SENTENZA DELLA CORTE (Prima Sezione)

21 novembre 2018 (*)

«Rinvio pregiudiziale – Medicinali per uso umano – Direttiva 2001/83/CE – Articolo 3, punto 1 – Articolo 6 – Direttiva 89/105/CEE – Regolamento (CE) n. 726/2004 – Articoli 3, 25 e 26 – Riconfezionamento di un medicinale ai fini del suo impiego per un trattamento non coperto dall’autorizzazione all’immissione in commercio (“off-label”) – Erogazione a carico del regime nazionale di assicurazione malattia»

Nella causa C‑29/17,

avente ad oggetto una domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Consiglio di Stato (Italia), con ordinanza del 22 settembre 2016, pervenuta in cancelleria il 19 gennaio 2017, nel procedimento

Novartis Farma SpA

contro

Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA),

Roche Italia SpA,

Consiglio Superiore di Sanità,

nei confronti di:

Ministero della Salute,

Regione Veneto,

Società Oftalmologica Italiana (SOI) – Associazione Medici Oculisti Italiani (AMOI),

Regione Emilia-Romagna,

LA CORTE (Prima Sezione),

composta da R. Silva de Lapuerta, vicepresidente, facente funzione di presidente della Prima Sezione, J.-C. Bonichot, A. Arabadjiev, C.G. Fernlund (relatore) e S. Rodin, giudici,

avvocato generale: H. Saugmandsgaard Øe

cancelliere: V. Giacobbo-Peyronnel, amministratore

vista la fase scritta del procedimento e in seguito all’udienza del 26 aprile 2018,

considerate le osservazioni presentate:

–        per la Novartis Farma SpA, da G. Origoni della Croce, A. Lirosi, V. Salvatore, P. Fattori e E. Cruellas Sada, avvocati;

–        per la Roche Italia SpA, da E. Raffaelli, A. Raffaelli, E. Teti e P. Todaro, avvocati;

–        per la Regione Veneto, da E. Zanon, E. Mio, C. Zampieri, L. Manzi e B. Barel, avvocati;

–        per la Società Oftalmologica Italiana (SOI) – Associazione Medici Oculisti Italiani (AMOI), da R. La Placa, avvocato,

–        per la Regione Emilia-Romagna, da M.R. Russo Valentini e R. Bonatti, avvocati;

–        per il governo italiano, da G. Palmieri, in qualità di agente, assistita da M. Russo e P. Gentili, avvocati dello Stato;

–        per l’Irlanda, da L. Williams, E. Creedon e A. Joyce, in qualità di agenti, assistiti da M. Gray, BL;

–        per il governo ellenico, da V. Karra, M. Vergou e K. Georgiadis, in qualità di agenti;

–        per il governo polacco, da B. Majczyna e M. Malczewska, in qualità di agenti;

–        per il governo finlandese, da H. Leppo, in qualità di agente;

–        per il governo svedese, da A. Falk, C. Meyer-Seitz, H. Shev, L. Zettergren e L. Swedenborg, in qualità di agenti;

–        per la Commissione europea, da G. Conte, A. Sipos e K. Petersen, in qualità di agenti,

sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 25 luglio 2018,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1        La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 3, punto 1, nonché degli articoli 5 e 6 della direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano (GU 2001, L 311, pag. 67), come modificata dalla direttiva 2012/26/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012 (GU 2012, L 299, pag. 1) (in prosieguo: la «direttiva 2001/83»), degli articoli 3, 25 e 26 nonché dell’allegato del regolamento (CE) n. 726/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, che istituisce procedure comunitarie per l’autorizzazione e la sorveglianza dei medicinali per uso umano e veterinario, e che istituisce l’agenzia europea per i medicinali (GU 2004, L 136, pag. 1), come modificato dal regolamento (UE) n. 1027/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012 (GU 2012, L 316, pag. 38) (in prosieguo: il «regolamento n. 726/2004»), nonché dell’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 89/105/CEE del Consiglio, del 21 dicembre 1988, riguardante la trasparenza delle misure che regolano la fissazione dei prezzi delle specialità medicinali per uso umano e la loro inclusione nei regimi nazionali di assicurazione malattia (GU 1989, L 40, pag. 8).

2        Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra, da un lato, la Novartis Farma Spa e, dall’altro, l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), la Roche Italia SpA e il Consiglio Superiore di Sanità (Italia; in prosieguo: il «CSS») in merito all’iscrizione di un medicinale, impiegato per un uso non coperto dall’autorizzazione all’immissione in commercio (in prosieguo: l’«AIC») (uso «off-label»), ai fini del trattamento di patologie oculari, nell’elenco dei medicinali erogati a carico del Servizio Sanitario Nazionale (Italia; in prosieguo: il «SSN»).

 Contesto normativo

 Diritto dell’Unione

 Direttiva 2001/83

3        La direttiva 2001/83 enuncia, ai suoi considerando 2 e 35:

«(2)      Lo scopo principale delle norme relative alla produzione, alla distribuzione e all’uso di medicinali deve essere quello di assicurare la tutela della sanità pubblica.

(…)

(35)      È opportuno esercitare un controllo su tutta la catena di distribuzione dei medicinali, dalla loro fabbricazione o importazione nella Comunità fino alla fornitura al pubblico, così da garantire che i medicinali stessi siano conservati, trasportati e manipolati in condizioni adeguate; (…)».

4        L’articolo 2, paragrafo 1, della direttiva 2001/83 prevede quanto segue:

«La presente direttiva si applica ai medicinali per uso umano destinati ad essere immessi in commercio negli Stati membri, preparati industrialmente o nella cui fabbricazione interviene un processo industriale».

5        Ai sensi dell’articolo 3, punti 1 e 2, di detta direttiva:

«La presente direttiva non si applica a quanto segue:

1)      ai medicinali preparati in farmacia in base ad una prescrizione medica destinata ad un determinato paziente (detti formula magistrale);

2)      ai medicinali preparati in farmacia in base alle indicazioni di una farmacopea e destinat[i] ad essere fornit[i] direttamente ai pazienti che si servono in tale farmacia (detti formula officinale)».

6        L’articolo 4, paragrafo 3, della suddetta direttiva è così formulato:

«La presente direttiva si applica ferme restando le competenze delle autorità degli Stati membri sia in materia di fissazione dei prezzi dei medicinali sia per quanto concerne la loro inclusione nel campo d’applicazione dei sistemi nazionali di assicurazione malattia, sulla base di condizioni sanitarie, economiche e sociali».

7        L’articolo 5, paragrafo 1, della direttiva 2001/83 dispone quanto segue:

«Uno Stato membro può, conformemente alla legislazione in vigore e per rispondere ad esigenze speciali, escludere dall’ambito di applicazione della presente direttiva i medicinali forniti per rispondere ad un’ordinazione leale e non sollecitata, elaborati conformemente alle prescrizioni di un operatore sanitario autorizzato e destinati ad un determinato paziente sotto la sua personale e diretta responsabilità».

8        Ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 1, della suddetta direttiva:

«Nessun medicinale può essere immesso in commercio in uno Stato membro senza un’[AIC] delle autorità competenti di detto Stato membro rilasciata a norma della presente direttiva oppure senza un’autorizzazione a norma del regolamento (CE) n. 726/2004 in combinato disposto con il regolamento (CE) n. 1901/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 dicembre 2006, relativo ai medicinali per uso pediatrico [(GU 2006, L 378, pag. 1)] e con il regolamento (CE) n. 1394/2007 [del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 novembre 2007, sui medicinali per terapie avanzate recante modifica della direttiva 2001/83/CE e del regolamento (CE) n. 726/2004 (GU 2007, L 324, pag. 121)].

