CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

DAMASO RUIZ-JARABO COLOMER

presentate il 7 novembre 2002 (1)

Causa C‑182/01

Saatgut-Treuhandverwaltung GmbH

contro

Werner Jäger

(domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dall’Oberlandesgericht di Düsseldorf)

«Ritrovati vegetali – Regime di privativa – Art. 14, n. 3, del regolamento (CE) n. 2100/94, art. 3, n. 2 e art. 8, del regolamento n. 1768/95 – Organizzazione di titolari di privativa – Nozione – Obbligo per l’organizzazione di agire solo per conto dei propri membri – Agricoltori autorizzati ad utilizzare nei propri campi, ai fini della moltiplicazione, il prodotto del raccolto ottenuto con la coltivazione di una varietà protetta – Portata dell’obbligo di informare il titolare della privativa comunitaria per il ritrovato vegetale»





1.     Per risolvere le due questioni proposte dall’Oberlandesgericht Düsseldorf (Germania) a norma dell’art. 234 CE, occorre interpretare, da una parte, il regolamento (CE) n. 2100/94 (2), concernente la privativa comunitaria per ritrovati vegetali, e in particolare, il combinato disposto dell’art. 14, n. 3, sesto trattino ─ in forza del quale coloro che si avvalgono della deroga alla privativa comunitaria agricola sono tenuti a fornire determinate informazioni ─, e dell’art. 8 del regolamento (CE) n. 1768/95 (3), che definisce le norme di attuazione della detta deroga; dall’altra parte, occorre prendere in esame l’art. 3, n. 2, del regolamento n. 1768/95, nel quale è previsto che un’organizzazione di titolari possa rivendicare su base collettiva i diritti dei suoi membri.

I –    Fatti

2.     La Saatgut-Treuhandverwaltung, ricorrente nella causa principale, è una società a responsabilità limitata di diritto tedesco, il cui oggetto sociale è quello di tutelare gli interessi economici delle persone fisiche e giuridiche che producono sementi o le smerciano, direttamente o indirettamente, ovvero che partecipano alla produzione o al commercio delle stesse.

Tra le attività della detta società rientra la vigilanza sui diritti di privativa conferiti ai titolari di ritrovati vegetali in campo nazionale e internazionale, e in particolare l’accertamento, presso le aziende che si occupano della moltiplicazione e della commercializzazione di sementi, dei diritti di cui possano essere titolari i soci o terzi, nonché l’incasso dei diritti di licenza per ritrovati vegetali e l’attuazione di misure generali dirette a promuovere la produzione, a garantire gli sbocchi commerciali e la distribuzione ai consumatori di sementi prive di difetti e di buona qualità. Non costituisce tuttavia attività della detta impresa la compravendita di sementi.

3.     Secondo quanto indica l’Oberlandesgericht nell’ordinanza di rinvio, tra i soci della ricorrente nella causa principale figurano titolari di privative e di licenze esclusive per l’utilizzo di ritrovati vegetali ai sensi del Sortenschutzgesetz (legge tedesca sulla protezione dei ritrovati vegetali), del regolamento n. 2100/94 e di entrambe queste normative. Sembra che tra i soci della Saatgut-Treuhandverwaltung ci sia anche la Bundesverband Deutscher Pflanzenschützer e.V, associazione di diritto civile di cui fanno parte, tra gli altri, numerosi titolari di diritti di privativa e di licenze esclusive per ritrovati vegetali (4).

4.     La ricorrente nella causa principale, agendo in nome proprio e sulla base di mandati scritti, fa valere dinanzi ai giudici tedeschi, per conto di oltre 60 titolari di privative o di licenze esclusive per ritrovati vegetali, i diritti derivanti dall’applicazione del privilegio dell’agricoltore in relazione ad oltre 500 varietà protette, nei confronti di centinaia di agricoltori, tra i quali figura il sig. Jäger, convenuto nella causa principale.Un primo gruppo di soggetti di cui la ricorrente fa valere i diritti è costituito dai suoi soci, un secondo gruppo è formato dai membri di un’associazione che, a sua volta, è socia della Saatgut-Treuhandverwaltung, e infine un terzo gruppo è formato da persone che, mediante mandato scritto, hanno incaricato la detta società di difendere, agendo per loro conto e dietro pagamento, i loro diritti di privativa per ritrovati vegetali nei confronti di agricoltori che hanno utilizzato nei propri campi, ai fini di moltiplicazione, il prodotto del raccolto ottenuto con la coltivazione di una varietà protetta.

5.     Nella causa principale, la ricorrente chiede di accertare in che misura il sig. Jäger, durante la campagna di commercializzazione 1997-1998, abbia utilizzato nei propri campi, ai fini della moltiplicazione, il prodotto del raccolto ottenuto con la coltivazione di oltre cinquecento varietà di piante, tra le quali si citano, patate, frumento autunnale, frumento trimestrale, orzo invernale, orzo estivo, avena, segale invernale, piselli, fave, triticale e lupini dolci, un terzo delle quali sono ritrovati vegetali protetti dal regolamento n. 2100/94 e gli altri due terzi sono protetti dalla legge tedesca.

La ricorrente asserisce che il convenuto è tenuto a fornirle tale informazione in quanto agricoltore, senza peraltro riconoscere un proprio obbligo di dimostrare, con riferimento a ciascun caso specifico, se il primo abbia effettivamente coltivato una determinata varietà o in che misura lo abbia fatto. Il sig. Jäger contesta tale affermazione, adducendo, tra l’altro, che la controparte non ha dimostrato la sussistenza di indizi del fatto che egli abbia utilizzato qualcuna delle varietà vegetali protette.

II – Questioni pregiudiziali

6.     La domanda della Saatgut-Treuhandverwltung è stata respinta in primo grado. L’Oberlandesgericht Düsseldorf, cui tale società si è rivolta in appello, ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte di giustizia due questioni pregiudiziali così formulate:

«1)      Se

a)      una (...) “organizzazione di titolari di privativa per ritrovati vegetali” ai sensi dell’art. 3, n. 2, del regolamento (...) n. 1768/95, possa rivestire la forma di una società a responsabilità limitata di diritto tedesco (GmbH);

b)      una siffatta società possa far valere, ai sensi dell’art. 3, n. 2, i diritti derivanti dall’art. 3, n. 1, del menzionato regolamento anche per quei titolari di diritti di privativa che non siano suoi soci, bensì membri di un’associazione a sua volta socia della detta società, e

c)      una siffatta società possa far valere (dietro compenso), ai sensi dell’art. 3, n. 2, i diritti derivanti dall’art. 3, n. 1, del menzionato regolamento, anche per quei titolari che non siano suoi soci, né siano membri di un’associazione annoverata tra i suoi soci.

2.      Se il combinato disposto dell’art. 14, n. 3, sesto trattino, del regolamento (...) n. 2100/94, e dell’art. 8 del regolamento (...) n. 1768/95 (...), debba essere interpretato nel senso che il titolare di una privativa per ritrovati vegetali ai sensi del regolamento n. 2100/94 possa ottenere da qualsiasi agricoltore le informazioni previste nelle menzionate disposizioni, indipendentemente dalla sussistenza di elementi che facciano presumere che l’agricoltore abbia compiuto atti di utilizzo ai sensi dell’art. 13, n. 2, del regolamento n. 2100/94 con riferimento ai ritrovati di cui trattasi o abbia quantomeno utilizzato tali ritrovati nella propria azienda».

