Language of document : ECLI:EU:C:2016:380

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

ELEANOR SHARPSTON

presentate il 31 maggio 2016 (1)

Causa C‑573/14

Commissaire général aux réfugiés et aux apatrides

contro

Mostafa Lounani

[Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Conseil d’État (Consiglio di Stato, Belgio)]

«Spazio di libertà, sicurezza e giustizia – Asilo – Norme minime sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato – Direttiva 2004/83/CE – Articolo 12, paragrafo 2, lettera c) – Condizioni di esclusione dallo status di rifugiato – Nozione di “atti contrari alle finalità e ai principi delle Nazioni Unite” – Significato di istigazione o partecipazione ai fini dell’articolo 12, paragrafo 3 – Decisione quadro 2002/475/GAI – Articoli 1 e 2 – Questione se la condanna per reati terroristici sia una condizione per l’esclusione dallo status di rifugiato – Valutazione dei motivi di esclusione»





1.        Nella causa in esame il Conseil d’État (Consiglio di Stato, Belgio) chiede indicazioni riguardo all’interpretazione delle ragioni in base alle quali gli Stati membri possono escludere una persona dallo status di rifugiato ai sensi della direttiva qualifiche (2). Il giudice del rinvio desidera sapere se (e, in caso di risposta affermativa, entro quali limiti) l’ambito di applicazione delle disposizioni che disciplinano l’esclusione dallo status di rifugiato in tale direttiva sia determinato dalla decisione quadro 2002/475/GAI sulla lotta contro il terrorismo (3). Quando un richiedente lo status di rifugiato è membro dirigente di un gruppo terroristico, è necessario che sia stato condannato per reato ai sensi dell’articolo 1 della decisione quadro affinché siano applicabili i motivi di esclusione dallo status di rifugiato ai sensi della direttiva qualifiche? Una condanna per partecipazione a un’organizzazione terroristica significa che il richiedente dovrebbe essere automaticamente escluso dalla valutazione per il conferimento dello status di rifugiato? In caso di risposta negativa, quali sono i criteri che le autorità nazionali competenti dovrebbero applicare nel valutare se il richiedente debba essere così escluso? Nel fornire una risposta a tali quesiti, è necessario stabilire ove risieda l’equilibrio tra la reazione degli Stati membri agli atti terroristici e i loro obblighi di applicare le disposizioni dell’Unione corrispondenti alle norme di diritto internazionale che tutelano lo status di rifugiati.

 Diritto internazionale

 La Carta delle Nazioni Unite

2.        Il preambolo della Carta delle Nazioni Unite (4) stabilisce alcuni obiettivi degli Stati firmatari. Nel capitolo I sono indicati i fini e i principi delle Nazioni Unite. Tali principi riguardano il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale e la necessità di adottare misure efficaci per prevenire e rimuovere le minacce alla pace e per reprimere gli atti di aggressione o le altre violazioni della pace e di adottare altre misure atte a rafforzare la pace universale (articolo 1). Inoltre, i membri delle Nazioni Unite devono dare ogni assistenza in qualsiasi azione che queste intraprendano in conformità alle disposizioni della Carta (articolo 2).

 Le risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite

3.        A seguito degli attacchi terroristici compiuti l’11 settembre 2001 a New York, a Washington e in Pennsylvania, il 28 settembre 2001 il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha adottato, sulla base del capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite, la risoluzione 1373 (2001). Il preambolo di tale risoluzione ribadisce «la necessità di lottare con tutti i mezzi, conformemente alla Carta delle Nazioni Unite, contro le minacce che gli atti di terrorismo fanno pesare sulla pace e sulla sicurezza internazionale». Ai sensi del punto 5 di tale risoluzione, «gli atti, metodi e pratiche terroristici sono contrari alle finalità e ai principi dell’Organizzazione delle Nazioni Unite e (…) il finanziamento e l’organizzazione di atti terroristici o l’istigazione a commettere tali atti, compiuti scientemente, sono altresì contrari alle finalità e ai principi dell’Organizzazione delle Nazioni Unite».

4.        Il 12 novembre 2001 il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha adottato la risoluzione 1377 (2001), nella quale esso «[s]ottolinea che gli atti di terrorismo internazionale sono contrari alle finalità e ai principi enunciati nella Carta dell’Organizzazione delle Nazioni Unite e che il finanziamento, la pianificazione e la preparazione degli atti di terrorismo internazionale, come tutte le altre forme di sostegno a tal fine, sono del pari contrari alle finalità e ai principi in essa enunciati».

5.        Il 14 settembre 2005 il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha adottato la risoluzione 1624 (2005), in cui riafferma che è imperativo lottare contro il terrorismo in tutte le sue forme, e sottolinea altresì che gli Stati devono garantire che qualsiasi misura adottata nella lotta contro il terrorismo sia conforme a tutti gli obblighi cui essi sono tenuti ai sensi del diritto internazionale; tali misure dovrebbero essere adottate in conformità, tra l’altro, al diritto dei rifugiati e al diritto umanitario.

6.        Il 24 settembre 2014 il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha adottato la risoluzione 2178 (2014), in cui invita gli Stati, in conformità al diritto internazionale e al diritto internazionale dei rifugiati, in particolare, a garantire che coloro che compiono, organizzano o agevolano atti terroristici non ricorrano abusivamente allo status di rifugiato. Il Consiglio dichiara inoltre (al paragrafo 5) che: «Gli Stati membri devono (…) prevenire e reprimere il reclutamento, l’organizzazione, il trasporto o l’equipaggiamento di individui che si recano in uno Stato diverso dai loro Stati di residenza o di cui hanno la cittadinanza al fine di commettere, pianificare o preparare atti terroristici o di parteciparvi oppure di fornire o ricevere addestramento terroristico, e il finanziamento del loro viaggio e delle loro attività».

7.        Sebbene tali risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite individuino una serie di attività che devono essere ritenute contrarie agli obiettivi e alle finalità delle Nazioni Unite, non esiste alcuna definizione generale, nel diritto internazionale, di terrorismo o di terrorista (5).

 La Convenzione di Ginevra relativa allo status dei rifugiati

8.        Ai sensi dell’articolo 1, sezione A, paragrafo 2, della Convenzione di Ginevra (6), cui fa riferimento la direttiva qualifiche, il termine «rifugiato» è applicabile a chiunque, «temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche, si trova fuori del Paese, di cui è cittadino e non può o non vuole, a causa di questo timore, avvalersi della protezione di questo Paese».

9.        L’articolo 1, sezione F., lettera c), stabilisce che la Convenzione di Ginevra non è applicabile nei confronti delle quali si hanno serie ragioni per ritenere che si siano rese colpevoli di azioni contrarie ai fini ed ai principi delle Nazioni (7).

 Diritto dell’Unione

 Il Trattato sull’Unione europea

10.      L’articolo 2 TUE contiene un elenco di valori sui quali si fonda l’Unione: questi includono il rispetto dello Stato di diritto e il rispetto dei diritti umani. L’articolo 3, paragrafo 5, TUE stabilisce che nelle relazioni con il resto del mondo l’Unione afferma e promuove tali valori e così facendo deve contribuire alla rigorosa osservanza e allo sviluppo del diritto internazionale, in particolare al rispetto dei principi della Carta delle Nazioni Unite.

 Il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea

11.      L’articolo 78, paragrafo 1, TFUE stabilisce quanto segue: «L’Unione sviluppa una politica comune in materia di asilo, di protezione sussidiaria e di protezione temporanea, volta a offrire uno status appropriato a qualsiasi cittadino di un paese terzo che necessita di protezione internazionale e a garantire il rispetto del principio di non respingimento. Detta politica deve essere conforme alla convenzione di Ginevra (…), e agli altri trattati pertinenti».

 La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea

12.      L’articolo 18 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (8) garantisce il diritto di asilo nel rispetto delle norme stabilite dalla convenzione di Ginevra e a norma dei Trattati.

13.      L’articolo 19, paragrafo 2, vieta l’allontanamento, l’espulsione o l’estradizione di una persona verso uno Stato in cui esiste un rischio serio di essere sottoposti alla pena di morte, alla tortura o ad altre pene o trattamenti inumani o degradanti.

 La decisione quadro

14.      La decisione quadro ha introdotto una definizione comune di reati terroristici. L’articolo 1 stabilisce che ciascuno Stato membro deve adottare le misure necessarie affinché gli atti elencati in tale norma, definiti come reati terroristici in base al diritto nazionale, siano considerati reati terroristici quando sono soddisfatte determinate condizioni (9). Tali condizioni consistono nel fatto che gli atti sono compiuti intenzionalmente e, per la loro natura o contesto, possono arrecare grave danno a un paese o a un’organizzazione internazionale, quando sono commessi al fine di: i) intimidire gravemente la popolazione, o ii) costringere indebitamente i poteri pubblici o un’organizzazione internazionale a compiere o astenersi dal compiere un qualsiasi atto, o iii) destabilizzare gravemente o distruggere le strutture politiche fondamentali, costituzionali, economiche o sociali di un paese o un’organizzazione internazionale.

15.      Ai sensi, dell’articolo 2, paragrafo 2, rispettivamente, lettere a) e b), la direzione di un’organizzazione terroristica o la partecipazione alle attività di un’organizzazione terroristica si configurano anch’esse come reati.

 La direttiva qualifiche

16.      Nel preambolo della direttiva qualifiche si afferma che la Convenzione di Ginevra costituisce la pietra angolare della disciplina giuridica internazionale relativa alla protezione dei rifugiati (10). Lo scopo principale della direttiva è quello di assicurare che gli Stati membri applichino criteri comuni per identificare le persone che hanno effettivamente bisogno di protezione internazionale (11). È evidente che il rispetto dei diritti fondamentali e, in particolare, l’osservanza dei principi riconosciuti dalla Carta, come il pieno rispetto della dignità umana e il diritto di asilo, sono tra gli obiettivi perseguiti (12). È riconosciuto che consultazioni con l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (in prosieguo: l’«UNHCR») possono offrire preziose indicazioni agli Stati membri all’atto di decidere se riconoscere lo status di rifugiato ai sensi dell’articolo 1 della convenzione di Ginevra (13).

