CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE

ELEANOR SHARPSTON

presentate il 14 gennaio 2016 (1)

Causa C‑546/14

Degano Trasporti S.a.s. di Ferrucio Degano & C., in liquidazione

[Domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale di Udine (Italia)]

«Imposta sul valore aggiunto – Direttiva 2006/112/CE – Imprenditore in difficoltà finanziaria – Concordato preventivo – Pagamento parziale di un debito IVA allo Stato membro – Principio di leale cooperazione»





1.        La Corte, in diverse occasioni, ha chiarito che il diritto dell’Unione impone agli Stati membri di adottare tutte le misure legislative e amministrative idonee a garantire che l’imposta sul valore aggiunto (in prosieguo: l’«IVA») dovuta nel loro territorio sia interamente riscossa. La misura della discrezionalità di cui godono a tal proposito è limitata dall’obbligo, in primo luogo, di garantire l’effettiva riscossione delle risorse proprie dell’Unione e, in secondo luogo, di non creare disparità di trattamento sostanziali tra i soggetti passivi, all’interno di uno Stato membro o fra gli Stati membri (principio di neutralità fiscale). Nella presente domanda di pronuncia pregiudiziale il Tribunale di Udine (in prosieguo: il «giudice del rinvio») chiede indicazioni, in sostanza, sulla questione se tali principi precludano ad uno Stato membro di accettare un mero pagamento parziale di un debito IVA da parte di un imprenditore in stato di difficoltà finanziaria, nel corso di un concordato preventivo basato sulla liquidazione del suo patrimonio.

 Normativa

 Diritto dell’Unione

2.        L’articolo 4, paragrafo 3, TUE dispone:

«In virtù del principio di leale cooperazione, l’Unione e gli Stati membri si rispettano e si assistono reciprocamente nell’adempimento dei compiti derivanti dai trattati.

Gli Stati membri adottano ogni misura di carattere generale o particolare atta ad assicurare l’esecuzione degli obblighi derivanti dai trattati o conseguenti agli atti delle istituzioni dell’Unione.

Gli Stati membri facilitano all’Unione l’adempimento dei suoi compiti e si astengono da qualsiasi misura che rischi di mettere in pericolo la realizzazione degli obiettivi dell’Unione».

3.        Il preambolo della direttiva IVA (2) contiene in particolare i seguenti considerando:

«(4)      La realizzazione dell’obiettivo di instaurare un mercato interno presuppone l’applicazione, negli Stati membri, di legislazioni relative alle imposte sul volume di affari che non falsino le condizioni di concorrenza e non ostacolino la libera circolazione delle merci e dei servizi. È pertanto necessario realizzare un’armonizzazione delle legislazioni relative alle imposte sul volume di affari mediante un sistema d’imposta sul valore aggiunto (IVA), al fine di eliminare, per quanto possibile, i fattori che possono falsare le condizioni di concorrenza, tanto sul piano nazionale quanto sul piano comunitario.

(...)

(7)      Il sistema comune d’IVA dovrebbe portare, anche se le aliquote e le esenzioni non sono completamente armonizzate, ad una neutralità dell’imposta ai fini della concorrenza (…)

(8)      (…) il bilancio delle Comunità europee, salvo altre entrate, è integralmente finanziato da risorse proprie delle Comunità. Dette risorse comprendono, tra l’altro, quelle provenienti dall’IVA, ottenute applicando un’aliquota comune ad una base imponibile determinata in modo uniforme e secondo regole comunitarie».

4.        Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva IVA, le operazioni soggette ad IVA comprendono le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate a titolo oneroso nel territorio di uno Stato membro da un soggetto passivo che agisce in quanto tale e le importazioni di beni.

5.        L’articolo 206 dispone:

«Ogni soggetto passivo che è debitore dell’imposta deve pagare l’importo netto dell’IVA al momento della presentazione della dichiarazione IVA prevista all’articolo 250. Gli Stati membri possono tuttavia stabilire un’altra scadenza per il pagamento di questo importo o riscuotere acconti provvisori».

6.        Ai sensi dell’articolo 212, gli Stati membri possono esentare i soggetti passivi dal pagamento dell’IVA dovuta qualora il suo importo sia insignificante.

