SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)

27 febbraio 2018 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Accordo di partenariato tra la Comunità europea e il Regno del Marocco nel settore della pesca – Protocollo che fissa le possibilità di pesca previste da tale accordo – Atti di conclusione dell’accordo e del protocollo – Regolamenti che ripartiscono le possibilità di pesca fissate dal protocollo tra gli Stati membri – Competenza giurisdizionale – Interpretazione – Validità alla luce dell’articolo 3, paragrafo 5, TUE e del diritto internazionale – Applicabilità di detto accordo e di detto protocollo al territorio del Sahara occidentale e alle acque adiacenti»

Nella causa C‑266/16,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla High Court of Justice (England & Wales), Queen’s Bench Division (Administrative Court) [Alta Corte di giustizia (Inghilterra e Galles), divisione del Queen’s Bench (sezione amministrativa), Regno Unito], con decisione del 27 aprile 2016, pervenuta in cancelleria il 13 maggio 2016, nel procedimento

The Queen, su istanza di:

Western Sahara Campaign UK

contro

Commissioners for Her Majesty’s Revenue and Customs,

Secretary of State for Environment, Food and Rural Affairs,

con l’intervento di:

Confédération marocaine de l’agriculture e du développement rural (Comader),

LA CORTE (Grande Sezione),

composta da K. Lenaerts, presidente, A. Tizzano, vicepresidente, R. Silva de Lapuerta, M. Ilešič, L. Bay Larsen, J. Malenovský (relatore), C.G. Fernlund e C. Vajda, presidenti di sezione, A. Arabadjiev, C. Toader, M. Safjan, D. Šváby, M. Berger, A. Prechal ed E. Jarašiūnas, giudici,

avvocato generale: M. Wathelet

cancelliere: L. Hewlett, amministratore principale

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 6 settembre 2017,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la Western Sahara Campaign UK, da K. Beal, QC, C. McCarthy, barrister, e R. Curling, solicitor;

–        per la Confédération marocaine de l’agriculture e du développement (Comader), da J.-F. Bellis, R. Hicheri e M. Struys, avocats, nonché da R. Penfold, solicitor;

–        per il governo spagnolo, da M.A. Sampol Pucurull, in qualità di agente;

–        per il governo francese, da F. Alabrune, D. Colas, B. Fodda, S. Horrenberger e L. Legrand, in qualità di agenti;

–        per il governo portoghese, da M. Figueiredo e L. Inez Fernandes, in qualità di agenti;

–        per il Consiglio dell’Unione europea, da A. de Elera-San Miguel Hurtado e A. Westerhof Löfflerová, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da A. Bouquet, F. Castillo de la Torre, E. Paasivirta e B. Eggers, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 10 gennaio 2018,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sulla validità dell’accordo di partenariato nel settore della pesca tra la Comunità europea e il Regno del Marocco (GU 2006, L 141, pag. 4; in prosieguo: l’«accordo di partenariato»), quale approvato e attuato dal regolamento (CE) n. 764/2006 del Consiglio, del 22 maggio 2006, relativo alla conclusione di un accordo di partenariato nel settore della pesca tra la Comunità europea e il Regno del Marocco (GU 2006, L 141, pag. 1), dalla decisione 2013/785/UE del Consiglio, del 16 dicembre 2013, relativa alla conclusione, a nome dell’Unione europea, del protocollo tra l’Unione europea e il Regno del Marocco che fissa le possibilità di pesca e la contropartita finanziaria previste dall’accordo di partenariato nel settore della pesca fra l’Unione europea e il Regno del Marocco (GU 2013, L 349, pag. 1), e dal regolamento (UE) n. 1270/2013 del Consiglio, del 15 novembre 2013, relativo alla ripartizione delle possibilità di pesca a norma del protocollo tra l’Unione europea e il Regno del Marocco che fissa le possibilità di pesca e la contropartita finanziaria previste dall’accordo di partenariato nel settore della pesca fra l’Unione europea e il Regno del Marocco (GU 2013, L 328, pag. 40).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di due controversie tra la Western Sahara Campaign UK e, rispettivamente, i Commissioners for Her Majesty’s Revenue and Customs (amministrazione tributaria e doganale, Regno Unito) e il Secretary of State for Environment, Food and Rural Affairs (Ministro per l’Ambiente, l’Alimentazione e gli Affari rurali, Regno Unito), in ordine all’attuazione, da parte di tale amministrazione e di tale Ministro, di accordi internazionali conclusi tra l’Unione europea e il Regno del Marocco nonché di atti di diritto derivato collegati a tali accordi.

 Contesto normativo

 Diritto internazionale

 Carta delle Nazioni Unite

3        L’articolo 1 della Carta delle Nazioni Unite, firmata a San Francisco il 26 giugno 1945, così recita:

«I fini delle Nazioni Unite sono:

(…)

2.      Sviluppare tra le nazioni relazioni amichevoli fondate sul rispetto del principio dell’eguaglianza dei diritti e dell’autodeterminazione dei popoli (…)

(…)».

4        Il capitolo XI di tale Carta, intitolato «Dichiarazione concernente i territori non autonomi», contiene l’articolo 73, ai sensi del quale:

«I Membri delle Nazioni Unite, i quali abbiano o assumano la responsabilità dell’amministrazione di territori la cui popolazione non abbia ancora raggiunto una piena autonomia, riconoscono il principio che gli interessi degli abitanti di tali territori sono preminenti, ed accettano come sacra missione l’obbligo di promuovere al massimo, nell’ambito del sistema di pace e di sicurezza internazionale istituito dalla presente Carta, il benessere degli abitanti di tali territori (…)

(…)».

 Convenzione sul diritto del mare

5        La convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, conclusa a Montego Bay il 10 dicembre 1982 (Recueil des traités des Nations unies, vol. 1833, 1834 e 1835, pag. 3; in prosieguo: la «convenzione sul diritto del mare»), è entrata in vigore il 16 novembre 1994. La sua conclusione è stata approvata a nome della Comunità con decisione 98/392/CE del Consiglio, del 23 marzo 1998 (GU 1998, L 179, pag. 1).