III – Normativa comunitaria

7.     A tenore dell’art. 1 del regolamento n. 2100/94: «È istituto un sistema di privative comunitarie per ritrovati vegetali come unica forma di proprietà industriale comunitaria per quanto riguarda le varietà vegetali». Da quando è entrato in vigore questo regolamento, gli Stati membri hanno facoltà di concedere diritti di proprietà nazionali, sebbene l’art. 92 ponga un divieto di protezione cumulativa, per cui le varietà che godono della tutela comunitaria non possono essere oggetto di un diritto nazionale di tutela delle varietà vegetali né di un brevetto. La tutela comunitaria si estende alle varietà di tutte le specie e di tutti i generi botanici, inclusi gli ibridi tra generi e specie.

8.     Per beneficiare della tutela comunitaria le varietà devono essere distinte, omogenee, stabili, nuove e devono essere designate con denominazione propria. Il diritto alla privativa comunitaria per ritrovati vegetali spetta al costitutore ─ vale a dire, alla persona che ha creato o che ha scoperto e sviluppato la varietà di cui trattasi ─, ovvero ai suoi aventi causa.

9.     L’art. 13 del regolamento n. 2100/94 riserva al titolare della privativa comunitaria per ritrovati vegetali la facoltà di effettuare, in ordine alle proprie varietà, gli atti elencati al n. 2 dello stesso articolo: a) produzione o riproduzione (moltiplicazione); b) condizionamento a fini di moltiplicazione; c) messa in vendita; d) vendita o altra commercializzazione; e) esportazione dalla Comunità, f) importazione nella Comunità e g) magazzinaggio per uno degli scopi di cui alle precedenti lettere. Il titolare può autorizzare terzi ad effettuare tali operazioni e può subordinare la concessione dell’autorizzazione a determinate condizioni e limitazioni.

10.   Con l’obiettivo di salvaguardare la produzione agricola, l’art. 14, n. 1, ha introdotto una deroga ai diritti del titolare, prevedendo che gli agricoltori possano utilizzare nei loro campi, ai fini della moltiplicazione, il prodotto del raccolto che hanno ottenuto da una varietà diversa da un ibrido o da una varietà di sintesi, che è soggetta a privativa comunitaria per ritrovati vegetali. Questa esenzione a favore dell’agricoltore si applica unicamente a determinate specie di piante agricole elencate al n. 2, che vengono suddivise in quattro gruppi: piante da foraggio, piante da olio e fibra, cereali e patate.

Al giudice nazionale interessa soprattutto l’interpretazione del n. 3, sesto trattino, del citato articolo, che dispone quanto segue:

«Nelle norme di applicazione (...) sono stabilite (...) le condizioni per porre in applicazione la deroga di cui al paragrafo 1 e per salvaguardare i legittimi interessi del costitutore e dell’agricoltore, in base ai seguenti criteri:

(...)

─      le relative informazioni vengono fornite ai titolari, su loro richiesta, dagli agricoltori e dai fornitori di servizi di trattamento; (...)».

11.   Allo scopo di dare attuazione all’obbligo sancito dall’art. 14, n. 3 del regolamento n. 2100/94, la Commissione ha adottato il regolamento n. 1768/95, che disciplina l’applicazione dell’esenzione agricola. Gli agricoltori che intendono avvalersi di tale esenzione sono tenuti a pagare al titolare un’equa remunerazione, che sarà sensibilmente inferiore all’importo da corrispondere per la produzione soggetta a licenza di materiale di moltiplicazione della stessa varietà con riferimento alla stessa zona. Sono esenti dal detto obbligo di pagamento i piccoli agricoltori, individuati ai sensi del regolamento n. 2100/94.

12.   L’Oberlandesgericht di Düsseldorf chiede alla Corte di pronunciarsi sull’interpretazione dell’art. 3, n. 2, del regolamento n. 1768/95, in base al quale un’organizzazione di titolari può agire su base collettiva per rivendicare i diritti dei suoi membri, nonché sull’interpretazione dell’art. 8, n. 2, dello stesso strumento normativo, che disciplina in modo specifico l’obbligo di informazione dell’agricoltore ai fini della remunerazione del titolare.

Conformemente al detto art. 3, n. 2:

«I diritti di cui al paragrafo 1 possono essere rivendicati a livello comunitario, nazionale, regionale o locale da singoli titolari, da più titolari congiuntamente o da un’organizzazione di titolari stabilita nella Comunità. Un’organizzazione di titolari può agire soltanto per conto dei suoi membri, e solo per quelli fra essi che le abbiano conferito per iscritto il rispettivo mandato. L’organizzazione agisce tramite uno o più rappresentanti o tramite controllori da essi accreditati, nei limiti dei rispettivi mandati».

Per quanto qui rileva, l’art. 8 stabilisce quanto segue:

Qualora non sia stato stipulato un contratto tra le parti interessate, l’agricoltore è tenuto a fornire al titolare che ne faccia richiesta una dichiarazione contenente le seguenti informazioni: a) il nome dell’interessato, il suo domicilio e l’indirizzo della sua azienda; b) se l’agricoltore abbia utilizzato o meno nei suoi campi il prodotto del raccolto di materiale appartenente ad una o più varietà del titolare; c) nel caso in cui abbia utilizzato tale materiale, deve indicarne la quantità; d) il nome e l’indirizzo della persona o delle persone che abbiano fornito un servizio di lavorazione del relativo prodotto del raccolto affinché l’interessato potesse utilizzarlo; e) qualora l’informazione ottenuta sub b), c) o d) non possa essere confermata ai sensi di quanto disposto dall’art. 14, la quantità del materiale di moltiplicazione autorizzato delle varietà utilizzate, nonché il nome e l’indirizzo del suo fornitore.

Tali informazioni si riferiscono alla campagna di commercializzazione corrente e a una o più delle tre campagne precedenti, per le quali il titolare non abbia già fatto in precedenza una richiesta di informazione.

IV – Procedimento dinanzi alla Corte di giustizia

13.   Hanno presentato osservazioni scritte nel procedimento in esame, entro il termine a tal fine stabilito dall’art. 20 dello Statuto della Corte di giustizia, la società Saatgut-Treuhandverwaltung, il sig. Jäger, l’Italia e la Commissione.

All’udienza del 3 ottobre 2002 erano presenti per svolgere osservazioni orali, i rappresentanti della Saatgut-Treuhandverwaltung e del sig. Jäger, nonché gli agenti del Regno Unito e della Commissione.

V –    Prima questione pregiudiziale

14.   Con la prima questione, suddivisa dal giudice nazionale in tre parti, si intende accertare se una società a responsabilità limitata di diritto tedesco costituisca un’«organizzazione di titolari» ai sensi dell’art. 3, n. 2, del regolamento n. 1768/95 e se, come tale, possa anche rivendicare i diritti di cui al n. 1 per conto di titolari di privativa per ritrovati vegetali che, pur non essendo suoi soci, appartengono ad un’associazione che a sua volta ne è socia, ovvero per conto di soggetti che, senza avere con la detta impresa alcun vincolo associativo, le hanno conferito un mandato dietro corrispettivo.