Quando per un medicinale è stata rilasciata una [AIC] iniziale (...) ai sensi del primo comma, ogni ulteriore dosaggio, forma farmaceutica, via di somministrazione e presentazione, nonché le variazioni ed estensioni sono parimenti autorizzati ai sensi del primo comma o sono inclusi nell’[AIC] iniziale. Tutte le [AIC] in questione sono considerate facenti parte della stessa autorizzazione all’immissione in commercio globale (...)».

9        L’articolo 23, paragrafo 2, della citata direttiva stabilisce quanto segue:

«Il titolare dell’[AIC] fornisce immediatamente all’autorità competente tutte le informazioni nuove che possano implicare modifiche delle informazioni o dei documenti di cui agli articoli 8, paragrafo 3, agli articoli 10, 10 bis, 10 ter e 11 o all’articolo 32, paragrafo 5, o all’allegato I.

In particolare, il titolare dell’[AIC] comunica immediatamente all’autorità nazionale competente i divieti o le restrizioni imposti dalle autorità competenti di qualsiasi paese nel quale il medicinale è immesso in commercio e qualsiasi altro nuovo dato che possa influenzare la valutazione dei benefici e dei rischi del medicinale interessato. Le informazioni comprendono i risultati positivi e negativi degli studi clinici o di altri studi per tutte le indicazioni e per tutti i gruppi di pazienti, presenti o non presenti nell’[AIC], nonché i dati relativi a usi del medicinale non conformi alle indicazioni contenute nell’[AIC]».

10      A termini dell’articolo 40, paragrafi 1 e 2, della direttiva 2001/83:

«1.      Gli Stati membri prendono tutte le opportune disposizioni affinché la fabbricazione dei medicinali sul loro territorio sia subordinata al possesso di un’autorizzazione. L’autorizzazione deve essere richiesta anche se i medicinali fabbricati sono destinati all’esportazione.

2.      L’autorizzazione di cui al paragrafo 1 è richiesta sia per la fabbricazione totale o parziale sia per le operazioni di divisione, di confezionamento o di presentazione.

Tale autorizzazione non è richiesta per le preparazioni, le divisioni, i cambiamenti di confezione o di presentazione, eseguiti soltanto per la fornitura al dettaglio, da farmacisti in farmacia, o da altre persone legalmente autorizzate negli Stati membri ad eseguire dette operazioni».

11      L’articolo 101, paragrafo 1, di tale direttiva così dispone:

«Gli Stati membri gestiscono un sistema di farmacovigilanza per svolgere le loro funzioni in tale ambito e per partecipare alle attività di farmacovigilanza nell’Unione.

Il sistema di farmacovigilanza va utilizzato per raccogliere informazioni sui rischi dei medicinali in relazione alla salute dei pazienti o alla salute pubblica. Le informazioni si riferiscono in particolare agli effetti collaterali negativi negli esseri umani, derivanti dall’utilizzo del medicinale conformemente alle indicazioni contenute nell’[AIC] e dall’uso al di fuori delle indicazioni in questione, e agli effetti collaterali negativi associati all’esposizione per motivi professionali».

 Direttiva 89/105

12      L’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 89/105 prevede quanto segue:

«Nessun elemento della presente direttiva consente la commercializzazione di una specialità medicinale per cui non è stata rilasciata l’autorizzazione di cui all’articolo [6] della direttiva [2001/83]».

 Regolamento n. 726/2004

13      L’articolo 1, secondo comma, del regolamento n. 726/2004 è redatto come segue:

«Le disposizioni del presente regolamento non pregiudicano le competenze delle autorità degli Stati membri in materia di fissazione dei prezzi dei medicinali o di inclusione dei medesimi nell’ambito d’applicazione dei regimi nazionali d’assicurazione contro le malattie o dei regimi di sicurezza sociale, in base a determinate condizioni sanitarie, economiche e sociali. In particolare, gli Stati membri possono scegliere fra gli elementi presenti nell’[AIC], le indicazioni terapeutiche e gli imballaggi che rientrano nei rispettivi regimi di previdenza e sicurezza sociale».

14      Ai sensi dell’articolo 3, comma 1, del suddetto regolamento:

«Nessun medicinale contemplato nell’allegato può essere immesso in commercio nella Comunità senza un’[AIC] rilasciata dalla Comunità secondo il disposto del presente regolamento».

15      L’articolo 4 del regolamento in parola dispone che le domande di AIC sono presentate all’Agenzia europea per i medicinali (EMA). Le condizioni di presentazione e di esame di tali domande sono disciplinate dagli articoli da 5 a 15 del medesimo regolamento.

16      Gli articoli 25, 25 bis e 26 del regolamento n. 726/2004 sono formulati nei seguenti termini:

«Articolo 25

L’agenzia predispone, in collaborazione con gli Stati membri, modelli di schede strutturate per la segnalazione tramite Internet di sospetti effetti collaterali negativi da parte degli operatori sanitari e dei pazienti ai sensi delle disposizioni di cui all’articolo 107 bis della direttiva 2001/83/CE.

Articolo 25 bis

L’agenzia, in collaborazione con le competenti autorità nazionali e la Commissione, predispone e custodisce un archivio per i rapporti periodici di aggiornamento (in prosieguo l’“archivio”) e le corrispondenti relazioni di valutazione cosicché essi siano pienamente e costantemente accessibili per la Commissione, le competenti autorità nazionali, il comitato di valutazione dei rischi per la farmacovigilanza, il comitato per i medicinali per uso umano e il gruppo di coordinamento di cui all’articolo 27 della direttiva 2001/83/CE (in prosieguo il “gruppo di coordinamento”).

L’agenzia, in collaborazione con le competenti autorità nazionali e la Commissione, previa consultazione del comitato di valutazione dei rischi per la farmacovigilanza, redige le specifiche funzionali per l’archivio.

Il consiglio di amministrazione dell’agenzia, sulla base di una relazione di audit indipendente che tiene conto delle raccomandazioni del comitato di valutazione dei rischi per la farmacovigilanza, conferma e rende pubblica la piena funzionalità dell’archivio e la conformità dello stesso alle specifiche funzionali redatte a norma del secondo comma.

Ogni cambiamento sostanziale dell’archivio e delle specifiche funzionali tiene sempre conto delle raccomandazioni del comitato di valutazione dei rischi per la farmacovigilanza.

