Divisione Stampa e Informazione

COMUNICATO STAMPA N. 32/98

12 maggio 1998

Sentenza della Corte di giustizia delle Comunità europee nel procedimento pregiudiziale C-85/96

Maria Martinez Sala/Freistaat Bayern

OGNI CITTADINO DI UNO STATO MEMBRO PUO' INVOCARE LA PROPRIA CITTADINANZA EUROPEA PER TUTELARSI CONTRO UNA DISCRIMINAZIONE BASATA SULLA PROPRIA NAZIONALITA' OPERATA DA UN ALTRO STATO MEMBRO

La Corte di giustizia si pronuncia sul problema del diniego di concessione dell'indennità di maternità tedesca per il figlio di un lavoratore migrante da lungo tempo in disoccupazione.


I. I fatti

La signora Martinez Sala, cittadina spagnola, risiede dal maggio del 1968 in Germania, dove ha svolto, con alcune interruzioni, varie attività di lavoro dipendente dapprima fra il 1976 e il 1986 e, successivamente, fra il 12 settembre 1989 e il 24 ottobre 1989. A partire da quella data ha fruito di un sussidio ai sensi del Bundessozialhilfegesetz (legge federale in materia di assistenza sociale). Sino al 19 maggio 1984 la signora M. ha ottenuto dalle autorità competenti vari permessi di soggiorno che si sono succeduti praticamente senza soluzione di continuità. In seguito essa ha ottenuto soltanto dei documenti attestanti la richiesta di proroga del permesso di soggiorno. Tuttavia, la convenzione europea di assistenza sociale e medica dell'11 dicembre 1953 ne impediva l'espulsione. Nel gennaio del 1993, vale a dire durante il periodo in cui non disponeva di un permesso di soggiorno, la signora M. chiedeva al Freistaat Bayern (Stato libero di Baviera) la concessione dell'indennità di maternità per il figlio nato nel corso di quello stesso mese. Con decisione 21 gennaio 1993 il Freistaat Bayern respingeva la richiesta per il motivo che l'interessata non era cittadina tedesca, né possedeva un'autorizzazione di soggiorno o un permesso di soggiorno. In seguito, il 19 aprile 1994, veniva rilasciato alla signora M. un permesso di soggiorno con scadenza 18 aprile 1995, successivamente prorogato per un altro anno il 20 aprile seguente.

II. Il procedimento pregiudiziale

A seguito del rigetto del ricorso in primo grado, la signora M. adiva il Bayerische Landessozialgericht -giudice di appello tedesco -, il quale riteneva che non fosse escluso che la signora M. potesse invocare due regolamenti comunitari, l'uno sulla libera circolazione dei lavoratori all'interno della Comunità (regolamento n. 1612/68) e l'altro relativo alla tutela sociale dei lavoratori migranti e delle loro famiglie (regolamento n. 1408/71). Il giudice tedesco sospendeva quindi il giudizio e sottoponeva alla Corte di giustizia delle Comunità europee una serie di questioni pregiudiziali che la Corte ha risolto in data odierna.

III. La sentenza della Corte

1. Sull'applicabilità del diritto comunitario all'indennità di maternità tedesca

L'indennità di maternità tedesca costituisce una prestazione non contributiva che rientra in un complesso

di misure di politica familiare e che viene concessa sulla base di una legge tedesca (Bundeserziehungsgeldgesetz), la quale stabilisce taluni requisiti ed afferma inoltre che "ogni cittadino straniero che intenda beneficiare dell'indennità deve essere in possesso di un'autorizzazione di soggiorno (Aufenthaltsberechtigung) ovvero di un permesso di soggiorno (Aufenthaltserlaubnis)". La Corte di giustizia rileva che una prestazione quale l'indennità di maternità tedesca, concessa automaticamente alle persone in possesso di taluni requisiti oggettivi, al di fuori di qualsiasi valutazione individuale e discrezionale delle esigenze personali, e diretta a compensare gli oneri familiari, rientra nella sfera di applicazione del diritto comunitario.

2. Sullo status di "lavoratore"

Il giudice di rinvio chiede, fra l'altro, se un cittadino di uno Stato membro che risieda in un altro Stato membro ove abbia svolto attività di lavoro dipendente ed abbia, successivamente, goduto di un sussidio sociale rivesta lo status di "lavoratore" ai sensi di uno dei due regolamenti comunitari.

In mancanza di elementi sufficienti forniti dal giudice tedesco per consentire alla Corte di verificare se un soggetto che si trovi nella situazione della signora M. sia un "lavoratore" ai sensi di uno dei regolamenti (ad esempio, in base alla circostanza di essere alla ricerca di un impiego) spetterà al giudice di rinvio procedere a tale esame.

3. Sul requisito del possesso di un documento di soggiorno ai fini del beneficio dell'indennità di maternità tedesca

Il giudice tedesco chiede infine se il diritto comunitario vieti che uno Stato membro esiga dai cittadini degli altri Stati membri la produzione di un documento di soggiorno nella debite forme per potere fruire dell'indennità di maternità. Tale questione si fonda sull'ipotesi che la ricorrente nella causa principale sia stata autorizzata a risiedere nello Stato membro interessato.