17.      Secondo il considerando 22, «Gli atti contrari ai fini e ai principi delle Nazioni unite sono enunciati nel preambolo e agli articoli 1 e 2 della carta delle Nazioni unite e si rispecchiano, tra l’altro, nelle risoluzioni delle Nazioni unite relative alle misure di lotta al terrorismo, nelle quali è dichiarato che “atti, metodi e pratiche di terrorismo sono contrari ai fini e ai principi delle Nazioni unite” e che “chiunque inciti, pianifichi, finanzi deliberatamente atti di terrorismo compie attività contrarie ai fini e ai principi delle Nazioni unite”».

18.      L’articolo 2, lettera c), così prevede: «“rifugiato”: cittadino di un paese terzo il quale, per il timore fondato di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, opinione politica o appartenenza ad un determinato gruppo sociale, si trova fuori dal paese di cui ha la cittadinanza e non può o, a causa di tale timore, non vuole avvalersi della protezione di detto paese, oppure apolide che si trova fuori dal paese nel quale aveva precedentemente la dimora abituale per le stesse ragioni succitate e non può o, a causa di siffatto timore, non vuole farvi ritorno, e al quale non si applica l’articolo 12».

19.      Ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 3, l’esame della domanda di protezione internazionale deve essere effettuato su base individuale (14).

20.      L’articolo 12 è rubricato «Esclusione» e rientra nel capo III, intitolato a sua volta «Requisiti per essere considerato rifugiato». I motivi di esclusione dallo status di rifugiato sono elencati all’articolo 12, paragrafi 2 e 3, in cui si stabilisce che:

«2.      Un cittadino di un paese terzo o un apolide è escluso dallo status di rifugiato ove sussistano fondati motivi per ritenere:

(…)

c)      che si sia reso colpevole di atti contrari alle finalità e ai principi delle Nazioni unite quali stabiliti nel preambolo e negli articoli 1 e 2 della carta delle Nazioni unite.

3.      Il paragrafo 2 si applica alle persone che istigano o altrimenti concorrono alla commissione dei crimini, reati o atti in esso menzionati» (15).

21.      Ai sensi dell’articolo 21 gli Stati membri sono soggetti all’obbligo di non respingimento. Tale obbligo è soggetto a un numero alquanto limitato di eccezioni, in particolare quando vi siano ragionevoli motivi per considerare che la persona di cui trattasi rappresenti un pericolo per la sicurezza dello Stato membro nel quale si trova o se tale persona è stata condannata con sentenza passata in giudicato per un reato di particolare gravità e la stessa costituisca un pericolo per la comunità di tale Stato membro (16).

 Fatti, procedimento e questioni pregiudiziali

22.      Il sig. Mostafa Lounani (in prosieguo: il «sig. Lounani») è un cittadino marocchino. Risulta giunto in Belgio in un momento imprecisato del 1997 e da allora ha soggiornato in tale Stato illegalmente.

23.      Il 16 febbraio 2006 il Tribunal correctionnel de Bruxelles (Tribunale penale di Bruxelles) (in prosieguo: il «Tribunal correctionnel») ha ritenuto il sig. Lounani colpevole di aver partecipato alle attività di un gruppo terroristico, la cellula belga del «Gruppo islamico combattente marocchino» (in prosieguo: il «GICM»), come uno dei membri dirigenti di tale organizzazione. Il sig. Lounani è stato condannato per aver commesso i seguenti atti: i) «supporto logistico a un gruppo terroristico», ii) «contraffazione di passaporti» e «cessione fraudolenta di passaporti» e iii) «partecipazione attiva nell’organizzazione di una filiera per l’invio di volontari in Iraq». Il Tribunal correctionnel ha ritenuto che tali atti costituissero reati gravi e, di conseguenza, lo ha condannato a una pena di sei anni di reclusione. Il sig. Lounani è stato inoltre condannato al pagamento di un’ammenda di EUR 2 000 e, in caso di inadempimento, doveva essere sottoposto ad altri due mesi di reclusione.

24.      Il 16 marzo 2010 il sig. Lounani ha chiesto alle autorità belghe il riconoscimento dello status di rifugiato. Egli sosteneva di temere persecuzioni qualora avesse fatto ritorno in Marocco, in quanto, a seguito della sua condanna, poteva essere classificato dalle autorità marocchine come islamico radicale e jihadista.

25.      L’8 dicembre 2010 il Commissaire général aux réfugiés et aux apatrides (Commissario generale per i rifugiati e gli apolidi; in prosieguo: il «CGRA») ha respinto la sua domanda. Con sentenza del 12 febbraio 2013, il Conseil du contentieux des étrangers (Consiglio per il contenzioso in materia di asilo e di immigrazione; in prosieguo: il «CCE») ha annullato tale decisione in appello e al sig. Lounani è stato concesso lo status di rifugiato.

26.      Il CGRA ha proposto ricorso avverso tale sentenza dinanzi al Conseil d’État (Consiglio di Stato). In tale procedimento il CGRA sostiene, tra l’altro, che il GICM è stato inserito nell’elenco delle sanzioni delle Nazioni Unite il 10 ottobre 2002 (17). Si tratta di un’organizzazione terroristica collegata ad Al‑Qaeda che ha compiuto atti terroristici contro organismi internazionali. Il Tribunal correctionnel ha condannato il sig. Lounani per partecipazione all’attività di un gruppo terroristico, associazione a delinquere finalizzata al compimento di attentati contro persone e beni, per essere Stato membro dirigente di una cellula la quale forniva supporto logistico al terrorismo e procurava documenti falsi ad attivisti islamici, per contraffazione e uso di documenti falsi, nonché per soggiorno illegale. Il CGRA sostiene che l’esame completo del fascicolo del sig. Lounani porta all’inevitabile conclusione che il GICM aveva commesso specifici reati terroristici e che il sig. Lounani era coinvolto in tali atti in forza della sentenza del Tribunal correctional e della condanna ad esso inflitta il 16 febbraio 2006.

27.      Il sig. Lounani afferma che sussiste una differenza sostanziale tra un reato terroristico quale definito e sanzionato dal diritto penale belga, da un lato, e un reato terroristico che può essere interpretato quale atto contrario alle finalità e ai principi delle Nazioni Unite, che consente l’esclusione di una persona dalla protezione internazionale ai sensi della Convenzione di Ginevra, dall’altro. A suo avviso, la sentenza del Tribunal correctionnel non dimostra che egli abbia commesso uno specifico atto terroristico rientrante in quest’ultima categoria. Il sig. Lounani è stato condannato per appartenenza a un gruppo terroristico che non ha commesso, né tentato o minacciato di commettere un attentato. Ancor meno è stato condannato per aver commesso un atto terroristico di una gravità tale da rimettere in discussione il fondamento stesso della coesistenza della comunità internazionale sotto l’egida delle Nazioni Unite.

28.      Il giudice del rinvio spiega che il CCE ha correttamente dichiarato nella sua sentenza (al punto 5.9.2) che il sig. Lounani è stato ritenuto colpevole di partecipazione alle attività di un’organizzazione terroristica ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera b), della decisione quadro (18), ma non è stato condannato per aver commesso atti terroristici ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, della medesima decisione (19). IL CCE ha dichiarato, al punto 5.9.7 della sua sentenza, che «non è dimostrato neanche il benché minimo inizio di un atto preciso rientrante in tale categoria di reato a carico del GICM, né la sussistenza di un atto illecito personale del ricorrente, che faccia sorgere la sua responsabilità individuale, nel compimento di un tale atto».

29.      Il giudice del rinvio chiede in sostanza quali fatti debbano essere provati dalle autorità competenti affinché si possano applicare i motivi di esclusione previsti all’articolo 12, paragrafi 2, lettera c), e 3 della direttiva qualifiche. Esso ha chiesto pertanto una pronuncia pregiudiziale sulle seguenti questioni:

«1)      Se l’articolo 12, paragrafo 2, lettera c), della [direttiva qualifiche] debba essere interpretato nel senso che esso implica necessariamente, affinché la clausola di esclusione da esso prevista possa essere applicata, che il richiedente asilo sia stato condannato per uno dei reati terroristici previsti dall’articolo 1, paragrafo 1, della [decisione quadro], che è stata recepita in Belgio con legge del 19 dicembre 2003 relativa ai reati terroristici.

2)      In caso di risposta negativa, se fatti come quelli menzionati al punto 5.9.2. della sentenza impugnata (sentenza n. 96.933 del [CCE]), pronunciata il 12 febbraio 2013, che sono stati imputati a Mostafa Lounani nella sentenza del [Tribunal correctionnel] del 16 febbraio 2006, e per i quali lo stesso è stato condannato per la sua partecipazione a un’organizzazione terroristica, possano essere considerati atti contrari alle finalità e ai principi delle Nazioni Unite ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 2, lettera c), della direttiva qualifiche.

3)      Se, ai fini dell’esame dell’esclusione di un richiedente la protezione internazionale a causa della sua partecipazione a un’organizzazione terroristica, la sentenza di condanna in quanto membro dirigente di un’organizzazione terroristica, che dichiari che il richiedente la protezione internazionale non ha commesso, né tentato di commettere, né minacciato di commettere un atto terroristico, sia sufficiente per constatare l’esistenza di un atto di istigazione o di partecipazione, ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 3, della [direttiva qualifiche], imputabile al richiedente, o se sia necessario procedere a un esame individuale dei fatti di causa e dimostrare la partecipazione alla commissione di un reato terroristico o l’istigazione a un reato terroristico come definito dall’articolo 1 della [decisione quadro].

4)      Se, ai fini dell’esame dell’esclusione di un richiedente la protezione internazionale a causa della sua partecipazione a un’organizzazione terroristica, eventualmente in qualità di membro dirigente, l’atto di istigazione o di partecipazione, previsto dall’articolo 12, paragrafo 3, della [direttiva qualifiche] debba riguardare la commissione di un reato terroristico come definito dall’articolo 1 della [decisione quadro] sulla lotta contro il terrorismo o possa riguardare la partecipazione a un gruppo terroristico, previsto dall’articolo 2 di tale [decisione].