6        La parte II della convenzione sul diritto del mare, intitolata «Mare territoriale e zona contigua», contiene in particolare l’articolo 2, rubricato «Regime giuridico del mare territoriale, dello spazio aereo soprastante il mare territoriale, del relativo fondo marino e del suo sottosuolo», i cui paragrafi 1 e 3 prevedono quanto segue:

«1.      La sovranità dello Stato costiero si estende, al di là del suo territorio e delle sue acque interne e, nel caso di uno Stato-arcipelago, delle sue acque arcipelagiche, a una fascia adiacente di mare, denominata mare territoriale.

(…)

3.      La sovranità sul mare territoriale si esercita alle condizioni della presente convenzione e delle altre norme del diritto internazionale».

7        La parte V di tale convenzione, intitolata «Zona economica esclusiva», contiene in particolare gli articoli 55 e 56.

8        Ai sensi dell’articolo 55 della convenzione in parola, rubricato «Regime giuridico specifico della zona economica esclusiva», «[l]a zona economica esclusiva è la zona al di là del mare territoriale e ad esso adiacente, sottoposta allo specifico regime giuridico stabilito nella presente parte, in virtù del quale i diritti e la giurisdizione dello Stato costiero e i diritti e le libertà degli altri Stati sono disciplinati dalle pertinenti disposizioni della presente convenzione».

9        L’articolo 56 della medesima convenzione, rubricato «Diritti, giurisdizione e obblighi dello Stato costiero nella zona economica esclusiva», al suo paragrafo 1 così dispone:

«Nella zona economica esclusiva lo Stato costiero gode di:

a)      diritti sovrani sia ai fini dell’esplorazione, dello sfruttamento, della conservazione e della gestione delle risorse naturali, biologiche o non biologiche, che si trovano nelle acque soprastanti il fondo del mare, sul fondo del mare e nel relativo sottosuolo, sia ai fini di altre attività connesse con l’esplorazione e lo sfruttamento economico della zona, (…)

b)      giurisdizione conformemente alle pertinenti disposizioni della presente convenzione, in materia di:

(…)

ii)      ricerca scientifica marina;

(…)

c)      altri diritti e doveri previsti dalla presente convenzione».

 Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati

10      La convenzione di Vienna sul diritto dei trattati è stata conclusa a Vienna il 23 maggio 1969 (Recueil des traités des Nations unies, vol. 1155, pag. 331; in prosieguo: la «convenzione di Vienna sul diritto dei trattati»).

11      L’articolo 3 di tale convenzione, intitolato «Accordi internazionali che non rientrano nell’ambito della presente [c]onvenzione», stabilisce quanto segue:

«Il fatto che la presente [c]onvenzione non si applichi né ad accordi internazionali conclusi fra Stati ed altri soggetti di diritto internazionale e fra questi altri soggetti di diritto internazionale, né ad accordi internazionali che non sono stati conclusi per iscritto, non pregiudica:

(…)

b)      l’applicazione a questi accordi di qualsivoglia regola posta dalla presente [c]onvenzione e alla quale essi fossero sottoposti in virtù del diritto internazionale indipendentemente dalla detta [c]onvenzione;

(…)».

12      Ai sensi dell’articolo 31 della suddetta convenzione, intitolato «Regola generale di interpretazione»:

«1.      Un trattato deve essere interpretato in buona fede seguendo il senso ordinario da attribuire ai termini del trattato nel loro contesto e alla luce del suo oggetto e del suo scopo.

2.      Ai fini dell’interpretazione di un trattato, il contesto comprende, oltre al testo, il preambolo e gli allegati ivi compresi:

a)      ogni accordo in rapporto col trattato e che è stato concluso fra tutte le parti in occasione della conclusione del trattato;

b)      ogni strumento posto in essere da una o più parti in occasione della conclusione del trattato e accettato dalle parti come strumento in connessione col trattato.

3.      Si terrà conto, oltre che del contesto:

a)      di ogni accordo ulteriore intervenuto fra le parti in materia di interpretazione del trattato o della applicazione delle sue disposizioni;

b)      di qualsiasi prassi successivamente seguita nell’applicazione del trattato attraverso la quale si sia formato un accordo delle parti in materia di interpretazione del medesimo;

c)      di qualsiasi regola pertinente di diritto internazionale applicabile nei rapporti fra le parti.

4.      Un termine verrà inteso in un senso particolare se risulta che tale era l’intenzione delle parti».

13      Secondo l’articolo 34 della medesima convenzione, intitolato «Regola generale riguardante gli Stati terzi», «[u]n trattato non crea né obblighi né diritti per uno Stato terzo senza il suo consenso».

 Diritto dell’Unione

 Accordo di associazione

14      L’accordo euromediterraneo che istituisce un’associazione tra le Comunità europee e i loro Stati membri, da una parte, e il Regno del Marocco, dall’altra, è stato firmato a Bruxelles il 26 febbraio 1996 (GU 2000, L 70, pag. 2; in prosieguo: l’«accordo di associazione») e approvato a nome delle Comunità europee con la decisione 2000/204/CE, CECA del Consiglio e della Commissione, del 24 gennaio 2000 (GU 2000, L 70, pag. 1). Conformemente al suo articolo 96, esso è entrato in vigore il 1o marzo 2000, come risulta dall’informazione pubblicata nella Gazzetta ufficiale delle Comunità europee (GU 2000, L 70, pag. 228).

15      Il titolo VIII di tale accordo, rubricato «Disposizioni istituzionali, generali e finali», contiene in particolare l’articolo 94, a termini del quale «[i]l presente accordo si applica ai territori in cui si applicano i trattati che istituiscono la Comunità europea e la Comunità europea del carbone e dell’acciaio, alle condizioni in essi indicate, da una parte, e al territorio del Regno del Marocco, dall’altra».

 Accordo di partenariato

16      Conformemente al suo articolo 17, l’accordo di partenariato è entrato in vigore il 28 febbraio 2007, come risulta dall’informazione pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea (GU 2007, L 78, pag. 31).

17      Come si evince dal preambolo e dagli articoli 1 e 3, tale accordo intende rafforzare le relazioni di cooperazione instaurate tra l’Unione e il Regno del Marocco, segnatamente nell’ambito dell’accordo di associazione, istituendo, nel settore della pesca, un partenariato volto a promuovere una pesca responsabile nelle zone di pesca marocchine e ad attuare in maniera efficace la politica della pesca marocchina. A tal fine, l’accordo di partenariato stabilisce, in particolare, norme relative alla cooperazione economica, finanziaria, tecnica e scientifica tra le parti, alle condizioni per l’accesso dei pescherecci battenti bandiera degli Stati membri alle zone di pesca marocchina, nonché alle modalità di controllo delle attività di pesca in tali zone.

