Language of document : ECLI:EU:C:2016:781

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

HENRIK SAUGMANDSGAARD ØE

presentate il 19 ottobre 2016 (1)

Causa C‑562/15

Carrefour Hypermarchés SAS

contro

ITM Alimentaire International SASU

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dalla Cour d’appel de Paris (Corte d’appello di Parigi, Francia)]

«Rinvio pregiudiziale – Pubblicità ingannevole – Pubblicità comparativa – Direttiva 2006/114/CE – Articolo 4, lettere a) e c) – Pubblicità che confronta i prezzi di prodotti venduti in negozi diversi quanto a tipologia e dimensioni – Liceità – Pratiche commerciali sleali – Direttiva 2005/29/CE – Articolo 7 – Omissione ingannevole – Informazione rilevante»





I –    Introduzione

1.        La Corte ha già avuto l’occasione di esprimersi più volte sulla pubblicità comparativa, precisandone le condizioni di liceità (2), elencate all’articolo 4 della direttiva 2006/114/CE (3). La presente domanda di pronuncia pregiudiziale s’inserisce nella scia di tale giurisprudenza. La Cour d’appel de Paris (Corte d’appello di Parigi, Francia) solleva questioni interpretative inedite riguardo alle lettere a) e c) di detto articolo, in cui si richiede che la pubblicità comparativa non sia ingannevole e che confronti obiettivamente una o più caratteristiche essenziali, pertinenti, verificabili e rappresentative dei beni e dei servizi raffrontati.

2.        La controversia principale, da cui origina tale domanda, vede contrapporsi due società concorrenti nella grande distribuzione, vale a dire l’ITM Alimentaire International SASU (in prosieguo: l’«ITM»), società incaricata della strategia e della politica commerciale dei negozi dell’insegna Intermarché, e la Carrefour Hypermarchés SAS (in prosieguo: la «Carrefour»), società appartenente al gruppo Carrefour. L’oggetto della controversia riguarda una campagna pubblicitaria lanciata dalla Carrefour nel 2012, in cui si confrontavano i prezzi dei prodotti di grandi marchi applicati presso i negozi dell’insegna Carrefour e presso negozi concorrenti, tra cui quelli applicati nei negozi dell’insegna Intermarché. L’ITM sostiene, segnatamente, che la Carrefour non avrebbe rispettato le disposizioni nazionali relative ai requisiti di neutralità e obiettività di ogni campagna pubblicitaria comparativa, confrontando i prezzi applicati negli ipermercati dell’insegna Carrefour con quelli applicati nei supermercati dell’insegna Intermarché, senza informare il pubblico dei criteri di selezione dei negozi e della diversa tipologia dei punti vendita scelti per il confronto.

3.        In tale contesto, il giudice del rinvio intende appurare se, in forza dell’articolo 4, lettere a) e c), della direttiva 2006/114, un confronto del prezzo di prodotti venduti da insegne di distribuzione sia lecito soltanto qualora i prodotti siano venduti in negozi identici quanto a tipologia o dimensioni. Inoltre, detto giudice chiede alla Corte se la circostanza che i negozi i cui prezzi vengono confrontati siano diversi quanto a dimensioni e tipologia costituisca un’informazione rilevante ai sensi dell’articolo 7 della direttiva 2005/29/CE (4) e, in caso affermativo, quale debba essere il grado di diffusione di tale informazione presso il consumatore. Sotto questo profilo, la causa in esame solleva la questione dell’interazione tra la direttiva 2006/114 e la direttiva 2005/29.

II – Contesto normativo

A –    Diritto dell’Unione

1.      La direttiva 2006/114

4.        L’articolo 2, lettera b), della direttiva 2006/114 così dispone:

«Ai sensi della presente direttiva si intende per:

(…)

b)      “pubblicità ingannevole”, qualsiasi pubblicità che in qualsiasi modo, compresa la sua presentazione, induca in errore o possa indurre in errore le persone alle quali è rivolta o che essa raggiunge e che, dato il suo carattere ingannevole, possa pregiudicare il comportamento economico di dette persone o che, per questo motivo, leda o possa ledere un concorrente».

5.        L’articolo 4, lettere a) e c), della direttiva 2006/114 così dispone:

«Per quanto riguarda il confronto, la pubblicità comparativa è ritenuta lecita qualora rispetti soddisfatte le seguenti condizioni: che essa

a)      non sia ingannevole ai sensi dell’articolo 2, lettera b, e degli articoli 3 e 8, paragrafo 1 della presente direttiva o degli articoli 6 e 7 della direttiva 2005/29 (…);

(…)

c)      confronti obiettivamente una o più caratteristiche essenziali, pertinenti, verificabili e rappresentative, compreso eventualmente il prezzo, di tali beni e servizi».

2.      La direttiva 2005/29

6.        L’articolo 6 della direttiva 2005/29, intitolato «Azioni ingannevoli», dispone, al suo paragrafo 1, lettera d):

«È considerata ingannevole una pratica commerciale che contenga informazioni false e sia pertanto non veritiera o in qualsiasi modo, anche nella sua presentazione complessiva, inganni o possa ingannare il consumatore medio, anche se l’informazione è di fatto corretta, riguardo a uno o più dei seguenti elementi e in ogni caso lo induca o sia idonea a indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso:

(…)

d)      il prezzo o il modo in cui questo è calcolato o l’esistenza di uno specifico vantaggio quanto al prezzo».

7.        L’articolo 7 della direttiva 2005/29, intitolato «Omissioni ingannevoli», così dispone ai suoi paragrafi 1 e 2:

«1.      È considerata ingannevole una pratica commerciale che nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, nonché dei limiti del mezzo di comunicazione impiegato, ometta informazioni rilevanti di cui il consumatore medio ha bisogno in tale contesto per prendere una decisione consapevole di natura commerciale e induca o sia idonea ad indurre in tal modo il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso.

2.      Una pratica commerciale è altresì considerata un’omissione ingannevole quando un professionista occulta o presenta in modo oscuro, incomprensibile, ambiguo o intempestivo le informazioni rilevanti di cui al paragrafo 1, tenendo conto degli aspetti di cui a detto paragrafo, o non indica l’intento commerciale della pratica stessa, qualora non risultino già evidenti dal contesto e quando, in uno o nell’altro caso, ciò induce o è idoneo a indurre il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso».

B –    Diritto francese

8.        L’articolo L. 121‑8 del code de la consommation (codice del consumo) così dispone:

«Qualsiasi pubblicità che metta a confronto beni o servizi identificando, implicitamente o esplicitamente, un concorrente o beni o servizi offerti da un concorrente è lecita unicamente qualora:

1      non sia ingannevole o atta ad indurre in errore;

2      riguardi beni o servizi che soddisfano gli stessi bisogni o si propongono lo stesso obiettivo;

3      confronti oggettivamente una o più caratteristiche essenziali, pertinenti, verificabili e rappresentative, compreso eventualmente il prezzo, di tali beni o servizi».

9.        Dalla decisione di rinvio risulta che gli articoli L. 121‑8 e seguenti del codice del consumo costituiscono la trasposizione nell’ordinamento francese della direttiva 2006/114.

