Language of document : ECLI:EU:C:2018:650

CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

MELCHIOR WATHELET

presentate il 7 agosto 2018 (1)

Causa C575/17

Sofina SA,

Rebelco SA,

Sidro SA

contro

Ministre de l’Action et des Comptes publics

[domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Conseil d’État (Consiglio di Stato, Francia)]

«Rinvio pregiudiziale – Libera circolazione dei capitali – Ritenuta alla fonte sull’importo lordo dei dividendi di origine nazionale versati a società non residenti – Tassazione differente, basata sul risultato netto, dei dividendi versati a società residenti»






I.      Introduzione

1.        La domanda di pronuncia pregiudiziale in esame verte sull’interpretazione degli articoli 63 e 65 TFUE alla luce delle disposizioni della normativa francese che prevedono una ritenuta alla fonte, calcolata sull’importo lordo, per i dividendi versati da una società residente a società non residenti deficitarie, mentre i dividendi versati a una società residente deficitaria sono assoggettati ad imposta in base al regime di diritto comune, sul loro importo netto, solo successivamente, qualora il suo risultato divenga positivo.

II.    Contesto normativo

A.      Diritto francese

2.        A termini dell’articolo 38 del Code général des impôts (Codice generale delle imposte; in prosieguo: il «CGI»):

«(…) l’utile imponibile è quello netto, determinato secondo i risultati complessivi delle operazioni di qualsiasi natura effettuate dalle imprese, ivi comprese in particolare le cessioni di qualsivoglia elemento dell’attivo, o nel corso o al termine della gestione».

3.        L’articolo 39‑1 del CGI aggiunge quanto segue:

«L’utile netto è determinato previa detrazione di tutti gli oneri (…)».

4.        L’articolo 119 bis, paragrafo 2, del CGI, prevede che i ricavi di cui agli articoli da 108 a 117 bis del CGI, compresi i dividendi, diano luogo all’applicazione di una ritenuta alla fonte la cui aliquota è fissata all’articolo 187‑1, del CGI, qualora essi vadano a beneficio di soggetti che non hanno il domicilio fiscale o la sede in Francia.

5.        Nel testo applicabile alle circostanze del caso di specie l’articolo 187‑1 del CGI fissa l’aliquota della ritenuta alla fonte al 25%.

6.        Nel testo applicabile sino al 21 settembre 2011, l’articolo 209‑1 del CGI precisava quanto segue:

«(…) [I]n caso di deficit subito durante un esercizio, tale deficit è considerato un onere dell’esercizio successivo e dedotto dall’utile realizzato durante detto esercizio. Se tale utile non è sufficiente affinché la deduzione possa essere integralmente effettuata, l’eccedenza del deficit è riportata agli esercizi successivi».

7.        Dal 21 settembre 2011, l’articolo 209‑1 del CGI così recita:

«(…) [I]n caso di deficit subito durante un esercizio, tale deficit è considerato un onere dell’esercizio successivo e dedotto dall’utile realizzato durante detto esercizio entro i limiti di un importo pari a [EUR] 1 000 000 maggiorato del 60% dell’importo corrispondente all’utile imponibile di detto esercizio eccedente tale primo importo. Se tale utile non è sufficiente affinché la deduzione possa essere integralmente effettuata, l’eccedenza del deficit è riportata agli esercizi successivi. Lo stesso vale per la frazione di deficit non deducibile in applicazione del primo periodo del presente comma».

B.      Convenzione fiscale del 10 marzo 1964 stipulata tra la Francia e il Belgio

8.        L’articolo 15 della convenzione fiscale stipulata il 10 marzo 1964 tra la Francia e il Belgio, e successive modifiche (in prosieguo: la «convenzione franco‑belga») stabilisce quanto segue:

«1. I dividendi con fonte in uno Stato contraente e versati a un residente dell’altro Stato contraente sono tassati nel secondo Stato.

2. Tuttavia, fatte salve le disposizioni di cui al paragrafo 3, tali dividendi possono essere tassati nello Stato contraente in cui ha sede la società distributrice dei dividendi e conformemente alla normativa di questo Stato; nondimeno, l’imposta in tal modo stabilita non potrà eccedere:

a)      il 10 per cento dell’ammontare lordo dei dividendi se il beneficiario è una società che ha la proprietà esclusiva di almeno il 10% del capitale della società distributrice sin dall’inizio dell’ultimo esercizio sociale di quest’ultima, chiuso prima della distribuzione;

b)      il 15 per cento dell’ammontare lordo dei dividendi, negli altri casi.

Il presente paragrafo non riguarda la tassazione degli utili della società utilizzati per il pagamento dei dividendi.

(…)».

III. Fatti

9.        La Sofina SA, la Rebelco SA e la Sidro SA, società di diritto belga e residenti in Belgio, percepivano, dal 2008 al 2011, dividendi derivanti dalle loro partecipazioni in società francesi, nelle quali detenevano quote di minoranza che non davano diritto a godere del regime delle società capogruppo previsto dal CGI e dalla direttiva 2011/96/UE del Consiglio, del 30 novembre 2011, concernente il regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi (2) (in prosieguo: la «direttiva madri‑figlie»).

10.      Ai sensi dell’articolo 119 bis del CGI, in combinato disposto con l’articolo 15, paragrafo 2, della convenzione franco‑belga, a tali dividendi venivano applicate ritenute alla fonte con un’aliquota del 15%.

11.      Avendo chiuso gli esercizi dal 2008 al 2011 con un risultato negativo, le società belghe interessate presentavano reclamo all’amministrazione finanziaria francese, volto alla restituzione delle ritenute prelevate. Dato che una società deficitaria avente sede in Francia è soggetta, in realtà, a tassazione dei dividendi di fonte francese solo quando il suo risultato imponibile diviene nuovamente positivo, le società belghe interessate ritenevano di essere soggetto ad un trattamento meno favorevole rispetto alle loro omologhe francesi.