5)      Se, in materia di terrorismo, l’esclusione dalla protezione internazionale, prevista dall’articolo 12, paragrafo 2, lettera c), della [direttiva qualifiche], sia possibile in assenza della commissione, istigazione o partecipazione a un atto violento, di natura particolarmente crudele, quale previsto dall’articolo 1 della [decisione quadro]».

30.      Hanno presentato osservazioni scritte il CGRA, il sig. Lounani, i governi belga, francese, greco, ungherese, italiano, polacco, spagnolo e del Regno Unito nonché la Commissione europea. All’udienza del 16 febbraio 2016 le stesse parti, tranne i governi ungherese, italiano e polacco, hanno presentato osservazioni orali.

 Valutazione

 Osservazioni preliminari

31.      La Convenzione di Ginevra è uno strumento di diritto vivente, che dovrebbe essere interpretato alla luce delle condizioni attuali e degli sviluppi del diritto internazionale (20). L’UNHCR svolge un ruolo particolare, ai sensi della Convenzione, nel fornire orientamenti agli Stati quando definiscono lo status di rifugiato (21). La direttiva qualifiche deve essere interpretata alla luce dell’impianto sistematico e dello scopo di tale Convenzione (22).

32.      Il diritto dei rifugiati è senza dubbio strettamente collegato al diritto umanitario internazionale e al diritto internazionale dei diritti umani. Ciò si riflette nell’articolo 18 della Carta, che garantisce il diritto di asilo nel rispetto della Convenzione di Ginevra e a norma dei Trattati. Non sorprende che la Corte abbia confermato che la direttiva qualifiche deve essere interpretata nel rispetto dei diritti fondamentali e dei principi riconosciuti nella Carta (23).

33.      L’effetto dell’applicazione delle clausole di esclusione di cui all’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva qualifiche è quello di privare il richiedente della protezione connessa allo status di rifugiato; e ciò costituisce pertanto un’eccezione al diritto di asilo relativamente a una persona che altrimenti rientrerebbe nell’ambito di applicazione di tale protezione (24). Nell’interpretare tali clausole occorre quindi adottare un approccio cauto e tali clausole dovrebbero essere interpretate in senso restrittivo (25).

34.      Tuttavia, quando si applica l’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva qualifiche, ciò non implica necessariamente che la persona interessata possa fare ritorno nel suo paese d’origine (o anche altrove) qualora, ad esempio, il divieto di tortura o il suo diritto di non essere sottoposta a pene o trattamenti inumani o degradanti rischino di essere violati (26). Gli Stati membri rimangono soggetti all’obbligo di rispettare il principio di non respingimento conformemente ai loro obblighi internazionali (27).

35.      È importante tenere bene a mente ciò che la Corte è chiamata, o non è chiamata, a decidere con il presente rinvio pregiudiziale.

36.      La (spinosa) questione di ciò che costituisce, o non costituisce, un’organizzazione terroristica secondo il diritto internazionale non è sollevata dal giudice del rinvio (28). Né l’inserimento del GICM nell’elenco delle sanzioni delle Nazioni Unite ai sensi della risoluzione 1390 (2002) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite è stato rimesso in discussione negli atti presentati alla Corte. A mio avviso, il presente procedimento deve quindi svolgersi, necessariamente, sul presupposto che il GICM in quanto tale è validamente classificato dalle Nazioni Unite come organizzazione «terroristica».

37.      Dall’ordinanza di rinvio emerge chiaramente che il sig. Lounani è stato condannato penalmente per reati che non lo coinvolgevano direttamente nella commissione di alcuno dei reati «considerati reati terroristici» quali elencati all’articolo 1 della decisione quadro. Negli atti presentati alla Corte, tuttavia, il GICM deve essere opportunamente qualificato come «organizzazione terroristica» ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, della decisione quadro; e le attività del sig. Lounani potrebbero certamente rientrare nell’articolo 2, paragrafo 2, [o forse nell’articolo 3, lettera c)] della decisione quadro.

38.      Tuttavia – sono questi comunque i giusti quesiti da porre? Qual è il rapporto tra la decisione quadro e la direttiva qualifiche? Esistono inoltre indicazioni – che le autorità nazionali competenti dovranno valutare, facendo sempre salvo il potere di controllo dei giudici nazionali quali giudici del merito di ultima istanza – secondo le quali le specifiche attività per le quali il sig. Lounani è stato condannato sono «contrarie alle finalità e ai principi delle Nazioni Unite» in quanto la frase esplicativa contenuta nell’articolo 12, paragrafo 2, lettera c), della direttiva qualifiche («quali stabiliti nel preambolo e negli articoli 1 e 2 della carta delle Nazioni unite») dovrebbe essere interpretata nel senso che essa comprende altri strumenti internazionali che hanno chiaramente indicato particolari «atti relativi al terrorismo» come «contrari alle finalità e ai principi delle Nazioni Unite»?

 La sentenza B e D

39.      Nella sentenza B e D (29) la Corte era invitata a pronunciarsi su questioni pregiudiziali sollevate dal Bundesverwaltungsgericht (Tribunale amministrativo federale, Germania) nell’ambito di un procedimento avviato da due persone che certamente, prima del loro arrivo nel territorio dell’Unione europea, avevano partecipato attivamente ad attività riconducibili a gruppi indicati nell’elenco contenuto nell’allegato della posizione comune 2001/931 (30), relativa all’applicazione di misure specifiche per la lotta al terrorismo. Il sig. B era stato simpatizzante del Dev Sol (ora DHKP/C), aveva sostenuto la guerriglia armata nelle montagne della Turchia ed era stato arrestato, sottoposto a gravi violenze fisiche e costretto a rendere una dichiarazione sotto tortura. Era stato condannato due volte all’ergastolo. Aveva approfittato di un periodo di libertà condizionata di sei mesi, concesso per motivi di salute, per lasciare la Turchia e raggiungere la Germania, dove aveva chiesto asilo. Il sig. D aveva dichiarato, a sostegno della sua domanda di asilo, di essere fuggito verso le montagne della Turchia dove era entrato a far parte del PKK e di essere stato un guerrigliero di tale organizzazione e uno dei suoi ufficiali di grado superiore. Il PKK lo aveva inviato nell’Iraq settentrionale, ma successivamente aveva avuto contrasti con i capi dell’organizzazione; si era quindi trasferito in Germania, dove inizialmente gli era stato concesso asilo; tuttavia, in seguito a una modifica del diritto nazionale, tale decisione era stata revocata (31). Il diritto dei richiedenti di ottenere lo status di rifugiato (il sig. B) o di mantenere lo status di rifugiato (il sig. D) dipendeva dall’interpretazione delle clausole di esclusione di cui all’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva qualifiche.

40.      La Grande Sezione della Corte ha dichiarato che «gli atti di natura terroristica [che essa non ha definito], che sono caratterizzati dalla loro violenza nei confronti delle popolazioni civili, anche se sono commessi con un dichiarato obiettivo politico, devono essere considerati reati gravi di diritto comune ai sensi di detta lettera b) [dell’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva qualifiche]».

41.      Per quanto riguarda l’articolo 12, paragrafo 2, lettera c), della direttiva qualifiche, la Corte ha ricordato che il considerando 22 della direttiva qualifiche individua gli «atti contrari ai fini e ai principi delle Nazioni unite» facendo riferimento al preambolo e agli articoli 1 e 2 della carta delle Nazioni Unite e affermando che essi rientrano tra gli atti indicati nelle risoluzioni delle Nazioni Unite relative alle «misure di lotta al terrorismo». Tali misure includono le risoluzioni 1373 (2001) e 1377 (2001) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Pertanto, risultava «che quest’ultimo muove dal principio che gli atti di terrorismo internazionale sono, in linea generale e indipendentemente dalla partecipazione di uno Stato, atti contrari alle finalità ed ai principi delle Nazioni Unite» (32).

42.      Ritornerò in seguito, nell’ambito delle presenti conclusioni, su altri elementi della sentenza B e D rilevanti ai fini dell’analisi del presente rinvio pregiudiziale. È importante osservare, tuttavia, sin dall’inizio, che il rinvio pregiudiziale in esame differisce in modo significativo dalla sentenza B e D.

43.      Da un lato, risulta dall’ordinanza di rinvio che, indipendentemente da quanto sia stato precisamente provato o meno in relazione al GICM, che abbia determinato il suo inserimento nell’elenco delle sanzioni delle Nazioni Unite il 10 ottobre 2002, lo stesso sig. Lounani è stato condannato per aver partecipato a un’organizzazione terroristica, ma non è stato condannato per aver commesso uno specifico atto terroristico. Né i reati per i quali è stato condannato (supporto logistico a un gruppo terroristico, contraffazione e fornitura di passaporti, partecipazione all’organizzazione di una filiera per l’invio di volontari in Iraq) sono stati collegati alla commissione di uno specifico atto terroristico da parte del GICM.

44.      D’altro lato, gli atti considerati dalle autorità competenti relativamente al sig. B e al sig. D erano atti precedenti commessi in un paese terzo. Per contro, gli atti che hanno determinato la condanna del sig. Lounani sono stati commessi nel territorio dell’Unione europea durante il lungo periodo in cui il medesimo soggiornava illegalmente in Belgio; la sua domanda di asilo è stata presentata mentre scontava sei anni di reclusione per tale condanna.

 Prima questione

45.      Ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 2, lettera c), della direttiva qualifiche, un richiedente lo status di rifugiato è escluso dalla protezione quando «(…) si sia reso colpevole di atti contrari alle finalità e ai principi delle Nazioni unite quali stabiliti nel preambolo e negli articoli 1 e 2 della carta delle Nazioni unite». Con la prima questione il giudice del rinvio chiede se tale motivo di esclusione possa essere applicato solo quando un richiedente asilo sia stato condannato per uno dei reati terroristici elencati all’articolo 1, paragrafo 1, della decisione quadro.