III – Controversia principale, questioni pregiudiziali e procedimento dinanzi alla Corte

10.      Nel corso del dicembre 2012, la Carrefour ha lanciato una campagna pubblicitaria televisiva su vasta scala, intitolata «Garantie prix le plus bas (garanzia del prezzo più basso)», in cui si raffrontavano i prezzi di 500 prodotti di grandi marchi applicati presso i propri negozi e presso negozi concorrenti e si offriva al consumatore il rimborso del doppio della differenza del prezzo più basso eventualmente rinvenuto altrove. Tale campagna, che è stata oggetto di otto spot pubblicitari, evidenziava differenze di prezzo favorevoli ai negozi Carrefour rispetto ai negozi concorrenti, fra cui i negozi Intermarché.

11.      A partire dal secondo spot televisivo, i negozi Intermarché selezionati per il confronto erano tutti supermercati, mentre i negozi Carrefour erano tutti ipermercati. Negli spot televisivi, sotto il nome Intermarché, compariva, in caratteri più piccoli, la dicitura «super».

12.      Il 2 ottobre 2013, dopo aver intimato alla Carrefour di interrompere la diffusione di tale pubblicità, l’ITM ha citato la Carrefour dinanzi al tribunal de commerce de Paris (tribunale commerciale di Parigi, Francia) allo scopo, in particolare, di ottenere la condanna di quest’ultima al pagamento di un importo di EUR 3 milioni a titolo di risarcimento per i danni da essa subiti e il divieto di diffusione in televisione e su Internet della pubblicità di cui trattasi nonché di qualsiasi pratica di pubblicità comparativa basata su modalità di confronto analoghe.

13.      Con sentenza del 31 dicembre 2014, il tribunal de commerce de Paris (tribunale commerciale di Parigi) ha condannato la Carrefour a versare all’ITM un importo pari a EUR 800 000 a titolo di risarcimento dei danni subiti, ha accolto le domande finalizzate al divieto della diffusione della pubblicità e ha disposto la pubblicazione della sentenza.

14.      Tale giudice ha infatti ritenuto, inter alia, che la Carrefour avesse adottato un metodo ingannevole di selezione dei punti vendita, falsando la rappresentatività delle rilevazioni di prezzo e non rispettando i requisiti di obiettività di cui all’articolo L. 121‑8 del codice del consumo, e che siffatte inosservanze dei requisiti di obiettività di una campagna pubblicitaria comparativa costituissero atti di concorrenza sleale (5).

15.      A tal riguardo, detto giudice ha espresso le seguenti considerazioni:

«Atteso che i negozi CARREFOUR selezionati sono ipermercati, circostanza che non è nota chiaramente al consumatore dal momento che tale informazione compare solamente sul sito Internet, e non negli spot televisivi, con una dicitura in piccoli caratteri sulla pagina iniziale del sito CARREFOUR che precisa che la garanzia del prezzo più basso “è valida esclusivamente presso i negozi CARREFOUR e CARREFOUR PLANET. Essa non è dunque valida nei negozi CARREFOUR Market, CARREFOUR contact, CARREFOUR city”;

che i negozi INTERMARCHÉ selezionati sono tutti, a partire dal secondo spot, dei supermercati e che la base per il confronto è variata senza che il consumatore ne sia stato informato;

che pertanto, tale cambiamento nelle dimensioni dei punti vendita INTERMARCHÉ selezionati (considerato che INTERMARCHÉ possiede 1 336 supermercati e 79 ipermercati, ossia il 5% del totale) presso cui hanno avuto luogo le rilevazioni di prezzo, mette in luce il carattere tendenzioso del metodo di confronto dei prezzi che manca totalmente di obiettività poiché la CARREFOUR confronta, senza dichiararlo esplicitamente, i suoi 223 ipermercati con i 1 336 supermercati della INTERMARCHÉ».

16.      La Carrefour ha interposto appello avverso la sentenza del tribunal de commerce de Paris (tribunale commerciale di Parigi) dinanzi alla Cour d’appel de Paris (Corte d’appello di Parigi), che ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      [S]e l’articolo 4, lettere a) e c), della direttiva 2006/114/CE (…) debba essere interpretato nel senso che un confronto del prezzo di prodotti venduti da insegne di distribuzione sia lecito soltanto qualora i prodotti siano venduti in negozi identici quanto a tipologia o dimensioni.

2)      [S]e la circostanza che i negozi i cui prezzi vengono confrontati siano diversi quanto a dimensioni e tipologia costituisca un’informazione rilevante ai sensi della [direttiva 2005/29] e debba quindi essere necessariamente segnalata al consumatore.

3)      In caso affermativo, (…) quale debba essere il grado e/o il supporto di diffusione di tale informazione presso il consumatore».

17.      La Carrefour, l’ITM, il governo francese nonché la Commissione europea hanno presentato osservazioni scritte e hanno partecipato all’udienza che si è tenuta il 6 luglio 2016.

IV – Analisi giuridica

A –    Sull’interpretazione dell’articolo 4, lettere a) e c), della direttiva 2006/114 (prima questione)

1.      Interpretazioni proposte

18.      Entrambe le parti della controversia principale ritengono che alla prima questione pregiudiziale debba fornirsi una risposta negativa, ossia che l’articolo 4, lettere a) e c), della direttiva 2006/114 non imponga che un confronto del prezzo dei prodotti venduti da insegne di distribuzione verta su prodotti venduti in negozi identici quanto a tipologia o dimensioni.

19.      Il governo francese reputa che un confronto dei prezzi operato su prodotti venduti in negozi diversi per tipologia e dimensioni costituisca un confronto obiettivo ai sensi dell’articolo 4, lettera c), della direttiva 2006/114, ma possa configurarsi come pubblicità comparativa ingannevole ai sensi dell’articolo 4, lettera a), di tale direttiva, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.

20.      La Commissione ritiene che, nella maggioranza dei casi, un’asimmetria quanto a tipologia e dimensioni tra operatore pubblicitario e concorrente non sia atta ad indurre in errore il consumatore e a condizionarne il comportamento. Tuttavia, secondo la Commissione, non si può escludere che, in determinate circostanze, siffatte differenze possano essere tali da rivestire un carattere ingannevole ai sensi dell’articolo 4, lettera a), della direttiva 2006/114, il che dipenderebbe segnatamente dal livello d’informazione offerto al consumatore. Parimenti, il rispetto del requisito dell’obiettività sancito alla lettera c) dell’articolo menzionato andrebbe verificato di volta in volta.

21.      A mio avviso, per le ragioni di seguito illustrate, ritengo che l’articolo 4, lettere a) e c), della direttiva 2006/114 non osti, in linea di principio, a che l’operatore pubblicitario proceda ad un confronto a fini pubblicitari dei prezzi applicati in negozi diversi quanto a tipologia o dimensioni (parte A.2) (6). Tuttavia, reputo che una pubblicità come quella di cui trattasi nel procedimento principale possa, in determinate circostanze, assumere un carattere ingannevole ai sensi di detto articolo 4, lettera a) (parte A.3), e non rispettare il requisito dell’obiettività, di cui alla lettera c) di tale articolo (parte A.4).

2.      Sulla possibilità, in linea di principio, di procedere ad un confronto dei prezzi di prodotti venduti in negozi diversi quanto a tipologia o dimensioni

22.      L’articolo 4 della direttiva 2006/114 elenca le condizioni che devono essere cumulativamente rispettate affinché una pubblicità comparativa sia lecita (7). Tra di esse figurano segnatamente, alla lettera a) di tale articolo, il requisito che la pubblicità comparativa non sia ingannevole e, alla lettera c), quello che la pubblicità confronti obiettivamente una o più caratteristiche essenziali, pertinenti, verificabili e rappresentative, compreso eventualmente il prezzo, di tali beni e servizi.