12.      Essendo stati respinti tali reclami, le società belghe interessate adivano i giudici competenti i quali, tanto in primo grado quanto in appello, non accoglievano le domande di restituzione.

13.      Le società medesime proponevano quindi ricorso di annullamento dinanzi al Conseil d’État (Consiglio di Stato, Francia).

14.      Tale giudice rilevava, in primo luogo, che l’applicazione di una ritenuta alla fonte solo in capo alle società non residenti deficitarie, laddove percepiscano dividendi derivanti delle loro partecipazioni in società francesi, può causare loro uno svantaggio in termini di liquidità rispetto alle società residenti deficitarie che percepiscano dividendi dalle loro partecipazioni in società francesi. Il giudice medesimo intende tuttavia accertare se tale circostanza costituisca di per sé una differenza di trattamento che costituisca una restrizione ai sensi dell’articolo 63 TFUE.

15.      Anche a voler ammettere che la normativa de qua costituisca una restrizione di tal genere, il Consiglio di Stato si chiede, in secondo luogo, se, alla luce della finalità di tali disposizioni, ossia garantire l’efficacia della riscossione dell’imposta, detta restrizione non possa essere giustificata.

16.      In terzo luogo, il Consiglio di Stato rileva che anche le differenze nelle modalità di calcolo della base imponibile dei dividendi, a seconda che la società percettrice sia residente o meno, potrebbero costituire una restrizione. Infatti, quando la ritenuta alla fonte prevista all’articolo 119 bis del CGI viene calcolata sull’importo lordo dei dividendi, le costi connesse alla percezione stessa dei dividendi sono dedotte dalla base imponibile ai fini del calcolo dell’imposta gravante sui dividendi versati a una società residente, mentre una deduzione analoga non è possibile nel caso in cui i dividendi siano versati a una società non residente.

17.      Ciò premesso, il Consiglio di Stato ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se gli articoli (…) 63 e 65 [TFUE] debbano essere interpretati nel senso che le minori disponibilità liquide risultanti dall’applicazione di una ritenuta alla fonte ai dividendi versati a società non residenti deficitarie, mentre le società residenti deficitarie sono tassate sull’importo dei dividendi percepiti solo nel corso dell’esercizio durante il quale divengono, eventualmente, nuovamente beneficiarie, costituisca di per sé una differenza di trattamento costitutiva di una restrizione alla libertà di circolazione dei capitali.

2)      Se l’eventuale restrizione alla libertà di circolazione dei capitali menzionata al quesito precedente possa essere giustificata, con riguardo alle esigenze risultanti dagli articoli (…) 63 e 65 [TFUE], dalla necessità di garantire l’efficacia della riscossione dell’imposta, dal momento che le società non residenti non sono soggette al controllo dell’amministrazione finanziaria francese, o anche dalla necessità di tutelare la ripartizione del potere impositivo tra gli Stati membri.

3)      Nel caso in cui l’applicazione della ritenuta controversa alla fonte risulti, in linea di principio, ammissibile rispetto alla libertà di circolazione dei capitali:

–        se tali disposizioni ostino alla riscossione di una ritenuta alla fonte sui dividendi versati da una società residente ad una società deficitaria non residente di un altro Stato membro qualora quest’ultima cessi la propria attività senza essere nuovamente divenuta beneficiaria, mentre una società residente che si trovi nella stessa situazione non è effettivamente tassata sull’importo di tali dividendi.

–        se tali disposizioni debbano essere interpretate nel senso che, in presenza di regole impositive che assoggettino a trattamento diverso i dividendi a seconda che siano versati ai residenti o ai non residenti, occorra procedere al raffronto della pressione fiscale effettiva gravante su ciascuno di essi per tali dividendi, con la conseguenza che una restrizione alla libertà di circolazione dei capitali risultante dal fatto che tali regole escludano, per i soli non residenti, la deduzione dei costi direttamente connessi alla percezione, in quanto tale, dei dividendi, potrebbe risultare giustificata dalla differenza di aliquota tra l’imposizione di diritto comune posta, per un esercizio successivo, a carico dei residenti e la ritenuta alla fonte prelevata sui dividendi versati ai non residenti, laddove tale differenza compensi, con riguardo al quantum dell’imposta assolta, la differenza di base imponibile».

IV.    Procedimento dinanzi alla Corte

18.      La presente domanda di pronuncia pregiudiziale è stata depositata dinanzi alla Corte il 28 settembre 2017. La Sofina, i governi francese, belga, tedesco, dei Paesi Bassi, svedese e del Regno Unito nonché la Commissione hanno presentato osservazioni scritte.

19.      All’udienza tenutasi il 25 giugno 2018, la Sofina, i governi francese, tedesco e svedese nonché la Commissione hanno presentato le proprie osservazioni orali.

V.      Analisi

A.      Osservazioni preliminari

20.      Il giudice del rinvio pone anzitutto le proprie questioni sotto il profilo della libera circolazione dei capitali e degli articoli 63 e 65 TFUE, in quanto le società belghe Sofina, Rebelco e Sidro hanno percepito dividendi derivanti da partecipazioni di minoranza in società francesi che non conferivano loro il potere di esercitare un’influenza decisiva nell’impresa. Tuttavia, il ragionamento di seguito esposto sarebbe esattamente identico se fosse in discussione la libertà di stabilimento, poiché tutti i versamenti di dividendi in questione hanno luogo solo tra società stabilite in Stati membri.