7.        Ai sensi del primo comma dell’articolo 273, «[g]li Stati membri possono stabilire, nel rispetto della parità di trattamento delle operazioni interne e delle operazioni effettuate tra Stati membri da soggetti passivi, altri obblighi che essi ritengono necessari ad assicurare l’esatta riscossione dell’IVA e ad evitare le evasioni, a condizione che questi obblighi non diano luogo, negli scambi tra Stati membri, a formalità connesse con il passaggio di una frontiera».

8.        Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, lettera b), della decisione 2007/436 (3), le risorse proprie dell’Unione comprendono, tra l’altro, le entrate provenienti «dall’applicazione di un’aliquota uniforme, valida per tutti gli Stati membri, agli imponibili IVA armonizzati, determinati secondo regole comunitarie». Ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 4, tale aliquota uniforme è fissata allo 0,30%.

 Diritto italiano

9.        L’articolo 160 del Regio Decreto del 16 marzo 1942, n. 267, come modificato (in prosieguo: la «legge fallimentare») predispone una procedura concorsuale (concordato preventivo) per gli imprenditori insolventi o in stato di difficoltà finanziaria, come alternativa rispetto alla dichiarazione di fallimento. Tale procedura prevede la messa a disposizione del patrimonio dell’imprenditore per ottenere il pagamento integrale dei crediti privilegiati e il pagamento parziale dei crediti chirografari. Tuttavia, la procedura può prevedere il pagamento parziale di alcune categorie di crediti privilegiati, purché un esperto indipendente attesti che costoro non riceverebbero un trattamento migliore nel caso di fallimento dell’imprenditore.

10.      Le proposte di concordato devono essere presentate ai creditori con un ricorso al Tribunale competente. Ai sensi dell’articolo 162 della legge fallimentare, il giudice deve in primo luogo accertare che siano soddisfatte le condizioni di legge per l’ammissione alla procedura. Successivamente, i creditori ai quali i debitori non offrono pagamento integrale e tempestivo sono chiamati a votare la proposta. Ai sensi dell’articolo 177, la proposta deve essere approvata da tanti creditori ammessi al voto che rappresentino complessivamente la maggioranza del totale dei crediti dei creditori ammessi al voto. In tal caso, l’articolo 180 dispone che il giudice, decise eventuali opposizioni di creditori dissenzienti, omologa il concordato così approvato. Una volta omologato dal giudice, il concordato diventa vincolante per tutti i creditori.

11.      L’ordinanza di rinvio indica che qualsiasi controversia tra singolo creditore e debitore sulla sussistenza o sull’ammontare del credito non viene risolta all’interno del procedimento concorsuale, ma attraverso le vie giudiziarie ordinarie. Tuttavia, sembra che, ai sensi dell’articolo 173 della legge fallimentare, una domanda di concordato debba essere respinta qualora il ricorrente abbia deliberatamente occultato parte dell’attivo o omesso di denunciare uno o più crediti.

12.      Ai sensi dell’articolo 182ter della legge fallimentare, l’imprenditore ha la possibilità – insieme alla proposta di concordato preventivo – di proporre una «transazione fiscale» all’amministrazione finanziaria dello Stato e agli enti previdenziali. Una siffatta proposta, soggetta anche alla condizione che non sia prevedibile una soddisfazione maggiore in caso di fallimento, deve essere accettata da ciascun amministrazione finanziaria dello Stato/ente previdenziale interessato. Una transazione fiscale non può tuttavia riguardare i tributi costituenti risorse proprie dell’Unione europea e non può prevedere un pagamento parziale, ma solo un pagamento dilazionato, dei crediti per IVA, a cui la legge italiana riconosce il rango di crediti privilegiati (di grado 19 in ordine di priorità).

13.      Secondo l’ordinanza di rinvio, la Corte di Cassazione ha statuito che l’imprenditore che propone il concordato preventivo ai sensi dell’articolo 160 della legge fallimentare non è tenuto a formulare una separata proposta di transazione fiscale qualora abbia debiti erariali, ma può includerli nella proposta generale rivolta a tutti i creditori. In tal caso, lo Stato partecipa alla votazione per l’approvazione del concordato qualora la proposta non offra il pagamento integrale dei suoi crediti. Lo Stato può anche opporsi con ricorso al giudice competente contro l’approvazione a maggioranza ottenuta nonostante il suo dissenso.