18      A tale riguardo, dall’articolo 5 dell’accordo di partenariato, intitolato «Accesso delle navi [dell’Unione] alle zone di pesca marocchine», e in particolare dai suoi paragrafi 1 e 4, nonché dall’articolo 6 del medesimo, intitolato «Condizioni per l’esercizio della pesca», in particolare dal suo paragrafo 1, risulta che il Regno del Marocco si è impegnato ad «autorizzare le navi [dell’Unione] a operare nelle proprie zone di pesca, in conformità [di tale] accordo, del protocollo e del relativo allegato», a condizione che tali navi siano in possesso di una licenza di pesca rilasciata dalle autorità di tale Stato terzo su richiesta delle autorità dell’Unione. Da parte sua, l’Unione si è impegnata ad «adottare tutti i provvedimenti atti a garantire che le proprie navi rispettino le disposizioni [di detto] accordo nonché la legislazione che disciplina l’esercizio della pesca nelle acque soggette alla giurisdizione del [Regno del] Marocco, in conformità della [c]onvenzione (…) sul diritto del mare».

19      L’articolo 11 dell’accordo di partenariato, intitolato «Zona di applicazione», stabilisce che quest’ultimo si applica, per quanto riguarda il Regno del Marocco, «al territorio del Marocco e alle acque soggette alla giurisdizione marocchina». Inoltre, l’articolo 2 di tale accordo, intitolato «Definizioni», precisa, al punto a), che la nozione di «zona di pesca marocchina» è da intendersi, ai fini di tale accordo, del relativo protocollo nonché del suo allegato, come riferimento alle «acque soggette alla sovranità o alla giurisdizione del Regno del Marocco».

20      L’articolo 16 dell’accordo di partenariato prevede che il relativo protocollo forma parte integrante di tale accordo, al pari dell’allegato e delle appendici dello stesso protocollo.

 Protocollo del 2013

21      L’accordo di partenariato era inizialmente accompagnato da un protocollo (in prosieguo: il «protocollo iniziale») che era inteso a fissare, per un periodo di quattro anni, le possibilità di pesca previste al suo articolo 5.

22      Tale protocollo iniziale è stato sostituito da un altro protocollo al quale, a sua volta, ha fatto seguito, nel 2013, il protocollo tra l’Unione europea e il Regno del Marocco che fissa le possibilità di pesca e la contropartita finanziaria previste dall’accordo di partenariato nel settore della pesca fra l’Unione europea e il Regno del Marocco (GU 2013, L 328, pag. 2; in prosieguo: il «protocollo del 2013»). Quest’ultimo è stato approvato dalla decisione 2013/785 ed è entrato in vigore il 15 luglio 2014, come risulta dall’informazione pubblicata nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea (GU 2014, L 228, pag. 1).

23      Ai sensi dell’articolo 1 del protocollo del 2013, intitolato «Principi generali», «[tale] protocollo, con il relativo allegato e le appendici, costituisce parte integrante dell’accordo di partenariato (…), che rientra nel quadro dell’accordo [di associazione]»). Inoltre, detto protocollo «contribuisce alla realizzazione degli obiettivi generali dell’accordo di associazione».

24      In forza dell’articolo 2 del protocollo del 2013, intitolato «Periodo di applicazione, durata e possibilità di pesca», alle navi battenti bandiera di uno Stato membro dell’Unione, purché in possesso di una licenza rilasciata conformemente all’accordo di partenariato e a tale protocollo nonché al suo allegato, sono accordate, per un periodo di quattro anni, nella zona di pesca marocchina, possibilità di pesca artigianale, demersale e pelagica secondo le modalità previste nella tabella allegata al suddetto protocollo. Tali possibilità di pesca possono essere riviste di comune accordo, in forza dell’articolo 5 del medesimo.

25      L’allegato del protocollo del 2013, intitolato «Condizioni per l’esercizio della pesca nella zona di pesca marocchina da parte delle navi dell’Unione europea», contiene un capo III, intitolato «Zone di pesca» e così formulato:

«Il [Regno del] Marocco comunica all’Unione (…), precedentemente alla data di applicazione del protocollo, le coordinate geografiche delle linee di base e della sua zona di pesca nonché di ogni zona di divieto all’interno di quest’ultima (…).

Le zone di pesca per ciascuna categoria di pesca nella zona atlantica del Marocco sono definite nelle schede tecniche (appendice 2)».

26      L’appendice 2 di tale allegato contiene sei schede tecniche numerate da 1 a 6. Ciascuna di tali schede tecniche riguarda una determinata categoria di pesca e definisce le condizioni per l’esercizio della pesca per tale categoria. Tra le condizioni previste da ciascuna delle suddette schede figura il «[l]imite geografico della zona autorizzata».

27      L’appendice 4 di detto allegato, intitolata «Coordinate delle zone di pesca», indica in particolare che, «[p]rima dell’entrata in vigore del protocollo [del 2013], il dipartimento [della pesca marittima del Ministero dell’Agricoltura e della pesca marittima del Regno del Marocco] comunica alla Commissione le coordinate geografiche della linea di base marocchina, della zona di pesca marocchina e delle zone vietate alla navigazione e alla pesca».

 Atti di esecuzione dell’accordo di partenariato e del protocollo del 2013

28      Il regolamento n. 764/2006 ha avuto in particolare ad oggetto, come emerge dal suo considerando 3, la definizione del criterio di ripartizione tra gli Stati membri delle possibilità di pesca previste dall’accordo di partenariato, per il periodo di applicazione del protocollo iniziale. Il suo articolo 2 ha attribuito un contingente di 2 500 tonnellate al Regno Unito per la pesca pelagica industriale.

29      Analogamente, il regolamento n. 1270/2013 ha avuto ad oggetto la definizione del metodo di ripartizione tra gli Stati membri delle possibilità di pesca previste dall’accordo di partenariato per il periodo di applicazione del protocollo del 2013. L’articolo 1 di tale regolamento ha attribuito un contingente di 4 525 tonnellate al Regno Unito per la pesca pelagica industriale.

