Stati membri non hanno più il potere - né individualmente, né collettivamente - di contrarre con gli Stati terzi obblighi che incidano su dette norme o che ne alterino la portata, e che, infatti, a mano a mano che queste norme comuni vengono adottate, la Comunità sola è in grado di assumere e di adempiere - con effetto per l'intera sfera in cui vige l'ordinamento giuridico comunitario - gli impegni contratti nei confronti di paesi terzi.

78.
    Atteso che tale analisi implica il riconoscimento di una competenza esterna esclusiva per la Comunità in conseguenza dell'adozione di atti interni, occorre interrogarsi sulla questione se essa trovi applicazione anche nell'ambito di una disposizione come l'art. 84, n. 2, del Trattato, che attribuisce al Consiglio il potere di decidere «se, in quale misura e con quale procedura potranno essere prese opportune disposizioni» per il trasporto aereo, compreso, quindi, il traffico esterno.

79.
    Si deve osservare a tale riguardo che, se gli Stati membri fossero liberi di assumere impegni internazionali atti a incidere sulle norme comuni adottate sul fondamento dell'art. 84, n. 2, del Trattato, questo comprometterebbe la realizzazione della finalità perseguita dalle suddette norme e impedirebbe quindi alla Comunità di adempiere il proprio compito nella tutela dell'interesse comune.

80.
    Di conseguenza, le constatazioni effettuate dalla Corte nella citata sentenza AETS sono valide anche qualora il Consiglio, come nella fattispecie, abbia adottato norme comuni sul fondamento dell'art. 84, n. 2, del Trattato.

81.
    Occorre ancora definire a quali condizioni gli accordi internazionali presi in considerazione possano incidere sulla portata delle norme comuni o alterare la stessa e, di conseguenza, stabilire in che termini la Comunità acquisisca una competenza esterna grazie all'esercizio della sua competenza interna.

82.
    Secondo la giurisprudenza della Corte, questo si verifica quando gli accordi internazionali rientrano nell'ambito di applicazione delle norme comuni (sentenza AETS, cit., punto 30) o comunque di un settore già in gran parte disciplinato da tali norme (parere 2/91, cit., punto 25). In quest'ultima ipotesi, la Corte ha statuito che gli Stati membri non possono, se non tramite le istituzioni comuni, assumere impegni internazionali, e ciò anche se non vi siano contraddizioni tra questi ultimi e le norme comuni (parere 2/91, cit., punti 25 e 26).

83.
    Pertanto, allorché la Comunità include nei suoi atti legislativi interni clausole relative al trattamento da riservare ai cittadini di paesi terzi o conferisce espressamente alle proprie istituzioni una competenza a negoziare con i paesi terzi, essa acquista una competenza esterna esclusiva in misura corrispondente ai suddetti atti (citati pareri 1/94, punto 95, e 2/92, punto 33).

84.
    Lo stesso vale, anche in mancanza di clausola espressa che autorizzi le istituzioni a negoziare con i paesi terzi, quando la Comunità realizza un'armonizzazione completa in un determinato settore, poiché il mantenimento da parte degli Stati membri di una certa libertà di negoziare coi paesi terzi potrebbe incidere, ai sensi della precitata sentenza AETS, sulle norme comuni così adottate (v. citati pareri 1/94, punto 96, e 2/92, punto 33).

85.
    Per contro, dal ragionamento esposto ai punti 78 e 79 del citato parere 1/94 emerge che le eventuali distorsioni di flussi di servizi nel mercato interno che possono derivare da accordi bilaterali detti di «open sky», conclusi dagli Stati membri con paesi terzi, non incidono di per sé sulle norme comuni adottate in tale settore e non possono quindi fondare una competenza esterna della Comunità.

86.
    Infatti nessuna disposizione del Trattato impedisce alle istituzioni di organizzare, mediante le norme comuni da esse adottate, azioni concertate nei confronti di paesi terzi o di prescrivere i comportamenti che gli Stati membri devono adottare verso l'esterno (parere 1/94, cit., punto 79).