46.      L’articolo 12, paragrafo 2, lettera c), della direttiva qualifiche riflette ed estende leggermente la formulazione dell’articolo 1, sezione F, lettera c), della Convenzione di Ginevra. L’espressione «atti contrari alle finalità e ai principi delle Nazioni Unite», contenuta nell’articolo 1, sezione F, lettera c), è manifestamente vaga e poco chiara (33). Considerata isolatamente, l’ampia natura delle finalità e dei principi delle Nazioni Unite fornisce scarse indicazioni quanto al tipo di atti che priverebbero una persona dello status di rifugiato. Tale formulazione non indica con precisione l’ambito di applicazione dell’articolo 1, sezione F, lettera c). Né definisce il tipo di atto che potrebbe rientrare in tale categoria o le persone che potrebbero commettere tali atti.

47.      Il diritto internazionale ha subito certamente un’evoluzione dal momento in cui è stata redatta la Carta delle Nazioni Unite. Pertanto, nella risoluzione 1373 (2001) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite quest’ultimo ha deciso che gli Stati devono adottare misure di lotta al terrorismo e ha dichiarato che atti, metodi e pratiche terroristici sono contrari alle finalità e ai principi delle Nazioni Unite, compresi l’organizzazione e l’istigazione a compiere tali attività. Analoghe dichiarazioni sono altresì contenute in risoluzioni successive, in particolare nella risoluzione 1377 (2001). La formulazione di tali strumenti indica chiaramente che la comunità internazionale considera gli atti che essi descrivono come atti altresì «contrari alle finalità e ai principi delle Nazioni Unite». Varie convenzioni internazionali affrontano aspetti specifici della lotta al terrorismo; esse richiedono agli Stati firmatari di includere nel loro diritto nazionale i reati necessari per includere, perseguire e punire le diverse forme di attività collaterale che essi individuano (34). Al contempo, il Consiglio di sicurezza ha altresì sottolineato [nelle risoluzioni 1624 (2005) e 2178 (2014) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite] che le misure adottate dagli Stati per la lotta al terrorismo devono essere conformi al diritto internazionale, in particolare al diritto internazionale dei diritti umani, al diritto dei rifugiati e al diritto umanitario.

48.      La formulazione dell’articolo 12, paragrafo 2, lettera c), della direttiva qualifiche differisce leggermente dall’articolo 1, sezione F, lettera c), della Convenzione di Ginevra ove si riferisce a una persona che si sia resa colpevole di atti contrari alle finalità e ai principi delle Nazioni Unite quali stabiliti nel preambolo e negli articoli 1 e 2 della Carta delle Nazioni Unite (35) Tuttavia, neanche tale disposizione specifica gli atti o il tipo di attività che potrebbero determinare l’applicazione dei motivi di esclusione.

49.      Nella sentenza B e D, e successivamente nella sentenza H.T., la Corte ha interpretato l’attuale approccio del Consiglio di sicurezza nel senso che gli atti terroristici internazionali sono contrari alle finalità e ai principi delle Nazioni Unite (36). Tale interpretazione è coerente con le attuali circostanze. La minaccia posta dall’attività terroristica internazionale è stata oggetto di particolare attenzione sin dagli eventi dell’11 settembre 2001 e i recenti attacchi di Parigi e di Bruxelles l’hanno solamente evidenziata ulteriormente.

50.      Nella sentenza B e D la Corte ha immediatamente aggiunto che «Ne consegue (…) che le autorità competenti degli Stati membri possono applicare l’art.12, n. 2, lett. c), (…) anche ad una persona che, nell’ambito della sua appartenenza ad un’organizzazione iscritta nell’elenco di cui all’allegato della posizione comune 2001/931, sia stata coinvolta in atti terroristici aventi una dimensione internazionale» (37). La Corte non ha sviluppato direttamente l’iter logico che collega queste due affermazioni né che cosa si intenda con l’espressione «sia stata coinvolta in» (atti terroristici); tuttavia, altri passaggi della sentenza B e D, che discuterò più avanti nell’ambito delle presenti conclusioni, consentono di chiarire la logica e la portata della pronuncia della Grande Sezione (38). Osservo in questa sede che la posizione adottata è conforme ai due principali obiettivi delle clausole di esclusione, previsti sia all’articolo 12, paragrafo 2, lettera c), della direttiva qualifiche sia all’articolo 1, sezione F, lettera c), della Convenzione di Ginevra, che consistono nel negare lo status di rifugiato alle persone la cui condotta le abbia rese immeritevoli di protezione internazionale e nell’impedire a tali soggetti di potersi avvalere della protezione concessa dallo status di rifugiato per sottrarsi alla giustizia (39).

51.      Un richiedente lo status di rifugiato deve essere stato condannato per reati terroristici ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, della decisione quadro affinché l’articolo 12, paragrafo 2, lettera c), della direttiva qualifiche sia applicabile?

52.      Sono del parere che a tale questione si debba dare risposta negativa.

53.      In primo luogo, la formulazione dell’articolo 12, paragrafo 2, lettera c), della direttiva qualifiche non indica che gli «atti contrari alle finalità e ai principi delle Nazioni Unite» debbano essere limitati o definiti mediante rinvio ad altri atti dell’Unione, quali la decisione quadro. L’ambito di applicazione e la finalità dell’articolo 12, paragrafo 2, lettera c), della direttiva qualifiche e dell’articolo 1 della decisione quadro non coincidono. Sebbene una condanna per atto terroristico, come definito dalla decisione quadro, sia chiaramente rilevante ai fini del processo di valutazione dello status di rifugiato, essa non può determinare l’ambito di applicazione della clausola di esclusione. La direttiva qualifiche è stata adottata quasi due anni dopo la decisione quadro. Il legislatore avrebbe potuto includere un riferimento esplicito a quest’ultima. Tuttavia, così non è stato, forse perché una restrizione di tal genere sarebbe stata probabilmente contraria alla Convenzione di Ginevra.

54.      In secondo luogo, limitare in tal modo l’applicazione dei motivi di esclusione di cui all’articolo 12, paragrafo 2, lettera c), risulterebbe in contrasto con l’affermazione secondo la quale la Convenzione di Ginevra costituisce la pietra angolare della disciplina giuridica internazionale relativa alla protezione dei rifugiati (40). La stessa Convenzione di Ginevra non fa dipendere l’applicazione dell’articolo 1, sezione F, lettera c), da condizioni aggiuntive, quali una condanna penale, a livello nazionale o internazionale, per atti terroristici (o per altri reati). Il fatto che l’articolo 12, paragrafo 2, lettera c), della direttiva qualifiche si riferisca al preambolo e agli articoli 1 e 2 della Carta delle Nazioni Unite indica che il suo ambito di applicazione è più ampio dell’elenco di reati terroristici di cui all’articolo 1, paragrafo 1, della decisione quadro.

55.      In terzo luogo, è il sistema di norme per la determinazione dello status di rifugiato a fornire il contesto e il punto di partenza per interpretare le disposizioni della direttiva qualifiche, più che le nozioni derivanti da altre branche del diritto dell’Unione, quali le misure finalizzate alla lotta contro il terrorismo. La direttiva qualifiche è essenzialmente una misura umanitaria (41). La sua base giuridica è costituita dall’allora titolo IV del Trattato istitutivo della Comunità europea in materia di visti, immigrazione e altre politiche relative alla libera circolazione delle persone, rientrante nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia stabilito ai sensi dell’articolo 61 CE (42). Le origini della decisione quadro sono alquanto diverse. Tale decisione prevede che taluni atti terroristici siano perseguiti penalmente e impone agli Stati membri di punire le violazioni e gli attentati gravi ad alcuni valori comuni dell’Unione europea (43). La decisione quadro ha una diversa base giuridica, ossia il titolo VI del Trattato sull’Unione europea sulla cooperazione di polizia e giudiziaria in materia penale [articoli 29, 31, paragrafo 1, lettera e), e 34, paragrafo 2, lettera b), TUE] (44). Pertanto, l’ambito di applicazione e le finalità delle due misure non coincidono (45).

56.      In quarto luogo, ravvisare nel testo la condizione secondo la quale l’esclusione ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 2, lettera c), della direttiva qualifiche dipende dall’esistenza di una precedente condanna penale per reato terroristico ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, della decisione quadro introdurrebbe una duplice restrizione. Da un lato, ciò significherebbe che una persona colpevole di altri atti connessi al terrorismo non elencati nell’articolo 1, paragrafo 1, come la direzione di un’organizzazione terroristica o la partecipazione alle attività di un’organizzazione terroristica (articolo 2, paragrafo 2), esula dall’ambito di applicazione dei motivi di esclusione. D’altro lato, ciò limiterebbe la nozione di «atti contrari alle finalità e ai principi delle Nazioni Unite» a un’unica sottocategoria di tali atti. Entrambe le restrizioni sono in contrasto con gli obiettivi delle clausole di esclusione e sarebbero del tutto artificiose.

57.      In quinto luogo, rilevo che la decisione quadro è una misura soggetta alla cosiddetta «geometria variabile». È un atto che non vincola il Regno Unito, il quale ha scelto di non applicare le sue disposizioni (46). Per contro, l’obiettivo principale della direttiva qualifiche, che si applica a tutti i 28 Stati membri, è di stabilire criteri comuni a tutta l’Unione per identificare le persone che hanno effettivamente bisogno di protezione internazionale (47). In tali circostanze, mi sembra che sia in contrasto con gli obiettivi di armonizzazione della direttiva qualifiche introdurre una restrizione nell’interpretazione di una sua disposizione derivante da un’altra misura dell’Unione che non vincola tutti gli Stati membri.

58.      Ritengo pertanto che non sia necessario dimostrare che un richiedente asilo sia stato condannato per un reato terroristico ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, della decisione quadro affinché detta persona sia esclusa dallo status di rifugiato per il motivo stabilito all’articolo 12, paragrafo 2, lettera c), della direttiva qualifiche.

