Language of document : ECLI:EU:C:2010:534

SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

16 settembre 2010 (*)

«Politica sociale – Direttiva 96/34/CE – Accordo quadro sul congedo parentale – Interpretazione della clausola 2.1 dell’accordo quadro – Titolare del diritto al congedo parentale – Congedo parentale in caso di nascita di gemelli – Nozione di “nascita” – Presa in considerazione del numero di figli nati – Principio della parità di trattamento»

Nel procedimento C‑149/10,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 267 TFUE, dal Dioikitiko Efeteio Thessalonikis (Grecia) con decisione 15 marzo 2010, pervenuta in cancelleria il 29 marzo 2010, nella causa

Zoi Chatzi

contro

Ypourgos Oikonomikon,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta dal sig. A. Tizzano, presidente di sezione, dai sigg. E. Levits, M. Ilešič, M. Safjan e dalla sig.ra M. Berger (relatore), giudici,

avvocato generale: sig.ra J. Kokott

cancelliere: sig.ra L. Hewlett, amministratore principale

vista l’ordinanza del presidente della Corte in data 12 maggio 2010, che ha deciso di trattare la domanda pregiudiziale secondo un procedimento accelerato, ai sensi degli artt. 23 bis dello Statuto della Corte di giustizia dell’Unione europea e 104 bis, primo comma, del regolamento di procedura della Corte,

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 7 luglio 2010,

considerate le osservazioni presentate:

–        per il governo ellenico, dal sig. M. Apessos, dalle sig.re E.‑M. Mamouna, G. Papagianni e G. Papadaki, in qualità di agenti;

–        per il governo ceco, dal sig. M. Smolek, in qualità di agente;

–        per il governo tedesco, dal sig. C. Blaschke, in qualità di agente;

–        per il governo estone, dalla sig.ra M. Linntam, in qualità di agente;

–        per il governo cipriota, dalla sig.ra D. Kallí, in qualità di agente;

–        per il governo polacco, dal sig. M. Szpunar e dalla sig.ra J. Faldyga, in qualità di agenti;

–        per il governo del Regno Unito, dalla sig.ra E. Jenkinson e dal sig. R. Palmer, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, dalla sig.ra M. Patakia e dal sig. M. van Beek, in qualità di agenti,

sentito l’avvocato generale,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione della clausola 2.1 dell’accordo quadro sul congedo parentale, concluso il 14 dicembre 1995 (in prosieguo: l’«accordo quadro»), contenuto nell’allegato della direttiva del Consiglio 3 giugno 1996, 96/34/CE, concernente l’accordo quadro concluso dall’UNICE, dal CEEP e dalla CES (GU L 145, pag. 4), come modificata dalla direttiva del Consiglio 15 dicembre 1997, 97/75/CE (GU 1998, L 10, pag. 24; in prosieguo: la «direttiva 96/34»).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra la sig.ra Chatzi e il suo datore di lavoro, l’Ypourgos Oikonomikon (Ministero delle Finanze ellenico), sorta in merito ad una decisione del direttore dell’Ufficio delle Entrate n. 1 di Salonicco che le ha negato la concessione di un congedo parentale supplementare per la nascita di gemelli.

 Contesto normativo

 La normativa dell’Unione

3        La direttiva 96/34 è stata adottata in base alla procedura stabilita dall’art. 4, n. 2, dell’accordo sulla politica sociale, allegato al protocollo n. 14 sulla politica sociale, a sua volta allegato al Trattato che istituisce la Comunità europea dal Trattato sull’Unione europea (in prosieguo: l’«accordo sulla politica sociale»).

4        Il primo comma del preambolo dell’accordo quadro cui la direttiva 96/34 dà esecuzione stabilisce quanto segue:

«L’allegato accordo costituisce un impegno dell’UNICE, del CEEP e della CES a porre in atto prescrizioni minime sul congedo parentale e sull’assenza dal lavoro per cause di forza maggiore, inteso quale importante strumento per conciliare la vita professionale e quella familiare e per promuovere la parità di opportunità e di trattamento tra gli uomini e le donne».