87.
    E' alla luce di tali considerazioni che occorre valutare se gli impegni internazionali assunti dal Regno di Danimarca possano incidere sulle norme comuni menzionate dalla Commissione nell'ambito del ricorso di cui trattasi.

88.
    E' pacifico che gli accordi controversi comportano uno scambio di diritti di quinta libertà in forza del quale una compagnia aerea designata dagli Stati Uniti d'America ha il diritto di trasportare passeggeri tra il Regno di Danimarca e un altro Stato membro dell'Unione europea in occasione di un volo avente origine o destinazione negli Stati Uniti d'America. La Commissione sostiene, anzitutto, che tale impegno, considerato segnatamente nel contesto dell'effetto cumulato prodotto dall'insieme degli impegni bilaterali di questo tipo assunti dagli Stati membri con gli Stati Uniti d'America, poiché consente ai vettori aerei di quest'ultimo Stato di volare su rotte intracomunitarie senza dover soddisfare i requisiti previsti dal regolamento n. 2407/92, incide su tale regolamento nonché sul regolamento n. 2408/92.

89.
    Tale argomento deve essere respinto.

90.
    Come risulta dal suo titolo e dal suo art. 3, n. 1, il regolamento n. 2408/92 riguarda l'accesso alle rotte intracomunitarie dei soli vettori aerei comunitari, definiti dall'art. 2, lett. b), di detto regolamento come i vettori aerei titolari di una licenza d'esercizio valida rilasciata da uno Stato membro in forza del regolamento n. 2407/92. Secondo quanto emerge dai suoi artt. 1, n. 1, e 4, quest'ultimo regolamento sancisce i criteri per il rilascio, da parte degli Stati membri, delle licenze d'esercizio relative ai vettori aerei stabiliti nella Comunità che, fatti salvi gli accordi e le convenzioni di cui la Comunità è parte contraente, sono di proprietà, direttamente o attraverso una partecipazione di maggioranza, di Stati membri e/o di cittadini di Stati membri e sono effettivamente controllati da questi Stati o da questi cittadini, nonché i criteri per il mantenimento in vigore delle suddette licenze.

91.
    Ne consegue che il regolamento n. 2408/92 non disciplina la concessione di diritti di traffico su rotte intracomunitarie a vettori extracomunitari. Parimenti, il regolamento n. 2407/92 non regolamenta le licenze di esercizio dei vettori aerei extracomunitari che operano all'interno della Comunità.

92.
    Dato che gli accordi internazionali controversi non appartengono a un settore già disciplinato dai regolamenti nn. 2407/92 e 2408/92, non si può ritenere che incidano sui suddetti regolamenti per il motivo dedotto dalla Commissione.

93.
    Inoltre, il fatto stesso che tali due regolamenti non disciplinino la situazione dei vettori aerei di paesi terzi operanti all'interno della Comunità prova che, contrariamente a quanto sostiene la Commissione, il «terzo pacchetto» normativo non ha carattere compiuto.

94.
    La Commissione osserva, successivamente, che le discriminazioni e le distorsioni di concorrenza derivanti dagli accordi internazionali controversi, considerati nel loro effetto cumulato determinato dagli impegni internazionali corrispondenti assunti da altri Stati membri, incidono sul funzionamento normale del mercato interno del trasporto aereo.

95.
    Tuttavia, come si è osservato al punto 85 della presente sentenza, tale genere di situazioni non incide sulle norme comuni e, quindi, non può fondare una competenza esterna della Comunità.

96.
    La Commissione sostiene, infine, che la legislazione comunitaria da essa invocata contiene numerose disposizioni relative ai paesi terzi e ai vettori aerei dei paesi terzi. Sarebbe questo il caso, in particolare, dei regolamenti nn. 2409/92, 2299/89 e 95/93.