 Procedimenti principali, procedimento dinanzi alla Corte e questioni pregiudiziali

30      La Western Sahara Campaign UK è un’organizzazione di volontariato avente la finalità di promuovere il riconoscimento del diritto all’autodeterminazione del popolo del Sahara occidentale.

31      Essa ha presentato due ricorsi dinanzi alla High Court of Justice (England & Wales), Queen’s Bench Division (Administrative Court) [Alta Corte di giustizia (Inghilterra e Galles), divisione del Queen’s Bench (sezione amministrativa), Regno Unito]. La prima di tali controversie verte sulla questione se l’amministrazione tributaria e doganale del Regno Unito sia autorizzata ad accettare l’importazione, in tale Stato membro, di prodotti provenienti dal territorio del Sahara occidentale, in quanto prodotti certificati come originari del Regno del Marocco ai sensi dell’accordo di associazione. La seconda mette in discussione la politica della pesca elaborata dal Ministro per l’Ambiente, l’Alimentazione e gli Affari rurali del Regno Unito, sulla base del rilievo che essa prevede di includere le acque adiacenti al territorio del Sahara occidentale nell’ambito di applicazione delle misure di diritto interno destinate ad attuare l’accordo di partenariato, il protocollo del 2013 nonché gli atti di diritto derivato con i quali l’Unione ha attribuito possibilità di pesca agli Stati membri in forza di tale accordo e di tale protocollo.

32      Dinanzi al giudice del rinvio, la Western Sahara Campaign UK sostiene che l’accordo di associazione, l’accordo di partenariato, il protocollo del 2013 e gli atti di diritto derivato che attribuiscono possibilità di pesca agli Stati membri sul fondamento di questi ultimi violano l’articolo 3, paragrafo 5, TUE, a termini del quale l’Unione contribuisce alla rigorosa osservanza del diritto internazionale, e in particolare dei principi della Carta delle Nazioni Unite, nelle sue relazioni con il resto del mondo, nei limiti in cui questi vari accordi internazionali sono applicabili al territorio del Sahara occidentale nonché alle acque adiacenti a tale territorio. L’inclusione di tale territorio e di tali acque nel loro ambito di applicazione territoriale sarebbe, infatti, manifestamente incompatibile con il diritto internazionale e, più precisamente, con il diritto all’autodeterminazione, l’articolo 73 della Carta delle Nazioni Unite, le disposizioni della convenzione sul diritto del mare nonché gli obblighi incombenti agli Stati e agli altri soggetti di diritto internazionale di mettere termine a una violazione grave di una norma imperativa di tale diritto, di non riconoscere una situazione creata da una simile violazione e di non prestare assistenza alla commissione di un fatto illecito ai sensi del diritto internazionale. Inoltre l’accordo di associazione, l’accordo di partenariato e il protocollo del 2013 non sarebbero stati conclusi a nome del popolo del Sahara occidentale o in consultazione con i suoi rappresentanti. Infine, non esisterebbe alcuna prova dell’esistenza di un beneficio, a favore di tale popolo, derivante da questi tre accordi internazionali.

33      Il giudice del rinvio riferisce che i convenuti nel procedimento principale sostengono che il Consiglio dell’Unione europea e la Commissione non sono incorsi in alcun errore manifesto di valutazione nel ritenere che la conclusione di accordi internazionali quali l’accordo di associazione, l’accordo di partenariato e il protocollo del 2013 non fosse contraria al diritto internazionale.

34      Tenuto conto di tali argomenti, il giudice del rinvio ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte quattro questioni pregiudiziali, di cui le prime due vertevano sull’interpretazione e la validità dell’accordo di associazione, mentre le ultime due riguardano la validità dell’accordo di partenariato e di vari atti di diritto derivato collegati a quest’ultimo accordo.

35      Con la sua prima questione, detto giudice ha interpellato la Corte sull’interpretazione dell’accordo di associazione, chiedendo se i riferimenti al «Regno del Marocco» di cui a tale accordo dovessero essere interpretati nel senso che si riferivano al solo territorio sovrano di tale Stato e, pertanto, ostassero a che prodotti originari del territorio del Sahara occidentale fossero ammessi all’importazione nell’Unione esenti da dazi doganali ai sensi del suddetto accordo.

36      Con la sua seconda questione, posta nell’ipotesi in cui l’accordo di associazione consenta che prodotti originari del territorio del Sahara occidentale siano ammessi all’importazione nell’Unione esenti da dazi doganali, il giudice del rinvio ha chiesto se tale accordo fosse valido alla luce dell’articolo 3, paragrafo 5, TUE.

37      Con la sua terza questione, il giudice del rinvio ha interrogato la Corte, partendo da un’ipotesi analoga a quella alla base della sua seconda questione, sulla validità dell’accordo di partenariato e del protocollo del 2013. A tale proposito, il medesimo ha chiesto, in sostanza, in che misura l’Unione fosse legittimata, tenuto conto dell’articolo 3, paragrafo 5, TUE, a concludere, con il Regno del Marocco, accordi internazionali che consentano lo sfruttamento delle risorse naturali originarie delle acque adiacenti al territorio del Sahara occidentale. Secondo tale giudice, è possibile ritenere che la conclusione di simili accordi internazionali non sia vietata in maniera generale e assoluta, nonostante il mancato riconoscimento della sovranità del Regno del Marocco sul Sahara occidentale da parte della comunità internazionale, da un lato, e l’occupazione prolungata di tale territorio non autonomo da parte di tale Stato, dall’altro. Tuttavia, la loro conclusione sarebbe subordinata alla duplice condizione che essi siano conformi alla volontà del popolo del Sahara occidentale e che quest’ultimo ne tragga beneficio. Nel caso di specie, spetterebbe dunque alla Corte valutare in che misura l’accordo di partenariato e il protocollo del 2013 rispettano tale duplice condizione.

