La A & G Imports ha acquistato lotti di prodotti che erano stati inizialmente immessi sul mercato a Singapore
dalla Davidoff o con il suo consenso. La A & G ha importato questi lotti nella Comunità (nella fattispecie, nel
Regno Unito), dove ha cominciato a venderli. Questi prodotti si distinguono dagli altri prodotti di marca Davidoff
solo perché i numeri di identificazione sono stati rimessi o cancellati.
Le società Levi-Strauss sono titolari dei marchi "Levi's" e "501", registrati nel Regno Unito, tra l'altro, per jeans.
La Tesco e la Costco si sono procurate jeans Levi's 501 autentici presso fornitori che li importavano nella
Comunità a partire da paesi situati all'esterno dello Spazio Economico Europeo e li hanno venduti nel Regno
Unito. La Levi-Strauss si era sempre rifiutata di vendere jeans di questo tipo alla Tesco e alla Costco.
La Davidoff e la Levi-Strauss sono ricorsi dinanzi alla High Court of Justice in quanto l'importazione e la vendita
dei detti prodotti nella Comunità costituivano una violazione dei diritti ad esse derivanti dalla registrazione dei
loro marchi.
Nelle tre cause, la A & G Imports, la Tesco e la Costco fanno valere l'esaurimento dei diritti attribuiti dal marchio.
In diritto comunitario, il principio dell'esaurimento contenuto nella direttiva sui marchi vieta al titolare del marchio
di far valere il diritto esclusivo su questo marchio quando i prodotti contrassegnati dal medesimo sono immessi
in commercio nella Comunità (e adesso nel SEE) dal titolare o con il suo consenso.
Le questioni proposte dalla High Court of Justice alla Corte di giustizia delle Comunità europee mirano a far
precisare le condizioni di questo esaurimento e, precisamente, la nozione di "consenso". La loro importanza ha
indotto cinque governi (tedesco, francese, italiano, finlandese e svedese) a presentare osservazioni.
La Corte ricorda anzitutto l'effetto della direttiva sui marchi in generale. La direttiva, secondo la Corte, limita
l'esaurimento del diritto attribuito al titolare del marchio ai soli casi in cui i prodotti sono messi in commercio
nello Spazio Economico Europeo e permette al titolare di vendere i suoi prodotti al di fuori di questa zona senza
che quest'immissione in commercio esaurisca i suoi diritti all'interno del SEE. Inoltre, la Corte afferma che la
direttiva, precisando che la messa in commercio al di fuori del SEE non esaurisce il diritto del titolare di opporsi
all'importazione di questi prodotti effettuata senza il suo consenso, consente al titolare del marchio di controllare
la prima immissione in commercio all'interno del SEE dei prodotti contrassegnati con il marchio.
La Corte esamina poi la forma di manifestazione del consenso del titolare del marchio all'immissione in commercio
all'interno dello Spazio Economico Europeo. Il consenso deve essere espresso o può essere tacito?
La Corte giudica che il consenso, il quale equivale a una rinuncia del titolare al suo diritto esclusivo di vietare ai
terzi di importare prodotti contrassegnati con il suo marchio, costituisce l'elemento determinante per l'estinzione
di questo diritto. Secondo la Corte, spetta ad essa stessa dare un'interpretazione uniforme della nozione di
"consenso" all'immissione in commercio nello Spazio Economico Europeo, al fine di evitare una tutela variabile
in funzione dell'ordinamento nazionale degli Stati membri.
In considerazione dell'importanza dell'effetto estintivo del diritto esclusivo del titolare del marchio, il consenso
dev'essere espresso in una forma che esprima con certezza la volontà di rinunciare a questo diritto. Questa
volontà risulta normalmente da una manifestazione espressa del consenso. Tuttavia, in determinati casi, essa
può risultare in modo tacito da elementi e circostanze anteriori, concomitanti o posteriori all'immissione in
commercio al di fuori del SEE, le quali esprimano una rinuncia chiara del titolare al proprio diritto.
La Corte esamina infine la possibilità di un consenso tacito risultante dal mero silenzio del titolare di un marchio.
La Corte rileva che il consenso dev'essere espresso positivamente; gli elementi presi in considerazione per
considerare esistente un consenso tacito devono esprimere con certezza la rinuncia del titolare del marchio a
opporre il suo diritto esclusivo. Di conseguenza, non spetta al titolare del marchio dimostrare la mancanza di
consenso bensì, al contrario, spetta all'operatore che invoca l'esistenza di un consenso fornirne la prova.
Un consenso tacito all'immissione in commercio all'interno dello Spazio Economico Europeo di prodotti messi
in commercio al di fuori di quest'ultimo non può risultare dal mero silenzio del titolare del marchio. Inoltre, un
consenso tacito non può risultare dalla mancanza di riserve contrattuali all'atto della cessione della proprietà dei
prodotti contrassegnati con il marchio, né dalla mancata comunicazione, da parte del titolare del marchio, della
sua opposizione all'immissione in commercio all'interno del SEE, né dall'assenza di indicazioni, sui prodotti, di
un divieto di messa in commercio nel SEE.
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Talune immagini dell'udienza sono disponibili su "Europe by Satellite" - |