DIVISIONE STAMPA E INFORMAZIONE

COMUNICATO STAMPA n. 43/00

8 giugno 2000

Sentenza della Corte nella causa C-258/98

LA CORTE DI GIUSTIZIA SI PRONUNCIA NUOVAMENTE SULL'ATTIVITA' DI COLLOCAMENTO DI MANODOPERA IN ITALIA


Il Pretore di Firenze interroga la Corte sulla validità delle norme penali ancora vigenti in Italia riguardo all'attività di collocamento esercitata da enti non pubblici

Il signor Carra e le signore Colombo e Gianassi sono stati sottoposti a procedimento penale per aver esercitato attività di mediazione sul mercato del lavoro.

La legge n. 264/49 vieta l'esercizio della mediazione tra domanda e offerta di lavoro subordinato e prevede sanzioni penali o amministrative. La legge n. 1369/60 dispone inoltre che i lavoratori occupati in violazione di detta legge sono considerati a tutti gli effetti alle dipendenze dell'imprenditore che ne ha effettivamente utilizzato le prestazioni. La legge n. 196/97 prevede che possono esercitare l'attività di fornitura di prestazioni di lavoro temporaneo solo le imprese iscritte nell'albo istituito presso il Ministero del Lavoro e della Previdenza sociale e titolari di un'autorizzazione. Il decreto legislativo n. 469/97, relativo al conferimento alle regioni e agli enti locali di funzioni e compiti in materia di mercato del lavoro, stabilisce infine che l'attività di mediazione tra domanda ed offerta di lavoro può essere svolta da imprese o da società cooperative nonché da enti non commerciali con capitale non inferiore a ITL 200 milioni.

In pratica il mercato del lavoro italiano è stato sottoposto, fino all'8 gennaio 1998, al regime del collocamento obbligatorio gestito da uffici pubblici di collocamento.

Nel 1997 la Corte di giustizia ha pronunciato la sentenza nota come "sentenza Job Centre II". Il signor Carra e le signore Colombo e Gianassi hanno chiesto l'assoluzione poiché le sanzioni penali previste dalla normativa italiana sarebbero divenute inapplicabili in seguito a tale sentenza.

Il Pretore di Firenze interroga la Corte di giustizia in ordine alla compatibilità con il diritto comunitario di una normativa nazionale che vieta ogni attività di mediazione e d'interposizione privata tra domanda ed offerta d'impiego nei rapporti di lavoro. In particolare chiede alla Corte se il giudice nazionale possa disapplicare le disposizioni sanzionatorie.

La Corte ricorda, in conformità alla sua giurisprudenza, che il divieto di abusare di una posizione dominante ha effetto diretto ed attribuisce ai singoli diritti che i giudici nazionali devono tutelare. Questa giurisprudenza si applica alle imprese pubbliche e, in particolare, a quelle incaricate di gestire servizi d'interesse generale.

Gli uffici pubblici di collocamento sono dunque soggetti a detto divieto, nei limiti in cui tale disposizione non osti all'adempimento dello specifico compito loro affidato.

Così, lo Stato membro che vieta ogni iniziativa privata di mediazione sul mercato del lavoro viola il diritto comunitario della concorrenza nell'ipotesi in cui:

Il giudice nazionale incaricato di applicare le disposizioni del diritto comunitario deve pertanto disapplicare di propria iniziativa qualsiasi disposizione contrastante della legislazione nazionale (anche se di natura penale e, eventualmente, posteriore) senza attenderne la previa rimozione in via legislativa o mediante qualsiasi altro procedimento costituzionale.

Documento non ufficiale ad uso degli organi d'informazione, che non impegna la Corte di giustizia. Lingue disponibili: francese e italiano

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