Divisione Stampa e Informazione

COMUNICATO STAMPA N. 01/1997

23 gennaio 1997

Sentenza della Corte nel procedimento C-171/95
Recep Tetik/Land Berlino

LA CORTE SI PRONUNCIA SUL DIRITTO DI UN LAVORATORE TURCO DI OTTENERE LA PROROGA DEL SUO PERMESSO DI SOGGIORNO IN UNO STATO MEMBRO IN CUI E' STATO REGOLARMENTE OCCUPATO PER PIU' DI QUATTRO ANNI QUALORA ABBIA VOLONTARIAMENTE RISOLTO IL SUO CONTRATTO DI LAVORO PER CERCARE IN TALE STATO UNA NUOVA OCCUPAZIONE


NOTA IMPORTANTE: Questo comunicato, che non impegna la Corte, è distribuito alla stampa dal Divisione Stampa e Informazione. La sintesi della sentenza che figura qui di seguito dev'essere considerata nel contesto dell'intera pronuncia. Per ulteriori informazioni o per ottenere copia della sentenza, gli interessati sono pregati di rivolgersi alla Dott. Proc. Estella Cigna tel. (*352) 4303.2582


I. LA DECISIONE DELLA CORTE

La Corte dichiara:

"L'art. 6, n. 1, terzo trattino della decisione n. 1/80 del Consiglio d'associazione 19 settembre 1980, relativa allo sviluppo dell'associazione fra la Comunità economica europea e la Turchia, dev'essere interpretato nel senso che il lavoratore turco che sia stato regolarmente occupato per più di quattro anni nel territorio di uno Stato membro e decida di sua iniziativa di cessare l'attività lavorativa per cercare nello stesso Stato membro un nuovo lavoro e non riesca ad impegnarsi immediatamente in un altro rapporto di lavoro, fruisce in tale Stato, per un periodo ragionevole, del diritto di soggiorno al fine di cercarvi una nuova attività lavorativa subordinata purché continui ad essere inserito nel regolare mercato del lavoro dello Stato membro interessato conformandosi eventualmente ai precetti della disciplina ivi vigente, ad esempio iscrivendosi all'ufficio di collocamento e rimanendo a disposizione di quest'ultimo. Spetta allo Stato membro interessato e, in mancanza di normativa in tal senso, al giudice nazionale adito prevedere un ragionevole periodo di tempo che

deve però essere sufficiente per non compromettere le concrete possibilità dell'interessato di trovare un nuovo posto di lavoro".

II. I FATTI

Il signor Tetik, cittadino turco, ha svolto, a decorrere dal settembre 1980, un'attività lavorativa regolare come marittimo su diverse navi tedesche.

Per lo svolgimento della detta attività, ha ottenuto dalle autorità tedesche permessi di soggiorno successivi, sempre a tempo determinato e limitati all'espletamento di un'attività lavorativa nella navigazione marittima. L'ultimo permesso di soggiorno del signor Tetik era valido sino al 4 agosto 1988 e conteneva una clausola secondo cui sarebbe scaduto alla cessazione della sua attività nel settore della navigazione marittima tedesca.

Il 20 luglio 1988 il signor Tetik recedeva volontariamente dal suo rapporto di lavoro come marittimo.

Il 1· agosto 1988 si recava a Berlino dove in pari data chiedeva un titolo di soggiorno a tempo illimitato al fine di svolgere un'attività lavorativa a terra. Tale domanda è stata respinta dalle competenti autorità del Land di Berlino. La legittimità di questa decisione è stata confermata dal Verwaltungsgericht e dall'Oberverwaltungsgericht di Berlino.

Pur osservando che il diniego del rinnovo del permesso di soggiorno era conforme al diritto tedesco, tale giudice si è domandato se una soluzione più favorevole al signor Tetik non potesse derivare dalla decisione del Consiglio di associazione CEE/Turchia n. 1/80 ed ha invitato la Corte ha pronunciarsi in via pregiudiziale sull'interpretazione dell'art. 6 di tale decisione.

III. LA DECISIONE RELATIVA ALLO SVILUPPO DELL'ASSOCIAZIONE TRA LA CEE E LA TURCHIA

Il 12 settembre 1963 è stato firmato ad Ankara l'accordo che crea un'associazione fra la Comunità economica europea e la Turchia. Questo accordo è stato concluso dalla Comunità con decisione del Consiglio 23 dicembre 1963, 64/732/CEE.

Conformemente a questo accordo, "le Parti contraenti convengono di ispirarsi agli artt. 48, 49 e 50 del Trattato che istituisce la Comunità per realizzare gradualmente fra loro la libera circolazione dei lavoratori". Il Consiglio d'associazione, istituito dall'accordo, ha adottato, il 19 dicembre 1980, la decisione n. 1/80 relativa allo sviluppo dell'associazione CEE/Turchia.