21.      Dalle questioni pregiudiziali sollevate dal giudice del rinvio emergono due differenze poste dalla normativa francese nel trattamento fiscale dei dividendi, a seconda che siano versati da società residenti ad altre società residenti o, al contrario, a società non residenti:

–        i dividendi versati a società residenti deficitarie sono soggetti a imposizione solo se e quando il loro risultato diviene o diviene nuovamente positivo, mentre la normativa francese prevede una ritenuta alla fonte sui dividendi versati dalle società residenti a società non residenti, anche se queste ultime sono deficitarie. Le prime possono quindi non essere mai tassate e, in caso di imposizione fiscale, hanno in ogni caso un vantaggio in termini di liquidità, in quanto la ritenuta alla fonte sui dividendi versati a società non residenti viene applicata necessariamente, nel corso o meno del medesimo esercizio fiscale, prima dell’imposizione dei dividendi versati a società residenti. Questa prima differenza di trattamento forma oggetto della prima e della seconda questione pregiudiziale nonché del primo capo della terza questione pregiudiziale;

–        la base per calcolo dell’imposta sui dividendi è diversa, in quanto la ritenuta alla fonte percepita sui dividendi versati a società non residenti viene calcolata sull’importo lordo dei dividendi, mentre i dividendi versati società residenti sono tassati sul loro importo netto, dato che i costi di percezione di tali dividendi sono oggetto di deduzione, non prevista, invece, per i dividendi versati a società non residenti. Tale differenza di trattamento forma oggetto del secondo capo della terza questione pregiudiziale.

22.      Pertanto, esaminerò anzitutto la prima e la seconda questione pregiudiziale nonché il primo capo della terza questione pregiudiziale e successivamente il restante capo di quest’ultima questione.

B.      Sulla prima e sulla seconda questione pregiudiziale nonché sul primo capo della terza questione pregiudiziale

1.      Giurisprudenza della Corte riguardante l’imposizione dei dividendi, cosiddetti «in uscita»

23.      La giurisprudenza della Corte è ricca di sentenze che hanno affrontato il problema della diversa imposizione fiscale dei dividendi a seconda che la società residente distributrice (ad esempio una controllata) li corrisponda ad un azionista residente (ad esempio la sua controllante) o, al contrario, ad un azionista non residente. In quest’ultimo caso, si parla quindi di «dividendi in uscita» (outgoing dividends).

24.      Secondo la Corte, «un trattamento sfavorevole, da parte di uno Stato membro, dei dividendi distribuiti ai [contribuenti] non residenti, rispetto al trattamento riservato ai dividendi corrisposti a [contribuenti] residenti, è idoneo a dissuadere le società stabilite in uno Stato membro diverso dal primo dall’investire nello stesso primo Stato membro e costituisce, di conseguenza, una restrizione alla libera circolazione dei capitali vietata, in linea di principio, dall’articolo 63 TFUE» (3).

25.      Dal momento in cui uno Stato membro, unilateralmente o per effetto di accordi, assoggetti ad imposta non soltanto gli azionisti residenti, ma anche gli azionisti non residenti, per i dividendi che essi percepiscono da una società residente, la situazione degli azionisti non residenti è analoga a quella degli azionisti residenti (4).

26.      Poiché le rispettive situazioni degli azionisti sono quindi analoghe, una normativa nazionale «costituisce una misura discriminatoria incompatibile con il Trattato [FUE] in quanto prevede un’imposizione dei dividendi versati da consociate residenti alle società madri [non residenti] più gravosa rispetto a quella prevista sui medesimi dividendi versati a società madri francesi [residenti]» (5).

27.      Lo stesso ragionamento vale a fortiori nel caso in cui i dividendi che non escono dallo Stato membro siano imponibili solo in un momento successivo rispetto ai dividendi in uscita, o siano totalmente esentati mentre i dividendi in uscita siano, invece, tassati (6).

28.      Molto spesso, lo Stato di residenza della società distributrice impone una ritenuta alla fonte sui dividendi in uscita. Non è tuttavia questa ritenuta alla fonte, applicata unicamente ai dividendi versati ad azionisti non residenti, a costituire, in quanto tale, una restrizione alla libera circolazione dei capitali, poiché si tratta solo di una modalità di riscossione dell’imposta (7). Ciò che rileva è la differenza nel trattamento fiscale generale applicato alle due categorie di dividendi.

29.      In varie cause, la Corte ha affermato, in conclusione, la sussistenza di una restrizione alla libera circolazione dei capitali laddove lo Stato membro della società distributrice ha imposto una ritenuta alla fonte tanto ai dividendi in uscita quanto ai dividendi non in uscita dal proprio territorio. Ciò è avvenuto nella causa oggetto della sentenza del 20 ottobre 2011, Commissione/Germania (C‑284/09, EU:C:2011:670), in cui la ritenuta alla fonte era imposta a tutti i dividendi distribuiti da una società stabilita in Germania, ma nella quale solo le società residenti beneficiavano di un credito d’imposta, che veniva addirittura rimborsato se l’imposta definitiva sul reddito era inferiore a tale credito d’imposta, mentre, per le società non residenti, la ritenuta alla fonte veniva prelevata in via definitiva.

30.      Ciò è quanto si è parimenti verificato nella causa oggetto dell’ordinanza del 12 luglio 2012, Tate & Lyle Investments (C‑384/11, non pubblicata, EU:C:2012:463), in cui il beneficiario di dividendi residente versava una ritenuta alla fonte imputabile e rimborsabile mentre, per il non residente, la ritenuta alla fonte era definitiva.

31.      Ciò è quanto è altresì avvenuto nella causa oggetto della sentenza del 17 settembre 2015, Miljoen e a. (C‑10/14, C‑14/14 e C‑17/14, EU:C:2015:608), in cui i contribuenti residenti beneficiavano di un rimborso della ritenuta alla fonte o di un meccanismo di detrazione, mentre, per i contribuenti non residenti, la ritenuta costituiva un’imposta definitiva.