14.      Tuttavia, ancora secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione, il divieto di proporre un pagamento solo parziale del debito IVA nell’ambito della procedura di transazione fiscale è applicabile anche nell’ambito di procedure di concordato preventivo. Dall’ordinanza di rinvio emerge che la Corte di Cassazione ha giustificato tale posizione, tra l’altro, sulla base dell’interpretazione, da parte della Corte (4), dell’articolo 4, paragrafo 3, TUE e del predecessore normativo dell’attuale direttiva IVA, la sesta direttiva (5). Il giudice del rinvio sembra avere dubbi quanto alla questione se la posizione della Corte di Cassazione sia effettivamente giustificata da tale interpretazione della Corte.

 Contesto fattuale, procedimento e questione pregiudiziale

15.      Il 22 maggio 2014, la Degano Trasporti S.a.s. di Ferruccio Degano & C. (in prosieguo: la «Degano») ha presentato una proposta di concordato preventivo al giudice del rinvio, in conseguenza delle difficoltà finanziarie che le hanno impedito la prosecuzione delle sue attività commerciali. Tale proposta prevedeva il pagamento integrale di alcuni creditori privilegiati e il pagamento parziale dei creditori privilegiati di grado inferiore e dei creditori chirografari, nonché dello Stato con riferimento al debito IVA della Degano.

16.      Il giudice del rinvio si chiede se la proposta debba essere respinta come inammissibile, sulla base del fatto che non prevede il pagamento integrale del debito IVA della Degano. Esso nutre tuttavia dubbi quanto alla circostanza se l’obbligo degli Stati membri di adottare tutte le misure legislative e amministrative utili al fine di garantire la riscossione dell’IVA dovuta, come stabilito dalla giurisprudenza della Corte, di fatto precluda un concordato preventivo in cui solo una parte del credito IVA sia soddisfatta, a condizione che non sia prevedibile una soddisfazione maggiore in caso di fallimento. Esso chiede pertanto una pronuncia pregiudiziale sulla seguente questione:

«Se i principi e le norme contenuti nell’articolo 4, paragrafo 3, TUE e nella [direttiva IVA], così come già interpretati nelle sentenze della Corte di Giustizia [Commissione/Italia (C‑132/06, EU:C:2008:412), Commissione/Italia (C‑174/07, EU:C:2998:704) e Belvedere Costruzioni (C‑500/10, EU:C:2012:186)] debbano essere altresì interpretati nel senso di rendere incompatibile una norma interna (e, quindi, per quanto riguarda il caso qui in decisione, un’interpretazione degli artt. 162 e 182ter della legge fallimentare) tale per cui sia ammissibile una proposta di concordato preventivo che preveda, con la liquidazione del patrimonio del debitore, il pagamento soltanto parziale del credito dello Stato relativo all’IVA, qualora non venga utilizzato lo strumento della transazione fiscale e non sia prevedibile per quel credito – sulla base dell’accertamento di un esperto indipendente e all’esito del controllo formale del Tribunale – un pagamento maggiore in caso di liquidazione fallimentare».

17.      Hanno presentato osservazioni scritte la Degano, i governi italiano e spagnolo nonché la Commissione europea. Non si è tenuta udienza.

 Ricevibilità

18.      La Commissione osserva che il giudice del rinvio sembra nutrire dubbi sulla ricevibilità del rinvio pregiudiziale. Tale rinvio è stato effettuato nell’ambito di un procedimento sommario per determinare l’ammissibilità della domanda di concordato della Degano. Il giudice del rinvio spiega inoltre che il procedimento non è contenzioso fino a che – e solo dal momento in cui – i creditori dissenzienti si oppongono ad un concordato approvato dai creditori che rappresentano la maggioranza dei crediti ammessi al voto.

19.      A mio avviso la domanda di pronuncia pregiudiziale è manifestamente ricevibile.

20.      È giurisprudenza consolidata che i giudici nazionali possono adire la Corte unicamente se dinanzi ad essi sia pendente una lite e se essi siano stati chiamati a statuire nell’ambito di un procedimento destinato a risolversi in una pronuncia di carattere giurisdizionale (6). Ciò può ricomprendere i procedimenti sommari, poiché la scelta del momento più idoneo per interrogare la Corte in via pregiudiziale è di competenza esclusiva del giudice nazionale (7). Di conseguenza, il fatto che il procedimento dinanzi al giudice del rinvio nella presente causa sia attualmente in una fase preliminare o sommaria non preclude al giudice di optare per un rinvio pregiudiziale in tale fase.