23.      Dalla giurisprudenza della Corte relativa alla direttiva 84/450/CEE (8), che è stata abrogata e sostituita dalla direttiva 2006/114 (9), risulta che tale prima direttiva ha compiuto un’armonizzazione esaustiva delle condizioni di liceità della pubblicità comparativa negli Stati membri, il che implica che la liceità della pubblicità comparativa debba essere valutata, in tutta l’Unione europea, unicamente alla luce dei criteri stabiliti dal legislatore dell’Unione (10).

24.      Atteso che la direttiva 2006/114 ha codificato la direttiva 84/450 (11), ritengo che la giurisprudenza della Corte sull’interpretazione di quest’ultima direttiva sia perfettamente applicabile alle situazioni considerate dalla direttiva 2006/114.

25.      Per i motivi illustrati che mi appresto ad illustrare, ritengo che l’articolo 4, lettere a) e c), della direttiva 2006/114 non osti, in linea di principio, a che un confronto del prezzo a fini pubblicitari verta su prodotti venduti in negozi diversi quanto a tipologia o dimensioni, purché il confronto non sia ingannevole ai sensi di detta lettera a) e sia obiettivo ai sensi di detta lettera c).

26.      In primo luogo, un divieto generale di confrontare i prezzi di prodotti venduti in negozi diversi quanto a tipologia o dimensioni non troverebbe alcun fondamento nel testo della direttiva 2006/114. Per quanto l’articolo 4, lettera b), di tale direttiva richieda che i beni e i servizi oggetto di pubblicità comparativa siano paragonabili (12), un siffatto requisito non è previsto rispetto ai punti vendita in cui sono venduti tali beni (13).

27.      In secondo luogo, un simile divieto sarebbe, a mio avviso, in contrasto con gli obiettivi perseguiti dall’articolo 4 della direttiva 2006/114, consistenti, secondo quanto dichiarato dalla Corte, nello «stimolare la concorrenza tra i fornitori di beni e di servizi nell’interesse dei consumatori, consentendo ai concorrenti di mettere in evidenza in modo obiettivo i vantaggi dei vari prodotti paragonabili e vietando al tempo stesso prassi che possano comportare una distorsione della concorrenza, svantaggiare i concorrenti e avere un’incidenza negativa sulla scelta dei consumatori» (14).

28.      Proprio in quest’ottica di stimolazione della concorrenza, la Corte ha constatato che le condizioni di liceità della pubblicità comparativa «devono interpretarsi nel senso più favorevole, al fine di consentire le pubblicità che mettono a confronto oggettivamente le caratteristiche di beni o servizi, assicurando d’altro canto che la pubblicità comparativa non sia utilizzata in modo sleale e negativo per la concorrenza o in modo da arrecare pregiudizio agli interessi dei consumatori» (15). Un’interpretazione restrittiva dell’articolo 4, lettere a) e c), la quale condurrebbe ad un divieto generale di confrontare i prezzi di prodotti venduti in negozi diversi quanto a tipologia o dimensioni, non sarebbe evidentemente la più favorevole per la pubblicità comparativa e rischierebbe di ostacolare la concorrenza basata sui prezzi.

29.      In terzo luogo, un simile divieto sarebbe difficilmente conciliabile con la preminenza accordata dalla Corte, nella sua giurisprudenza sulla pubblicità comparativa, alla libertà economica dell’operatore pubblicitario con riguardo alle modalità del confronto. La Corte ha segnatamente ritenuto che la scelta del numero di confronti che l’operatore pubblicitario intende effettuare tra i prodotti che egli offre e quelli offerti dai suoi concorrenti rientra nell’esercizio della sua libertà economica (16). Inoltre, la Corte ha riconosciuto la liceità, a determinate condizioni, di una pubblicità comparativa riguardante collettivamente assortimenti di prodotti di consumo corrente venduti da due catene di grandi magazzini concorrenti e avente ad oggetto il livello generale dei prezzi praticati dalle medesime per quanto concerne il loro assortimento comparabile (17).

30.      A mio parere, non vi sono motivi a priori per ritenere che la libertà economica dell’operatore pubblicitario non si estenda parimenti alla possibilità di procedere ad un confronto dei prezzi applicati in negozi diversi quanto a tipologia e dimensioni. L’operatore pubblicitario, laddove sia in grado di realizzare economie di scala, grazie alla dimensione, alla tipologia o al numero di negozi di cui dispone, e, di conseguenza, di applicare prezzi inferiori a quelli applicati dai suoi concorrenti, dovrebbe avere la possibilità trarne vantaggi a fini di marketing.

31.      Inoltre, pubblicità basate su tali differenze di prezzo possono rivelarsi utili per il consumatore, consentendogli, secondo quanto dichiarato dalla Corte, di ricavare il massimo vantaggio dal mercato interno, posto che la pubblicità costituisce uno strumento molto importante per aprire sbocchi reali in tutta l’Unione per qualsiasi bene o servizio (18). Ritengo che il consumatore medio sia perfettamente in grado di decidere se una differenza di prezzo giustifichi, a suo parere, l’acquisto di un prodotto in un negozio piuttosto che nell’altro, quando i medesimi siano diversi quanto a tipologia o dimensioni, il che può anche comportare differenze in termini di vicinanza geografica dei negozi.

32.      Reputo, pertanto, che l’articolo 4, lettere a) e c), della direttiva 2006/114 non osti, in linea di principio, a che un gestore di un ipermercato proceda ad un confronto dei prezzi applicati nel proprio negozio con quelli applicati in negozi concorrenti diversi quanto a tipologia o dimensioni, come supermercati o negozi al dettaglio, purché i prodotti scelti per il confronto siano paragonabili e il confronto non sia ingannevole ai sensi di detta lettera a) e sia obiettivo ai sensi di detta lettera c).

33.      Siffatta conclusione vale anche per le insegne della grande distribuzione, come Carrefour e Intermarché (19). Non vedo difatti alcun fondamento giuridico che consentirebbe di imporre a tali insegne condizioni ulteriori o più restrittive in tema di pubblicità comparativa rispetto a quelle prescritte per gli altri operatori economici in forza della direttiva 2006/114.

34.      Tuttavia, alla stregua del governo francese e della Commissione, ritengo che, in circostanze particolari, una differenza di tipologia o dimensioni tra i negozi dell’operatore pubblicitario e quelli del concorrente possa incidere sulla liceità della pubblicità comparativa alla luce delle condizioni previste all’articolo 4, lettere a) e c), della direttiva 2006/114.

35.      Tale ipotesi può segnatamente ricorrere quando, come nel caso di specie, l’operatore pubblicitario proceda ad un confronto dei prezzi applicati in negozi diversi quanto a tipologia o dimensioni, laddove l’operatore pubblicitario e il concorrente fanno parte d’insegne che dispongono entrambe di negozi identici o simili per tipologia e dimensione.

36.      In una siffatta ipotesi, sussiste il rischio che la pubblicità comparativa assuma un carattere ingannevole ai sensi dell’articolo 4, lettera a), della direttiva 2006/114 e che non rispetti il requisito dell’obiettività, di cui alla lettera c) di tale articolo, aspetto questo che sarà sviluppato nelle parti successive (parti A.3 e A.4).

3.      Sulla condizione prevista all’articolo 4, lettera a), della direttiva 2006/114, secondo cui la pubblicità comparativa non dev’essere ingannevole

37.      L’articolo 4, lettera a), della direttiva 2006/114 prevede, quale condizione di liceità, che la pubblicità comparativa non sia ingannevole ai sensi, segnatamente, dell’articolo 2, lettera b), di tale direttiva o degli articoli 6 e 7 della direttiva 2005/29 (20).