38      Con la sua quarta questione, il giudice del rinvio ha chiesto, in sostanza, se una persona quale la ricorrente nel procedimento principale, la cui legittimazione ad agire è pacifica nel diritto interno, potesse essere autorizzata a contestare la validità di accordi internazionali quali l’accordo di associazione, l’accordo di partenariato e il protocollo del 2013, nonché quella dei loro atti di conclusione e di attuazione, sulla base di motivi attinenti al fatto che l’Unione avrebbe violato il diritto internazionale. A tale proposito, esso ha indicato che, se le controversie in esame nel procedimento principale dovessero essere risolte alla luce del solo diritto interno, i ricorsi sarebbero respinti per il motivo che essi presuppongono che venga effettuata una valutazione sulla legittimità del comportamento di autorità straniere. Il giudice del rinvio ha parimenti sottolineato che, nella sua sentenza del 15 giugno 1954, causa dell’oro monetario a Roma nel 1943 (CIJ Recueil 1954, pag. 19), la Corte internazionale di giustizia ha statuito che il suo Statuto le vietava di formulare conclusioni che censurassero la condotta o pregiudicassero i diritti di uno Stato che non è parte di un procedimento dinanzi ad essa e non ha accettato di essere vincolato dalle decisioni della stessa. Il giudice del rinvio ha tuttavia aggiunto che le controversie di cui al procedimento principale hanno ad oggetto la validità di atti dell’Unione e che una dichiarazione di incompetenza della Corte, laddove sussista un serio dubbio in merito alla validità degli atti in questione, potrebbe pregiudicare l’effetto utile dell’articolo 3, paragrafo 5, TUE.

39      Dopo il deposito della domanda di pronuncia pregiudiziale, la Corte ha dichiarato che l’accordo di associazione dev’essere interpretato, conformemente alle norme di diritto internazionale che vincolano l’Unione, nel senso che il medesimo non è applicabile al territorio del Sahara occidentale (sentenza del 21 dicembre 2016, Consiglio/Front Polisario, C‑104/16 P, EU:C:2016:973).

40      In seguito alla pronuncia di tale sentenza, al giudice del rinvio è stato chiesto se intendesse mantenere o ritirare le sue prime due questioni, relative all’interpretazione e alla validità dell’accordo di associazione. In risposta, esso ha comunicato che le stesse dovevano essere considerate ritirate.

41      Ciò posto, la High Court of Justice (England & Wales), Queen’s Bench Division (Administrative Court) [Alta Corte di giustizia (Inghilterra e Galles) divisione del Queen’s Bench (sezione amministrativa)], ha deciso di mantenere le seguenti questioni pregiudiziali:

1)      Se l’accordo [di partenariato] (approvato e attuato dal regolamento n. 764/2006, dalla decisione 2013/785/UE e dal regolamento n. 1270/2013) sia valido, in considerazione dell’obbligo di cui all’articolo 3, paragrafo 5, [TUE] di contribuire all’osservanza dei principi pertinenti del diritto internazionale e al rispetto dei principi della Carta delle Nazioni Unite e dei limiti in cui [tale accordo] sia stato concluso a favore del popolo saharawi, in suo nome, secondo i suoi desideri e/o in consultazione con i suoi rappresentanti riconosciuti.

2)      Se la ricorrente [nel procedimento principale] sia legittimata ad impugnare la validità degli atti dell’Unione sulla base di una presunta violazione del diritto internazionale da parte dell’Unione, con particolare riguardo alle seguenti circostanze:

a)      il fatto che, sebbene ai sensi del diritto nazionale la ricorrente sia legittimata ad impugnare la validità degli atti dell’Unione, non vanta alcun diritto ai sensi del diritto dell’Unione; e/o

b)      il principio affermato nella causa dell’oro monetario [sentenza del 15 giugno 1954 CIJ, Recueil, 1954, pag. 19], secondo cui la Corte internazionale di giustizia non può formulare conclusioni che censurino la condotta o pregiudichino i diritti di uno Stato che non è parte di un procedimento dinanzi ad essa e non ha accettato di essere vincolato dalle decisioni della stessa».

 Sulla competenza della Corte

42      Il Consiglio ritiene che la Corte non sia competente a esaminare la validità di accordi internazionali, quali l’accordo di partenariato e il protocollo del 2013, nell’ambito di un procedimento pregiudiziale. Secondo il medesimo, infatti, la Corte è competente unicamente a pronunciarsi sulla validità degli atti dell’Unione relativi alla conclusione di tali accordi.

43      A tale riguardo, l’articolo 19, paragrafo 3, lettera b), TUE e l’articolo 267, primo comma, lettera b), TFUE prevedono che la Corte è competente a pronunciarsi in via pregiudiziale sull’interpretazione del diritto dell’Unione e sulla validità degli atti adottati dalle istituzioni dell’Unione.

44      Da tali disposizioni risulta che la Corte è competente a statuire, in via pregiudiziale, sull’interpretazione e sulla validità degli atti adottati dalle istituzioni dell’Unione, senza alcuna eccezione (sentenze del 13 dicembre 1989, Grimaldi, C‑322/88, EU:C:1989:646, punto 8, e del 13 giugno 2017, Florescu e a., C‑258/14, EU:C:2017:448, punto 30).

45      Orbene, secondo una giurisprudenza costante, gli accordi internazionali conclusi dall’Unione in forza delle disposizioni dei trattati costituiscono, per quanto la riguarda, atti adottati dalle sue istituzioni (sentenze del 16 giugno 1998, Racke, C‑162/96, EU:C:1998:293, punto 41, e del 25 febbraio 2010, Brita, C‑386/08, EU:C:2010:91, punto 39).

46      In quanto tali, simili accordi costituiscono, dalla loro entrata in vigore, parte integrante dell’ordinamento giuridico dell’Unione (v., in tal senso, sentenze del 30 aprile 1974, Haegeman, 181/73, EU:C:1974:41, punto 5, e del 22 novembre 2017, Aebtri, C‑224/16, EU:C:2017:880, punto 50). Pertanto, le loro disposizioni devono essere pienamente compatibili con le disposizioni dei trattati nonché con i principi costituzionali che ne discendono [v., in tal senso, sentenza del 3 settembre 2008, Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, C‑402/05 P e C‑415/05 P, EU:C:2008:461, punto 285, nonché parere 1/15 (Accordo PNR UE-Canada), del 26 luglio 2017, EU:C:2017:592, punto 67]. In particolare, da un lato, il loro contenuto sostanziale dev’essere compatibile con le norme che governano le competenze delle istituzioni dell’Unione nonché con le norme di diritto sostanziale pertinenti. Dall’altro, le loro modalità di conclusione devono essere conformi alle norme formali e procedurali applicabili nel diritto dell’Unione [v., in tal senso, parere 1/75 (Accordo OCSE – Norma sulle spese locali), dell’11 novembre 1975, EU:C:1975:145, pagg. 1360 e 1361, nonché parere 1/15 (Accordo PNR UE-Canada), del 26 luglio 2017, EU:C:2017:592, punti 69 e 70].