32.      In altri termini, come ha dichiarato la Corte nella sentenza del 10 maggio 2012, Santander Asset Management SGIIC e a. (da C‑338/11 a C‑347/11, EU:C:2012:286), «gli articoli 63 TFUE e 65 TFUE devono essere interpretati nel senso che ostano ad una normativa di uno Stato membro che prevede l’assoggettamento ad imposta, mediante ritenuta alla fonte, di dividendi d’origine nazionale se ricevuti da [contribuenti] residenti in un altro Stato membro, mentre siffatti dividendi sono esenti da imposta in capo a[contribuenti] residenti nel primo Stato» (8).

2.      Applicazione di tale giurisprudenza al procedimento principale

a)      Sull’esistenza di una restrizione alla libera circolazione dei capitali

33.      La normativa francese oggetto del procedimento principale assoggetta ad imposta i dividendi versati a società non residenti deficitarie per effetto di una ritenuta alla fonte, mentre i dividendi versati a società residenti sono tassati solo eventualmente, e in ogni caso successivamente, per effetto dell’imposta sulle società, nel corso dell’esercizio relativamente al quale tali società diventano beneficiarie di un utile.

34.      Pur in mancanza di un’esenzione formale dei dividendi versati a società residenti deficitarie, l’imposizione dei dividendi ad esse versati avviene solo eventualmente, in ogni caso in un momento successivo o forse mai, poiché la società residente percettrice dei dividendi potrebbe non divenire mai beneficiaria di utili, o addirittura cessare la propria attività (9).

35.      Nella specie sussiste, conseguentemente, un’imposizione manifestamente meno favorevole per i dividendi versati a società non residenti deficitarie, in quanto l’imposizione dei dividendi versati a società residenti può non avvenire mai e, qualora avvenga, avviene solo in un momento successivo, il che implica uno svantaggio in termini di liquidità per le società deficitarie non residenti, ipotesi, quest’ultima, espressamente menzionata dal giudice del rinvio nella prima questione.

36.      In merito a tale questione, ritengo, conclusivamente, che il sistema istituito da una normativa di uno Stato membro come quella oggetto del procedimento principale costituisca una restrizione alla libera circolazione dei capitali vietata, in linea di principio, dall’articolo 63 TFUE.

b)      Sulla comparabilità delle fattispecie e sull’esistenza di un motivo imperativo di interesse generale idoneo a giustificare la libera circolazione dei capitali

37.      A norma dell’articolo 65, paragrafo 1, lettera a), TFUE, le disposizioni dell’articolo 63 TFUE non pregiudicano il diritto degli Stati membri di applicare le pertinenti disposizioni della loro legislazione tributaria in cui si opera una distinzione tra i contribuenti che non si trovano nella medesima situazione per quanto riguarda il loro luogo di residenza o il luogo di collocamento del loro capitale.

38.      Come già precisato supra al paragrafo 26, la giurisprudenza della Corte è chiara: dal momento in cui uno Stato membro assoggetti ad imposta non soltanto gli azionisti residenti, ma anche gli azionisti non residenti, per i dividendi che essi percepiscano da una società residente, la situazione degli azionisti non residenti è analoga a quella degli azionisti residenti.

39.      La differenza di trattamento creata dalla normativa francese oggetto del procedimento principale «non può essere [quindi] giustificata da una differenza di situazione pertinente» (10).

c)      Sulla giustificazione

40.      Dinanzi alla Corte sono state dedotte dal governo francese due ragioni giustificative, ossia la necessità di salvaguardare la ripartizione equilibrata della potestà impositiva tra gli Stati membri e la necessità di garantire l’efficacia della riscossione dell’imposta.

41.      Per quanto la necessità di salvaguardare una ripartizione equilibrata della potestà impositiva tra gli Stati membri possa essere ammessa qualora, in particolare, il regime de quo sia inteso a prevenire comportamenti atti a porre a rischio il diritto di uno Stato membro di esercitare la propria potestà impositiva in relazione alle attività svolte sul suo territorio (11), rilevo anzitutto che, laddove la normativa francese oggetto del procedimento principale implica una tassazione dei dividendi in uscita meno favorevole rispetto ai dividendi versati a residenti (quantomeno uno svantaggio in termini di liquidità), occorre sottolineare che il governo francese non spiega in qual modo tale tassazione sia necessaria per garantire un’equilibrata ripartizione della potestà impositiva tra gli Stati membri, mentre tale scopo può essere raggiunto mediante misure non discriminatorie quali, ad esempio, l’applicazione di una ritenuta alla fonte sia ai dividendi versati ai residenti sia a quelli versati a non residenti.

42.      Inoltre, poiché la normativa francese oggetto del procedimento principale può implicare l’esenzione dei dividendi versati a società residenti, occorre ricordare che uno Stato membro, qualora abbia optato di non assoggettare ad imposta i residenti beneficiari di dividendi d’origine nazionale, non può invocare la necessità di garantire un’equilibrata ripartizione della potestà impositiva tra gli Stati membri per giustificare l’assoggettamento ad imposta dei non residenti beneficiari di tali redditi (12).

43.      Infine, rilevo che la Repubblica francese ha ben esercitato la propria potestà impositiva sui dividendi versati a società non residenti, le quali non avevano del resto alcuna possibilità di optare per un altro sistema fiscale nazionale, che avesse concesso loro un regime fiscale più favorevole sui medesimi dividendi.

44.      La normativa francese oggetto del procedimento principale non può essere giustificata neppure dalla necessità di garantire l’efficacia della riscossione dell’imposta, in quanto tale ragione giustificativa non può giustificare una tassazione che colpisca soltanto, essenzialmente, i non residenti (13).