5        I punti 4-6 e 9 delle considerazioni generali di tale accordo quadro sono formulati nei seguenti termini:

«4.      considerando che la Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali stabilisce, al punto 16 relativo alla parità di trattamento tra uomini e donne, che è opportuno sviluppare misure che consentano agli uomini e alle donne di conciliare meglio i loro obblighi professionali e familiari;

5.      considerando che la risoluzione del Consiglio del 6 dicembre 1994 riconosce che una politica effettiva di pari opportunità presuppone una strategia globale integrata, la quale consenta una migliore organizzazione degli orari di lavoro, una maggiore flessibilità e un più agevole ritorno alla vita professionale e prende atto del ruolo importante che svolgono le parti sociali sia in tale campo sia nell’offrire, agli uomini e alle donne, la possibilità di conciliare le loro responsabilità professionali e i loro obblighi familiari;

6.      considerando che le misure volte a conciliare la vita professionale [e] familiare dovrebbero promuovere l’introduzione di nuovi modi flessibili di organizzazione del lavoro e dell’orario, più adattati ai bisogni della società in via di mutamento, e rispondenti sia alle esigenze delle imprese che [a quelle] dei lavoratori;

(…)

9.      considerando che il presente accordo è un accordo quadro che stabilisce prescrizioni minime e disposizioni sul congedo parentale, distinto dal congedo di maternità, e sull’assenza dal lavoro per cause di forza maggiore e rinvia agli Stati membri e alle parti sociali per la determinazione di condizioni di accesso e di modalità di applicazione affinché si tenga conto della situazione particolare di ciascuno Stato membro».

6        La clausola 1 dell’accordo quadro così recita:

«1.      Il presente accordo stabilisce prescrizioni minime volte ad agevolare la conciliazione delle responsabilità professionali e familiari dei genitori che lavorano.

2.      Il presente accordo si applica a tutti i lavoratori, di ambo i sessi, aventi un contratto o un rapporto di lavoro definito dalla legge, da contratti collettivi o dalle prassi vigenti in ciascuno Stato membro».

7        La clausola 2, punti 1, 3 e 5, dell’accordo quadro dispone quanto segue:

«1.      Fatta salva la clausola 2.2, il presente accordo attribuisce ai lavoratori, di ambo i sessi, il diritto individuale al congedo parentale per la nascita o l’adozione di un bambino, affinché possano averne cura per un periodo minimo di tre mesi fino a un’età non superiore a 8 anni determinato dagli Stati membri e/o dalle parti sociali.

(…)

3.      Le condizioni di accesso e le modalità di applicazione del congedo parentale sono definite dalla legge e/o dai contratti collettivi negli Stati membri, nel rispetto delle prescrizioni minime del presente accordo. Gli Stati membri e/o le parti sociali possono in particolare:

a)      stabilire che il congedo parentale sia accordato a tempo pieno, a tempo parziale, in modo frammentato o nella forma di un credito di tempo;

(…)

c)      adeguare le condizioni di accesso e le modalità d’applicazione del congedo parentale alle circostanze particolari proprie dell’adozione;

(…)

5.      Al termine del congedo parentale, il lavoratore ha diritto di ritornare allo stesso posto di lavoro o, qualora ciò non sia possibile, ad un lavoro equivalente o analogo che corrisponde al suo contratto o al suo rapporto di lavoro».

8        Ai sensi della clausola 4.6 dell’accordo quadro:

«Fatto salvo il ruolo della Commissione, dei giudici nazionali e della Corte di giustizia, qualsiasi questione relativa all’interpretazione del presente accordo a livello europeo dovrebbe innanzitutto essere sottoposta dalla Commissione alle parti firmatarie, che esprimeranno un parere».

9        A norma dell’art. 2, n. 1, della direttiva 96/34, gli Stati membri dovevano mettere in vigore le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi a detta direttiva non oltre il 3 giugno 1998.

 La normativa nazionale

10      Dalla decisione di rinvio risulta che le disposizioni della direttiva 96/34 sono state progressivamente trasposte nell’ordinamento giuridico ellenico.

11      Il testo normativo applicabile ai fatti della causa principale è l’art. 53 del nuovo codice relativo allo statuto dei dipendenti civili della pubblica amministrazione e dei dipendenti delle persone giuridiche di diritto pubblico, nella versione risultante dalla legge n. 3528/2007.

12      Detto art. 53, rubricato «Agevolazioni concesse ai dipendenti pubblici aventi obblighi familiari», al suo n. 2 stabilisce quanto segue:

«L’orario di lavoro del dipendente pubblico genitore è ridotto di due ore al giorno se questi ha figli di età fino a due anni e di un’ora se ha figli di età dai due ai quattro anni. Qualora non opti per l’orario ridotto di cui al comma precedente, il dipendente pubblico genitore ha diritto ad un congedo parentale retribuito di nove mesi per accudire il figlio (…)».