97.
    A tale riguardo, si deve rilevare, in primo luogo, che, ai sensi dell'art. 1, n. 2, lett. a), del regolamento n. 2409/92, quest'ultimo non si applica alle tariffe aeree passeggeri e merci dei vettori aerei extracomunitari, ma tale restrizione viene peraltro formulata indicando che è «fatto salvo il paragrafo 3» dello stesso articolo. A norma dell'art. 1, n. 3, del regolamento n. 2409/92, solo i vettori aerei comunitari sono autorizzati a introdurre nuovi prodotti o tariffe ridotte rispetto a quelle esistenti per prodotti identici.

98.
    Dalla combinazione di tali disposizioni risulta che il regolamento n. 2409/92, in modo indiretto ma certo, ha vietato ai vettori aerei di paesi terzi operanti nella Comunità di introdurre nuovi prodotti o tariffe ridotte rispetto a quelle esistenti per prodotti identici. Procedendo in tal modo, il legislatore comunitario ha limitato la libertà tariffaria di tali vettori qualora garantiscano rotte intracomunitarie in forza dei diritti di quinta libertà di cui dispongono. Di conseguenza, la Comunità, in misura corrispondente a quanto prescritto dall'art. 1, n. 3, del regolamento n. 2409/92, ha acquisito la competenza esclusiva ad assumere con i paesi terzi gli impegni che si riferiscono a tale limitazione della libertà tariffaria dei vettori extracomunitari.

99.
    Ne consegue che, dall'entrata in vigore del regolamento n. 2409/92, il Regno di Danimarca non poteva più assumere da solo impegni internazionali riguardanti le tariffe applicabili su rotte intracomunitarie da vettori di paesi terzi.

100.
    Orbene, dal fascicolo emerge che il Regno di Danimarca ha assunto un impegno di questo tipo in forza delle modifiche apportate nel 1995 all'art. 9 dell'accordo del 1944, che è stato riscritto. Procedendo in tal modo, detto Stato membro ha quindi violato la competenza esterna esclusiva della Comunità derivante dall'art. 1, n. 3, del regolamento n. 2409/92.

101.
    Tale constatazione non può essere rimessa in questione dal fatto che il suddetto art. 9 impone, per i trasporti aerei ai quali si applica il regolamento n. 2409/92, l'osservanza di tale regolamento. Infatti, per quanto lodevole sia stata questa iniziativa del Regno di Danimarca diretta a preservare l'applicazione del regolamento n. 2409/92, è tuttavia evidente che l'inadempimento di tale Stato membro risulta dal fatto che esso non era autorizzato ad assumere da solo un siffatto impegno, anche se il contenuto di quest'ultimo non è in contrasto con il diritto comunitario.

102.
    In secondo luogo, dagli artt. 1 e 7 del regolamento n. 2299/89 emerge che tale regolamento si applica, a condizione di reciprocità, anche ai cittadini di paesi terzi, quando propongono o utilizzano un CRS sul territorio della Comunità.

103.
    Mediante tale regolamento, la Comunità ha quindi acquisito la competenza esclusiva ad assumere con i paesi terzi gli obblighi relativi ai CRS proposti o utilizzati sul suo territorio.

104.
    Orbene, è indiscusso che le modifiche apportate nel 1995 all'accordo del 1944 hanno comportato che a quest'ultimo venisse annesso un allegato III riguardante i principi relativi ai CRS, compresi quelli che si applicano ai CRS proposti o utilizzati sul territorio del Regno di Danimarca. Con tale operato, detto Stato membro ha violato la competenza esterna esclusiva della Comunità derivante dal regolamento n. 2299/89.