47      Inoltre, l’Unione è tenuta, conformemente a una giurisprudenza costante, a esercitare le sue competenze nel rispetto del diritto internazionale nel suo complesso, incluse non soltanto le norme e i principi del diritto internazionale generale e consuetudinario, ma anche le disposizioni delle convenzioni internazionali che la vincolano (v., in tal senso, sentenze del 24 novembre 1992, Poulsen e Diva Navigation, C‑286/90, EU:C:1992:453, punto 9; del 3 settembre 2008, Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, C‑402/05 P e C‑415/05 P, EU:C:2008:461, punto 291, e del 21 dicembre 2011, Air Transport Association of America e a., C‑366/10, EU:C:2011:864, punti 101 e 123).

48      La Corte è dunque competente, sia nell’ambito di un ricorso per annullamento sia in quello di una domanda di pronuncia pregiudiziale, a valutare se un accordo internazionale concluso dall’Unione sia compatibile con i trattati [v., in tal senso, parere 1/75 (Accordo OCSE – Norma sulle spese locali), dell’11 novembre 1975, EU:C:1975:145, pag. 1361] e con le norme di diritto internazionale che, conformemente agli stessi, vincolano l’Unione.

49      Occorre aggiungere che gli accordi internazionali conclusi dall’Unione vincolano non soltanto le sue istituzioni, conformemente all’articolo 216, paragrafo 2, TFUE, ma anche gli Stati terzi parti di tali accordi.

50      Pertanto, occorre ritenere che, nell’ipotesi in cui, come nel caso di specie, alla Corte sia deferita una domanda di pronuncia pregiudiziale vertente sulla validità di un accordo internazionale concluso dall’Unione, tale domanda debba essere intesa come riferita all’atto con il quale l’Unione ha concluso un tale accordo (v., per analogia, sentenze del 9 agosto 1994, Francia/Commissione, C‑327/91, EU:C:1994:305, punto 17, e del 3 settembre 2008, Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, C‑402/05 P e C‑415/05 P, EU:C:2008:461, punti 286 e 289).

51      In considerazione degli obblighi dell’Unione esposti ai punti 46 e 47 della presente sentenza, il controllo di validità che la Corte può essere indotta a operare in un contesto del genere può nondimeno vertere sulla legittimità di tale atto alla luce del contenuto stesso dell’accordo internazionale in questione (v., in tal senso, sentenza del 3 settembre 2008, Kadi e Al Barakaat International Foundation/Consiglio e Commissione, C‑402/05 P e C‑415/05 P, EU:C:2008:461, punto 289 e giurisprudenza ivi citata).

 Sulle questioni pregiudiziali

 Sulla prima questione

 Osservazioni preliminari

52      Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede alla Corte di valutare la validità, alla luce dell’articolo 3, paragrafo 5, TUE, anzitutto, del regolamento n. 764/2006, poi, della decisione 2013/785 e, infine, del regolamento n. 1270/2013.

53      Come risulta dal punto 37 della presente sentenza, tale questione è formulata partendo dall’ipotesi che l’accordo di partenariato e il protocollo del 2013 consentano lo sfruttamento delle risorse originarie delle acque adiacenti al territorio del Sahara occidentale. Una simile ipotesi implica di per sé che tali acque sono comprese nell’ambito di applicazione territoriale rispettivo di detto accordo e di detto protocollo, sicché le navi battenti bandiera degli Stati membri possono accedervi, in forza di questi due accordi internazionali, al fine di sfruttare le risorse in questione.

54      Con la suddetta questione, il giudice del rinvio si chiede quindi, in sostanza, se la circostanza che lo sfruttamento delle risorse originarie delle acque adiacenti al territorio del Sahara occidentale è consentito dall’accordo di partenariato e dal protocollo del 2013 renda invalido il regolamento n. 764/2006, la decisione 2013/785 e il regolamento n. 1270/2013.

55      Orbene, una tale questione di valutazione della validità si pone solo se l’ipotesi sulla quale riposa è esatta.

56      Pertanto, occorre preliminarmente verificare se le acque adiacenti al territorio del Sahara occidentale rientrino nell’ambito di applicazione dell’accordo di partenariato e del protocollo del 2013. Tale verifica impone, a sua volta, di esaminare le disposizioni che determinano l’ambito di applicazione territoriale rispettivo di questi due accordi internazionali.

 Sull’ambito di applicazione territoriale dell’accordo di partenariato

57      L’accordo di partenariato contiene tre disposizioni che determinano il suo ambito di applicazione territoriale. Anzitutto, l’articolo 11 di tale accordo precisa che quest’ultimo si applica, per quanto riguarda il Regno del Marocco, al «territorio del Marocco e alle acque soggette alla giurisdizione marocchina». L’articolo 5 del suddetto accordo prevede inoltre, per quanto riguarda più nello specifico le attività di pesca, che le navi battenti bandiera degli Stati membri sono autorizzate a «operare nelle (…) zone di pesca [del Regno del Marocco]». Infine, il suo articolo 2, lettera a), precisa che la nozione di «zona di pesca marocchina» si riferisce alle «acque soggette alla sovranità o alla giurisdizione del Regno del Marocco».

58      Per interpretare tali disposizioni, occorre fare riferimento alle norme di diritto internazionale consuetudinario contenute nell’articolo 31 della convenzione di Vienna sul diritto dei trattati, le quali vincolano le istituzioni dell’Unione e fanno parte dell’ordinamento giuridico di quest’ultima (v., in tal senso, sentenza del 25 febbraio 2010, Brita, C‑386/08, EU:C:2010:91, punti da 40 a 43 e giurisprudenza ivi citata), nonché nella convenzione sul diritto del mare, che vincola l’Unione e alla quale fa espressamente riferimento il secondo comma del preambolo dell’accordo di partenariato nonché l’articolo 5, paragrafo 4, di tale accordo.