13      Dalla decisione di rinvio si evince inoltre che le autorità elleniche interpretano questa disposizione nel senso che un dipendente pubblico genitore può usufruire di un congedo parentale solo fino al compimento del quarto anno d’età del figlio considerato.

 Causa principale e questioni pregiudiziali

14      La sig.ra Chatzi, ricorrente nella causa principale, è una dipendente pubblica dell’Ufficio delle Entrate n. 1 di Salonicco.

15      Il 21 maggio 2007 essa ha partorito dei gemelli.

16      Con decisione 27 giugno 2008, il direttore dell’Ufficio delle Entrate n. 1 di Salonicco le ha concesso, su sua istanza, un congedo parentale retribuito di nove mesi a decorrere dal 20 settembre 2007.

17      Il 30 gennaio 2009 essa ha poi presentato domanda per la concessione di un secondo congedo parentale retribuito di nove mesi a decorrere dal 1° marzo 2009, per il secondo dei figli gemelli. Il direttore dell’Ufficio delle Entrate n. 1 di Salonicco ha respinto tale domanda con decisione 14 maggio 2009.

18      La sig.ra Chatzi ha proposto un ricorso avverso questa decisione dinanzi al Dioikitiko Efeteio Thessalonikis (Corte d’appello amministrativa di Salonicco).

19      Il giudice del rinvio rileva che il Symvoulio tis Epikrateias (Consiglio di Stato) si è pronunciato nel 2008 nel senso che la gravidanza plurima di un pubblico dipendente non implica il sorgere di un diritto a tanti congedi parentali quanti sono i figli nati.

20      Tuttavia, il giudice del rinvio nutre dubbi sull’interpretazione che deve ricevere la direttiva 96/34 alla luce della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: la «Carta»), divenuta giuridicamente vincolante con l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, il 1° dicembre 2009.

21      In tali circostanze il Dioikitiko Efeteio Thessalonikis ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se sia possibile ritenere che con la clausola 2.1 [dell’accordo quadro], in combinato disposto con l’art. 24 della Carta (…), relativo ai diritti del minore, e tenendo conto dell’innalzamento del livello di tutela di tali diritti apportato dalla suddetta Carta, venga istituito parallelamente un diritto al congedo parentale anche in capo al figlio, di modo che accordare un unico congedo parentale in caso di nascita di gemelli integri una violazione dell’art. 21 della Carta (…) per discriminazione in base alla nascita e limitazione del diritto dei gemelli incompatibile con il principio di proporzionalità.

2)      In caso di risposta negativa alla questione sub 1), se il termine “nascita” di cui alla clausola 2.1 [dell’accordo quadro] debba essere interpretato nel senso che viene istituito in capo ai genitori lavoratori un doppio diritto al congedo parentale, fondato sul fatto che la gravidanza gemellare si conclude con due nascite consecutive (i due gemelli), oppure nel senso che il congedo parentale viene concesso per il solo fatto nascita, indipendentemente dal numero di figli che siano venuti al mondo, senza che in tale ultima ipotesi risulti violata l’uguaglianza dinanzi alla legge sancita dall’art. 20 della Carta».

 Sulle questioni pregiudiziali

 Osservazioni preliminari

 Sulla competenza della Corte ad interpretare l’accordo quadro

22      Il governo tedesco rileva che il diritto delle parti sociali di negoziare contratti collettivi, riconosciuto dall’art. 28 della Carta, e di concludere siffatti accordi vertenti su questioni di politica sociale suscettibili di essere attuate a livello dell’Unione europea mediante una decisione del Consiglio, ora sancito dall’art. 155 TFUE, implica che le parti sociali possano determinare autonomamente la portata di tali accordi, senza che sussista il rischio che essa sia estesa oltre i termini e le finalità dell’accordo di cui trattasi.

23      In proposito, occorre rilevare che l’idea della partecipazione delle parti sociali all’interpretazione dell’accordo quadro è espressa nella clausola 4.6 di quest’ultimo, secondo la quale qualsiasi questione relativa all’interpretazione di detto accordo a livello europeo dovrebbe innanzitutto essere sottoposta dalla Commissione alle parti firmatarie, che esprimeranno un parere. La Corte ha chiesto alla Commissione se le parti firmatarie dell’accordo quadro abbiano espresso un parere sui punti sollevati dal presente rinvio pregiudiziale e quest’ultima ha risposto negativamente. La Commissione ha spiegato che, da un lato, i vincoli temporali imposti dal procedimento accelerato erano incompatibili con una siffatta consultazione e che, dall’altro, tale consultazione non sarebbe stata né efficace né costruttiva, poiché le questioni oggetto del rinvio pregiudiziale non sono mai state esaminate a livello europeo.

