Language of document : ECLI:EU:C:2016:69

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MACIEJ SZPUNAR

presentate il 2 febbraio 2016 (1)

Causa C‑421/14

Banco Primus SA

contro

Jesús Gutiérrez García

[domanda di pronuncia pregiudiziale, proposta dallo Juzgado de Primera Instancia n. 2 de Santander (Tribunale di primo grado n. 2 di Santander, Spagna)]

«Clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori – Direttiva 93/13/CEE – Contratto di mutuo ipotecario – Disposizione nazionale transitoria che prevede un termine di decadenza per proporre un incidente di opposizione all’esecuzione fondato sul carattere abusivo di una clausola – Principio di effettività – Clausola dell’esigibilità anticipata – Clausola relativa al computo degli interessi ordinari – Obblighi del giudice nazionale»





I –          Introduzione

1.        La Corte, nella causa in esame, viene nuovamente investita di una domanda pregiudiziale relativa all’interpretazione della direttiva 93/13/CEE (2) nell’ambito di un contratto di mutuo ipotecario.

2.        In una controversia avente ad oggetto un incidente straordinario di opposizione al procedimento di esecuzione su un immobile ipotecato (in prosieguo: il «procedimento di esecuzione ipotecaria») con il quale il debitore eccepisce il carattere abusivo di una clausola contrattuale, le questioni pregiudiziali sottoposte alla Corte dallo Juzgado de Primera Instancia n. 2 de Santander (Tribunale di primo grado n. 2 di Santander) vertono sui criteri di valutazione del carattere abusivo di talune clausole del contratto e sulla portata degli obblighi del giudice nazionale nell’ambito di tale valutazione. La Corte si trova quindi di fronte a una tematica che si inserisce in una giurisprudenza già assai copiosa, ma che si configura in modo inedito, in quanto l’incidente di opposizione di cui trattasi offre al giudice del rinvio l’opportunità di verificare d’ufficio altre clausole contrattuali non costituenti oggetto dell’opposizione.

3.        In tale contesto, la Corte è chiamata a stabilire, in particolare, se la tutela garantita dagli articoli 6 e 7 della direttiva 93/13 implichi che l’esistenza di un primo controllo d’ufficio vertente su una o più clausole contrattuali limita l’obbligo del giudice nazionale di rilevare d’ufficio il carattere abusivo di altre clausole del contratto in una fase successiva del procedimento.

II – Contesto normativo

A –    Il diritto dell’Unione

4.        Il diciannovesimo considerando della direttiva 93/13 ha il seguente tenore:

«[C]onsiderando che, ai fini della presente direttiva, la valutazione del carattere abusivo non deve vertere su clausole che illustrano l’oggetto principale del contratto o il rapporto qualità/prezzo della fornitura o della prestazione; che, nella valutazione del carattere abusivo di altre clausole si può comunque tener conto dell’oggetto principale del contratto e del rapporto qualità/prezzo; (…)».

5.        L’articolo 4 della direttiva in parola così dispone:

«1.      Fatto salvo l’articolo 7, il carattere abusivo di una clausola contrattuale è valutato tenendo conto della natura dei beni o servizi oggetto del contratto e facendo riferimento, al momento della conclusione del contratto, a tutte le circostanze che accompagnano detta conclusione e a tutte le altre clausole del contratto o di un altro contratto da cui esso dipende.

2.     La valutazione del carattere abusivo delle clausole non verte né sulla definizione dell’oggetto principale del contratto, né sulla perequazione tra il prezzo e la remunerazione, da un lato, e i servizi o i beni che devono essere forniti in cambio, dall’altro, purché tali clausole siano formulate in modo chiaro e comprensibile».

6.        L’articolo 6, paragrafo 1, della citata direttiva prevede quanto segue:

«Gli Stati membri prevedono che le clausole abusive contenute in un contratto stipulato fra un consumatore ed un professionista non vincolano il consumatore, alle condizioni stabilite dalle loro legislazioni nazionali, e che il contratto resti vincolante per le parti secondo i medesimi termini, sempre che esso possa sussistere senza le clausole abusive».

7.        Secondo l’articolo 7, paragrafo 1, della medesima direttiva:

«Gli Stati membri, nell’interesse dei consumatori e dei concorrenti professionali, provvedono a fornire mezzi adeguati ed efficaci per far cessare l’inserzione di clausole abusive nei contratti stipulati tra un professionista e dei consumatori».

B –    Il diritto spagnolo

8.        La legge 1/2013, recante misure destinate a rafforzare la tutela dei debitori ipotecari, e relativa alla ristrutturazione del debito e agli alloggi popolari (Ley 1/2013 de medidas para reforzar la protección a los deudores hipotecarios, reestructuración de deuda y alquiler social), del 14 maggio 2013 (3), ha modificato il codice di procedura civile (Ley de enjuiciamiento civil; in prosieguo: il«codice di procedura civile»), del 7 gennaio 2000 (4).

9.        Il procedimento di esecuzione ipotecaria è disciplinato dagli articoli da 681 a 698 del codice di procedura civile. L’articolo 695 del codice di procedura civile, anche nella versione risultante dalla legge 1/2013, così recita:

«1.      Nei procedimenti di cui al presente capo l’opposizione del debitore esecutato è accolta solo quando sia basata sui seguenti motivi:

(…)

(4)      il carattere abusivo di una clausola contrattuale costituente il fondamento dell’esecuzione o che abbia consentito di determinare l’importo esigibile.

(…)

4.     Contro l’ordinanza che dispone l’improcedibilità dell’esecuzione o la disapplicazione di una clausola abusiva può proporsi ricorso in appello.

Al di fuori di tali ipotesi, le ordinanze che decidono sull’opposizione cui si riferisce il presente articolo non sono impugnabili con nessun ricorso e i loro effetti sono circoscritti esclusivamente al procedimento di esecuzione in cui sono emesse».

10.      In forza dell’articolo 556, paragrafo 1, del codice di procedura civile, l’opposizione ai sensi dell’articolo 695 del codice di procedura civile, anche nella versione risultante dalla legge 1/2013, deve essere proposta entro dieci giorni a decorrere dalla notifica dell’atto che dispone l’esecuzione. Detto termine è applicabile alle esecuzioni ipotecarie in quanto un riferimento al predetto termine è contenuto nell’articolo 557 del codice di procedura civile, anch’esso modificato dalla legge 1/2013, relativo al procedimento di opposizione all’esecuzione fondato su titoli privi di carattere giudiziario o arbitrale (fra i quali rientrano, in particolare, gli atti pubblici in materia di mutuo ipotecario che costituiscono titolo per le esecuzioni ipotecarie).

11.      Secondo l’articolo 693, paragrafo 2, del codice di procedura civile, come formulato nella legge 1/2013, relativo all’esigibilità anticipata dei debiti a pagamento rateizzato:

«2.      Se il contratto prevede che in caso di mancato pagamento di almeno tre rate mensili o di un numero di rate corrispondenti ad un inadempimento da parte del debitore del proprio obbligo di pagamento per un periodo pari ad almeno tre mesi, e purché tale accordo figuri nell’atto di costituzione del prestito, il creditore può esigere il pagamento complessivo di quanto dovutogli a titolo di capitale e interessi».

12.      La prima disposizione transitoria della legge 1/2013 così dispone:

«La presente legge si applica ai procedimenti giudiziari o stragiudiziali in materia di esecuzione ipotecaria pendenti alla data dell’entrata in vigore della legge, purché non sia stato ancora dato corso allo sfratto».

13.      La quarta disposizione transitoria della legge 1/2013 (in prosieguo: la «quarta disposizione transitoria») riguarda i procedimenti di esecuzione avviati prima dell’entrata in vigore della legge 1/2013 e non ancora conclusi. Tale disposizione è formulata come segue:

«1.      Le modifiche del codice di procedura civile introdotte dalla presente legge si applicano ai procedimenti di esecuzione già avviati alla data dell’entrata in vigore della stessa, con riguardo unicamente agli atti esecutivi la cui realizzazione è pendente.

2.     In ogni caso, nei procedimenti di esecuzione in corso alla data di entrata in vigore della presente legge nei quali sia decorso il termine di dieci giorni per l’opposizione previsto all’articolo 556, paragrafo 1, del codice di procedura civile, le parti esecutate dispongono di un termine di decadenza di un mese per formulare un incidente straordinario di opposizione basandosi sui nuovi motivi di opposizione previsti all’articolo 557, paragrafo 1, punto 7 e all’articolo 695, paragrafo 1, punto 4, del codice di procedura civile.