105.
    Il fatto che nel memorandum per le consultazioni del 26 aprile 1995, allegato all'accordo contenente le modificazioni concordate, venga indicato che il suddetto allegato III potrà essere applicato solo qualora le sue disposizioni non entrino in conflitto con le disposizioni comunitarie interessate non è tale da rimettere in questione la constatazione effettuata al punto precedente. Infatti, l'inadempimento del Regno di Danimarca emerge dal fatto stesso ch'esso ha assunto gli impegni internazionali in materia di CRS menzionati al punto precedente.

106.
    Infine, in terzo luogo, come è stato sottolineato al punto 14 della presente sentenza, il regolamento n. 95/93, relativo all'assegnazione di bande orarie negli aeroporti della Comunità, si applica, a condizione di reciprocità, ai vettori aerei di paesi terzi e, pertanto, la Comunità dispone, dall'entrata in vigore di tale regolamento, di una competenza esclusiva a concludere con paesi terzi accordi relativi a tale settore.

107.
    Tuttavia, come l'avvocato generale ha giustamente osservato al paragrafo 107 delle sue conclusioni, la Commissione non ha affatto dimostrato che la clausola relativa alla concorrenza leale figurante all'art. 10 dell'accordo del 1944, come modificato nel 1995, trovi applicazione anche per quanto riguarda l'allocazione delle bande orarie, secondo quanto essa sostiene.

108.
    Infatti, come la Commissione ha affermato nel ricorso, il suddetto art. 10 include, al punto a), una disposizione generale diretta a garantire ai vettori aerei delle due parti contraenti le stesse possibilità di concorrenza. La formulazione generale di tale clausola non consente, in mancanza di elementi rilevanti che attestino con chiarezza la volontà delle due parti, di desumerne un impegno in materia di allocazione di bande orarie contratto dal Regno di Danimarca. Orbene, la Commissione ha invocato, a sostegno della propria asserzione, solo un rapporto dell'amministrazione statunitense secondo cui clausole di quel tipo normalmente disciplinano anche l'assegnazione delle bande orarie.

109.
    Di conseguenza, l'inadempimento contestato al Regno di Danimarca per il motivo sopra dedotto appare infondato.

110.
    L'art. 5 del Trattato impone agli Stati membri di agevolare la Comunità nell'adempimento dei propri compiti e di astenersi da qualsiasi misura che rischi di compromettere la realizzazione degli scopi del Trattato.

111.
    Nel settore delle relazioni esterne, la Corte ha statuito che i compiti della Comunità e gli scopi del Trattato sarebbero compromessi nel caso in cui gli Stati membri potessero contrarre impegni internazionali comprendenti norme atte a incidere su disposizioni adottate dalla Comunità o ad alterarne la portata (v. parere 2/91, cit., punto 11; v. anche, in tal senso, sentenza AETS, cit., punti 21 e 22).

112.
    Dalle considerazioni che precedono risulta che il Regno di Danimarca, avendo assunto impegni internazionali riguardanti le tariffe aeree praticate dai vettori designati dagli Stati Uniti d'America su rotte intracomunitarie nonché i CRS proposti o utilizzati sul territorio danese, è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza dell'art. 5 del Trattato nonché dei regolamenti nn. 2409/92 e 2299/89.

Sull'inadempimento derivante dalla violazione dell'art. 52 del Trattato

Argomenti delle parti

113.
    La Commissione sostiene che la clausola relativa alla proprietà e al controllo delle compagnie aeree è contraria all'art. 52 del Trattato, poiché il Regno di Danimarca non concede ai cittadini degli altri Stati membri, e in particolare alle compagnie e alle imprese costituite in tali Stati membri e stabilite nel Regno di Danimarca, il trattamento riservato ai cittadini danesi.

114.
    I termini «normativa» e «condizioni» figuranti nell'art. 52 del Trattato, cui fa riferimento il governo danese, non sarebbero determinanti. Detti termini dovrebbero essere intesi come atti a includere anche i diritti e gli obblighi derivanti da accordi internazionali stipulati dal Regno di Danimarca con paesi terzi.