24      Ad ogni modo, come precisa espressamente la clausola 4.6 dell’accordo quadro, la consultazione delle parti firmatarie di detto accordo fa salvo il rispettivo ruolo della Commissione, dei giudici nazionali e della Corte.

25      La Corte, da parte sua, trae la sua competenza ad interpretare le direttive dall’art. 267 TFUE. Ebbene, l’accordo quadro è senz’altro frutto di un dialogo condotto, sul fondamento dell’accordo sulla politica sociale, tra parti sociali a livello europeo, tuttavia è stato attuato, in conformità all’art. 4, n. 2 di tale accordo sulla politica sociale, da una direttiva del Consiglio, di cui è quindi parte integrante (v., in questo senso, sentenza 16 luglio 2009, causa C‑537/07, Gómez-Limón Sánchez-Camacho, Racc. pag. I‑6525, punto 34).

26      Se ne deduce che la competenza della Corte ad interpretare l’accordo quadro non differisce dalla sua competenza generale ad interpretare le altre disposizioni delle direttive.

 Sull’ambito di applicazione ratione personae dell’accordo quadro

27      Poiché la signora Chatzi ha lo status di dipendente pubblico, occorre in via preliminare verificare se la direttiva 96/34 e l’accordo quadro ad essa allegato siano applicabili anche ai dipendenti pubblici.

28      In proposito è d’uopo rilevare che le disposizioni di questi due atti non contengono alcuna indicazione che consenta di dedurre che dalla loro sfera di applicazione siano esclusi i dipendenti pubblici.

29      Al contrario, come emerge dal dettato stesso della clausola 1.2 dell’accordo quadro, l’ambito di applicazione di quest’ultimo è concepito estensivamente, riguardando in modo generico «tutti i lavoratori (…) aventi un contratto o un rapporto di lavoro definito dalla legge, da contratti collettivi o dalle prassi vigenti in ciascuno Stato membro». Inoltre, la clausola 2.1 dell’accordo quadro riguarda «i lavoratori», senza tracciare una distinzione in base alla circostanza che il datore di lavoro cui sono legati sia pubblico o privato, includendo in tal modo la totalità dei lavoratori [v., in merito all’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, che figura in allegato alla direttiva del Consiglio 28 giugno 1999, 1999/70/CE, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato (GU L 175, pag. 43), sentenze 4 luglio 2006, causa C‑212/04, Adeneler e a., Racc. pag. I‑6057, punti 54 e segg., nonché 7 settembre 2006, causa C‑180/04, Vassallo, Racc. pag. I‑7251, punto 32].

30      Questa interpretazione è ulteriormente corroborata dalla considerazione che, come emerge dal primo comma del preambolo e dal punto 4 delle considerazioni generali dell’accordo quadro, quest’ultimo mira, segnatamente, a promuovere la parità di trattamento tra uomini e donne in materia di impiego e di lavoro. Orbene, la Corte ha statuito che il principio della parità di trattamento tra uomini e donne, che rientra tra le disposizioni sociali del Trattato, ha una portata generale e si applica ai rapporti d’impiego nel settore pubblico (v., in questo senso, sentenze 2 ottobre 1997, causa C‑1/95, Gerster, Racc. pag. I‑5253, punto 18, e 11 gennaio 2000, causa C‑285/98, Kreil, Racc. pag. I‑69, punto 18).

 Sulla prima questione

31      Con la prima questione il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se la clausola 2.1 dell’accordo quadro possa essere interpretata nel senso che conferisce al figlio un diritto individuale al congedo parentale e che, pertanto, il diniego di un secondo congedo parentale in caso di nascita di gemelli integra una violazione dei diritti spettanti ai gemelli in forza dell’ordinamento giuridico dell’Unione.

32      Come hanno rilevato tutti gli interessati che hanno presentato osservazioni alla Corte, sia il tenore letterale dell’accordo quadro sia la sua finalità inducono a risolvere negativamente tale questione.