45.      Per tali ragioni, propongo alla Corte di rispondere alla prima e alla seconda questione pregiudiziale nonché al primo capo della terza questione pregiudiziale dichiarando che gli articoli 63 e 65 TFUE devono essere interpretati nel senso che ostano alla normativa di uno Stato membro che assoggetti ad imposta i dividendi versati a una società non residente deficitaria mediante una ritenuta alla fonte, mentre per le società residenti in analoga situazione l’importo dei dividendi di origine nazionale non viene tassato, sempreché le società stesse rimangano deficitarie.

C.      Sul secondo capo della terza questione pregiudiziale

46.      Con il secondo capo della terza questione pregiudiziale, il giudice del rinvio chiede se, alla luce dell’onere fiscale effettivo gravante sui dividendi versati a residenti e di quello gravante sui dividendi versati a non residenti, una restrizione alla libera circolazione dei capitali derivante da una normativa nazionale che escluda solo per i non residenti la deduzione di costi direttamente connessi alla percezione di dividendi possa essere giustificata dalla differenza tra l’aliquota d’imposta di diritto comune (33,33%) applicata a residenti per un esercizio successivo (14) e la ritenuta alla fonte (15%) prelevata sui dividendi versati ai non residenti, qualora tale differenza compensi, considerato l’importo dell’imposta versata, la differenza di base imponibile.

1.      Sulla ricevibilità

47.      Secondo costante giurisprudenza, le questioni pregiudiziali sollevate da un giudice di uno Stato membro e vertenti sul diritto dell’Unione beneficiano di una presunzione di pertinenza, cosicché il diniego della Corte di rispondere a tali questioni è possibile soltanto qualora risulti in modo manifesto che l’interpretazione o la valutazione della validità di una norma dell’Unione richiesta non ha alcun rapporto con la realtà o con l’oggetto della controversia nel procedimento principale, quando il problema è di natura ipotetica o anche quando la Corte non dispone degli elementi di fatto e di diritto necessari per rispondere utilmente alle questioni che le vengono sottoposte (15).

48.      Secondo il governo del Regno Unito, tale questione è ipotetica in quanto le società belghe oggetto del procedimento principale non hanno indicato alcun costo direttamente connesso alla percezione dei dividendi di cui non sia consentita la deduzione nella determinazione dell’importo della ritenuta alla fonte. Il secondo capo della terza questione sarebbe quindi irrilevante ai fini della soluzione della controversia pendente dinanzi al giudice del rinvio.

49.      All’udienza la Sofina ha sostenuto di aver effettivamente chiesto, al pari della Rebelco e della Sidro, la deduzione dalla base imponibile dei dividendi di tutti i costi connessi alle loro attività di gestione del portafoglio, ossia la deduzione di tutti i costi necessari all’acquisizione, alla conservazione e alla gestione delle loro partecipazioni in società francesi, nonché quella di tutti gli oneri risultanti necessariamente dalla detenzione delle partecipazioni stesse.

50.      Essendo stata presentata una domanda di deduzione, ritengo che il secondo capo della terza questione pregiudiziale non sia irrilevante.

51.      Per contro, incombe al giudice del rinvio verificare se i costi, di cui è stata chiesta la deduzione, costituiscano costi deducibili per le società residenti percettrici di dividendi di origine nazionale (16) e siano costi direttamente connessi alla percezione stessa del reddito di cui trattasi nel procedimento principale (17).

2.      Nel merito

a)      Sull’esistenza di una restrizione alla libera circolazione dei capitali

52.      Come osservato dalla Commissione, il giudice del rinvio muove correttamente dal presupposto secondo cui l’indeducibilità dei costi direttamente connessi alla percezione dei dividendi in uscita, mentre analoga deduzione è consentita per i dividendi versati a società residenti, costituisce una restrizione alla libera circolazione dei capitali (18). Infatti, tale differenza di trattamento può dissuadere società stabilite in altri Stati membri dall’investire in società francesi.

b)      Sulla giustificazione

1)      Sulla comparabilità delle situazioni

53.      Occorre rilevare che «la Corte ha già dichiarato che, per quanto riguarda [i costi d’impresa] direttamente conness[i] all’attività che ha generato redditi imponibili in uno Stato membro, i residenti e i non residenti in tale Stato sono posti in una situazione analoga» (19).

54.      In tal senso, essa ha dichiarato che laddove il metodo impositivo applicato ai residenti preveda la deducibilità dei costi direttamente connessi alla percezione dei dividendi, la rilevanza «di tali costi dovrebbe essere ammessa anche per i (…) non residenti» (20).

55.      In tale contesto, una restrizione di tal genere alla libera circolazione dei capitali «non può essere giustificata dalla circostanza che [i non residenti siano] soggetti ad [un’aliquota] d’imposta meno elevat[a] rispetto [ai residenti]» (21). Risulta quindi vano paragonare l’onere fiscale effettivo gravante sui dividendi versati a residenti a quello gravante sui dividendi versati a non residenti, in quanto, anche se l’aliquota d’imposta per i non residenti è inferiore a quella applicata ai residenti, l’entità dei costi deducibili cui hanno diritto i residenti non è certa e niente indica che sarebbe pari alla differenza risultante dall’imposizione dei residenti rispetto a quella dei non residenti.

2)      Sui motivi imperativi di interesse generale

56.      Il governo francese sostiene che l’imposizione sull’importo lordo dei dividendi versati a una società non residente senza deducibilità dei costi direttamente connessi alla loro percezione (contrariamente a quanto avviene per i dividendi versati a una società residente, che sono tassati sul loro importo netto) sarebbe giustificata dalla necessità di garantire l’efficacia della riscossione dell’imposta (22).

