L'art. 7 dispone che: "l'organizzatore e/o il venditore parte del contratto danno prove sufficienti di disporre di garanzie per assicurare, in caso di insolvenza o di fallimento, il rimborso dei fondi depositati e il rimpatrio del consumatore".
Ai sensi dell'art. 9 gli Stati membri dovevano mettere in vigore le misure necessarie per conformarsi alla direttiva entro e non oltre il 31.12.1992.
I titolari dei diritti di cui all'art. 7 sono sufficientemente individuati come i consumatori, quali definiti dall'art. 2 della direttiva. Lo stesso vale per il contenuto di tali diritti (v. sopra). Di conseguenza, si deve ritenere che l'art. 7 della direttiva abbia lo scopo di attribuire, a favore dei singoli, diritti il cui contenuto può essere determinato con precisione sufficiente.
Il giudice a quo intendeva stabilire se l'obiettivo di protezione dei consumatori perseguito dall'art. 7 della direttiva sia soddisfatto qualora uno Stato membro consenta all'organizzatore di chiedere un anticipo sul prezzo del viaggio non superiore al 10% di tale prezzo e fino ad un massimo di 500 DM, prima di rilasciare al proprio cliente documenti che il giudice a quo qualifica come "documenti costituenti titoli di credito", ossia documenti che incorporano il diritto del consumatore a fruire di varie prestazioni di servizi rientranti nel viaggio "tutto compreso" (compagnie aeree o alberghi) [quindi, ad esempio, biglietti aerei, buoni per prestazioni alberghiere].
Al riguardo la Corte di giustizia afferma che l'art. 7 della direttiva ha l'obiettivo di proteggere il consumatore contro i rischi definiti da tale norma, che derivano dall'insolvenza o dal fallimento dell'organizzatore. Sarebbe contrario a tale obiettivo limitare tale protezione di modo che l'anticipo eventualmente versato non sia incluso nella garanzia di rimborso o di rimpatrio. Infatti, la direttiva non fornisce alcun fondamento per una tale limitazione dei diritti garantiti dall'art. 7. Ne consegue che una norma nazionale che consenta agli organizzatori di chiedere ai viaggiatori il versamento di un anticipo può essere conforme all'art. 7 della direttiva solo se, in caso di insolvenza o di fallimento dell'organizzatore, è anche garantito il rimborso dell'anticipo di cui trattasi.
La Corte di giustizia risolve tale questione in senso affermativo, in quanto la protezione che l'art. 7 riconosce ai consumatori potrebbe essere compromessa se questi ultimi fossero costretti a far valere documenti costituenti titoli di credito nei confronti di terzi che non hanno, in ogni caso, l'obbligo di rispettarli e che, d'altro canto, sono anch'essi esposti al rischio di fallimento.