33      La clausola 2.1 dell’accordo quadro dispone infatti espressamente che il diritto individuale al congedo parentale è attribuito «ai lavoratori, di ambo i sessi». Parimenti, per quanto attiene all’ambito di applicazione dell’accordo quadro, la clausola 1.2 di detto accordo precisa che esso trova applicazione «a tutti i lavoratori, di ambo i sessi, aventi un rapporto di lavoro».

34      Risulta con chiarezza da tale formulazione che i titolari del diritto al congedo parentale sono i genitori, in qualità di lavoratori, e loro soltanto.

35      Siffatta interpretazione letterale è suffragata dalla finalità del congedo parentale.

36      Secondo la clausola 1.1 dell’accordo quadro, esso mira infatti «ad agevolare la conciliazione delle responsabilità professionali e familiari dei genitori che lavorano», obiettivo fissato, come ricorda il punto 4 delle considerazioni generali di detto accordo, dal punto 16 della Carta comunitaria dei diritti sociali fondamentali dei lavoratori, adottata in occasione della riunione del Consiglio europeo a Strasburgo il 9 dicembre 1989.

37      È con lo stesso obiettivo che il diritto al congedo parentale è stato inserito nell’art. 33, n. 2, della Carta, tra i diritti sociali fondamentali inclusi nel titolo IV, rubricato «Solidarietà».

38      L’art. 24 della Carta, cui si riferisce il giudice del rinvio, non inficia la suesposta analisi.

39      Detto articolo, contenuto nel titolo III della Carta, rubricato «Uguaglianza», dispone che i minori hanno diritto alla protezione e alle cure necessarie per il loro benessere. Questo diritto alla protezione e alle cure, tuttavia, non implica necessariamente il riconoscimento in capo a tali minori di un diritto individuale ad ottenere un congedo parentale per i loro genitori. È sufficiente che siffatto diritto sia conferito ai genitori stessi. A loro spettano infatti il diritto e il dovere di garantire l’educazione dei figli e sono loro che, a questo titolo, possono decidere il modo migliore per assolvere le loro responsabilità di genitori, scegliendo di usufruire o no di un congedo parentale.

40      Pertanto, la prima questione deve essere risolta dichiarando che la clausola 2.1 dell’accordo quadro non può essere interpretata nel senso che conferisce al figlio un diritto individuale al congedo parentale.

 Sulla seconda questione

41      Con la seconda questione il giudice del rinvio chiede in sostanza se la clausola 2.1 dell’accordo quadro possa essere interpretata nel senso che la nascita di gemelli conferisce il diritto a tanti congedi parentali quanti sono i figli nati, oppure se essa vada interpretata nel senso che tale nascita attribuisce il diritto ad un solo congedo parentale, al pari della nascita di un solo figlio.

42      Per costante giurisprudenza, ai fini dell’interpretazione di una norma di diritto comunitario si deve tener conto non soltanto della lettera della stessa, ma anche del suo contesto e degli scopi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte (v., in particolare, sentenze 7 dicembre 2006, causa C‑306/05, SGAE, Racc. pag. I‑11519, punto 34, e 19 novembre 2009, cause riunite C‑402/07 e C‑432/07, Sturgeon e a., Racc. pag. I-10923, punto 41).

43      Inoltre, secondo un principio ermeneutico generale, un atto comunitario dev’essere interpretato, nei limiti del possibile, in modo da non rimettere in discussione la sua validità e in conformità con l’insieme del diritto primario (v., in particolare, sentenze 22 maggio 2008, causa C‑361/06, Feinchemie Schwebda e Bayer CropScience, Racc. pag. I‑3865, punti 49 e 50, nonché Sturgeon e a., cit., punti 47 e 48), in particolare con il principio della parità di trattamento.

44      Questa giurisprudenza può essere trasposta agli accordi che, come l’accordo quadro, sono stati attuati da una direttiva del Consiglio, di cui fanno quindi parte integrante (v. punto 25 della presente sentenza).

 Sulla formulazione della clausola 2.1 dell’accordo quadro

45      Ai sensi della clausola 2.1 dell’accordo quadro, i lavoratori, di ambo i sessi, sono titolari di un «diritto individuale al congedo parentale (…) per la nascita o l’adozione di un bambino, affinché possano averne cura per un periodo minimo di tre mesi». L’art. 33, n. 2, della Carta è formulato in modo simile, in quanto dispone, in particolare, che «ogni persona ha il diritto (…) a un (…) congedo parentale dopo la nascita o l’adozione di un figlio».