38.      Dal combinato disposto di tali disposizioni (21), si evince che il riconoscimento del carattere ingannevole di una pubblicità comparativa ai sensi dell’articolo 4, lettera a), della direttiva 2006/114, dipende, da un lato, dalla sua capacità di indurre in errore il consumatore, tanto mediante un’azione quanto un’omissione, e, dall’altro, dalla sua capacità di influenzare il comportamento economico del medesimo, segnatamente incidendo sulla decisione di natura commerciale (22), o di ledere un concorrente. Una pubblicità comparativa riveste un carattere ingannevole ai sensi di tale articolo, qualora l’operatore pubblicitario ometta informazioni rilevanti, ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2005/29, purché tale omissione sia idonea ad indurre il consumatore medio ad assumere una decisione che non avrebbe altrimenti preso (23).

39.      Secondo la giurisprudenza della Corte, spetta al giudice del rinvio verificare, alla luce delle peculiarità di ciascun caso di specie, se, tenuto conto dei consumatori ai quali è rivolta, una siffatta pubblicità possa avere tale carattere ingannevole, ai sensi dell’articolo 4, lettera a), della direttiva 2006/114 (24). Il carattere ingannevole di una pubblicità comparativa dev’essere dunque verificato caso per caso (25).

40.      A tal riguardo, il giudice del rinvio deve, da un lato, prendere in considerazione la percezione da parte del consumatore medio, normalmente informato e ragionevolmente attento e avveduto, dei prodotti o dei servizi che formano oggetto della pubblicità di cui trattasi. Per effettuare la valutazione richiesta, detto giudice deve, d’altro lato, tener conto di tutti gli elementi pertinenti della causa, considerando, come risulta dall’articolo 3 della direttiva 2006/114, le indicazioni contenute nella pubblicità controversa e, più in generale, tutti gli elementi di questa (26).

41.      Nella fattispecie, la Carrefour ha operato un confronto dei prezzi applicati in negozi che, a partire dal secondo spot televisivo, consistevano esclusivamente in ipermercati dell’insegna Carrefour e supermercati dell’insegna Intermarché, benché ognuna delle due insegne disponga sia di ipermercati che di supermercati.

42.      Ritengo che un simile confronto asimmetrico possa indurre in errore il consumatore medio quanto alla reale differenza tra i prezzi applicati nei negozi dell’operatore pubblicitario e in quelli del concorrente, dando a tale consumatore l’impressione che, per calcolare le indicazioni di prezzo presentate nella pubblicità, siano stati presi in considerazione tutti i negozi appartenenti alle insegne, mentre tali indicazioni valgono unicamente per certi tipi di negozi delle suddette insegne.

43.      A tal riguardo, si deve considerare che, in generale, i prezzi dei beni di consumo corrente possono subire variazioni in funzione della tipologia e delle dimensioni del negozio (27) e che un siffatto confronto asimmetrico potrebbe quindi avere l’effetto di creare o aumentare artificiosamente la differenza dei prezzi tra l’operatore pubblicitario e il concorrente, in funzione della selezione dei negozi oggetto di confronto.

44.      A mio avviso, inoltre, una simile pubblicità, che vanti un livello generale dei prezzi dell’operatore pubblicitario più basso rispetto ai suoi concorrenti, è generalmente idonea ad influenzare sensibilmente il comportamento economico del consumatore, in particolare rispetto alla sua decisione di entrare nei negozi dell’una o dell’altra insegna (28).

45.      Ne consegue che una pubblicità come quella di cui trattasi nel procedimento principale può rivestire un carattere ingannevole ai sensi dell’articolo 4, lettera a), della direttiva 2006/114, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare. Detto giudice deve segnatamente determinare se, alla luce di tutte le circostanze pertinenti del caso di specie, e segnatamente delle indicazioni od omissioni che accompagnano la pubblicità controversa (29), la decisione di natura commerciale di un numero significativo di consumatori cui si rivolge la pubblicità in parola possa essere assunta nell’erroneo convincimento che siano stati presi in considerazione tutti i negozi appartenenti alle insegne per calcolare il livello generale dei prezzi e l’importo dei risparmi vantati dalla pubblicità e che, pertanto, detti consumatori realizzeranno risparmi di entità uguale a quella vantata da detta pubblicità effettuando regolarmente i propri acquisti di beni di consumo corrente presso i negozi dell’insegna dell’operatore pubblicitario piuttosto che presso i negozi dell’insegna concorrente (30).

46.      Qualora ricorresse siffatta ipotesi, a mio avviso, la pubblicità si dovrebbe presumere ingannevole ai sensi dell’articolo 4, lettera a), della direttiva 2006/114, salvo che l’operatore pubblicitario non riesca a dimostrare che le indicazioni di prezzo contenute nella pubblicità sono effettivamente valide per la totalità dei negozi delle insegne (31).

4.      Sulla condizione prevista all’articolo 4, lettera c), della direttiva 2006/114, secondo cui il confronto dev’essere obiettivo

47.      Ai sensi dell’articolo 4, lettera c), della direttiva 2006/114, la pubblicità comparativa è ritenuta lecita se confronta obiettivamente una o più caratteristiche essenziali, pertinenti, verificabili e rappresentative, compreso eventualmente il prezzo, di tali beni e servizi.

48.      Secondo la giurisprudenza della Corte, tale disposizione sancisce due ordini di requisiti quanto all’obiettività del confronto. Da un lato, i criteri cumulativi dei caratteri essenziale, pertinente, verificabile e rappresentativo della caratteristica di un prodotto sotto il cui profilo si effettua il confronto, imposti da tale disposizione, contribuiscono a garantire che detto confronto rivesta un carattere oggettivo. Dall’altro, tale articolo sottolinea espressamente che le caratteristiche che soddisfano i quattro criteri summenzionati devono essere confrontate oggettivamente. Quest’ultimo requisito mira in sostanza ad escludere i raffronti che dipenderebbero dalla valutazione soggettiva del loro autore, piuttosto che da una considerazione di carattere oggettivo (32).

49.      Nel procedimento principale, il tribunal de commerce de Paris (tribunale commerciale di Parigi) ha contestato alla Carrefour di avere, in particolare, adottato un metodo di selezione dei punti vendita che falsava la rappresentatività delle differenze di prezzo e non rispettava i requisiti di obiettività previsti dalle disposizioni nazionali confrontando i prezzi applicati nei propri ipermercati con quelli applicati nei supermercati dell’insegna Intermarché (33).

50.      Da parte sua, la Carrefour ha fatto valere, in sede di udienza dinanzi alla Corte, che occorre effettuare una distinzione tra la selezione dei parametri di confronto, la quale rientra nella libertà economica dell’operatore pubblicitario, da un lato, e la concreta attuazione del confronto, che deve rispettare il requisito dell’obiettività di cui all’articolo 4, lettera c), della direttiva 2006/114. Sempre secondo la Carrefour, rientra nella libertà dell’operatore pubblicitario selezionare i concorrenti con cui intende confrontarsi e tale selezione non può essere limitata ai negozi identici quanto a tipologia o dimensioni.