57.      Anzitutto, si deve rammentare che, sebbene la Corte abbia dichiarato che un obiettivo di tal genere costituisce un motivo imperativo di interesse generale che può giustificare una restrizione alla libera prestazione dei servizi creata da una normativa tributaria di uno Stato membro (23), è tuttavia ancora necessario che l’applicazione di tale restrizione sia atta a garantire la realizzazione dell’obiettivo perseguito e non ecceda quanto necessario per conseguire tale obiettivo (24). Tali principi possono essere estesi ovviamente alla causa in esame, riguardante la libera circolazione dei capitali.

58.      Nella specie, richiamandosi ai punti 46 e 47 della sentenza del 19 novembre 2015, Hirvonen (C‑632/13, EU:C:2015:765), il governo francese sostiene che l’indeducibilità di costi dev’essere ammessa quale elemento inerente al regime d’imposizione alla fonte, considerato che quest’ultimo mira sia a semplificare il compito dell’amministrazione finanziaria dello Stato membro della fonte sia a esonerare il contribuente non residente. Pertanto, rileva il governo francese, l’amministrazione finanziaria è dispensata dal compito di prelevare l’imposta dal non residente e quest’ultimo è esonerato da qualsiasi obbligo di cooperazione, nel senso che non è tenuto ad acquisire familiarità con il sistema fiscale francese per poter presentare una dichiarazione fiscale all’amministrazione finanziaria francese per i redditi percepiti in Francia. Infine, secondo il governo francese, la deduzione dei costi connessi alla percezione dei dividendi sarebbe contraria al fine di semplificazione perseguito dal regime di imposizione alla fonte, in quanto la ritenuta alla fonte viene prelevata presso la società distributrice che non può conoscere i costi sostenuti dal non residente e connessi alla percezione dei dividendi.

59.      Tale argomento, a mio avviso, non può essere accolto.

60.      In primo luogo, oltre al fatto che la sentenza del 19 novembre 2015, Hirvonen (C‑632/13, EU:C:2015:765), si discostava dalle sentenze del 18 marzo 2010, Gielen (C‑440/08, EU:C:2010:148), e del 28 febbraio 2013, Beker e Beker (C‑168/11, EU:C:2013:117), in cui è stato escluso quale giustificazione di una discriminazione il fatto che una normativa nazionale offrisse, su richiesta, ai contribuenti non residenti un sistema di tassazione alternativo e compatibile con il diritto dell’Unione, la causa definita da tale sentenza riguardava una situazione completamente diversa rispetto a in esame nella fattispecie (25).

61.      Nella causa sfociata nella sentenza del 19 novembre 2015, Hirvonen (C‑632/13, EU:C:2015:765), era in discussione una legge svedese diretta all’eliminazione della restrizione nei confronti dei soggetti passivi non residenti accertata nella sentenza del 1o luglio 2004, Wallentin (C‑169/03, EU:C:2004:403), consentendo loro di optare a favore del regime d’imposizione ordinaria istituito per i residenti o del regime d’imposizione alla fonte destinato ai non residenti.

62.      Dopo aver dichiarato che quest’ultimo sistema risultava infine, complessivamente, più favorevole per i non residenti (26), la Corte ha quindi dichiarato che «il rifiuto, nell’ambito dell’imposizione sui redditi, di concedere ai contribuenti non residenti, che traggano la maggior parte dei loro redditi dallo Stato fonte e che abbiano optato per il regime di imposizione alla fonte, le stesse deduzioni personali accordate ai contribuenti residenti nell’ambito del regime di imposizione ordinario non costituisce una discriminazione contraria all’articolo 21 TFUE qualora i contribuenti non residenti non siano assoggettati a un onere fiscale complessivamente superiore a quello che grava sui contribuenti residenti e sui soggetti loro assimilati, la cui situazione sia paragonabile alla loro» (27).

63.      A mio avviso, la giurisprudenza che scaturisce dalle sentenze del 18 marzo 2010, Gielen (C‑440/08, EU:C:2010:148), e del 28 febbraio 2013, Beker e Beker (C‑168/11, EU:C:2013:117), dovrebbe essere confermata. Peraltro, il ragionamento della Corte nella sentenza del 19 novembre 2015, Hirvonen (C‑632/13, EU:C:2015:765), mi sembra contestabile, nella parte in cui la sussistenza o meno di una discriminazione non dipende dal risultato complessivo per il contribuente e «una disparità di trattamento tra queste due categorie di contribuenti può essere qualificata come una discriminazione ai sensi del Trattato FUE quando non sussiste alcuna obiettiva diversità di situazione tale da giustificare una disparità di trattamento su tale punto tra le due categorie di contribuenti» (28).

64.      Ciò detto, suppongo che la posizione adottata dalla Corte nella sentenza del 19 novembre 2015, Hirvonen (C‑632/13, EU:C:2015:765), sia stata dettata probabilmente dalla preoccupazione di non consentire ad un soggetto passivo non residente di fare «cherry picking», vale a dire di rivendicare a proprio vantaggio gli elementi più favorevoli di due regimi fiscali distinti. Se la Corte si è quindi basata sul fatto che il regime fiscale applicabile ai non residenti era complessivamente più favorevole rispetto al regime riservato in linea di principio ai residenti, ciò è stato dovuto al fatto che il diritto svedese consentiva al contribuente non residente di optare integralmente per il regime fiscale applicabile ai residenti (29).

65.      Tuttavia, la normativa francese oggetto del procedimento principale non offre alcuna scelta ai non residenti. Pertanto, chiedendo la deduzione dei costi direttamente connessi alla percezione dei dividendi offerta ai residenti, i non residenti non fanno «cherry picking», ma cercano, al contrario, di ottenere la parità di trattamento.