59      A tale riguardo, occorre rilevare, in primo luogo, che dal primo comma del preambolo dell’accordo di partenariato deriva che quest’ultimo concretizza il desiderio comune dell’Unione e del Regno del Marocco di rafforzare le strette relazioni di cooperazione tra loro esistenti, in particolare, nell’ambito dell’accordo di associazione. In tal senso, l’accordo di partenariato fa parte di un insieme di norme pattizie avente come fulcro l’accordo di associazione.

60      La struttura di tale insieme di norme pattizie è chiaramente messa in rilievo dal protocollo del 2013, il quale deve essere preso in considerazione ai fini dell’interpretazione dell’accordo di partenariato giacché costituisce un accordo successivo concluso dalle due parti di tale accordo, ai sensi dell’articolo 31 paragrafo 3, lettera a), della convenzione di Vienna sul diritto dei trattati. L’articolo 1 del protocollo del 2013 enuncia, infatti, che sia il medesimo sia l’accordo di partenariato rientrano nel quadro dell’accordo di associazione, ai cui obiettivi contribuiscono.

61      Tenuto conto dell’esistenza di tale insieme di norme pattizie, occorre intendere la nozione di «territorio del Marocco», di cui all’articolo 11 dell’accordo di partenariato, come corrispondente alla nozione di «territorio del Regno del Marocco», di cui all’articolo 94 dell’accordo di associazione.

62      Orbene, la Corte ha già rilevato che quest’ultima nozione dev’essere intesa come riferimento allo spazio geografico sul quale il Regno del Marocco esercita la pienezza delle competenze riconosciute alle entità sovrane dal diritto internazionale, a esclusione di ogni altro territorio, come quello del Sahara occidentale (sentenza del 21 dicembre 2016, Consiglio/Front Polisario, C‑104/16 P, EU:C:2016:973, punti 95 e 132).

63      L’inclusione del territorio del Sahara occidentale nell’ambito di applicazione dell’accordo di associazione, infatti, violerebbe alcune norme di diritto internazionale generale applicabili nelle relazioni tra l’Unione e il Regno del Marocco, ossia il principio di autodeterminazione, ricordato all’articolo 1 della Carta delle Nazioni Unite, e il principio dell’effetto relativo dei trattati, del quale l’articolo 34 della convenzione di Vienna sul diritto dei trattati costituisce una specifica espressione (sentenza del 21 dicembre 2016, Consiglio/Front Polisario, C‑104/16 P, EU:C:2016:973, punti da 88 a 93, 100, da 103 a 107 e 123).

64      Di conseguenza, il territorio del Sahara occidentale non rientra nella nozione di «territorio del Marocco», ai sensi dell’articolo 11 dell’accordo di partenariato.

65      In secondo luogo, l’accordo di partenariato è applicabile non soltanto al territorio del Regno del Marocco, ma anche alle «acque soggette alla sovranità o alla giurisdizione» di tale Stato, come indicato al punto 57 della presente sentenza. L’accordo di associazione, invece, non utilizza un’espressione simile.

66      Orbene, al fine di interpretare detta espressione, occorre fare riferimento alla convenzione sul diritto del mare, come indicato al punto 58 della presente sentenza.

67      A tale riguardo, dall’articolo 2, paragrafo 1, della suddetta convenzione risulta che la sovranità dello Stato costiero si estende, al di là del suo territorio e delle sue acque interne, a una zona di mare adiacente, denominata «mare territoriale». Inoltre, in forza degli articoli 55 e 56 della medesima, lo Stato costiero gode di una giurisdizione cui si accompagnano taluni diritti in una zona situata al di là del suo mare territoriale e ad esso adiacente, designata con il nome di «zona economica esclusiva».

68      Ne deriva che le acque sulle quali lo Stato costiero ha il diritto di esercitare una sovranità o una giurisdizione, in forza della convenzione sul diritto del mare, si limitano alle sole acque adiacenti al suo territorio e rientranti nel suo mare territoriale o nella sua zona economica esclusiva.

69      Di conseguenza, e in considerazione del fatto che il territorio del Sahara occidentale non fa parte del territorio del Regno del Marocco, com’è stato ricordato ai punti da 62 a 64 della presente sentenza, le acque adiacenti al territorio del Sahara occidentale non rientrano nella zona di pesca marocchina di cui all’articolo 2, lettera a), dell’accordo di partenariato.

70      In terzo e ultimo luogo, dall’articolo 31, paragrafo 4, della convenzione di Vienna sul diritto dei trattati emerge senz’altro che le parti di un trattato possono convenire che un termine nello stesso contenuto verrà inteso in un senso particolare.

71      Tuttavia, per quanto riguarda l’espressione «acque soggette alla sovranità (…) del Regno del Marocco» impiegata all’articolo 2, lettera a), dell’accordo di partenariato, si deve rilevare che sarebbe contrario alle norme di diritto internazionale riportate al punto 63 della presente sentenza, che l’Unione deve rispettare e che si applicano mutatis mutandis nel caso di specie, includere, a tale titolo, le acque direttamente adiacenti alla costa del territorio del Sahara occidentale nell’ambito di applicazione di tale accordo. Di conseguenza, l’Unione non può validamente condividere un intento del Regno del Marocco di includere, a un tale titolo, le acque in questione nell’ambito di applicazione del suddetto accordo.

72      Quanto all’espressione «acque soggette (…) alla giurisdizione del Regno del Marocco» di cui a tale disposizione, il Consiglio e la Commissione hanno ritenuto, tra le altre ipotesi, che il Regno del Marocco possa essere considerato una «potenza amministratrice de facto» o una potenza occupante del territorio del Sahara occidentale e che una tale qualifica possa risultare pertinente al fine di determinare l’ambito di applicazione dell’accordo di partenariato. A tale proposito, è sufficiente tuttavia osservare che, senza che sia neppure necessario stabilire se un eventuale intento comune delle parti dell’accordo di partenariato di dare a tale espressione un senso particolare, al fine di tenere conto di tali circostanze, sia stato conforme alle norme di diritto internazionale che vincolano l’Unione, un tale intento comune non può, in ogni caso, essere constatato nella fattispecie, giacché il Regno del Marocco ha categoricamente escluso di essere una potenza occupante o una potenza amministratrice del territorio del Sahara occidentale.

73      Da tutte le considerazioni che precedono risulta che le acque adiacenti al territorio del Sahara occidentale non rientrano nell’espressione «acque soggette alla sovranità o alla giurisdizione del Regno del Marocco», di cui all’articolo 2, lettera a), dell’accordo di partenariato.

