Divisione Stampa e Informazione

COMUNICATO STAMPA n 29/2000

11 aprile 2000

Sentenza della Corte nei procedimenti riuniti C-51/96 e C-191/97

Christelle Deliège/Ligue francophone de judo et disciplines associées ASBL e a.

LE NORME DI SELEZIONE A TORNEI INTERNAZIONALI EMANATE DALLE FEDERAZIONI SPORTIVE NON SONO, DI PER SE', IN CONTRASTO COL DIRITTO COMUNITARIO


La signora Deliège, judoka belga, pratica tale sport dal 1983 ad altissimo livello.

Il judo, sport di lotta individuale, è organizzato su scala mondiale dalla Federazione internazionale di judo. Sul piano europeo, una federazione, l'Unione europea di judo, raggruppa le diverse federazioni nazionali. Le federazioni belghe procedono alla selezione degli atleti ai fini della loro partecipazione ai tornei internazionali.

Dinanzi al Tribunal de première instance di Namur, la signora Deliège ha sostenuto che le federazioni belghe avevano illegittimamente ostacolato la sua carriera non ammettendola a partecipare alle competizioni importanti. Ella ritiene di esercitare un'attività economica la cui libera prestazione è garantita dal diritto comunitario.

Il giudice belga propone alla Corte di giustizia delle Comunità europee la questione della compatibilità di un regolamento emanato da autorità sportive con la libera prestazione di servizi, in particolare quanto all'esigenza per uno sportivo professionista (o semiprofessionista o candidato a divenir tale) di essere in possesso di un'autorizzazione o di un provvedimento di selezione della propria federazione nazionale per poter concorrere in una competizione internazionale.

La Corte ricorda innanzi tutto che, conformemente alla sua giurisprudenza Bosman, le norme organizzative dello sport devono rispettare il diritto comunitario nei limiti in cui tale attività costituisce un'attività economica ai sensi del Trattato.

Essa sottolinea che tale giurisprudenza è in armonia con il Trattato di Amsterdam, che prende però in considerazione le caratteristiche specifiche dello sport dilettantistico, ossia le situazioni in cui l'esercizio dello sport non costituisce un'attività economica.

La sola circostanza che i piazzamenti ottenuti dagli atleti in tali competizioni siano presi in considerazione per determinare i paesi che potranno iscrivere loro rappresentanti ai giochi olimpici non giustifica l'equiparazione di queste ultime ad incontri tra squadre nazionali che, conformemente alla giurisprudenza della Corte, possono esulare dall'ambito di applicazione del diritto comunitario.

Per giunta, la qualifica di "dilettanti" data da un'associazione o da una federazione sportiva agli atleti non è, per la Corte, tale da escludere automaticamente che questi ultimi esercitino in realtà un'attività economica.

La Corte constata quindi che le attività sportive, ed in particolare la partecipazione di un atleta ad alto livello ad una competizione internazionale, possono comportare la prestazione di diversi servizi distinti, ma strettamente connessi. Così, atleti che partecipano ad uno spettacolo sportivo al quale il pubblico può assistere, che emittenti di programmi televisivi ritrasmettono e che può interessare quanti intendono inviare messaggi pubblicitari nonché sponsor, assicurano il supporto di prestazioni di natura economica.

Di conseguenza, spetta al giudice nazionale valutare, alla luce degli elementi forniti, se le attività sportive della signora Deliège costituiscano un'attività economica e una prestazione di servizi.

La Corte esamina poi il problema se le norme di selezione controverse possano costituire una restrizione alla libera prestazione di servizi. Essa rileva che, a differenza delle norme applicabili nella causa Bosman, le norme di selezione controverse non determinano le condizioni di accesso degli sportivi professionisti al mercato del lavoro e non contengono clausole di cittadinanza che limitino il numero di cittadini di altri Stati membri che possono partecipare ad una competizione.

Basta constatare che, se delle norme di selezione hanno inevitabilmente l'effetto di limitare il numero di partecipanti ad un torneo , tale limitazione è inerente allo svolgimento di una competizione sportiva internazionale ad alto livello, che implica necessariamente l'adozione di talune norme o di taluni criteri di selezione. Norme del genere non possono quindi essere di per se stesse considerate come configuranti una restrizione alla libera prestazione dei servizi. Per giunta, tali norme di selezione si applicano tanto alle competizioni organizzate all'interno della Comunità quanto ai tornei che si svolgono all'esterno di essa e riguardano nel contempo cittadini degli Stati membri e cittadini di paesi terzi.

Le federazioni nazionali che sono il riflesso dell'organizzazione adottata nella maggior parte delle discipline sportive possono quindi legittimamente emanare le norme appropriate ed effettuare la selezione.

NB: Il 13 aprile 2000 la Corte di giustizia pronuncerà una sentenza riguardante le normative sportive relative al trasferimento di giocatori provenienti da altri Stati membri (causa C-176/96, Lehtonen).

Documento non ufficiale ad uso dei mezzi di informazione, che non impegna la Corte di giustizia. Il presente comunicato stampa è disponibile in tutte le lingue.

Per il testo integrale della sentenza, consultare il nostro sito Internet www.curia.eu.int verso le ore 15 in data odierna.

Per più ampie informazioni, contattare la signora Estella CIGNA, tel: (352) 43 03 2582 fax:(352) 43 03 2034.