Il termine di decadenza di un mese decorre dal giorno successivo a quello di entrata in vigore della presente legge, e la proposizione ad opera delle parti dell’incidente di opposizione ha come effetto la sospensione del procedimento fino alla risoluzione dell’incidente, conformemente a quanto previsto dagli articoli 558 e seguenti e 695 del codice di procedura civile.

La presente disposizione transitoria si applica a tutti i procedimenti di esecuzione che non si siano conclusi con l’immissione nel possesso dell’immobile a favore dell’acquirente, conformemente a quanto previsto dall’articolo 675 del codice di procedura civile.

3.     Parimenti, nei procedimenti di esecuzione in corso, nei quali, alla data di entrata in vigore della presente legge, abbia già cominciato a decorrere il termine di dieci giorni per proporre opposizione previsto all’articolo 556, paragrafo 1, del codice di procedura civile, le parti esecutate dispongono del medesimo termine di decadenza di un mese, di cui al paragrafo precedente, per formulare opposizione basata sull’esistenza di un qualsivoglia motivo di opposizione previsto agli articoli 557 e 695 del codice di procedura civile.

4.     La pubblicazione della presente disposizione ha carattere di comunicazione piena e valida agli effetti della notificazione e del computo dei termini di cui ai paragrafi 2 e 3 del presente articolo e non è, pertanto, necessario in alcun caso adottare una decisione espressa al tal fine.

(…)».

14.      Inoltre, l’articolo 136 del codice di procedura civile così dispone:

«La parte che lasci decorrere il termine entro il quale deve proporre un atto processuale incorre nella decadenza e perde la possibilità di proporre l’atto di cui trattasi. Il cancelliere prende atto del decorso del termine, dispone le misure necessarie o ne dà comunicazione al giudice affinché quest’ultimo si pronunci come ritiene opportuno».

15.      L’articolo 207 del codice di procedura civile dispone quanto segue:

«(…)

3.      Le decisioni definitive hanno autorità di cosa giudicata e il giudice dinanzi al quale si è svolto il procedimento che ha condotto alla loro emanazione è tenuto in ogni caso alla loro osservanza.

4.      Decorsi i termini previsti per proporre ricorso, qualsiasi decisione che non sia stata impugnata diviene definitiva e acquisisce autorità di cosa giudicata, pertanto il giudice dinanzi al quale si è svolto il procedimento che ha condotto alla sua emanazione è tenuto in ogni caso alla sua osservanza».

16.      L’articolo 222, paragrafo 1, del codice di procedura civile dispone che «[l]’autorità di cosa giudicata propria delle sentenze definitive, che accolgano o respingano la domanda, esclude, secondo la legge, qualsiasi successivo procedimento il cui oggetto sia identico a quello del procedimento in cui tale autorità è stata acquisita».

III – Fatti del procedimento principale, questioni preiudiziali e procedimento dinanzi alla Corte

17.      Il 12 giugno 2008 il Banco Primus SA (in prosieguo: il «Banco Primus») ha concesso al sig. Gutiérrez García un mutuo assistito da una garanzia ipotecaria sulla sua abitazione. Tale mutuo è stato concesso per una durata di 47 anni, con un rimborso suddiviso in 564 rate mensili.

18.      Il 23 marzo 2010, a causa del mancato adempimento, da parte del convenuto nel procedimento principale, dell’obbligo di versare sette mensilità consecutive di rimborso di tale prestito, l’istituto bancario, in applicazione della clausola dell’esigibilità anticipata contenuta nel contratto di mutuo, ha chiesto l’intero pagamento del capitale maggiorato degli interessi ordinari e moratori e di varie spese nonché la vendita all’asta del bene ipotecato.

19.      L’11 gennaio 2011 ha avuto luogo la predetta vendita all’asta, rimasta deserta. Pertanto, il giudice del rinvio, con decisione esecutiva del 21 marzo 2011, ha aggiudicato il bene al Banco Primus per la somma di EUR 78 482,34, che rappresentava il 50% del valore stimato dell’immobile. Il 6 aprile 2011 il Banco Primus ha chiesto l’entrata in godimento di tale bene, differita a causa di tre incidenti successivi, l’ultimo dei quali concluso con decisione dell’8 aprile 2014, che poneva fine al procedimento incidentale di sospensione dello sfratto.

20.      L’11 giugno 2014 il sig. Gutiérrez García, in forza dell’articolo 695 del codice di procedura civile, ha proposto un incidente straordinario di opposizione al procedimento di esecuzione ipotecaria, adducendo quale motivazione il carattere abusivo della clausola del contratto di mutuo relativa agli interessi moratori. Quest’ultima, tuttavia, era già stata oggetto di un controllo d’ufficio al termine del quale tali interessi, con ordinanza del 12 giugno 2013, erano stati ridotti a zero (5).

21.      Il giudice del rinvio, con decisione del 16 giugno 2014, ha dichiarato la proposizione dell’opposizione e ha sospeso il procedimento di esecuzione ipotecaria, informandone la Corte con lettera del 29 settembre 2014.

22.      Nell’ambito dell’esame dell’opposizione, detto giudice ha rilevato che avrebbero potuto essere ritenute abusive, ai sensi della direttiva 93/13, talune clausole del contratto di mutuo diverse da quella relativa agli interessi moratori, ossia, da un lato, la clausola relativa all’esigibilità anticipata, in base alla quale il Banco Primus può esigere il rimborso immediato del capitale, degli interessi e di varie spese segnatamente in caso di mancato pagamento, alla data convenuta, di qualsiasi importo dovuto in via principale, degli interessi o degli anticipi, e, dall’altro, la clausola relativa agli interessi ordinari, che prevede il computo di questi ultimi in base a una formula che divide il capitale restante dovuto e gli interessi maturati per il numero di giorni compresi in un anno commerciale, ossia 360 giorni.

23.      Tuttavia, l’opposizione è stata proposta solo dopo circa un anno dallo scadere del termine di decadenza fissato dalla quarta disposizione transitoria. Pertanto, tale disposizione osterebbe, nella fattispecie, all’esame, da parte del giudice del rinvio, di talune clausole del contratto di mutuo che potrebbero essere ritenute abusive, ai sensi della direttiva 93/13. Il giudice del rinvio nutre comunque dubbi circa la compatibilità della predetta disposizione con la direttiva 93/13. Detto giudice cerca altresì di ottenere chiarimenti riguardo ai criteri di valutazione del carattere abusivo di talune clausole e agli obblighi del giudice nazionale qualora questi abbia constatato l’esistenza di una clausola abusiva.

24.      Date tali circostanze, lo Juzgado de Primera Instancia n. 2 de Santander (Tribunale di primo grado n. 2 di Santander), con decisione del 10 settembre 2014, pervenuta alla cancelleria della Corte nella stessa data, ha deciso di mantenere la sospensione del procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      a)      Se la quarta disposizione transitoria (…) debba essere interpretata nel senso che essa non può costituire un ostacolo alla tutela del consumatore.

b)      Se, ai sensi della direttiva [93/13], e, segnatamente, dei suoi articoli 6, paragrafo 1, e 7, paragrafo 1, al fine di assicurare la tutela dei consumatori in conformità ai principi di equivalenza ed effettività, al consumatore sia consentito denunciare la presenza di clausole abusive oltre il termine previsto a tal fine dal diritto nazionale, in modo che il giudice nazionale sia tenuto a esaminarle.

c)      Se, ai sensi della direttiva [93/13], e, segnatamente, dei suoi articoli 6, paragrafo 1, e 7, paragrafo 1, al fine di assicurare la tutela dei consumatori in conformità ai principi di equivalenza ed effettività, il giudice nazionale debba rilevare d’ufficio l’esistenza di una clausola abusiva, traendo le opportune conseguenze dalle sue constatazioni. Se debba riprendere d’ufficio l’esame di una clausola che, in precedenza, aveva rifiutato di esaminare o di cui aveva dichiarato il carattere non abusivo con decisione avente autorità di cosa giudicata.

2)      Se il giudice che controlla il carattere abusivo di condizioni accessorie del contratto possa tener conto del rapporto qualità/prezzo e secondo quali criteri. Se al momento di eseguire tale controllo, detto giudice debba tener conto dei limiti di prezzo imposti dalla normativa nazionale. Se una clausola contrattuale, astrattamente valida, perda tale validità in quanto stabilisce un prezzo notevolmente superiore a quello di mercato.

3)      Se ai fini dell’articolo 4 della direttiva [93/13] sia possibile tenere conto delle circostanze successive alla conclusione del contratto, qualora l’analisi della normativa nazionale porti a concludere in tal senso.