A –    Posizioni espresse da coloro che hanno presentato osservazioni

15.   L’impresa Saatgut-Treuhandverwaltung osserva che il legislatore comunitario non ha definito la nozione di «organizzazione di titolari». Essa propone di dare a tale nozione un’interpretazione estensiva affinché i titolari che non possono rivendicare i loro diritti a titolo individuale, a causa del numero elevato di agricoltori interessati, abbiano la possibilità di fare valere i loro diritti congiuntamente ad altri, azione ai fini della quale deve considerarsi sufficiente il requisito che il costitutore o il titolare esclusivo di un diritto di utilizzo conferiscano il relativo mandato all’organizzazione, acquistando in tal modo la qualità di membri. La detta società è, a maggior ragione, legittimata ad agire per conto di titolari che, oltre ad averle conferito il mandato, appartengono ad un’associazione che, a sua volta, ne è socia.

16.   Secondo il sig. Jäger, una società a responsabilità limitata non è formata da membri ai sensi dell’art. 3, n. 2, del regolamento n. 1768/95. In base alla terminologia utilizzata, il legislatore ha pensato ad un gruppo di interesse di categoria che adottasse la forma giuridica di un’associazione o una struttura analoga, e non ad un’impresa indipendente sul piano giuridico ed organizzativo, svincolata dagli interessi individuali dei costitutori. A suo avviso, in realtà, la società ricorrente non è altro che un’impresa di recupero crediti mossa da interessi puramente economici.

17.   Il governo italiano sostiene che un’organizzazione di titolari non debba assumere la forma di società con personalità giuridica. Se lo facesse, si porrebbe come terzo rispetto a ciascun titolare di privativa per ritrovati vegetali, non potendo pertanto essere considerata cessionaria dei diritti che l’art. 14 del regolamento n. 2100/94 riconosce ai titolari.

18.   La Commissione ritiene che si debba dare alla nozione controversa un’interpretazione estensiva. Il fatto che il titolare possa far valere i suoi diritti a titolo individuale oppure congiuntamente ad altri, sia in gruppo sia tramite un’organizzazione, significa che, agli effetti della legittimazione ad agire in giudizio l’organizzazione deve essere equiparata al singolo titolare. Una società a responsabilità limitata di diritto tedesco agirebbe allora in qualità di «organizzazione di titolari» a vantaggio dei suoi membri e dei soggetti appartenenti ad un ente che a sua volta ne è socio, ma non di coloro che, senza avere con la detta società alcun vincolo associativo, dietro corrispettivo, le abbiano conferito un mandato per rivendicare i loro diritti.

B –    Soluzione della questione pregiudiziale

19.   Concordo con la posizione espressa dalla Commissione rispetto all’interpretazione dell’art. 3, n. 2, del regolamento n. 1768/95. La nozione di «organizzazione di titolari» contenuta in tale disposizione è talmente ampia da far pensare che il legislatore comunitario abbia voluto inglobarvi tutte le formule associative esistenti negli Stati membri. Tuttavia, a prescindere dalla forma giuridica che essa riveste, l’organizzazione di cui trattasi deve soddisfare tutte le condizioni imposte dalla detta norma per il suo funzionamento.

20.   Il regolamento n. 1768/95 stabilisce le condizioni necessarie per rendere effettivo il beneficio accordato all’agricoltore. Conformemente all’art. 3, n. 1 i diritti e gli obblighi del titolare derivanti dalle disposizioni dell’art. 14 del regolamento n. 2100/94, diversi dal diritto ad un pagamento già quantificabile della remunerazione, non possono essere ceduti a terzi.

Sono sostanzialmente tre i diritti che tale disposizione riconosce al titolare: percepire una remunerazione da parte dell’agricoltore che fa esercizio del privilegio accordatogli; vigilare sul rispetto della normativa che disciplina la privativa e ottenere l’informazione pertinente dall’agricoltore e da chiunque abbia sottoposto il prodotto a lavorazione per poterlo utilizzare in un momento successivo.

21.   L’art. 3, n. 2 del regolamento n. 1768/95 prevede che i diritti di cui trattasi possano essere rivendicati dal singolo titolare, da più titolari congiuntamente, ovvero da un’organizzazione di titolari stabilita nella Comunità, a livello comunitario, nazionale, regionale o locale.

Non concordo con l’argomentazione del governo italiano. Il fatto che una società possieda personalità giuridica non si pone in contrasto con l’art. 3, n. 2, del regolamento n. 1768/95 ─ sempreché tutti i soci della stessa siano titolari di una privativa per ritrovati vegetali e l’oggetto sociale consista nella rivendicazione dei diritti derivanti dall’art. 14 del regolamento n. 2100/94 ─, in quanto la detta disposizione, come ho in precedenza indicato, non obbliga l’organizzazione ad assumere una forma giuridica determinata.

Dissento inoltre sulla tesi secondo cui i diritti del titolare verrebbero ceduti alla società. L’acquisizione della qualità di socio in un’organizzazione che riveste la forma di società a responsabilità limitata non implica una cessione di diritti, soprattutto visto che in base alla disposizione di cui al n. 1 dello stesso articolo i diritti che l’organizzazione può rivendicare, con l’eccezione del diritto ad un pagamento già quantificabile, non possono essere ceduti a terzi, a meno che non vengano trasferiti congiuntamente al titolo che garantisce la tutela comunitaria.

22.   L’art. 3, n. 2, del regolamento n. 1768/95 richiede che le organizzazioni di titolari soddisfino alcune condizioni. In primo luogo, esse possono agire solo per conto dei loro membri, che, a loro volta, devono essere titolari di privativa su qualche ritrovato vegetale. Questa condizione esclude che tali organizzazioni possano agire per proprio conto o per conto terzi, come fa l’impresa ricorrente nella causa principale. Allo stesso modo, la menzionata disposizione osta a che i licenziatari, esclusivi o non, di varietà vegetali protette, appartengano alle dette organizzazioni, in quanto non sono titolari e sono pertanto privi dei diritti riconosciuti a questi ultimi dall’art. 14 del regolamento n. 2100/94 quando disciplina l’applicazione del privilegio dell’agricoltore.

In secondo luogo, la qualità di membro di un’organizzazione, oppure quella di socio, è condizione necessaria ma non sufficiente, poiché è previsto che un’organizzazione possa rappresentare i membri solo quando le abbiano conferito un mandato per iscritto. Si impone pertanto che, al momento di firmare l’atto costitutivo, o successivamente, il titolare espleti tale formalità.

23.   Così, sul presupposto che la normativa tedesca che disciplina la costituzione ed il funzionamento delle società a responsabilità limitata consenta di soddisfare i suddetti requisiti, questione il cui accertamento spetta al giudice nazionale, una società di questo tipo può costituire un’«organizzazione di titolari di privativa per ritrovati vegetali» ai sensi dell’art. 3, n. 2, del regolamento n. 1768/95.

24.   Lo stesso accade nel caso in cui un’associazione di titolari sia, a sua volta, socia di una società a responsabilità limitata che agisce in difesa dei diritti dei titolari di privativa per ritrovati vegetali derivanti dal beneficio accordato agli agricoltori. Infatti, sempreché l’associazione in quanto tale sia formata da titolari, la società può agire anche per conto di questa, purché le sia stato conferito un mandato esplicito a tal fine. Si tratta di una formula atta a favorire la situazione in cui un’organizzazione di titolari stabilita in uno Stato membro può rivendicare, in questo stesso paese, i diritti dei titolari residenti in un altro Stato membro, che hanno costituito un’organizzazione con il fine specifico di tutelare congiuntamente i loro diritti.