21.      Inoltre, la Corte non ha competenza a statuire su questioni sollevate in un procedimento in cui il giudice nazionale svolga funzioni di un’autorità amministrativa senza esercitare una funzione giurisdizionale (8), ma non è questa l’ipotesi che ricorre nel caso in esame.

22.      Nel procedimento principale il giudice del rinvio viene chiamato ad accertare la cosiddetta «fattibilità giuridica» del concordato. Deve pertanto verificare la sussistenza di tutti i presupposti di legittimità del concordato. Tale fase preliminare è un prerequisito per il voto sul concordato e per l’adozione da parte del giudice del rinvio, sempre che siano state respinte le opposizioni dei creditori dissenzienti, di una decisione definitiva che omologhi il concordato e lo renda vincolante per tutti i creditori. Che la fase sia di carattere contenzioso non ha alcuna rilevanza sulla funzione giurisdizionale assunta dal giudice del rinvio (9).

23.      Infine, il presente rinvio nasce dai dubbi che il giudice del rinvio nutre sulla questione se la giurisprudenza della Corte di Cassazione – nel senso che un concordato ai sensi dell’articolo 160 della legge fallimentare non può mai prevedere un pagamento parziale del debito IVA – sia corretta nella misura in cui si fonda sull’interpretazione, da parte della Corte, dell’articolo 4, paragrafo 3, TUE e della sesta direttiva. Sebbene il giudice del rinvio sia vincolato dalle sentenze della Corte di Cassazione che interpretano l’articolo 160 della legge fallimentare, ciò non lo priva della facoltà di chiedere alla Corte l’interpretazione pregiudiziale delle norme di diritto comunitario sulle quali vertono le valutazioni giuridiche di cui sopra (10).

 Valutazione

 Osservazioni preliminari

24.      Non è in discussione la circostanza che la Degano sia in difficoltà finanziaria ai sensi dell’articolo 160 della legge fallimentare o che il concordato preventivo costituisca un’alternativa alla dichiarazione di fallimento. È altresì pacifico il fatto che il concordato in questione comporti la liquidazione dell’intero patrimonio della Degano.

25.      Inoltre, né la sussistenza né l’ammontare del debito IVA della Degano nei confronti dello Stato italiano paiono essere in discussione nel procedimento principale. Come ha spiegato il giudice del rinvio, tutte queste controversie sono risolte al di fuori della procedura di concordato.

 Obblighi dello Stato membro secondo la giurisprudenza

26.      In numerose occasioni la Corte ha osservato che dal sistema comune dell’IVA e dall’articolo 4, paragrafo 3, TUE, emerge che ogni Stato membro ha l’obbligo di adottare tutte le misure legislative e amministrative al fine di garantire che l’IVA sia interamente riscossa nel suo territorio. A tale riguardo, gli Stati membri sono obbligati ad accertare le dichiarazioni fiscali dei contribuenti, la relativa contabilità e gli altri documenti utili, nonché a calcolare e a riscuotere l’imposta dovuta (11).

27.      Se gli Stati membri sono tenuti, nell’ambito del sistema comune dell’IVA, a garantire il rispetto degli obblighi a carico dei soggetti passivi, essi beneficiano tuttavia, a tale riguardo, di una certa libertà in relazione, segnatamente, al modo di utilizzare i mezzi a loro disposizione (12).

28.      La Corte ha chiarito tuttavia che questa libertà è limitata dall’obbligo di garantire una riscossione effettiva delle risorse proprie dell’Unione (13). Poiché tali risorse comprendono, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, della decisione 2007/436, le entrate provenienti dall’applicazione di un’aliquota uniforme agli imponibili IVA armonizzati, la Corte ha statuito che sussiste un nesso diretto tra la riscossione del gettito dell’IVA nell’osservanza del diritto dell’Unione applicabile e la messa a disposizione del bilancio dell’Unione delle corrispondenti risorse IVA, poiché qualsiasi lacuna nella riscossione del primo determina potenzialmente una riduzione delle seconde (14).