 Sull’ambito di applicazione territoriale del protocollo del 2013

74      Per quanto concerne il protocollo del 2013, occorre, in primo luogo, ricordare che esso fa parte di una serie di protocolli intesi tutti a fissare, per un periodo determinato, le possibilità di pesca previste all’articolo 5 dell’accordo di partenariato a favore delle navi battenti bandiera degli Stati membri, come è stato esposto ai punti 21 e 22 della presente sentenza.

75      A differenza dell’accordo di partenariato, il protocollo del 2013 non contiene alcuna specifica disposizione che fissa il suo ambito di applicazione territoriale.

76      Tuttavia, diverse disposizioni di tale protocollo utilizzano l’espressione «zona di pesca marocchina».

77      Orbene, tale espressione è identica a quella di cui all’articolo 2, lettera a), dell’accordo di partenariato, a mente della quale, da un lato, essa dev’essere intesa come riferimento alle «acque soggette alla sovranità o alla giurisdizione del Regno del Marocco» e, dall’altro, una tale definizione vale non soltanto per tale accordo, ma anche per il protocollo che la accompagna nonché per il suo allegato. Inoltre, dall’articolo 16 dell’accordo di partenariato e dall’articolo 1 del protocollo del 2013 risulta che tale protocollo, il suo allegato e le sue appendici fanno parte integrante del suddetto accordo.

78      Ne discende che l’espressione «zona di pesca marocchina», impiegata sia dall’accordo di partenariato sia dal protocollo del 2013 di cui essa determina l’ambito di applicazione territoriale, dev’essere intesa come riferimento alle acque soggette alla sovranità o alla giurisdizione del Regno del Marocco.

79      Di conseguenza, e conformemente all’interpretazione di cui al punto 73 della presente sentenza, deve ritenersi che l’espressione «zona di pesca marocchina», ai sensi di detto protocollo, non includa le acque adiacenti al territorio del Sahara occidentale.

80      In secondo luogo, occorre constatare, da un lato, che l’allegato del protocollo del 2013 prevede, al suo capo III, intitolato «Zone di pesca», che «[i]l [Regno del] Marocco comunica all’Unione (…), precedentemente alla data di applicazione [di tale] protocollo, le coordinate geografiche delle linee di base e della sua zona di pesca». Dall’altro, l’appendice 4 di tale allegato, intitolata «Coordinate delle zone di pesca», precisa, nello stesso contesto, che, «[p]rima dell’entrata in vigore [di tale] protocollo, il dipartimento [della pesca marittima del Ministero dell’Agricoltura e della pesca marittima del Regno del Marocco] comunica alla Commissione le coordinate geografiche della linea di base marocchina [e] della zona di pesca marocchina».

81      A tale riguardo, dal fascicolo sottoposto alla Corte si evince che la comunicazione delle coordinate geografiche di cui alle disposizioni citate al punto precedente è avvenuta solo il 16 luglio 2014. Atteso che il protocollo del 2013 è entrato in vigore il 15 luglio 2014, tali coordinate geografiche non fanno parte del suo testo, quale convenuto dalle parti.

82      In ogni caso, alla luce dell’interpretazione di cui al punto 79 della presente sentenza e dei motivi alla base della stessa, occorre rilevare che, anche se le suddette coordinate geografiche fossero state comunicate precedentemente all’entrata in vigore del protocollo del 2013, esse non avrebbero in alcun modo potuto mettere in discussione l’interpretazione dell’espressione «zona di pesca marocchina» di cui al punto citato ed estendere l’ambito di applicazione di tale protocollo includendovi le acque adiacenti al territorio del Sahara occidentale.

83      Pertanto, da tutte le considerazioni che precedono risulta che l’accordo di partenariato e il protocollo del 2013 devono essere interpretati, conformemente alle norme di diritto internazionale che vincolano l’Unione e che sono applicabili nelle relazioni tra la stessa e il Regno del Marocco, nel senso che le acque adiacenti al territorio del Sahara occidentale non rientrano nell’ambito di applicazione territoriale rispettivo di tale accordo e di tale protocollo.

84      Pertanto, l’ipotesi contraria che, com’è stato indicato ai punti 53 e 54 della presente sentenza, è alla base degli interrogativi del giudice del rinvio in merito alla validità del regolamento n. 764/2006, della decisione 2013/785 e del regolamento n. 1270/2013, risulta essere inesatta.

85      Alla luce di quanto precede, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che, poiché né l’accordo di partenariato né il protocollo del 2013 sono applicabili alle acque adiacenti al territorio del Sahara occidentale, l’esame della medesima non ha rivelato alcun elemento tale da inficiare la validità del regolamento n. 764/2006, della decisione 2013/785 e del regolamento n. 1270/2013 alla luce dell’articolo 3, paragrafo 5, TUE.

 Sulla seconda questione

86      Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se un soggetto dell’ordinamento avente legittimazione ad agire in forza del diritto nazionale, quale la ricorrente nel procedimento principale, possa contestare la validità degli atti di conclusione e di attuazione dell’accordo di partenariato e del protocollo del 2013, sulla base del motivo che l’Unione ha violato il diritto internazionale.

87      Tenuto conto della soluzione fornita alla prima questione, non occorre rispondere a questa seconda questione.

 Sulle spese

88      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:

Poiché né l’accordo di partenariato nel settore della pesca tra la Comunità europea e il Regno del Marocco né il protocollo tra l’Unione europea e il Regno del Marocco che fissa le possibilità di pesca e la contropartita finanziaria previste dall’accordo di partenariato nel settore della pesca fra l’Unione europea e il Regno del Marocco sono applicabili alle acque adiacenti al territorio del Sahara occidentale, l’esame della prima questione pregiudiziale non ha rivelato alcun elemento tale da inficiare la validità del regolamento (CE) n. 764/2006 del Consiglio, del 22 maggio 2006, relativo alla conclusione di tale accordo, della decisione 2013/785/UE del Consiglio, del 16 dicembre 2013, relativa alla conclusione di tale protocollo, e del regolamento (UE) n. 1270/2013 del Consiglio, del 15 novembre 2013, relativo alla ripartizione delle possibilità di pesca a norma del suddetto protocollo, alla luce dell’articolo 3, paragrafo 5, TUE.

Firme


*      Lingua processuale: l’inglese.