Articolo 26

1.      L’agenzia, in collaborazione con gli Stati membri e con la Commissione, crea e gestisce un portale web europeo dei medicinali per la diffusione di informazioni sui medicinali autorizzati nell’Unione. Tramite questo portale, l’agenzia rende pubbliche almeno le seguenti informazioni:

a)      i nomi dei membri dei comitati di cui all’articolo 56, paragrafo 1, lettere a) e a bis), del presente regolamento e dei membri del gruppo di coordinamento, le loro qualifiche professionali e le dichiarazioni di cui all’articolo 63, paragrafo 2, del presente regolamento;

b)      ordini del giorno e processi verbali di ogni riunione dei comitati di cui all’articolo 56, paragrafo 1, lettere a) e a bis), del presente regolamento e del gruppo di coordinamento per quanto riguarda le attività di farmacovigilanza;

c)      una sintesi dei piani di gestione dei rischi per i medicinali autorizzati ai sensi del presente regolamento;

d)      l’elenco dei medicinali di cui all’articolo 23 del presente regolamento;

e)      un elenco dei luoghi nell’Unione in cui sono conservati i documenti di riferimento del sistema di farmacovigilanza e le coordinate delle persone a cui rivolgersi per informazioni, per tutti i medicinali autorizzati nell’Unione;

f)      informazioni su come segnalare alle competenti autorità nazionali i sospetti effetti collaterali negativi di medicinali (...);

g)      le date di riferimento per l’Unione e la frequenza di presentazione dei rapporti periodici di aggiornamento sulla sicurezza, stabilite ai sensi dell’articolo 107 quater della direttiva 2001/83/CE;

h)      protocolli e sintesi dei risultati degli studi sulla sicurezza dopo l’autorizzazione accessibili al pubblico (...);

i)      l’avvio della procedura di cui agli articoli da 107 decies a 107 duodecies della direttiva 2001/83/CE (...);

j)      conclusioni delle valutazioni, raccomandazioni, pareri, approvazioni e decisioni adottati dai comitati di cui all’articolo 56, paragrafo 1, lettere a) e a bis), del presente regolamento (...).

2.      Prima del lancio del portale, e durante le revisioni successive, l’agenzia consulta le parti interessate, inclusi associazioni di pazienti e di consumatori, operatori sanitari e rappresentanti dell’industria».

 Diritto italiano

17      Dalle informazioni fornite dal giudice del rinvio risulta che l’articolo 1 del decreto legge 21 ottobre 1996, n. 536, recante « Misure per il contenimento della spesa farmaceutica e la rideterminazione del tetto di spesa per l'anno 1996 », convertito dalla legge del 23 dicembre 1996, n. 648 (GURI n. 11, del 15 gennaio 1997), come modificato dal decreto legge del 20 marzo 2014, n. 36, convertito dalla legge del 16 maggio 2014, n. 79 (GURI n. 115, del 20 maggio 2014) (in prosieguo: il «decreto legge n. 536/96»), dispone quanto segue:

«4.      Qualora non esista valida alternativa terapeutica, sono erogabili a totale carico del Servizio sanitario nazionale, a partire dal 1° gennaio 1997, i medicinali innovativi la cui commercializzazione è autorizzata in altri Stati ma non sul territorio nazionale, i medicinali non ancora autorizzati ma sottoposti a sperimentazione clinica e i medicinali da impiegare per un’indicazione terapeutica diversa da quella autorizzata, inseriti in apposito elenco predisposto e periodicamente aggiornato dalla Commissione unica del farmaco conformemente alle procedure ed ai criteri adottati dalla stessa. L’onere derivante dal presente comma, quantificato in lire 30 miliardi per anno, resta a carico del Servizio sanitario nazionale nell’ambito del tetto di spesa programmato per l’assistenza farmaceutica.

bis      Anche se sussista altra alternativa terapeutica nell’ambito dei medicinali autorizzati, previa valutazione dell’[AIFA], sono inseriti nell’elenco di cui al comma 4, con conseguente erogazione a carico del [SSN], i medicinali che possono essere utilizzati per un’indicazione terapeutica diversa da quella autorizzata, purché tale indicazione sia nota e conforme a ricerche condotte nell’ambito della comunità medico-scientifica nazionale e internazionale, secondo parametri di economicità e appropriatezza. In tal caso l’AIFA attiva idonei strumenti di monitoraggio a tutela della sicurezza dei pazienti e assume tempestivamente le necessarie determinazioni».

 Procedimento principale e questioni pregiudiziali

18      Il Lucentis e l’Avastin sono medicinali biotecnologici soggetti alla procedura centralizzata di AIC prevista dal regolamento n. 726/2004.

19      L’AIC dell’Avastin, rilasciata nell’anno 2005, verte esclusivamente su indicazioni terapeutiche in oncologia. Il titolare di tale AIC è una società del gruppo farmaceutico Roche.

20      L’AIC del Lucentis è stata emessa nel 2007. Essa riguarda il trattamento di patologie oculari, in particolare la degenerazione maculare correlata all’età. Il titolare di detta AIC è una società del gruppo farmaceutico Novartis, di cui fa parte la Novartis Farma.

21      Dalle precisazioni fornite dal giudice del rinvio risulta che tali medicinali differiscono dal punto di vista strutturale e farmacologico, nonché per il loro confezionamento e il loro prezzo unitario. Benché fondati sulla stessa tecnologia, tali medicinali contengono principi attivi differenti, denominati «ranibizumab» per il Lucentis e «bevacizumab» per l’Avastin. Quest’ultimo è commercializzato in fiale da 4 millilitri (ml). Il Lucentis è venduto sotto forma di soluzione iniettabile [2,3 milligrammi (mg) per 0,23 ml di soluzione] utilizzabile mediante iniezione diretta nell’occhio (in prosieguo: «uso intravitreale»), una sola volta e al dosaggio di 0,5 mg al mese.

22      L’Avastin è sovente prescritto per il trattamento di patologie oculari che non sono indicate nell’AIC (uso «off-label»). Per poter essere utilizzato a tal fine, l’Avastin deve essere estratto dalla fiala di origine e frazionato in siringhe monouso, da 0,1 ml ciascuna, per iniezione intravitreale. L’Avastin in tal modo riconfezionato ai fini dell’uso oftalmico costa al SSN EUR 82 per dose, il Lucentis, EUR 902.

23      Con decisione n. 24823 del 27 febbraio 2014, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (Italia) ha sanzionato le società Roche e Novartis per violazione delle norme sulla concorrenza. A seguito di un ricorso diretto contro tale decisione, il Consiglio di Stato (Italia) ha sottoposto alla Corte talune questioni pregiudiziali, alle quali la Corte ha risposto con sentenza del 23 gennaio 2018, F. Hoffmann-La Roche e a. (C‑179/16, EU:C:2018:25).

24      Il 15 aprile 2014, il CSS ha emesso un parere sull’impiego dell’Avastin in ambito oftalmologico, nel quale si afferma, tra l’altro, che la preparazione di tale medicinale «per uso intravitreale è una preparazione galenica magistrale sterile».

25      In base a tale parere del CSS, l’AIFA, mediante determina n. 622 del 24 giugno 2014 (in prosieguo: la «determina n. 622/2014»), ha inserito l’impiego dell’Avastin per il trattamento della degenerazione maculare correlata all’età nell’elenco dei medicinali erogati a carico del SSN, ai sensi dell’articolo 1, comma 4 bis, del decreto legge n. 536/1996.

26      L’articolo 2 della determina n. 622/2014 dispone quanto segue:

«1.      L’erogazione del medicinale bevacizumab – (Avastin) deve essere effettuata secondo le seguenti condizioni, finalizzate alla tutela del paziente nell’uso del suddetto farmaco per un’indicazione non registrata:

a)      allo scopo di garantire la sterilità, il confezionamento in monodose del farmaco bevacizumab per l’uso intravitreale dovrà essere effettuato esclusivamente da parte di farmacie ospedaliere in possesso dei necessari requisiti, nel rispetto delle norme di buona preparazione;

b)      la somministrazione del bevacizumab per uso intravitreale dovrà essere riservata a centri oculistici ad alta specializzazione presso ospedali pubblici individuati dalle Regioni;

c)      la somministrazione del farmaco potrà avvenire solo previa sottoscrizione da parte del paziente del consenso informato che contenga le motivazioni scientifiche accompagnate da adeguate informazioni sull’esistenza di alternative terapeutiche approvate seppur ad un costo più elevato a carico del SSN;

d)      attivazione di un registro di monitoraggio al quale sia allegata la scheda di segnalazione delle reazioni avverse».