51.      Gli argomenti addotti dalla Carrefour non mi convincono, per i motivi che mi accingo ad illustrare.

52.      In primo luogo, pur godendo l’operatore pubblicitario effettivamente, secondo la giurisprudenza, di un potere discrezionale quanto alle modalità di confronto (34), non riscontro alcuna ragione per ritenere che tale potere abbia un carattere assoluto. Inoltre, non ravviso alcun fondamento giuridico nella direttiva 2006/114 per operare la distinzione proposta dalla Carrefour. Al contrario, secondo il dettato dell’articolo 4, le condizioni elencate nelle lettere da a) ad h) del menzionato articolo si applicano «[p]er quanto riguarda il confronto», e non solo per alcuni elementi delle stesse.

53.      In secondo luogo, analogamente alla Commissione, ritengo che, nella fattispecie, non sia tanto la scelta del concorrente ad essere controversa, quanto il modo in cui l’operatore pubblicitario ha effettuato detta scelta e, in tale contesto, l’informazione data ai consumatori.

54.      Considero dunque che, nella presente causa, si ponga soprattutto la questione se una pubblicità, come la pubblicità controversa, rispetti il requisito, derivante dall’articolo 4, lettera c), della direttiva 2006/114, che la pubblicità «confronti obiettivamente» una o più caratteristiche dei beni.

55.      Nel contesto di un confronto sotto il profilo del prezzo, il requisito dell’obiettività del confronto comporta, a mio avviso, che ogni indicazione di prezzo contenuta nel messaggio pubblicitario debba rispecchiare i prezzi realmente applicati dall’operatore pubblicitario e dal concorrente. In altre parole, il requisito di obiettività impone all’operatore pubblicitario di presentare le condizioni di mercato in modo corretto e leale (35). Rammento, a tal proposito, che la direttiva 2006/114 mira segnatamente a tutelare i professionisti dalla pubblicità ingannevole e dalle sue conseguenze sleali (36).

56.      Come emerge dal paragrafo 41 delle presenti conclusioni, nella fattispecie, la Carrefour ha operato un confronto dei prezzi applicati in negozi che, a partire dal secondo spot televisivo, consistevano esclusivamente in ipermercati dell’insegna Carrefour e supermercati dell’insegna Intermarché, benché ciascuna delle due insegne disponga sia di ipermercati che di supermercati.

57.      Come si è già osservato, ritengo che, in linea generale, i prezzi dei beni di consumo corrente possano variare in base alla tipologia e alle dimensioni del negozio e che, pertanto, un simile confronto asimmetrico possa avere l’effetto di creare o aumentare artificiosamente la differenza dei prezzi tra l’operatore pubblicitario e il concorrente in funzione della selezione dei negozi oggetto di confronto (37). In tal caso, il confronto non rispecchierebbe le condizioni di mercato in modo corretto e leale e non rispetterebbe quindi il requisito dell’obiettività posto dall’articolo 4, lettera c), della direttiva 2006/114.

58.      Nella fattispecie, spetta al giudice del rinvio stabilire se la selezione dei negozi oggetto del confronto controverso abbia l’effetto di creare o aumentare artificiosamente la differenza dei prezzi tra l’operatore pubblicitario e il concorrente.

B –    Sull’interpretazione della direttiva 2005/29 (seconda questione)

1.      Questione pregiudiziale e interpretazioni proposte

59.      Con la sua seconda questione pregiudiziale, il giudice del rinvio intende appurare se la circostanza che i negozi, le cui offerte vengono confrontate in una pubblicità comparativa, siano diversi quanto a dimensioni e tipologia costituisca un’informazione rilevante ai sensi dell’articolo 7 della direttiva 2005/29 (38).

60.      La Carrefour propone di rispondere in senso negativo a tale questione pregiudiziale. Secondo la parte in parola, il consumatore è cliente di un’insegna di distribuzione e il suo comportamento non è determinato né dalla tipologia né dalla superficie del negozio. Per contro, l’ITM reputa che la differenza di tipologia o dimensioni dei negozi confrontati costituisca un’informazione rilevante ai sensi della direttiva 2005/29, quando pregiudica la rappresentatività delle rilevazioni di prezzo, poiché, in tal caso, essa è idonea a influenzare sensibilmente la decisione di acquisto del consumatore.

61.      Il governo francese e la Commissione ritengono che, nel caso di specie, il fatto, per il consumatore, di sapere che i negozi i cui prezzi sono confrontati sono diversi quanto a tipologia o dimensioni possa costituire un’informazione rilevante ai sensi della direttiva 2005/29, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare.

2.      Sull’interpretazione dell’articolo 7 della direttiva 2005/29

62.      La direttiva 2005/29 non offre una definizione della nozione di «informazione rilevante», eccetto il caso particolare dell’invito all’acquisto ai sensi dell’articolo 2, lettera i), di tale direttiva (39).

63.      Dall’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2005/29 risulta che l’omissione di «informazioni rilevanti di cui il consumatore medio ha bisogno in tale contesto per prendere una decisione consapevole di natura commerciale» è ingannevole se la medesima «induca o sia idonea ad indur[lo] (…) ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso».

64.      Per i motivi che mi accingo ad illustrare, ritengo che la circostanza che i negozi, i cui prezzi sono confrontati nell’ambito di una pubblicità comparativa, siano diversi quanto a tipologia o dimensioni non costituisca sistematicamente un’«informazione rilevante» ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2005/29.

65.      In primo luogo, se non si può certo escludere che una differenza quanto a tipologia o a dimensioni possa incidere sulla scelta del consumatore di fare i suoi acquisti in un negozio piuttosto che nell’altro, la nozione di «informazione rilevante» ai sensi dell’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2005/29 non riguarda qualsivoglia fattore che influisse, in un modo o nell’altro, sul comportamento del consumatore medio, ma esclusivamente le informazioni di cui il consumatore medio «ha bisogno» per assumere una decisione consapevole di natura commerciale (40). Infatti, come si evince dai lavori preparatori della direttiva 2005/29, detto articolo è basato su un approccio teso a «trovare un punto di equilibrio tra le esigenze di informazione dei consumatori ed il riconoscimento del fatto che un eccesso di informazioni può, così come la mancanza di informazioni, costituire un problema per i consumatori» (41).

66.      In secondo luogo, occorre rammentare che l’articolo 7, paragrafo 1, della direttiva 2005/29 impone ai professionisti l’obbligo positivo di fornire ai consumatori ogni informazione ritenuta rilevante (42), la cui omissione è soggetta a sanzioni in base al diritto nazionale, a condizione che tale omissione possa indurre il consumatore ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso (43). Lo stesso vale, in forza del paragrafo 2 di detto articolo, se un’informazione del genere sia occultata o presentata in modo oscuro, incomprensibile, ambiguo o intempestivo. Inoltre, nel contesto di una pubblicità comparativa, l’omissione di un’informazione rilevante comporta che la pubblicità sia considerata ingannevole ai sensi dell’articolo 4, lettera a), della direttiva 2006/114, sempre che essa possa indurre il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso.

67.      In mancanza di una definizione comune a livello del diritto dell’Unione delle nozioni di «tipologia» e di «dimensione», imporre all’operatore pubblicitario un obbligo generale di informare il consumatore della circostanza che i negozi confrontati sono diversi quanto a tipologia o dimensioni rischierebbe, a mio avviso, di creare confusione invece di contribuire ad un livello elevato di tutela dei consumatori, che costituisce l’obiettivo perseguito dalla direttiva 2005/29 (44). In considerazione della varietà delle forme di distribuzione esistenti, credo che un simile obbligo imporrebbe la diffusione di tale informazione nella quasi totalità dei casi in cui l’operatore pubblicitario si avvalesse di una pubblicità comparativa, il che diminuirebbe considerevolmente l’utilità di siffatta informazione.