4)      a)     Se l’articolo 693, paragrafo 2, del codice di procedura civile spagnolo, modificato dalla legge 1/2013, debba essere interpretato nel senso che esso non può ostacolare la tutela dell’interesse del consumatore.

b)      Se, ai sensi della direttiva [93/13], e, segnatamente, dei suoi articoli 6, paragrafo 1, e 7, paragrafo 1, al fine di assicurare la tutela dei consumatori in conformità ai principi di equivalenza e di effettività, quando un giudice nazionale accerti la sussistenza di una clausola abusiva relativa all’esigibilità anticipata debba dichiararla nulla e non apposta a qualsiasi fine, anche quando il professionista abbia atteso il decorrere del periodo minimo previsto dalla normativa nazionale».

25.      Il giudice del rinvio ha chiesto alla Corte di sottoporre la causa a procedimento accelerato, in applicazione dell’articolo 105, paragrafo 1, del regolamento di procedura della Corte. Tale richiesta è stata respinta con ordinanza dell’11 novembre 2014, per il motivo che, in particolare, come lo stesso giudice ha comunicato alla Corte con lettera del 29 settembre 2014, questi ha sospeso il procedimento di esecuzione con decisione del 16 giugno 2014, cosicché il sig. Gutiérrez García non incorre nel rischio imminente di perdere la sua abitazione.

26.      Hanno presentato osservazioni scritte il Banco Primus, il governo spagnolo e la Commissione europea.

27.      Il governo spagnolo e la Commissione hanno svolto difese orali nel corso dell’udienza tenutasi il 24 settembre 2015.

IV – Analisi

A –    Sulla ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale

28.      Nelle sue osservazioni scritte il governo spagnolo mette in discussione la ricevibilità delle questioni sollevate sulla base del rilievo che le risposte della Corte non sarebbero utili al giudice del rinvio ai fini della definizione della controversia di cui è investito. Infatti, tale giudice non sarebbe più competente in quanto ha concluso il procedimento di esecuzione disponendo lo sfratto del debitore e degli altri occupanti con un’ordinanza avente autorità di cosa giudicata dell’8 aprile 2014.

29.      Il Banco Primus non eccepisce espressamente l’irricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale, ma deduce argomenti analoghi.

30.      Non ritengo che le questioni sollevate dal giudice del rinvio possano essere dichiarate irricevibili. Infatti, la descrizione della normativa nazionale, da parte del giudice del rinvio, consente di comprendere con chiarezza che il procedimento di esecuzione ipotecaria di cui trattasi non è concluso. La quarta disposizione transitoria dispone che tale legge è applicabile «a tutti i procedimenti di esecuzione che non si siano conclusi con l’immissione nel possesso dell’immobile a favore dell’acquirente». Il procedimento di esecuzione non è concluso in quanto l’entrata in godimento dell’immobile non ha avuto luogo, circostanza confermata dallo stesso governo spagnolo nelle sue osservazioni scritte (6).

31.      Inoltre, la quarta disposizione transitoria consente proprio di rimettere in discussione una decisione esecutiva divenuta definitiva per la scadenza del termine ordinario di opposizione prima dell’entrata in vigore di tale legge.

32.      Pertanto, la presunzione di pertinenza di cui beneficiano le domande di pronuncia pregiudiziale non è superata dalle obiezioni espresse dal governo spagnolo e dal Banco Primus (7) e le questioni pregiudiziali sono quindi ricevibili nel loro insieme.

B –    Nel merito

1.      Sulla prima questione

a)      Sulla prima questione, sub a) e b)

33.      Con la prima questione, sub a) e b), il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se, tenuto conto dei principi di equivalenza e di effettività, gli articoli 6 e 7 della direttiva 93/13 ostino a una disposizione procedurale transitoria nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che assoggetta i consumatori a un termine di decadenza di un mese, a decorrere dal giorno successivo a quello della pubblicazione della legge che contiene tale disposizione, per proporre un’opposizione fondata sul carattere asseritamente abusivo di clausole contrattuali nell’ambito di un procedimento di esecuzione ipotecaria in corso.

34.      La Corte ha recentemente analizzato una questione sostanzialmente identica nell’ambito della causa BBVA (8), nella quale ho concluso, il 13 maggio 2015 (9), per l’illegittimità del temine di decadenza istituito dalla legge 1/2013. Seguendo tale posizione, la Corte, nella sentenza BBVA (C‑8/14, EU:C:2015:731), ha dichiarato che «gli articoli 6 e 7 della direttiva 93/13 devono essere interpretati nel senso che ostano a una disposizione nazionale transitoria (…) che assoggetta i consumatori nei confronti dei quali è stato avviato un procedimento di esecuzione ipotecaria prima della data di entrata in vigore della legge che contiene tale disposizione e non concluso a tale data a un termine di decadenza di un mese calcolato a partire dal giorno successivo alla pubblicazione di tale legge per proporre opposizione all’esecuzione forzata sul fondamento del carattere asseritamente abusivo di clausole contrattuali».

35.      Poiché la legittimità di tale termine è già stata rimessa in discussione dalla Corte, le presenti conclusioni riguarderanno, quindi, soltanto gli aspetti non ancora esaminati nell’ambito della causa BBVA (10). Per gli altri aspetti, rinvio alla sentenza della Corte nonché alle mie conclusioni in tale causa.

b)      Sulla prima questione, sub c)

i)      Osservazioni preliminari

36.      Prima di procedere all’analisi di tale questione, mi sembra opportuno ricordare che, in seguito alla pronuncia della sentenza Aziz (11), la legge 1/2013 ha modificato gli articoli del codice di procedura civile relativi, in particolare, al procedimento di esecuzione dei beni ipotecati o sottoposti a pegno per adeguare il procedimento di esecuzione ipotecaria a tale giurisprudenza. Più precisamente, il legislatore spagnolo ha modificato il codice di procedura civile, da un lato, consentendo al giudice dell’esecuzione di esaminare d’ufficio, in qualsiasi momento della procedura, il carattere abusivo delle clausole contrattuali (12) e, dall’altro, aggiungendo un nuovo motivo di opposizione fondato sul carattere abusivo di una clausola contrattuale costituente il fondamento dell’esecuzione o che abbia consentito di determinare l’importo esigibile (13).

37.      È in tale contesto che occorre esaminare la prima questione, sub c), sollevata dal giudice del rinvio.

ii)    Riformulazione della prima questione, sub c)

38.      Il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se, ai sensi degli articoli 6 e 7 della direttiva 93/13, il giudice nazionale sia tenuto a controllare d’ufficio l’esistenza di clausole abusive, anche qualora non abbia eseguito, in precedenza, siffatto controllo o abbia concluso che tali clausole non erano abusive con una decisione avente autorità di cosa giudicata in forza del diritto nazionale.

39.      Nell’ambito di tale questione, il giudice del rinvio prevede due ipotesi, ossia quella in cui il giudice nazionale non abbia controllato, in precedenza, una clausola e quella in cui abbia dichiarato che tale clausola non era abusiva in un’ordinanza nazionale avente autorità di cosa giudicata.

40.      Osservo, tuttavia, in base al fascicolo nazionale depositato nella cancelleria della Corte, che, nel testo della decisione nazionale citata dal giudice del rinvio, ossia l’ordinanza del 12 giugno 2013, tale giudice si è limitato a constatare d’ufficio il carattere abusivo della clausola relativa agli interessi moratori, senza pronunciarsi sulle altre clausole del contratto e senza neppure menzionarle (14). Pertanto, escluderò dalla mia analisi il secondo scenario al quale fa riferimento la questione sollevata dal giudice del rinvio, in quanto presenta un carattere manifestamente ipotetico.

41.      Per tale motivo, non posso aderire all’argomento dedotto dal governo spagnolo nelle sue osservazioni scritte, secondo il quale il giudice del rinvio pretenderebbe di esaminare nuovamente il titolo ipotecario in base al quale si è giunti alla conclusione della mancanza di clausole abusive nell’ambito di un’ordinanza avente autorità di cosa giudicata (15).

42.      Per rispondere utilmente agli interrogativi del giudice del rinvio e nello spirito di cooperazione di cui la Corte deve dare dimostrazione nei confronti del giudice nazionale, propongo di riformulare la questione nel senso che essa mira a stabilire se la tutela garantita dagli articoli 6 e 7 della direttiva 93/13 implichi che l’esistenza di un primo controllo d’ufficio, vertente su una o più clausole contrattuali, limita l’obbligo del giudice nazionale di rilevare d’ufficio il carattere abusivo delle altre clausole del contratto in una fase successiva del procedimento.