 Seconda e terza questione

59.      Il giudice del rinvio espone il contesto fattuale della seconda e della terza questione come segue. Nella sentenza del 12 febbraio 2013 il CCE ha dichiarato che il sig. Lounani era stato condannato per reati che comportavano il compimento di atti previsti all’articolo 2, paragrafo 2, della decisione quadro – partecipazione alle attività di un’organizzazione terroristica – più che di atti di cui all’articolo 1, paragrafo 1, di tale decisione. Il Tribunal correctionnel ha dichiarato che i reati ad esso imputati, commessi quale membro dirigente del GICM, meritavano una pena severa (48). Secondo il CCE, tuttavia, nella sentenza che ha dato luogo alla condanna penale, viene descritta come «attività terroristica» solo l’appartenenza del sig. Lounani a un gruppo terroristico. La sentenza del Tribunal correctionnel non ha attribuito responsabilità al GICM per specifici reati terroristici e il sig. Lounani non è stato ritenuto colpevole di un coinvolgimento personale in tali atti.

60.      In tale contesto, il giudice del rinvio chiede se gli atti per i quali il sig. Lounani è stato condannato possano essere considerati «contrari alle finalità e ai principi delle Nazioni Unite» ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 2, lettera c), della direttiva qualifiche (seconda questione). Detto giudice chiede inoltre se la condanna del sig. Lounani per essere stato un membro dirigente di un gruppo terroristico sia sufficiente per dimostrare che egli ha «istiga[to]» o «altrimenti concor[so]» alla commissione di un atto menzionato all’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva qualifiche ai fini dell’articolo 12, paragrafo 3, della stessa (49) (terza questione).

 Ricevibilità

61.      Sia il CGRA che il governo belga sostengono che la terza questione è irricevibile. Entrambi ritengono che il giudice del rinvio non abbia esposto le ragioni per cui una risposta a tale questione sia necessaria ai fini della definizione della controversia nel procedimento principale.

62.      Non concordo.

63.      Da una giurisprudenza consolidata emerge che le questioni relative all’interpretazione del diritto dell’Unione sollevate dal giudice nazionale nel contesto di diritto e di fatto che egli individua sotto la propria responsabilità, del quale non spetta alla Corte verificare l’esattezza, godono di una presunzione di pertinenza. Il rifiuto della Corte di statuire su una questione pregiudiziale sollevata da un giudice nazionale è possibile solo qualora risulti manifestamente che la richiesta interpretazione del diritto dell’Unione non ha alcuna relazione con la realtà o con l’oggetto della causa principale, qualora il problema sia di natura ipotetica oppure qualora la Corte non disponga degli elementi di fatto o di diritto necessari per fornire una risposta utile alle questioni che le sono sottoposte (50).

64.      Nella fattispecie, il giudice del rinvio chiede di stabilire se il fatto che il sig. Lounani sia stato ritenuto colpevole di partecipazione a un’organizzazione terroristica sia sufficiente per determinare l’applicazione dei motivi di esclusione di cui all’articolo 12, paragrafi 2, lettera c), e 3, della direttiva qualifiche. L’interpretazione di tali disposizioni è manifestamente rilevante ai fini del procedimento principale. Occorre quindi rispondere alla terza questione.

 Rilevanza della condanna penale del sig. Lounani

65.      Il sig. Lounani sostiene che dovrebbe essere attribuito poco o nessun peso alla decisione del Tribunal correctionnel. Egli afferma che sussistono forti dubbi sull’equità di tale processo. Tale argomento è fondato sulla sentenza della Corte europea dei diritti umani (in prosieguo: la «Corte di Strasburgo») El Haski. (51) La Corte di Strasburgo ha statuito che era stato violato l’articolo 6 della CEDU («Diritto a un equo processo»), in quanto dichiarazioni ottenute in violazione dell’articolo 3 della CEDU («Proibizione della tortura») erano state ammesse come prove nello stesso processo penale dinanzi al Tribunal correctionnel in relazione a uno dei coimputati del sig. Lounani.

66.      Osservo che il sig. Lounani non ha impugnato la sentenza per quanto lo riguardava, che non ha proposto direttamente ricorso dinanzi alla Corte di Strasburgo, e che non ha presentato osservazioni sostanziali da cui si evincesse che il processo penale nei suoi confronti era in qualche modo viziato o che l’articolo 47 della Carta (o l’articolo 6 della CEDU) era stato violato nel corso del processo.

67.      In mancanza di elementi indicativi del fatto che il processo penale, relativamente al sig. Lounani, era viziato o che i fatti constatati nella sentenza del Tribunal correctionnel erano inattendibili, la sua condanna costituisce un dato di fatto. La vera questione riguarda il peso che tale condanna dovrebbe avere nel valutare se applicare o meno l’esclusione di cui all’articolo 12, paragrafo 2, lettera c), della direttiva qualifiche.

68.      Nella sentenza B e D la Corte ha respinto l’affermazione secondo la quale una condanna per partecipazione alle attività di un’organizzazione terroristica ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 2, lettera b), della decisione quadro potrebbe determinare l’automatica applicazione delle clausole di esclusione previste all’articolo 12, paragrafo 2, lettere b) e c) della direttiva qualifiche. Essa ha dichiarato che le condizioni di esclusione presuppongono un’indagine approfondita su tutte le circostanze di ogni singolo caso (52). Per tale motivo, respingo l’argomento del CGRA secondo il quale se una persona è stata condannata per aver commesso atti terroristici, ad esempio i reati di cui agli articoli da 1 a 4 della decisione quadro, tale persona può essere esclusa automaticamente dallo status di rifugiato ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 2 e/o 3, della direttiva qualifiche senza un’ulteriore esame individuale della sua domanda.

69.      Nella sentenza B e D la Corte ha chiarito che «[n]on sussiste (…) una relazione diretta tra la posizione comune 2001/931 e la [direttiva qualifiche] quanto agli obiettivi perseguiti e non è giustificato che l’autorità competente, qualora intenda escludere una persona dallo status di rifugiato in forza dell’art. 12, n. 2, della direttiva, si fondi unicamente sulla sua appartenenza ad un’organizzazione che è presente in un elenco adottato al di fuori dell’ambito istituito dalla [direttiva qualifiche] nel rispetto della Convenzione di Ginevra» (53), «l’inserimento di un’organizzazione in un elenco come quello di cui all’allegato della posizione comune 2001/931 consente di stabilire la natura terroristica del gruppo del quale ha fatto parte la persona considerata» (54). Pertanto, nella fattispecie, si deve partire dalla premessa che il GICM in quanto tale deve essere considerato un’organizzazione terroristica (55).

70.      Tuttavia, emerge chiaramente sia dalla sentenza B e D che dalla successiva pronuncia della Corte nella sentenza H.T. (56) che la mera appartenenza a un’organizzazione terroristica non è sufficiente per determinare l’applicazione delle clausole di esclusione di cui all’articolo 12, paragrafi 2 e 3, della direttiva qualifiche, in quanto l’inserimento di un’organizzazione in un elenco non può essere assimilato alla valutazione individuale (obbligatoria) dell’eventualità che un particolare richiedente abbia i requisiti per ottenere lo status di rifugiato (57). Detta appartenenza indica semplicemente che tali clausole di esclusione sono (potenzialmente) applicabili. È probabile che le circostanze individuali che accompagnano una domanda di asilo siano intrinsecamente più complesse e sfaccettate del sottoinsieme di fatti sul quale si basano il procedimento e la condanna penale. Ritengo pertanto che – anche in presenza di una condanna penale apparentemente rilevante – il requisito della valutazione individuale continui a sussistere.

 Articolo12, paragrafi 2, lettera c) e 3 della direttiva qualifiche

71.      L’articolo 1, sezione F, lettera c), della Convenzione di Ginevra non menziona affatto «l’istigazione» o «la partecipazione» ad atti contrari agli obiettivi e alle finalità delle Nazioni Unite. Nondimeno, tale disposizione deve essere interpretata nel senso che comprende altresì coloro che, in realtà, non compiono direttamente atti contrari a tali finalità e principi (58). Il combinato disposto dell’articolo 12, paragrafi 2, lettera c) e 3, indica che persone colpevoli di aver commesso, istigato o altrimenti partecipato ad atti contrari alle finalità e ai principi delle Nazioni Unite rientrano tutte nell’ambito delle condizioni di esclusione. Tale interpretazione concorda sia con l’interpretazione della Convenzione di Ginevra sostenuta negli Orientamenti sia con gli obiettivi della direttiva qualifiche (59).

72.      Ne consegue che l’esclusione di cui all’articolo 12, paragrafo 2, lettera c), della direttiva qualifiche non è limitata a coloro che compiono effettivamente atti terroristici. Letta in combinato disposto con l’articolo 12, paragrafo 3, tale norma si estende a coloro che agevolano la commissione di atti terroristici.

73.      Qual è, tuttavia, il limite di tale estensione ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 3? Dove si dovrebbe tracciare la linea di demarcazione nell’arco di ipotesi che va dalla persona che si limita ad agitare un barattolo delle offerte per strada (60) al soggetto direttamente coinvolto in un attentato terroristico in quanto autista dell’auto utilizzata per la fuga?

74.      Il livello probatorio da applicare è che devono sussistere «fondati motivi per ritenere che» (61) il richiedente sia personalmente responsabile quale partecipante al gruppo durante il periodo in questione e sia colpevole di atti che rientrano nell’ambito di applicazione delle clausole di esclusione (62). Nella sentenza B e D la Corte ha dichiarato: «[a] tal riguardo l’autorità competente deve esaminare in particolare il ruolo effettivamente svolto dalla persona considerata nel compimento degli atti in questione, la sua posizione all’interno dell’organizzazione, il grado di conoscenza che essa aveva o si poteva presumere avesse delle attività di quest’ultima, le eventuali pressioni alle quali sia stata sottoposta o altri fattori atti ad influenzarne il comportamento» (63).