46      I governi cipriota e del Regno Unito osservano che l’impiego del singolare («la nascita (…) di un bambino», «perché possano averne cura [di tale bambino]») suggerisce che il lavoratore ha diritto ad un congedo parentale distinto per ciascun bambino.

47      Secondo il governo cipriota, l’interpretazione per cui il criterio decisivo in base al quale viene conferito il diritto al congedo parentale è il bambino e non la nascita trova conferma nella sentenza 14 aprile 2005, causa C‑519/03, Commissione/Lussemburgo (Racc. pag. I‑3067, punto 47), nella quale la Corte ha dichiarato che la formulazione secondo cui il congedo parentale è attribuito «per la nascita» di un bambino non fa che riflettere il fatto che la concessione del congedo parentale è subordinata alla condizione che un bambino sia nato.

48      Questa interpretazione letterale non è scevra da dubbi.

49      Non si può infatti escludere che l’impiego del singolare nella clausola 2.1 dell’accordo quadro abbia valore non numerico bensì generico, e che tale singolare non stabilisca una correlazione tra il numero di figli e il numero di congedi parentali, ma designi invece l’insieme dei figli come categoria di persone idonee a far sorgere il diritto ad un congedo parentale.

50      Per quanto riguarda la portata della citata sentenza Commissione/Lussemburgo, dalla lettura del suo punto 47 risulta che, interpretando la clausola 2.1 dell’accordo quadro nel senso che la concessione del congedo parentale è subordinata non alla nascita quanto alla condizione che un bambino sia nato, la Corte ha voluto indicare che il diritto al congedo parentale non si ricollega alla data della nascita e che non è necessario che la nascita del bambino sia avvenuta dopo l’entrata in vigore della direttiva 96/34 nello Stato membro interessato. In tal modo la Corte si è pronunciata sull’applicazione nel tempo della direttiva 96/34 e non sulla questione se, in caso di nascita plurima, occorra concedere tanti congedi parentali quanti sono i figli nati.

51      Quindi, per quanto attiene alla soluzione della questione in esame, occorre constatare che la formulazione della clausola 2.1 dell’accordo quadro è ambigua e, di per sé, non consente di fornire una soluzione alla questione sottoposta dal giudice del rinvio.

52      Si deve quindi prendere in considerazione la finalità della normativa di cui fa parte tale disposizione.

 Sul contesto e sugli obiettivi della direttiva 96/34

53      Dalla clausola 2.1 dell’accordo quadro risulta che il congedo parentale mira ad offrire ai genitori la possibilità di avere cura dei figli.

54      Il governo cipriota ritiene che il congedo parentale sia correlato alla capacità del genitore di dedicarsi interamente al figlio. Di conseguenza, in caso di figli gemelli, il fatto di doversi occupare di ogni figlio giustificherebbe la concessione di un distinto congedo per ciascuno di loro.

55      Questa disamina è contestata dai governi ellenico, ceco, tedesco, estone e polacco, secondo i quali il numero di figli di cui il genitore deve occuparsi nel corso di tale periodo non incide sulla finalità del congedo parentale. A loro parere, nel caso di figli gemelli il genitore deve rispondere immediatamente e simultaneamente alle loro esigenze. Dato che la differenza tra la sua situazione e quella del genitore di un figlio solo risiederebbe unicamente nell’intensità dei compiti da svolgere, e non nella loro durata, un raddoppio del congedo parentale non sarebbe giustificato.

56      Come risulta dal primo comma del preambolo dell’accordo quadro e dal punto 5 delle sue considerazioni generali, detto accordo quadro costituisce un impegno delle parti sociali a porre in atto, con prescrizioni minime, misure per promuovere la parità di opportunità e di trattamento tra gli uomini e le donne, offrendo loro la possibilità di conciliare le loro responsabilità professionali con gli impegni familiari (sentenza 22 ottobre 2009, causa C‑116/08, Meerts, Racc. pag. I‑10063, punto 35).

57      In quest’ottica, l’accordo quadro consente ai neo-genitori di interrompere l’attività professionale per dedicarsi alle responsabilità familiari, con la garanzia, sancita nella clausola 2.5 di tale accordo, che, al termine di detto congedo, ritroveranno il loro posto di lavoro. Per un periodo liberamente stabilito da ogni Stato membro nel rispetto di una durata minima di tre mesi e secondo modalità lasciate alla discrezionalità dei legislatori nazionali, i neo-genitori hanno così la possibilità di fornire al figlio l’assistenza che la sua età richiede e di organizzare la vita familiare nella prospettiva del loro ritorno alla vita professionale.