43.      Esaminerò ora tale questione, richiamando, in via preliminare, la giurisprudenza pertinente della Corte.

iii) Breve richiamo della giurisprudenza pertinente

44.      Mi sembra importante ricordare, anzitutto, che, secondo una giurisprudenza costante, il sistema di tutela istituito con la direttiva 93/13 si fonda sull’idea che il consumatore si trova in una posizione di inferiorità nei confronti del professionista per quanto riguarda sia il potere negoziale sia il livello di informazione (16).

45.      La Corte ha costantemente dichiarato che, in considerazione di siffatta situazione di inferiorità, l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 prevede che le clausole abusive non vincolano il consumatore. Si tratta di una norma imperativa che mira a sostituire all’equilibrio formale che il contratto determina fra i diritti e gli obblighi delle parti, un equilibrio reale, finalizzato a ristabilire l’uguaglianza delle parti stesse (17).

46.      Quanto all’obbligo di controllare d’ufficio le clausole abusive (18), la Corte, in un primo tempo, ha riconosciuto la facoltà del giudice nazionale di esercitare siffatto controllo (19) per dichiarare, in un secondo tempo, che il giudice nazionale è tenuto ad esaminare d’ufficio il carattere abusivo di una clausola contrattuale che ricade nell’ambito di applicazione della direttiva 93/13 e, in tal modo, ad ovviare allo squilibrio esistente tra i contraenti a partire dal momento in cui dispone degli elementi di diritto e di fatto necessari (20). La Corte ha quindi trasformato la facoltà del giudice nazionale di controllare d’ufficio il carattere abusivo delle clausole contrattuali in un obbligo ad esso incombente. Tale evoluzione implica che il ruolo così attribuito al giudice nazionale dal diritto dell’Unione nel settore della tutela dei consumatori «non si limita alla semplice facoltà di pronunciarsi sull’eventuale natura abusiva di una clausola contrattuale, bensì comporta parimenti l’obbligo di esaminare d’ufficio tale questione» (21).

47.      Occorre inoltre ricordare che la giustificazione di siffatto obbligo è basata sulla natura e sull’importanza dell’interesse pubblico su cui si fonda la tutela che la direttiva 93/13 garantisce ai consumatori (22). Il giudice adito ha dunque il compito di garantire l’effetto utile della tutela cui mirano le disposizioni di tale direttiva.

48.      Pertanto, sono del parere che, nel contesto della direttiva 93/13, la circostanza che il giudice nazionale, dopo essere stato validamente adito, non abbia controllato una clausola contrattuale in una fase processuale determinata non gli impedisce di controllare altre clausole in una fase processuale successiva (23).

49.      Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, propongo di rispondere alla prima questione pregiudiziale, sub c), sollevata dal giudice del rinvio, nel senso che la tutela garantita ai consumatori dagli articoli 6 e 7 della direttiva 93/13 implica che l’esistenza di un primo controllo d’ufficio, vertente su una o più clausole contrattuali, non può limitare l’obbligo del giudice nazionale di rilevare d’ufficio il carattere abusivo delle altre clausole del contratto in una fase successiva del procedimento.

2.      Sulla seconda e sulla terza questione

50.      Con tali due questioni, che occorre analizzare congiuntamente, il giudice del rinvio, in sostanza, chiede chiarimenti alla Corte sui criteri di valutazione del carattere abusivo delle clausole relative al computo degli interessi ordinari e all’esigibilità anticipata, come quelle stipulate nel contratto di cui trattasi nel procedimento principale, nonché sugli obblighi incombenti al giudice nazionale, in forza dell’articolo 4 della direttiva 93/13, per sapere se, nell’esaminare siffatte clausole contrattuali, quest’ultimo debba tener conto del rapporto qualità/prezzo della fornitura o della prestazione risultante dall’intero contratto di mutuo, dei limiti di prezzo imposti dalla normativa nazionale e delle circostanze successive alla conclusione del contratto.

51.      Per rispondere a tali questioni, inizierò col ricordare i criteri generali di valutazione del carattere abusivo delle clausole contrattuali, quali sono stati stabiliti dalla Corte nella sua giurisprudenza. Esaminerò in seguito, alla luce di tale giurisprudenza, da un lato, la clausola relativa agli interessi ordinari con riferimento all’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13 e, dall’altro, la clausola dell’esigibilità anticipata con riferimento all’articolo 4, paragrafo 1, di tale direttiva.

a)      Richiamo della giurisprudenza sui criteri di valutazione del carattere abusivo delle clausole contrattuali

52.      In primo luogo, la Corte ha più volte sottolineato di essere competente, da un lato, a interpretare la nozione di «clausola abusiva», di cui all’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13 e all’allegato di quest’ultima, e, dall’altro, a stabilire i criteri che il giudice nazionale può o deve applicare in sede di esame di una clausola contrattuale alla luce di tale direttiva. Per contro, la Corte ha dichiarato che spetta al giudice nazionale pronunciarsi, tenendo conto di tali criteri, sulla qualificazione concreta di una specifica clausola contrattuale in base alle circostanze proprie del procedimento principale (24). L’esame completo delle conseguenze che la clausola in questione può avere nell’ambito del diritto applicabile al contratto implica un esame del sistema giuridico nazionale al quale può procedere soltanto il giudice nazionale (25). Incombe altresì a tale giudice decidere sul carattere abusivo delle clausole controverse (26), in quanto la Corte deve limitarsi a fornire al giudice del rinvio le indicazioni che quest’ultimo dovrebbe prendere in considerazione al fine di valutare il carattere abusivo della clausola di cui trattasi (27).

53.      In secondo luogo, la Corte ha rilevato che, riferendosi alle nozioni di «buona fede» e di «significativo squilibrio» a danno del consumatore tra i diritti e gli obblighi delle parti derivanti dal contratto, l’articolo 3, paragrafo 1, della direttiva 93/13 definisce solo in modo astratto gli elementi che conferiscono carattere abusivo ad una clausola contrattuale che non è stata oggetto di negoziato individuale (28).

54.      Al riguardo, come ha sottolineato l’avvocato generale Kokott nelle sue conclusioni, presentate nella causa Aziz (29), la Corte ha precisato che, per appurare se una clausola determini, a danno del consumatore, un «significativo squilibrio» tra i diritti e gli obblighi delle parti derivanti dal contratto, occorre tener conto, in particolare, delle disposizioni applicabili nel diritto nazionale in mancanza di un accordo tra le parti in un caso analogo. Secondo la Corte, tale analisi comparatistica consente al giudice nazionale di valutare se, ed eventualmente in che misura, il contratto collochi il consumatore in una situazione giuridica meno favorevole rispetto a quella prevista dal vigente diritto nazionale. Inoltre, essa rileva che risulta opportuno procedere, a tali fini, a un esame della situazione giuridica in cui versa il citato consumatore alla luce dei mezzi che la disciplina nazionale mette a sua disposizione per far cessare il ricorso a clausole abusive (30).

55.      In terzo luogo, per chiarire quali siano le circostanze in cui un tale squilibrio sia creato «malgrado il requisito della buona fede», la Corte ha dichiarato che occorre constatare che, alla luce del sedicesimo considerando della direttiva 93/13, a tale fine il giudice nazionale deve verificare se il professionista, qualora avesse trattato in modo leale ed equo con il consumatore, avrebbe potuto ragionevolmente aspettarsi che quest’ultimo aderisse ad una siffatta clausola nell’ambito di un negoziato individuale (31).

56.      Peraltro, la Corte ha ricordato che l’allegato, cui rinvia l’articolo 3, paragrafo 3, della direttiva 93/13, contiene solo un elenco indicativo e non esaustivo di clausole che possono essere dichiarate abusive (32). Essa ha precisato che, conformemente all’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 93/13, il carattere abusivo di una clausola contrattuale deve essere valutato tenendo conto della natura dei beni o servizi oggetto del contratto e facendo riferimento, al momento della conclusione del contratto, a tutte le circostanze che accompagnano detta conclusione. Ne discende che, in questo contesto, devono altresì essere valutate le conseguenze che detta clausola può avere nell’ambito del diritto applicabile al contratto, il che implica un esame del sistema giuridico nazionale (33).

