Sentenze della Corte nelle cause C-367/98, C-483/99 e C-503/99
Commissione/Portogallo, Commissione/Francia e Commissione/Belgio
LA CORTE DI GIUSTIZIA PRONUNCIA OGGI TRE SENTENZE SULLE AZIONI CHE ATTRIBUISCONO
POTERI SPECIALI (GOLDEN SHARES) RISERVATE ALLO STATO IN OCCASIONE DELLA PRIVATIZZAZIONE
DI IMPRESE. ESSA ACCERTA UN'INFRAZIONE NEL CASO DELLE NORMATIVE FRANCESE E
PORTOGHESE, RITIENE INVECE VALIDA LA NORMATIVA BELGA.
La notevole estensione degli investimenti intracomunitari, segnatamente in
occasione di privatizzazioni, ha indotto alcuni Stati membri ad adottare provvedimenti
specifici nell'intento di controllare tale situazione. La Commissione, attenta
a far rispettare le disposizioni del Trattato relative alla libertà di
stabilimento ed alla libertà di circolazione, ha indirizzato nel 1997 una
comunicazione agli Stati membri per ricordare il suo punto di vista in materia,
con particolare riferimento alle procedure di previa autorizzazione o di diritto
di veto da parte delle autorità statali.
Nel 1998 e nel 1999 la Commissione ha proposto vari ricorsi per inadempimento
rispettivamente nei confronti del Portogallo, della Francia e del Belgio, paesi
le cui normative volte a limitare l'assunzione di partecipazioni nell'ambito
delle privatizzazioni le sembravano ledere l'esercizio delle suddette libertà
fondamentali previste dal diritto comunitario.
- Nel caso del Portogallo sono prese in esame
disposizioni delle leggi e dei regolamenti in materia di privatizzazioni che
fissano un limite alla partecipazione di soggetti stranieri e che assoggettano
a previa autorizzazione del ministro delle Finanze l'acquisizione da parte di
un compratore di una società privatizzata di azioni societarie che rappresentino
più del 10% del capitale. Le imprese interessate sono talune imprese
che operano nel settore bancario, delle assicurazioni, dell'energia e dei
trasporti.
- La Francia si vede invece rimproverare un
decreto-legge del 1993 che attribuisce allo Stato, nella società Elf-Aquitaine,
una golden share, grazie alla quale, da un lato, qualsiasi acquisizione
di titoli o diritti che implichi il superamento di determinati limiti massimi
didetenzione di capitale deve essere previamente approvata dal ministro dell'Economia
e, d'altro lato, questo stesso ministro può opporsi alle decisioni
di cessione degli attivi o di attribuzione degli stessi a titolo di garanzia.
La società interessata opera nel settore dell'approvvigionamento energetico
della Francia.
- Al Belgio infine vengono rimproverati due
regi decreti del 1994 che hanno attribuito allo Stato una golden share nella
Société nationale de transport par canalisations e nella
società Distrigaz. Questa azione consente al Ministro dell'Energia
di impedire, in un caso, qualsiasi trasferimento di impianti tecnici
e, nell'altro, specifici atti di gestione che riguardino gli attivi della società
interessata e che possano mettere in pericolo l'approvvigionamento nazionale
di gas naturale.
La Corte di giustizia ricorda anzitutto che il Trattato CE vieta tutte
le restrizioni ai movimenti di capitali tra Stati membri, nonché tra Stati
membri e paesi terzi, e che la direttiva del 1988 per l'attuazione della
libera circolazione dei capitali contribuisce a definire gli investimenti sotto
forma di partecipazioni che costituiscono movimenti di capitali compatibili
con le disposizioni del Trattato.
E' alla luce di questo principio che la Corte valuta se le azioni che attribuiscono
poteri speciali le quali consentono rispettivamente:
- in Portogallo, di vietare ai cittadini di
un altro Stato membro acquisizioni che superino un determinato numero d'azioni;
- in Francia e in Portogallo, di esigere una previa
autorizzazione o una previa notifica ogniqualvolta l'acquisizione superi
un determinato numero di azioni munite del diritto di voto;
- in Francia e in Belgio, di opporsi ex post alle
decisioni di cessioni,
siano discriminatorie.