68.      Tuttavia, sono del parere che, in determinate circostanze, la circostanza che i negozi le cui offerte sono oggetto di confronto siano diversi per tipologia e dimensioni possa costituire un’informazione rilevante ai sensi dell’articolo 7 della direttiva 2005/29.

69.      Tale ipotesi può, in particolare, ricorrere quando, come nella fattispecie, l’operatore pubblicitario opera un confronto dei prezzi applicati in negozi diversi quanto a tipologia o dimensioni, laddove l’operatore pubblicitario e il concorrente appartengono ad insegne di distribuzione che dispongono entrambe di negozi identici o simili quanto a tipologia e dimensioni.

70.      Come illustrato in precedenza (45), ritengo che un tale confronto asimmetrico possa avere l’effetto di creare o aumentare artificiosamente la differenza dei prezzi tra l’operatore pubblicitario e il concorrente, in funzione della selezione dei negozi oggetto di confronto. Se così fosse, pare logico che la differenza di tipologia e dimensioni tra i negozi dell’operatore pubblicitario e quelli del concorrente potrebbe costituire un’informazione rilevante di cui il consumatore medio ha bisogno per prendere una decisione consapevole di natura commerciale, ai sensi dell’articolo 7 della direttiva 2005/29.

71.      Nella fattispecie, spetta al giudice del rinvio determinare se la selezione dei negozi oggetto del confronto controverso abbia l’effetto di creare o aumentare artificiosamente la differenza dei prezzi applicati dall’operatore pubblicitario e dal concorrente e, in tale contesto, se la differenza di tipologia e dimensioni tra i negozi dell’operatore pubblicitario e quelli del concorrente costituisca un’informazione rilevante ai sensi dell’articolo 7 della direttiva 2005/29.

C –    Sulla diffusione presso il consumatore dell’informazione rilevante (terza questione)

72.      Con la sua terza questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede alla Corte, in caso di risposta affermativa alla seconda questione, quale debba essere il grado e/o il supporto di diffusione presso il consumatore dell’informazione che i negozi confrontati sono diversi quanto a tipologia e dimensioni.

73.      A tal proposito, occorre, innanzitutto, rilevare che la direttiva 2005/29 non offre alcuna precisazione riguardo alle modalità di diffusione di un’informazione rilevante presso il consumatore. Orbene, dall’articolo 7, paragrafo 2 di tale direttiva risulta che un’informazione rilevante non può essere occultata o presentata «in modo oscuro, incomprensibile, ambiguo o intempestivo». Ne consegue, a contrario, che una siffatta informazione dev’essere diffusa presso il consumatore in modo chiaro, intellegibile, senza ambiguità e tempestivamente.

74.      Va ricordato che, nella fattispecie, la Carrefour ha operato un confronto dei prezzi applicati in negozi che, a partire dal secondo spot televisivo, consistevano esclusivamente in ipermercati dell’insegna Carrefour e supermercati dell’insegna Intermarché, benché ognuna delle due insegne disponga sia di ipermercati che di supermercati.

75.      In un caso del genere, qualora il giudice nazionale dovesse constatare che la differenza quanto a tipologia o dimensioni dei negozi le cui offerte erano state confrontate costituisce un’informazione rilevante ai sensi dell’articolo 7 della direttiva 2005/29 (46), ritengo che tale informazione debba essere contenuta nel messaggio pubblicitario stesso.

76.      In proposito, espongo le considerazioni seguenti.

77.      In primo luogo, se è vero che l’articolo 7, paragrafo 3, della direttiva 2005/29 prevede la possibilità per l’operatore pubblicitario di mettere a disposizione dei consumatori un’informazione rilevante con «altri mezzi», segnatamente qualora il principale mezzo di comunicazione impiegato imponga restrizioni in termini di spazio o di tempo (47), ritengo tuttavia che la menzionata disposizione non possa applicarsi qualora l’obbligo di comunicare detta informazione ai consumatori s’imponga non a causa del carattere intrinseco della medesima ma unicamente come conseguenza della scelta del professionista di attuare una pratica commerciale che potrebbe disattendere i requisiti previsti dalla direttiva 2006/114.

78.      Quando, difatti, come nel caso di specie, l’operatore pubblicitario opera un confronto asimmetrico dei prezzi applicati in negozi diversi quanto a tipologia o dimensioni, laddove l’operatore pubblicitario e il concorrente appartengono ad insegne di distribuzione che dispongono entrambe di negozi identici o simili per tipologia e dimensioni, l’obbligo eventuale dell’operatore pubblicitario di precisare ai consumatori la circostanza che i negozi oggetto di confronto sono diversi quanto a tipologia o dimensioni s’impone unicamente a causa della scelta dell’operatore pubblicitario di procedere ad un tale confronto.

79.      In secondo luogo, ritengo che, ove le indicazioni di prezzo, che comportano precisazioni quanto alla tipologia o alle dimensioni dei negozi oggetto di confronto, siano contenute nel messaggio pubblicitario medesimo, lo stesso debba valere per le informazioni dirette a fornire tale precisazione. Una siffatta soluzione garantisce, a mio avviso, che il messaggio pubblicitario diffuso presso i consumatori sia equilibrato.

80.      In conclusione, propongo alla Corte di rispondere alla terza questione pregiudiziale nel senso che, qualora l’operatore pubblicitario operi un confronto dei prezzi applicati in negozi diversi quanto a tipologia o dimensioni, laddove l’operatore pubblicitario e il concorrente appartengono ad insegne di distribuzione che dispongono entrambe di negozi identici o simili quanto a tipologia e dimensioni, e il giudice nazionale accerti che la differenza di tipologia e dimensioni dei negozi costituisce un’informazione rilevante ai sensi dell’articolo 7 della direttiva 2005/29, tale informazione deve essere contenuta nel messaggio pubblicitario stesso.

V –    Conclusione

81.      Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali sollevate dalla Cour d’appel de Paris (Corte d’appello di Parigi, Francia) nei termini seguenti:

1)         L’articolo 4, lettere a) e c), della direttiva 2006/114/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, concernente la pubblicità ingannevole e comparativa, deve essere interpretato nel senso che esso osta a che l’operatore pubblicitario operi un confronto dei prezzi applicati in negozi diversi quanto a tipologia o dimensioni, laddove l’operatore pubblicitario e il concorrente appartengono ad insegne di distribuzione che dispongono entrambe di negozi identici o simili quanto a tipologia e dimensioni,

–        se viene accertato, tenuto conto di tutte le circostanze rilevanti del caso di specie, e, in particolare, delle indicazioni od omissioni che accompagnano la pubblicità, che la decisione di natura commerciale di un numero significativo di consumatori, cui si rivolge tale pubblicità, può essere assunta nell’erronea convinzione che siano stati presi in considerazione tutti i negozi appartenenti a dette insegne per calcolare il livello generale dei prezzi e l’importo dei risparmi vantati dalla pubblicità e che, pertanto, tali consumatori realizzeranno risparmi di entità uguale a quella vantata da detta pubblicità effettuando regolarmente i propri acquisti di beni di consumo presso i negozi dell’insegna dell’operatore pubblicitario piuttosto che presso i negozi dell’insegna concorrente, o

–        se la selezione dei negozi oggetto del confronto ha l’effetto di creare o aumentare artificiosamente la differenza dei prezzi applicati dall’operatore pubblicitario e dal concorrente.