25.   Ciononostante, il rispetto dei detti requisiti osta a che un’organizzazione di titolari ai sensi dell’art. 3, n. 2, del regolamento n. 1768/95 eserciti i diritti di persone che non ne sono membri, come è esattamente il caso di coloro che, senza avere con la Saatgut-Treuhandverwaltung alcun vincolo associativo, le hanno conferito il mandato affinché, dietro pagamento di un corrispettivo, facesse valere i loro diritti collegati al privilegio degli agricoltori.

Mi trovo in disaccordo con la Saatgut-Treuhandverwaltung quando sostiene che attraverso il mero conferimento del mandato il titolare acquista la qualità di membro. Non discuto sul fatto che si tratti di una formula corretta per costituire un gruppo allo scopo di tutelare gli interessi legittimi degli appartenenti, ma, se un’organizzazione di titolari adotta la forma giuridica di società commerciale per azioni, l’unico modo per diventarne membro è farsi socio: l’incarico conferito da un titolare, dietro corrispettivo, per la difesa dei suoi diritti non equivale ad acquisire la qualità di socio.

26.   Per le ragioni esposte, ritengo che una società a responsabilità limitata di diritto tedesco possa costituire un’«organizzazione di titolari» ai sensi dell’art. 3, n. 2, del regolamento n. 1768/95 e che, come tale, possa rivendicare i diritti dei titolari di privative per ritrovati vegetali derivanti dalla disposizione di cui al n. 1, a condizione che i titolari di cui trattasi siano suoi soci, le abbiano conferito per iscritto un mandato e la stessa agisca per loro conto. La detta società è parimenti legittimata ad agire in difesa degli stessi diritti per conto di titolari di privative per ritrovati vegetali, membri di un’associazione che a sua volta è annoverata tra i suoi soci, purché gli interessati le abbiano conferito per iscritto il relativo mandato. La detta società non rappresenta invece coloro che non siano suoi soci né membri di un’associazione che possieda la qualità di socio.

VI – Seconda questione pregiudiziale

27.   Con tale questione l’Oberlandesgericht Düsseldorf intende accertare se le disposizioni ivi menzionate debbano essere interpretate nel senso che il titolare di una privativa comunitaria per ritrovati vegetali possa esigere da qualsiasi agricoltore le informazioni pertinenti, al fine di richiedergli il pagamento di una remunerazione per aver fatto uso del privilegio, anche quando non vi siano indizi di un impiego della varietà considerata al fine di effettuare le operazioni elencate all’art. 13, n. 2, del regolamento n. 2100/94, tra le quali è inclusa la produzione, o per qualsiasi altro fine.

28.   La questione in esame è identica a quella proposta dall’Oberlandesgericht di Francoforte sul Meno nell’agosto 2000, che ha dato luogo alla causa C‑305/00, Schulin, tuttora pendente, nella quale ho presentato le conclusioni il 21 marzo 2002. I fatti all’origine della suddetta lite sono assai simili a quelli che stanno alla base del procedimento contro il sig. Jäger, con la differenza che in quella causa l’impresa Saatgut-Treuhandverwaltung compariva in qualità di appellata, mentre in quest’ultima figura come appellante.

29.   Nel luglio 2002, la European Seed Association mi ha inviato una lettera nella quale, dopo avermi spiegato di aver partecipato, su invito della Direzione generale Agricoltura della Commissione delle Comunità europee, alla definizione del concetto del privilegio dell’agricoltore di cui ai regolamenti n. 2100/94 e n. 1768/95, mi comunicava l’intenzione del legislatore di regolare tale figura, chiedendomi di riconsiderare la proposta da me suggerita alla Corte di giustizia per risolvere la questione pregiudiziale posta dall’Oberlandesgericht di Francoforte sul Meno.

30.   Sembra che i rappresentanti della Saatgut-Treuhandverwaltung abbiano cercato di eludere le norme che disciplinano l’azione in giudizio dinanzi alla Corte di giustizia, ignorandone l’obbligatorietà.

Memore della giurisprudenza Emesa Sugar (5), secondo cui l’avvocato generale partecipa pubblicamente e personalmente al processo di elaborazione della decisione giudiziaria della Corte, ponendo fine al dibattito tra le parti, di modo che, in considerazione della natura giurisdizionale della sua funzione, non occorre sottoporne le conclusioni a contraddittorio, la ricorrente nella causa principale ha messo in atto un ingegnoso stratagemma. Dato che in un procedimento anteriore a questo, in cui era stata proposta una questione pregiudiziale identica a quella in esame (6), la tesi da me sostenuta in qualità di avvocato generale non coincideva con le richieste da essa avanzate, e poiché non si realizzavano le condizioni imposte dalla giurisprudenza (7) per la riapertura della fase orale, in conformità dell’art. 61 del regolamento di procedura, la ricorrente ha deciso di abbandonare l’azione avviata in precedenza, volendo evitare che la Corte di giustizia si pronunciasse senza aver preso in considerazione le osservazioni da essa presentate in risposta alle conclusioni dell’avvocato generale. In tal modo le si prospettava la possibilità di riaffermare i suoi argomenti nella causa successiva, anch’essa pendente.

Per dare sostegno alla propria posizione, la ricorrente si è rivolta alla Cancelleria della Corte di giustizia chiedendo in primo luogo l’archiviazione della causa Schulin e, in subordine, che non venisse emessa sentenza in tale causa prima che si fosse tenuta l’udienza nella causa in esame. Sebbene l’organo giurisdizionale tedesco, l’Oberlandesgericht di Francoforte sul Meno, non abbia dato seguito alla richiesta di rinuncia agli atti ed abbia mantenuto la questione pregiudiziale che aveva formulato in precedenza, i ritardi accumulati nell’amministrazione della giustizia, dovuti all’elevato numero di cause in attesa di pronuncia, ha giocato a favore della ricorrente, talché quest’ultima ha avuto l’opportunità di svolgere le sue osservazioni orali nel presente procedimento prima che la Corte potesse pronunciarsi nel merito sulla causa precedente. Tutto si può accettare quando contribuisce a migliorare la qualità della tutela giurisdizionale, tuttavia occorre ricordare il principio della lealtà processuale, che le parti sono tenute a rispettare nei confronti degli organi giurisdizionali, ed in questo caso, non solo nei confronti della Corte di giustizia ma anche dei giudici tedeschi, nonché il principio di solidarietà e rispetto degli altri amministrati, che, tenuto conto della complessità dei procedimenti e del costante aumento del contenzioso in tutti gli ordinamenti, impone a chiunque eserciti un’azione in giudizio, ─ pur senza pregiudicare la facoltà dell’attore di adottare tutte le misure necessarie per difendere i suoi diritti ─, di non abusare di tale facoltà, in modo da non incidere sulla durata del procedimento o sull’accuratezza dell’esame dei ricorsi di altri soggetti. In altre parole, anche il diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva ha i suoi limiti. Nelle condizioni in cui viene attualmente espletata la funzione giurisdizionale nel mondo occidentale, i detti limiti si riflettono nel fatto che, essendo delimitato il tempo di cui i giudici dispongono per pronunciarsi sulle istanze che vengono loro sottoposte, ciascuno deve avvalersi delle proprie facoltà, disponendo sì dello stesso grado di garanzie, ma senza pregiudicare il diritto degli altri cittadini di adire gli organi giurisdizionali, astenendosi pertanto dal proporre azioni non necessarie o estemporanee, oltremodo complesse o formalmente confuse, ovvero eccessivamente lunghe, ed evitando di contribuire alla moltiplicazione dei procedimenti con l’unico scopo di soddisfare pienamente il proprio esclusivo interesse (8).