29.      Inoltre, non possono essere create differenze significative nel modo di trattare i contribuenti, e questo sia all’interno di uno degli Stati membri che nell’insieme di tutti loro. La direttiva IVA deve essere interpretata in conformità al principio di neutralità fiscale inerente al sistema comune dell’IVA, in base al quale gli operatori economici che effettuano le stesse operazioni non devono essere trattati diversamente in materia di riscossione dell’IVA (15). Qualsiasi azione degli Stati membri relativa alla riscossione dell’IVA deve rispettare tale principio, che mira a consentire una sana concorrenza nel mercato interno (16).

30.      È in tale contesto che la Corte ha statuito, nelle due sentenze Commissione/Italia citate, che una rinuncia generale e indiscriminata all’accertamento delle operazioni imponibili effettuate nel corso di una serie di periodi d’imposta ha violato gli articoli 2 e 22 della sesta direttiva e quello che ora è l’articolo 4, paragrafo 3, TUE (17). Come ho spiegato nelle mie conclusioni nella causa Belvedere Costruzioni (18), le disposizioni di diritto italiano in questione in tali cause prevedevano, in sostanza, un’ampia immunità dall’accertamento e dall’investigazione da parte delle autorità fiscali con riferimento ad importi di IVA dovuta non dichiarati in tempo utile, a fronte del pagamento di un importo compreso tra metà dell’importo successivamente dichiarato come dovuto e un ammontare di imposta puramente simbolico. Ad avviso della Corte, nelle sentenze Commissione/Italia, lo squilibrio significativo esistente tra gli importi effettivamente dovuti e quelli corrisposti dai contribuenti che intendono beneficiare del condono in parola conduce ad una quasi-esenzione fiscale e tali rilevanti differenze di trattamento tra i soggetti passivi sul territorio italiano alteravano il principio di neutralità fiscale (19).

31.      Per contro, nella sentenza Belvedere Costruzioni la Corte ha statuito che né l’articolo 4, paragrafo 3, TUE, né gli articoli 2 e 22 della sesta direttiva, ostavano all’applicazione, in materia di IVA, di una disposizione nazionale eccezionale ai sensi della quale i procedimenti pendenti dinanzi ad un giudice superiore si estinguevano automaticamente allorché traevano origine da un ricorso proposto in primo grado più di dieci anni prima della data di entrata in vigore di detta disposizione e l’amministrazione tributaria era risultata soccombente nei primi due gradi di giudizio (20). La disposizione in questione in tale causa ha avuto l’effetto automatico che la decisione del giudice di secondo grado – una decisione sfavorevole all’amministrazione tributaria – è diventata definitiva e pertanto il credito vantato dall’amministrazione tributaria si è estinto. Il ragionamento della Corte nel concludere per la compatibilità della disposizione con il diritto dell’Unione era fondato sulla natura eccezionale e limitata, sull’assenza nel complesso di qualsiasi effetto discriminatorio e sulla necessità del rispetto del principio del termine ragionevole di un giudizio (21).

 Il concordato preventivo di cui trattasi nel procedimento principale

32.      La Commissione sostiene che il concordato proposto nel procedimento principale è contrario ai principi stabiliti nelle sentenze Commissione/Italia. In sostanza, essa afferma, le norme che disciplinano le risorse proprie dell’Unione e la direttiva IVA, in combinato disposto con il principio di leale cooperazione di cui all’articolo 4, paragrafo 3, TUE, impongono ad ogni Stato membro un obbligo assoluto di riscossione integrale dell’IVA dovuta sul suo territorio. Uno Stato membro può rinunciare al credito IVA solo nella specifica situazione prevista dall’articolo 212 della direttiva IVA, vale a dire qualora il suo importo sia insignificante. Esso non può consentire ad un soggetto passivo in difficoltà finanziaria di pagare solo parzialmente un debito IVA nell’ambito di un concordato preventivo che comporti la liquidazione del suo patrimonio. Di conseguenza, la Commissione sostiene – andando oltre l’ambito della questione pregiudiziale – che è indispensabile che ai crediti IVA sia attribuito non solo un trattamento di legge preferenziale, ma anche il grado in assoluto più elevato tra quelli riconosciuti ai crediti privilegiati, in termini formali e sostanziali.