2)         La circostanza che i negozi le cui offerte vengono confrontate nell’ambito di una pubblicità comparativa siano diversi quanto a dimensioni e tipologia può costituire un’informazione rilevante ai sensi dell’articolo 7 della direttiva 2005/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2005, relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio («direttiva sulle pratiche commerciali sleali»), qualora l’operatore pubblicitario operi un confronto dei prezzi applicati in negozi diversi quanto a tipologia e dimensioni, laddove l’operatore pubblicitario e il concorrente appartengono ad insegne di distribuzione che dispongono entrambe di negozi identici o simili quanto a tipologia o dimensioni, e la selezione dei negozi oggetto di confronto abbia l’effetto di creare o di aumentare artificiosamente la differenza dei prezzi applicati dall’operatore pubblicitario e dal concorrente.

3)         Qualora l’operatore pubblicitario operi un confronto dei prezzi applicati in negozi diversi quanto a tipologia o dimensioni, laddove l’operatore pubblicitario e il concorrente appartengono ad insegne di distribuzione che dispongono entrambe di negozi identici o simili quanto a tipologia e dimensioni, e il giudice nazionale accerti che la differenza di tipologia e dimensioni dei negozi costituisce un’informazione rilevante ai sensi dell’articolo 7 della direttiva 2005/29, tale informazione deve essere contenuta nel messaggio pubblicitario stesso.


1      Lingua originale: il francese.


2      V., in particolare, sentenze del 25 ottobre 2001, Toshiba Europe (C‑112/99, EU:C:2001:566); dell’8 aprile 2003, Pippig Augenoptik (C‑44/01, EU:C:2003:205); del 19 settembre 2006, Lidl Belgium (C‑356/04, EU:C:2006:585), nonché del 18 novembre 2010, Lidl (C‑159/09, EU:C:2010:696).


3      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, concernente la pubblicità ingannevole e comparativa (GU 2006, L 376, pag. 21).


4      Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 maggio 2005, relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno e che modifica la direttiva 84/450/CEE del Consiglio e le direttive 97/7/CE, 98/27/CE e 2002/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio e il regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio («direttiva sulle pratiche commerciali sleali») (GU 2005, L 149, pag. 22).


5      Il tribunal de commerce de Paris (tribunale commerciale di Parigi) ha inoltre ritenuto che la Carrefour fosse venuta meno all’obbligo, derivante dall’articolo L. 121‑12 del codice del consumo, di dimostrare l’esattezza materiale dei messaggi e delle indicazioni riportati nelle pubblicità di cui trattasi. Inoltre, detto giudice ha reputato che l’utilizzo di tali rilevazioni di prezzo realizzate diversi mesi prima della diffusione degli spot televisivi fosse ingannevole ai sensi dell’articolo menzionato.


6      Dalla decisione di rinvio non risulta quale significato il giudice del rinvio attribuisca alle nozioni di «tipologia» e di «dimensione». Sulla base delle osservazioni presentate alla Corte, suppongo che la nozione di «tipologia» riguardi il tipo di negozio (ad esempio un ipermercato, un supermercato o un negozio al dettaglio), mentre la nozione di «dimensione» riguardi la superficie di vendita del negozio.


7      V. considerando 11 della direttiva 2006/114. In forza dell’articolo 2, lettera c), di tale direttiva, per «pubblicità comparativa», s’intende «qualsiasi pubblicità che identifica in modo esplicito o implicito un concorrente o beni o servizi offerti da un concorrente». Sulla nozione di «pubblicità comparativa», v. sentenza del 19 aprile 2007, De Landtsheer Emmanuel (C‑381/05, EU:C:2007:230, punti da 14 a 24).


8      Direttiva del Consiglio, del 10 settembre 1984, relativa al ravvicinamento delle disposizioni legislative, regolamentari ed amministrative degli Stati membri in materia di pubblicità ingannevole (GU 1984, L 250, pag. 17), come modificata dalla direttiva 97/55/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 ottobre 1997 (GU 1997, L 290, pag. 18), e dalla direttiva 2005/29.


9      V. considerando 1 e articolo10 della direttiva 2006/114.


10      V. sentenze dell’8 aprile 2003, Pippig Augenoptik (C‑44/01, EU:C:2003:205, punto 44), e del 18 novembre 2010, Lidl (C‑159/09, EU:C:2010:696, punto 22). V., anche, articolo 8, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2006/114 e articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 84/450.


11      V. considerando 1 della direttiva 2006/114 e punto 4 della relazione che accompagna la proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente la pubblicità ingannevole e comparativa, del 19 maggio 2006 [COM(2006) 222 definitivo], che ha portato alla sua adozione.


12      Ai sensi di detto articolo 4, lettera b), la pubblicità comparativa è lecita quando «confronti beni o servizi che soddisfano gli stessi bisogni o si propongono gli stessi obiettivi». V., riguardo a tale condizione, sentenze del 19 settembre 2006, Lidl Belgium (C‑356/04, EU:C:2006:585, punti da 24 a 39), e del 18 novembre 2010, Lidl (C‑159/09, EU:C:2010:696, punti da 25 a 40).


13      V., per quanto concerne il confronto di prodotti acquistati attraverso canali di distribuzione diversi, sentenza dell’8 aprile 2003, Pippig Augenoptik (C‑44/01, EU:C:2003:205, punto 65).


14      Il corsivo è mio. Sentenza del 18 novembre 2010, Lidl (C‑159/09, EU:C:2010:696, punto 20 e giurisprudenza citata), che verteva sulla disposizione corrispondente all’articolo 3 bis della direttiva 84/450. V., anche, considerando 6, 8 e 9 della direttiva 2006/114 e sentenza del 19 settembre 2006, Lidl Belgium (C‑356/04, EU:C:2006:585, punto 33).


15      Il corsivo è mio. Sentenza del 18 novembre 2010, Lidl (C‑159/09, EU:C:2010:696, punto 21 e giurisprudenza citata). V., anche, sentenza del 25 ottobre 2001, Toshiba Europe (C‑112/99, EU:C:2001:566, punto 37). Tale giurisprudenza riguarda l’interpretazione dell’articolo 3 bis de la direttiva 84/450 che è, sostanzialmente, ripreso dall’articolo 4 della direttiva 2006/114.


16      Sentenza del 19 settembre 2006, Lidl Belgium (C‑356/04, EU:C:2006:585, punto 29 e giurisprudenza citata).


17      Sentenza del 19 settembre 2006, Lidl Belgium (C‑356/04, EU:C:2006:585, punto 39).


18      Sentenza del 23 febbraio 2006, Siemens (C‑59/05, EU:C:2006:147, punto 22 e giurisprudenza citata). V., anche, considerando 6 della direttiva 2006/114. Sull’utilità di un’informazione comparativa avente ad oggetto il livello generale dei prezzi praticati nelle catene di grandi magazzini, v. sentenza del 19 settembre 2006, Lidl Belgium (C‑356/04, EU:C:2006:585, punto 35).


19      Ai fini delle presenti conclusioni, i termini «insegna di distribuzione» indicano un gruppo di negozi che operano sotto insegne identiche o simili. In sede di udienza, la Carrefour ha rilevato che l’insegna Carrefour è utilizzata per gli ipermercati appartenenti al gruppo Carrefour, mentre i supermercati che fanno capo a tale gruppo operano sotto l’insegna Carrefour Market. Dalle osservazioni presentate dall’ITM risulta che gli ipermercati appartenenti al gruppo Intermarché operano sotto l’insegna Intermarché Hyper, mentre i supermercati utilizzano l’insegna Intermarché Super.