75.      Relativamente alla partecipazione del richiedente ad atti di cui all’articolo 12, paragrafo 2, lettera c), le parole introduttive «fondati motivi per ritenere che» indicano che la soglia per far valere l’articolo 12, paragrafo 2, è elevata. Il riferimento alle «finalità e [ai] principi delle Nazioni Unite» dimostra che l’atto del richiedente deve avere un impatto sul piano internazionale, ed essere di una tale gravità da avere implicazioni per la pace e la sicurezza internazionali, in quanto il preambolo e gli articoli 1 e 2 della Carta delle Nazioni Unite stabiliscono essenzialmente i principi sui quali si fonda la coesistenza della comunità internazionale (64).

 Valutazione delle condizioni di esclusione ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 2, lettera c) della direttiva qualifiche

76.      Dalla mia risposta alla prima questione deriva che, a mio avviso, nel processo di valutazione l’articolo 12, paragrafo 2, dovrebbe essere interpretato indipendentemente dall’applicazione dell’articolo 1 della decisione quadro. Sono dello stesso parere per quanto riguarda l’articolo 2 di tale decisione (partecipazione a un’organizzazione terroristica), e ritengo che anche in questo caso non sia necessario dimostrare la condanna penale di un richiedente ai sensi di tale disposizione.

77.      Tutti gli Stati membri hanno l’obbligo di difendere e promuovere i valori comuni sanciti dall’articolo 2 TUE, compreso lo Stato di diritto (articolo 3, paragrafo 5, TUE). Pertanto, quando un richiedente asilo è stato condannato in seguito a un procedimento rispondente ai requisiti processuali stabiliti dalla legge e all’articolo 47 della Carta e tale condanna è divenuta definitiva, ciò avrebbe un peso significativo su qualsiasi valutazione individuale ai sensi dell’articolo 4 della direttiva qualifiche. Al contempo, l’articolo 12, paragrafo 2, lettera c), non può essere considerato semplicemente come una disposizione antiterrorismo supplementare che può essere fatta valere automaticamente per integrare sanzioni già inflitte (65). Si deve ancora effettuare una valutazione individuale di tutti i fatti e le circostanze rilevanti al fine di soddisfare i requisiti previsti dalla direttiva qualifiche.

78.      Il governo francese sostiene che quando il richiedente è stato condannato per un reato, quale la partecipazione a un’organizzazione terroristica, sorge una presunzione relativa di esclusione per i motivi di cui all’articolo 12, paragrafo 2.

79.      Non concordo con questa posizione.

80.      Quando dalle circostanze emerge la loro eventuale rilevanza, i potenziali motivi di esclusione sono valutati al momento della presentazione della domanda di riconoscimento dello status di rifugiato (66). Gli Stati membri hanno un ampio potere discrezionale ai sensi dell’articolo 4 della direttiva qualifiche riguardo al processo di valutazione (67). A mio avviso, una condanna per reato terroristico dovrebbe essere semplicemente considerata come una prova chiara e credibile del fatto che sussistono fondati motivi per ritenere che la soglia fissata dall’articolo 12, paragrafo 2, sia stata superata. Tale approccio ha il vantaggio di garantire che i criteri comuni per il riconoscimento dello status di rifugiato non siano compromessi dal fatto che gli Stati membri applicano norme diverse di disciplina del funzionamento delle presunzioni.

81.      Il Regno Unito sostiene che alla Corte potrebbe essere di aiuto la sentenza Shepherd (68), in cui la stessa ha interpretato l’articolo 9, paragrafo 2, lettera e), della direttiva qualifiche (69), nell’accertare la soglia sufficiente per dare applicazione all’articolo 12, paragrafo 2, lettera c); il Regno Unito afferma altresì che qualsiasi criterio applicato dovrebbe essere conforme alla pronuncia della Corte nella sentenza Shepherd. Intendo il criterio proposto dal Regno Unito nel seguente modo: nello svolgimento dei suoi compiti all’interno di un gruppo terroristico è ragionevolmente probabile che l’interessato fornisca un indispensabile supporto nella preparazione o nell’esecuzione di reati che determinano l’applicazione del motivo di esclusione di cui all’articolo 12, paragrafo 2, lettera c), che dovrebbe essere anche sufficiente ai fini dell’applicazione dell’articolo 12, paragrafo 3.

82.      Ritengo che la sentenza Shepherd non sia utile alla Corte in questo caso. Anzitutto, tale sentenza riguardava soltanto il motivo di esclusione di cui all’articolo 12, paragrafo 2, lettera a). Inoltre, nella sentenza Shepherd la Corte ha operato una netta distinzione tra l’articolo 9, paragrafo 2, lettera e), e i motivi di esclusione stabiliti nell’articolo 12, paragrafo 2. Infatti, la Corte ha dichiarato che la valutazione dell’eventuale rischio di commissione in futuro di un reato ai fini dell’articolo 9, paragrafo 2, lettera e), della direttiva qualifiche e la valutazione ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 2, sono sostanzialmente differenti. La seconda richiede un’indagine ex post per stabilire se, a causa delle azioni passate, un richiedente debba essere escluso dalla protezione concessa dalla direttiva qualifiche (70). Infine, la sentenza Shepherd non fa alcun riferimento a ciò che integrava un atto terroristico ai sensi della direttiva qualifiche.

83.      Suggerisco l’esistenza di due fasi per la valutazione che le autorità nazionali competenti sono tenute ad effettuare ai fini dell’articolo 12, paragrafo 2, lettera c).

84.      La prima fase comporta la verifica che l’organizzazione sostenuta dal richiedente asilo, o alle cui attività egli ha partecipato, sia effettivamente un’organizzazione terroristica (71).

85.      La seconda fase consiste nel valutare se i fatti specifici imputati al soggetto interessato dimostrino che egli ha partecipato ad atti terroristici che determinano l’applicazione dell’articolo 12, paragrafi 2, lettera c), e 3 della direttiva qualifiche. Ciò richiede una valutazione della struttura dell’organizzazione, la posizione dell’interessato all’interno della stessa e la sua capacità di influire sulle attività del gruppo (72); nonché un esame finalizzato a stabilire se e in quale misura egli fosse coinvolto nella pianificazione, nel processo decisionale o nella direzione di altre persone al fine di commettere atti terroristici, se e in quale misura egli abbia finanziato tali atti o procurato ad altri i mezzi per commetterli. Le autorità competenti devono inoltre accertare che egli abbia commesso o abbia fornito un contributo sostanziale ad attività terroristiche e che egli condivida la responsabilità della loro commissione, in quanto ha agito con la consapevolezza di agevolare la commissione di tali reati (73).

86.      Nell’ordinanza di rinvio si precisa che il sig. Lounani è stato ritenuto un membro dirigente del GICM. Ne consegue logicamente che egli poteva presumibilmente influire sulle attività del gruppo. Il sig. Lounani ha fornito supporto logistico. Ciò implica che può aver certamente agevolato atti terroristici e consentito ad altri di parteciparvi o di commetterli. Esiste una dimensione internazionale nelle attività del GICM in quanto quest’ultimo è stato inserito nell’elenco delle sanzioni delle Nazioni Unite (74). Esiste inoltre un aspetto internazionale nelle attività del sig. Lounani in quanto quest’ultimo è stato coinvolto nella contraffazione di passaporti e ha assistito i volontari che intendevano recarsi in Iraq. Le sue motivazioni e le sue intenzioni riguardo al gruppo terroristico a cui ha partecipato sono anch’esse rilevanti per dimostrare la sua responsabilità personale.

87.      Sebbene emerga chiaramente dall’ordinanza di rinvio che il sig. Lounani non è stato condannato per aver compiuto egli stesso attentati terroristici, la severità della condanna inflittagli è fortemente indicativa della gravità dei reati ascrittigli.

88.      Sottolineo, tuttavia, che la Corte può fornire soltanto indicazioni; e che in definitiva la valutazione della domanda del sig. Lounani è una questione spettante alle autorità nazionali competenti, fatto salvo il potere di controllo del giudice nazionale quale unico giudice del merito.

89.      Ritengo quindi che, quando un richiedente lo status di rifugiato è stato condannato dai giudici di uno Stato membro per aver partecipato a un gruppo terroristico e tale condanna è divenuta definitiva, tale circostanza è rilevante e deve avere un peso significativo nella valutazione individuale se si applichino i motivi di esclusione di cui all’articolo 12, paragrafo 2, lettera c), della direttiva qualifiche. Nel valutare i fatti e le circostanze relative al caso di un richiedente, ai fini del combinato disposto dell’articolo 12, paragrafi 2, lettera c), e 3, le autorità nazionali competenti devono altresì esaminare se egli condivida la responsabilità personale, facendo riferimento alle sue motivazioni e intenzioni riguardo alle attività del gruppo terroristico cui partecipa. Le attività del gruppo devono avere una dimensione internazionale e devono essere di una tale gravità da avere implicazioni per la pace e la sicurezza internazionali. La constatazione che il richiedente era un membro dirigente di tale gruppo è un fattore rilevante. Non è necessario dimostrare che abbia egli stesso istigato o partecipato ad atti terroristici come definiti all’articolo 1 della decisione quadro per far valere i motivi di esclusione di cui all’articolo 12, paragrafi 2, lettera c), e 3, della direttiva qualifiche.

 Quarta questione

90.      Con la quarta questione si chiede se l’atto di istigazione o di partecipazione di cui all’articolo 12, paragrafo 3, della direttiva qualifiche debba riferirsi alla commissione di un reato ai sensi dell’articolo 1 della decisione quadro o se possa riferirsi a un reato ai sensi dell’articolo 2 della medesima decisione.

91.      Per le ragioni esposte nel rispondere alla prima, alla seconda e alla terza questione, ritengo che l’applicazione dell’articolo 12, paragrafo 2, lettera c), della direttiva qualifiche non dipenda dall’applicazione o meno della decisione quadro. Pertanto, non è necessario dimostrare che è stato commesso un reato ai sensi degli articoli 1 o 2 di tale decisione affinché si possa applicare l’articolo 12, paragrafi 2, lettera c), e 3, della direttiva qualifiche.

 Quinta questione

92.      Un richiedente può essere escluso dalla qualifica di rifugiato quando né egli stesso né il gruppo terroristico di cui è membro hanno commesso atti violenti particolarmente crudeli quali previsti all’articolo 1 della decisione quadro?