A –    Posizioni espresse da coloro che hanno presentato osservazioni

31.   L’impresa Saatgut-Treuhandverwaltung sostiene che, in base al combinato disposto dell’art. 14, n. 3, sesto trattino, del regolamento n. 2100/94 ed all’art. 8, n. 2, del regolamento n. 1768/95, il titolare di una privativa per ritrovati vegetali può pretendere che qualsiasi agricoltore indichi se ed in quale misura abbia fatto ricorso alla deroga sulla moltiplicazione, anche qualora al primo non risulti che nell’azienda dell’agricoltore di cui trattasi sia stato fatto uso in passato di una varietà protetta. A sostegno di tale interpretazione, la detta impresa cita almeno una decina di sentenze emesse da tribunali tedeschi di primo grado che, recentemente, hanno adottato un orientamento in tal senso.

Secondo la Saatgut-Treuhandverwaltung, il titolare non sarebbe in grado di provare che l’agricoltore ha utilizzato nei suoi campi, ai fini della moltiplicazione, il prodotto del raccolto ottenuto con la coltura di una varietà protetta. In teoria, il fatto che un agricoltore abbia acquistato da un fornitore, almeno una volta, nuove sementi certificate, costituirebbe un elemento sufficiente a dimostrare che lo stesso era in grado di riseminare il prodotto del raccolto. In pratica, tuttavia, il titolare non è in grado di fornire tale prova, poiché, non mantenendo rapporti commerciali con gli agricoltori, non conosce l’identità di chi ha talvolta acquistato sementi certificate del suo ritrovato vegetale. Il titolare consegna la semenza di base o pre-base del ritrovato ad uno stabilimento che si occupa della moltiplicazione vegetale, perché ne effettui la riproduzione ai fini della immissione sul mercato. Dopo di che, la semenza viene venduta prima a cooperative o a commercianti all’ingrosso, per raggiungere poi l’utilizzatore finale attraverso i distributori al dettaglio e i rivenditori. Tale impresa osserva come nulla impedisca all’agricoltore che ha acquistato sementi certificate di utilizzare ai fini della moltiplicazione, nel corso di diverse campagne di commercializzazione, il prodotto del raccolto in particolare, quando si tratta di cereali.

32.   All’udienza, l’agente del governo del Regno Unito ha proposto un’interpretazione letterale dell’art. 14, n. 3, sesto trattino, del regolamento n. 2100/94 e dell’art. 8 del regolamento n. 1768/95. Poiché tali disposizioni non prevedono una distinzione tra gli agricoltori in generale e coloro che hanno seminato varietà vegetali protette all’interno della loro azienda, non si può pensare che soltanto questi ultimi siano tenuti a fornire l’informazione richiesta dal titolare. Inoltre, se lo scopo delle norme di cui trattasi è fare in modo che il titolare eserciti il diritto a ricevere un’equa remunerazione in cambio del privilegio accordato all’agricoltore, rivolgersi direttamente a chi pianta sementi risulta essere la via più semplice e pratica per accedere all’informazione desiderata.

33.   Il sig. Jäger, il governo italiano e la Commissione sono concordi nel rilevare come l’applicazione dell’art. 8, n. 2, lett. b) e c), implichi che vi sia stato un acquisto di sementi di una varietà protetta o che vi siano indizi sul loro utilizzo, dovendo il titolare specificare, nella richiesta di informazione, gli elementi in suo possesso che l’hanno indotto a concludere in tal senso.

La Commissione aggiunge che l’esercizio del privilegio dell’agricoltore presuppone, evidentemente, l’esistenza di un qualche rapporto con il titolare, giacché, prima ancora che venga effettuata una seconda semina del prodotto del raccolto di materiali appartenenti ad una varietà protetta, deve essere necessariamente intervenuto un accordo tra le parti circa il primo utilizzo delle sementi di cui trattasi, vuoi direttamente, vuoi attraverso l’acquisto delle stesse da un fornitore. Essa ritiene che, in via di principio, il titolare possa accedere ai dati sulle transazioni relative alle sue varietà protette. In caso contrario, sarebbe preferibile che il titolare si rivolgesse ai grossisti di sementi o ad altri fornitori che smerciano i suoi prodotti, prima di volere imporre a tutti gli agricoltori un obbligo di informazione dotato di forza esecutiva.

B –    Soluzione della questione pregiudiziale

34.   Dopo aver esaminato attentamente le osservazioni scritte e orali presentate alla Corte nell’ambito di questo procedimento, non riscontro alcun motivo per mutare l’opinione espressa nelle conclusioni che ho presentato nella citata causa C‑305/00.

35.   Come risulta dal quinto ‘considerando’, il regolamento n. 2100/94 ha inteso assicurare ai costitutori una protezione migliore rispetto alla situazione esistente nel 1994, con il fine di incentivare la selezione e lo sviluppo di nuove varietà. L’art. 13 del detto regolamento definisce con precisione le transazioni commerciali soggette ad autorizzazione del titolare, che comprendono le operazioni effettuate con l’utilizzo tanto di costituenti varietali, quanto del prodotto del raccolto (per esempio, fiori e frutti), e che si estendono dalla moltiplicazione al magazzinaggio.

36.   L’esercizio dei diritti di privativa comunitaria per ritrovati vegetali è soggetto a limitazioni che sono state imposte da disposizioni adottate per motivi di pubblico interesse. Poiché la protezione della produzione agricola risponde a tale interesse, l’art. 14 del regolamento ha autorizzato gli agricoltori, sulla base di alcune condizioni, ad utilizzare il prodotto del loro raccolto per fini di moltiplicazione. Fra le circa venti specie elencate al n. 2 del detto articolo, cui si applica la deroga alla privativa, ne figurano alcune estremamente diffuse e comuni come l’orzo, il frumento e la patata.

Questa possibilità restringe senza dubbio il diritto del titolare di sfruttare la varietà che ha costituito o scoperto e sviluppato con il proprio impegno. Al fine di tutelare gli interessi legittimi del costitutore e dell’agricoltore, l’art. 14 ha individuato la necessità che le disposizioni attuative venissero adottate in conformità di determinati criteri, tra i quali figura l’obbligo di pagare al titolare un’equa remunerazione.

37.   Come ho rilevato nelle conclusioni presentate nella causa C‑305/00, Schulin, sembra che taluni agricoltori si ritengano danneggiati da tale normativa, in quanto limita il ricorso ad un’usanza praticata in agricoltura da tempi immemorabili, che consiste nel conservare una parte del prodotto del raccolto per poterla liberamente utilizzare come materiale di moltiplicazione nella stagione successiva. È indiscutibile, tuttavia, che grazie all’attività dei costitutori, sono stati compiuti importanti progressi nello sviluppo di nuove varietà vegetali, che permettono di ottenere una produzione agricola più abbondante e di miglior qualità.

L’obbligo di remunerare il costitutore per l’utilizzo del prodotto del raccolto ai fini della moltiplicazione riguarda unicamente gli agricoltori che seminano nella loro azienda una varietà protetta; pertanto gli agricoltori che fanno uso di sementi non certificate sono esenti dall’obbligo di informativa e dal pagamento della remunerazione.

38.   L’art. 14 del regolamento n. 2100/94, che riconosce il suddetto privilegio dell’agricoltore, fa ricadere sul solo titolare il controllo dell’osservanza della detta norma e delle disposizioni adottate in sua applicazione, senza prevedere alcun intervento da parte di organi ufficiali. In proposito, si prevede unicamente che gli organi che partecipano al controllo della produzione agricola possano mettere a disposizione del titolare l’informazione pertinente, qualora l’abbiano raccolta nel normale espletamento delle loro funzioni, a condizione che questo non comporti oneri o costi supplementari.