In un primo momento, essa deduce dalla sua analisi che una normativa atta
ad impedire l'acquisizione di azioni nelle società interessate e a dissuadere
gli investitori degli altri Stati membri può vanificare la libera circolazione
dei capitali e costituisce dunque una restrizione ai movimenti di capitali.
Si tratta di restrizioni ammissibili?
La Corte esamina, per prima, la normativa portoghese che istituisce un trattamento
chiaramente discriminatorio nei confronti degli investitori provenienti da altri
Stati membri: questa normativa restringe, di conseguenza, la libera circolazione
dei capitali, cosa che la Corte manifestamente condanna.
Precisato questo, la Corte si domanda se le restrizioni previste da queste
normative, basate - secondo gli Stati - sulla necessità di conservare un
controllo in seno ad imprese che operano in settori di interesse generale o
strategico, possano essere giustificate. Infatti, la libera circolazione
dei capitali può essere limitata da una normativa nazionale solo se quest'ultima
rispetti talune modalità, sia giustificata da ragioni imperative di interesse
generale e sia proporzionata al fine perseguito, in altri termini, a condizione
che tale fine non possa essere conseguito mediante misure meno restrittive e
che la normativa si fondi su criteri oggettivi e noti in anticipo alle imprese
interessate, che devono potere, se necessario, disporre di un rimedio giurisdizionale
contro le decisioni degli Stati.
Benché l'obiettivo perseguito dalla Francia (garanzia dell'approvvigionamento
di prodotti del petrolio in caso di crisi) risponda ad un interesse generale
legittimo, la Corte dichiara tuttavia chela normativa controversa va manifestamente
oltre quanto necessario per conseguire l'obiettivo indicato. Le disposizioni
controverse risultano infatti contrarie al principio della certezza del diritto
in quanto non menzionano le circostanze specifiche e oggettive in presenza delle
quali potrà essere concessa o rifiutata la previa autorizzazione oppure
verrà esercitato o meno il diritto di opposizione. La Corte condanna
quindi una siffatta indeterminatezza ed un potere discrezionale così ampio,
che costituiscono una grave lesione al principio fondamentale della libera
circolazione dei capitali.
Viceversa, la Corte ritiene compatibili con i principi fondamentali
del diritto comunitario sia la giustificazione dell'obiettivo perseguito
dal Belgio ( garanzia dell'approvvigionamento minimo di gas naturale
in caso di minaccia grave e reale) sia le misure adottate per la sua realizzazione.
Infatti, non viene richiesta alcuna previa autorizzazione; l'azione delle pubbliche
autorità belghe nell'ambito di un trasferimento di impianti e dell'eventuale
intervento nella politica di gestione si inserisce in un contesto di termini
rigorosi, deve essere formalmente e precisamente motivata e può essere
sottoposta ad un efficace controllo giurisdizionale. Infine, la Commissione
non ha dimostrato che si sarebbero potuti adottare provvedimenti meno restrittivi.
Quanto all'argomento fondato sull'esigenza di salvaguardare l'interesse finanziario
della Repubblica portoghese, la Corte ricorda che, per giurisprudenza consolidata,
i motivi di natura economica invocati a sostegno della procedura di previa autorizzazione
non possono validamente giustificare una restrizione della libertà di circolazione.
La Corte constata dunque che la normativa portoghese controversa costituisce
una violazione del Trattato.
Da ultimo, la Corte precisa che, poiché le normative controverse implicano
restrizioni alla libera circolazione dei capitali che sono indissociabili dagli
ostacoli alla libertà di stabilimento, di cui sono una conseguenza, non
le sembra necessario esaminare separatamente queste normative alla luce delle
disposizioni del Trattato relative alla libertà di stabilimento. Per quanto
riguarda il Belgio, quand'anche si ritenesse che le misure controverse potessero
costituire una restrizione alla libertà di stabilimento, restrizione risulterebbe
comunque giustificata dalle stesse ragioni che giustificano la restrizione alla
libertà di circolazione dei capitali.
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