115.
    L'argomento secondo cui una disposizione come la clausola relativa alla proprietà e al controllo delle compagnie aeree figura tradizionalmente negli accordi bilaterali e si fonda sulla reciprocità non sarebbe convincente perché ignora il fatto che tali clausole possono essere negoziate per tener conto di una situazione particolare come quella derivante dal diritto comunitario. Comunque, il governo danese non può far ricadere sugli Stati Uniti d'America la responsabilità che gli compete in forza dell'art. 52 del Trattato.

116.
    Il suddetto governo non può validamente invocare l'art. 56 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 46 CE) per sottrarrsi agli obblighi che gli incombono in forza dell'art. 52 del Trattato. Non preciserebbe la natura delle esigenze imperative che giustificherebbero un'applicazione del suddetto art. 56 nella fattispecie. L'inserimento di una clausola come quella relativa alla proprietà e al controllo delle compagnie aeree negli accordi bilaterali sembrerebbe giustificato, piuttosto, da considerazioni economiche che non rientrano nell'ambito dell'art. 56 del Trattato e relative al fatto che le parti dell'accordo rifiutano di estendere i vantaggi commerciali alle compagnie aeree appartenenti a cittadini di paesi con i quali non è stato concluso alcun accordo detto di «open sky».

117.
    ll governo danese rileva che le situazioni disciplinate dalla clausola relativa alla proprietà e al controllo delle compagnie aeree, in quanto riguardino diritti di traffico accordati dalle autorità degli Stati Uniti d'America per voli verso aeroporti statunitensi, non rientrano nell'art. 52 del Trattato.

118.
    Sostiene altresì che, secondo il contenuto dell'art. 52 del Trattato, la libertà di stabilimento implica semplicemente l'accesso alle attività non salariate e al loro esercizio nonché la costituzione e la gestione di imprese «alle condizioni definite dalla legislazione del paese di stabilimento nei confronti dei propri cittadini». Secondo il governo danese, il rimando al termine «normativa» lascia supporre che lo Stato membro di stabilimento abbia competenza a concedere i diritti ritenuti rivestire importanza ai fini dell'esercizio effettivo del diritto di stabilimento. Questo non si verificherebbe nel caso di specie. L'applicazione concreta della clausola relativa alla proprietà e al controllo delle compagnie aeree sarebbe chiaramente estranea all'ambito di competenza delle autorità danesi. Inoltre, il governo danese sostiene che il termine «condizioni» ai sensi dell'art. 52 del Trattato non può essere esteso al punto di includere qualsiasi vantaggio di cui potrebbero eventualmente beneficiare i cittadini dello Stato di stabilimento, nei paesi terzi, in forza di accordi bilaterali precedentemente conclusi.

119.
    Una clausola come quella relativa alla proprietà e al controllo delle compagnie aeree sarebbe del tutto consueta negli accordi bilaterali conclusi nel settore del trasporto aereo e sarebbe fondata sulla reciprocità, dal momento che le autorità statunitensi intenderebbero conservare la possibilità di rifiutare la concessione di diritti di traffico a compagnie aeree aventi la propria sede in paesi che non accordano alle compagnie aeree statunitensi diritti equivalenti nel proprio territorio.

120.
    La summenzionata clausola non comporterebbe alcuna limitazione del diritto di stabilimento nel Regno di Danimarca per i cittadini di altri Stati membri. Inoltre, il Regno di Danimarca non influirebbe affatto sull'eventuale ricorso a tale clausola da parte delle autorità statunitensi.