93.      A mio avviso, non è necessario dimostrare che un richiedente è colpevole di tali atti affinché siano applicati i motivi di esclusione di cui all’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva qualifiche.

94.      Anzitutto, l’espressione «un atto violento particolarmente crudele» non risulta nel testo della decisione quadro. Inoltre, come ho già chiarito, la commissione di atti definiti quali atti terroristici da tale decisione non è l’unico motivo che determina l’applicazione dell’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva qualifiche e non è neppure richiesto a tal fine (75).

95.      Ad ogni buon conto, occorre aggiungere che l’espressione «un atto violento particolarmente crudele» non è neppure una condizione di esclusione secondo il testo della direttiva qualifiche. Inoltre, gli obiettivi di tale direttiva non indicano alcuna base per interpretare l’articolo 12, paragrafo 2, nel senso che si applica tale condizione.

 Conclusione

96.      Alla luce di tutte le suesposte considerazioni, sono dell’avviso che la Corte debba rispondere alle questioni sollevate dal Conseil d’État (Consiglio di Stato, Belgio) nei seguenti termini:

–        Non è necessario dimostrare che un richiedente asilo sia stato condannato per un reato terroristico ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 1, della decisione quadro 2002/475/GAI del Consiglio, del 13 giugno 2002, sulla lotta contro il terrorismo affinché detta persona sia esclusa dallo status di rifugiato per il motivo che si è resa colpevole di atti contrari alle finalità e ai principi delle Nazioni Unite ai sensi dell’articolo 12, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 2004/83/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, recante norme minime sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta.

–        Quando un richiedente lo status di rifugiato è stato condannato dai giudici di uno Stato membro per aver partecipato a un gruppo terroristico e tale condanna è divenuta definitiva, tale circostanza è rilevante e deve aver un peso significativo nella valutazione individuale se si applichino i motivi di esclusione di cui all’articolo 12, paragrafo 2, lettera c), della direttiva 2004/83. Nel valutare i fatti e le circostanze relative al caso di un richiedente, ai fini del combinato disposto dell’articolo 12, paragrafi 2, lettera c), e 3, le autorità nazionali competenti devono altresì esaminare se egli condivida la responsabilità personale, facendo riferimento alle sue motivazioni e intenzioni riguardo alle attività del gruppo terroristico cui partecipa. Le attività del gruppo devono avere una dimensione internazionale e devono essere di una tale gravità da avere implicazioni per la pace e la sicurezza internazionali. La constatazione che il richiedente era un membro dirigente di tale gruppo è un fattore rilevante. Non è necessario dimostrare che abbia egli stesso istigato o partecipato ad atti terroristici come definiti all’articolo 1 della decisione quadro 2002/475 per far valere i motivi di esclusione di cui all’articolo 12, paragrafi 2, lettera c), e 3, della direttiva 2004/83.

–        Per dimostrare che un richiedente lo status di rifugiato ha istigato o ha altrimenti partecipato alla commissione di reati o di atti ai sensi dell’articolo 12, paragrafi 2 e 3, della direttiva 2004/83, non è necessario che il gruppo terroristico cui egli ha partecipato abbia commesso uno degli atti elencati all’articolo 1 della decisione quadro 2002/475, o che il richiedente sia ritenuto colpevole di un atto cui fa riferimento l’articolo 2 di tale decisione.

–        Un richiedente lo status di rifugiato può essere escluso dalla qualifica di rifugiato anche quando né egli stesso né il gruppo terroristico di cui è membro hanno commesso atti violenti particolarmente crudeli quali elencati all’articolo 1 della decisione quadro 2002/475.


1 – Lingua originale: l’inglese.


2 – Direttiva 2004/83/CE del Consiglio, del 29 aprile 2004, recante norme minime sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta (GU 2004, L 304, pag. 12) (in prosieguo: la «direttiva qualifiche»). Tale direttiva è stata abrogata e sostituita, in forma di rifusione, dalla direttiva 2011/95/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011 (GU 2011, L 337, pag. 9). La formulazione delle disposizioni pertinenti è rimasta sostanzialmente immutata.


3 – Decisione quadro del Consiglio, del 13 giugno 2002, sulla lotta contro il terrorismo (GU 2002, L 164, pag. 3) (in prosieguo: la «decisione quadro»). Tale decisione è stata modificata dalla decisione quadro 2008/919/GAI del Consiglio, del 28 novembre 2008 (GU 2008, L 330, pag. 21). La decisione quadro si applica a tutti gli Stati membri tranne il Regno Unito, che ha esercitato il diritto di notificare al Consiglio che tale decisione è un atto riguardo al quale tale Stato non accetta le attribuzioni delle istituzioni conformemente all’articolo 10, paragrafo 4, del Protocollo N. 36 allegato ai Trattati.


4 – La Carta delle Nazioni Unite e lo Statuto della Corte Internazionale di Giustizia firmati a San Francisco il 26 giugno 1945 (in prosieguo: la «Carta delle Nazioni Unite»).


5 – V. ad esempio, Goodwin‑Gill Guy, S., e McAdam Jane, The Refugee in International Law, Oxford University Press, terza edizione, pagg. 192 e 193. V. altresì, Singer Sarah, Terrorism and Exclusion from Refugee Status in the United Kingdom, Brill Nijhoff, 2015, pagg. 15 e16.


6 – La Convenzione relativa allo status dei rifugiati, firmata a Ginevra il 28 luglio 1951, entrata in vigore il 22 aprile 1954 [Recueil des traités des Nations Unies, vol. 189, pag. 150, n. 2545 (1954)], come integrata dal Protocollo relativo allo status dei rifugiati, concluso a New York il 31 gennaio 1967, entrato in vigore il 4 ottobre 1967 (in prosieguo, congiuntamente: la «Convenzione di Ginevra»). Il Protocollo è irrilevante ai fini della risposta alla presente domanda di pronuncia pregiudiziale.


7 – I motivi di esclusione riguardano anche persone che hanno commesso un crimine contro la pace, crimini di guerra o crimini contro l’umanità, ai sensi degli atti di diritto internazionale [articolo 1, sezione F., lettera a)], e crimini gravi di diritto comune fuori del paese ospitante prima di essere ammesse come rifugiati [articolo 1, sezione F., lettera b)].


8 – GU 2010, C 83, pag. 389 (in prosieguo: la «Carta»).


9 – Gli atti elencati sono: a) attentati alla vita di una persona; b) attentati gravi alla sua integrità fisica; c) sequestro di persona e cattura di ostaggi; d) distruzioni di vasta portata di strutture governative o pubbliche; e) sequestro di aeromobili o navi o di altri mezzi di trasporto collettivo di passeggeri o di trasporto di merci; f) fabbricazione, detenzione, acquisto, trasporto, fornitura o uso di armi da fuoco; g) la diffusione di sostanze pericolose, il cagionare incendi, inondazioni o esplosioni che mettano in pericolo vite umane; h) manomissione o interruzione della fornitura di acqua o di altre risorse naturali fondamentali che metta in pericolo vite umane; o i) minaccia di realizzare uno dei comportamenti indicati all’articolo 1, paragrafo 1, della decisione quadro.


10 – Considerando 3. V. anche sentenza del 9 novembre 2010, B e D (C‑57/09 e C‑101/09, EU:C:2010:661, punto 77).


11 – Considerando 6. V. anche considerando 16 e 17.


12 – Considerando 10.


13 – Considerando 15.


14 – V. inoltre direttiva 2005/85/CE del Consiglio, del 1o dicembre 2005, recante norme minime per le procedure applicate negli Stati membri ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di rifugiato (GU 2005, L 326, pag. 13) (in prosieguo: la «direttiva procedure»). Tale direttiva è stata abrogata e sostituita, in forma di rifusione, dalla direttiva 2013/32/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013 (GU 2013, L 180, pag. 60).


15 –      L’articolo 12, paragrafo 2, esclude dallo status di rifugiato soggetti che abbiano commesso: a) un crimine contro la pace, un crimine di guerra o un crimine contro l’umanità quali definiti dagli strumenti internazionali relativi a tali crimini; o b) reati gravi di diritto comune al di fuori del paese di accoglienza, prima di essere ammessi come rifugiati; atti particolarmente crudeli, anche se perpetrati con un dichiarato obiettivo politico, possono essere classificati quali reati gravi di diritto comune.


16 – Articolo 21, paragrafo 2.


17 – Tale elenco identifica determinati individui ed entità oggetto di sanzioni (congelamento di fondi, divieti di viaggio o embargo sulle armi). Il GICM è stato aggiunto all’elenco delle sanzioni delle Nazioni Unite in conformità alla risoluzione 1390 (2002) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. L’elenco è stato da allora aggiornato e il GICM rimane incluso nell’attuale versione.


18 – Il governo belga ha chiarito in udienza che l’articolo 140 del codice penale belga (Code pénal) dà attuazione all’articolo 2, paragrafo 2, della decisione quadro.


19 – Il governo belga ha chiarito in udienza che l’articolo 137 del codice penale belga dà attuazione all’articolo 1 della decisione quadro.


20 – V. nota introduttiva alla Convenzione di Ginevra dell’Ufficio dell’UNHCR, datata dicembre 2010.


21 – V. considerando 15 e 22 della direttiva qualifiche. Tali orientamenti sono stati tuttavia descritti dal mio collega, l’avvocato generale Mengozzi, come una «molteplicità di testi» non sempre coerente: v. le sue conclusioni nelle cause riunite B e D (C‑57/09 e C‑101/09, EU:C:2010:302, paragrafo 43).


22 – V. anche articolo 78, paragrafo 1, TFUE, in cui si stabilisce espressamente che la politica dell’Unione europea in materia di asilo deve essere conforme alla Convenzione di Ginevra e agli altri trattati pertinenti.