58      Per quanto riguarda la questione se, alla luce di questa finalità, i genitori di gemelli possano pretendere tanti congedi parentali quanti sono i figli nati, occorre rilevare, come hanno osservato i governi ellenico, ceco, tedesco, estone e polacco, che il surplus di oneri che i genitori di figli gemelli devono affrontare è di ordine quantitativo, nel senso che devono rispondere simultaneamente alle necessità di due figli, ma che tale sforzo supplementare non si estende più a lungo nel tempo, poiché i gemelli, in linea di principio, attraversano nello stesso momento le medesime fasi di sviluppo.

59      Pertanto, il raddoppio della durata del congedo parentale non rappresenta necessariamente l’unico mezzo adeguato cui possono ricorrere gli Stati membri per agevolare l’organizzazione della vita familiare e della vita professionale dei genitori di gemelli: occorre invece tener conto del complesso del sistema in cui si collocano le misure destinate a fornire una risposta alle difficoltà incontrate da tali genitori.

60      Questa conclusione è corroborata dalla considerazione che, visto il carattere de minimis delle prescrizioni dell’accordo quadro e l’ampio margine discrezionale che ne risulta per gli Stati membri quando attuano il congedo parentale, le misure nazionali di trasposizione variano considerevolmente da uno Stato membro all’altro.

61      Ciò considerato, occorre dichiarare che la clausola 2.1 dell’accordo quadro, considerato il contesto in cui si colloca e la finalità perseguita da tale accordo, non impone, in caso di nascita di gemelli, l’automatico riconoscimento di un diritto a tanti congedi parentali quanti sono i figli nati.

62      Restano tuttavia da esaminare le implicazioni che può presentare la situazione dei genitori di gemelli rispetto al principio della parità di trattamento.

 Sul principio della parità di trattamento

63      Il rispetto del principio della parità di trattamento, che fa parte dei principi generali del diritto dell’Unione e il cui carattere fondamentale è sancito dall’art. 20 della Carta, riveste, nell’attuazione del diritto al congedo parentale, un’importanza ancora maggiore, in considerazione del fatto che anche di questo diritto sociale l’art. 33, n. 2, della Carta riconosce il carattere fondamentale.

64      Tale principio esige che situazioni paragonabili non siano trattate in maniera diversa e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, salvo che ciò non risulti obiettivamente giustificato (v., in particolare, sentenze 5 giugno 2008, causa C‑164/07, Wood, Racc. pag. I‑4143, punto 13, nonché Sturgeon e a., cit., punto 48).

65      In quest’ottica, la Commissione sostiene che i genitori di gemelli si trovano in una situazione paragonabile a quella dei genitori di bambini che hanno tra loro una lieve differenza d’età, in quanto in entrambi i casi i genitori devono allevare contemporaneamente i figli. Pertanto, alla stregua di questi ultimi genitori, essi dovrebbero usufruire di un autonomo congedo parentale per ciascun figlio.

66      Orbene, il criterio di confronto impiegato dalla Commissione pone in evidenza la difficoltà che s’incontra nel definire il gruppo delle persone a cui possono essere paragonati i genitori di gemelli. Tale criterio riposa infatti su un elemento difficilmente quantificabile, quello della «lieve differenza d’età».

67      Peraltro, pur essendo innegabile che il compito di allevare gemelli implica maggiori sforzi e, quindi, non è paragonabile alla cura di un solo figlio, non si può neppure trascurare che la circostanza che i gemelli crescono e si sviluppano parallelamente comporta effetti di sinergia e che, pertanto, il compito di allevarli non è necessariamente paragonabile a quello di allevare due figli di età differenti.

68      Pertanto, è d’uopo dichiarare che i genitori di gemelli si trovano in una situazione particolare che deve essere presa in considerazione innanzitutto dal legislatore nazionale quando adotta i provvedimenti per trasporre la direttiva 96/34.

69      In questo contesto occorre nuovamente sottolineare, come ricordano le clausole 1.1 e 2.1 dell’accordo quadro, che quest’ultimo si limita a enunciare prescrizioni minime. Oltre ad essere liberi di fissare, con il solo limite del rispetto di una soglia minima di tre mesi, la durata del congedo parentale, gli Stati membri godono di piena discrezionalità nella determinazione delle condizioni di accesso e delle modalità di tale congedo. La clausola 2.3 dell’accordo quadro rinvia in proposito alla legge e/o ai contratti collettivi negli Stati membri, e tale rinvio, a norma del punto 9 delle considerazioni generali dell’accordo quadro, è giustificato dalla preoccupazione di tener conto della situazione di ciascuno Stato membro.