57.      È alla luce di tali criteri generali che il giudice del rinvio deve valutare il carattere abusivo della clausola relativa al computo degli interessi ordinari e della clausola relativa all’esigibilità anticipata, alle quali tale giudice si riferisce.

b)      Sulla clausola relativa agli interessi ordinari

58.      La clausola 3 del contratto controverso prevede che «la formula matematica che consente di ottenere, a partire dal tasso di interesse nominale annuo, l’ammontare degli interessi maturati per ogni periodo è la seguente: C x d x r/360 x 100; legenda: C = il capitale restante dovuto all’inizio del periodo di liquidazione; d = il numero dei giorni da cui è formato il periodo di liquidazione; r = il tasso di interesse nominale annuo. (…) Per il computo degli interessi, l’anno si ritiene formato da 360 giorni».

59.      La clausola controversa rientra nella categoria delle clausole di cui all’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13 e che sono quindi escluse dall’esame del giudice nazionale. Tuttavia, tale articolo consente di controllare tali clausole contrattuali unicamente nel caso in cui le medesime non siano redatte in modo chiaro e comprensibile, come avviene nel procedimento principale.

60.      Il giudice del rinvio e la Commissione nutrono dubbi sul fatto che la clausola controversa, in quanto basata su una formula matematica complessa di cui il consumatore medio non coglie probabilmente la portata, risponda ai requisiti redazionali e di trasparenza di cui all’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13. In particolare, la Commissione sottolinea che il computo di tali interessi, basato su un anno commerciale di 360 giorni, comporta un aumento del tasso di interesse rispetto a quello che risulterebbe da un calcolo riferito all’anno civile di 365 giorni (34).

61.      Pertanto, se il giudice del rinvio giunge alla conclusione che tale clausola non è redatta in modo chiaro e comprensibile e che, per questo motivo, essa rientra nell’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13, sarà suo compito esaminarla alla luce dei criteri generali di valutazione richiamati ai paragrafi da 52 a 56 delle presenti conclusioni e, più precisamente, verificare se, con riferimento a tali criteri, la clausola controversa determini, a danno del consumatore, un significativo squilibrio tra i diritti e gli obblighi delle parti derivanti dal contratto. Pertanto, tale valutazione deve essere effettuata con riferimento alle norme nazionali applicabili in mancanza di un accordo tra le parti, e ai mezzi che la disciplina nazionale mette a disposizione del consumatore per far cessare il ricorso a questo tipo clausole.

62.      Nell’effettuare tale valutazione, il giudice nazionale deve prendere in considerazione tutti i criteri stabiliti all’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 93/13, vale a dire, tenendo conto della natura dei beni o servizi oggetto del contratto e facendo riferimento, al momento della conclusione del contratto, a tutte le circostanze che accompagnano detta conclusione e a tutte le altre clausole del contratto o di un altro contratto da cui esso dipende. A tal proposito, può essere importante, in particolare, tener conto dei limiti di prezzo imposti dalla normativa nazionale nonché accertare se tale formula di calcolo sia incompatibile con un’altra norma suppletiva di diritto spagnolo.

63.      La valutazione del giudice del rinvio deve essere volta, inoltre, a chiarire quali siano le circostanze in cui si crea un eventuale squilibrio «malgrado il requisito della buona fede». Ricordo, a tal riguardo, che da una giurisprudenza costante emerge che il requisito della buona fede implica che il professionista, qualora abbia trattato in modo leale ed equo con il consumatore, potrebbe ragionevolmente aspettarsi che quest’ultimo aderisca ad una siffatta clausola nell’ambito di un negoziato individuale (35).

64.      Dal fascicolo di cui dispone la Corte si evince comunque che l’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13 non è stato recepito dal legislatore nazionale. Se ciò corrisponde al vero, ricordo che la mancata attuazione nel diritto interno implica che, autorizzando la possibilità di un controllo giurisdizionale completo del carattere abusivo delle clausole, come quelle di cui all’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13, previste da un contratto concluso tra un professionista e un consumatore, la normativa spagnola di cui trattasi nel procedimento principale consente di garantire al consumatore, conformemente all’articolo 8 della direttiva 93/13 (36), un livello di tutela effettiva più elevato di quello stabilito da quest’ultima (37), e ciò anche se detta clausola verte sull’oggetto principale del contratto o sul rapporto qualità/prezzo della prestazione.

c)      Sulla clausola relativa all’esigibilità anticipata

65.      La clausola 6 bis del contratto controverso (38) consente all’istituto bancario di esigere il rimborso anticipato del capitale nonché il pagamento degli interessi e di varie spese in caso di mancato pagamento di una qualsiasi parte del capitale e degli interessi (39).

66.      Come ha dichiarato la Corte nella sentenza Aziz (40), tale clausola deve essere esaminata alla luce di taluni criteri. Spetta in particolare al giudice del rinvio verificare, in primo luogo, se la facoltà riconosciuta al professionista di dichiarare esigibile il prestito nella sua interezza dipenda dal mancato adempimento da parte del consumatore di un obbligo che presenta un carattere essenziale nel contesto del rapporto contrattuale in oggetto, in secondo luogo, se tale facoltà sia prevista per le ipotesi in cui siffatto inadempimento riveste un carattere sufficientemente grave rispetto alla durata e all’importo del prestito, in terzo luogo, se detta facoltà deroghi alle norme applicabili in materia e, infine, in quarto luogo, se il diritto nazionale preveda mezzi adeguati ed efficaci che consentano al consumatore che subisce l’applicazione di tale clausola di ovviare agli effetti di tale esigibilità del prestito (41).

67.      Nell’ambito della verifica dei criteri richiamati al paragrafo precedente, il giudice del rinvio nutre dubbi quanto alla possibilità di far valere la prevedibilità o meno dell’inadempimento alla luce dell’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 93/13. Più precisamente, tale giudice rileva che la mancanza di gravità dell’inadempimento in questione lo induce a interrogarsi, sotto il profilo del terzo criterio citato, sulla possibilità di tener conto – per valutare se la clausola controversa collochi il consumatore in una situazione meno favorevole di quella prevista dalle disposizioni suppletive – di circostanze successive alla conclusione del contratto, e quindi a interrogarsi sulla prevedibilità o meno dell’inadempimento, considerato che l’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 93/13 fa riferimento alle circostanze che accompagnano la conclusione del contratto «al momento della sua conclusione».

68.      Secondo detto giudice, il diritto spagnolo avrebbe consentito, in mancanza di una clausola in senso contrario, di procedere alla risoluzione anticipata del contratto, a condizione che fosse stato possibile prevedere (circostanza successiva alla conclusione del contratto) che il consumatore si sarebbe reso responsabile di un inadempimento grave (42). Pertanto, sebbene il mancato pagamento di sette rate mensili su un totale di 564 non fosse, secondo il giudice del rinvio, sufficientemente grave, tale inadempimento avrebbe reso una simile mancata esecuzione prevedibile (43).

69.      Per quanto attiene alle norme suppletive che consentono di valutare l’esistenza di uno squilibrio significativo tra le parti, come richiesto dalla giurisprudenza, mi sembra che il giudice nazionale possa tener conto della normativa in vigore al momento della conclusione del contratto come circostanza che accompagna tale conclusione. Infatti, a mio avviso, l’articolo 4, paragrafo 1, della direttiva 93/13 consente di tener conto delle circostanze successive alla conclusione del contratto, purché il rinvio a siffatte circostanze future risulti dall’esame della normativa nazionale suppletiva al momento della conclusione del contratto.

70.      Tuttavia, va osservato, come ha fatto valere giustamente la Commissione, che le circostanze che accompagnano la conclusione di un contratto includono altresì le circostanze future facilmente prevedibili e le circostanze già in atto, ma conosciute unicamente da una delle parti. Al riguardo, nell’esaminare il carattere abusivo della clausola controversa si dovrebbe tener conto delle previsioni relative all’evoluzione dei mercati, che il consumatore ignora, ma che possono essere ben note al professionista.

d)      Sulla possibilità per il giudice nazionale di tener conto del rapporto qualità‑prezzo in sede di controllo del carattere abusivo delle clausole contrattuali

71.      Per quanto riguarda la possibilità per il giudice nazionale di tener conto del rapporto qualità‑prezzo in sede di controllo del carattere abusivo delle clausole contrattuali, il governo spagnolo ha fatto valere, nelle sue osservazioni scritte che, conformemente all’articolo 4, paragrafo 2, della direttiva 93/13, l’esame del rapporto qualità‑prezzo in sede di controllo del carattere abusivo di una clausola è possibile solo se tale clausola non è redatta in modo chiaro e comprensibile, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.