27      Ai sensi dell’articolo 3 della determina n. 622/2014:

«La prescrizione del farmaco, a carico del Servizio Sanitario Nazionale, da parte dei centri utilizzatori deve essere effettuata per singolo paziente mediante la compilazione della scheda di prescrizione informatizzata, secondo le indicazioni sul sito https://www.agenziafarmaco.gov.it/registri/, che costituiscono parte integrante della presente determinazione».

28      L’articolo 4 della determina n. 622/2014, relativo alla «[r]ivalutazione delle condizioni», dispone quanto segue:

«L’AIFA si riserva di assumere ogni diversa valutazione e ogni più opportuna determinazione a tutela della sicurezza dei pazienti, in applicazione dell’articolo 1, comma 4-bis [del decreto legge n. 536/1996], a seguito dell’analisi dei dati raccolti attraverso il suddetto monitoraggio o di ogni ulteriore evidenza scientifica che dovesse rendersi disponibile».

29      La determina n. 79 dell’AIFA, del 30 gennaio 2015, è collegata alla determina n. 622/2014 e si limita a modificare talune indicazioni relative ai soggetti che possono somministrare l’Avastin per uso oftalmico.

30      La Novartis Farma ha proposto ricorso dinanzi al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio (Italia) avverso il parere del CSS del 15 aprile 2014 nonché le determine dell’AIFA n. 622/2014 e n. 79 del 30 gennaio 2015.

31      In seguito alla sentenza di rigetto di tale ricorso, la Novartis Farma ha proposto appello avverso detta sentenza dinanzi al Consiglio di Stato. Nell’ambito di tale procedimento, essa sostiene che il fatto di aver consentito che l’uso in ambito oftalmico dell’Avastin sia posto a carico finanziario del SSN, in conformità dell’articolo 1, comma 4 bis, del decreto legge n. 536/96, è incompatibile con la normativa dell’Unione in materia farmaceutica.

32      La Novartis Farma afferma in tal senso che l’articolo 1, comma 4 bis, del decreto legge n. 536/96 generalizza la possibilità di utilizzare un farmaco al di là delle condizioni previste dall’AIC, pur in presenza di un’alternativa terapeutica, e ciò per ragioni esclusivamente finanziarie, senza che l’uso su vasta scala del medicinale di prezzo inferiore sia stato preceduto da un’analisi dell’inefficacia dei medicinali disponibili. Tale disposizione contrasterebbe con il carattere imperativo dell’AIC, derivante dall’articolo 6, paragrafo 1, della direttiva 2001/83 e sarebbe incompatibile con la direttiva 89/105.

33      La Novartis Farma deduce altresì che l’articolo 1, comma 4 bis, del decreto legge n. 536/96, nell’attribuire all’AIFA la competenza ad «[attivare] idonei strumenti di monitoraggio a tutela della sicurezza dei pazienti e [ad assumere] tempestivamente le necessarie determinazioni», rischia di indurre tale autorità nazionale ad interferire con gli ambiti di attività che il regolamento n. 726/2004 riserva all’EMA.

34      La Novartis Farma asserisce che il riconfezionamento dell’Avastin non è conforme alle condizioni previste dalla normativa farmaceutica dell’Unione per beneficiare dell’esenzione accordata ai medicinali preparati in farmacia dall’articolo 3, punto 1, della direttiva 2001/83.

35      L’AIFA sostiene che la direttiva 2001/83 non è intesa a disciplinare una situazione come quella oggetto del procedimento principale. Infatti, le disposizioni dell’articolo 1, comma 4 bis, del decreto legge n. 536/96 non riguarderebbero l’AIC di un medicinale, bensì le condizioni per la sua erogazione a carico del SSN. La situazione di cui trattasi nel procedimento principale non rientrerebbe nell’ambito di applicazione della direttiva 2001/83, conformemente al disposto dell’articolo 5 della medesima.

36      Ad avviso dell’AIFA, la direttiva 2001/83 sarebbe inapplicabile alla preparazione dell’Avastin ai fini del suo impiego per il trattamento di patologie oculari, ai sensi dell’articolo 2, paragrafo 1, e dell’articolo 3, punto 1, della direttiva 2001/83. Inoltre, la Corte avrebbe già dichiarato, nella sentenza dell’11 aprile 2013, Novartis Pharma (C‑535/11, EU:C:2013:226), che il riconfezionamento dell’Avastin ai fini del suo uso intravitreale non necessita di autorizzazione di fabbricazione ai sensi dell’articolo 40, paragrafo 2, della direttiva 2001/83.

37      L’AIFA afferma inoltre che l’articolo 1, comma 4 bis, del decreto legge n. 536/96 non pregiudica le prerogative conferite all’EMA dal regolamento n. 726/2004.

38      Il giudice del rinvio esprime dubbi alla luce della sentenza del 16 luglio 2015, Abcur (C‑544/13 e C‑545/13, EU:C:2015:481), relativa all’interpretazione dell’articolo 3, punto 1, della direttiva 2001/83.

39      In tale contesto, il Consiglio di Stato ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1)      Se le disposizioni di cui alla direttiva [2001/83], e segnatamente gli articoli 5 e 6, in relazione anche al secondo considerando della direttiva stessa, ostino all’applicazione di una legge nazionale (…) che, al fine di perseguire finalità di contenimento di spesa, incentivi, attraverso l’inclusione nella lista dei medicinali rimborsabili dal [SSN], l’utilizzazione di un farmaco al di fuori della indicazione terapeutica autorizzata nei confronti della generalità dei pazienti, indipendentemente da qualsiasi considerazione delle esigenze terapeutiche del singolo paziente e nonostante l’esistenza e la disponibilità sul mercato di farmaci autorizzati per la specifica indicazione terapeutica;

2)      se l’articolo 3, n. 1, della direttiva [2001/83] possa applicarsi nel caso in cui la preparazione del prodotto farmaceutico, benché eseguita in farmacia sulla base di una prescrizione medica destinata ad un singolo paziente, sia comunque effettuata serialmente, in modo eguale e ripetuto, senza tener conto delle specifiche esigenze del singolo paziente, con dispensazione del prodotto alla struttura ospedaliera e non al paziente (tenuto conto che il farmaco è classificato in classe H-OSP [medicinali utilizzabili esclusivamente in strutture ospedaliere]), e con utilizzazione in una struttura anche diversa da quella in cui è stato operato il confezionamento;

3)      se le disposizioni di cui al regolamento [n. 726/2004], e segnatamente gli articoli 3, 25 e 26, nonché l’allegato, che assegnano all’Agenzia (...) la competenza esclusiva a valutare i profili di qualità, sicurezza ed efficacia dei medicinali aventi come indicazione terapeutica il trattamento di patologie oncologiche, sia nell’ambito della procedura di rilascio dell’[AIC] (procedura centralizzata obbligatoria), sia al fine del monitoraggio e del coordinamento delle azioni di farmacovigilanza successive all’immissione del farmaco sul mercato, ostino all’applicazione di una legge nazionale che riservi all’[AIFA] la competenza ad assumere determinazioni in merito ai profili di sicurezza dei medicinali, connessi al loro uso off-label, la cui autorizzazione rientra nella competenza esclusiva della Commissione europea, in considerazione delle valutazioni tecnico scientifiche effettuate dall’[EMA];

4)      se le disposizioni di cui alla direttiva [89/105], e segnatamente l’articolo 1, paragrafo 3, ostino all’applicazione di una legge nazionale che consenta allo Stato membro, nell’ambito delle proprie decisioni in materia di rimborsabilità delle spese sanitarie sostenute dall’assistito, di prevedere la rimborsabilità di un farmaco utilizzato al di fuori delle indicazioni terapeutiche precisate nell’[AIC] rilasciata dalla Commissione europea, o da un’Agenzia specializzata europea, all’esito di una procedura di valutazione centralizzata, senza che ricorrano i requisiti previsti dagli articoli 3 e 5 della direttiva [2001/83]».