33.      Tratterò per prima l’ultima affermazione, il cui rigore è a mio parere inaccettabile.

34.      In primo luogo, l’argomento che i crediti IVA debbano avere precedenza su tutti gli altri crediti per tutelare gli interessi finanziari dell’Unione non trova alcun supporto nei principi che ho richiamato (22). È vero che la libertà degli Stati membri nel garantire il rispetto degli obblighi a carico dei soggetti passivi è limitata dall’obbligo di garantire l’effettiva riscossione delle risorse proprie dell’Unione, compresa l’IVA. Il sistema comune dell’IVA non impone tuttavia agli Stati membri di accordare ai crediti IVA un trattamento preferenziale su tutte le altre categorie di crediti.

35.      Nelle mie conclusioni nella causa Belvedere Costruzioni ero dell’avviso che l’obbligo della riscossione effettiva non può essere assoluto (23). La Corte ha accolto tale affermazione sulla base del fatto, in primo luogo, che l’obbligo di garantire l’efficace riscossione delle risorse dell’Unione non può contrastare con il rispetto del principio del termine ragionevole di un giudizio (24) e, in secondo luogo, che la disposizione in questione non costituiva una rinuncia generale alla riscossione dell’IVA per un dato periodo, bensì una disposizione eccezionale che, per il suo carattere puntuale e limitato, dovuto ai presupposti della sua applicazione, non creava significative differenze nel modo in cui sono trattati i soggetti d’imposta nel loro insieme e, pertanto, non pregiudicava il principio di neutralità fiscale (25).

36.      In talune circostanze, pertanto, uno Stato membro può ragionevolmente ritenere legittima la rinuncia al pagamento integrale di un credito IVA, purché siffatte circostanze siano eccezionali, puntuali e limitate e purché lo Stato membro non crei significative differenze nel modo in cui sono trattati i soggetti d’imposta nel loro insieme e, pertanto, non pregiudichi il principio di neutralità fiscale.

37.      In tale contesto, gli Stati membri devono godere di un livello di flessibilità quanto alla riscossione dei crediti IVA quando – come nel procedimento principale – il soggetto passivo si trova in stato di difficoltà finanziaria. Detta situazione è specifica perché il patrimonio del soggetto passivo non è sufficiente a soddisfare tutti i creditori. In tali circostanze, poiché nel diritto dell’Unione non vi sono norme di armonizzazione relative al rango dei crediti IVA, gli Stati membri devono essere liberi di ritenere che altre categorie di crediti (quali gli stipendi o i contributi previdenziali – o, nel caso di soggetti passivi singoli, gli alimenti) meritino una tutela maggiore.

38.      Inoltre, una procedura come quella di cui trattasi nel procedimento principale è coerente con l’obbligo degli Stati membri di garantire l’effettiva riscossione delle risorse dell’Unione, in quanto comporta almeno tre salvaguardie relative alla tutela dei crediti IVA.

39.      In primo luogo, la proposta di concordato deve essere respinta, tra l’altro, qualora il ricorrente abbia deliberatamente occultato parte dell’attivo o omesso di denunciare uno o più crediti (compresi i crediti IVA).

40.      In secondo luogo, sebbene, ad avviso del giudice del rinvio, il concordato possa prevedere la soddisfazione parziale di un credito IVA, ciò è possibile solo qualora un esperto indipendente attesti che l’amministrazione tributaria non riceverebbe un trattamento migliore nel caso di fallimento. Di conseguenza, vi possono essere situazioni in cui un concordato preventivo comporti il pagamento di una porzione maggiore del debito IVA rispetto a quanto accadrebbe in caso di fallimento, ma il contrario può non essere vero. Ciò posto, una disposizione di diritto nazionale non può essere ritenuta incompatibile con l’obbligo di garantire l’effettiva riscossione delle risorse dell’Unione semplicemente perché sceglie un mezzo, piuttosto che un altro, per ottenere la massima riscossione possibile.