Al fine di facilitare siffatto controllo, che risulterebbe altrimenti impraticabile, l’art. 14, n. 3, sesto trattino, del regolamento n. 2100/94 e l’art. 8 del regolamento n. 1768/95 obbligano l’agricoltore a fornire al titolare, su base contrattuale o su richiesta di quest’ultimo, l’informazione pertinente al fine di stabilire se egli abbia diritto ad una remunerazione, e di quale importo. L’obbligo di informativa su richiesta del titolare si estende ai fornitori di servizi di trattamento.

Inoltre, come descritto nella parte di queste conclusioni dedicata alla soluzione della prima questione, l’art. 3, n. 2, del regolamento n. 1768/95 autorizza i titolari ad organizzarsi per rivendicare collettivamente i diritti derivanti dal privilegio concesso all’agricoltore.

39.   Alla luce di tale normativa, occorre stabilire quali agricoltori siano tenuti all’obbligo di informativa: se si tratta di tutti gli agricoltori in quanto tali, come sostengono l’impresa Saatgut-Treuhanverwaltung ed il governo del Regno Unito, oppure soltanto di quelli che in passato hanno seminato o piantato all’interno della propria azienda, materiale di moltiplicazione della varietà protetta di cui trattasi, come suggeriscono il sig. Jäger, il governo italiano e la Commissione.

Sono dell’opinione che debba prevalere quest’ultima interpretazione.

40.   Desidero porre in rilievo un fattore che, pur ovvio, sembra essere sfuggito al rappresentante della Saatgut-Treuhandverwaltung ed all’agente del governo del Regno Unito: il regolamento n. 2100/94 non è finalizzato a regolare la produzione agricola nella Comunità bensì a instaurare un regime di protezione comunitaria per i ritrovati vegetali. Pertanto, quando menzionano l’«agricoltore», le disposizioni del detto regolamento non si riferiscono ad un qualsiasi operatore agricolo che svolge la propria attività nel territorio dell’Unione, ma soltanto a quelli che rientrano nel suo ambito di applicazione ratione personae di cui di cui fanno parte gli agricoltori che utilizzano nelle loro aziende varietà vegetali protette.

41.   Dal tenore letterale dell’art 14, nn. 1 e 2, del suddetto regolamento, si deduce che possono beneficiare della deroga gli agricoltori che soddisfano determinate condizioni, quali: a) aver piantato nella propria azienda materiale di moltiplicazione di una varietà protetta; b) aver effettuato un raccolto; e c) aver coltivato una varietà appartenente ad una specie delle piante agricole ivi elencate. Qualora utilizzino il prodotto del raccolto, tali agricoltori sono tenuti a corrispondere una remunerazione al titolare, nonché a fornirgli l’informazione pertinente ai fini del calcolo della stessa (9).

42.   Il regolamento n. 1768/95 ha come unico scopo quello di dare attuazione all’art. 14, n. 3, del regolamento n. 2100/94, il cui disposto stabilisce le condizioni per rendere effettiva la deroga accordata all’agricoltore, proteggendo al contempo gli interessi legittimi di quest’ultimo e quelli del costitutore; data la finalità limitata di questo strumento giuridico, ritengo, a maggior ragione, che l’«agricoltore» cui vengono imposti determinati obblighi non possa essere un qualsiasi lavoratore agricolo dell’Unione europea; al contrario, può trattarsi soltanto di un operatore cui si applica tale normativa, ossia, qualcuno che ha acquistato materiale di moltiplicazione appartenente ad una specie di piante agricole fra quelle elencate all’art. 14, n. 2, del regolamento n. 2100/94.

Di conseguenza, gli agricoltori sottoposti ad obbligo di informazione si riducono ad una cerchia di persone che in passato hanno acquistato sementi di materiale di moltiplicazione appartenente alla varietà protetta considerata. Mi sembra elementare che tale onere non incombe a chi non ha mai comprato il detto materiale, in quanto non avrebbe potuto coltivarlo né effettuare un raccolto da poter poi riutilizzare nei propri campi ai fini della moltiplicazione.

43.   L’art. 8 del regolamento n. 1768/95 disciplina con precisione il contenuto dell’obbligo di informazione incombente all’agricoltore che è in grado di utilizzare il prodotto del raccolto di materiale di moltiplicazione appartenente ad una varietà protetta. Il disposto di cui al n. 1 di tale articolo consente all’agricoltore ed al titolare di definire mediante contratto gli elementi informativi specifici che il primo è tenuto a fornire al secondo. Si tratta di un contratto di natura accessoria rispetto al principale con cui il titolare, o chi lo rappresenta, autorizza l’agricoltore ad effettuare una delle operazioni figuranti all’art. 13, n. 2, del regolamento n. 2100/94, ossia, generalmente, la produzione agricola.

44.   Qualora un contratto accessorio contenente gli elementi informativi specifici da fornire al titolare non sia stato stipulato, si configura un rapporto giuridico tra, da un lato, il titolare, il suo rappresentante o i commercianti autorizzati alla vendita del materiale di moltiplicazione della varietà protetta del primo, e dall’altro, l’agricoltore che lo acquisita.

Dato che spetta al titolare vigilare sul rispetto dei suoi diritti da parte degli agricoltori e degli altri operatori economici, egli è il primo soggetto interessato a far sì che vengano documentate le transazioni relative al materiale di moltiplicazione delle sue varietà vegetali protette e, più in particolare, delle specie rispetto alle quali l’agricoltore può avvalersi del privilegio che gli consente di utilizzare il prodotto del raccolto al fine di seminarlo o piantarlo nuovamente.

45.   Il Regno Unito e, in particolare, l’impresa ricorrente, ritengono che sia praticamente impossibile che i titolari pervengano a conoscere quali agricoltori abbiano acquistato sementi della loro varietà protetta, in quanto i primi concedono licenze per la moltiplicazione e non si occupano delle operazioni successive. All’udienza, la Saatgut-Treuhandverwaltung ha aggiunto che una richiesta da parte dei titolari di vincolare mediante contratto gli agenti economici che partecipano alla distribuzione ed alla commercializzazione delle sementi risulterebbe contraria all’art. 81 CE.

46.   Non condivido tale tesi. È vero che, in forza dell’art. 27 del regolamento n. 2100/94 la privativa comunitaria per ritrovati vegetali può essere oggetto, in tutto o in parte, di licenze contrattuali di utilizzo, esclusive o non esclusive. Tuttavia, nulla impedisce al titolare, al momento di concedere le licenze, di porre le condizioni e le limitazioni che meglio si addicono ai suoi interessi. In qualunque caso, questa norma consente al titolare di far valere i diritti derivanti dalla privativa comunitaria per ritrovati vegetali nei confronti del licenziatario che infrange le clausole contrattuali.

47.   Si deve aggiungere che non è possibile valutare in astratto se le condizioni che i titolari possono eventualmente porre ai licenziatari, affinché vengano rispettati i diritti derivanti ai primi dall’esercizio della prerogativa degli agricoltori, possano risultare contrari all’art. 81 CE. Occorre esaminare, caso per caso, se si tratti di accordi, decisioni o pratiche vietate e, successivamente, verificare se siano applicabili le eccezioni di cui all’art. 81, n. 3, CE.