72.      Non concordo con tale argomento. Occorre ricordare, anzitutto, che si tratta, nella fattispecie, non già dell’esame di una clausola relativa al rapporto qualità‑prezzo della prestazione, bensì della possibilità per il giudice nazionale di tener conto in generale del rapporto qualità‑prezzo in sede di controllo del carattere abusivo delle clausole contrattuali. Ricordo, a tal proposito, che il diciannovesimo considerando della direttiva 93/13 stabilisce che, anche se la valutazione del carattere abusivo non deve vertere su clausole che illustrano l’oggetto principale del contratto o il rapporto qualità‑prezzo di una fornitura o di una prestazione, nella valutazione del carattere abusivo di altre clausole si può comunque tener conto dell’oggetto principale del contratto e del rapporto qualità‑prezzo Pertanto, nulla vieta che il giudice nazionale prenda in considerazione tale fattore.

e)      Conclusione intermedia

73.      Si deve giungere alla conclusione che, nell’esaminare il carattere eventualmente abusivo della clausola relativa all’esigibilità anticipata, come quella stipulata nel contratto in discussione nel procedimento principale, spetta al giudice nazionale verificare, in primo luogo, se il ricorso a tale clausola dipenda dal mancato adempimento, da parte del consumatore, di un obbligo essenziale del contratto, in secondo luogo, se tale inadempimento sia sufficientemente grave rispetto alla durata e all’importo del prestito, in terzo luogo, se esso deroghi alle norme nazionali suppletive applicabili in materia e, in quarto luogo, se il diritto nazionale preveda mezzi adeguati ed efficaci che consentano ai consumatori di ovviare agli effetti di siffatta clausola.

74.      Inoltre, l’articolo 4 della direttiva 93/13 deve essere interpretato nel senso che spetta al giudice nazionale, in sede di esame delle clausole contrattuali, prendere in considerazione il rapporto qualità‑prezzo della fornitura o della prestazione risultante dall’intero contratto di mutuo, i limiti di prezzo imposti dalla normativa nazionale, le circostanze future facilmente prevedibili e quelle già in atto, ma conosciute unicamente da una delle parti al momento della conclusione del contratto, nonché le circostanze successive a tale conclusione, purché il rinvio a siffatte circostanze future risulti dall’esame della normativa nazionale al momento della conclusione del contratto.

3.      Sulla quarta questione

75.      Con la sua quarta questione, il giudice del rinvio, in sostanza, chiede chiarimenti alla Corte, da un lato, sulla questione se la direttiva 93/13 debba essere interpretata nel senso che essa osta a una disposizione nazionale, quale l’articolo 693, paragrafo 2, del codice di procedura civile, relativa all’esigibilità anticipata nell’ambito di un contratto di mutuo ipotecario e, dall’altro, sull’obbligo per il giudice nazionale di dichiarare nulla e non apposta una clausola relativa all’esigibilità anticipata, dopo averne constatato il carattere abusivo, anche quando il creditore abbia effettivamente rispettato le condizioni previste da tale disposizione nazionale.

76.      Per quanto riguarda, in primo luogo, la conformità dell’articolo 693, paragrafo 2, del codice di procedura civile alla direttiva 93/13, ricordo anzitutto che, ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2, di tale direttiva, «[l]e clausole contrattuali che riproducono disposizioni legislative o regolamentari imperative (…) non sono soggette alle disposizioni della [predetta] direttiva». Inoltre, conformemente al tredicesimo considerando della medesima direttiva, l’articolo 1, paragrafo 2, della direttiva 93/13 «comprende anche le regole che per legge [nazionale] si applicano tra le parti contraenti allorché non è stato convenuto nessun altro accordo».

77.      Ciò premesso la questione preliminare è se l’articolo 693, paragrafo 2, del codice di procedura civile rientri nell’ambito di applicazione della direttiva 93/13.

78.      Al riguardo, dalla decisione di rinvio emerge, anzitutto, che la clausola controversa, che riprende l’articolo 693, paragrafo 2, del codice di procedura civile, nella versione precedente, non riproduce una disposizione legislativa o regolamentare «imperativa». Inoltre, dalla decisione di rinvio e dalle osservazioni del governo spagnolo e della Commissione emerge che tale articolo non è neppure una disposizione di carattere suppletivo, in quanto non può essere applicato in mancanza di accordo tra il professionista e il consumatore. Al contrario, tale articolo precisa che, per poter produrre effetti, è necessario un accordo espresso tra le parti (44). Nella versione modificata dalla legge 1/2013, tale articolo consente all’istituto bancario di ricorrere al procedimento di esecuzione ipotecaria per reclamare l’intero debito a titolo di capitale e di interessi, in caso di mancato pagamento di almeno tre rate mensili, purché tale clausola figuri nell’atto ipotecario costituente titolo esecutivo.

79.      Pertanto, se è certamente vero che l’articolo 693, paragrafo 2, del codice di procedura civile, nella versione precedente alla legge 1/2013 (45), è ripreso nel contratto in discussione nel procedimento principale, più precisamente nella clausola controversa, relativa all’esigibilità anticipata, osservo che, nonostante la sua natura legislativa o regolamentare, tale disposizione nazionale non ha carattere né imperativo né suppletivo. Risulta quindi che, conformemente al tredicesimo considerando della direttiva 93/13, tale disposizione non rientra nell’articolo 1, paragrafo 2, di tale direttiva, che deve essere quindi applicata (46).

80.      Si deve considerare che, per in fatto che l’articolo 693, paragrafo 2, del codice di procedura civile non osta a che il giudice nazionale, di fronte a una clausola abusiva, possa svolgere la sua funzione escludendo tale clausola, la direttiva 93/13 non impedisce l’applicazione di siffatta disposizione nazionale (47). Tuttavia, dato che tale disposizione richiede un accordo espresso tra le parti, dal suo tenore sembra emergere che tale norma non sia applicabile in mancanza di siffatto accordo.

81.      A mio avviso, dalle suesposte considerazioni risulta che la direttiva 93/13 deve essere interpretata nel senso che essa non osta a una disposizione nazionale relativa all’esigibilità anticipata nell’ambito di un contratto di mutuo ipotecario in quanto, anzitutto, tale disposizione non ha carattere né imperativo né suppletivo, inoltre, la sua applicazione dipende unicamente da un accordo tra le parti, oltre a ciò, essa non pregiudica la valutazione, da parte del giudice nazionale investito di un procedimento di esecuzione ipotecaria di tale contratto, del carattere abusivo della clausola relativa all’esigibilità anticipata e, infine, essa non osta a che tale giudice escluda detta clausola qualora dovesse concludere per il suo carattere abusivo, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, di tale direttiva (48).

82.      Per quanto riguarda, in secondo luogo, la questione se la disapplicazione, sin dal primo mancato pagamento, da parte dell’istituto bancario, di una clausola di cui il giudice nazionale ha accertato il carattere abusivo, renda non necessario il controllo giurisdizionale di tale clausola, il giudice del rinvio considera che la clausola 6 bis del contratto di mutuo in discussione nel procedimento principale, che prevede l’esigibilità anticipata del prestito ipotecario in caso di ritardo nel rimborso, costituisce una clausola abusiva.

83.      Tale giudice si basa sul fatto che tale clausola contrattuale consente all’istituto bancario di creare una situazione di squilibrio significativo a danno del consumatore, in quanto dispone che tale istituto può esigere il rimborso immediato del capitale, degli interessi e di varie spese, in particolare, in caso di mancato pagamento alla data convenuta di qualsiasi importo dovuto a titolo di capitale, di interessi o di anticipi. Il giudice del rinvio sottolinea, al riguardo, che l’istituto bancario ha 564 occasioni per produrre effetti giuridici incompatibili con i requisiti della buona fede. In altri termini, tale clausola consente alla banca non solo di reclamare l’intero debito maturato imponendo, al contempo, diversi oneri, ma anche di avviare un procedimento giurisdizionale straordinario e sommario che limita i mezzi di ricorso.

84.      Osservo, come è stato ricordato al paragrafo 44 delle presenti conclusioni, che il sistema di tutela istituito con la direttiva 93/13 si fonda sull’idea che il consumatore si trova in una posizione di inferiorità nei confronti del professionista per quanto riguarda sia il potere negoziale sia il livello di informazione (49). Pertanto, e al fine di garantire l’effetto dissuasivo dell’articolo 7 della direttiva 93/13, le prerogative del giudice nazionale che constata l’esistenza di una clausola abusiva, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, di tale direttiva, non possono dipendere dall’applicazione o meno di tale clausola in concreto (50).

85.      Nella fattispecie, il fatto che l’istituto bancario abbia avviato il procedimento di esecuzione ipotecaria soltanto dopo il mancato pagamento di sette mensilità consecutive è un elemento di fatto che non deve essere preso in considerazione nella valutazione di una clausola contrattuale diretta, in realtà, a consentire all’istituto bancario di procedere all’esecuzione ipotecaria in caso di mancato pagamento di una sola mensilità. Osservo, al riguardo, che, nel settore della tutela dei consumatori, un comportamento ragionevole in un contesto contrattuale abusivo non può far venire meno il carattere abusivo di una clausola.