  1. Il principio

    La Corte rileva che, se il diritto comunitario non vieta che uno Stato membro imponga ai cittadini degli altri Stati membri legittimamente residenti sul suo territorio di essere sempre in possesso di un documento che attesti il loro diritto di soggiorno, quando identico obbligo gravi sui cittadini nazionali per quanto attiene al loro documento d'identità, lo stesso ragionamento non vale necessariamente quando uno Stato membro esiga che i cittadini degli altri Stati membri, per fruire dell'indennità di maternità, siano obbligatoriamente in possesso di un permesso di soggiorno il cui rilascio incombe all'amministrazione. Infatti, ai fini del riconoscimento del diritto di soggiorno, il documento di soggiorno non può che possedere un valore meramente dichiaratorio e probatorio. Per contro, dalla causa in oggetto emerge che, ai fini della concessione della prestazione contestata, il documento di soggiorno acquisisce valore costitutivo. Ne consegue che la circostanza, per uno Stato membro, di esigere da un cittadino di un altro Stato membro che intenda beneficiare di una prestazione come la suddetta indennità di maternità la produzione di un documento avente valore costitutivo rilasciato dalla propria amministrazione - mentre nessun documento di tal genere è richiesto al cittadino nazionale - determina una disparità di trattamento. Nella sfera di applicazione del Trattato ed in assenza di giustificazione, una siffatta disparità di trattamento costituisce una discriminazione basata sulla nazionalità, vietata dall'art. 6 del Trattato CE.

  2. Il diritto di un "lavoratore", nell'accezione del diritto comunitario, a tale parità di trattamento

    Conseguentemente, se il giudice di rinvio dovesse ritenere che la signora M. possieda lo status di "lavoratore" ai sensi di uno dei detti regolamenti, la disparità di trattamento contestata sarebbe incompatibile con le disposizioni del Trattato CE sulla libera circolazione dei lavoratori.

  3. IL DIRITTO DI UN CITTADINO EUROPEO A TALE PARITA' DI TRATTAMENTO

    Qualora tale ipotesi non dovesse ricorrere, il governo tedesco sostiene che la fattispecie della causa principale non rientra nella sfera di applicazione del Trattato, ragion per cui la signora M. non potrebbe invocare l'art. 6 del Trattato, mentre la Commissione ritiene che, in ogni caso, successivamente al 1· novembre 1993, data di entrata in vigore del Trattato sull'Unione europea, la ricorrente nella causa principale gode di un diritto di soggiorno in base all'art. 8 A del Trattato CE. A termini di tale disposizione "ogni cittadino dell'Unione ha il diritto di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri, fatte salve le limitazioni e le condizioni previste dal presente Trattato e dalle disposizioni adottate in applicazione dello stesso". Ai sensi dell'art. 8, n. 1, del Trattato CE, è cittadino dell'Unione chiunque abbia la cittadinanza di uno Stato membro.

    La Corte ha sottolineato che, in una fattispecie come quella oggetto della causa principale, non occorre esaminare se la signora M. possa invocare l'art. 8 A del Trattato ai fini del riconoscimento di un nuovo diritto di soggiorno sul territorio dello Stato membro interessato, atteso che era pacifico che essa fosse già stata autorizzata a risiedervi, benché le sia stato negato il rilascio di un documento di soggiorno.

    Come cittadino di uno Stato membro legittimamente residente sul territorio di un altro Stato membro, la signora M. rientra nella sfera di applicazione rationae personae delle disposizioni del Trattato riguardanti la cittadinanza europea.

    Orbene, l'art. 8, n. 2, del Trattato ricollega allo status di cittadino dell'Unione i doveri ed i diritti previsti dal Trattato, tra cui quello, previsto all'art. 6 del Trattato, di non subire discriminazioni sulla base della nazionalità nella sfera di applicazione rationae materiae del Trattato.

    Ne consegue che un cittadino dell'Unione europea che, come la signora M, risieda legittimamente sul territorio dello Stato membro ospitante può invocare l'art. 6 del Trattato in tutte le fattispecie rientranti nella sfera di applicazione rationae materiae del diritto comunitario, ivi compresa la fattispecie in cui tale Stato membro ritardi o neghi la concessione di una prestazione concessa a tutti coloro che risiedono legittimamente sul territorio dello Stato medesimo, sulla base del rilievo che il detto cittadino non dispone di un documento che non è richiesto ai cittadini di quello stesso Stato e il cui rilascio può essere ritardato o negato dalla sua stessa amministrazione.

    La disparità di trattamento di cui trattasi, che si colloca così nella sfera di applicazione del Trattato, non può essere considerata giustificata. Infatti, si tratta di una discriminazione fondata direttamente sulla nazionalità della ricorrente e nessun elemento diretto a giustificare la disparità di trattamento è stato, d'altra parte, dedotto dinanzi alla Corte.

Esclusivamente ad uso dei media - documento non ufficiale che non impegna la Corte di giustizia Il presente comunicato stampa è disponibile in tutte le lingue.

Per informazioni complementari o per ottenere copia della sentenza, vogliate consultare il nostro sito Internet www.curia.eu.int verso le ore 15.00 in data odierna o contattare la dott. proc. Estella Cigna (*352) 4303 2582