23 – V. sentenza del 2 marzo 2010, Salahadin Abdulla e a. (C‑175/08, C‑176/08, C‑178/08 e C‑179/08, EU:C:2010:105, punto 54). V. più in generale, riguardo all’interpretazione degli atti dell’Unione alla luce degli orientamenti forniti dagli strumenti internazionali in materia di protezione dei diritti umani ai quali gli Stati membri hanno collaborato o di cui sono firmatari, sentenza del 3 settembre 2008, Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione (C‑402/05 P e C‑415/05 P, EU:C:2008:461, punto 283); v. inoltre considerando 10 della direttiva qualifiche.


24 – L’articolo 2, lettera c) della direttiva qualifiche stabilisce che il termine «rifugiato» indica una persona che rientra nella definizione ivi contenuta, a meno che non siano applicabili le condizioni di esclusione di cui all’articolo 12.


25 – V. conclusioni dell’avvocato generale Mengozzi nelle cause riunite B e D (C‑57/09 e C‑101/09, EU:C:2010:302, paragrafo 46).


26 – Tali diritti sono garantiti dall’articolo 4 della Carta. I diritti corrispondenti della Convenzione europea dei diritti umani (in prosieguo: la «CEDU») sono previsti all’articolo 3. V., ad esempio, sentenza della Corte di Strasburgo, del 15 novembre 1996, Chahal c. Regno Unito, ECLI:CE:ECHR:1996:1115JUD002241493.


27 – V. articolo 21 della direttiva qualifiche e articolo 19, paragrafo 2, della Carta.


28 – Un aspetto di tale questione occuperà la Grande Sezione in un’altra causa attualmente pendente, ossia la causa A e a. (C‑158/14).


29 – Sentenza del 9 novembre 2010, B e D (C‑57/09 e C‑101/09, EU:C:2010:661).


30 – Posizione comune 2001/931/PESC del Consiglio, del 27 dicembre 2001 (GU 2001, L 344, pag. 93) volta, tra l’altro, all’applicazione di misure per la lotta al finanziamento del terrorismo contenute nella risoluzione 1373 (2001) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.


31 – Sentenza del 9 novembre 2010, B e D (C‑57/09 e C‑101/09, EU:C:2010:661, punti da 57 a 60).


32 – Sentenza del 9 novembre 2010, B e D (C‑57/09 e C‑101/09, EU:C:2010:661, punti da 81 a 83).


33 – V. punto 46 della nota informativa dell’UNHCR sull’applicazione delle clausole di esclusione: articolo 1, sezione F, della Convenzione del 1951 relativa allo status dei rifugiati; in prosieguo: la «nota informativa»).


34 – V. ad esempio, la Convenzione internazionale per la repressione del finanziamento del terrorismo, adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nella risoluzione 54/109 del 9 dicembre 1999.


35 – Sembra, a una prima lettura, che solo le persone che occupavano posizioni di potere in paesi o entità quasi statali fossero inizialmente ritenute idonee a rientrare nell’ambito di applicazione dell’articolo 1, sezione F, lettera c), della Convenzione di Ginevra. V., ad esempio, i lavori preparatori di tale convenzione, in particolare le posizioni del delegato francese «La norma non è stata destinata all’uomo della strada, ma a persone che ricoprono cariche governative, come capi di Stato, ministri e alti funzionari» (E/AC.7/SR.160, 18 agosto 1950, pag. 18), citata nella dichiarazione dell’UNHCR sull’articolo 1, sezione F, della convenzione del 1951 (luglio 2009), punto 2.3.3., nota a piè di pagina 62


36 – Sentenze del 9 novembre 2010, B e D (C‑57/09 e C‑101/09, EU:C:2010:661, punto 83), e del 24 giugno 2015, H.T. (C‑373/13, EU:C:2015:413, punto 85).


37 – Sentenza del 9 novembre 2010, B e D (C‑57/09 e C‑101/09, EU:C:2010:661, punto 84).


38 – V. infra, paragrafi da 68 a 70 e 74.


39 – V. punto 2 degli Orientamenti sulla protezione internazionale del 4 settembre 2003: applicazione delle clausole di esclusione: articolo 1, sezione F, della Convenzione del 1951 relativa allo status dei rifugiati (in prosieguo: gli «Orientamenti»).


40 – V. considerando 3 della direttiva qualifiche.


41 – V. sentenza del 9 novembre 2010, B e D (C‑57/09 e C‑101/09, EU:C:2010:661, punto 93).


42 – Ora titolo V TFUE: v. in particolare articoli 67 e 78 TFUE.


43 – V. articolo 2 TUE, in cui sono stabiliti tali valori.


44 – Sostituiti rispettivamente dagli articoli 67 e 82 TFUE [l’articolo 34, paragrafo 2, lettera b), TUE, è stato abrogato].


45 – V. sentenza del 9 novembre 2010, B e D (C‑57/09 e C‑101/09, EU:C:2010:661, punto 89).


46 – V. supra, nota 3.


47 – V. considerando 16 e 17 della direttiva qualifiche.


48 – V. supra, paragrafo 23.


49 – Il testo inglese dell’articolo 12, paragrafo 3, della direttiva 2011/95 usa il termine «incite» piuttosto che il termine «instigate», ma per il resto esso è identico all’articolo 12, paragrafo 3, della direttiva qualifiche.


50 – V sentenza del 6 giugno 2013, MA e a. (C‑648/11, EU:C:2013:367, punto 37 e giurisprudenza ivi citata).


51 – Sentenza della Corte di Strasburgo del 25 settembre 2012, El Haski c. Belgio, ECLI:CE:ECHR:2012:0925JUD000064908.


52 – V. sentenza del 9 novembre 2010, B e D (C‑57/09 e C‑101/09, EU:C:2010:661, punto 93).


53 – V. sentenza del 9 novembre 2010, B e D (C‑57/09 e C‑101/09, EU:C:2010:661, punto 89). Il corsivo è mio.


54 – V. sentenza del 9 novembre 2010, B e D (C‑57/09 e C‑101/09, EU:C:2010:661, punto 90). Il corsivo è mio.


55 – Nel presente procedimento non viene suggerito che l’inserimento del GICM nell’elenco fosse invalido.


56 – Sentenza del 24 giugno 2015, H.T. (C‑373/13, EU:C:2015:413, punto 89 e giurisprudenza ivi citata).


57 – V. articolo 4, paragrafo 3, della direttiva qualifiche.


58 – V. punti 17 e 18 degli Orientamenti.


59 – V. considerando 22. Non esisteva una norma equivalente all’articolo 12, paragrafo 3, nella proposta originale della Commissione di direttiva del Consiglio recante norme sull’attribuzione, a cittadini di paesi terzi ed apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto dello status di protezione COM(2001) 510 definitivo (GU 2002, C 51 E, pag. 325). Il testo è stato inserito dagli Stati membri durante le negoziazioni in seno al Consiglio.


60 – Nella sentenza H.T., ad esempio, è stato accertato che il sig. H.T. aveva raccolto donazioni per conto del PKK ed aveva distribuito occasionalmente un periodico pubblicato da tale organizzazione. La Corte ha statuito che da tali atti non derivava necessariamente che il sig. H.T. sosteneva la legittimità di attività terroristiche e che tali atti non costituivano di per sé atti terroristici. Sentenza del 24 giugno 2015, H.T. (C‑373/13, EU:C:2015:413, punto 91).


61 – V. la formulazione espressa del paragrafo introduttivo dell’articolo 12, paragrafo 2, della direttiva qualifiche.


62 – V. sentenza del 9 novembre 2010, B e D (C‑57/09 e C‑101/09, EU:C:2010:661, punto 94).


63 – V. sentenza del 9 novembre 2010, B e D (C‑57/09 e C‑101/09, EU:C:2010:661, punto 97).


64 – Tutti i tipi di reato che portano all’esclusione ai sensi dell’articolo 1, sezione F. della Convenzione di Ginevra implicano un livello elevato di gravità [dichiarazione dell’UNHCR sull’articolo 1, sezione F, della convenzione del 1951) (luglio 2009)]. Al punto 17 degli Orientamenti l’UNHCR dichiara che, probabilmente, l’articolo 1, sezione F., lettera c), della Convenzione di Ginevra sarà invocato meno spesso dei motivi di esclusione di cui all’articolo 1, sezione F, lettere a) o b).


65 – V. anche punto 25 degli Orientamenti in relazione all’articolo 1, sezione F., lettera c), della Convenzione di Ginevra e alle risoluzioni 1624 (2005) e 2178 (2014) del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, in cui si sottolinea che gli Stati devono assicurare che le misure adottate per la lotta al terrorismo siano conformi ai loro obblighi ai sensi del diritto internazionale e siano adottate in conformità, tra l’altro, al diritto dei rifugiati e al diritto umanitario.


66 – Articolo 2, lettera c), della direttiva qualifiche.


67 – V. inoltre le norme minime stabilite nella direttiva procedure.


68 – Sentenza del 26 febbraio 2015, Shepherd (C‑472/13, EU:C:2015:117).


69 – La sentenza Shepherd riguardava l’ambito di applicazione dell’articolo 9, paragrafo 2, lettera e), della direttiva qualifiche, in particolare il significato dei termini «(…) quando [prestare servizio militare] comporterebbe la commissione di crimini, reati o atti che rientrano nelle clausole di esclusione di cui all’articolo 12, paragrafo 2».


70 – V. sentenza del 26 febbraio 2015, Shepherd (C‑472/13, EU:C:2015:117, punto 38).


71 – V. supra, paragrafo 69. Risulta essere indubbiamente così nella fattispecie.


72 – V. punto 19 degli Orientamenti. V. anche per analogia sentenza del 24 giugno 2015, H.T. (C‑373/13, EU:C:2015:413, punti da 90 a 93), in cui la Corte ha considerato se il supporto fornito da un rifugiato a un gruppo terroristico costituisse un imperioso motivo di sicurezza nazionale o di ordine pubblico ai sensi dell’articolo 24, paragrafo 1, della direttiva qualifiche per giustificare la revoca del suo permesso di soggiorno.


73 – V. punto 51 della nota informativa.


74 – V. supra, paragrafo 26.


75 – V. supra, paragrafi 58 e 91.