121.
    Il governo danese osserva, in subordine, che l'eccezione contemplata dall'art. 56 del Trattato si applica nella fattispecie. Sulla base delle considerazioni enunciate in tale articolo, il governo danese afferma che si riserverà sempre il diritto di rifiutare in taluni casi la concessione dei diritti di traffico a compagnie aeree designate dagli Stati Uniti d'America ma di proprietà di cittadini di paesi terzi. Secondo tale governo, si deve ammettere, trattandosi di una realtà inerente alla politica di negoziazione, che in accordi bilaterali di trasporto aereo sono inevitabili disposizioni derogatorie che autorizzino in taluni casi a rifiutare il rilascio di concessioni a determinate compagnie aeree e che una disposizione come quella contenuta nella clausola relativa alla proprietà e al controllo delle compagnie aeree è pertanto compatibile, ai sensi dell'art. 56 del Trattato, con l'art. 52 del Trattato.

Giudizio della Corte

122.
    Per quanto riguarda l'applicabilità dell'art. 52 del Trattato nella fattispecie, occorre osservare che tale disposizione, la cui violazione viene addebitata al Regno di Danimarca, si applica in materia di trasporto aereo.

123.
    Infatti, mentre l'art. 61 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 51 CE) esclude l'applicazione delle disposizioni del Trattato relative alla libera prestazione dei servizi ai servizi di trasporto, dato che questi ultimi sono regolati dalle disposizioni del titolo relativo ai trasporti, nessun articolo del Trattato esclude l'applicazione a detto settore delle disposizioni relative alla libertà di stabilimento.

124.
    L'art. 52 del Trattato è idoneo, in particolare, ad essere applicato alle compagnie aeree stabilite in uno Stato membro che forniscono servizi di trasporto aereo tra uno Stato membro e un paese terzo. Tutte le società stabilite in uno Stato membro ai sensi dell'art. 52 del Trattato sono soggette a tale disposizione, anche qualora l'oggetto della loro attività in tale Stato consista nella prestazione di servizi verso paesi terzi.

125.
    Per quanto riguarda la questione se il Regno di Danimarca abbia violato l'art. 52 del Trattato, occorre rammentare che, a termini di tale norma, la libertà di stabilimento implica l'accesso alle attività non subordinate ed il loro esercizio, nonché la costituzione e la gestione di imprese, e segnatamente di società ai sensi dell'art. 58, secondo comma, del Trattato CE (divenuto art. 48, secondo comma, CE) alle condizioni previste dalle leggi dello Stato membro di stabilimento nei confronti dei propri cittadini.

126.
    Gli artt. 52 e 58 del Trattato garantiscono pertanto l'applicazione del trattamento nazionale nello Stato membro ospitante ai cittadini comunitari che abbiano esercitato la libertà di stabilimento e alle società ad essi equiparate (v. sentenza 21 settembre 1999, causa C-307/97, Saint-Gobain ZN, Racc. pag. I-6161, punto 35), e questo sia per quanto riguarda l'accesso ad un'attività professionale in occasione di un primo stabilimento sia per quanto attiene all'esercizio di detta attività da parte della persona stabilita nello Stato membro ospitante.

127.
    La Corte ha pertanto statuito che il principio del trattamento nazionale impone allo Stato membro che abbia stipulato con un paese terzo una convenzione internazionale bilaterale per evitare la doppia imposizione di concedere ai centri di attività stabili di società aventi sede in un altro Stato membro le agevolazioni previste dalla suddetta convenzione alle stesse condizioni praticate alle società con sede nello Stato membro contraente (v. sentenze Saint-Gobain ZN, cit., punto 59, e 15 gennaio 2002, causa C-55/00, Gottardo, Racc. pag. I-413, punto 32).

128.
    Nella fattispecie, la clausola relativa alla proprietà e al controllo delle compagnie aeree consente in particolare agli Stati Uniti d'America di rifiutare o di revocare una concessione o un'autorizzazione ad una compagnia aerea designata dal Regno di Danimarca ma di cui una quota rilevante della proprietà e l'effettivo controllo non facciano capo a tale Stato membro o a cittadini danesi o statunitensi.