41.      In terzo luogo, anche qualora la proposta di concordato sia ammissibile, il concordato stesso è soggetto al voto di tutti i creditori rispetto ai quali la proposta non prevede un pagamento integrale e immediato (compreso lo Stato qualora la proposta non preveda il pagamento integrale del credito IVA). Essa deve essere approvata da tanti creditori che rappresentino complessivamente la maggioranza del totale dei crediti dei creditori ammessi al voto. I creditori dissenzienti possono quindi opporsi al concordato dinanzi al giudice (26). La procedura di concordato consente pertanto allo Stato di adottare tutte le misure che ritiene necessarie per garantire la riscossione dell’importo massimo di credito IVA date le circostanze. Il che può comportare, ad esempio, un voto contrario al concordato (o l’opposizione dinanzi al giudice) qualora lo Stato non concordi con le conclusioni dell’esperto indipendente.

42.      Infine, per il suo carattere puntuale e limitato, dovuto ai rigorosi presupposti della sua applicazione, la procedura di concordato manifestamente non crea significative differenze nel modo in cui sono trattati i soggetti passivi e, pertanto, non pregiudica il principio di neutralità fiscale. Diversamente dalle disposizioni nazionali in discussione nelle due cause Commissione/Italia, la procedura di concordato non comporta una rinuncia generale e indiscriminata al potere dell’amministrazione finanziaria di ottenere il pagamento dei crediti IVA. Il sacrificio di parte del credito IVA che essa può comportare deve essere considerato alla luce dell’obiettivo di concedere ai soggetti passivi in difficoltà finanziaria una seconda opportunità attraverso la ristrutturazione collettiva del loro debito.

43.      Sebbene risulti che, nel caso della Degano, il concordato comporta la liquidazione di tutto il suo patrimonio, la Corte non è stata informata dei dettagli precisi. Altri concordati potrebbero comportare il permanere in essere delle attività del debitore in regime di continuità aziendale. In tali casi, come fa presente il governo spagnolo, l’obiettivo che interessa è coerente con la raccomandazione della Commissione agli Stati membri di eliminare gli ostacoli all’efficace ristrutturazione di imprese sane in difficoltà finanziaria, promuovendo in tal modo l’imprenditoria, gli investimenti e l’occupazione e contribuendo a ridurre gli ostacoli al buon funzionamento del mercato interno (27).

44.      Vorrei in ogni caso porre in rilievo che la conclusione che ho raggiunto riguarda esclusivamente l’interpretazione del diritto dell’Unione. Il giudice del rinvio sembra nutrire dubbi quanto all’interpretazione di talune disposizioni della legge fallimentare da parte della Corte di Cassazione. Non esprimo alcun parere in relazione ad altre possibili argomenti afferenti al diritto nazionale che possano aver orientato la Corte di Cassazione nelle sue decisioni.

 Conclusione

45.      Sono pertanto del parere che la Corte debba risolvere come segue la questione sollevata dal Tribunale di Udine (Italia):

Né l’articolo 4, paragrafo 3, TUE, né la direttiva 2006/12/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, ostano a norme nazionali come quelle di cui trattasi nel procedimento principale, qualora tali norme debbano essere interpretate nel senso di consentire ad un’impresa in difficoltà finanziaria di effettuare un concordato preventivo che comporta la liquidazione del suo patrimonio senza offrire il pagamento integrale dei crediti IVA dello Stato, a condizione che un esperto indipendente concluda che non si otterrebbe un pagamento maggiore di tale credito in caso di fallimento e che il concordato sia omologato dal giudice.


1 –      Lingua originale: l’inglese.


2 –      Direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU L 347, pag. 1) (in prosieguo: la «direttiva IVA»).


3 –      Decisione 2007/436/CE, Euratom del Consiglio, del 7 giugno 2007, relativa al sistema delle risorse proprie delle Comunità europee (GU L 163, pag. 17). La decisione 2007/436 è stata è stata abrogata dalla decisione 2014/335/UE, Euratom del Consiglio, del 26 maggio 2014, relativa al sistema delle risorse proprie dell’Unione europea (GU L 168, pag. 105), che si applicherà retroattivamente dal 1° gennaio 2014 una volta ottenuta l’approvazione di tutti gli Stati membri. Tuttavia, le disposizioni citate rimangono immutate.