 Sulla ricevibilità della domanda di pronuncia pregiudiziale

40      Il governo italiano sostiene che le questioni pregiudiziali esulano dall’ambito di applicazione del diritto dell’Unione e non sono necessarie ai fini della soluzione della controversia nel procedimento principale. Poiché l’uso «off-label» di un medicinale non sarebbe disciplinato dal diritto dell’Unione, le questioni sottoposte alla Corte sarebbero manifestamente irricevibili.

41      L’Irlanda ritiene che le questioni sollevate siano irricevibili in considerazione del loro carattere ipotetico. Le spiegazioni fornite dal giudice del rinvio in merito ai fatti di causa ed alla rilevanza delle questioni sollevate per la soluzione della controversia nel procedimento principale sarebbero insufficienti.

42      La Regione Emilia-Romagna (Italia) nonché la Società Oftalmologica Italiana (SOI) – Associazione Medici Oculisti Italiani (AMOI) sostengono che la prima questione pregiudiziale è irricevibile, poiché irrilevante ai fini della soluzione della controversia nel procedimento principale. La Regione Emilia-Romagna afferma che, per lo stesso motivo, anche la seconda questione pregiudiziale è irricevibile.

43      A tal riguardo, si deve ricordare che, nell’ambito della cooperazione tra la Corte e i giudici nazionali istituita dall’articolo 267 TFUE, spetta esclusivamente al giudice nazionale, cui è stata sottoposta la controversia e che deve assumersi la responsabilità dell’emananda decisione giurisdizionale, valutare, alla luce delle particolari circostanze di ciascuna causa, sia la necessità di una pronuncia pregiudiziale per essere in grado di emettere la propria sentenza, sia la rilevanza delle questioni che sottopone alla Corte. Di conseguenza, se le questioni sollevate dal giudice nazionale riguardano l’interpretazione del diritto dell’Unione, la Corte, in via di principio, è tenuta a statuire (sentenza del 6 settembre 2016, Petruhhin, C‑182/15, EU:C:2016:630, punto 19 e giurisprudenza ivi citata).

44      Ne consegue che le questioni relative all’interpretazione del diritto dell’Unione sollevate dal giudice nazionale nel contesto normativo e fattuale che egli definisce sotto la propria responsabilità, e del quale non spetta alla Corte verificare l’esattezza, godono di una presunzione di rilevanza. Il rifiuto della Corte di statuire su una domanda presentata da un giudice nazionale è possibile solo qualora risulti in maniera manifesta che la richiesta interpretazione del diritto dell’Unione non ha alcun rapporto con la realtà effettiva o con l’oggetto del procedimento principale, qualora il problema sia di natura ipotetica, oppure quando la Corte non disponga degli elementi di fatto e di diritto necessari per fornire una soluzione utile alle questioni che le sono sottoposte (sentenza del 26 luglio 2017, Persidera, C‑112/16, EU:C:2017:597, punto 24 e giurisprudenza ivi citata).

45      Orbene, nella presente causa, le questioni sollevate, che vertono sull’interpretazione della direttiva 89/105, nonché della direttiva 2001/83 e del regolamento n. 726/2004, si collocano nell’ambito di una controversia avente ad oggetto la conformità con tali norme di diritto dell’Unione di misure nazionali destinate a consentire l’impiego dell’Avastin per indicazioni non coperte dall’AIC del medesimo. Pertanto, tali questioni presentano un nesso diretto con l’oggetto della controversia principale e non sono ipotetiche.

46      Di conseguenza, le questioni pregiudiziali sono ricevibili.

 Sulle questioni pregiudiziali

 Osservazioni preliminari

47      Con le sue questioni, il giudice del rinvio mira, in sostanza, a stabilire se le misure nazionali di cui trattasi nel procedimento principale – che fissano le condizioni alle quali l’Avastin riconfezionato ai fini della sua somministrazione a pazienti per indicazioni terapeutiche in ambito oftalmico non coperte dalla sua AIC viene erogato, per motivi economici, a carico del regime nazionale di assicurazione malattia – arrechino pregiudizio all’effetto utile della direttiva 89/105 e della direttiva 2001/83 nonché alle competenze attribuite all’Unione nell’ambito della procedura centralizzata istituita dal regolamento n. 726/2004.

48      Occorre ricordare che, conformemente all’articolo 168, paragrafo 7, TFUE, il diritto dell’Unione non pregiudica la competenza degli Stati membri ad impostare i loro sistemi di previdenza sociale e ad adottare, in particolare, norme miranti a disciplinare il consumo dei prodotti farmaceutici salvaguardando l’equilibrio finanziario dei loro sistemi sanitari (sentenza del 22 aprile 2010, Association of the British Pharmaceutical Industry, C‑62/09, EU:C:2010:219, punto 36).

49      L’organizzazione e la gestione dei servizi sanitari, come pure l’assegnazione delle risorse loro destinate, rientrano nella sfera di competenza degli Stati membri. In tal senso, l’articolo 4, paragrafo 3, della direttiva 2001/83 e l’articolo 1, secondo comma, del regolamento n. 726/2004 sottolineano che le disposizioni di tali strumenti non pregiudicano le competenze delle autorità degli Stati membri in materia di fissazione dei prezzi dei medicinali né quelle relative all’inclusione dei medesimi nell'ambito d'applicazione dei regimi nazionali d'assicurazione contro le malattie, in base a determinate condizioni sanitarie, economiche e sociali.

50      Tuttavia, sebbene il diritto dell’Unione, nella fattispecie la direttiva 89/105, non pregiudichi la competenza degli Stati membri in subiecta materia, resta il fatto che, nell’esercizio di tale competenza, gli Stati membri devono rispettare il diritto dell’Unione (sentenza del 2 aprile 2009, A. Menarini Industrie Farmaceutiche Riunite e a., da C‑352/07 a C‑356/07, da C‑365/07 a C‑367/07 e C‑400/07, EU:C:2009:217, punti 19 e 20).

51      Inoltre, la normativa dell’Unione in materia di prodotti farmaceutici non vieta né la prescrizione di un medicinale «off-label» né il suo riconfezionamento ai fini di tale uso, ma subordina dette operazioni al rispetto di condizioni stabilite da tale normativa (sentenza del 23 gennaio 2018, F. Hoffmann-La Roche e a., C‑179/16, EU:C:2018:25, punto 59).

52      Alla luce di tali considerazioni, al fine di valutare se le condizioni stabilite da detta normativa ostino a misure nazionali come quelle di cui trattasi nel procedimento principale, occorre esaminare, in primo luogo, la seconda questione pregiudiziale, riguardante la delimitazione dell’ambito di applicazione della direttiva 2001/83, poi, in successione, la prima, la quarta e la terza questione pregiudiziale.

