In Germania esiste un obbligo generale di leva solo per gli uomini. Il sig. Dory, che si trova in
età soggetta all'obbligo di leva ha chiesto al Kreiswehrersatzamt (ufficio distrettuale di leva)
competente per la sua chiamata alle armi di essere esonerato dall'obbligo di leva. Egli ha
sostenuto che il Wehrpflichtgesetz (legge tedesca sull'obbligo di leva) è in contrasto con il diritto
comunitario rifacendosi alla sentenza della Corte di giustizia nella causa Kreil 1. Secondo tale
sentenza non sussistono più ragioni obiettive che possano giustificare un'esclusione delle donne
dall'obbligo di leva per motivi attinenti al sesso.
Infatti da allora le donne hanno un diritto a prestare il servizio armato, ma non sono tenute a
prestare il servizio militare. L'istanza del signor Dory è stata respinta. Il sig. Dory proponeva
ricorso dinanzi al Verwaltungsgericht Stuttgart che chiedeva alla Corte CE di decidere se un
obbligo di leva nazionale limitato agli uomini fosse in contrasto con il diritto comunitario. Il
giudice tedesco rileva in particolare che l'obbligo di leva in ogni caso comporta un ritardo
nell'accesso degli uomini al lavoro e alla formazione professionale.
L'avvocato generale, il cui parere non vincola la Corte, rende oggi le sue conclusioni. Gli avvocati generali hanno il compito di proporre alla Corte, in piena indipendenza, una soluzione giuridica della causa di cui sono incaricati. |
L'avvocato generale rileva anzitutto che l'obbligo tedesco di leva è una componente essenziale
delle disposizioni nazionali volte ad assicurare la sicurezza esterna della Repubblica
federale di Germania.
Ciò non vuol dire che la questione di un obbligo di leva e la sua organizzazione siano del tutto
sottratte al campo di applicazione del diritto comunitario: l'organizzazione delle forze armate
come componente essenziale della garanzia della sicurezza esterna ricade sì in quanto tale nella
competenza esclusiva degli Stati membri. Ma la concreta conformazione dei provvedimenti
nazionali in merito può essere eventualmente verificata in rapporto ai suoi effetti su altre
posizioni giuridiche tutelate dal diritto comunitario. Pertanto, ad avviso dell'avvocato generale,
in quanto producano effetti in ambiti disciplinati dal diritto comunitario, i provvedimenti
nazionali devono essere valutati secondo il parametro del _ prevalente _ diritto
comunitario. In questo caso, i parametri di raffronto sono costituiti dagli obblighi del diritto
comunitario relativi alla parità di trattamento tra i sessi.
Quanto alle pertinenti disposizioni del Trattato CE sull'obbligo di parità di trattamento (art. 3,
n. 2, art. 13 e art. 141) l'avvocato generale giunge alla conclusione che esse non ostano ad un
obbligo di leva solo per gli uomini.
L'avvocato generale verifica inoltre se un obbligo nazionale di leva o i suoi effetti rientrino nel
campo di applicazione della direttiva del Consiglio del 1976 sulla parità di trattamento.
Il sig. Dory asserisce l'esistenza di effetti dell'obbligo di leva sull'accesso degli uomini al mercato
del lavoro. L'avvocato generale non dubita che gli uomini -- diversamente dalle donne -- in linea
di principio durante il servizio militare non hanno accesso al mercato del lavoro e che dopo la
prestazione del servizio militare tale accesso è ritardato. Poiché si tratta dunque di aspetti legati
al sesso concernenti l'accesso al mercato del lavoro, essi rientrano in linea di principio nel campo
di applicazione obiettivo della direttiva.
Tuttavia il temporaneo impedimento e il successivo ritardo relativi all'accesso degli uomini
al mercato del lavoro, qui contestati, non sono oggetto o scopo del Wehrpflichtgesetz
tedesco, ma piuttosto ne costituiscono gli effetti. Non si tratta dunque di una disciplina
dell'accesso ad un lavoro, ma di un provvedimento nazionale che produce solamente effetti
sull'accesso al lavoro.
Si pone così la questione se provvedimenti nazionali, che abbiano o possano avere solamente
come effetto un accesso differenziato al lavoro, rientrino nel campo di applicazione della
direttiva. Secondo l'avvocato generale il campo di applicazione obiettivo della direttiva 76/207
deve essere interpretato restrittivamente. Da un esame della giurisprudenza della Corte di
giustizia risulta che provvedimenti nazionali, che abbiano o possano avere come effetto una
restrizione di questo accesso, ma che non mirano a disciplinarlo, non rientrano nel campo di
applicazione della direttiva. Anche dalla direttiva stessa si ricavano indicazioni corrispondenti.
Ad avviso dell'avvocato generale il campo di applicazione obiettivo della direttiva sulla
parità di trattamento è quindi limitato a provvedimenti nazionali il cui "scopo" consiste
nella disciplina delle condizioni di lavoro o dell'accesso al lavoro o alla formazione
professionale.
A partire dal 1997 il Trattato CE delle Comunità europee prescrive, tra l'altro, in tema di politica
nel settore sociale, di mirare "ad eliminare le inuguaglianze, nonché a promuovere la parità, tra
uomini e donne" (art. 3, n. 2). L'avvocato generale fa osservare che anche la Corte è tenuta a
rispettare tale disposizione nell'interpretazione del diritto comunitario. Nel caso di specie ciò non
condurrebbe tuttavia ad una diversa interpretazione della direttiva.
Poiché, considerato tutto quanto detto, l'obbligo di leva solo per gli uomini nonostante gli effetti
sull'accesso degli uomini al mercato del lavoro non rientra dunque nel campo di applicazioneobiettivo della direttiva 76/207, secondo l'avvocato generale risulta superflua un'ulteriore verifica
rispetto alla sussistenza di una discriminazione o della sua possibile giustificazione.
Avvertenza: la causa passa ora in camera di consiglio. La sentenza verrà pronunciata
successivamente.
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1 - dell'11 gennaio 2000, causa C-285/98 (v. comunicato stampa n. 1/2000)