48.   L’art. 8, n. 2, lett. a)-f), del regolamento n. 1768/95 indica quali dati specifici pertinenti l’agricoltore deve fornire al titolare qualora non sia stato stipulato un contratto, elementi tra i quali figurano, in primo luogo, il nome dell’interessato, il suo domicilio e l’indirizzo dell’azienda.

A mio parere, non vi è motivo per cui la richiesta di tali elementi informativi dovrebbe risultare superflua o ridondante, anche se il fatto che il titolare si rivolge all’agricoltore, direttamente o tramite l’organizzazione alla quale appartiene, significa che possiede già alcune informazioni. L’obbligo incombente all’agricoltore di includere tali informazioni nella sua dichiarazione si spiega, da un lato, con un’esigenza di identificazione, e, dall’altro, con l’interesse che possa avere il destinatario a comprovarle o completarle.

49.   In secondo luogo, l’agricoltore deve indicare se ha esercitato la suddetta prerogativa rispetto ad una varietà del titolare. A mio avviso, tale disposizione conferma che, quando chiede l’informazione, il titolare sa che l’agricoltore si trova nella posizione di colui che ha avuto modo di utilizzare il prodotto di cui trattasi, vale a dire, che ha comprato precedentemente materiale di moltiplicazione della detta varietà protetta.

50.   In terzo luogo, se ha fatto uso del detto prodotto nei suoi campi, l’agricoltore è tenuto a precisare, nella dichiarazione, il quantitativo del prodotto utilizzato, affinché sia possibile calcolare la remunerazione che deve essere corrisposta al titolare. In questo caso, l’agricoltore è tenuto inoltre a fornire i dati relativi a coloro che hanno prestato un servizio di lavorazione del prodotto ai fini di un suo uso successivo, qualora egli si sia rivolto a terzi per ottenere tali servizi.

51.   In quarto luogo, se le circostanze relative all’utilizzo del prodotto del raccolto ed al quantitativo impiegato non possono essere confermate, l’agricoltore è tenuto a comunicare il quantitativo di materiale di moltiplicazione utilizzato con licenza della varietà del titolare e i dati relativi al fornitore.

All’udienza, il rappresentante dell’impresa Saatgut-Treuhandverwaltung ha affermato che il fatto che l’agricoltore debba fornire, in questo caso, i dati relativi al fornitore, conferma la sua tesi secondo la quale il titolare non sarebbe a conoscenza di tale dato. Dissento, tuttavia, da siffatta interpretazione. A mio avviso, ammesso che l’agricoltore acquisti materiale di moltiplicazione di una varietà protetta senza tuttavia avvalersi del privilegio, il titolare può avere comunque un interesse ad informarsi sul quantitativo utilizzato rispetto al totale acquistato e, per fini di verifica, può essere interessato a conoscere l’identità del fornitore.

52.   Per quanto riguarda il controllo affidato ai titolari, l’art. 14 del regolamento n. 1768/95 obbliga gli agricoltori a conservare le fatture e le etichette impiegate almeno nei tre anni precedenti la campagna di commercializzazione corrente, intervallo che coincide con il periodo cui si riferisce la richiesta di informazione circa l’utilizzo del prodotto del raccolto, formulata dal titolare.

53.   Le disposizioni di cui ai nn. 5 e 6 dell’art. 8 del regolamento n. 1768/95 prevedono che, in alternativa all’agricoltore, il titolare si rivolga a cooperative, servizi di trattamento, fornitori licenziatari del materiale di moltiplicazione delle sue varietà protette, che siano autorizzati dagli agricoltori interessati a fornire le informazioni richieste, nel qual caso non occorre la specifica dei singoli agricoltori.

Anche le suddette disposizioni confermano la tesi secondo cui, da una parte, affinché il titolare possa validamente esercitare il suo diritto di informativa su una varietà considerata, è necessario che l’agricoltore abbia coltivato, in precedenza, materiale di moltiplicazione appartenente alla stessa varietà. D’altra parte, si conferma come il titolare sia a conoscenza dei soggetti che forniscono e che, durante precedenti campagne di commercializzazione, hanno fornito materiale di moltiplicazione a determinati agricoltori.

54.   L’art. 8, n. 3, secondo comma, del regolamento n. 1768/95, che individua le campagne rispetto alle quali l’agricoltore è tenuto a fornire l’informazione relativa all’esercizio del suo privilegio, conferma che il titolare svolge, o dovrebbe svolgere, un ruolo determinante all’interno della catena di commercializzazione delle sue varietà vegetali protette. In forza di questa disposizione, la prima campagna di riferimento deve essere quella in cui è stata fatta la prima richiesta di informazione sulla varietà e sull’agricoltore interessato, purché il titolare abbia preso le opportune misure per assicurarsi che l’agricoltore, prima o nel momento stesso dell’acquisto del materiale di moltiplicazione della varietà protetta, fosse informato almeno dell’avvenuta presentazione della domanda di concessione di privativa comunitaria per ritrovati vegetali o dell’avvenuta concessione di una tale privativa e delle condizioni relative all’impiego di tale materiale di moltiplicazione.

55.   Dalla suddetta disposizione risulta chiaramente, da una parte, che la richiesta di informazioni può essere rivolta all’agricoltore soltanto dopo che egli abbia acquistato, consapevolmente, una varietà vegetale protetta, e, dall’altra, che il titolare è tenuto ad adempiere alcuni obblighi nei confronti dell’agricoltore al momento dell’acquisto della semente. È quindi infondata e pertanto va respinta la tesi della Saatgut-Treuhandverwaltung secondo cui tutti gli agricoltori sarebbero soggetti all’obbligo di informativa nei confronti dei titolari, anche quando non hanno mai acquistato sementi di varietà vegetali protette, come altrettanto infondata è l’affermazione circa l’improbabilità che il titolare conosca l’identità degli acquirenti.

56.   Dal tenore letterale, nonché dal contesto e dagli scopi perseguiti dalle norme di cui il giudice tedesco chiede l’interpretazione (10), si evince che, con riferimento all’esercizio del privilegio accordato agli agricoltori, l’obbligo di fornire l’informazione pertinente al titolare di privativa per una varietà protetta incombe a tutti gli agricoltori che hanno acquistato con regolare autorizzazione il materiale di moltiplicazione di tale varietà, ciò che costituisce l’unico presupposto in base al quale il titolare ha diritto a richiedere i relativi elementi informativi.

Di conseguenza, l’obbligo di informazione, il cui inadempimento può dar luogo ad un’azione in giudizio, come dimostra la causa che ci occupa, non deve venire esteso ─ a differenza di quanto chiede l’impresa Saatgut-Treuhandverwaltung ─ agli agricoltori che non hanno mai acquistato materiale di moltiplicazione della varietà protetta appartenente al titolare, dato che l’utilizzo del prodotto del raccolto da parte degli stessi sarebbe tecnicamente impossibile.

57.   È pur vero che il titolare non è in grado di dimostrare in ciascun caso specifico se gli agricoltori utilizzino nei loro campi, ai fini della moltiplicazione, il prodotto del raccolto ottenuto con la coltivazione della varietà protetta considerata (11). Tuttavia, considerato che qualsiasi forma di utilizzo della detta varietà è soggetta ad autorizzazione, che al momento di concedere quest’ultima il titolare può porre condizioni o limiti, e che spetta esclusivamente al titolare vigilare sul rispetto dei suoi propri diritti, sarebbe logico che l’interessato si organizzasse, nel caso in cui non lo abbia ancora fatto, al fine di essere sempre a conoscenza, tramite intermediari e fornitori di sementi, circa l’identità degli acquirenti del suo materiale di moltiplicazione. Disponendo di questi dati, il titolare potrebbe con maggior successo richiedere l’informazione a quegli agricoltori che sono tenuti a fornirgliela.