4 –      V., in particolare, sentenze Commissione/Italia (C‑132/06, EU:C:2008:412); Commissione/Italia (C‑174/07, EU:C:2008:704), e Belvedere Costruzioni (C‑500/10, EU:C:2012:186).


5 –      Sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme (GU L 145, pag. 1) (in prosieguo: la «sesta direttiva»).


6 –      V., da ultimo, sentenza Torresi (C‑58/13 e C‑59/13, EU:C:2014:2088, punto 19).


7 –      V., ad esempio, sentenza X (C‑60/02, EU:C:2004:10, punti 25, 26 e 28).


8 –      V., tra l’altro, sentenza Job Centre (C‑111/94, EU:C:1995:340, punto 11), e ordinanza Bengtsson (C‑344/09, EU:C:2011:174, punto 19).


9 –      V., in tal senso, sentenze Corsica Ferris (C‑18/93, EU:C:1994:195, punto 12), e Roda Golf & Beach Resort (C‑14/08, EU:C:2009:395, punto 33).


10 –      V., tra l’altro, sentenze Rheinmühlen-Düsseldorf (166/73, EU:C:1974:3, punto 4), e Cartesio (C‑210/06, EU:C:2008:723, punto 93).


11 –      V. sentenze Commissione/Italia (C‑132/06, EU:C:2008:412, punto 37), e Belvedere Costruzioni (C‑500/10, EU:C:2012:185, punto 20). V. anche sentenze Commissione/Italia (C‑174/07, EU:C:2008:704, punto 36), e Cabinet Medical Veterinar Tomoiagă Andrei (C‑144/14, EU:C:2015:452, punto 25).


12 –      Sentenze Commissione/Italia (C‑132/06, EU:C:2008:412, punto 38), e Belvedere Costruzioni (C‑500/10, EU:C:2012:185, punto 21).


13 –      Sentenze Commissione/Italia (C‑132/06, EU:C:2008:412, punto 39), e Belvedere Costruzioni (C‑500/10, EU:C:2012:185, punto 22).


14 –      V. sentenza Åkerberg Fransson (C‑617/10, EU:C:2013:105, punto 26). V. anche sentenza Commissione/Germania (C‑539/09, EU:C:2011:733, punto 72) e le mie conclusioni nella causa Belvedere Costruzioni (C‑500/10, EU:C:2011:754, paragrafo 47).


15 –      V. sentenze Commissione/Italia (C‑132/06, EU:C:2008:412, punto 39), e Belvedere Costruzioni (C‑500/10, EU:C:2012:185, punto 22). V. anche ordinanza Nuova Invincibile (C‑82/14, EU:C:2015:510, punto 23).


16 –      Sentenza Commissione/Italia (C‑132/06, EU:C:2008:412, punto 45). V. anche considerando 4 e 7 della direttiva IVA.


17 –      Sentenze Commissione/Italia (C‑132/06, EU:C:2008:412), e Commissione/Italia (C‑174/07, EU:C:2008:704). Le disposizioni della sesta direttiva in questione corrispondono a quelle degli articoli 2, paragrafo 1, 206, 252, paragrafo 1 e 273 della direttiva IVA (l’articolo 252, paragrafo 1, impone ai soggetti passivi la presentazione della dichiarazione IVA).


18 –      C‑500/10, EU:C:2011:754, paragrafo 36.


19 –      Sentenze Commissione/Italia (C‑132/06, EU:C:2008:412, punti 43 e 44).


20 –      Sentenza Belvedere Costruzioni (C‑500/10, EU:C:2012:186, punto 28).


21 –      V., inoltre, paragrafo 35 infra.


22 –      Paragrafi da 26 a 31 supra.


23 –      Conclusioni nella causa Belvedere Costruzioni (C‑500/10, EU:C:2011:754, paragrafo 48).


24 –      Sentenza Belvedere Costruzioni (C‑500/10, EU:C:2012:186, punti da 23 a 25).


25 –      Sentenza Belvedere Costruzioni (C‑500/10, EU:C:2012:186, punti 26 e 27).


26 –      Articoli 177 e 180 della legge fallimentare.


27 –      Raccomandazione della Commissione, del 12 marzo 2014, relativa ad un nuovo approccio al fallimento delle imprese e all’insolvenza, C(2014) 1500 final, pagg. 4 e 5.