129.
    Non vi è alcun dubbio che le compagnie aeree stabilite nel Regno di Danimarca di cui una quota rilevante della proprietà e l'effettivo controllo di cui facciano capo a uno Stato membro diverso dal Regno di Danimarca o a cittadini di un tale Stato membro (in prosieguo: le «compagnie aeree comunitarie») possono essere pregiudicate da tale clausola.

130.
    Per contro, dalla formulazione della suddetta clausola emerge che gli Stati Uniti d'America, in via di principio, sono tenuti ad accordare le richieste concessioni o autorizzazioni alle compagnie aeree di cui una quota rilevante della proprietà e l'effettivo controllo facciano capo al Regno di Danimarca o a cittadini danesi (in prosieguo: le «compagnie aeree danesi»).

131.
    Da quanto precede deriva che le compagnie aeree comunitarie possono sempre essere escluse dall'applicazione dell'accordo di trasporto aereo stipulato tra il Regno di Danimarca e gli Stati Uniti d'America, laddove le compagnie aeree danesi beneficiano di tale applicazione. Di conseguenza, le compagnie aeree comunitarie subiscono una discriminazione che impedisce loro di beneficiare del trattamento nazionale nello Stato membro ospitante, vale a dire il Regno di Danimarca.

132.
    Contrariamente a quanto sostiene quest'ultimo, tale discriminazione trova direttamente la propria origine non nell'eventuale comportamento degli Stati Uniti d'America ma nella clausola relativa alla proprietà e al controllo delle compagnie aeree che riconosce proprio agli Stati Uniti d'America il diritto di adottare un siffatto comportamento.

133.
    Ne consegue che la clausola relativa alla proprietà e al controllo delle compagnie aeree è contraria all'art. 52 del Trattato.

134.
    Alla luce di tale constatazione, è irrilevante il fatto che clausole di questa natura siano tradizionalmente inserite in accordi bilaterali in materia di trasporto aereo e che mirino a preservare il diritto di un paese terzo di accordare diritti di traffico sul proprio spazio aereo solo su una base di reciprocità. Infatti, l'inadempimento contestato al Regno di Danimarca risulta nella fattispecie dal fatto che esso, comunque, ha mantenuto in vigore, al momento della rinegoziazione dell'accordo del 1944, una clausola che viola i diritti derivanti per le compagnie aeree comunitarie dall'art. 52 del Trattato.

135.
    Per quanto riguarda l'argomento del governo danese diretto a giustificare la clausola relativa alla proprietà e al controllo delle compagnie aeree, occorre rammentare che, secondo una costante giurisprudenza, il ricorso alle giustificazioni fondate su motivi di ordine pubblico e di pubblica sicurezza, previste dall'art. 56 del Trattato, presuppone la necessità di preservare una misura discrimininatoria al fine di far fronte ad una minaccia effettiva ed abbastanza grave per uno degli interessi fondamentali della collettività (v., in tal senso, sentenze 27 ottobre 1977, causa 30/77, Bouchereau, Racc. pag. 1999, punto 35; 29 ottobre 1998, causa C-114/97, Commissione/Spagna, Racc. pag. I-6717, punto 46, e 19 gennaio 1999, causa C-348/96, Calfa, Racc. pag. I-11, punto 21). Ne risulta che deve esistere un nesso diretto tra tale minaccia che, del resto, deve essere attuale, e la misura discriminatoria adottata per farvi fronte (v., in tal senso, sentenze 26 aprile 1988, causa 352/85, Bond van Adverteerders e a., Racc. pag. 2085, punto 36, e Calfa, cit., punto 24).

136.
    Nella fattispecie si deve constatare che la clausola relativa alla proprietà e al controllo delle compagnie aeree non limita la facoltà di rifiutare o revocare una concessione o un'autorizzazione a una compagnia aerea designata dall'altra parte ai soli casi in cui tale compagnia rappresenti una minaccia per l'ordine pubblico o per la pubblica sicurezza della parte che accorda le suddette concessioni o autorizzazioni.