70      In tal modo gli Stati membri, nel rispetto della soglia minima di tre mesi di durata del congedo parentale prevista dall’accordo quadro, possono definire le modalità temporali dell’esercizio di tale congedo. Questo margine discrezionale implica in particolare che gli Stati membri, quando decidono di istituire un congedo parentale più lungo del congedo minimo previsto dall’accordo quadro, possono stabilire regole speciali per i casi di nascite di figli consecutive.

71      Ne consegue che il legislatore nazionale dispone di un ampio margine di manovra nel definire il regime di congedo parentale applicabile ai genitori di gemelli, di modo che tali genitori possano godere di un trattamento che tenga debitamente conto delle loro peculiari esigenze.

72      In quest’ottica occorre rilevare che, in generale, una durata significativamente più lunga di quella minima prevista dall’accordo quadro e una certa flessibilità lasciata ai genitori nel prendere tale congedo in funzione dell’età del figlio sono atte a consentire un miglior assorbimento del surplus di oneri correlato all’educazione di gemelli. Parimenti, modalità di applicazione che, in conformità al punto 6 delle considerazioni generali dell’accordo quadro, lascino ampio spazio a modi flessibili di organizzazione del lavoro sono idonee a facilitare la conciliazione delle esigenze della vita professionale con i particolari vincoli che comporta l’educazione di gemelli.

73      Tuttavia è altresì possibile ideare e adottare altre misure idonee a rispondere alle particolari esigenze dei genitori di gemelli, quali un aiuto materiale, sotto forma, ad esempio, di diritto d’accesso a strutture di assistenza all’infanzia, o un aiuto economico, in forma, in particolare, di specifiche prestazioni che consentano una libera scelta del modo in cui accudire i figli.

74      Spetta al giudice nazionale, il solo competente a valutare i fatti della controversia di cui è investito, verificare se il complesso della normativa nazionale offra sufficienti possibilità per far fronte, in una determinata fattispecie, alle particolari esigenze che si presentano ai genitori di gemelli nella loro vita professionale e familiare.

75      Alla luce delle considerazioni che precedono occorre risolvere la seconda questione dichiarando che la clausola 2.1 dell’accordo quadro non deve essere interpretata nel senso che la nascita di gemelli conferisce un diritto a tanti congedi parentali quanti sono i figli nati. Tuttavia tale clausola, letta alla luce del principio della parità di trattamento, obbliga il legislatore nazionale ad istituire un regime di congedo parentale che, in funzione della situazione esistente nello Stato membro interessato, garantisca ai genitori di gemelli un trattamento che tenga debitamente conto delle loro particolari esigenze. È compito del giudice nazionale verificare se la normativa nazionale risponda a tale requisito e, all’occorrenza, fornire un’interpretazione di tale normativa nazionale quanto più possibile conforme al diritto dell’Unione.

 Sulle spese

76      Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

1)      La clausola 2.1 dell’accordo quadro sul congedo parentale, concluso il 14 dicembre 1995, contenuto nell’allegato della direttiva del Consiglio 3 giugno 1996, 96/34/CE, concernente l’accordo quadro concluso dall’UNICE, dal CEEP e dalla CES, come modificata dalla direttiva del Consiglio 15 dicembre 1997, 97/75/CE, non può essere interpretata nel senso che conferisce al figlio un diritto individuale al congedo parentale.

2)      La clausola 2.1 di detto accordo quadro non deve essere interpretata nel senso che la nascita di gemelli conferisce un diritto a tanti congedi parentali quanti sono i figli nati. Tuttavia tale clausola, letta alla luce del principio della parità di trattamento, obbliga il legislatore nazionale ad istituire un regime di congedo parentale che, in funzione della situazione esistente nello Stato membro interessato, garantisca ai genitori di gemelli un trattamento che tenga debitamente conto delle loro particolari esigenze. È compito del giudice nazionale verificare se la normativa nazionale risponda a tale requisito e, all’occorrenza, fornire un’interpretazione di tale normativa nazionale quanto più possibile conforme al diritto dell’Unione.

Firme


* Lingua processuale: il greco.