20      L’articolo 4, lettera a), della direttiva 2006/114 rinvia parimenti all’articolo 3 di tale direttiva che elenca gli elementi che si devono considerare per stabilire se una pubblicità sia ingannevole, compresi, secondo la sua lettera b), i suoi riferimenti «al prezzo o al modo in cui questo viene calcolato, e alle condizioni alle quali i beni o i servizi vengono forniti», nonché all’articolo 8 di detta direttiva, secondo cui essa non osta al mantenimento o all’adozione da parte degli Stati membri di disposizioni che abbiano lo scopo di garantire una più ampia tutela, in materia di pubblicità ingannevole, dei professionisti e dei concorrenti.


21      V. paragrafi 4, 6 e 7 delle presenti conclusioni.


22      V., per quanto concerne la nozione di «decisione di natura commerciale», articolo 2, lettera k), della direttiva 2005/29.


23      Per quanto concerne l’interpretazione della nozione di «informazione rilevante» ai sensi di detto articolo 7, paragrafo 1, v. i paragrafi da 62 a 71 delle presenti conclusioni.


24      V. sentenza del 18 novembre 2010, Lidl (C‑159/09, EU:C:2010:696, punto 46 e giurisprudenza citata).


25      V., in senso analogo, a proposito della determinazione del carattere «sleale» di una pratica commerciale alla luce dei criteri sanciti agli articoli da 5 a 9 della direttiva 2005/29, ordinanza dell’8 settembre 2015, Cdiscount (C‑13/15, EU:C:2015:560, punto 38 e giurisprudenza citata).


26      V., in tal senso, sentenza del 18 novembre 2010, Lidl (C‑159/09, EU:C:2010:696, punti 47 e 48 e giurisprudenza citata). V., anche, considerando 18 della direttiva 2005/29.


27      Le informazioni fornite alla Corte non consentono tuttavia di stabilire l’esatta correlazione tra la tipologia e le dimensioni del negozio, da un lato, e il livello di prezzo, dall’altro.


28      Secondo la giurisprudenza della Corte, la nozione di «decisione di natura commerciale», ai sensi della direttiva 2005/29, comprende non soltanto la decisione di acquistare o meno un prodotto, ma anche quella che presenta un nesso diretto con quest’ultima, ossia la decisione di entrare nel negozio. V. sentenza del 19 dicembre 2013, Trento Sviluppo e Centrale Adriatica (C‑281/12, EU:C:2013:859, punto 36).


29      Nella fattispecie, la dicitura «super» compariva, negli spot televisivi, sotto al nome Intermarché, in caratteri più piccoli. V. paragrafo 11 delle presenti conclusioni.


30      V., analogamente, sentenze del 19 settembre 2006, Lidl Belgium (C‑356/04, EU:C:2006:585, punti da 83 a 85), nonché del 18 novembre 2010, Lidl (C‑159/09, EU:C:2010:696, punti 50 e 56).


31      V., per quanto concerne l’obbligo dell’operatore pubblicitario di dimostrare l’esattezza materiale dei dati di fatto contenuti nella sua pubblicità, considerando 19 della direttiva 2006/114 e sentenza del 19 settembre 2006, Lidl Belgium (C‑356/04, EU:C:2006:585, punti 68 e 70). Nella fattispecie, sembra pacifico che le indicazioni relative alle differenze di prezzo presentate nella campagna pubblicitaria controversa valessero esclusivamente per gli ipermercati dell’insegna Carrefour rispetto ai supermercati dell’insegna Intermarché.


32      Sentenza del 19 settembre 2006, Lidl Belgium (C‑356/04, EU:C:2006:585, punti da 43 a 46), vertente sull’articolo 3 bis, paragrafo 1, lettera c), della direttiva 84/450. V., anche, considerando 9 della direttiva 2006/114.


33      V. paragrafi da 13 a 15 delle presenti conclusioni.


34      V. paragrafo 29 delle presenti conclusioni.


35      V., a tal proposito, punto 18 dell’allegato I della direttiva 2005/29, secondo cui il fatto di «[c]omunicare informazioni di fatto inesatte sulle condizioni di mercato (…) allo scopo d’indurre il consumatore ad acquistare il prodotto a condizioni meno favorevoli di quelle normali di mercato» si configura sempre come pratica sleale. V., per quanto riguarda gli strumenti di valutazione a disposizione dei consumatori e i siti in cui si confrontano i prezzi, punto 3.4.2 della relazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio e al Comitato economico e sociale europeo sull’applicazione della direttiva 2005/29.


36      Articolo 1 della direttiva 2006/114. V., anche, sentenza del 13 marzo 2014, Posteshop (C‑52/13, EU:C:2014:150, punti 22 e 27).


37      V. paragrafo 43 delle presenti conclusioni.


38      Faccio presente che, in forza del suo articolo 3, paragrafo 1, la direttiva 2005/29 si applica soltanto alle pratiche sleali tra imprese e consumatori. Tuttavia, gli articoli 6 e 7 di tale direttiva possono essere indirettamente applicati ai rapporti tra le imprese, come le parti della controversia principale, grazie al rinvio a dette disposizioni operato dall’articolo 4, lettera a), della direttiva 2006/114. V. paragrafo 5 delle presenti conclusioni.


39      Le informazioni fornite alla Corte dal giudice del rinvio non consentono di stabilire se la pubblicità controversa costituisca un invito all’acquisto ai sensi dell’articolo 2, lettera i), della direttiva 2005/29. Se così fosse, le informazioni elencate nell’articolo 7, paragrafo 4, lettere da a) ad e), di tale direttiva sarebbero considerate rilevanti qualora non risultino già evidenti dal contesto. V., per quanto concerne la nozione di «invito all’acquisto», sentenza del 12 maggio 2011, Ving Sverige (C‑122/10, EU:C:2011:299).


40      V., anche, punto 3.4.1 del documento di lavoro dei servizi della Commissione, del 25 maggio 2016, Guidance on the implementation/application of directive 2005/29/EC on unfair commercial practices [SWD(2016) 163 final, pag. 69].


41      Punto 65 della relazione che accompagna la proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alle pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno e che modifica le direttive 84/450/CEE, 97/7/CE e 98/27/CE (direttiva sulle pratiche commerciali sleali), del 18 giugno 2003 [COM (2003) 356 definitivo], che ha condotto all’adozione della direttiva 2005/29. Tuttavia, v. articolo 7, paragrafo 5, della direttiva 2005/29, secondo cui sono considerati rilevanti gli obblighi di informazione previsti dal diritto dell’Unione e connessi alle comunicazioni commerciali, compresa la pubblicità o il marketing, e di cui l’allegato II di tale direttiva fornisce un elenco non esaustivo.


42      V., in tal senso, punto 3.4.1 del documento di lavoro dei servizi della Commissione del 25 maggio 2016 (op.cit.).


43      V. articolo 13 della direttiva 2005/29.


44      V. articolo 1 e considerando 5 e 11 della direttiva 2005/29. V., per quanto riguarda la relazione tra gli interessi economici dei consumatori e gli interessi dei concorrenti, considerando 8 di tale direttiva.


45      V. paragrafi 43 e 57 delle presenti conclusioni.


46      V. paragrafi da 68 a 71 delle presenti conclusioni.


47      V., anche, articolo 7, paragrafo 1, nonché, per quanto riguarda l’invito all’acquisto, articolo 4, lettera a), della direttiva 2005/29, e sentenza del 12 maggio 2011, Ving Sverige (C‑122/10, EU:C:2011:299, punti da 50 a 59).