La richiesta della Saargut-Treuhandverwaltung di rivolgersi indistintamente a tutti gli agricoltori di un paese perché compilino un modulo sull’utilizzo del prodotto del raccolto ottenuto con la coltivazione di una varietà protetta mi sembra sproporzionata. Una siffatta misura risulterebbe inoltre superflua al fine di proteggere i legittimi interessi dei titolari, i quali, come ho indicato, dispongono di mezzi più efficaci per ottenere l’informazione pertinente cui hanno, senza dubbio, diritto.

58.   Per le ragioni suesposte, ritengo che il combinato disposto dell’art. 14, n. 3, sesto trattino, del regolamento n. 2100/94 dell’art. 8 del regolamento n. 1768/95, debba essere interpretato nel senso che sono tenuti ad informare il titolare di privativa per ritrovati vegetali circa la coltivazione nei loro campi del prodotto del raccolto di materiale di moltiplicazione appartenente alla varietà protetta soltanto gli agricoltori che hanno acquistato in passato il detto materiale e che pertanto sono stati in grado di coltivarlo, a prescindere dal fatto che lo abbiano realmente coltivato.

VII – Conclusione

59.   A tenore delle considerazioni che precedono, propongo alla Corte di giustizia di risolvere le questioni pregiudiziali sottoposte dall’Oberlandesgericht Düsseldorf nel modo seguente:

«1)      Una società a responsabilità limitata di diritto tedesco può costituire un’“organizzazione di titolari” ai sensi dell’art. 3, n. 2, del regolamento (CE) della Commissione 24 luglio 1995, n. 1768, che definisce le norme di attuazione dell’esenzione agricola prevista all’art. 14 paragrafo 3 del regolamento (CE) n. 2100/94 concernente la privativa comunitaria per ritrovati vegetali, e, come tale, può rivendicare per conto dei titolari di privative per ritrovati vegetali i diritti loro derivanti dalla disposizione di cui al n. 1, a condizione che i titolari di cui trattasi siano membri dell’organizzazione, le abbiano conferito per iscritto un mandato e questa agisca per conto di essi. La detta società è parimenti legittimata ad agire in difesa degli stessi diritti per conto di titolari di privative per ritrovati vegetali, membri di un’associazione che a sua volta è annoverata tra i suoi soci, purché gli interessati le abbiano conferito un mandato scritto. Al contrario, la detta società non rappresenta coloro che non ne siano soci, né membri di un’associazione che possiede la qualità di socio.

2)      Il combinato disposto dell’art. 14, n. 3, sesto trattino, del regolamento (CE) del Consiglio 27 luglio 1994, n. 2100, concernente la privativa comunitaria per ritrovati vegetali e dell’art. 8 del regolamento (CE) n. 1768/95, deve essere interpretato nel senso che sono tenuti ad informare il titolare di privativa per ritrovati vegetali circa la coltivazione nei loro campi del prodotto del raccolto di materiale di moltiplicazione appartenente alla varietà protetta soltanto gli agricoltori che hanno acquistato in passato il detto materiale e che pertanto sono stati in grado di coltivarlo, a prescindere dal fatto che lo abbiano realmente coltivato».


1 – Lingua originale: lo spagnolo.


2– Regolamento del Consiglio 27 luglio 1994 (GU L 227, pag. 1), modificato dal regolamento del Consiglio 25 ottobre 1995, n. 2506 (GU L 258, pag. 3). Le modifiche non alterano il contenuto delle disposizioni la cui interpretazione è chiesta nel procedimento pregiudiziale in esame.


3– Regolamento della Commissione 24 luglio 1995 (GU L 173, pag. 14). La Commissione ha adottato norme di attuazione in due occasioni successive: si tratta del regolamento (CE) 31 maggio 1995, n. 1238, recante norme di esecuzione del regolamento n. 2100/94, riguardo alle tasse da pagarsi all’Ufficio comunitario delle varietà vegetali (GU L 121, pag. 31), e del regolamento (CE) 31 maggio 1995, n. 1239, recante norme di esecuzione del regolamento (CE) n. 2100/94, riguardo al procedimento dinanzi al detto Ufficio (GU L 121, pag. 37).


4– In risposta alla mia domanda rivoltagli all’udienza, il rappresentante dell’impresa ricorrente nella causa principale ha reso noto alla Corte che sia tra i soci di quest’ultima, sia tra quelli della Bundesverband Deutscher Pflanzenschützer figurano titolari di privativa su ritrovati vegetali protetti.


5–      Ordinanza 4 febbraio 2000, causa C‑17/98 (Racc. pag. I‑675).


6–      Causa Schulin, citata supra.


7–      V. le mie conclusioni nella causa C‑466/00, Arben Kaba, presentate l’11 luglio 2002, paragrafi 108 e 109.


8–      In risposta alla domanda che gli avevo rivolto in udienza, il rappresentante della Saatgut-Treuhandverwaltung ha ammesso che l’avvio di un’azione, la successiva intenzione di rinuncia agli atti e il mantenimento di azioni analoghe in altri procedimenti rientrano in una «strategia» architettata per replicare alle conclusioni dell’avvocato generale.


9– In tali condizioni, se il legislatore avesse voluto riferirsi agli agricoltori della Comunità nel loro complesso, avrebbe dovuto precisarlo, specificando che tutti erano tenuti ad osservare l’obbligo di informare il titolare, a prescindere dal fatto di avere piantato o meno nelle loro aziende sementi certificate di qualche specie di pianta agricola figurante all’art. 14, n. 2, del regolamento n. 2100/94. In ogni caso, il legislatore avrebbe potuto utilizzare espressioni più onnicomprensive che non «gli agricoltori», come ad esempio «tutti gli agricoltori», «ogni agricoltore», «tous les agriculteurs», «l’ensemble des agriculteurs», «chaque agriculteur», «all farmers», «every farmer», «alle Landwirte» oppure «jeder Landwirt».


10– Sentenza 18 maggio 2000, causa C‑301/98, KVS International (Racc. pag. I‑3583, punto 21). V., inoltre, sentenze 17 novembre 1983, causa 292/82, Merck (Racc. pag. 3781, punto 12), e 14 ottobre 1999, causa C‑223/98, Adidas (Racc. pag. I‑7081, pag. 23).


11– Kiewiet B. P., presidente dell’Ufficio comunitario per le varietà vegetali, nella relazione dal titolo Modern Plant Breeding and Intellectual Property Rights, a pag. 2, afferma: «Taking action against farmers who are not prepared to pay involves considerable expense (not least legal costs) and is made even more difficult by the lack of adequate information about the extent of the use of seed from protected varieties at individual farm level» [ «Agire in giudizio nei confronti di agricoltori impreparati a pagare comporta costi considerevoli (non ultime, le spese processuali) ed è impresa resa ancor più difficile dalla mancanza di informazioni circa le proporzioni assunte dall’operazione di utilizzo delle sementi di varietà protette a livello del singolo agricoltore». Traduzione libera]. Pubblicata su www.cpvo.fr/e/articles ocvv/speech bk.pdf.