66.      In secondo luogo, se la deduzione, da parte dei non residenti, di costi direttamente connessi alla percezione dei dividendi determina un onere amministrativo per l’amministrazione finanziaria francese, ciò vale altresì, mutatis mutandis, per i residenti (30).

67.      In terzo luogo, come ricordato dalla Corte al punto 43 della sentenza del 13 luglio 2016, Brisal e KBC Finance Ireland (C‑18/15, EU:C:2016:549), incombe al contribuente non residente che percepisce i dividendi «decidere se ritiene opportuno investire risorse nella redazione e traduzione di documenti volti a dimostrare l’esistenza e l’importo effettivo delle costi professionali delle quali chiede la deduzione».

68.      In quarto e ultimo luogo, anche se riconosco che non sarebbe particolarmente efficace chiedere alla società distributrice dei dividendi di dedurre costi direttamente connessi alla percezione dei dividendi da parte del contribuente non residente, la Corte ha già avuto modo di dichiarare che il diritto a deduzione può parimenti concretizzarsi, successivamente al prelievo della ritenuta alla fonte, in un rimborso parziale dell’imposta ritenuta (31).

69.      Per tali ragioni, propongo alla Corte di rispondere al secondo capoe della terza questione pregiudiziale, dichiarando che una restrizione alla libera circolazione dei capitali risultante da una normativa nazionale come quella oggetto della causa in esame, che escluda solo per i non residenti la deducibilità dei costi direttamente connessi alla percezione di dividendi, non può essere giustificata né dalla differenza tra l’aliquota d’imposta di diritto comune applicata a residenti per un esercizio successivo e la ritenuta alla fonte prelevata sui dividendi versati ai non residenti, né dalla necessità di garantire l’efficacia della riscossione dell’imposta.

VI.    Conclusione

70.      Alla luce delle suesposte considerazioni, propongo alla Corte di rispondere alle questioni pregiudiziali sollevate dal Conseil d’État (Consiglio di Stato, Francia) nei seguenti termini:

1)      Gli articoli 63 e 65 TFUE devono essere interpretati nel senso che ostano ad una normativa di uno Stato membro che assoggetti ad imposta i dividendi versati a una società non residente deficitaria mediante una ritenuta alla fonte, mentre per le società residenti in analoga situazione l’importo dei dividendi di origine nazionale non viene tassato sempreché le società stesse rimangano deficitarie.

2)      Una restrizione alla libera circolazione dei capitali risultante da una normativa nazionale che escluda solo per i non residenti la deducibilità dei costi direttamente connessi alla percezione di dividendi non può essere giustificata né dalla differenza tra l’aliquota d’imposta di diritto comune applicata a residenti per un esercizio successivo e la ritenuta alla fonte prelevata sui dividendi versati ai non residenti, né dalla necessità di garantire l’efficacia della riscossione dell’imposta.


1      Lingua originale: il francese.


2      GU 2011, L 345, pag. 8.


3      Sentenza del 2 giugno 2016, Pensioenfonds Metaal en Techniek (C‑252/14, EU:C:2016:402, punto 28 e giurisprudenza ivi citata).


4      V. sentenze del 12 dicembre 2006, Test Claimants in Class IV of the ACT Group Litigation (C‑374/04, EU:C:2006:773, punto 68), del 14 dicembre 2006, Denkavit Internationaal e Denkavit France (C‑170/05, EU:C:2006:783, punto 35), dell’8 novembre 2007, Amurta (C‑379/05, EU:C:2007:655, punto 38), del 20 maggio 2008, Orange European Smallcap Fund (C‑194/06, EU:C:2008:289, punti 78 e 79), e del 10 maggio 2012, Santander Asset Management SGIIC e a. (da C‑338/11 a C‑347/11, EU:C:2012:286, punto 44).


5      Sentenza del 14 dicembre 2006, Denkavit Internationaal e Denkavit France (C‑170/05, EU:C:2006:783, punto 39).


6      V. sentenze dell’8 novembre 2007, Amurta (C‑379/05, EU:C:2007:655, punto 61) e del 18 giugno 2009, Aberdeen Property Fininvest Alpha (C‑303/07, EU:C:2009:377, punto 76).


7      V. sentenze del 22 dicembre 2008, Truck Center (C‑282/07, EU:C:2008:762, punti da 38 a 50), e del 10 maggio 2012, Santander Asset Management SGIIC e a. (da C‑338/11 a C‑347/11, EU:C:2012:286, punto 43).


8      Punto 55 di tale sentenza, e il corsivo è mio.


9      È vero che la Corte ha dichiarato che, sebbene i dividendi percepiti dalla società controllante non siano assoggettati ad imposta per l’esercizio fiscale di loro distribuzione, «[la] detta riduzione delle perdite della società controllante [pari ai dividendi percepiti] può comportare che quest’ultima subisca indirettamente un’imposizione su tali dividendi in occasione degli esercizi tributari successivi, quando il suo risultato è positivo» (v. sentenza del 12 febbraio 2009, Cobelfret, C‑138/07, EU:C:2009:82, punto 40). Tuttavia, ammettendo l’esistenza della possibilità di tassazione nel corso di un esercizio fiscale successivo, la Corte ha esaminato un problema completamente diverso, ossia quello della possibilità di una doppia imposizione economica nel caso dei dividendi distribuiti da una società non residente e percepiti da una società residente che siano già stati tassati al momento della distribuzione (v. sentenza del 10 febbraio 2011, Haribo Lakritzen Hans Riegel e Österreichische Salinen, C‑436/08 e C‑437/08, EU:C:2011:61, punto 158). Siffatta possibilità è stata dichiarata contraria alla direttiva madri‑figlie.