 Sulla seconda questione

53      Con la seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 3, punto 1, della direttiva 2001/83 debba essere interpretato nel senso che l’Avastin, dopo essere stato riconfezionato in base alle condizioni stabilite dalle misure nazionali in causa nel procedimento principale, rientra nell’ambito di applicazione di tale direttiva.

54      Nel procedimento principale, l’applicazione della direttiva 2001/83 all’Avastin non è messa in dubbio. Per contro, il giudice del rinvio si chiede se le trasformazioni subite da detto medicinale durante il suo riconfezionamento ai fini dell’impiego per il trattamento di patologie oculari non coperte dalla sua AIC, in condizioni conformi alle misure nazionali la cui legittimità è contestata, possano rientrare nell’articolo 3, punto 1, di tale direttiva e, di conseguenza, sottrarre l’Avastin così modificato all’ambito di applicazione di tale direttiva.

55      Per rispondere a tale questione, si deve ricordare che l’ambito di applicazione della direttiva 2001/83 è stabilito, in modo positivo, al suo articolo 2, paragrafo 1, a termini del quale tale direttiva si applica ai medicinali per uso umano destinati ad essere immessi in commercio negli Stati membri, preparati industrialmente o nella cui fabbricazione intervenga un processo industriale. L’articolo 3, punti 1 e 2, della suddetta direttiva prevede alcune deroghe all’applicazione della medesima riguardo ai medicinali preparati in farmacia, vuoi in base ad una prescrizione medica destinata ad un determinato paziente, vuoi in base alle indicazioni di una farmacopea e destinati ad essere forniti direttamente ai pazienti che si servono presso tale farmacia. Ne consegue che, per poter ricadere nell’ambito di applicazione della direttiva 2001/83, il prodotto di cui trattasi deve, da un lato, rispondere ai requisiti fissati dall’articolo 2, paragrafo 1, di tale direttiva, e, dall’altro, non ricadere in una delle deroghe espressamente previste dall’articolo 3 della menzionata direttiva (sentenza del 16 luglio 2015, Abcur, C‑544/13 e C‑545/13, EU:C:2015:481, punti 38 e 39).

56      Pertanto, è il carattere industriale del modo di produzione di un medicinale che determina se esso ricada nell’ambito di applicazione della direttiva 2001/83, fermo restando che il legislatore dell’Unione si è premurato di precisare che i medicinali preparati in farmacia alle condizioni di cui all’articolo 3 di tale direttiva sono specificamente esclusi dall’ambito di applicazione della stessa.

57      Si deve constatare che l’esclusione dall’ambito di applicazione della direttiva 2001/83 prevista dall’articolo 3 della stessa riguarda esclusivamente i medicinali «preparati» in farmacia, vale a dire quelli prodotti in farmacia, cioè le formule magistrali e le formule officinali. Orbene, il medicinale Avastin non rientra in alcuna di tali categorie. Esso è prodotto non già in farmacie aperte al pubblico oppure ospedaliere, bensì in modo industriale nei laboratori della società Roche, titolare della sua AIC.

58      Risulta inoltre dal fascicolo presentato alla Corte che le operazioni di riconfezionamento dell’Avastin effettuate conformemente alle misure nazionali in causa nel procedimento principale non modificano in modo sostanziale la composizione, la forma o altri elementi essenziali di tale medicinale. Tali operazioni di riconfezionamento non sono equiparabili alla «preparazione» di un nuovo medicinale derivato dall’Avastin attraverso una formula magistrale oppure una formula officinale. Di conseguenza, esse non possono ricadere nell’ambito di applicazione dell’articolo 3 della direttiva 2001/83.

59      Si deve aggiungere che un’interpretazione dell’articolo 3 della direttiva 2001/83 tale da escludere dall’ambito di applicazione di tutte le sue disposizioni l’Avastin che abbia subito le operazioni di riconfezionamento oggetto delle misure nazionali in causa nel procedimento principale comporterebbe l’interruzione del controllo istituito da tale direttiva su tutta la catena di distribuzione del medicinale.

60      A tal riguardo, occorre ricordare che, conformemente agli obiettivi essenziali della direttiva 2001/83, in particolare quello di assicurare la tutela della sanità pubblica, il considerando 35 di quest’ultima enuncia che tale direttiva mira ad «esercitare un controllo su tutta la catena di distribuzione dei medicinali, dalla loro fabbricazione o importazione nel[l’Unione] fino alla fornitura al pubblico, così da garantire che i medicinali stessi siano conservati, trasportati e manipolati in condizioni adeguate». Come ha ricordato l’avvocato generale al paragrafo 63 delle conclusioni, sarebbe manifestamente contrario a tale obiettivo il fatto che un’operazione di riconfezionamento effettuata successivamente all’immissione in commercio di un medicinale possa avere la conseguenza di sottrarre quest’ultimo all’ambito di applicazione della direttiva 2001/83 in cui esso rientrava fino a quel momento.

61      L’applicazione dell’articolo 3 della direttiva 2001/83 in una situazione come quella oggetto del procedimento principale priverebbe di ogni effetto utile numerose disposizioni di tale direttiva destinate a garantire il controllo dei medicinali lungo l’intera catena di distribuzione. In tal senso, l’articolo 6, paragrafo 1, secondo comma, di quest’ultima stabilisce espressamente che «[q]uando per un medicinale è stata rilasciata [un’AIC] iniziale (...), ogni ulteriore dosaggio, forma farmaceutica, via di somministrazione e presentazione, nonché le variazioni ed estensioni sono parimenti autorizzati (...) o sono inclusi nell’[AIC] iniziale. Tutte le [AIC] in questione sono considerate facenti parte della stessa [AIC] globale».

62      Allo stesso modo, l’articolo 40, paragrafo 2, secondo comma, della direttiva 2001/83 prevede che l’autorizzazione di fabbricazione, richiesta sia per la fabbricazione totale o parziale sia per le operazioni di divisione, di confezionamento o di presentazione di un medicinale, non è richiesta qualora dette operazioni siano «eseguit[e] soltanto per la fornitura al dettaglio, da farmacisti in farmacia, o da altre persone legalmente autorizzate negli Stati membri ad eseguire dette operazioni».

63      Questa disposizione derogatoria sarebbe dunque superflua laddove l’articolo 3 della direttiva 2001/83 dovesse comportare l’esclusione dall’ambito di applicazione di tale direttiva e, quindi, dall’obbligo di ottenere un’AIC e un’autorizzazione di fabbricazione, di un medicinale che, dopo essere stato immesso in commercio e fabbricato conformemente alle prescrizioni della direttiva medesima, sia stato riconfezionato a condizioni rispondenti ai criteri di cui all’articolo 40, paragrafo 2, secondo comma, della medesima direttiva.

64      Per quanto riguarda il sistema di farmacovigilanza, si deve ancora sottolineare che, ai sensi dell’articolo 101, paragrafo 1, secondo comma, della direttiva 2001/83, «[detto sistema] va utilizzato per raccogliere informazioni sui rischi dei medicinali in relazione alla salute dei pazienti o alla salute pubblica. Le informazioni si riferiscono in particolare agli effetti collaterali negativi negli esseri umani, derivanti dall’utilizzo del medicinale conformemente alle indicazioni contenute nell’[AIC] e dall’uso al di fuori delle indicazioni in questione, e agli effetti collaterali negativi associati all’esposizione per motivi professionali». Questa disposizione sarebbe privata di effetto utile se l’articolo 3 della direttiva 2001/83 potesse essere applicato ad un’operazione di riconfezionamento diretta a consentire l’uso «off-label» dell’Avastin alle condizioni previste dalle misure nazionali in causa nel procedimento principale, in tal modo sottraendo siffatto uso all’ambito di applicazione della direttiva stessa, incluse le sue disposizioni in materia di farmacovigilanza.