86.      Inoltre, da una giurisprudenza costante emerge che l’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 93/13 non può essere interpretato nel senso che esso consente al giudice nazionale, nel caso in cui accerti l’esistenza di una clausola abusiva inserita in un contratto stipulato tra un professionista e un consumatore, di rivedere il contenuto di detta clausola invece di escluderne semplicemente l’applicazione nei confronti di quest’ultimo (51). Tale possibilità è stata ammessa dalla Corte solo in caso di annullamento di un contratto nel suo insieme, per evitare conseguenze particolarmente dannose alle quali il consumatore potrebbe essere esposto (52), ipotesi che non ricorre nel procedimento principale, in quanto la clausola controversa è accessoria e separabile dalle restanti clausole del contratto di mutuo.

87.      Pertanto, ritengo che la direttiva 93/13 debba essere interpretata nel senso che una disposizione nazionale relativa all’esigibilità anticipata come quella di cui trattasi nel procedimento principale non osti all’obbligo, per il giudice nazionale, di dichiarare una clausola nulla e non apposta, dopo averne constatato il carattere abusivo, anche quando il creditore abbia effettivamente rispettato le condizioni previste da una disposizione nazionale.

V –    Conclusione

88.      Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, propongo alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali sollevate dallo Juzgado de Primera Instancia n. 2 de Santander (Tribunale di primo grado n. 2 di Santander) nei seguenti termini:

1)         La tutela garantita ai consumatori dagli articoli 6 e 7 della direttiva 93/13/CEE del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, implica che l’esistenza di un primo controllo d’ufficio, vertente su una o più clausole contrattuali, non può limitare l’obbligo del giudice nazionale di rilevare d’ufficio il carattere abusivo delle altre clausole del contratto in una fase successiva del procedimento.

2)         Nell’esaminare il carattere eventualmente abusivo di una clausola relativa all’esigibilità anticipata, come quella stipulata nel contratto in discussione nel procedimento principale, spetta al giudice nazionale verificare, in primo luogo, se il ricorso a tale clausola dipenda dal mancato adempimento, da parte del consumatore, di un obbligo essenziale del contratto, in secondo luogo, se tale inadempimento sia sufficientemente grave rispetto alla durata e all’importo del prestito, in terzo luogo, se detto inadempimento deroghi alle norme nazionali suppletive applicabili in materia e, in quarto luogo, se il diritto nazionale preveda mezzi adeguati ed efficaci che consentano ai consumatori di ovviare agli effetti di siffatta clausola.

3)         L’articolo 4 della direttiva 93/13 deve essere interpretato nel senso che spetta al giudice nazionale, in sede di esame delle clausole contrattuali, prendere in considerazione il rapporto qualità‑prezzo della fornitura o della prestazione risultante dall’intero contratto di mutuo, i limiti di prezzo imposti dalla normativa nazionale, le circostanze future facilmente prevedibili e quelle già in atto, ma conosciute unicamente da una delle parti al momento della conclusione del contratto, nonché le circostanze successive a tale conclusione, purché il rinvio a siffatte circostanze future risulti dall’esame della normativa nazionale al momento della conclusione del contratto.

4)         La direttiva 93/13 deve essere interpretata nel senso che:

–        da un lato, essa non osta a una disposizione nazionale relativa all’esigibilità anticipata nell’ambito di un contratto di mutuo ipotecario, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, in quanto, anzitutto, tale disposizione non ha carattere né imperativo né suppletivo, inoltre, la sua applicazione dipende unicamente da un accordo tra le parti, oltre a ciò, essa non pregiudica la valutazione, da parte del giudice nazionale investito di un procedimento di esecuzione ipotecaria di tale contratto, del carattere abusivo della clausola relativa all’esigibilità anticipata e, infine, essa non osta a che tale giudice escluda detta clausola qualora dovesse concludere per il suo carattere abusivo, ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 1, di tale direttiva, e

–        dall’altro lato, la medesima disposizione non osta all’obbligo, per il giudice nazionale, di dichiarare una clausola nulla e non apposta, dopo averne constatato il carattere abusivo, anche quando il creditore abbia effettivamente rispettato le condizioni previste da una disposizione nazionale.


1 – Lingua originale: il francese.


2 – Direttiva del Consiglio, del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (GU L 95, pag. 29).


3 – BOE n. 116, del 15 maggio 2013, pag. 36373.


4 – BOE n. 7, dell’8 gennaio 2000, pag. 575.


5 – La revisione del computo degli interessi ha avuto luogo dopo l’entrata in vigore della legge 1/2013.


6 – Dal contesto normativo presentato dal giudice del rinvio emerge che la quarta disposizione transitoria riguarda i procedimenti di esecuzione avviati prima dell’entrata in vigore della legge 1/2013 e non ancora conclusi.


7 – V., in particolare, sentenza Aziz (C‑415/11, EU:C:2013:164, punto 34).


8 – Sentenza BBVA (C‑8/14, EU:C:2015:731).


9 – V. le mie conclusioni nella causa BBVA (C‑8/14, EU:C:2015:321). In tale causa, ho concluso che «tenuto conto del principio di effettività, gli articoli 6 e 7 della direttiva 93/13 ost[a]no a una disposizione nazionale transitoria (…) che assoggetta i consumatori a un termine di decadenza di un mese, il quale inizia a decorrere dal giorno successivo a quello di pubblicazione della legge in cui tale disposizione è inclusa, per proporre un’opposizione fondata sul carattere abusivo delle clausole contrattuali nell’ambito di un procedimento di esecuzione ipotecaria in corso».


10 – Sentenza BBVA (C‑8/14, EU:C:2015:731).


11 – C‑415/11, EU:C:2013:164. V., al riguardo, le mie conclusioni nella causa BBVA (C‑8/14, EU:C:2015:321, punti da 30 a 33).


12 – V. articolo 552, paragrafo 1, del codice di procedura civile. Tale articolo figura tra le disposizioni generali applicabili a qualsiasi procedimento esecutivo. Pertanto, il controllo d’ufficio da parte del giudice riguarda sia i procedimenti di esecuzione ordinari sia i procedimenti di esecuzione ipotecaria.


13 – Per quanto riguarda il procedimento di esecuzione ipotecaria, v. articolo 695, paragrafo 1, punto 4, del codice di procedura civile. Per quanto attiene al procedimento di esecuzione ordinario, v. articolo 557, paragrafo 1, punto 7, del codice di procedura civile.


14 –      Va osservato che, come emerge dal paragrafo 36 delle presenti conclusioni nonché dai paragrafi da 30 a 33 delle mie conclusioni nella causa BBVA (C‑8/14, EU:C:2015:321), prima dell’entrata in vigore della legge 1/2013, il giudice dell’esecuzione non poteva esaminare d’ufficio il carattere abusivo delle clausole di un contratto di mutuo. Poiché l’ordinanza nazionale citata è datata 12 giugno 2013, risulta che è proprio l’entrata in vigore della legge 1/2013, il 15 maggio 2013, ad aver consentito a detto giudice di effettuare d’ufficio il controllo che ha comportato la riduzione a zero degli interessi moratori. Rilevo altresì che tale ordinanza fa riferimento alle sentenze Aziz (C‑415/11, EU:C:2013:164) e Jőrös (C‑397/11, EU:C:2013:340).


15 – Più precisamente, il governo spagnolo fa valere l’autorità di cosa giudicata formale di tale ordinanza e cita, al riguardo, l’articolo 207, del codice di procedura civile. Tuttavia, per quanto riguarda l’autorità di cosa giudicata sostanziale, prevista all’articolo 222 di detto codice, osservo, in particolare, che una parte della dottrina nega l’esistenza dell’autorità di cosa giudicata sostanziale di un’ordinanza che pone fine all’incidente di opposizione all’esecuzione. Tale tesi negatoria sarebbe fondata, da una parte, sull’articolo 561, paragrafo 1, del codice di procedura civile, che disciplina l’opposizione per motivi sostanziali, il quale dispone che «dopo aver sentito le parti sull’opposizione all’esecuzione non fondata su vizi procedurali e dopo l’udienza eventualmente tenutasi, il giudice adotta, mediante ordinanza, solo ai fini dell’esecuzione, una delle seguenti decisioni» (il corsivo è mio). D’altra parte, la dottrina ritiene che tale negazione dell’esistenza dell’autorità di cosa giudicata sostanziale di un’ordinanza che pone fine all’incidente di opposizione all’esecuzione sia fondata sul fatto che le decisioni definitive successive a un procedimento sommario sono prive dell’autorità di cosa giudicata sostanziale. V., al riguardo, De la Oliva Santos, A., Objeto del proceso y cosa juzgada en el proceso civil, Thomson‑Civitas, 2005, pagg. da 119 a 124.


