La Corte di giustizia non è competente a pronunciarsi su una questione relativa ad un'eventuale discriminazione derivante dal diniego del titolo di "signore" ad un cittadino italiano nell'ambito di un procedimento penale promosso a suo carico in Germania
Il 9 aprile 1996 il pubblico ministero ha chiesto all'Amtsgericht di Reutlingen di emanare un decreto penale di condanna nei confronti di Martino Grado, cittadino italiano, imputato di essersi indebitamente allontanato dal luogo di un incidente automobilistico.
Il giudice dell'Amtsgericht di Reutlingen, ritenendo che l'omissione del termine «signore» davanti al nome della persona menzionata nella domanda di emanazione del decreto penale di condanna configurasse una violazione del diritto alla dignità e all'uguaglianza dinanzi alla legge, sancito dagli artt. 1 e 3 del Grundgesetz (legge fondamentale dello Stato tedesco), ha chiesto, senza esito, al magistrato dell'ufficio del pubblico ministero di rettificare la sua domanda.
Il giudice si è quindi rifiutato di emanare il decreto ed ha sottoposto alla Corte di giustizia la seguente questione relativa all'interpretazione del diritto comunitario:
«Se sia compatibile con il diritto comunitario europeo o sia in contrasto con il divieto di discriminazione di cui all'art. 6 del Trattato sull'Unione europea, il fatto che un magistrato della procura, in una domanda di decreto penale di condanna, da lui predisposto e che dev'essere successivamente sottoscritto dal giudice, rifiuti espressamente di utilizzare il titolo di cortesia "signore" nei confronti di un lavoratore straniero (ai sensi degli artt. 48-51 del Trattato sull'Unione europea), cittadino di uno Stato membro dell'Unione europea, e ciò in contrasto con la prassi altrimenti corrente presso la procura e altrimenti seguita dallo stesso magistrato».
Per giurisprudenza costante la Corte non può statuire su una questione pregiudiziale qualora appaia in modo manifesto che l'interpretazione richiesta di una norma comunitaria non ha alcuna relazione con l'oggetto della causa.
La portata del divieto di ogni discriminazione effettuata in base alla nazionalità, sancito dal Trattato CE, è limitata all'ambito di applicazione del Trattato stesso e, segnatamente, alle disposizioni destinate a garantire l'osservanza delle norme di diritto comunitario in generale o la libera circolazione dei lavoratori in particolare.
Anche supponendo che la prassi seguita dalla procura si rivelasse discriminatoria nei confronti di un cittadino comunitario, non risulta che essa incida sul procedimento principale; pertanto, la questione pregiudiziale non verte su un'interpretazione del diritto comunitario obiettivamente necessaria ai fini della decisione che il giudice deve adottare.
Di conseguenza, la Corte non è competente a pronunciarsi sulla questione proposta dall'Amtsgericht di Reutlingen.
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