65      Di conseguenza, alla seconda questione occorre rispondere dichiarando che l’articolo 3, punto 1, della direttiva 2001/83 deve essere interpretato nel senso che l’Avastin, dopo essere stato riconfezionato alle condizioni stabilite dalle misure nazionali in causa nel procedimento principale, rientra nell’ambito di applicazione di tale direttiva.

 Sulla prima questione

66      Con la prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 6 della direttiva 2001/83 debba essere interpretato nel senso che esso osta a misure nazionali come quelle in causa nel procedimento principale, che stabiliscono le condizioni alle quali l’Avastin può essere riconfezionato ai fini del suo impiego per indicazioni terapeutiche in ambito oftalmico non coperte dalla sua AIC e, in caso affermativo, se l’articolo 5 di tale direttiva debba essere interpretato nel senso che esso consente, a titolo derogatorio, di giustificare misure di questo tipo.

67      Come è stato ricordato al punto 51 della presente sentenza, la normativa dell’Unione in materia di prodotti farmaceutici non vieta né la prescrizione di un medicinale «off-label» né il suo riconfezionamento ai fini di tale uso, ma subordina dette operazioni al rispetto di condizioni stabilite dalla normativa medesima.

68      Tra tali condizioni figura l’obbligo di possedere un’AIC nonché un’autorizzazione di fabbricazione, autorizzazioni che sono oggetto, rispettivamente, degli articoli 6 e 40 della direttiva 2001/83. Al fine di fornire una risposta utile al giudice del rinvio, che gli permetta di risolvere la controversia di cui è investito, la Corte ritiene che si debba procedere altresì all’interpretazione dell’articolo 40 di detta direttiva, ancorché tale disposizione non sia espressamente menzionata nelle questioni pregiudiziali che le sono sottoposte (sentenza dell’11 aprile 2013, Berger, C‑636/11, EU:C:2013:227, punto 31).

69      Per quanto riguarda l’immissione in commercio di un medicinale, l’articolo 6, paragrafo 1, primo comma, della direttiva 2001/83 prevede che nessun medicinale possa essere immesso in commercio in uno Stato membro senza che un’AIC sia stata rilasciata dall’autorità competente di detto Stato membro in conformità a tale direttiva, oppure senza che un’autorizzazione sia stata rilasciata in conformità alla procedura centralizzata prevista dal regolamento n. 726/2004 per i medicinali contemplati nell’allegato di quest’ultimo (sentenze del 23 gennaio 2018, F. Hoffmann-La Roche e a., C‑179/16, EU:C:2018:25, punto 53, nonché del 29 marzo 2012, Commissione/Polonia, C‑185/10, EU:C:2012:181, punto 26).

70      Tale principio dell’AIC obbligatoria si applica anche, ai sensi del secondo comma della citata disposizione, quando per un medicinale è stata rilasciata un’AIC iniziale ai sensi del primo comma, dato che, in tal caso, ogni ulteriore dosaggio, forma farmaceutica, via di somministrazione e presentazione, nonché ogni variazione ed estensione devono parimenti essere autorizzati ai sensi del primo comma oppure essere inclusi nell’AIC iniziale.

71      In forza di tale principio, la Corte ha quindi dichiarato che, quando un medicinale è stato oggetto di due distinte AIC centralizzate relative, rispettivamente, ad una confezione da cinque fiale e ad una confezione da dieci fiale, la normativa farmaceutica dell’Unione osta a che detto medicinale venga commercializzato con una confezione costituita da due scatole da cinque fiale, unite e rietichettate, senza disporre di un’AIC specifica a tal riguardo, con la motivazione che le prescrizioni specifiche e dettagliate relative alla confezione dei medicinali oggetto di un’AIC centralizzata hanno lo scopo di evitare che i consumatori siano indotti in errore e in tal modo tutelano la salute (sentenza del 19 settembre 2002, Aventis, C‑433/00, EU:C:2002:510, punto 25).

72      In una fattispecie analoga a quella del procedimento principale, la Corte ha dichiarato che il riconfezionamento dell’Avastin ai fini del suo uso «off‑label» per il trattamento di patologie oculari non necessita di una nuova AIC, purché tale operazione non determini una modifica del medicinale e sia effettuata unicamente sulla base di ricette mediche individuali che prescrivano una siffatta operazione (sentenza dell’11 aprile 2013, Novartis Pharma, C‑535/11, EU:C:2013:226, punto 42).

73      Questa soluzione si spiega con il fatto che, a differenza della fattispecie oggetto della causa definita con la sentenza del 19 settembre 2002, Aventis (C‑433/00, EU:C:2002:510), l’operazione di riconfezionamento dell’Avastin si colloca a valle dell’immissione in commercio del medicinale, dopo che un medico ne ha prescritto l’impiego in tali condizioni ad un paziente, mediante una ricetta individuale.

74      La Corte ha quindi sottolineato che le operazioni di prelievo delle sostanze medicinali liquide contenute nelle fiale originali e di travaso di tali prelievi, senza modificare tali sostanze, in siringhe pronte all’uso corrispondono in realtà agli atti che, senza l’intervento di una società terza, potrebbero essere o avrebbero potuto essere altrimenti effettuati, sotto la loro responsabilità, dai medici che hanno prescritto i medicinali o dalle stesse farmacie nei loro laboratori o, ancora, negli istituti ospedalieri (sentenza dell’11 aprile 2013, Novartis Pharma, C‑535/11, EU:C:2013:226, punti 42 e 43).

75      Fatti salvi gli accertamenti in punto di fatto a cui è tenuto il giudice del rinvio, il riconfezionamento dell’Avastin alle condizioni previste dalle misure nazionali in causa nel procedimento principale non necessita dunque di un’AIC allorché tale operazione è prescritta da un medico mediante una ricetta individuale ed è effettuata da farmacisti ai fini della somministrazione di tale medicinale in ambito ospedaliero.

76      Per quanto riguarda la fabbricazione di un medicinale, se è vero che, in forza dell’articolo 40, paragrafo 1, della direttiva 2001/83, essa è soggetta, in linea di principio, all’obbligo di detenere un’autorizzazione, il paragrafo 2, secondo comma, del medesimo articolo 40 prevede che l’autorizzazione di fabbricazione non è richiesta per le preparazioni, le divisioni, i cambiamenti di confezione o di presentazione, eseguiti soltanto ai fini della fornitura al dettaglio dei medicinali, da farmacisti in farmacia o da altre persone legalmente autorizzate negli Stati membri ad eseguire dette operazioni. Ne consegue che, qualora le medesime operazioni di fabbricazione non siano eseguite a tali fini, i farmacisti non sono dispensati dall’obbligo di detenere detta autorizzazione di fabbricazione (sentenze del 28 giugno 2012, Caronna, C‑7/11, EU:C:2012:396, punto 35, e dell’11 aprile 2013, Novartis Pharma, C‑535/11, EU:C:2013:226, punti 51 e 52).