137.
    Comunque, non esiste alcun nesso diretto tra la minaccia, per di più ipotetica, per l'ordine pubblico o la pubblica sicurezza del Regno di Danimarca che la designazione di una compagnia aerea da parte degli Stati Uniti d'America potrebbe rappresentare e la discriminazione generalizzata nei riguardi delle compagnie aeree comunitarie.

138.
    Di conseguenza, la giustificazione dedotta dal Regno di Danimarca ai sensi dell'art. 56 del Trattato deve essere respinta.

139.
    Pertanto, l'inadempimento contestato al Regno di Danimarca a norma dell'art. 52 del Trattato risulta fondato.

140.
    Alla luce dell'insieme delle considerazioni sopra illustrate, si deve dichiarare che il Regno di Danimarca, avendo assunto o avendo mantenuto in vigore, nonostante la rinegoziazione dell'accordo del 1944, impegni internazionali con gli Stati Uniti d'America

-    relativi alle tariffe aeree praticate dai vettori designati dagli Stati Uniti d'America su rotte intracomunitarie,

-    relativi ai CRS proposti o utilizzati sul territorio danese e

-    diretti a riconoscere agli Stati Uniti d'America il diritto di rifiutare o di revocare i diritti di traffico nei casi in cui i vettori aerei designati dal Regno di Danimarca non siano di proprietà di quest'ultimo o di cittadini danesi,

è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza degli artt. 5 e 52 del Trattato nonché dei regolamenti nn. 2409/92 e 2299/89.

Sulle spese

141.
    Ai sensi dell'art. 69, n. 2, del regolamento di procedura, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Poiché la Commissione ne ha fatto domanda, il Regno di Danimarca, rimasto sostanzialmente soccombente, va condannato alle spese.

142.
    Conformemente all'art. 69, n. 4, del regolamento di procedura, il Regno dei Paesi Bassi sopporta le proprie spese.

Per questi motivi,

LA CORTE

dichiara e statuisce:

1)    Il Regno di Danimarca, avendo assunto o avendo mantenuto in vigore, nonostante la rinegoziazione dell'accordo del 16 dicembre 1944 tra il Regno di Danimarca e gli Stati Uniti d'America, impegni internazionali con gli Stati Uniti d'America

    -    relativi alle tariffe aeree praticate dai vettori designati dagli Stati Uniti d'America su rotte intracomunitarie,

    -    relativi ai sistemi telematici di prenotazione proposti o utilizzati sul territorio danese e

    -    diretti a riconoscere agli Stati Uniti d'America il diritto di rifiutare o di revocare i diritti di traffico nei casi in cui i vettori aerei designati dal Regno di Danimarca non siano di proprietà di quest'ultimo o di cittadini danesi,

    è venuto meno agli obblighi ad esso incombenti in forza degli artt. 5 del Trattato CE (divenuto art. 10 CE) e 52 del Trattato CE (divenuto, in seguito a modifica, art. 43 CE) nonché dei regolamenti (CEE) del Consiglio 23 luglio 1992, n. 2409, sulle tariffe aeree per il trasporto di passeggeri e di merci, e 24 luglio 1989, n. 2299, relativo ad un codice di comportamento in materia di sistemi telematici di prenotazione, come modificato dal regolamento (CEE) del Consiglio 29 ottobre 1993, n. 3089.

2)    Per il resto, il ricorso è respinto.

3)    Il Regno di Danimarca è condannato alle spese.

4)    Il Regno dei Paesi Bassi sopporta le proprie spese.

Puissochet
Schintgen
Gulmann

Edward

La Pergola
Jann

Skouris

Macken
Colneric

von Bahr

Cunha Rodrigues

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 5 novembre 2002.

Il cancelliere

Il presidente

R. Grass

G.C. Rodríguez Iglesias


1: Lingua processuale: il danese.