Questa decisione non assicura completamente la libera circolazione dei lavoratori turchi all'interno della Comunità. Infatti essa non incide sul potere degli Stati membri di sottoporre ad un'autorizzazione tanto l'ingresso sul proprio territorio dei cittadini turchi quanto la loro ammissione ad una prima occupazione, ma conferisce taluni diritti ai lavoratori turchi nello Stato membro nel cui territorio essi sono entrati lecitamente e sono stati regolarmente occupati per un certo periodo. Ai sensi dell'art. 6 della decisione n. 1/80, i lavoratori turchi già regolarmente inseriti nel mercato del lavoro di uno Stato membro beneficiano ivi così del diritto di continuare a svolgere un'attività dipendente e, dopo almeno quattro anni di regolare occupazione, beneficiano del diritto di libero accesso a qualsiasi attività lavorativa subordinata liberamente scelta.

Secondo la giurisprudenza costante della Corte, i diritti che l'art. 6 della decisione n. 1/80 conferisce al lavoratore turco per quanto riguarda l'occupazione implicano necessariamente per l'interessato l'esistenza di un diritto di soggiorno. Questa disposizione è direttamente efficace negli Stati membri, di modo che il lavoratore turco che soddisfa le condizioni poste da tale articolo ha il diritto di avvalersene dinanzi ai giudici nazionali.

IV. IL RAGIONAMENTO DELLA CORTE

La Corte constata innanzitutto che la situazione di cui trattasi nella presente causa è quella di un lavoratore turco il quale, a causa dell'espletamento di una regolare attività lavorativa durante quasi otto anni in uno Stato membro, fruiva, conformemente all'art. 6, n. 1, terzo trattino della decisione n. 1/80, del "libero accesso a qualsiasi attività salariata di suo gradimento" nel detto Stato membro.

Dalla formulazione stessa di questa disposizione risulta pertanto che il lavoratore turco ha non solo il diritto di candidarsi ad un posto di lavoro già vacante, ma anche il diritto incondizionato di ricercare qualsivoglia attività lavorativa subordinata liberamente scelta dall'interessato e di avervi accesso senza che possa essergli opposta la precedenza da riservare ai lavoratori degli Stati membri.

In secondo luogo, la Corte fa presente che ha già dichiarato, in ordine alla libera circolazione dei lavoratori cittadini degli Stati membri, che l'art. 48 del Trattato implica il diritto per questi ultimi di soggiornare in un altro Stato membro al fine di cercarvi un lavoro e di beneficiarvi di un termine ragionevole che consenta loro di prendere conoscenza delle offerte di lavoro e di adottare le misure necessarie al fine di essere assunti (sentenza Antonissen).

Ora, in conformità all'accordo CEE/Turchia, i principi ammessi nell'ambito delle disposizioni del Trattato in materia di libera circolazione dei lavoratori cittadini degli Stati membri devono ispirare, nella misura del possibile, il trattamento dei lavoratori turchi che fruiscono dei diritti sanciti dalla decisione n. 1/80.

Di conseguenza, la Corte ritiene che l'effetto utile dell'art. 6 della decisione n. 1/80 implica necessariamente il diritto del lavoratore turco, dopo almeno quattro anni di regolare occupazione in uno Stato membro, di lasciare per motivi personali l'attività lavorativa che sta svolgendo e cercare, in un termine ragionevole, una nuova occupazione nello stesso Stato membro, perché altrimenti verrebbe meno il suo diritto al libero accesso a qualunque attività lavorativa subordinata di sua scelta ai sensi della detta disposizione. Durante questo periodo l'interessato dispone di un diritto di soggiorno.

Spetta alle autorità nazionali, o in mancanza di una normativa in tal senso, ai giudici nazionali dello Stato membro ospitante stabilire la durata del termine ragionevole per consentire all'interessato di cercare un'altra occupazione. Tale termine deve però essere sufficiente per non far venir meno il diritto attribuito al lavoratore turco, compromettendo le sue possibilità di accedere ad una nuova attività lavorativa.

La Corte aggiunge che, qualora un lavoratore quale il signor Tetik abbandoni volontariamente la sua attività lavorativa per cercarne un'altra nello stesso Stato membro, non si può da ciò desumere automaticamente che tale lavoratore abbia abbandonato definitivamente il mercato del lavoro di tale Stato, se non perviene ad avviare un nuovo rapporto di lavoro subito dopo aver lasciato il suo impiego precedente, a condizione tuttavia che egli continui ad appartenere in tale Stato al mercato regolare del lavoro assoggettandosi, ad esempio, a tutte le formalità richieste nello Stato membro interessato per mettersi a disposizione degli uffici di collocamento.