77      Come evidenziato dall’avvocato generale al paragrafo 79 delle conclusioni, quand’anche venisse accertato dinanzi al giudice del rinvio che le farmacie abilitate a procedere al riconfezionamento dell’Avastin in forza delle misure nazionali in causa nel procedimento principale non detengono l’autorizzazione richiesta ai sensi dell’articolo 40, paragrafo 1, della direttiva 2001/83, esse potrebbero nondimeno rientrare nella deroga prevista dall’articolo 40, paragrafo 2, secondo comma, di tale direttiva. Fatti salvi gli accertamenti in punto di fatto a cui è tenuto il giudice del rinvio, si deve considerare che, qualora venisse accertato che, conformemente alle misure nazionali in causa nel procedimento principale, l’Avastin è, sulla base di una ricetta individuale, riconfezionato ai fini del suo uso «off-label» per il trattamento di patologie oculari, da parte di una farmacia a ciò debitamente abilitata, in vista della sua somministrazione in ambito ospedaliero, una siffatta operazione rientrerebbe nella deroga prevista dalla disposizione da ultimo citata e non necessiterebbe di un’autorizzazione di fabbricazione.

78      Di conseguenza, dato che le operazioni di riconfezionamento dell’Avastin oggetto delle decisioni dell’AIFA di cui trattasi nel procedimento principale non necessitano di un’AIC ai sensi dell’articolo 6 della direttiva 2001/83 né di un’autorizzazione di fabbricazione ai sensi dell’articolo 40 di detta direttiva, non occorre rispondere alla prima questione nella parte in cui essa si riferisce all’interpretazione dell’articolo 5 della medesima direttiva.

79      In considerazione di tutto quanto precede, alla prima questione occorre rispondere dichiarando che l’articolo 6 della direttiva 2001/83 deve essere interpretato nel senso che esso non osta a misure nazionali come quelle in causa nel procedimento principale, che stabiliscono le condizioni alle quali l’Avastin può essere riconfezionato ai fini del suo impiego per indicazioni terapeutiche in ambito oftalmico non coperte dalla sua AIC.

 Sulla quarta questione

80      Con la quarta questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 1, paragrafo 3, della direttiva 89/105, secondo il quale nessun elemento di tale direttiva consente la commercializzazione di un medicinale per il quale non sia stata rilasciata l’AIC prevista all’articolo 6 della direttiva 2001/83, debba essere interpretato nel senso che esso osta a misure nazionali come quelle in causa nel procedimento principale.

81      Tenuto conto della risposta fornita alla prima questione, non vi è luogo a rispondere a tale questione.

 Sulla terza questione

82      Con la terza questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se gli articoli 3, 25 e 26 del regolamento n. 726/2004 debbano essere interpretati nel senso che essi ostano ad una misura nazionale che, come quella risultante dall’articolo 1, comma 4 bis, del decreto legge n. 536/96, autorizza l’AIFA a monitorare medicinali come l’Avastin, il cui impiego per un uso «off-label» è posto a carico finanziario del SSN e, se del caso, ad adottare provvedimenti necessari alla tutela della sicurezza dei pazienti, per il motivo che essa lede le competenze esclusive dell’EMA relative ai medicinali soggetti alla procedura centralizzata.

83      È vero che il regolamento n. 726/2004, in particolare agli articoli da 5 a 9, conferisce all’EMA una competenza esclusiva a procedere all’esame delle domande di AIC nell’ambito della procedura centralizzata. Tuttavia, come risulta dalla risposta data alla prima questione, il riconfezionamento dell’Avastin alle condizioni stabilite dalle misure nazionali in causa nel procedimento principale non necessita dell’ottenimento di un’AIC. Di conseguenza, tali misure, non diversamente dall’articolo 1, comma 4 bis, del decreto legge n. 536/96, non possono ledere la competenza esclusiva conferita all’EMA per l’esame delle domande di AIC nell’ambito della procedura centralizzata.

84      Per quanto riguarda il sistema di farmacovigilanza dei medicinali immessi in commercio nell’Unione, si deve ricordare che, conformemente all’articolo 23, paragrafo 2, e all’articolo 101, paragrafo 1, della direttiva 2001/83, detto sistema si estende anche a qualsiasi uso di un medicinale non conforme ai termini della sua AIC. Per quanto riguarda i medicinali soggetti alla procedura centralizzata, il capitolo 3 del titolo II del regolamento n. 726/2004, in particolare agli articoli 25 e 26, istituisce taluni meccanismi di farmacovigilanza che associano le autorità nazionali competenti all’EMA, la quale ne assicura il coordinamento.

85      Detti articoli non ostano pertanto a una misura nazionale come l’articolo 1, comma 4 bis, del decreto legge n. 536/96, ai sensi del quale l’AIFA attiva idonei strumenti di monitoraggio a tutela della sicurezza dei pazienti e assume tempestivamente le necessarie determinazioni, a condizione che la loro attuazione completi o rafforzi il sistema di farmacovigilanza istituito dal regolamento n. 726/2004.

86      In considerazione di tutto quanto precede, alla terza questione occorre rispondere dichiarando che gli articoli 3, 25 e 26 del regolamento n. 726/2004 devono essere interpretati nel senso che essi non ostano ad una misura nazionale che, come quella risultante dall’articolo 1, comma 4 bis, del decreto legge n. 536/96, autorizza l’AIFA a monitorare medicinali come l’Avastin, il cui impiego per un uso «off‑label» è posto a carico finanziario del SSN e, se del caso, ad adottare provvedimenti necessari alla salvaguardia della sicurezza dei pazienti.

 Sulle spese

87      Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara:

1)      L’articolo 3, punto 1, della direttiva 2001/83/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 novembre 2001, recante un codice comunitario relativo ai medicinali per uso umano, come modificata dalla direttiva 2012/26/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, deve essere interpretato nel senso che l’Avastin, dopo essere stato riconfezionato alle condizioni stabilite dalle misure nazionali in causa nel procedimento principale, rientra nell’ambito di applicazione della direttiva 2001/83, come modificata dalla direttiva 2012/26.

2)      L’articolo 6 della direttiva 2001/83, come modificata dalla direttiva 2012/26, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a misure nazionali come quelle in causa nel procedimento principale, che stabiliscono le condizioni alle quali l’Avastin può essere riconfezionato ai fini del suo impiego per indicazioni terapeutiche in ambito oftalmico non coperte dalla sua autorizzazione all’immissione in commercio.

3)      Gli articoli 3, 25 e 26 del regolamento (CE) n. 726/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, che istituisce procedure comunitarie per l’autorizzazione e la sorveglianza dei medicinali per uso umano e veterinario, e che istituisce l’Agenzia europea per i medicinali, come modificato dal regolamento (UE) n. 1027/2012 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 25 ottobre 2012, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano ad una misura nazionale che – come quella risultante dall’articolo 1, comma 4 bis, del decreto legge 21 ottobre 1996, n. 536, recante « Misure per il contenimento della spesa farmaceutica e la rideterminazione del tetto di spesa per l'anno 1996 », convertito dalla legge del 23 dicembre 1996, n. 648, come modificato dal

decreto legge del 20 marzo 2014, n. 36, convertito dalla legge del 16 maggio 2014, n. 79 – autorizza l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) a monitorare medicinali come l’Avastin, il cui impiego per un uso non coperto dall’autorizzazione all’immissione in commercio («off-label») è posto a carico finanziario del Servizio Sanitario Nazionale (Italia) e, se del caso, ad adottare provvedimenti necessari alla salvaguardia della sicurezza dei pazienti.

Silva de Lapuerta

Bonichot

Arabadjiev

Fernlund

 

Rodin

Così deciso e pronunciato a Lussemburgo il 21 novembre 2018.

Il cancelliere

 

      Il presidente

A. Calot Escobar

 

      K. Lenaerts



*      Lingua processuale: l’italiano.