16 – V., in particolare, sentenze Océano Grupo Editorial e Salvat Editores (da C‑240/98 a C‑244/98, EU:C:2000:346, punto 25), Aziz (C‑415/11, EU:C:2013:164, punto 44), ordinanza Banco Popular Español e Banco de Valencia (C‑537/12 e C‑116/13, EU:C:2013:759, punto 39), nonché sentenza Sánchez Morcillo e Abril García (C‑169/14, EU:C:2014:2099, punto 22).


17 – V., in particolare, sentenze Mostaza Claro (C‑168/05, EU:C:2006:675, punto 36) e Asturcom Telecomunicaciones (C‑40/08, EU:C:2009:615, punto 30).


18 – Osservo che, nella fattispecie, non si tratta della situazione in cui il giudice abbia già constatato il carattere abusivo o meno delle clausole contrattuali, vale a dire che non si tratta di un doppio controllo d’ufficio del carattere abusivo delle clausole contrattuali, nel cui ambito la Corte ha dichiarato che «il principio della tutela giurisdizionale effettiva sancisce il diritto di accesso non a un doppio grado di giudizio, ma soltanto a un giudice». V. sentenza Sánchez Morcillo e Abril García (C‑169/14, EU:C:2014:2099, punto 36). Si tratta, invece, come emerge dal fascicolo nazionale di cui dispone la Corte, di un controllo d’ufficio di clausole abusive distinte in due fasi diverse del procedimento di esecuzione da parte del medesimo organo giurisdizionale. V., in proposito, paragrafo 42 delle presenti conclusioni.


19 – Sentenza Océano Grupo Editorial e Salvat Editores (da C‑240/98 a C‑244/98, EU:C:2000:346, punto 29).


20 – Sentenza Aziz (C‑415/11, EU:C:2013:164, punto 46 e giurisprudenza ivi citata) nonché ordinanza Banco Popular Español e Banco de Valencia (C‑537/12 e C‑116/13, EU:C:2013:759, punto 41).


21 – Il corsivo è mio. Sentenza Pannon GSM (C‑243/08, EU:C:2009:350, punto 32) nonché Banif Plus Bank (C‑472/11, EU:C:2013:88, punti 22 e 23 e giurisprudenza ivi citata).


22 – Sentenza Mostaza Claro (C‑168/05, EU:C:2006:675, punto 38).


23 – Per quanto riguarda il procedimento di ingiunzione di pagamento, v. le mie conclusioni nella causa Finanmadrid E.F.C. (C‑49/14, EU:C:2015:746, paragrafi da 72 a 74).


24 – Sentenze Invitel (C‑472/10, EU:C:2012:242, punto 22) e Aziz (C‑415/11, EU:C:2013:164, punto 66).


25 – Sentenza Invitel (C‑472/10, EU:C:2012:242, punto 30). V., anche, conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Aziz (C‑415/11, EU:C:2012:700, paragrafo 66).


26 – Sentenze Invitel (C‑472/10, EU:C:2012:242, punto 22) e Aziz (C‑415/11, EU:C:2013:164, punto 66).


27 – Sentenza Aziz (C‑415/11, EU:C:2013:164, punto 66).


28 – Ibidem (punto 67 e giurisprudenza ivi citata).


29 – C‑415/11, EU:C:2012:700, punto 71.


30 – Sentenza Aziz (C‑415/11, EU:C:2013:164, punto 68).


31 – Ibidem (punto 69) e conclusioni dell’avvocato generale Kokott nella causa Aziz (C‑415/11, EU:C:2012:700, paragrafo 74).


32 – Sentenze Invitel (C‑472/10, EU:C:2012:242, punto 25) e Aziz (C‑415/11, EU:C:2013:164, punto 70).


33 – Sentenza Aziz (C‑415/11, EU:C:2013:164, punto 71 e giurisprdenza ivi citata).


34 – Secondo il giudice del rinvio, «nel dividere per 360 ma nel moltiplicare per i giorni reali del mese (365, o addirittura 366 per gli anni bisestili), la banca guadagna 5 giorni per ogni anno di durata dell’ipoteca».


35 – Sentenza Aziz (C‑415/11, EU:C:2013:164, punto 69) nonché ordinanza Banco Popular Español e Banco de Valencia (C‑537/12 e C‑116/13, EU:C:2013:759, punto 66).


36 – L’articolo 8 della direttiva 93/13 dispone che «[g]li Stati membri possono adottare o mantenere, nel settore disciplinato dalla presente direttiva, disposizioni più severe, compatibili con il trattato, per garantire un livello di protezione più elevato per il consumatore».


37 – V. sentenza Caja de Ahorros y Monte de Piedad de Madrid (C‑484/08, EU:C:2010:309, punti 42 e 43), in cui si precisa che «nell’ordinamento spagnolo, come rileva il Tribunal Supremo [(la Corte suprema)], un giudice nazionale può in qualsiasi circostanza valutare, nell’ambito di una controversia concernente un contratto stipulato tra un professionista ed un consumatore, il carattere abusivo di una clausola, non negoziata individualmente, vertente in particolare sull’oggetto principale del suddetto contratto, anche nelle ipotesi in cui tale clausola sia stata predisposta dal professionista in modo chiaro e comprensibile».


38 – La Commissione ha correttamente ricordato che le clausole di esigibilità anticipata consentivano all’istituto bancario di ricorrere al pignoramento per reclamare l’intero debito, anche se l’inadempimento riguardava soltanto una mensilità, purché tale clausola fosse contenuta nell’atto di costituzione del prestito. Tuttavia, in seguito alla sentenza Aziz (C‑415/11, EU:C:2013:164), il legislatore spagnolo ha modificato l’articolo 693, paragrafo 2, del codice di procedura civile prevedendo che il mancato pagamento dovesse essere di almeno tre mensilità.


39 – Il giudice del rinvio rileva altresì che la clausola controversa è incompatibile con l’articolo 693, paragrafo 2, del codice di procedura civile, come modificato dalla legge 1/2013, poiché esso consente di reclamare l’intero debito unicamente quando le parti hanno convenuto siffatta sanzione in caso di mancato pagamento di tre rate mensili o di un numero di rate corrispondenti ad un inadempimento da parte del debitore del proprio obbligo di pagamento per un periodo pari ad almeno tre mesi.


40 – C‑415/11, EU:C:2013:164.


41 – Ibidem (punto 73).


42 – Secondo il giudice del rinvio, la possibilità dell’esigibilità anticipata, prevista dal contratto in discussione nel procedimento principale, deroga alle norme suppletive, in particolare agli articoli 1124, 1467 e 1504 del codice civile, il che riduce i diritti di cui disporrebbe il consumatore in mancanza della clausola controversa.


43 – Va osservato, come ha fatto valere la Commissione, che il carattere sufficientemente grave del mancato pagamento di una sola mensilità sulle 564 previste in un contratto concluso per una durata di 47 anni è quantomeno dubbio. Il giudice del rinvio precisa, al riguardo, che il mancato rimborso di una mensilità di EUR 448,62 per un mutuo di EUR 81 600 non può essere qualificato come inadempimento grave.


44 – La Commissione ha chiarito, in udienza, che tale disposizione consente al creditore di reclamare l’intero debito a titolo di capitale e di interessi nell’ambito di un procedimento sommario quale il procedimento di esecuzione ipotecaria.


45 – In caso, segnatamente, di mancato pagamento di una mensilità.


46 – V., a contrario, sentenza Barclays Bank (C‑280/13, EU:C:2014:279, punto 42).


47 – V., in tal senso, ordinanza Banco Bilbao Vizcaya Argentaria (C‑602/13, EU:C:2015:397, punto 45).


48 – V., in tal senso, ibidem (punto 46).


49 – V., in particolare, sentenza Barclays Bank (C‑280/13, EU:C:2014:279, punto 32).


50 – V., in tal senso, ordinanza Banco Bilbao Vizcaya Argentaria (C‑602/13, EU:C:2015:397, punto 50).


51 – Sentenza Banco Español de Crédito (C‑618/10, EU:C:2012:349, punto 71).


52 – Sentenza Kásler e Káslerné Rábai (C‑26/13, EU:C:2014:282, punto 83).