10      Sentenza del 10 maggio 2012, Santander Asset Management SGIIC e a. (da C‑338/11 a C‑347/11, EU:C:2012:286, punto 44).


11      V. sentenza del 10 maggio 2012, Santander Asset Management SGIIC e a. (da C‑338/11 a C‑347/11, EU:C:2012:286, punto 47 e giurisprudenza ivi citata).


12      V. sentenza del 10 maggio 2012, Santander Asset Management SGIIC e a. (da C‑338/11 a C‑347/11, EU:C:2012:286, punto 48 e giurisprudenza ivi citata).


13      V., per analogia, sentenza del 10 maggio 2012, Santander Asset Management SGIIC e a. (da C‑338/11 a C‑347/11, EU:C:2012:286, punto 49).


14      Ricordo che è possibile che l’imposizione non avvenga mai.


15      V. sentenze del 26 febbraio 2013, Melloni (C‑399/11, EU:C:2013:107, punto 29 e giurisprudenza ivi citata) e del 16 giugno 2015, Gauweiler e a. (C‑62/14, EU:C:2015:400, punto 25).


16      V. sentenze del 31 marzo 2011, Schröder (C‑450/09, EU:C:2011:198, punto 40), del 17 settembre 2015, Miljoen e a. (C‑10/14, C‑14/14 e C‑17/14, EU:C:2015:608, punto 57), e del 13 luglio 2016, Brisal e KBC Finance Ireland (C‑18/15, EU:C:2016:549, punti 44 e 45).


17      V. sentenze del 22 novembre 2012, Commissione/Germania (C‑600/10, non pubblicata, EU:C:2012:737, punto20), del 17 settembre 2015, Miljoen e a. (C‑10/14, C‑14/14 e C‑17/14, EU:C:2015:608, punti 58 e 59), e del 13 luglio 2016, Brisal e KBC Finance Ireland (C‑18/15, EU:C:2016:549, punto 46).


18      V. sentenze del 31 marzo 2011, Schröder (C‑450/09, EU:C:2011:198, punto 40) e del 17 settembre 2015, Miljoen e a. (C‑10/14, C‑14/14 e C‑17/14, EU:C:2015:608, punto 57).


19      Sentenza del 2 giugno 2016, Pensioenfonds Metaal en Techniek (C‑252/14, EU:C:2016:402, punto 64 e giurisprudenza ivi citata).


20      Sentenza del 2 giugno 2016, Pensioenfonds Metaal en Techniek (C‑252/14, EU:C:2016:402, punto 65). V., anche, in tal senso, sentenze del 12 giugno 2003, Gerritse (C‑234/01, EU:C:2003:340, punti 27 e 28), del 15 febbraio 2007, Centro Equestre da Lezíria Grande (C‑345/04, EU:C:2007:96, punto 23), dell’8 novembre 2012, Commissione/Finlandia [C‑342/10, EU:C:2012:688, punto 37 (tale sentenza si riferisce a dividendi)], e del 13 luglio 2016, Brisal e KBC Finance Ireland (C‑18/15, EU:C:2016:549, punto 45).


21      V. sentenza del 13 luglio 2016, Brisal e KBC Finance Ireland (C‑18/15, EU:C:2016:549, punto 33).


22      Tale giustificazione è analoga a quella collegata alla necessità di garantire l’efficacia dei controlli fiscali, motivo imperativo di interesse generale che ha spesso costituito oggetto di analisi da parte della Corte in cause in cui era messa in discussione la libera circolazione dei capitali. A proposito di trasferimenti di capitali tra gli Stati membri, tale giustificazione è stata sempre negata sin da quando era applicabile la direttiva 77/799/CEE del Consiglio, del 19 dicembre 1977, relativa alla reciproca assistenza fra le autorità competenti degli Stati membri nel settore delle imposte dirette (GU 1977, L 336, pag. 15) (v., in tal senso, sentenze del 23 gennaio 2014, Commissione/Belgio, C‑296/12, EU:C:2014:24, punti da 42 a 45, e del 6 giugno 2013, Commissione/Belgio, C‑383/10, EU:C:2013:364, punti da 50 a 60). Lo stesso dicasi attualmente per la direttiva 2011/16/UE del Consiglio, del 15 febbraio 2011, relativa alla cooperazione amministrativa nel settore fiscale e che abroga la direttiva 77/799/CEE (GU 2011, L 64, pag. 1).


23      V., in particolare, sentenze del 3 ottobre 2006, FKP Scorpio Konzertproduktionen (C‑290/04, EU:C:2006:630, punti 35 e 36), e del 13 luglio 2016, Brisal e KBC Finance Ireland (C‑18/15, EU:C:2016:549, punto 39).


24      V. sentenza del 18 ottobre 2012, X (C‑498/10, EU:C:2012:635, punto 36 e giurisprudenza ivi citata).


25      V. sentenza del 19 novembre 2015, Hirvonen (C‑632/13, EU:C:2015:765, punti da 37 a 40).


26      V. sentenza del 19 novembre 2015, Hirvonen (C‑632/13, EU:C:2015:765, punto 43).


27      Sentenza del 19 novembre 2015, Hirvonen (C‑632/13, EU:C:2015:765, punto 49).


28      V. sentenza del 18 marzo 2010, Gielen (C‑440/08, EU:C:2010:148, punto 44 e giurisprudenza ivi citata).


29      V., in tal senso, paragrafi da 40 a 43 delle mie conclusioni nella causa Hünnebeck (C‑479/14, EU:C:2016:100).


30      V., in tal senso, sentenza del 13 luglio 2016, Brisal e KBC Finance Ireland (C‑18/15, EU:C:2016:549, punto 41).


31      V. sentenza del 13 luglio 2016, Brisal e KBC Finance Ireland (C‑18/15, EU:C:2016:549, punto 42).